Cons. Stato, Sez. V, 24 aprile 2025, n. 3542
Le clausole del bando affette da vizi immediatamente percepibili, in quanto idonee a incidere sulla possibilità stessa di presentare un’offerta valida, devono essere impugnate entro 30 giorni dalla pubblicazione del bando.
L'illegittimità di regole inidonee a consentire una corretta e concorrenziale offerta economica incide direttamente sulla formulazione dell'offerta, impedendone la corretta e consapevole elaborazione, sicché … la lesività della stessa disciplina di gara va immediatamente contestata, senza attendere l'esito della gara per rilevare il pregiudizio che da quelle previsioni è derivato, ed anzi nemmeno sussiste l'onere di partecipazione alla procedura di colui che intenda contestarle, in quanto le ritiene tali da impedirgli l'utile presentazione dell'offerta e, dunque, sostanzialmente impeditive della sua partecipazione alla gara.
Ciò che quindi, appare decisivo, ai fini dell'affermazione dell'onere di immediata impugnazione delle clausole che prescrivono requisiti di partecipazione è pertanto non soltanto il fatto che esse manifestino immediatamente la loro attitudine lesiva, ma il rilievo che le stesse, essendo legate a situazioni e qualità del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara, risultino esattamente e storicamente identificate, preesistenti alla gara stessa, e non condizionate dal suo svolgimento e, perciò, in condizioni di ledere immediatamente e direttamente l'interesse sostanziale del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara o alla procedura concorsuale.
Guida alla lettura
Con sentenza n. 3542 dello scorso 24 aprile la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, pronunciandosi in tema di mancato inserimento delle regole sui c.d. CAM nel bando di gara, ha respinto l’appello e, per l’effetto, ha confermato la sentenza appellata di irricevibilità del ricorso di primo grado, poiché quest’ultimo “doveva essere proposto nel termine di decadenza di 30 giorni decorrente dalla pubblicazione del bando di gara”.
Nella fattispecie in questione l’appellante denunciava l’illegittimità degli atti di gara, in quanto redatti senza tener conto dei CAM per la pulizia, di cui al DM 29 gennaio 2021, dei CAM sui rifiuti, di cui al DM 13 febbraio 2014, revisionato con il DM 23 giugno 2022, e dei CAM per il servizio di gestione del verde pubblico, in assenza, peraltro, di alcun rinvio funzionale esterno per la ricezione/applicazione dei medesimi. Il ricorrente denunciava dunque una violazione di legge che, in considerazione delle prescrizioni di gara, “non avrebbe consentito ai concorrenti di formulare un’offerta congrua e consapevole e, in particolare, avrebbe causato la presentazione di offerte non obbligatoriamente conformi ai parametri ambientali”.
L’art. 34 del decreto legislativo 28 aprile 2016, n. 50, rubricato “Criteri di sostenibilità energetica e ambientale”, stabiliva che:
“1. Le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
2. I criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 95, comma 6”, precisando che detto obbligo si applica per gli affidamenti di qualunque importo.
Nello stesso senso dispone l’art. 57, co. 2, del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato con il decreto legislativo del 31 marzo 2023, n. 36, ai sensi del quale, infatti: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi, definiti per specifiche categorie di appalti e concessioni, differenziati, ove tecnicamente opportuno, anche in base al valore dell'appalto o della concessione, con decreto del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e conformemente, in riferimento all'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto dall'articolo 130. Tali criteri, in particolare quelli premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l'applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell'articolo 108, commi 4 e 5. Le stazioni appaltanti valorizzano economicamente le procedure di affidamento di appalti e concessioni conformi ai criteri ambientali minimi. Nel caso di contratti relativi alle categorie di appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione, i criteri ambientali minimi sono tenuti in considerazione, per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare, sulla base di adeguati criteri definiti dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica”.
Alla luce di tali disposizioni, per l’appellante è evidente la chiara violazione dell’obbligo incombente sulla Stazione Appaltante di inserire all’interno della legge di gara proprio quelle clausole che sono prescritte al fine di garantire che l’esecuzione delle commesse pubbliche avvenga nel pieno rispetto dei valori di tutela e conservazione dell’ambiente.
L’appellante denuncia, dunque, una grave mancata conformità alla legge della lex specialis.
Ad avviso del Consiglio di Stato, per fare ciò, avrebbe dovuto impugnare immediatamente la legge di gara entro il termine di decadenza di 30 giorni dalla pubblicazione del bando, senza attendere di conoscere gli aggiudicatari dei lotti di gara.
I Giudici della Quinta Sezione, in linea con l’orientamento consolidato dell’Adunanza Plenaria, hanno quindi ribadito che le clausole del bando affette da vizi immediatamente percepibili, in quanto idonee a incidere sulla possibilità stessa di presentare un’offerta valida, devono essere impugnate entro 30 giorni dalla pubblicazione del bando.
Precisamente, per l’Adunanza Plenaria “[..] l'illegittimità di regole inidonee a consentire una corretta e concorrenziale offerta economica incide direttamente sulla formulazione dell'offerta, impedendone la corretta e consapevole elaborazione, sicché … la lesività della stessa disciplina di gara va immediatamente contestata, senza attendere l'esito della gara per rilevare il pregiudizio che da quelle previsioni è derivato, ed anzi nemmeno sussiste l'onere di partecipazione alla procedura di colui che intenda contestarle, in quanto le ritiene tali da impedirgli l'utile presentazione dell'offerta e, dunque, sostanzialmente impeditive della sua partecipazione alla gara” (Cons. Stato, Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4).
“Ciò che quindi, appare decisivo, ai fini dell'affermazione dell'onere di immediata impugnazione delle clausole che prescrivono requisiti di partecipazione è pertanto non soltanto il fatto che esse manifestino immediatamente la loro attitudine lesiva, ma il rilievo che le stesse, essendo legate a situazioni e qualità del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara, risultino esattamente e storicamente identificate, preesistenti alla gara stessa, e non condizionate dal suo svolgimento e, perciò, in condizioni di ledere immediatamente e direttamente l'interesse sostanziale del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara od alla procedura concorsuale” (Cons. Stato, Ad. Plen., 29 gennaio 2003, n. 1).
Pubblicato il 24/04/2025
N. 03542/2025REG.PROV.COLL.
N. 09128/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9128 del 2024, proposto da
Ic Servizi Consorzio Stabile a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B078238582, B078239655, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Orlando, Antonietta Favale e Matteo Valente, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Atac S.p.a. Azienda per la Mobilità, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Elisabetta Pistis e Guido Rosati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Team Service Società Consortile a r.l. in proprio e quale mandataria del costituendo Rti con Società Nazionale Appalti Manutenzioni Lazio Sud S.N.A.M. S.r.l. mandante, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Avilio Presutti e Marco Laudani, con domicilio eletto presso lo studio Avilio Presutti in Roma, piazza San Salvatore in Lauro, 10;
Copernico Società Consortile per Azioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Giustiniani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Bocca di Leone, 78;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 21878 del 2024, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Atac S.p.a. Azienda per la Mobilità, di Team Service Società Consortile a r.l. in proprio e quale mandataria del costituendo Rti con Società Nazionale Appalti Manutenzioni Lazio Sud S.N.A.M. S.r.l., mandante, e di Copernico Società Consortile per Azioni;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2025 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Matteo Valente, Elisabetta Pistis, Marco Laudani e Marco Giustiniani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Ic Servizi Consorzio Stabile a r.l. ha impugnato la Deliberazione del CdA n. 57 del 14 novembre 2024 con cui ATAC S.p.a. ha aggiudicato la procedura aperta per l’affidamento del servizio di pulizia dei mezzi e degli impianti di superficie, compresi i servizi di assistenza e supporto presso gli impianti, di manutenzione programmata e correttiva degli impianti di lavaggio, depolvero e ponti di sollevamento vetture, i servizi di minuta manutenzione, al RTI Team Service – Snam Lazio Sud con riferimento al Lotto 1 (CIG B078238582) e a Copernico Società Consortile per Azioni con riferimento al Lotto 3 (CIG B078239655).
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha dichiarato irricevibile il ricorso con sentenza n. 21878 del 2024, appellata da Ic Servizi Consorzio Stabile a r.l. per i seguenti motivi di diritto:
I. error in procedendo e in iudicando; eccesso di potere; violazione e falsa applicazione degli artt. 35, 41 e 120 c.p.a.;
2. violazione e falsa applicazione degli artt. 57 e 83 del d. lgs. n. 36 del 2023 per omessa previsione, nella documentazione progettuale e di gara, delle specifiche tecniche, delle clausole contrattuali e dei criteri premianti previsti dall’Allegato 1 al d.M. del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 29 gennaio 2021; violazione e falsa applicazione dell’articolo 76, comma 1, della Direttiva 24/14/UE.
Si sono costituiti per resistere all’appello Atac S.p.a. Azienda per la Mobilità, Team Service Società Consortile a r.l. in proprio e quale mandataria del costituendo Rti con Società Nazionale Appalti Manutenzioni Lazio Sud S.N.A.M. S.r.l., mandante, e Copernico Società Consortile per Azioni.
Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza pubblica del 16 aprile 2025 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Giunge in decisione l’appello proposto da Ic Servizi Consorzio Stabile a r.l. per la riforma della sentenza del Tar Lazio n. 21878 del 2024, che ha dichiarato irricevibile il suo ricorso per l’annullamento della deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 57 del 14 novembre 2024 con cui ATAC S.p.a. Azienda per la Mobilità ha aggiudicato la procedura aperta per l’affidamento del servizio di pulizia dei mezzi e degli impianti di superficie, compresi i servizi di assistenza e supporto presso gli impianti, di manutenzione programmata e correttiva degli impianti di lavaggio, depolvero e ponti di sollevamento vetture, i servizi di minuta manutenzione, al RTI Team Service – Snam Lazio Sud con riferimento al Lotto 1 (CIG B078238582) e a Copernico Società Consortile per Azioni con riferimento al Lotto 3 (CIG B078239655).
Deve premettersi che la gara è stata suddivisa in 4 lotti: Lotto 1 (CIG B078238582), Lotto 2 (CIG B07823A728), Lotto 3 (CIG B078239655), Lotto 4 (CIG B0782374AF).
Il criterio di aggiudicazione prescelto è stato quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. In particolare, è stata prevista l’assegnazione di massimo 80 punti per la parte tecnica e 20 punti per l’offerta economica.
Il ricorrente ha limitato l’impugnazione in primo grado a due lotti, dei quali era il gestore uscente: il n. 1, nel quale si è classificato al quinto posto in graduatoria, e il n. 3, nel quale si è collocato all’ottavo posto e sostiene di nutrire l’interesse all’impugnazione in quanto il ricorso in esame ha per oggetto “un vizio demolitorio dell’intera procedura poiché la lex specialis, in violazione di espressi obblighi di legge, ha di fatto omesso di disciplinare e declinare le necessarie specifiche tecniche, le clausole contrattuali e i criteri premiali previsti dai D.M. in materia di CAM applicabili all’oggetto dell’affidamento, così relegando un contenuto necessario del bando alla sola alea delle offerte”.
Il ricorrente in primo grado censurava, dunque, la violazione della disciplina sull’applicazione dei criteri ambientali minimi (CAM), ai sensi dell’art. 57 del d.lgs. n. 36 del 2023, che si pone in sostanziale continuità con il precedente art. 34 del d.lgs. n. 50 del 2016. Quanto alle specifiche tecniche, lamentava, in particolare, l’omesso recepimento nel capitolato prestazionale e, in parte, nel disciplinare, dei criteri ambientali minimi recati dal d.M. 29 gennaio 2021 sull’affidamento ed esecuzione dei servizi di pulizia presso edifici ad uso civile. Contestava quindi, quanto alle clausole contrattuali e sempre limitatamente ai CAM, la presunta mancanza di una corretta disciplina di gara relativamente a: formazione del personale addetto al servizio; - prodotti ausiliari per l’igiene; - prodotti disinfettanti e protocollo per favorirne un uso sostenibile; -materiali igienico-sanitari per servizi igienici e/o fornitura di detergenti per l’igiene delle mani.
Il ricorrente evidenziava, inoltre, la necessità di applicazione della disciplina del d.M. 23 giugno 2022 in tema di rifiuti, del d.M. 10 marzo 2020 in tema di servizio di gestione del verde pubblico e fornitura prodotti per la cura del verde e, quanto ai criteri cd. premianti per la valutazione dell’offerta tecnica, lamentava una scarsa rilevanza dei parametri ambientali.
Per la sentenza appellata: “La Sezione intende … dare continuità all’orientamento già intrapreso (…), per cui è tardivo il ricorso in cui il ricorrente si duole del mancato inserimento delle regole sui c.d. CAM nel bando di gara, senza però impugnare la medesima nei trenta giorni decorrenti dalla sua pubblicazione. … il ricorrente medesimo riconosce che la contestata omissione dei criteri in questione ha (anche) l’effetto di impedire la formulazione di “offerte consapevoli” da parte dei concorrenti”.
Con il primo motivo l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza appellata, atteso che l’illegittimità della legge di gara non avrebbe affatto una portata immediatamente lesiva e meno che mai renderebbe impossibile la formulazione delle offerte; invero, sia l’odierno appellante che tutte le altre imprese concorrenti avrebbero potuto presentare le rispettive offerte.
Con la seconda censura l’appellante ripropone la censura del ricorso di prime cure con la quale aveva lamentato la violazione da parte della stazione appaltante della doverosità dell’inserimento del requisito ambientale già nel momento della definizione dell’oggetto dell’appalto. In particolare, per l’appellante l’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 36 del 2023, che si pone in sostanziale continuità con il precedente art. 34 del d.lgs. n. 50 del 2016, imporrebbe alla stazione appaltante la corretta declinazione dei CAM all’interno della legge di gara, non come mero dato formale, ma come elemento sostanziale della lex specialis, in quanto le prescrizioni in essa contenute - e dunque anche quelle relative ai criteri ambientali - mirerebbero a conformare l’esecuzione della prestazione contrattuale. I criteri ambientali minimi dovrebbero ab origine essere contenuti nei bandi di gara, data la natura cogente delle disposizioni che ne impongono l’introduzione. E ciò, sia per consentire la formulazione di offerte consapevoli da parte dei concorrenti, che per prevedere una coerente disciplina della valutazione delle stesse.
L’appello va respinto.
La sentenza ha dichiarato irricevibile il ricorso sostenendo che con lo stesso si sarebbe lamentata l’impossibilità di formulazione di offerte consapevoli da parte dei concorrenti.
Ed invero, il ricorso di primo grado è certamente irricevibile, ma è pure inammissibile, atteso che Ic Servizi Consorzio Stabile a r.l., posizionatosi nella quinta posizione in graduatoria nel lotto 1 e nella ottava nel lotto 3, ha denunciato, sostanzialmente, una generica e oggettiva violazione di legge, ha lamentato il mancato rispetto della legalità, senza provare di essere stato danneggiato in alcun modo, non avendo fornito elementi per dimostrare né che sarebbe risultato aggiudicatario di alcuno dei due lotti, né che avrebbe presentato una diversa offerta per i lotti stessi, né che le aggiudicatarie avrebbero ottenuto punteggi inferiori se l’amministrazione avesse inserito nella legge di gara lo specifico contenuto del decreto CAM Pulizie.
Il ricorso di primo grado è irricevibile e inammissibile, poiché doveva essere proposto nel termine di decadenza di 30 giorni decorrente dalla pubblicazione del bando di gara, atteso che con lo stesso il ricorrente denuncia una violazione di legge che, in considerazione delle prescrizioni di gara, non avrebbe consentito ai concorrenti di formulare un’offerta congrua e consapevole e, in particolare, avrebbe causato la presentazione di offerte non obbligatoriamente conformi ai parametri ambientali.
Diversamente da altri casi esaminati da questo Consiglio, nella fattispecie in questione l’appellante ha, invero, dedotto nel ricorso di primo grado l’illegittimità della legge di gara e, in particolare, la specifica ipotesi di: “bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta …” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 4 del 2018; n. 1 del 2003).
In particolare, per Ic Servizi Consorzio Stabile “È evidente, pertanto, la chiara violazione dell’obbligo incombente sulla Stazione Appaltante di inserire all’interno della legge di gara proprio quelle clausole che sono prescritte al fine di garantire che l’esecuzione delle commesse pubbliche avvenga nel pieno rispetto dei valori di tutela e conservazione dell’ambiente.
Da qui l’illegittimità degli atti di gara, in quanto redatti senza tener conto dei CAM per la pulizia, di cui al DM 29 gennaio 2021, dei CAM sui rifiuti, di cui al DM 13 febbraio 2014, revisionato con il DM 23 giugno 2022, e dei CAM per il servizio di gestione del verde pubblico, in assenza, peraltro, di alcun rinvio funzionale esterno per la ricezione/applicazione dei medesimi” (cfr. pag. 11 ricorso di primo grado).
“La mancata declinazione dei CAM negli atti di gara ha comportato la presentazione di offerte che non hanno tenuto necessariamente conto dei suddetti criteri, con l’ulteriore conseguenza che – nel silenzio illegittimo della lex specialis – non sono stati previsti e quindi applicati sistemi di verifica del rispetto dei principi di sostenibilità ambientale, con tutto ciò che ne deriva.
Risulta icto oculi l’illegittimità della legge di gara gravata in questa sede” (pag. 13 ricorso di primo grado).
“Né potrebbe smentire la fondatezza della presente censura l’eventuale circostanza che le imprese aggiudicatarie abbiano presentato un’offerta in linea con le prescrizioni dei CAM.
Una simile affermazione non equivale a prospettare la conformità del risultato della gara allo scopo voluto dai parametri normativi evocati, perché esprime una attenzione ai profili ambientali che, oltre a non coincidere con lo schema normativo di riferimento, si connota per essere soltanto casuale ed
occasionale, ma soprattutto, volontariamente “concessa” dall’offerente (che, in base alla legge di gara, a ciò non era tenuto)” (pagg. 26 – 27 ricorso di primo grado).
Il Consorzio ha, dunque, denunciato una grave mancata conformità alla legge della lex specialis. Per fare ciò, avrebbe dovuto impugnare immediatamente la legge di gara entro il termine di decadenza di 30 giorni dalla pubblicazione del bando, senza attendere di conoscere gli aggiudicatari dei lotti di gara.
Come affermato da questo Consiglio in Adunanza Plenaria: “È stato in proposito osservato che l'illegittimità di regole inidonee a consentire una corretta e concorrenziale offerta economica incide direttamente sulla formulazione dell'offerta, impedendone la corretta e consapevole elaborazione, sicché … la lesività della stessa disciplina di gara va immediatamente contestata, senza attendere l'esito della gara per rilevare il pregiudizio che da quelle previsioni è derivato, ed anzi nemmeno sussiste l'onere di partecipazione alla procedura di colui che intenda contestarle, in quanto le ritiene tali da impedirgli l'utile presentazione dell'offerta e, dunque, sostanzialmente impeditive della sua partecipazione alla gara” (Cons. Stato, Ad.Plen., 26 aprile 2018, n. 4).
“Ciò che quindi, appare decisivo, ai fini dell'affermazione dell'onere di immediata impugnazione delle clausole che prescrivono requisiti di partecipazione è pertanto non soltanto il fatto che esse manifestino immediatamente la loro attitudine lesiva, ma il rilievo che le stesse, essendo legate a situazioni e qualità del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara, risultino esattamente e storicamente identificate, preesistenti alla gara stessa, e non condizionate dal suo svolgimento e, perciò, in condizioni di ledere immediatamente e direttamente l'interesse sostanziale del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara od alla procedura concorsuale” (Cons. Stato, Ad. Plen., 29 gennaio 2003, n. 1).
Il ricorso di primo grado è, dunque, irricevibile.
Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata di irricevibilità del ricorso di primo grado.
Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata di irricevibilità del ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Stefano Fantini, Consigliere
Alberto Urso, Consigliere
Elena Quadri, Consigliere, Estensore
Marina Perrelli, Consigliere