Tar Lazio, Roma, Sez. II, 1 luglio 2016, n. 7586

1. In ordine alla omessa attivazione del soccorso istruttorio, giova considerare che lo stesso non trova applicazione in caso di dichiarazioni mendaci da parte del legale rappresentante della Società. La dichiarazione mendace, infatti, prescinde totalmente dall’elemento soggettivo, vale a dire dell’accertamento del dolo o della colpa grave, e si traduce nel mero fatto che l’impresa ha dichiarato una situazione di fatto difforme dalla situazione reale.

 

1)Conformi: Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, 4 dicembre 2015, n. 1165.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15836 del 2015, proposto da:

Soc Fedrigoni Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Bertinelli Terzi, con domicilio eletto presso Studio Legale Grez & Associati Srl in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Consip, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Claudio De Portu, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Flaminia 354;

Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione, Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

– dei provvedimenti in data 4.12.2015 prot. n. 30377/2015 e n. 30557/2015 con cui Consip ha disposto la revoca del provvedimento di abilitazione emesso a favore della ricorrente relativamente al bando del MEPA “Cancelleria 104 – (Cat. 1 – Cancelleria ad uso ufficio e didattico)”;

– della segnalazione all’ANAC di quanto esposto nei citati provvedimenti;

– di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso,

ivi compresi, per quanto possa occorrere, il paragrafo 6 lett. d) del bando di abilitazione e le regole del sistema di E-Procurement della p.a. così come genericamente richiamate negli impugnati provvedimenti di revoca.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip e dell’Avvocatura Generale dello Stato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2016 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. La Consip, con l’impugnato provvedimento del 4 dicembre 2015, ha disposto nei confronti della Fedrigoni Spa la revoca del provvedimento di abilitazione emesso relativamente al bando del MePA: “Cancelleria 104 (Categoria 1-Cancelleria ad uso ufficio e didattico)” ed ha precisato che avrebbe proceduto, ai sensi dell’art. 38 c. 1-ter d.lgs. n. 163 del 2006, alla registrazione di quanto esposto nel provvedimento all’ANAC nonché alla segnalazione alla competente Procura della Repubblica per le opportune valutazioni ed eventuali determinazioni.

Il ricorso è articolato nei seguenti motivi di impugnativa:

Illegittimità per violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 75 d.P.R. 445/2000. Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006. Violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 46 d.lgs. n. 163 del 2006.

La revoca sarebbe illegittima, da un lato, perché nella omessa dichiarazione della sentenza a carico dell’amministratore unico non potrebbe ravvisarsi l’intento doloso costituente presupposto necessario per la decadenza del beneficio, tanto più trattandosi di elemento già noto a Consip per essere già stato precedentemente dichiarato dall’interessata, dall’altro, perché il signor Pallotta, attesa la sua qualifica di institore, non sarebbe stato tenuto a rendere siffatta dichiarazione che, viceversa, è stata effettuata in sede di rinnovo, allorché ha assunto la qualifica di Direttore tecnico.

Illegittimità per violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 2 bis, d.lgs. n. 163 del 2006. Erroneità dei presupposti.

La mancanza di un fatto rilevante di cui all’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 non potrebbe essere considerata dichiarazione non veritiera ai sensi dell’art. 75 d.P.R. n. 445 del 2000, ma una mera omissione e come tale ricompresa nell’ambito applicativo dell’art. 38, comma 2 bis che comprende anche l’ipotesi della mancanza assoluta della dichiarazione.

La revoca sarebbe illegittima anche sotto il profilo dell’erroneità dei presupposti avendo qualificato mendace una dichiarazione che non potrebbe essere così definita.

Il signor Pallotta, all’epoca del rinnovo in data 5 dicembre 2014, aveva la qualifica di institore, sicché non sarebbe stato tenuto a rendere alcuna dichiarazione.

La Consip ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza di questa Sezione 28 gennaio 2016, n. 424.

Le parti hanno depositato altre memorie a sostegno ed illustrazione delle rispettive difese.

All’udienza pubblica del 4 maggio 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Il ricorso è infondato e va di conseguenza respinto.

L’impugnato provvedimento di revoca è stato adottato, tra l’altro, in quanto:

– il procuratore della Fedrigoni, in data 5 dicembre 2014, in sede di “rinnovo delle dichiarazioni rilasciate anche ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445/2000”, dichiarava espressamente “che nei confronti dei soggetti di cui all’art. 38, comma 1 lett. b e c del d.lgs. n. 163/2006 non sono state pronunciate condanne con sentenza passata in giudicato, o emessi decreti penali di condanna divenuti irrevocabili, oppure sentenze di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., o condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione”;

– successivamente, nelle date del 2 luglio 2015, 3 luglio 2015 e 10 luglio 2015, il procuratore della Fedrigoni dichiarava l’emissione di provvedimenti penali di condanna a carico del sig. Claudio Alfonsi e, integrativamente rispetto alle precedenti, dichiarava l’emissione di provvedimenti penali a carico del sig. Pasquale Pallotta;

– dall’attività istruttoria è risultata la veridicità di quanto dichiarato nella domanda di abilitazione del 23 dicembre 2014 e nei rinnovi del 2 luglio 2015, 3 luglio 2015 e 10 luglio 2015, in palese contrasto con le dichiarazioni rese nel rinnovo del 5 dicembre 2014, derivandone il carattere mendace di tale ultima dichiarazione;

– le modifiche legislative relative alla regolarizzazione dell’offerta (afferenti all’istituto del c.d. soccorso istruttorio) non sono applicabili al caso di specie, atteso il carattere mendace delle dichiarazioni rese;

– l’operatore economico, in data 5 dicembre 2014, ha reso dichiarazione negativa in merito alla sussistenza di provvedimenti penali di condanna a carico dei soggetti per i quali conformemente al format (nella versione adottata nell’ottobre 2014) sussisteva l’obbligo dichiarativo;

la revoca consegue al mendacio conformemente al combinato disposto delle regole del sistema di E-Procurement della pubblica amministrazione e dell’art. 75 d.P.R. n. 445/2000 a mente del quale “qualora dal controllo di cui all’articolo 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera”;

– per quanto riguarda il signor Alfonsi, in ragione della qualifica di amministratore delegato nominato in data 7 maggio 2014, sussisteva l’obbligo di dichiarare il provvedimento di condanna emesso nei suoi confronti nella dichiarazione di rinnovo del 5 dicembre 2014 e, conseguentemente, la mancata dichiarazione vale a configurare il mendacio;

– con riferimento al signor Pallotta, il mendacio si configura per un duplice ordine di ragioni: il signor Pallotta è stato nominato institore in data 15 maggio 2012 e, conformemente al format della dichiarazione, avrebbero dovuto essere dichiarati i provvedimenti penali emessi anche a carico dei soggetti con qualifica di “institore”, per cui nella dichiarazione del 5 dicembre 2014 avrebbe dovuto essere dichiarato non solo il provvedimento penale emesso a carico del signor Alfonsi, ma anche quello emesso a carico del signor Pallotta;

– nelle gare pubbliche, nel caso di omessa dichiarazione di condanne penali riportate dal concorrente, è legittimo il provvedimento di esclusione non sussistendo in capo alla stazione appaltante l’ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo alla omissione della prescritta dichiarazione, che invece deve essere resa completa ai fini dell’attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale con particolare riferimento alla lett. c) del comma 1 dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante.

Le censure dedotte dalla ricorrente non possono essere condivise in quanto, a prescindere da qualsiasi valutazione in ordine all’oggetto dei procedimenti penali ed alla gravità delle violazioni commesse, la dichiarazione resa in data 5 dicembre 2014 dalla Fedrigoni Srl è oggettivamente difforme dalle evidenze che sono successivamente emerse.

La dichiarazione mendace, infatti, prescinde totalmente dall’elemento soggettivo, vale a dire dell’accertamento del dolo o della colpa grave, e si traduce nel mero fatto che l’impresa ha dichiarato una situazione di fatto difforme dalla situazione reale.

La circostanza, per quanto attiene all’amministratore signor Alfonsi, che la condanna sia stata sia antecedentemente che successivamente dichiarata, pertanto, potrebbe senz’altro rilevare per dimostrare l’insussistenza dell’elemento psicologico, ma non può rilevare per escludere la qualificazione come mendace della dichiarazione resa in data 5 dicembre 2014, la quale si connota come oggettivamente tale.

Parimenti, per quanto riguarda la mancata dichiarazione del provvedimento penale di condanna a carico del signor Pallotta, a prescindere dalla inclusione dell’institore tra i soggetti per i quali è doverosa la produzione della dichiarazione sui requisiti soggettivi (in questo senso da ultimo Cons, Stato, IV, 20 gennaio 2015, n. 140, secondo cui, ai fini della partecipazione alle gare pubbliche, l’institore rientra tra i soggetti per i quali è doverosa la produzione della dichiarazione sui requisiti soggettivi in ragione della sua posizione istituzionale all’interno dell’azienda quale è disciplinata dall’art. 2203 c.c.), l’impresa, in data 5 dicembre 2014 non ha dichiarato il signor Pallotta tra i soggetti titolari di poteri institori ex art. 2203 c.c. al fine di verificare la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006.

In ordine alla omessa attivazione del soccorso istruttorio, giova considerare che lo stesso non trova applicazione in caso di dichiarazioni mendaci da parte del legale rappresentante della Società, per cui la censura non può essere condivisa.

Nel caso di specie, non si è in presenza di una dichiarazione omessa o incompleta, ma di una dichiarazione mendace nel senso sopra precisato.

L’orientamento giurisprudenziale sostanzialistico che si è andato via via affermando, che tende ad attribuire, in modo certamente condivisibile, rilievo sempre più centrale al principio del favor partecipationis, secondo cui solamente la reale mancanza di un requisito generale legittima l’esclusione dalla gara, al punto che non appare né giusto né equo che un soggetto che possa dimostrare, eventualmente anche attraverso il c.d. soccorso istruttorio, di avere tutti i requisiti sia escluso dalla gara, ha ricevuto il definitivo avallo dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 2014, che indica la volontà univoca del legislatore di valorizzare il potere di soccorso istruttorio al duplice fine di evitare esclusioni formalistiche e di consentire le più complete ed esaustive acquisizioni istruttorie (cfr. CGA Regione Siciliana, 20 aprile 2016, n. 116).

Sulla base di tale evoluzione, è possibile ritenere che sia stato superato la precedente concezione che escludeva la possibilità di ricorrere al “soccorso istruttorio” nei casi di omessa produzione di un documento prescritto a pena di esclusione e che limitava la possibilità di utilizzo dell’istituto ai soli casi di avvenuta produzione di documenti contenenti errori, lacune o ambiguità, mentre non è possibile inferirne la diversa e più radicale regola che consentirebbe alla stazione appaltante di intervenire anche in caso di dichiarazione mendace.

In altri termini, il percorso sostanzialistico che mira ad attribuire assoluto rilievo al principio della massima partecipazione alle gare se determina la possibilità di chiedere all’impresa concorrente l’ostensione di un documento omesso, non può spingersi a legittimare l’intervento anche nel caso di dichiarazione mendace.

Le valutazioni sulla gravità della condanna e l’effettiva incidenza sulla moralità professionale, inoltre, come già esposto, esulano dalle ragioni che possono giustificare la dichiarazione di non sussistenza della pronuncia di condanna e sono riservate all’amministrazione appaltante, sicché la legittimità del provvedimento di revoca non può essere contestato in ragione della ritenuta tenuità dei fatti che hanno determinato l’emissione dei provvedimenti penali.

3. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre oneri di legge, sono posti a carico della ricorrente ed a favore della Consip.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre oneri di legge, in favore della Consip.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Silvia Martino, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore

 

 

 

Guida alla lettura

La sentenza in esame torna ancora una volta sul tema della mancata indicazione di cause penali di condanna e di come l’eventuale gravità dei reati in esame non incide sull’esclusione stessa.

La mancata dichiarazione rileva, infatti, non già per gli effetti delle condanne taciute, quanto piuttosto per la situazione d’infedeltà, reticenza o inaffidabilità della ditta stessa, essendo ininfluente che gli illeciti penali non dichiarati siano eventualmente inidonei, nello specifico, ad intaccare la moralità professionale dell’impresa concorrente.

L’esistenza di false dichiarazioni circa i precedenti penali si configura come causa autonoma di esclusione, mentre le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano esclusivamente alla stazione appaltante e non già alla ditta concorrente, obbligata ad indicare tutte le condanne riportate, senza poterne autonomamente operare una selezione sulla base di meri criteri soggettivi.

Ciò in quanto se l’obbligo dell’interessato di dichiarare tutte le condanne penali riportate, così come richiesto nel modello di domanda allegato alla lex specialis di gara nonché dallo stesso art. 38, comma 1, lettera c), non fosse puntualmente assolto, l’Amministrazione non conoscerebbe (in tutto o in parte) uno dei requisiti del soggetto concorrente ed eventualmente aggiudicatario e non potrebbe valutare la gravità del reato per cui si è ricevuta condanna; in tal modo la verifica del possesso o meno del requisito non costituirebbe più un momento indefettibile del procedimento di affidamento, ma diverrebbe meramente eventuale, potendo essa ricorrere solo nel caso in cui altro concorrente prospetti la mancanza del requisito medesimo (Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2011, n. 6153).

In altre parole si tratta di dichiarazione/prescrizione essenziale che prescinde, per quanto detto, da “filtri” della Stazione appellante, perché attiene ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono agli appalti e ai rapporti con la Stazione stessa, né si rilevano validi motivi per non effettuare tale dichiarazione, posto che spetta comunque all’Amministrazione la valutazione circa la gravità o meno del reato, che può essere accertato con qualsiasi mezzo di prova, e quindi l’incidenza sulla moralità professionale, e non di certo al concorrente, che non può quindi operare alcun proprio “filtro” in sede di domanda di partecipazione e quindi di dichiarazione in proposito”.

Nelle gare pubbliche la completezza e la veridicità, sotto il profilo della puntuale indicazione di tutte le condanne riportate, della dichiarazione sostitutiva di notorietà rappresenta lo strumento indispensabile, adeguato e ragionevole, per contemperare i contrapposti interessi in gioco. Di conseguenza, l'omessa dichiarazione dei precedenti penali, anche di uno solo di essi, indipendentemente da ogni giudizio sulla relativa gravità, rende legittima l'esclusione dalla gara. Anche in assenza di comminatoria nella lex specialis di gara, l'inosservanza dell'obbligo di rendere al momento della presentazione della domanda di partecipazione le dichiarazioni richieste dall'articolo 38, Dlgs 163/2006 comporta, stante l'eterointegrazione con la norma di legge,  l'esclusione del concorrente, senza che sia consentito alla stazione appaltante disporne la regolarizzazione o integrazione.

L’art. 80 del nuovo Codice degli appalti e delle concessioni disciplina - in parziale difformità rispetto al previgente art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 - l’incidenza dei precedenti penali riportati dall’operatore economico che partecipa alle pubbliche gare.

Le origini delle nuove disposizioni vanno ricondotte, in particolare, all’art. 57 della direttiva 2014/24/UE, nella quale sono stati ridefiniti - rispetto alla precedente direttiva 2004/18/CE - i motivi d’esclusione delle imprese dalle procedure di gara: più in particolare, la logica che sembra aver guidato il legislatore europeo sembra essere finalizzata a dissuadere gli operatori economici dal porre in essere comportamenti scorretti che incidono sull’affidabilità dell’impresa nell’esecuzione degli appalti pubblici; nonché a “salvare”, nel contempo, gli operatori economici che (a prescindere dalla possibilità di ravvedimento mediante l’adozione di misure di c.d. self-cleaning), si sono resi colpevoli di meri errori formali oppure di negligenze lievi o non dolose.

Particolarmente rilevante appare, in tale contesto, l’estensione della verifica dei requisiti a tutti i membri del consiglio d’amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’operatore economico nonché alle persone dotate dei relativi poteri di rappresentanza, decisione o controllo, laddove, al contrario, l’art. 45 della direttiva 18/2004 si riferiva più genericamente alle persone giuridiche e/o fisiche, compresi, se del caso, i dirigenti o qualsiasi persona che esercita poteri di rappresentanza, di decisione o di controllo.
La direttiva 24/2014 ha inoltre introdotto il nuovo meccanismo del c.d. self-cleaning, che consente all’operatore economico di dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione: occorre tuttavia precisare che tale opportunità non sarà comunque utilizzabile nei casi in cui l’operatore sia stato escluso dalla partecipazione alle procedure d’appalto con sentenza definitiva, e ciò per tutto il periodo in cui gli effetti della sentenza sono destinati a prodursi.
Il nuovo codice prevede, poi, un preciso elenco di reati rilevanti ai fini della partecipazione alle gare.