TAR Marche, Sez. I, 1° luglio 2025, n. 559
La giurisprudenza amministrativa si è già occupata della questione oggi in esame [...], attribuendo prevalenza agli uffici amministrativi non tenuti ad adeguarsi a pronunce giurisprudenziali di cui non erano parte del giudizio, peraltro instaurato per altri scopi.
Ai fini della legittima partecipazione alle gare pubbliche, ciò che rileva è l’avvenuta presentazione, in sede di offerta, anche della sola autocertificazione circa la sussistenza del requisito di trovarsi in regola con le norme che disciplinano il lavoro dei disabili.
Anche ammesso che residui, in capo alla stazione appaltante, un margine di discrezionalità per svolgere proprie autonome verifiche, in aggiunta a quelle dell’amministrazione competente in materia di inserimento lavorativo, una contestazione esclusivamente interpretativa della norma di riferimento avrebbe tuttavia imposto l’attivazione del soccorso istruttorio proprio perché trattasi di questione dubbia e opinabile.
Questa incertezza non può quindi andare immediatamente a discapito dell’offerente che ha comunque presentato regolare documentazione confidando, quantomeno, in una prassi esistente a livello nazionale.
L’esclusione è pertanto illegittima e va annullata, come va annullata la successiva aggiudicazione in favore della controinteressata (originariamente terza in graduatoria), poiché disposta sulla scorta di un presupposto illegittimo.
La stipula di un nuovo contratto, con durata pari a quella originariamente prevista, assicura l’integrale ottenimento del bene della vita cui ambisce la ricorrente ed esclude ulteriori forme di risarcimento per equivalente monetario.
Guida alla lettura
La sentenza n. 559/2025 del TAR Marche affronta una delicata questione interpretativa relativa all’applicazione dell’art. 3, comma 4, della legge n. 68/1999 in relazione alla partecipazione ad una gara pubblica da parte di un’impresa operante nel settore della vigilanza armata. L’esclusione dell’operatore economico, motivata dalla ritenuta assenza del requisito di regolarità rispetto agli obblighi di collocamento mirato dei disabili, viene censurata dal giudice amministrativo per aver fatto prevalere un’interpretazione giurisprudenziale su una prassi amministrativa consolidata, senza attivare il necessario soccorso istruttorio. La decisione si segnala per il suo valore sistematico in tema di rapporti tra amministrazione attiva e orientamenti giurisprudenziali, limiti del potere valutativo delle stazioni appaltanti, e tutela dell’affidamento legittimo nelle procedure ad evidenza pubblica.
Premessa e inquadramento della vicenda
Con la sentenza n. 559 del 2025, il TAR Marche ha accolto il ricorso proposto da un’impresa di vigilanza privata esclusa da una procedura negoziata indetta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Macerata, per l'affidamento del servizio di vigilanza armata presso gli uffici giudiziari. La causa dell’esclusione risiedeva nella ritenuta irregolarità della posizione dell’impresa rispetto agli obblighi previsti dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, concernente il diritto al lavoro dei disabili. In particolare, la stazione appaltante ha ritenuto non applicabile alla ricorrente la causa di esonero di cui all’art. 3, comma 4, della legge, nonostante il parere favorevole espresso dal competente Centro per l’Impiego e la conformità a una consolidata prassi ministeriale. Il provvedimento di esclusione si è fondato su un’interpretazione giurisprudenziale (Cass. civ., sez. lav., 23 maggio 2017, n. 12911), secondo cui le imprese di vigilanza privata non sarebbero equiparabili ai corpi di polizia e, pertanto, non potrebbero godere dell’esonero in questione. L’amministrazione, aderendo a tale impostazione, ha così escluso l’impresa, poi risultata aggiudicataria in via provvisoria, per presunta carenza dei requisiti soggettivi.
Il punto di diritto: il contrasto interpretativo sull’art. 3, comma 4, L. n. 68/1999
L’art. 3, comma 4, della legge n. 68/1999 prevede che: “Il collocamento obbligatorio non trova applicazione per il personale appartenente a categorie per le quali vige un divieto di assunzione di disabili, per motivi connessi alla natura del servizio o alle condizioni di svolgimento dell’attività lavorativa”. L’Amministrazione ha ritenuto che tale norma non trovasse applicazione nel caso della vigilanza privata, richiamando la citata sentenza della Corte di Cassazione che, sebbene resa in materia di licenziamento individuale, ha escluso l’equiparabilità tra attività di vigilanza privata e attività di polizia, almeno ai fini dell’applicazione della disciplina sui disabili.
Il TAR Marche, invece, si allinea alla giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto (TAR Liguria, Sez. II, nn. 671, 672 e 679 del 2020), secondo cui la valutazione in ordine all’applicabilità dell’esonero spetta in via primaria alle competenti amministrazioni del lavoro (Centri per l’Impiego e Ministero del Lavoro), e non può essere disattesa unilateralmente dalla stazione appaltante in assenza di ragioni di evidente irragionevolezza.
Il ruolo della stazione appaltante e i limiti alla sua discrezionalità valutativa
Il TAR richiama un principio fondamentale: le amministrazioni aggiudicatrici non sono tenute ad aderire automaticamente ad interpretazioni giurisprudenziali di cui non sono parte, soprattutto quando esse non siano consolidate o quando siano in contrasto con prassi amministrative uniformi. Nel caso di specie, la stazione appaltante ha arbitrariamente scelto di discostarsi da un orientamento costante del Ministero del Lavoro e dei Centri per l’Impiego, pur in assenza di un vincolo normativo o giurisprudenziale in tal senso. Tale condotta è stata ritenuta illegittima per eccesso di potere per sviamento e contraddittorietà, anche in ragione del fatto che l’impresa aveva già partecipato a numerose gare analoghe senza incorrere in contestazioni di questo tipo.
La mancata attivazione del soccorso istruttorio: violazione dell’art. 83, comma 9, D.Lgs. n. 50/2016
Un ulteriore profilo rilevante della sentenza è rappresentato dalla censura relativa alla mancata attivazione del soccorso istruttorio, previsto dall’art. 83, comma 9, del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e confermato anche dal nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023, art. 101). La questione della regolarità della posizione della ricorrente rispetto alla L. n. 68/1999, essendo legata a una questione interpretativa non univoca, imponeva un confronto con l’operatore economico, prima di procedere all’esclusione. Il TAR qualifica tale omissione come violazione del principio di leale collaborazione e di massima partecipazione, con conseguente radicale illegittimità dell’esclusione.
Le conseguenze sulla gara: annullamento dell’aggiudicazione e riammissione
Il TAR dispone l’annullamento dell’aggiudicazione in favore della controinteressata (originariamente terza classificata), ritenendola affetta da illegittimità derivata, in quanto fondata su un’esclusione anch’essa illegittima. Tuttavia, in ossequio al principio di gradualità della tutela, non viene disposto il subentro immediato della ricorrente nel contratto già stipulato, ma si demanda alla stazione appaltante il completamento delle verifiche in corso, con possibile stipula di un nuovo contratto in caso di esito positivo.
Il TAR sceglie di disporre il risarcimento in forma specifica attraverso la riammissione alla gara e la stipula di un nuovo contratto, nei limiti della durata originariamente prevista. Tale misura esclude la necessità di un risarcimento per equivalente, in applicazione dell’art. 124, comma 1, c.p.a., che privilegia la reintegrazione in forma specifica del bene della vita, ogniqualvolta ciò sia ancora possibile.
Conclusioni
La sentenza in commento si pone in linea con un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in tema di rapporti tra valutazioni amministrative e giurisprudenza di settore, confermando la centralità del principio di ragionevolezza, proporzionalità e buona fede nella gestione delle procedure ad evidenza pubblica. Sotto il profilo sistematico, il provvedimento evidenzia il ruolo del giudice amministrativo non solo quale garante della legittimità dell’azione amministrativa, ma anche come correttore attivo di distorsioni interpretative che possono ledere in modo sproporzionato il legittimo affidamento degli operatori economici.
Pubblicato il 1/07/2025
N. 00559/2025 REG.PROV.COLL.
N. 00283/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 283 del 2025, integrato da motivi aggiunti,
proposto da
Hendal – Security Management S.r.l., in relazione alla procedura CIG B57BDEDC87, rappresentata e difesa dagli avvocati Emilio Potena e Giulio Potena, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Castel Di Sangro, corso Vittorio Emanuele 1;
contro
Procura della Repubblica Presso il Tribunale di Macerata, Ministero della Giustizia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Ancona, corso Mazzini, 55;
nei confronti
Vedetta 2 Mondialpol S.p.A.;
per l'annullamento
- del provvedimento prot. n. 16 del 2.4.2025 di esclusione dalla procedura negoziata, indetta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Macerata, per l’affidamento del servizio di “sicurezza complementare mediante vigilanza privata armata presso gli Uffici giudiziari del circondario di Macerata per un periodo di ventiquattro mesi”;
- del provvedimento n. 18 del 7.4.2025 di aggiudicazione in favore della controinteressata;
- della comunicazione del Ministero della Giustizia dell’11.3.2025,
e per il risarcimento del danno e il subentro del contratto.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Procura della Repubblica Presso il Tribunale di Macerata e del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2025 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente partecipava alla procedura negoziata, indetta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Macerata, per l’affidamento del servizio di “sicurezza complementare mediante vigilanza privata armata presso gli Uffici giudiziari del circondario di Macerata per un periodo di ventiquattro mesi”, collocandosi al primo posto della graduatoria provvisoria.
Nella successiva fase di verifica dei requisiti, veniva acquisita la certificazione del Centro per l’Impiego di San Benedetto del Tronto che attestava la regolarità alle prescrizioni di cui all’art. 7 della Legge n. 68/1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili). Più in particolare il Centro per l’Impiego attestava che la ricorrente non era soggetta alla predetta disciplina in base ad un orientamento espresso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con Circolare n. 1238/M20 del 2001, poiché il personale della vigilanza privata armata era considerato equiparabile al personale di polizia, rendendo così applicabile la causa di esonero di cui all’art. 3, comma 4, della citata Legge n. 68/1999 che limita il collocamento dei disabili nei soli servizi amministrativi.
La stazione appaltante non riteneva tuttavia condivisibile tale orientamento interpretativo poiché considerato essere in contrasto con una sentenza della Corte di Cassazione (Sez. Lavoro, 23/5/2017 n. 12911) secondo cui i servizi di vigilanza forniti da un’impresa privata non potevano considerarsi “servizio di polizia” ai fini dell’applicazione del citato art. 3, comma 4. Al riguardo venne anche interpellato il Ministero della Giustizia che, con nota del 11/3/2025, aderiva all’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione.
La ricorrente veniva quindi esclusa dalla gara poi aggiudicata alla terza classificata poiché anche la seconda offerente fu esclusa per la stessa ragione.
Si è costituita, per resistere al gravame, la sola Procura della Repubblica di Macerata.
2. Il gravame è fondato e va accolto per le ragioni variamente dedotte nel ricorso introduttivo del giudizio con particolare riferimento al primo e al quarto motivo.
La giurisprudenza amministrativa si è già occupata della questione oggi in esame (TAR Liguria, Sez. II, n. 671, 672 e 679 del 2020), che scaturisce dal contrasto interpretativo tra il Ministero del Lavoro (e i Centri per l’Impiego poi confluiti nella competenza regionale) e la citata pronuncia della Corte di Cassazione n. 12911/2017, attribuendo prevalenza agli uffici amministrativi non tenuti ad adeguarsi a pronunce giurisprudenziali di cui non erano parte del giudizio, peraltro instaurato per altri scopi (quel caso riguardava un licenziamento).
Inoltre la giurisprudenza amministrativa ha anche osservato che ai fini della legittima partecipazione alle gare pubbliche, ciò che rileva è l’avvenuta presentazione, in sede di offerta, anche della sola autocertificazione circa la sussistenza del requisito di trovarsi in regola con le norme che disciplinano il lavoro dei disabili. In tal senso disponeva l’art. 80, comma 5, lett. i), del D.Lgs. n. 50/2016, che richiamava la certificazione di cui all’art. 17 della Legge n. 68/1999 e che consentiva comunque, in sua vece, di procedere con l’autocertificazione del possesso del requisito, con onere, peraltro, che è rimasto sostanzialmente invariato nella disciplina del nuovo codice come si legge nell’art. 94, comma 5, lett. b, del D.Lgs. n. 36/2023 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 10107/2024; TAR Campania, Napoli n. 1521/2024): il che è quanto la ricorrente ha pacificamente fatto, nel caso di specie, mediante la dichiarazione inserita nella domanda di partecipazione, poi confermata dal competente Centro per l’Impiego.
Anche ammesso che residui, in capo alla stazione appaltante, un margine di discrezionalità per svolgere proprie autonome verifiche, in aggiunta a quelle dell’amministrazione competente in materia di inserimento lavorativo, una contestazione esclusivamente interpretativa della norma di riferimento avrebbe tuttavia imposto l’attivazione del soccorso istruttorio proprio perché trattasi di questione dubbia e opinabile; questa incertezza non può quindi andare immediatamente a discapito dell’offerente che ha comunque presentato regolare documentazione confidando, quantomeno, in una prassi esistente a livello nazionale (la stessa ricorrente allega infatti di aver già partecipato a tantissime altre gara senza incontrare problematiche alcune sotto il profilo in esame).
Come dedotto dalla ricorrente con il quarto motivo di gravame, l’attivazione del soccorso istruttorio avrebbe ad essa consentito di dimostrare il possesso del requisito anche volendo aderire all’interpretazione normativa patrocinata dalla stazione appaltante, essendo stata allegata l’avvenuta assunzione di un disabile in data 23/10/2024, cioè addirittura prima dell’indizione della gara.
3. L’esclusione è pertanto illegittima e va annullata, come va annullata la successiva aggiudicazione in favore della controinteressata (originariamente terza in graduatoria), poiché disposta sulla scorta di un presupposto illegittimo.
4. Pur potendo dichiarare l’inefficacia del contratto stipulato tra l’amministrazione e la controinteressata non può tuttavia, allo stato, essere disposto il subentro nello stesso in favore della ricorrente poiché non risulta che l’amministrazione abbia completato, con esito positivo, tutte le restanti verifiche sul possesso dei requisiti.
5. Per effetto di quanto sopra il risarcimento del danno, in forma specifica, può essere disposto nei termini che seguono:
- la stazione appaltante disporrà la riammissione alla gara della ricorrente e completerà le verifiche sul possesso dei requisiti nei termini e nei modi previsti dalla disciplina di riferimento;
- in caso di verifica positiva, la stazione appaltante avvierà la procedura per la stipula di un nuovo contratto, con la ricorrente, da concludersi nei termini e nei modi previsti dalla disciplina di riferimento. Il nuovo contratto avrà una durata pari a quella prevista dalla “lex specialis”;
- dalla data di stipula del nuovo contratto diverrà inefficace l’attuale contratto stipulato con la controinteressata.
6. La stipula di un nuovo contratto, con durata pari a quella originariamente prevista, assicura l’integrale ottenimento del bene della vita cui ambisce la ricorrente ed esclude ulteriori forme di risarcimento per equivalente monetario.
7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo con onere a carico della stazione appaltante. Le spese possono invece essere compensate con la controinteressata non essendosi questa costituita in giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto, dispone come in motivazione.
Condanna la stazione appaltante al pagamento, a favore della ricorrente, delle spese processuali nella misura di € 2.500 (duemilacinquecento), a titolo di onorari di difesa, oltre al rimborso delle spese generali nella misura forfettaria come da tariffa, IVA, CPA e contributo unificato.
Spese compensate con la controinteressata.
La presente sentenza sarà eseguita dall'Autorità amministrativa ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Gianluca Morri, Consigliere, Estensore
Tommaso Capitanio, Consigliere