TAR Lazio, Sez. II, sentenza 26 ottobre 2016, n. 10598

1. In tema di requisiti di ordine generale e di dichiarazioni da rendere da parte del concorrente ex art. 38 D.Lgs. 163/2006,  il requisito della buona fede non opera in caso di dichiarazioni erronee, in quanto la sanzione dell’esclusione dalla procedura di gara non presuppone un comportamento doloso o colposo del dichiarante, essendo invece finalizzata alla tutela dell’amministrazione in materia di contratti pubblici. (1)

2. Non è onere della Stazione appaltante valutare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo alla omissione della prescritta dichiarazione. (2) (3)

3. La estinzione della condanna penale a seguito del decorso del termine previsto dall’art. 460, comma 5 c.p.p. non è automatica, né legata al mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale.

4. La cauzione provvisoria è escutibile anche nel caso in cui non corrisponda al vero quanto dichiarato dal concorrente in occasione della rappresentazione dei requisiti di ordine generale. (4)

 

(1) conforme: Cons. di Stato. Sez. V, 30 novembre 2015, n. 5403

(2) conforme: Consiglio di Stato, sez. V, 12.10.2016 n. 4219; TAR Lombardia, Sez. I, 25 marzo 2010, n. 729 

(3) difforme: Cons. di Stato, Sez. VI, 24.6.2010, n. 4019 

(4) conforme: Cons. di Stato,  Adunanza Plenaria, 10 dicembre 2014, n. 34

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15720 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da Securpol Service Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Gentile C.F. GNTDNC71A17H224X, Valentina Paoletti Gualandi C.F. PLTVNT75E67H501G, Adriano Cavina C.F. CVNDRN86A16H501C, con domicilio eletto presso Studio Legale Research in Roma, via Virgilio Orsini, 19;

contro

Consip SpA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Gaetano Viciconte C.F. VCCGTN59L10L353E, con domicilio eletto presso Gennaro Terracciano in Roma, piazza San Bernardo, 101;

per l’annullamento

previa adozione di misure cautelari,

del provvedimento prot. n. 28264 del 12 novembre 2015, conosciuto dalla ricorrente nella medesima data, con cui Consip S.p.A. ha disposto l’esclusione della Securpol Services s.r.l. dalla procedura di gara per l’affidamento del servizio di “trasporto delle monete metalliche e dei servizi connessi per conto del Ministero dell’Economia e delle Finane”, nei limiti e per le ragioni di cui in narrativa; per quanto occorrer possa, della nota prot. n. 29151 del 20 novembre 2015, con cui Consip S.p.A. ha comunicato all’Autorità Nazionale Anticorruzione l’esclusione della Securpol dalla suddetta procedura di gara, ai fini dell’eventuale iscrizione della notizia nel casellario informatico di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 207/2010; per quanto occorrer possa, del bando e del disciplinare di gara, nella misura in cui dovessero essere interpretati nel senso di consentire l’esclusione del concorrente dalla gara anche per l’ipotesi di omessa dichiarazione di un reato da ritenersi estinto ai sensi dell’art. 460, comma 5, c.p.p.; per quanto occorrer possa, delle note Consip prot. n. 24717/2016 e prot. n. 25332/2015 nonché di tutti i verbali di gara, per le ragioni di cui in narrativa; per quanto occorrer possa, del bando e del disciplinare di gara (art. 2 lett. f), ove interpretato nel senso di consentire l’escussione della cauzione provvisoria anche per l’ipotesi di omessa indicazione di una sola condanna, a pena del tutto esigua ed assolutamente inidonea ad incidere sulla moralità professionale del concorrente; e degli atti (impugnati con motivi aggiunti) aventi ad oggetto l’approvazione definitiva degli atti di gara limitatamente alla parte in cui la stazione appaltante ha confermato i motivi di esclusione dalla gara della ricorrente e provveduto ad aggiudicare la stessa al RTI B.T.V. S.p.A..

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Consip SpA;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2016 il dott. Roberto Proietti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio la parte ricorrente ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, deducendo censure attinenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, ed evidenziando quanto segue.

Parte ricorrente contesta l’esclusione dalla procedura aperta bandita da Consip S.p.A. per l’affidamento del servizio di “trasporto delle monete metalliche e dei servizi connessi per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze”. L’importo posto a base di gara è pari ad € 4.500.000 ed il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso. Si tratta di un affidamento con efficacia ultraregionale, in quanto i servizi di trasporto valori dovranno essere espletati in diverse parti del territorio nazionale.

Alla procedura hanno preso parte tre operatori economici, tra i quali Securpol Services s.r.l..

Nel corso della seduta del 23 settembre 2015 la Commissione di gara ha esaminato la documentazione amministrativa della ricorrente, rilevando due carenze essenziali ed ha attivato il subprocedimento per il soccorso istruttorio cd. ‘a pagamento’, ai sensi degli artt. 38, comma 2 bis, e 46, comma 1 ter, del d.lgs. n. 163/2006. Con nota del 29 settembre 2015, ha richiesto alla Società ricorrente di presentare: – una nuova ed idonea cauzione provvisoria (di importo pari ad € 90.000), poiché Securpol aveva presentato una polizza fideiussoria ritenuta inidonea, in quanto rilasciata da intermediario finanziario non abilitato al rilascio delle garanzie provvisorie necessarie per la partecipazione a gare pubbliche; – una nuova dichiarazione con indicazione nominativa dei direttori tecnici e dei procuratori speciali della Società, in quanto nella dichiarazione presentata in sede di gara era stata dichiarata la presenza di tali figure, ma erano stati omessi i relativi nominativi ed i riferimenti anagrafici. Con la stessa comunicazione Consip ha precisato che: – nel caso in cui Securpol avesse deciso di procedere con la regolarizzazione documentale, la stessa avrebbe dovuto provvedere al pagamento della sanzione pecuniaria quantificata dalla lex specialis in ben 45.000 euro; – viceversa, nel caso di mancata regolarizzazione entro il termine concesso (pari a dieci giorni) si sarebbe proceduto con l’automatica esclusione del concorrente dalla gara, senza irrogazione della sanzione.

Mentre era in corso il termine di dieci giorni per l’integrazione documentale “a pagamento”, Consip ha ritenuto di dover avviare d’ufficio le verifiche circa la veridicità delle dichiarazioni rese dalla medesima Securpol in ordine al possesso, in capo ai soggetti tenuti a rendere le dichiarazioni, del requisito di cui all’art. 38, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006 (cfr. nota del 5 ottobre 2015).

A ridosso della scadenza del termine per la sostituzione della polizza, Consip ha evidenziato che dai casellari giudiziali estratti d’ufficio (in data 29.9.2015) erano emerse alcune discrasie rispetto a quanto dichiarato da Securpol in sede di gara, poiché: – nei confronti del sig. Corrado Cellai (Amministratore Unico della società) era stata riscontrata l’iscrizione di un decreto penale di condanna emesso dal Tribunale di Siena nell’anno 2011 per un reato, come si dirà, non grave né incidente sulla moralità professionale del concorrente, in relazione al quale era stata comminata un’ammenda di 100 euro; – con riguardo invece al sig. Omar Menghini (socio al 50% della società), lo stesso aveva regolarmente indicato di aver riportato un decreto penale di condanna emesso dal Tribunale di Siena nel 2006, pur avendo precisato (senza invero mai attestare che il reato era stato dichiarato estinto) che la condanna poteva ritenersi nella sostanza estinta, ai sensi dell’art. 460, comma 5, del c.p.p..

Con la citata nota del 5 ottobre 2015, pertanto, Consip chiedeva alla Securpol di voler presentare memorie scritte di chiarimento e documenti giustificativi (ivi compresi i citati provvedimenti di condanna emessi dal giudice penale) entro il successivo 9 ottobre (data di scadenza del termine di dieci giorni concesso per la regolarizzazione).

Securpol ha trasmesso le proprie considerazioni, unitamente ai provvedimenti di condanna richiesti.

Con provvedimento del 12 novembre 2015, Consip ha escluso Securpol dalla gara non solo per la mancata regolarizzazione della polizza fideiussoria, ai sensi degli art. 38, comma 2 bis, e 46, comma 1 ter, del d.lgs. n. 163/2006, ma anche per una presunta non veridicità della dichiarazione di responsabilità da questi resa in sede di gara.

Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione, la parte ricorrente le ha impugnate dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe e deducendo i seguenti motivi di ricorso al fine di contestare la propria esclusione limitatamente all’ipotesi di falsa dichiarazione, con comunicazione all’ANAC ed alla Procura della Repubblica della notizia e con richiesta d’incameramento della polizza fideiussoria di 90.000 euro.

I) – Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, d.lgs. n. 163/2006, degli artt. 43, 71 e 75 del d.P.R. n. 445/2000 e dell’art. 1, L. n. 241/1990; eccesso di potere per contraddittorietà manifesta; carenza assoluta di potere (in concreto), per assenza del presupposto dell’esclusione per falsa dichiarazione, con tutte le conseguenze negative che ciò comporta; violazione e falsa applicazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza; eccesso di potere e sviamento, per ingiustizia manifesta.

La ricorrente è stata esclusa dalla gara per un duplice ordine di ragioni: – a causa della mancata regolarizzazione documentale ex artt. 38, comma 2 bis, e 46, comma 1 ler, del d.lgs. n. 163/2006; – in ragione dell’omessa indicazione, da parte del sig. Corrado Cellai (A.U. di Securpol), di un decreto penale di condanna emesso dal Tribunale di Siena nell’anno 2011 (per reato contravvenzionale con applicazione di una sanzione pari ad € 100).

Secondo parte ricorrente, Consip ha invertito l’avvio e lo svolgimento delle corrette dinamiche procedimentali, tentando di ottenere la sostituzione della polizza “a pagamento” prima di avviare il procedimento per la verifica della sussistenza, o meno, dei presupposti per la falsa dichiarazione.

Questo, secondo parte ricorrente, evidenzierebbe la mala fede della Stazione appaltante, la quale avrebbe tentato di far sostituire la polizza, previo pagamento di € 45.000 di sanzione, per poi avviare il procedimento per falsa dichiarazione e giungere alla richiesta d’incameramento della nuova cauzione provvisoria per l’importo di ben € 90.000,00.

Ciò denoterebbe, secondo parte ricorrente, anche uno sviamento dalla causa tipica delle norme attributive del potere.

Inoltre, il provvedimento sarebbe viziato da carenza assoluta di potere in concreto, determinata dall’assenza dei presupposti e delle condizioni cui la legge subordina l’esercizio del potere di esclusione per falsa dichiarazione (cfr. artt. 43 e 75, d.P.R. n. 445/2000; art. 38, comma 1, lett. h), e comma 2 bis, d.lgs. n. 163/2006).

Sempre secondo parte ricorrente, l’operato della stazione appaltante violerebbe anche il principio di non aggravamento del procedimento, codificato all’art. 1, comma 2, della legge n. 241/1990, posto che non vi sarebbero state ragioni di avviare una diversa istruttoria volta all’accertamento di ulteriori cause di esclusione, prima ancora che si avesse contezza circa la volontà di regolarizzazione dell’operatore economico.

Peraltro, l’esclusione per “falsa dichiarazione” [e non per assenza del requisito di ordine generale di cui all’art. 38, lett. c) del d.lgs. n. 163/2006] è stata disposta dalla stazione appaltante esclusivamente in relazione all’omessa indicazione di un decreto penale di condanna emesso nei confronti del sig. Corrado Cellai (A.U. della Securpol): omissione che risulterebbe essere stata effettuata in buona fede ed in relazione ad un provvedimento inidoneo ad incidere sulla moralità professionale dell’operatore economico (cfr. il decreto penale di condanna n. 137/2011, emesso dal Tribunale di Siena in data 23 maggio 2011 per un reato di natura contravvenzionale, il quale non sarebbe stato indicato dal Cellai in quanto, essendo stato a suo tempo concesso il beneficio della non menzione, non era presente nel casellario giudiziale estratto in data 3 agosto 2015 proprio in vista della partecipazione alla gara de qua).

II) – Violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 46 comma 1 bis del d.lgs. n. 163/2006; violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del disciplinare di gara; violazione e falsa applicazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza; eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti

Parte ricorrente ha affermato l’irrilevanza dell’omessa dichiarazione di precedenti penali nel caso di specie, posto che si tratta di un reato di scarsa gravità di natura contravvenzionale.

A tale riguardo, è stato rilevato che il decreto di condanna è stato emesso nel maggio 2011 e dalla sua pubblicazione sono decorsi due anni senza che il Cellai abbia commesso alcun altro reato della stessa indole né, invero, altri tipi di reato. Tant’è che, non appena il sig. Cenai si è attivato per ottenere la formale estinzione del reato, questa è stata tempestivamente dichiarata dal Tribunale di Siena.

Il che escluderebbe la configurabilità di una falsa dichiarazione posto che, nella specie, vero è che il disciplinare di gara richiedeva ai concorrenti di dichiarare tutte le condanne, ivi incluse quelle per cui si fosse beneficiato della non menzione, ma è altrettanto vero che lo stesso disciplinare richiedeva l’indicazione di tutte le condanne solo “al fine di consentire a Consip di valutare la moralità professionale del concorrente”.

III) – In via subordinata, violazione e falsa applicazione dell’art. 2, lett. f), del disciplinare di gara; violazione e falsa applicazione della normativa in tema di escussione della cauzione provvisoria; violazione e falsa applicazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza; eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.

In subordine, parte ricorrente ha affermato l’illegittimità del provvedimento di esclusione nella parte in cui è intimata l’escussione della garanzia provvisoria ovvero (essendo questa stata ritenuta inidonea da Consip) il “recupero forzoso dell’intero importo garantito dalla medesima cauzione”.

A tale riguardo, è stato affermato che la stazione appaltante può procedere con l’incameramento della cauzione provvisoria solo nei casi tassativamente previsti dalla legge e, segnatamente: per la mancata sottoscrizione per ‘fatto dell’affidatario”, ex art. 75, comma 6, del d.lgs. n. 163/2006; nel caso in cui, a seguito del procedimento di controllo a campione ex art. 48, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006, non venga dimostrato il possesso dei requisiti speciali dichiarati per la partecipazione alla gara; nell’ipotesi in cui il concorrente decida di usufruire del cd. Soccorso istruttorio a pagamento, ex art. 38, comma 2 bis, del d.lgs. n. 163/2006, senza però provvedere alla corresponsione della relativa sanzione, nella misura indicata dalla lex specialis (in tal caso, la cauzione può essere incamerata per la sola quota parte corrispondente alla sanzione pecuniaria).

Di conseguenza, anche alla luce del principio di tassatività e di stretta legalità delle sanzioni, non sarebbe legittima la pretesa della stazione appaltante di procedere con l’incameramento delle cauzioni provvisorie al di fuori delle ipotesi indicate.

Con motivi aggiunti notificati il 9.5.2016, parte ricorrente ha impugnato l’approvazione definitiva degli atti di gara limitatamente alla parte in cui la stazione appaltante ha confermato i motivi di esclusione dalla gara della ricorrente e provveduto ad aggiudicare la stessa al RTI controinteressato con mandataria B.T.V. S.p.A., deducendo, per via derivata, i medesimi vizi contestati rispetto agli atti impugnati con il ricorso introduttivo del giudizio.

Consip SpA, costituitasi in giudizio, ha affermato l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.

A sostegno delle proprie ragioni, ha prodotto note, memorie e documenti per sostenere la correttezza del proprio operato e l’infondatezza delle censure contenute nel ricorso.

Alla camera di consiglio del 13 gennaio 2016, parte ricorrente ha rinunciato alla domanda cautere.

Con successive memorie le parti hanno argomentato ulteriormente le rispettive posizioni.

All’udienza del 19 ottobre 2016 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio ritiene che le censure di parte ricorrente siano infondate e debbano essere respinte.

Dagli atti di causa emerge che Securpol Services S.r.l. ha partecipato alla procedura aperta indetta da Consip spa per l’affidamento del servizio di trasporto delle monete metalliche e dei servizi connessi per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

La Commissione giudicatrice, in data 29 settembre 2015 (prot. n. 24022/2015), all’esito dell’esame della documentazione amministrativa – busta “A” presentata dalla Securpol, ha rilevato che quest’ultima aveva prodotto una cauzione provvisoria rilasciata da un intermediario finanziario (Ilfa Leasing S.p.A.) iscritto unicamente all’elenco generale ex art. 106 T.U.B. (vecchio testo) e, pertanto, soggetto non idoneo a rilasciare cauzioni.

Conseguentemente, ha richiesto alla ricorrente di produrre: una nuova cauzione provvisoria: bancaria, assicurativa o rilasciata dagli intermediari finanziari autorizzati [vale a dire iscritti al nuovo albo di cui all’articolo 106 del T.U.B. oppure iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 T.U.B. (vecchio testo)]; una dichiarazione di impegno a rilasciare la garanzia definitiva, anch’ essa resa da una banca, assicurazione o intermediario finanziario autorizzato [vale a dire iscritto al nuovo albo di cui all’articolo 106 del T.U.B. oppure iscritto nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 T.U.B. (vecchio testo)].

Nella medesima comunicazione la Commissione giudicatrice, oltre ad aver contestato l’irregolarità di una serie di dichiarazioni presenti nell’Allegato 1, ha precisato che: nel caso in cui Securpol avesse deciso di procedere con la regolarizzazione documentale, la stessa avrebbe dovuto provvedere al pagamento della sanzione pecuniaria quantificata, nel rispetto del range previsto dall’art. 38, comma 2 bis, del D. Lgs. n. 163/2006, in 45.000 euro (pari all’ 1 per cento del valore della gara); viceversa, nel caso di mancata regolarizzazione entro il termine concesso — pari a dieci giorni — Consip avrebbe proceduto all’esclusione della Securpol.

Sempre nella seduta del 23 settembre 2015, la Commissione di gara aveva rilevato che nell’Allegato 1 il Sig. Corrado Cenai, nella sua qualità di Amministratore Unico e legale rappresentante, aveva dichiarato l’emissione, nei propri confronti, della “sentenza n. 1200/10 del 27/11/2010 del Tribunale di Pisa. Violazione art. 2 R.D.L. 1952/35 ai sensi dell’art. 17 TULPS, convertita in ammenda di é’ 2.280,00 pagata il 14/09/2012”. Consip ha, quindi, proceduto ad effettuare, anche ai sensi dell’art. 71 del d.P.R. n. 445/2000, le dovute verifiche d’ufficio al fine di constatare la presenza o meno del requisito di cui all’art. 38, comma 1 lett. c), del D. Lgs. n. 163/2006, in capo alla Securpol. L’istruttoria ha evidenziato che nei confronti di Corrado Cellai era stato emesso un ulteriore decreto penale di condanna non dichiarato, come da certificato del casellario giudiziale rilasciato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma in data 29.09.2015 (acquisito mediante ricorso alla BDNCP).

A fronte di ciò, in data 5 ottobre 2015 (prot. n. 24717/2015) Consip — fissando all’uopo il medesimo termine già individuato dalla Commissione per la regolarizzazione onerosa (9 ottobre 2015) – ha richiesto alla Securpol di presentare con riferimento alla posizione del Cellai, memorie scritte e documenti giustificativi (ivi inclusi entrambi i provvedimenti di condanna) delle risultanze emerse dall’istruttoria suddetta che contrastavano con quanto dichiarato in sede di partecipazione.

Securpol, con nota pervenuta il 9 ottobre 2015 (prot. n. 25289/2015) ha formulato espressa istanza di proroga del termine per la produzione della documentazione richiesta nell’ambito del procedimento avente ad oggetto la rilevata carenza.

Entro il termine prorogato, Securpol, con nota del 19 ottobre 2015 (prot. n. 25917/2015) ha prodotto le proprie considerazioni, unitamente ai provvedimenti di condanna richiesti.

Con provvedimento del 12 novembre 2015 (prot. n. 28264/2015) la Consip, accertata la mancata regolarizzazione ai sensi degli artt. 38 comma 2bis e 46 comma 1-ter del D. Lgs. 163/2006, nonché ritenute infondate le deduzioni svolte dall’operatore economico in merito alla mancata veridicità delle dichiarazioni rese in gara, ha deliberato l’esclusione dalla procedura di gara della Securpol.

In data 20 novembre 2015 (prot. n. 29151/2015), la Consip ha proceduto alla dovuta segnalazione all’Autorità Nazionale Anticorruzione.

2. Ciò premesso, va considerato che la Commissione di gara, nella seduta del 23 settembre 2015, ha rilevato quanto segue: – dall’analisi della cauzione presentata dalla Securpol nonché dalla consultazione dell’elenco generale ex art. 106 T.U.B. (vecchio testo) e dell’elenco speciale ex art. 107 T.U.B. (vecchio testo) presenti sul sito della Banca d’Italia, risultava che la Ilfa Leasing S.p.A. (intermediario finanziario che ha rilasciato la garanzia provvisoria per la Securpol) fosse iscritta unicamente all’elenco generale ex art. 106 T.U.B. (vecchio testo) e, pertanto, non potesse rilasciare la cauzione provvisoria così come richiesto dalla lex specialis. A fronte di tale circostanza, la Commissione nel ritenere sussistenti, in luogo dell’esclusione del concorrente, gli estremi per l’applicazione di quanto previsto dalla nuova formulazione dell’art. 46, comma 1-ter del D. Lgs. n. 163/2006, così come novellato dall’art. 39 del D.L. n. 90/2014, che prevede che “le disposizioni di cui all’art. 38, comma 2-bis, si applicano a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara”, ha proceduto alla richiesta di regolarizzazione con conseguente applicazione della sanzione pecuniaria, così come previsto dal punto 17.1 del Bando di gara; – dalle dichiarazioni rese dalla Securpol risultavano evidenze penali in capo ad alcuni soggetti, di cui all’art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006 che necessitavano della valutazione della Consip circa l’incidenza o meno di dette evidenze sulla moralità professionale dell’impresa. Pertanto, la Commissione ha rimesso alla Consip l’attività relativa alla detta valutazione. Ed è stata la Consip ad acquisire, mediante il ricorso alla BDNCP, anche il certificato del casellario del Sig. Cellai, in capo al quale erano state dichiarate evidenze.

A fronte di ciò, la richiesta di regolarizzazione onerosa è stata predisposta e inoltrata dalla Commissione alla Società ricorrente in data 29 settembre 2015 mentre, il giorno successivo, Consip ha rilevato la presenza in BDNCP dei certificati del casellario giudiziale del sig Cellai che riportava un provvedimento di condanna non oggetto di dichiarazione.

Proprio per evitare che l’operatore economico potesse regolarizzare la cauzione per, poi, vedersi aprire un procedimento relativo alla mancata dichiarazione di un provvedimento penale di condanna, Consip ha deciso di rendere note subito a Securpol le proprie determinazioni al riguardo.

3. Per quanto attiene alla buona fede del dichiarante ed alla mancanza di gravità del reato, va considerato che il requisito della buona fede non opera in caso di dichiarazioni erronee, in quanto la sanzione dell’esclusione dalla procedura di gara non presuppone un comportamento doloso o colposo del dichiarante, essendo invece finalizzata alla tutela dell’amministrazione in materia di contratti pubblici.

Pertanto, non è onere della Stazione appaltante valutare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo alla omissione della prescritta dichiarazione.

4. Peraltro, non si può affermare (come fa parte ricorrente) che il reato commesso dal Cellai sarebbe irrilevante a fronte dell’intervenuta estinzione del medesimo a seguito del decorso del termine (due anni) previsto dall’art. 460, comma 5 c.p.p.

Del resto, l’estinzione del reato non è automatica e legata al mero decorso del tempo (due o cinque anni dalla commissione del fatto a seconda che si tratti di una contravvenzione o di un delitto), ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale.

Nel caso di specie, la dichiarazione di estinzione da parte del giudice dell’esecuzione è intervenuta solo successivamente allo scadere del termine di presentazione delle offerte.

5. Comunque, avuto riguardo a quanto stabilito dalla lex specialis, ed in considerazione del principio di eterointegrazione con la norma di legge, l’inosservanza dell’obbligo di rendere al momento di presentazione della domanda di partecipazione le dovute dichiarazioni previste dall’art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006 (ivi compresa quella in ordine all’indicazione di tutte le condanne riportate, anche quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione) comporta l’esclusione del concorrente (Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2015 n. 5403).

6. Parte ricorrente prospetta una presunta illegittimità della decisione della Consip di escutere la cauzione provvisoria a fronte del rilevato mendacio.

Sul punto, va rilevato che il disciplinare di gara prevede la possibilità di procedere all’incameramento della cauzione provvisoria nell’ipotesi di dichiarazioni mendaci (cfr. pagina 22 del Disciplinare di gara).

Ad ogni modo, secondo la giurisprudenza, l’escussione della cauzione per il concorrente opera anche nel caso in cui non corrisponda al vero quanto dichiarato in occasione della rappresentazione di requisiti generali (cfr. Cons. Stato Ad. Plen. sentenza 10 dicembre 2014 n. 34).

7. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.

8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– respinge il ricorso;

– condanna la Società ricorrente la pagamento delle spese di lite in favore della parte resistente, che si liquidano in complessivi euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre IVA e CPA come per legge;

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Roberto Caponigro, Consigliere

Roberto Proietti, Consigliere, Estensore

 

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

La sentenza in commento affronta la vexata quaestio delle dichiarazioni da rendere ai sensi dell’art. 38 del D. Lgs. 163/2006 sui requisiti di ordine generale ai fini della partecipazione alle gare pubbliche e delle conseguenze che discendono da dichiarazioni omesse, incomplete o mendaci. La fattispecie sottoposta all’attenzione del TAR concerne nella specie la dichiarazione ex art. 38, co. 1, lett. c), per la quale “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: […] c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale […] l'esclusione e il divieto in ogni caso non operano quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima

Il TAR, nella sentenza in esame, si è inoltre pronunciato sull’incameramento della cauzione provvisoria anche nel caso in cui non corrisponda al vero quanto dichiarato dal concorrente in occasione della rappresentazione dei requisiti generali.

L’esclusione della società ricorrente dalla procedura di gara è stata invero disposta per la iscrizione nel casellario giudiziale di un decreto penale di condanna emesso a carico del suo amministratore unico, nell’anno 2011, per un reato contravvenzionale, in relazione al quale era stata comminata la modesta ammenda di 100 euro.

La ricorrente ha contrastato il provvedimento di esclusione affermando l’irrilevanza dell’omessa dichiarazione di un tale precedente penale, trattandosi di reato di scarsa gravità di natura contravvenzionale. Ha inoltre rilevato come al decreto penale in questione, emesso nel maggio 2011, non avesse fatto seguito la commissione di altri reati della stessa indole o di diversa natura, così che il reato di che trattasi veniva – su istanza della ricorrente – dichiarato estinto successivamente alla scadenza di presentazione delle offerte. Il che, a detta della stessa società ricorrente, avrebbe escluso la configurabilità di una falsa dichiarazione dal momento che, nonostante il disciplinare di gara prescrivesse ai concorrenti di dichiarare tutte le condanne, ivi incluse quelle per cui si fosse beneficiato della non menzione, lo stesso disciplinare indicava altresì come tale richiesta fosse specificamente volta al solo fine di consentire alla Stazione appaltante di valutare la moralità professionale del concorrente, moralità sulla quale il reato in questione – di lievissima entità – non avrebbe evidentemente mai potuto incidere.

Nell’esaminare la fattispecie, il TAR Lazio ha aderito al maggioritario indirizzo giurisprudenziale, dai connotati marcatamente formalistici, secondo il quale nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all’affidamento di un appalto pubblico, l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate, anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell’art. 38, comma 1, lett. c), comporta senz’altro l’esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità (Cons. di Stato, Sez. V, 12.10.2016 n. 4219; Cons. di Stato, Stato, Sez. V, 27.7.2016, n. 3402; 29.4.2016, n. 1641; 2.12.2015, n. 5451 e 2.10.2014, n. 4932; Sez. IV, 29.2.2016, n. 834; Sez. III, 28.9.2016, n. 4019. Si è espresso in termini, di recente, lo stesso TAR Lazio, affermando in fattispecie analoga come “Nelle gare pubbliche, non può operare la teoria del “falso innocuo”, essendo la stessa incompatibile con l’obbligo dichiarativo posto dall’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163/2006. Pertanto, l’omissione e/o la falsa attestazione circa l’esistenza di precedenti penali, comporta senz’altro l’esclusione dalla gara, in quanto viene impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità” - TAR Lazio, Sez. II, 14.11.2016 n. 11286).

Prosegue il TAR nella sentenza in esame affermando che la buona fede non è invocabile in caso di dichiarazioni erronee, in quanto la sanzione dell’esclusione  dalla procedura di gara non presuppone un comportamento doloso o colposo del dichiarante, essendo invece finalizzata alla tutela dell’amministrazione in materia di contratti pubblici. Conclusione, questa, fondata nella consolidata giurisprudenza che esclude che l’omissione possa essere sanata attraverso il soccorso istruttorio, istituto che non può essere utilizzato per sopperire a dichiarazioni (riguardanti elementi essenziali) radicalmente mancanti – pena la violazione della par condicio fra concorrenti – ma soltanto per chiarire o completare dichiarazioni o documenti già comunque acquisiti agli atti di gara (Cons. Stato, A. P. 25/2/2014 n. 9; Sez. V, 25/2/2015 n. 927).

A nulla rileva poi, ad avviso del TAR, la circostanza che l’omessa dichiarazione riguardasse un reato estinto, dal momento che l’estinzione del reato non è automatica né legata al mero decorso del tempo (due o cinque anni a seconda che si tratti di una contravvenzione o di un delitto), ma, come è noto, deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice penale, che nel caso in esame è intervenuta soltanto successivamente allo scadere del termine di presentazione delle offerte. In definitiva, secondo la pronuncia in commento, la mera inosservanza dell’obbligo di rendere al momento della presentazione della domanda di partecipazione le dichiarazioni previste dall’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 (ivi compresa quella in ordine all’indicazione di tutte le condanne riportate, anche di quelle per la quali si sia beneficiato della non menzione) comporta la legittima esclusione del concorrente (Cons. di Stato, Sez. V, 30.11.2015, n. 5403).

Muovendosi nel solco già tracciato dalla giurisprudenza prevalente e più recente, dunque, la sentenza in commento ha ribadito il principio di sussistenza del dovere dei concorrenti di segnalare tutte le sentenze di condanna o di applicazione di pena riportate. Ciò in quanto, non avendo il legislatore optato per un numerus clausus di fattispecie (TAR Lazio, Sez. III, 26.3.2010, n. 4777), è alle stazioni appaltanti, che dispongono di ampia discrezionalità nella valutazione dell’incidenza delle condanne sulla moralità professionale del concorrente - e solo ad esse - che spetta la valutazione della rilevanza del precedente penale ai fini della partecipazione alla gara.

Per completezza, si segnala che non mancano precedenti giurisprudenziali discordanti - invero più risalenti nel tempo - che, individuando la ratio dell’esclusione dalla gara pubblica per difetto del requisito della moralità professionale nell’esigenza di evitare che l’appalto possa essere affidato a chi abbia commesso reati lesivi di quegli stessi interessi collettivi che, in veste di aggiudicatario, sarebbe poi chiamato a realizzare, ritengono che il difetto del requisito della moralità professionale non possa conseguire alla commissione (e successiva mancata dichiarazione) di qualsiasi reato da parte del concorrente ma solo di quelli che siano in grado di incidere in concreto sull’interesse collettivo alla realizzazione dell’opera pubblica, con la conseguenza che “il partecipante alla gara nel rendere la dichiarazione ben può operare un giudizio di rilevanza delle singole condanne subite e ritenere che i relativi fatti non incidano sulla moralità professionale, senza incorrere nel mendacio della dichiarazione resa” (Cons. di Stato, Sez. VI, 24.6.2010, n. 4019; Cons. di Stato, Sez. V, 8.9.2008, n. 4244).

A corollario, si pongono le pronunce che affermano che legittimamente il bando di gara  può richiedere ai concorrenti di indicare tutte le condanne riportate, al fine di riservare alla stazione appaltante la valutazione di gravità o meno dell’illecito commesso, tenendo presente che nella prima ipotesi la causa di esclusione “non è solo quella, sostanziale, dell’essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella, formale, di aver omesso una dichiarazione prescritta dal bando” (Cons. di Stato, Sez. V, 8.10.2010; id., 13.10.2010, n. 4520).

Per quanto concerne l’escussione della cauzione, prevista nella fattispecie dal disciplinare di gara in caso di dichiarazioni mendaci, il TAR ha affermato che il relativo presupposto “opera anche nel caso in cui non corrisponda al vero quanto dichiarato in occasione della rappresentazione di requisiti generali”.  Nell’affermare ciò il Giudice ha richiamato l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 34 del 10.12.2014, secondo  cui “E’ legittima la clausola, contenuta in atti di indizione di procedure di affidamento di appalti pubblici, che preveda l’escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma solo concorrenti, in caso di riscontrata assenza del possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici”; ciò in quanto “si tratta di una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio, che costituisce l’automatica conseguenza della violazione di regole e doveri contrattuali espressamente accettati”, ovvero, nella specie, delle norme del disciplinare al cui rispetto i partecipanti si vincolano per il solo fatto della partecipazione alla gara.

Occorre a questo punto segnalare che il quadro, come sopra delineato, è ora destinato a cambiare radicalmente con l’avvento del “nuovo” codice degli appalti (D. Lgs. 50/2016), atteso che le dichiarazioni da rendere in sede di partecipazione alla gara sono quelle previste dall’art. 80 (rubricato “motivi di esclusione”), ai sensi del primo comma del quale i reati considerati incidenti sulla moralità professionale delle imprese sono tassativamente elencati e sono i seguenti:

  1. delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, 416-bis del codice penale ovvero delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti, consumati o tentati, previsti dall’art. 74 del D.P.R. n. 309/1990, dall’art.291-quater del D.P.R. n. 43/1973 e dall’art. 260 del d.lgs. n. 152/2006, in quanto riconducibili alla partecipazione a un’organizzazione criminale, quale definita all’art. 2 della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio;
  2. delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis, 354, 355 e 356 del codice penale nonché all’art. 2635 del codice civile;
  3. frode ai sensi dell’art. 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee;
  4. delitti, consumati o tentati, commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, e di eversione dell’ordine costituzionale reati terroristici o reati connessi alle attività terroristiche;
  5. delitti di cui agli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 del codice penale, riciclaggio di proventi di attività criminose o finanziamento del terrorismo, quali definiti all’art. 1 del d.lgs. n. 109/2007;
  6. sfruttamento del lavoro minorile e altre forme di tratta di esseri umani definite con il d.lgs. n. 24/2014;
  7. ogni altro delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

La modifica apportata a quanto previsto dalla disposizione di cui all’art. 38, comma 1, lettera c) del d.lgs. n. 163/2006, che non enumerava una lista di reati rilevanti ai fini dell’esclusione dalle gare, ma faceva riferimento all’ampia nozione dei “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”, è evidentemente significativa, in quanto era proprio la mancata previsione da parte della previgente norma, come detto in precedenza, di un numerus clausus di reati rilevanti che poneva in capo alle singole stazioni appaltanti l’onere di considerare l’incidenza delle condanne rispetto all’appalto da affidare, con esiti spesso radicalmente divergenti in dipendenza della diversa valutazione compiuta da parte di amministrazioni diverse in ordine alla medesima condanna penale.

A tale proposito, va comunque ricordato che la Commissione speciale del Consiglio di Stato, chiamata a rendere il parere n. 855/2016 sullo schema del nuovo codice dei contratti pubblici, aveva sostenuto l’opportunità di integrare il ricordato elenco dei reati con una clausola di chiusura - analoga a quella già recata dall’art. 38 del previgente codice - che sancisse l’esclusione dalla gara anche in tutti i casi di condanne per reati gravi, che fossero ritenuti dalla Stazione appaltante comunque idonei ad incidere sulla moralità professionale del concorrente.

Nella prospettiva dell’applicazione del nuovo codice, è quindi destinato ad essere superato anche l’indirizzo giurisprudenziale prevalente qui analizzato, sorto nella vigenza del D. Lgs. 163/2006, che riteneva i concorrenti obbligati a dichiarare tutte le condanne riportate, a prescindere dalla loro gravità ed incidenza sulla moralità professionale. In presenza di un’elencazione specifica e tassativa dei reati come sopra operata dall’art. 80 del d. lgs. n. 50/2016, i soggetti partecipanti non sono infatti più chiamati a dichiarare tutti i precedenti penali in cui sono incorsi, ma soltanto quelli riferiti e riferibili ai reati elencati nel relativo articolo, come attestano il Documento di Gara Unico Europeo (DGUE), il cui modello è stato adottato con Regolamento di esecuzione UE 2016/7 della Commissione del 5 gennaio 2016 e pubblicato nella GUUE L 3/16 del 6 gennaio 2016, e le Linee Guida per la relativa compilazione formulate con la Circolare MIT 18 luglio 2016 n. 3, pubblicata nella GURI, Serie Generale n. 174 del 27 luglio 2016.