Cons. Stato, Sez. V, 11 settembre 2025, n. 7282
La sentenza in commento si distingue per aver fornito un’interpretazione estensiva (a supporto della quale sono stati richiamati i principi del risultato, della fiducia e della buona fede) del motivo di esclusione del grave illecito professionale, laddove quest’ultimo si traduca, in particolare, nella “condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione” (cfr. art. 98, comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 36 del 2023).
Sebbene la norma testé evocata sembri ricondurre nell’alveo del grave illecito professionale soltanto alcune condotte sostanzialmente attive dell’operatore economico (la disposizione fa riferimento, infatti, ad un tentativo di “influenzare indebitamente il processo decisionale” e al rilascio di “informazioni false o fuorvianti”), cionondimeno una lettura sistematica delle norme contenute negli artt. 95 e 98 del nuovo codice dei contratti pubblici – soprattutto se lette alla luce dei principi generali della fiducia, del risultato e della buona fede – non può che condurre a rilevare il grave illecito professionale anche in presenza di omissioni dichiarative di fatti potenzialmente lesivi dell’affidabilità professionale dell’operatore economico.
Guida alla lettura
La vicenda da cui origina la sentenza in esame è un provvedimento comunale di esclusione da una gara per l’affidamento del servizio di pulizia delle spiagge libere del Comune appaltante.
Il provvedimento di esclusione dalla gara era motivato dal fatto che l’operatore economico non aveva comunicato alla stazione appaltante alcune pendenze giudiziarie penali che lo vedevano coinvolto, ancorchè estranee al novero dei reati che il legislatore del codice dei contratti pubblici ha tipizzato in sede di individuazione delle cause automatiche e non automatiche di esclusione dalla gara (cfr. artt. 94 e 95 del d.lgs. n. 36 del 2023).
Risulta dalla lettura della sentenza, in particolare, che:
(a) i reati contestati (estorsione e occupazione e innovazione abusiva di spazio demaniale) incidevano sulla moralità e sulla professionalità della ditta, mettendo in dubbio l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico, anche in considerazione del fatto che il reato di estorsione, insieme agli altri ad esso connessi, è stato contestato in relazione a un servizio espletato proprio per conto del Comune che aveva indetto la gara in questione;
(b) il Comune si era costituito parte civile nei processi penali contro l’operatore economico in questione, creando una sostanziale incompatibilità per conflitto di interesse.
L’operatore economico escluso dalla gara aveva impugnato il provvedimento di esclusione dinanzi al T.A.R. per la Puglia (sezione di Lecce) che aveva respinto il ricorso.
È poi seguito l’appello definito con la sentenza di rigetto ora in commento. Tale sentenza del Consiglio di Stato presenta l’indiscutibile pregio di identificare chiaramente “a monte” la questione di diritto da cui dipende la risoluzione della controversia, e cioè se “l’omissione dichiarativa di pendenze penali a carico dell’operatore economico, per reati non ricompresi dell’elencazione tassativa indicata dal nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023), possa legittimare l’esclusione dalla gara, in fattispecie, come quella in esame, nell’ambito della quale sia stata valutata negativamente da parte dell’Ente comunale l’affidabilità ed integrità del suddetto operatore, il quale è stato accusato di condotte penali (estorsione) contestate anche in relazione ad un servizio espletato per conto della stessa Amministrazione appaltante, e in costanza di rapporto, e che risulta coinvolto in altri procedimenti penali ( per violazione degli artt. 54 e 1161 cod. nav.) nell’ambito dei quali il Comune si è già costituito parte civile, o è in procinto di costituirsi”.
Il Collegio ha risposto positivamente a tale questione. Le argomentazioni poste a supporto di tale risposta possono essere così compendiate:
(i) nella vigenza del precedente codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016), tra le cause di esclusione non automatica rientrava l’ipotesi in cui l’operatore aveva tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio, oppure fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione (cfr. art. 80, comma 5, lett. c-bis, d.lgs. n. 50 del 2016); nell’impianto generale del codice dei contratti pubblici del 2016, pertanto, il legislatore poneva sullo stesso piano le condotte di omessa e falsa dichiarazione, a fronte delle quali l’Amministrazione era tenuta a verificare se l’informazione fornita o l’omissione dichiarativa fosse in grado di condizionare le valutazioni della stazione appaltante, e se il comportamento tenuto dall’operatore economico fosse idoneo ad incidere in senso negativo sulla sua integrità e affidabilità. Inoltre, l’art. 80, comma 5, lett. f-bis del d.lgs. n. 50 del 2016 prevedeva anche un automatismo espulsivo per l’operatore economico che aveva presentato “nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”; a tal riguardo l’Adunanza Plenaria, 28 agosto 2020, n. 16, aveva evidenziato l’applicabilità residuale di tale disposizione, trovando impiego nelle fattispecie in cui le dichiarazioni fossero “obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità, e non fossero finalizzate all’adozione di provvedimenti di competenza dell’amministrazione relativi all’ammissione, la valutazione delle offerte o l’aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest’ultima”;
(ii) l’attuale codice dei contratti pubblici del 2023 presenta alcune rilevanti novità in materia; ed infatti, l’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023, qualifica come grave illecito professionale esclusivamente l’aver fornito in gara informazioni false o fuorvianti (ove suscettibili di influenzare le scelte della stazione appaltante); un diverso regime è previsto, invece, per l’omissione dichiarativa di un fatto non desumibile dal fascicolo virtuale, atteso che in base all’art. 96, comma 14, del d.lgs. n. 36 del 2023, tale omissione - pur non costituendo di per sé causa di esclusione - può rilevare ai sensi del comma 4 dell’articolo 98, e cioè ai fini della valutazione della gravità dell’illecito professionale (l’art. 98, comma 4, del d.lgs. n. 36 del 2023 dispone, infatti, che “La valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell'organizzazione dell'impresa”);
(iii) sebbene sia possibile sostenere (in base ad una lettura “ispirata a rigidi criteri interpretativi”) che la condotta attiva consistente nel rilascio di informazioni fase o fuorvianti costituisca il requisito oggettivo minimo del grave illecito professionale in esame, e che l’omissione dichiarativa rilevi soltanto (quale elemento additivo) ai fini della valutazione della gravità della condotta complessivamente considerata, cionondimeno la Sezione V del Consiglio di Stato aderisce ad una diversa e più elastica interpretazione, secondo la quale l’elemento oggettivo del grave illecito professionale può inverarsi anche nella sola omissione dichiarativa;
(iv) ciò perché se da un lato l’omessa dichiarazione di una circostanza rilevante ai fini della partecipazione alla gara è priva di autonoma rilevanza escludente, dall’altro lato essa concorre nel giudizio di affidabilità dell’operatore unitamente al fatto non dichiarato, purché si tratti di una circostanza non autonomamente desumibile dal fascicolo virtuale dell’operatore economico, sicché il discrimen tra omessa dichiarazione (comportamento omissivo) e falsa dichiarazione (comportamento attivo) si sfuma e perde rilevanza in tutte quelle fattispecie concrete in cui l’operatore economico riferisce circostanze non sufficienti, e soprattutto non idonee, a consentire alla stazione appaltante di svolgere correttamente la procedura di gara, nel rispetto della par condicio competitorum e soprattutto nel perseguimento del pubblico interesse;
(v) tale interpretazione estensiva del grave illecito professionale di cui all’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023 (sì da ricomprendere non soltanto i comportamenti attivi ma anche quelli passivi rivelatisi idonei a sviare la stazione appaltante) è imposta dai principi della fiducia, della buona fede e del risultato; diversamente opinando, infatti, l’Amministrazione pubblica sarebbe privata - proprio in violazione di tali principi - della possibilità di valutare correttamente l’affidabilità e integrità del futuro contraente, in questo modo potendo essere costretta a stipulare un contratto di appalto con un’impresa non idonea e non affidabile;
(vi) peraltro, se per un verso è vero che in base ad una prima lettura del d.lgs. n. 36 del 2023 la struttura della disciplina del grave illecito professionale appare chiusa e limitativa della discrezionalità valutativa della stazione appaltante, per un altro verso è anche vero, tuttavia, che tale rigida impostazione - a distanza di quasi due anni dalla novella legislativa - deve essere rivista anche a seguito della recente introduzione di cause di esclusione extra-codicistiche, come quella introdotta dal decreto legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito con modificazioni dalla legge n. 56 del 2024 (esclusione automatica per sei mesi per le imprese che operano senza possesso della patente a crediti o documento equipollente), e quella prevista dall’art. 3, comma 6, del decreto legge 7 giugno 2024, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 7 giugno 2024, n. 107, la quale stabilisce che costituisce grave illecito professionale qualsiasi inadempimento contrattuale dei soggetti affidatari dello sviluppo del Centro Unico di Prenotazione regionale (CUP). Queste ultime disposizioni introducono nuove fattispecie di esclusione extra-codicistiche che contengono elementi costitutivi molto ampi e, quindi, necessariamente rimessi ad una valutazione discrezionale della stazione appaltante, sicché l’interprete, anche in ragione della recente evoluzione normativa, è onerato del compito di riflettere sulla iniziale rigida impostazione dell’istituto, in fattispecie in cui l’illecito professionale assume connotati di tale gravità nel dialogo negoziale, pur non rientranti nelle ipotesi tassativamente codificate dal legislatore;
(vii) ad ulteriore conferma di quanto precede, va evidenziato che l’intero sistema dei contratti pubblici si ispira al principio della buona fede, espressamente codificato dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023; una disposizione che, mediante il ricorso alle categorie dell’affidamento e della buona fede precontrattuale, si preoccupa di distribuire i rischi dell’invalidità degli atti del procedimento di evidenza pubblica, collegandoli ad oneri informativi. Nelle trattive precontrattuali il comportamento contrario a buona fede, cioè sleale o scorretto, dà luogo a responsabilità (art. 1337 c.c.), e può pregiudicare la validità del consenso prestato dall’Amministrazione alla stipula di un negozio, con la conseguenza che il principio di buona fede consente di riconoscere, a carico delle parti, doveri di comportamento ulteriori rispetto a quelli tipizzati, anche se molti obblighi derivanti dall’applicazione di questo principio sono stati tipizzati dal legislatore. La diffusione di informazioni inesatte o l’omissione di informazioni che non possano consentire all’Amministrazione di valutare adeguatamente la scelta di contrarre o meno con un operatore economico sono comportamenti contrari al principio di buona fede codificato dal codice dei contratti.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 823 del 2025, proposto da
Ditta -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B1BD6F075F, rappresentata e difesa dall'avvocato Mauro Finocchito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Otranto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luciano Ancora, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Piazza Istria, n. 12;
nei confronti
-OMISSIS-& C. s.a.s., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Seconda) n. 1324/2024, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Otranto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2025 il Consigliere Annamaria Fasano e uditi per le parti gli avvocati Finocchito e Ancora;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La ditta -OMISSIS- proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia per l’annullamento del verbale del 25.6.2024, n. 4, e della comunicazione di pari data del Responsabile Unico del progetto, aventi ad oggetto l’esclusione dalla gara per l’aggiudicazione dell’appalto del ‘servizio di pulizia delle spiagge libere e dei litorali del centro urbano del Comune di Otranto – triennio 2024 – 2026”, nonché del provvedimento del 2.7.2024, avente ad oggetto ‘richiesta di offerta’ per “l’affidamento del servizio di pulizia delle spiagge libere e dei litorali del centro urbano del Comune di Otranto – stagione estiva 2024, ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 36/2023”, e del successivo provvedimento, avente ad oggetto “l’affidamento del servizio di pulizia delle spiagge libere e dei litorali del centro urbano del Comune di Otranto – stagione estiva 2024”.
Il Comune di Otranto aveva posto a base del contestato provvedimento di esclusione le seguenti argomentazioni: a) la ditta -OMISSIS- non aveva comunicato le pendenze giudiziarie che la vedevano coinvolta, impedendo una piena valutazione delle circostanze legittimanti l’esclusione; b) i reati contestati (occupazione ed innovazione abusiva di spazio demaniale ed estorsione) incidevano sulla moralità e sulla professionalità della ditta, mettendo in dubbio l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico, anche in considerazione del fatto che “il reato di estorsione, insieme agli altri ad esso connessi, è stato contestato in relazione ad un servizio espletato per conto del Comune di Otranto”, e che “se l’amministrazione comunale avesse avuto la possibilità di valutare l’offensività del reato, in costanza di rapporto, avrebbe senz’altro risolto il contratto, così verificandosi una causa necessaria di esclusione del contratto”; c) il Comune si era costituito parte civile nei processi penali contro -OMISSIS-, creando una sostanziale incompatibilità per conflitto di interesse, ‘non potendosi stipulare un contratto con un operatore economico sulla cui professionalità si dubita, tanto da contrapporsi in un processo penale’; d) la presenza di procedimenti penali e di condanne era considerata prova sufficiente per l’esclusione.
La procedura era stata dichiarata deserta e il servizio era stato affidato ad altra ditta per la stagione estiva 2024.
A sostegno del gravame la ricorrente denunciava, inter alia, la violazione dell’art. 96 del d.lgs. n. 36 del 2023, per l’esclusione dalla gara pronunciata al di fuori delle ipotesi di cui agli artt. 94, 95 e 98 del medesimo decreto, evidenziando di avere rispettato tutti gli obblighi dichiarativi imposti dalla lex specialis, e che i reati contestati e/o accertati nei suoi confronti non rientravano tra quelli che richiedevano una dichiarazione obbligatoria da parte del concorrente.
2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con sentenza n. 1324 del 2024, respingeva il ricorso. Il Collegio di prima istanza osservava che il Codice dei contratti pubblici, nel fornire una tipizzazione tassativa delle ipotesi di ‘gravi illeciti professionali’, annoverava tra queste, ai sensi dell’art. 98, comma 3, lett. b) la “…condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”. Nella specie, assumeva rilievo il tentativo da parte della ricorrente di influenzare il processo decisionale della stazione appaltante attraverso l’omissione di informazioni che, ove correttamente e tempestivamente fornite, sarebbero state certamente suscettibili di incidere sull’esito del procedimento di gara, in quanto relative ad addebiti di natura penale, commessi in occasione di un pregresso analogo appalto, eseguito dalla ditta -OMISSIS- per conto della stessa Amministrazione e riguardante i medesimi servizi di spiaggia.
Secondo il T.A.R., “la ricostruzione ermeneutica sopra tratteggiata è avvalorata dalla considerazione che il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 36/2023, pone tra i principi fondanti il rapporto contrattuale con la P.A. quello della fiducia, che nella specie è minato alla radice dall’esistenza di gravi ipotesi delittuose – si ripete, emerse in occasione dell’esecuzione dei precedenti similari servizi, resi in favore della stessa P.A.”.
3. La Ditta -OMISSIS- ha proposto appello, illustrato con memorie, avverso la suddetta pronuncia, chiedendone la riforma, sulla base delle seguenti censure: “1. Infondatezza giuridica delle ragioni di rigetto del primo motivo di ricorso, col quale è stata censurata Violazione art. 96, d.lgs. 31.03.2023, n. 36 (Nuovo Codice dei Contratti Pubblici) per esclusione dalla gara pronunciata al di fuori delle ipotesi di cui agli artt. 94, 95 e 98 del medesimo decreto. Violazione art. 10 Nuovo Codice Contratti. Violazione art. 3, L. 07.08.1990, n. 241 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per carente istruttoria, falsa presupposizione, illogicità, irrazionalità; 2. Infondatezza giuridica delle ragioni di rigetto del secondo motivo di ricorso, col quale è stata censurata violazione e falsa applicazione artt. 94, 95 e 98 d.lgs. 31.03.2023, n. 36 (Nuovo Codice dei Contratti Pubblici). Eccesso di potere per istruttoria carente e falsa presupposizione sotto distinti profili”.
4. Il Comune di Otranto si è costituito in resistenza, concludendo per il rigetto del gravame.
5. All’udienza del 15 maggio 2025, la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
6. Con il primo mezzo, l’appellante censura la sentenza impugnata, nella parte in cui il T.A.R. afferma: “il provvedimento gravato appare congruamente motivato in ordine ai presupposti ex art. 98, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023, che legittimano l’esclusione dell’operatore economico in ragione dell’omessa comunicazione da parte della ditta ricorrente delle ‘pendenze giudiziarie che la vedono coinvolta’, concretandosi in tal modo la fattispecie di cui all’art. 95, comma 1, lett. e), in combinato disposto con l’art. 98, comma 3, lett. b) del prefato d.lgs. n. 36/2023’. La Ditta ricorrente, nello sviluppo illustrativo del mezzo, rappresenta la propria interpretazione del quadro normativo di riferimento, in relazione alla questione se l’<omessa dichiarazione> possa farsi rientrare nella fattispecie tipica e tassativa di <illecito professionale> prevista dalla lett. b) dell’art. 98, co. 3, del d.lgs. n. 36 del 2023. A tale riguardo, osserva che il Legislatore ha scelto di non reinserire la previsione di cui alla lett. f- bis) dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, nel nuovo sistema delle cause di esclusione delineato dal d.lgs. n. 36 del 2023, in particolare: a) eliminando le ‘dichiarazioni non veritiere’ (lett. f - bis del vecchio codice) dalle cause di esclusione dalla procedura; b) eliminando le ‘omissioni informative’ (lett. c-bis vecchio codice) dalle cause di esclusione dalla procedura e, più in particolare, dagli ‘illeciti professionali’, ora disciplinati dall’art. 98, comma 3, d.lgs. cit. ; c) unificando entrambe le fattispecie nel comma 5 dell’art. 98, ossia tra gli elementi valutabili al (solo) fine della qualifica di ‘gravità’ o meno degli ‘illeciti professionali’; d) conservando, tra le fattispecie di illecito professionale, ora disciplinate dal comma 3, lett. b) dell’art. 98 (“condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”) quella già previste dalla lett. c – bis del previgente codice, al netto della fattispecie omissiva di cui all’ultimo periodo (…che abbia ‘omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione’); e) stabilendo all’art. 10, comma 2, che “le cause di esclusione di cui agli articoli 94 e 95 sono tassative e integrano di diritto i bandi e le lettere di invito; le cause che prevedono cause ulteriori di esclusione sono nulle e si considerano non apposte”.
Secondo l’appellante, il T.A.R. avrebbe errato nel ritenere che la fattispecie ‘omissiva’ possa inquadrarsi, sotto il profilo ‘letterale’, tra quelle previste dal comma 3, lett. b), anziché tra quelle trasposte al comma 5 dell’art. 98 del nuovo codice.
Inoltre, l’omessa dichiarazione delle pendenze giudiziarie che hanno visto coinvolta la ditta ricorrente non potrebbe integrare un motivo di esclusione, posto che tali pendenze riguardano reati che, seppure dichiarati, non legittimano l’esclusione. Ciò in quanto, la tipizzazione delle fattispecie potenziali di grave illecito professionale prevista da nuovo codice ha superato la (discrezionale) opera di specificazione e integrazione da parte dell’interprete prevista dalla precedente disposizione del vecchio codice (art. 80, comma 5, lett. c) e ss. d.lgs. n. 50 del 2016).
Pertanto, ad avviso della esponente, la discrezionalità della P.A. può esplicarsi non già nella individuazione dell’illecito professionale, le cui fattispecie sono solo quelle tipiche e tassative dettate dall’art. 98, comma 3, del d.lgs. n. 36 cit., ma soltanto della successiva valutazione di ‘gravità’ (comma 4) dell’illecito professionale, a valle del suo accertamento, nonché della sua idoneità ad incidere sulle ‘integrità’ ed ‘affidabilità’ (comma 7).
In ragione della tipizzazione, negli obblighi dichiarativi non rientrano i reati contestati alla ricorrente, pertanto non vi sarebbe l’obbligo di dichiarare la contestazione di reati non inclusi tra quelli integranti una causa di esclusione. Inoltre, atteso il ‘dolo specifico’ che connota le fattispecie incluse nell’art. 98, comma 5, d.lgs. cit., sarebbe evidente l’inidoneità concreta delle omissioni di specie ad influenzare la decisione sull’esclusione, afferendo a contestazione di reati che, quand’anche comunicati, mai avrebbero potuto comportare l’esclusione dalla gara.
7. Con la seconda doglianza, l’appellante chiede la riforma del capo della sentenza che ha respinto l’ulteriore profilo di censura, con il quale si è sostenuto: ‘che l’obbligo dichiarativo sarebbe escluso per i reati oggetto del decreto penale di condanna, in quanto estinti. A tale riguardo, è dirimente sottolineare che l’estinzione del reato non è automatica; infatti, vige in materia il principio per cui la riabilitazione del condannato e l’estinzione del reato, per essere rilevanti in sede di gara di appalto, devono essere formalizzate in una pronuncia espressa del Giudice dell’esecuzione penale’. L’assunto, ad avviso del ricorrente, sarebbe errato, tenuto conto che l’indirizzo giurisprudenziale richiamato nella sentenza impugnata sarebbe stato superato dall’orientamento più recente, secondo cui il provvedimento dichiarativo dell’estinzione si porrebbe in funzione meramente formale e ricognitiva di un effetto già verificato.
8. Le critiche, in quanto attinenti a profili connessi, vanno esaminate congiuntamente per ragioni di connessione logica.
9. L’appello è infondato per i rilievi di seguito enunciati.
9.1. Va premesso in fatto che, nella fattispecie, in seguito all’apertura delle buste, la stazione appaltante, dopo aver rilevato che nei confronti della titolare della Ditta -OMISSIS- risultava pendente un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 337 c.p. e 54 e 1161 cod. nav., art. 256 del d.lgs. n. 152 del 2006 e 629 c.p., rilevando anche la condanna recata con decreto penale emesso dal G.I.P. del Tribunale di Lecce, divenuto esecutivo il 12.9.2021, attivava una interlocuzione procedimentale, e disponeva l’esclusione della ricorrente per avere ‘omesso di comunicare le pendenze giudiziarie che la vedono coinvolta’, sul presupposto che, ai sensi dell’art. 95 del d.lgs. 36 del 2023, era prevista l’esclusione per illecito professionale grave idoneo a mettere in dubbio l’integrità o l’affidabilità dell’operatore economico, ricorrendo i tre requisiti previsti dall’art. 98 del nuovo codice dei contratti.
Nella specie, l’Amministrazione riteneva la sussistenza degli ‘adeguati mezzi di prova’ facendo riferimento al rinvio a giudizio per quanto concerneva il procedimento penale in corso (n. 5641/2022), nell’ambito del quale si era costituita parte civile, al decreto penale di condanna del Tribunale di Lecce per il reato di occupazione e innovazioni abusive ex art. 54 cod. nav. e per abusiva occupazione di spazio demaniale (accertato in Otranto il 16.08.2019), e alla richiesta di rinvio a giudizio per il procedimento n. 6739/2022 (nel quale erano stati riuniti altri tre procedimenti penali).
Il Comune di Otranto contestava alla ricorrente che tutte le violazioni relative ai suddetti procedimenti penali si riferivano all’arco temporale che andava dal 16.8.2019 al 25.8.2023, periodo in cui la Ditta -OMISSIS- risultava essere appaltatrice del servizio oggetto della gara in esame.
La questione all’esame di questo Collegio è se: “l’omissione dichiarativa di pendenze penali a carico dell’operatore economico, per reati non ricompresi dell’elencazione tassativa indicata dal nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023), possa legittimare l’esclusione dalla gara, in fattispecie, come quella in esame, nell’ambito della quale sia stata valutata negativamente da parte dell’Ente comunale l’affidabilità ed integrità del suddetto operatore, il quale è stato accusato di condotte penali (estorsione) contestate anche in relazione ad un servizio espletato per conto della stessa Amministrazione appaltante, e in costanza di rapporto, e che risulta coinvolto in altri procedimenti penali ( per violazione degli artt. 54 e 1161 cod. nav.) nell’ambito dei quali il Comune si è già costituito parte civile, o è in procinto di costituirsi”.
10. Al suddetto quesito il Collegio ritiene di dare risposta positiva, per i principi di seguito illustrati.
10.1. Nella vigenza del d.lgs. n. 50 del 2016, tra le cause di esclusione non automatica rientrava l’ipotesi in cui l’operatore aveva (art. 80, comma 5, lett. c – bis): a) tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; b) fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero … omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione.
Il Legislatore poneva sullo stesso piano le condotte di omessa e falsa dichiarazione, a fronte delle quali l’Amministrazione era tenuta a verificare se l’informazione fornita o l’omissione dichiarativa fosse in grado di condizionare le valutazioni della stazione appaltante; e se il comportamento tenuto dall’operatore economico fosse idoneo ad incidere in senso negativo sulla sua integrità e affidabilità.
L’art. 80, comma 5, lett. f-bis del d.lgs. n. 50 del 2016 prevedeva, inoltre, l’automatismo espulsivo per l’operatore che aveva presentato ‘nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere’.
L’Adunanza Plenaria, 28 agosto 2020, n. 16, a tale riguardo, aveva evidenziato l’applicabilità residuale della disposizione, trovando impiego nelle fattispecie in cui le dichiarazioni fossero ‘obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità, e non fossero finalizzate all’adozione di provvedimenti di competenza dell’amministrazione relativi all’ammissione, la valutazione delle offerte o l’aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest’ultima’.
Orbene, oggi, l’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023 qualifica come grave illecito professionale esclusivamente l’aver fornito in gara informazioni false o fuorvianti, ove suscettibili di influenzare le scelte della stazione appaltante. In tale ipotesi, l’Amministrazione ha comunque l’obbligo di valutare la rilevanza della dichiarazione falsa o fuorviante, disponendo l’esclusione dell’operatore ritenuto privo dei requisiti di affidabilità ed integrità.
Il Legislatore ha previsto, pertanto, un diverso regime per l’omissione dichiarativa di un fatto non desumibile dal fascicolo virtuale, precisando che l’omessa o inesatta dichiarazione ‘pur non costituendo di per sé causa di esclusione può rilevare’, nell’apprezzamento del grave illecito professionale (art. 96, comma 14, d.lgs. n. 36 del 2023).
L’art. 96, comma 14, del d.lgs. n. 36 stabilisce un obbligo preciso per l’operatore economico, ossia quello “di comunicare alla stazione appaltante la sussistenza dei fatti e dei provvedimenti che possono costituire causa di esclusione ai sensi dell’art. 94 e 95, ove non menzionati nel proprio fascicolo virtuale. L’omissione di tale comunicazione o la non veridicità della medesima, pur non costituendo di per sé causa di esclusione, può rilevare ai sensi del comma 4 dell’articolo 98”.
Una lettura delle disposizioni invocate, ispirata a rigidi criteri interpretativi, sembra collegare, come lo stesso appellante ha dedotto nei propri scritti difensivi, la valutazione della gravità dell’illecito professionale solo nell’ipotesi in cui vi sia stata una condotta attiva dell’operatore economico, ossia quando l’operatore economico fornisca informazioni false e fuorvianti.
Tale tesi interpretativa non appare totalmente convincente, atteso che l’art. 98, comma 2, lett. b) chiaramente dispone: “L’esclusione di un operatore economico ai sensi dell’articolo 95, comma 1, lettera e) è disposta e comunicata dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni: a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore”.
Il comma 3, lett. b) dell’art. 98, inoltre, stabilisce che: “L’illecito professionale si può desumere al verificarsi di almeno uno dei seguenti elementi: (…) b) condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione;”.
Quindi, appare agevole ritenere che, se l’omessa comunicazione di una circostanza rilevante ai fini della partecipazione alla gara è priva di autonoma rilevanza escludente, certamente concorre nel giudizio di affidabilità dell’operatore unitamente al fatto non dichiarato, purché si tratti di una circostanza non autonomamente desumibile dal fascicolo virtuale dell’operatore economico.
Il discrimen tra omessa dichiarazione (comportamento omissivo) e falsa dichiarazione (comportamento attivo) è sfumato in fattispecie in cui l’operatore economico riferisce circostanze non sufficienti, e soprattutto non idonee, a consentire alla stazione appaltante di svolgere correttamente la procedura di gara, nel rispetto della par condicio competitorum, e soprattutto nel perseguimento del pubblico interesse.
Ciò in quanto, diversamente opinando, l’Amministrazione pubblica sarebbe privata, in violazione dei principi generali che regolamentano il nuovo codice dei contratti (il principio di buona fede, il principio della fiducia, il principio del risultato) della possibilità di valutare correttamente l’affidabilità e integrità del futuro contraente, in questo modo potendo essere costretta a stipulare un contratto di appalto con un’impresa non idonea e non affidabile. Tanto soprattutto quando, come nella specie, l’omissione dichiarativa si è connotata da ‘dolo specifico’, perché, diversamente da quanto ha sostenuto l’appellante, è stato certamente utile tacere dei precedenti penali a carico, al fine di ‘influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante’ (art. 98, comma 3, lett. b) d.lgs. n. 36 del 2023).
10.2. Il Collegio osserva che effettivamente secondo una prima lettura del d.lgs. n. 36 del 2023 la struttura della disciplina del grave illecito professionale appare chiusa e limitativa della discrezionalità valutativa della stazione appaltante, tuttavia, tale rigida impostazione, a distanza di quasi due anni dalla novella legislativa, deve essere rivista anche a seguito della recente introduzione di cause di esclusione extra – codicistiche: come quella introdotta dal decreto – legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito con modificazioni dalla legge n. 56 del 2024 (esclusione automatica per sei mesi per le imprese che operano senza possesso della patente a crediti o documento equipollente), e quella prevista dall’art. 3, comma 6, del decreto – legge 7 giugno 2024, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 7 giugno 2024, n. 107, la quale stabilisce che costituisce grave illecito professionale qualsiasi inadempimento contrattuale dei soggetti affidatari dello sviluppo del Centro Unico di Prenotazione regionale (CUP).
Queste ultime disposizioni introducono nuove fattispecie di esclusione extra – codicistiche che contengono elementi costitutivi molto ampi e, quindi, necessariamente rimessi ad una valutazione discrezionale della stazione appaltante.
Ne consegue che l’interprete, anche in ragione della recente evoluzione normativa, e soprattutto, come vedremo, degli ultimi arresti giurisprudenziali, è onerato del compito di riflettere sulla iniziale rigida impostazione dell’istituto, in fattispecie in cui l’illecito professionale assume connotati di tale gravità nel dialogo negoziale, pur non rientranti nelle ipotesi tassativamente codificate dal Legislatore, che, se non rilevato, può condurre alla violazione dei principi generali del nuovo codice (art. 1, 2, 5 del d.lgs. n. 36 del 2023), a cui ogni gara pubblica deve necessariamente ispirarsi.
10.3. Un ulteriore argomento depone a supporto dell’interpretazione offerta dal Collegio di prima istanza, il quale ha ricondotto la fattispecie in esame alla clausola ‘generale’ di cui all’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023 secondo una interpretazione ispirata ai suddetti principi.
Invero, per il completo inquadramento interpretativo della vicenda processuale, occorre osservare come i primi approdi giurisprudenziali sull’interpretazione del nuovo codice hanno affermato che la valutazione di affidabilità dell’operatore deve essere necessariamente apprezzata alla luce della specifica procedura, dell’oggetto, delle condizioni e del luogo di esecuzione della commessa.
In particolare, è stato rilevato che: “Nel valutare un grave errore professionale che potrebbe portare all’esclusione di un concorrente dalla gara, la stazione appaltante deve condurre una complessa analisi articolata su due livelli. Inizialmente, è necessario valutare se il comportamento passato dell’operatore economico possa compromettere la sua affidabilità e integrità nei rapporti con l’Amministrazione. Una volta confermata la qualificazione negativa di detto operatore in base alla sua condotta pregressa, la stazione appaltante deve verificare se tale giudizio sfavorevole possa essere previsto anche in relazione alla procedura di gara in questione” (Cons. Stato, n. 2370 del 2024).
Nel caso in esame, la valutazione di inaffidabilità complessivamente espressa dall’amministrazione non può ritenersi irragionevole o illogica nel quadro degli spazi di discrezionalità ad essa rimessi, tenuto conto che “il reato di estorsione, insieme agli altri ad esso connessi, è stato contestato in relazione ad un servizio espletato per conto del Comune di Otranto”, pertanto non è possibile “stipulare un contratto con un operatore economico sulla cui professionalità si dubita, tanto da contrapporsi in un processo penale”, nel quale lo stesso Ente municipale si è costituito parte civile.
Va, inoltre, tenuto conto del fatto che il Legislatore ha inteso ampliare il sindacato interpretativo della stazione appaltante, atteso che: “Il principio della fiducia, introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 36/2023 esalta l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma che ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare. Quindi, l’amministrazione non può compiere scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero tendere al suo miglior soddisfacimento. In tal modo, non solo nel rispetto della legalità formale, ma che nell’ottica della selezione che è finalizzata al compimento di un’opera pubblica (o ad acquisire servizi o forniture) il più rispondente agli interessi della collettività. Pertanto, la citata norma di cui all’art. 2 del d.lgs. 36/2023 amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Il giudice non deve decidere se l’operatore economico abbia ragione o torto nel merito delle singole vicende, bensì valutare se la condotta dello stesso operatore sia riconducibile alla nozione di grave illecito professionale. La valutazione di tale illecito, al fine dell’esclusione dalla gara del soggetto privato, è totalmente attribuita alla discrezionalità della stazione appaltante. Pertanto, anche in base a quanto disposto dall’art. 4 del codice degli appalti, il quale afferma che <le disposizioni del codice di interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2, e 3> non può che concludersi nel senso che esce rafforzata l’autonomia decisionale dell’ente. In particolare, in relazione all’esercizio del potere di esclusione dell’operatore economico per inaffidabilità che urta, inevitabilmente proprio contro il rapporto di fiducia che deve necessariamente essere presente tra stazione appaltante e appaltatore” (Cons. Stato, n. 4635 del 2025).
In relazione al sindacato giurisdizionale sulla valutazione di inaffidabilità, si è anche di recente ribadito che: “è la stazione appaltante a fissare il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente perché è ad essa che è rimesso il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un grave illecito professionale” (Cons. Stato, n. 1804 del 2024).
10.4. Un ulteriore rilievo appare decisivo.
L’intero sistema dei contratti pubblici si ispira al principio della ‘buona fede’, espressamente codificato dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023; una disposizione che, mediante il ricorso alle categorie dell’affidamento e della buona fede precontrattuale, si preoccupa di distribuire i rischi dell’invalidità degli atti del procedimento di evidenza pubblica, collegandoli ad oneri informativi.
Nelle trattive precontrattuali il comportamento contrario a buona fede, cioè sleale o scorretto, dà luogo a responsabilità (art. 1337 c.c.), e può pregiudicare la validità del consenso prestato dall’Amministrazione alla stipula di un negozio, con la conseguenza che il principio di buona fede consente di riconoscere, a carico delle parti, doveri di comportamento ulteriori rispetto a quelli tipizzati, anche se molti obblighi derivanti dall’applicazione di questo principio sono stati tipizzati dal legislatore.
La diffusione di informazioni inesatte o l’omissione di informazioni che non possano consentire all’Amministrazione di valutare adeguatamente la scelta di contrarre o meno con un operatore economico, sono comportamenti contrari al principio di buona fede codificato dal codice dei contratti.
Questo Consiglio di Stato ha, in più occasioni, valorizzato il dovere di buona fede nel rapporto che si instaura tra soggetto pubblico e parte privata nelle gare di appalto, stabilendo che: “il comportamento di entrambi deve essere realizzato in funzione della reciproca e leale collaborazione, così come sancito dalla legge 241/1990 e, recentemente, dal d.lgs. 36/2023. In questo modo viene a configurarsi un nuovo rapporto di tipo orizzontale tra i partecipanti alla selezione. Ciò comporta che mentre l’amministrazione deve esercitare a favore dell’operatore economico una funzione di protezione o, secondo parte della giurisprudenza e della dottrina, la stessa è tenuta ad obblighi connessi a diritti soggettivi, il cives va incontro ad una più accentuata responsabilizzazione, che deve essere presente nel corso del procedimento e del processo” (Cons. Stato, n. 10744 del 2023).
In ottemperanza al dovere di buona fede, il privato è tenuto a fornire all’Amministrazione ogni elemento potenzialmente rilevante ai fini della valutazione della sua affidabilità (Adunanza Plenaria, sentenza n. 16 del 2020). Gli obblighi informativi sanciti dagli artt. 1337 e 1338 c.c. hanno per oggetto elementi rilevanti in funzione degli illeciti professionali di cui la stazione appaltante dovrà poi valutare la gravità e la rilevanza rispetto al giudizio di integrità e affidabilità.
10.5. Da siffatti rilievi, appare agevole ritenere che il comportamento posto in essere dalla Ditta -OMISSIS- nella procedura di gara indetta dal Comune di Otranto è stato contrario a buona fede (artt. 1337 e 1338 c.c.), secondo i contenuti espressi dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023, con la conseguenza che è stato pregiudicato il dialogo procedimentale tra l’impresa e l’Amministrazione pubblica, e fortemente lesa la valutazione dell’integrità e dell’affidabilità del predetto operatore economico.
10.6. Ciò premesso, il Collegio condivide gli esiti argomentativi a cui è giunto il Giudice di prima istanza, il quale ha ritenuto che, ai sensi dell’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023, deve ritenersi legittimo il provvedimento di esclusione comminato nei confronti di un operatore economico che abbia omesso di comunicare le pendenze giudiziarie nelle quali è coinvolto, ciò anche se tali pendenze non riguardino ipotesi di reato ricomprese tra quelle tassativamente indicate dal Legislatore come causa di esclusione automatica o non automatica ai sensi degli artt. 94 e 95 del d.lgs. n. 36 del 2023, laddove, come nella specie, tale omissione dichiarativa ha violato i principi guida indicati dal nuovo codice dei contratti (d.lgs. n. 36 del 2023), rappresentati dal principio del risultato (art. 1), dal principio di buona fede (art. 5), nonché dal principio della fiducia introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 36 del 2023.
Va, invero, rammentato che ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica o ad acquisire servizi e forniture nel modo più rispondente agli interessi della collettività (principio del risultato).
Se, ai sensi della nuova disciplina, occorre, ai fini dell’esclusione automatica o non automatica, la necessaria sussistenza di una delle fattispecie espressamente previste come tassative per configurare un grave illecito professionale, nonché la necessaria prova di esse con uno dei mezzi tassativamente indicati al comma 6, non è invece mutata l’impostazione in ordine alla natura del potere dell’Amministrazione di valutazione circa l’idoneità dell’illecito professionale ad incidere sull’affidabilità dell’operatore economico in fattispecie riconducibili all’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 cit..
Ciò in quanto, nella specie, tale omissione dichiarativa avrebbe inficiato il processo decisionale della stazione appaltante, la quale si sarebbe anche trovata in palese conflitto di interessi nella qualità di contraente della Ditta -OMISSIS-, essendosi costituita parte civile in due dei procedimenti penali che la vedevano direttamente coinvolta.
Il Comune di Otranto, in memoria, ha osservato di essere pervenuto al provvedimento espulsivo della concorrente, motivando in ordine alla potenziale rilevanza non dell’omissione dichiarativa in sé, bensì delle notizie omesse e della loro idoneità ad incidere sul giudizio di integrità e affidabilità del concorrente rispetto allo specifico oggetto del servizio da aggiudicare.
L’Ente municipale ha agito, pertanto, esercitando una prerogativa di natura discrezionale, che anche il nuovo codice degli appalti ha inteso mantenere, in ossequio ai principi eurounitari, come declinati dalle direttive 2014/23/UE (considerando 70) e 2014/24/UE (considerando 101), secondo cui le Amministrazioni aggiudicatrici ‘dovrebbero continuare ad avere la possibilità di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili’, precisando che “una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l’integrità di un operatore economico e dunque rendere quest’ultimo inidoneo ad ottenere l’aggiudicazione di un contratto di concessione indipendentemente dal fatto che possegga per il resto la capacità tecnica ed economica per l’esecuzione del contratto”.
11. Va, altresì, respinto il secondo motivo di appello, con il quale si sostiene che l’obbligo dichiarativo sarebbe escluso per i reati oggetto del decreto penale di condanna, in quanto estinti per il semplice decorso del termine previsto dall’art. 460, comma 4, c.p.p., senza che l’effetto estintivo sia dichiarato dal giudice.
A tale riguardo va rammentato che l’estinzione del reato non è automatica, atteso che vige il principio della verifica della insussistenza di elementi ostativi per il condannato, con la conseguenza che l’estinzione del reato nelle gare di appalto deve essere formalizzata da una pronuncia del giudice dell’esecuzione penale (Cons. Stato, n. 4077 del 2017; id. n. 1172 del 2017; id. n. 5478 del 2016; id. n. 4528 del 2014; id. n. 4937 del 2014).
Nel caso di decreto penale di condanna, il reato è estinto se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quanto il decreto concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. Il decreto penale, divenuto irrevocabile, viene iscritto al Casellario, non compare sul certificato richiesto da privati, ma compare nei certificati richiesti dalle P.A. e per ragioni di giustizia.
Il Casellario, tuttavia, decorsi i termini previsti dalla legge, non provvede d’ufficio ad effettuare l’annotazione di estinzione in calce all’iscrizione relativa al decreto penale di condanna. L’interessato deve fare ricorso al giudice dell’esecuzione; se lo stesso accoglie l’istanza e dichiara estinto il reato, ai sensi dell’art. 460 comma 5 c.p.p., viene inviato il foglio complementare al Casellario competente che provvede all’annotazione nella scheda.
L’estinzione del reato a seguito di decreto penale di condanna presuppone, oltre al decorso del tempo, al pari della riabilitazione, la buona condotta del richiedente. Il provvedimento di estinzione implica un esame approfondito della condotta e una favorevole considerazione del percorso rieducativo del condannato.
In definitiva, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, il reato è estinto se nel termine di legge non è stato commesso un delitto o una contravvenzione della stessa indole accertata con decisione irrevocabile (Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 3574 del 2022) e, a tale accertamento, è deputato il giudice dell’esecuzione.
12. In definitiva, l’appello va respinto e la sentenza impugnata va confermata.
13. Le spese di lite del grado seguono il criterio della soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite del grado a favore del Comune di Otranto, che liquida in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Valerio Perotti, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore