Cons. Stato, Sez. III, 12 dicembre 2022, n. 10840

La valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo.

La valutazione di congruità costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della stazione appaltante renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta.

È ammissibile una modificazione delle singole voci di costo, non solo in correlazione a sopravvenienze di fatto o di diritto, ma anche al fine di porre rimedio ad originari e comprovati errori di calcolo, sempre che resti ferma l’entità originaria dell’offerta economica, nel rispetto del principio dell’immodificabilità, che presiede la logica della par condicio tra i competitori.

È, dunque, possibile la modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo rispetto alle giustificazioni già fornite, come pure l’aggiustamento delle singole voci di costo, ferma restando l’entità dell’originaria offerta economica.

Sul piano probatorio, infine, la giurisprudenza afferma che, qualora in sede giurisdizionale il ricorrente deduce l’inattendibilità dell’offerta per aspetti non specificamente presi in considerazione dalla stazione appaltante, legittimamente l’aggiudicatario può difendersi in giudizio provvedendo a giustificare tali voci in sede processuale.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6852 del 2022, proposto da
Dussmann Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Filippo Martinez e Davide Moscuzza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Filippo Martinez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Colagrande e Marco Pisoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Roberto Colagrande in Roma, viale Liegi 35b;

nei confronti

Societa' Cooperativa Italiana di Ristorazione - Cirfood S.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Eugenio Dalli Cardillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Serenissima Ristorazione S.p.A., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del T.R.G.A. della Provincia di Trento n. 00134/2022 del 5-7-2022, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento e della Societa' Cooperativa Italiana di Ristorazione - Cirfood S.C.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con sentenza n. 134/2022 del 5-7-2022, pronunciata ex art. 60 del c.p.a., il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento dichiarava inammissibile il ricorso proposto da Dussmann Service s.r.l. contro l’Azienda provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia autonoma di Trento e nei confronti della società Cirfood s.c., inteso ad ottenere l’annullamento del verbale rep. n. 001/2022, relativo alla seduta di gara dell’11-1-2022, con cui era stata disposta, in favore di Cirfood s.c., l’aggiudicazione del servizio di ristorazione presso l’Ospedale di Trento (P.O. Santa Chiara, P.O. Villa Igea, Protonterapia) e il Centro Sanitario di Mezzolombardo, di cui al lotto n. 1 della procedura aperta indetta dall’Azienda provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia autonoma di Trento per l’affidamento del “servizio di ristorazione a ridotto impatto ambientale presso l’Ospedale di Trento, il Centro Sanitario di Mezzolombardo e i Servizi ausiliari per la ristorazione presso le diverse sedi dell’Azienda Provinciale per i Servizi sanitari di Trento”, e degli atti con i quali era stata riconosciuta congrua l’offerta dell’aggiudicataria, all’esito del subprocedimento di verifica dell’anomalia; nonché per la dichiarazione di inefficacia del contratto di appalto eventualmente stipulato e per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno, da pronunciarsi mediante l’aggiudicazione dell’appalto ad essa ricorrente per l’intero periodo contrattuale originariamente previsto.

La prefata sentenza esponeva in fatto quanto segue.

1. L’Azienda provinciale per i Servizi Sanitari (di seguito APSS) della Provincia autonoma di Trento con bando pubblicato il 30 novembre 2020 ha indetto una “procedura aperta per l’appalto del servizio di ristorazione a ridotto impatto ambientale presso l’ospedale di Trento, il centro Sanitario di Mezzolombardo e servizi ausiliari”, per la durata di 6 anni, con facoltà di rinnovo per un ulteriore triennio, suddivisa in quattro lotti.

Il disciplinare di gara conteneva una clausola volta a limitare l’aggiudicazione ad un numero massimo di lotti. Si legge, infatti, al paragrafo 3 del disciplinare di gara, che: “è possibile presentare offerta per uno o più lotti. Ciascun operatore economico può risultare aggiudicatario: nel caso dei lotti n. 2, 3 e 4 di massimo 2 (due) lotti; nel caso del lotto n. 1, l’operatore economico che si aggiudica tale lotto non può risultare aggiudicatario di altri lotti”.

Alla gara per il lotto n. 1 - avente ad oggetto il “Servizio di ristorazione presso l’Ospedale di Trento (P.O. S. Chiara, P.O. Villa Igea, Protonterapia) e il Centro Sanitario di Mezzolombardo” - hanno preso parte cinque concorrenti e, all’esito della valutazione delle offerte, la società Cirfood si è collocata al primo posto della graduatoria finale con 97,934 punti complessivi (di cui 85 punti per l’offerta tecnica e 12,934 punti per l’offerta economica), seguita dalla società Dussmann Service con 94,550 punti complessivi (di cui 79,791 punti per l’offerta tecnica e 14,759 punti per l’offerta economica). In particolare, nel corso della seduta di gara del 13 ottobre 2021 il Presidente del seggio ha dato atto della graduatoria relativa a ciascun lotto e, in applicazione delle limitazioni previste al suddetto paragrafo 3 del disciplinare di gara, ha precisato che la società Cirfood, essendo risultata prima in graduatoria per il lotto n. 1, poteva aggiudicarsi solo tale lotto; la società Pulinet Servizi, essendo risultata prima graduata per i lotti n. 2, n. 3 e n. 4, poteva aggiudicarsi al massimo due lotti, individuati in base al “criterio della rilevanza economica ossia del maggior valore a base d’asta” nei soli lotti n. 3 e n. 4; la società Dussmann Service, risultata seconda in graduatoria per il lotto n. 2, poteva aggiudicarsi tale lotto.

In seguito il Presidente del seggio con nota del 15 ottobre 2021 ha trasmesso al RUP l’offerta della società Cirfood per la prescritta verifica di anomalia e il RUP, acquisite e valutate le giustificazioni di tale società, ha ritenuto l’offerta dalla stessa presentata complessivamente congrua, seria, sostenibile. Quindi, come risulta dall’impugnato verbale in data 11 gennaio 2022, il Presidente del seggio di gara ha aggiudicato «la fornitura del servizio di ristorazione presso l’Ospedale di Trento (P.O. S. Chiara, P.O. Villa Igea, Protonterapia) e il Centro Sanitario di Mezzolombardo), di cui al lotto n. 1, all’impresa Cirfood s.c.».

La società Dussmann Service, ricevuta la comunicazione dell’aggiudicazione relativa al lotto n. 1, ha chiesto di potere accedere a tutta la documentazione prodotta in gara dalla società Cirfood e, a seguito del parziale rigetto di tale istanza, ha adito questo Tribunale ai sensi dell’art. 116 cod. proc. amm. per ottenere l’accesso all’offerta tecnica integrale della società Cirfood e alle giustificazioni dalla stessa presentate nel subprocedimento di valutazione della congruità dell’offerta. Questo Tribunale con la sentenza 28 aprile 2022, n. 87, ha accolto il ricorso e la società Dussmann Service a partire dal 3 maggio 2022, ha preso conoscenza degli atti richiesti.

Nel frattempo l’APSS con provvedimento del 14 febbraio 2022 ha aggiudicato alla società Dussmann Service il lotto n. 2, avente ad oggetto la “fornitura dei servizi ausiliari di ristorazione presso l’Ospedale S. Maria del Carmine di Rovereto”, ma la predetta società con nota del 22 aprile 2022 ha comunicato all’APSS che «la stipula del contratto relativo al lotto 2 non costituisce acquiescenza di Dussmann all’aggiudicazione del lotto 1. Per quest’ultimo lotto è pendente il giudizio per ottenere l’offerta tecnica della prima classificata, e dopo l’auspicata ostensione documentale e la relativa analisi, Dussmann stessa si riserva di impugnare l’aggiudicazione del lotto 1. In caso di esito positivo di quest’eventuale futuro giudizio, la Dussmann opterà per l’aggiudicazione, stipula del contratto, e gestione del servizio del lotto 1, rinunciando - ove necessario - al contratto relativo al lotto 2, quindi recedendo liberamente da quest’ultimo».

2. La società Dussman Service con il presente ricorso - premesso che «l’intervenuta aggiudicazione del servizio e la successiva stipula del contratto relativamente a detto lotto 2 non costituisce ... acquiescenza rispetto all’aggiudicazione del lotto 1 a favore della controinteressata Cirfood» - chiede l’annullamento degli atti impugnati, deducendo le seguenti censure.

I) Violazione dell’art. 24 del capitolato Speciale dell’appalto e dell’art. 59, comma 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016; carenza di un elemento minimo essenziale dell’offerta.[…].

II) Violazione dell’art. 97 del decreto legislativo n. 50 del 2016; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei presupposti di fatto, violazione del principio di concorrenza, ingiustizia e illogicità manifeste. [….].

III) Violazione dell’art. 97 del decreto legislativo n. 50 del 2016; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei presupposti di fatto, violazione del principio di concorrenza, ingiustizia e illogicità manifeste. […].

3. L’APSS si è costituita in giudizio per resistere al ricorso e con memoria depositata in data 21 giugno 2022, ancor prima di replicare nel merito alle suesposte censure, ha eccepito l’irricevibilità del presente ricorso, per tardività, nonché l’inammissibilità del ricorso stesso per intervenuta rinuncia a tutelare l’interesse all’aggiudicazione del lotto n. 1; e ciò in ragione del fatto che la società ricorrente, a seguito dell’aggiudicazione del lotto n. 2, disposta in suo favore, ha sottoscritto il relativo contratto d’appalto senza formulare alcuna riserva, e che a far data dal giorno 1° giugno 2022 essa ha avviato l’esecuzione di tale contratto. In particolare - secondo la tesi dell’APSS - la condotta tenuta da controparte prima della notifica del presente ricorso «comporta di fatto (e contrariamente a quanto affermato nel ricorso) la sua rinuncia all’affidamento del lotto n. 1»: difatti la medesima società ricorrente, per non vanificare la possibilità di aggiudicarsi il lotto n. 1, avrebbe dovuto rinunciare al lotto n. 2, indipendentemente da quanto precedentemente comunicato con nota del 22 aprile 2022, «la quale non può avere la forza di superare la manifestazione di volontà espressa dal medesimo operatore economico al momento della sottoscrizione del contratto di cui al lotto 2, avvenuta successivamente alla trasmissione della nota stessa, con conseguente comprovata avvenuta esecuzione». Inoltre - sempre secondo la tesi dell’APSS - la società ricorrente, in caso di esito ad essa favorevole del presente giudizio, comunque non potrebbe rinunciare all’esecuzione del contratto relativo al lotto n. 2, sia perché «una siffatta facoltà non gli è stata concessa dalla Stazione appaltante in sede di stipula e non può essere pretesa dall’appaltatore in corso di esecuzione del contratto», sia perché un’eventuale rifiuto di adempiere alle prestazioni dedotte in tale contratto comporterebbe l’applicazione delle sanzioni previste dall’ordinamento per il caso di grave inadempimento contrattuale, costituite: A) dalla risoluzione del contratto in danno dell’impresa appaltatrice in applicazione dell’art. 108 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con conseguente perdita dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 80 comma, 5 lettera c), del medesimo decreto legislativo n. 50 del 2016 e impossibilità di vedersi aggiudicato il Lotto n. 1); B) dall’incameramento della cauzione definitiva; C) dalla segnalazione all’ANAC per l’iscrizione nel casellario.

4. Anche la controinteressata Cirfood si è costituita in giudizio per resistere al ricorso e con memoria depositata in data 21 giugno 2022 ha replicato a tutte le suesposte censure. […]”.

Il giudice di primo grado definiva il giudizio in esito all’udienza cautelare del 23-6-2022 e, aderendo all’eccezione preliminare sollevata da APSS, dichiarava l’inammissibilità del ricorso per la ritenuta “acquiescenza tacita della società ricorrente al provvedimento di aggiudicazione del lotto n. 1 alla controinteressata Cirfood”, condannando Dussman Service al pagamento delle spese di lite.

Avverso la sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento Dussman Service s.r.l. ha proposto appello, deducendone l’erroneità e chiedendone l’integrale riforma, con conseguente rimessione della causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’articolo 105, comma 1, c.p.a. e/o l’annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado.

Essa ha lamentato: 1) Error in procedendo- violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.- violazione e falsa applicazione degli artt. 60 e 120 c.p.a.; 2) Error in iudicando in relazione all’acquiescenza- violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.- Violazione dell’articolo 1, comma 3, della Direttiva 2007/66/CE.

Ha, poi, riproposto i motivi di primo grado non esaminati dal Tribunale e, segnatamente: 1) Omessa pronuncia: violazione dell’art. 24 del Capitolato speciale dell’appalto e dell’art. 59, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016- carenza di un elemento essenziale dell’offerta; 2) Omessa pronuncia: violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016- eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei presupposti di fatto, violazione del principio di concorrenza, ingiustizia ed illogicità manifeste; 3) Omessa pronuncia: violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016- eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei presupposti di fatto, violazione del principio di concorrenza, ingiustizia ed illogicità manifeste.

Si sono costituite in giudizio l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia di Trento e la società Cirfood, deducendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza n. 4673/2022 del 23-9-2022 la Sezione ha rigettato la domanda cautelare proposta.

Sono state prodotte dalle parti, in vista dell’udienza di discussione, memorie difensive e di replica.

La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 24-11-2022.

DIRITTO

Con il primo motivo di appello Dussman Service s.r.l. lamenta: Error in procedendo- violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.- violazione e falsa applicazione degli artt. 60 e 120 c.p.a.

Evidenzia che, nel corso della Camera di consiglio del 23-6-2022, dopo l’avvertimento da parte del Collegio della possibilità di definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, essa chiedeva, in relazione all’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla stazione appaltante, “la concessione di un termine a difesa al fine di meglio dedurre in ordine alla complessità delle questioni trattate”.

Il Tribunale, peraltro, respingeva l’istanza e decideva il ricorso nel merito ex art. 60 c.p.a., affermando “di non poter aderire alla richiesta… poiché risulta manifestamente fondata la…assorbente eccezione processuale formulata dall’APSS”.

Rileva sul punto l’erroneità della statuizione del giudice di primo grado in quanto le sue esigenze difensive non consentivano la definizione del giudizio in sede cautelare, imponendo la concessione del richiesto termine per garantire il contraddittorio sulle sollevate eccezioni di rito.

Invero, l’eccezione di inammissibilità era stata proposta dalla difesa della stazione appaltante con la memoria depositata il 20 giugno 2022 e la Camera di consiglio era stata fissata per il successivo 23 giugno, essendovi, quindi, evidenti ragioni difensive correlate alla pienezza del contraddittorio affinchè essa ricorrente potesse replicarvi per iscritto.

Richiama in proposito l’articolo 120, comma 6, del c.p.a., il quale prevede che “In caso di esigenze istruttorie o quando è necessario integrare il contraddittorio o assicurare il rispetto dei termini a difesa, la definizione del merito viene rinviata…”; nonché l’articolo 60 del medesimo codice, il quale richiede che sia stata “accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria”, requisito soddisfatto solo quando le parti abbiano già svolto le proprie difese.

A dire della ricorrente, la pienezza e l’integrità del contraddittorio impongono che tutte le parti abbiano la possibilità di esporre compiutamente le proprie difese e, pertanto, essa aveva il diritto, ingiustamente negato dal Tribunale, di replicare per iscritto alla sollevata eccezione di acquiescenza.

Tanto sarebbe confermato dalla circostanza che il giudice di primo grado, nel decidere la controversia, si era appiattito sulle sole argomentazioni in proposito esposte da APSS, senza considerare gli ulteriori rilievi che essa avrebbe potuto formulare per iscritto ove fosse stato concesso il richiesto termine a difesa.

Parte appellante richiama anche l’articolo 73, comma 3, del c.p.a., laddove dispone che, qualora il giudice ritenga di porre a fondamento della decisione, di ufficio, una determinata questione, ne deve dare avviso alle parti, per consentire alle stesse di prendervi posizione; disponendo, altresì, che, se la questione viene rilevata di ufficio dopo l’udienza, il giudice non può emettere la propria decisione e deve assegnare termini per la presentazione di memorie.

Vi sarebbe, dunque, sia nel richiamato articolo 73 che nell’articolo 60 l’esigenza di evitare decisioni a sorpresa, affinchè le parti possano esercitare in modo completo ed esauriente il proprio diritto di difesa.

La sentenza gravata andrebbe, pertanto, annullata con rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell’articolo 105, comma 1, c.p.a., sussistendone il presupposto di applicabilità, in quanto “è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti”.

Il motivo è infondato.

L’articolo 60 del Codice del processo amministrativo, rubricato “Definizione del giudizio in esito all’udienza cautelare”, dispone che “In sede di decisione della domanda cautelare, purchè siano trascorsi almeno 20 giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione”.

Dal chiaro tenore della disposizione emerge che la definizione del giudizio in esito all’udienza cautelare rientra nella discrezionalità dell’organo giudicante (“può definire”), al quale è preclusa l’emanazione della sentenza in forma semplificata solo quando sussistano le condizioni ostative previste dalla norma.

In particolare, tale esito è precluso unicamente nel caso in cui una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza ovvero di giurisdizione.

Al di fuori di tali ipotesi, il collegio ha unicamente l’obbligo di sentire le parti sulla possibilità di definizione del giudizio e di accertare l’avvenuto decorso di 20 giorni dall’ultima delle notificazioni, nonché la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, ma non è certamente tenuto a concedere un rinvio della trattazione nel caso in cui una delle parti richieda di replicare per iscritto ad una eccezione di inammissibilità.

In tal caso, infatti, grava unicamente sul giudicante l’obbligo di consentire all’interessato di prendere posizione sull’eccezione in sede di discussione, ma non anche di consentire il deposito di ulteriori scritti difensivi differendo l’udienza, quando egli ritenga, nella propria valutazione discrezionale, la non necessità degli stessi e la sufficienza del materiale istruttorio allo stato disponibile per potere compiutamente decidere in via definitiva la controversia.

In buona sostanza, il requisito della completezza del contraddittorio richiesto dalla norma deve intendersi in termini di obbligatoria verifica della integrità del contraddittorio quanto alla rituale evocazione in giudizio dei soggetti resistenti e controinteressati, mentre, per il rispetto delle garanzie difensive delle parti, risulta sufficiente, nell’ottica acceleratoria di definizione del giudizio che è alla base della disposizione, la consentita possibilità alla controparte di replica in seno all’udienza camerale, restando rimessa all’organo giudicante l’ulteriore valutazione, sulla base delle emergenze di causa nell’attualità a sua disposizione, in ordine alla necessità che la parte, che comunque si è sul punto difesa in sede di discussione orale, replichi ulteriormente per iscritto alle sollevate eccezioni ed alla opportunità di concedere all’uopo un termine a difesa.

Ciò posto, rileva il Collegio che nella specie non risulta utilmente invocabile la disposizione di cui al comma 6 dell’articolo 120 del c.p.a., laddove dispone che “In caso di esigenze istruttorie o quando è necessario integrare il contraddittorio o assicurare il rispetto dei termini a difesa, la definizione del merito viene rinviata”, considerandosi che, risultando l’eccezione essere stata sollevata dall’amministrazione nella propria memoria di costituzione prima dell’udienza camerale (il 20 giugno 2022), non vi erano termini obbligatori a difesa da rispettare e che comunque al ricorrente era stato consentito di replicare – come egli aveva fatto- in sede di discussione orale, restando così in capo al collegio ogni valutazione in ordine alla necessità- ritenuta nella specie insussistente – di ottenere ulteriori argomentazioni difensive sulla questione da parte del ricorrente.

Allo stesso modo, la Sezione ritiene non pertinente il richiamo all’articolo 73, comma 3, del Codice, a mente del quale “Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata di ufficio, il giudice la indica in udienza dandone atto a verbale. Se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice riserva quest’ultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non superiore a 30 giorni per il deposito di memorie”.

Vi è, infatti, che detta norma si riferisce espressamente al caso in cui la questione ritenuta decisiva ai fini della risoluzione della controversia viene rilevata di ufficio dal giudice, mentre nella vicenda in esame essa è stata ritualmente sollevata dall’amministrazione resistente in sede di costituzione.

Di poi, si osserva che la disposizione è finalizzata ad evitare decisioni “a sorpresa”, consentendo alle parti di poter difendersi ed argomentare su ogni questione decisiva ai fini della definizione della controversia.

Nel caso oggetto del presente contenzioso, la questione relativa alla acquiescenza del ricorrente al provvedimento impugnato, in quanto ritualmente sollevata dalla parte resistente prima dell’udienza camerale, non costituiva senz’altro una “sorpresa” e non impediva l’esercizio del diritto di difesa, risultando comunque possibile, prima dell’udienza, una replica scritta e comunque, in sede di discussione camerale, come in concreto è avvenuto, l’esplicazione di argomentazioni difensive contrarie che, in ragione del tempo intercorrente tra il deposito della memoria difensiva dell’amministrazione e l’udienza camerale, potevano essere adeguatamente preparate.

Il Tribunale amministrativo, dunque, ha fatto corretta applicazione dell’articolo 60 del c.p.a. e non ha affatto violato il diritto di difesa della società ricorrente, risultando, pertanto, non meritevole di accoglimento il primo motivo di appello proposto.

Ed, invero, come emerge dal corpo motivazionale della sentenza, esso ha rilevato che “le notifiche del ricorso sono state eseguite in data 3 giugno 2022, non vi è contestazione sulla giurisdizione e competenza di questo Tribunale, il contraddittorio è integro, essendo state evocate in giudizio tutte le parti necessarie, l’istruttoria è completa e la controinteressata Cirfood non ha manifestato l’intenzione di proporre ricorso incidentale”.

Il giudice di primo grado, inoltre, nell’esercizio della discrezionalità valutativa e decisoria consentitagli dalla norma, ha legittimamente ritenuto “di non poter aderire alla richiesta della parte ricorrente di concessione di un rinvio dell’udienza”, sulla base della ritenuta manifesta fondatezza dell’eccezione processuale sollevata dall’APSS, fondata sull’acquiescenza tacita al provvedimento di aggiudicazione impugnato.

Esso ha, pertanto, correttamente non ritenuto violato il diritto di difesa del ricorrente, evidenziando in proposito la Sezione che l’eccezione di inammissibilità del ricorso era stata sollevata espressamente dall’azienda sanitaria nella propria memoria difensiva del 20 giugno del 2022 e che la società ricorrente, la quale ben avrebbe potuto per iscritto replicare alle argomentazioni in essa spese sul punto, ha comunque avuto modo di controdedurre alla stessa in sede di discussione camerale.

L’avvenuta osservanza dei presupposti richiesti dall’articolo 60 c.p.a. e l’insussistenza di una violazione del diritto di difesa del ricorrente, tale da giustificare il richiesto annullamento della sentenza con rinvio al giudice di primo grado, emergono, altresì, dal verbale della udienza camerale del 23-6-2022.

In esso si legge, infatti, per quanto di interesse che “…Il Presidente preannuncia alle parti che il Collegio si riserva di emettere sentenza in forma abbreviata a’sensi dell’art. 60 c.p.a. La parte ricorrente, ricollegandosi alle eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate dalla difesa dell’Azienda Sanitaria, puntualizza di aver tempestivamente precisato all’Azienda sanitaria, prima della stipula del relativo contratto, che la propria assunzione del servizio di cui al lotto 2 contemplato dal bando di gara non comportava rinuncia all’aggiudicazione del lotto 1 in caso di favorevole risoluzione del contenzioso da essa avviato al riguardo. A domanda del Presidente la difesa dell’Azienda Sanitaria precisa che il contratto di affidamento del lotto 2 non reca a favore della parte ricorrente alcuna clausola risolutiva del contratto medesimo in dipendenza dell’esito del presente contenzioso relativo al lotto 1. La parte ricorrente, richiamandosi riassuntivamente a tutti propri ordini di censure dedotti nell’atto introduttivo del presente giudizio, conclude chiedendo comunque la concessione di un termine a difesa al fine di meglio dedurre in ordine alla complessità delle questioni trattate. Il Presidente al termine della discussione dichiara che la causa viene introitata per la decisione precisando che il collegio si riserva di pronunciarsi o con un’ordinanza o con sentenza, in dipendenza che venga accolta – o meno – la richiesta di parte ricorrente di fissare un termine per replicare per iscritto”.

Rileva da ultimo la Sezione che la mancanza nella specie di una compromissione invalidante del diritto di difesa emerge, oltre che dalle considerazioni sopra svolte, anche dall’ulteriore circostanza che parte ricorrente ben aveva contezza, già al momento della proposizione del ricorso, che la questione relativa all’acquiescenza avrebbe potuto essere introdotta in giudizio dall’amministrazione (e, dunque, avrebbe potuto adeguatamente prepararsi sul punto).

Essa, infatti, nella parte in fatto del ricorso introduttivo (pag. 5), riporta i contenuti della propria comunicazione alla stazione appaltante del 22 aprile 2022, precisando che “L’intervenuta aggiudicazione del servizio e la successiva stipula del contratto relativamente a detto lotto 2 non costituisce pertanto acquiescenza rispetto all’aggiudicazione del lotto 1 in favore della controinteressata Cirfood, e la Dussmann mantiene intatto – com’è ovvio- l’interesse a proporre il presente ricorso avverso detto provvedimento al fine di ottenere l’affidamento a sé dell’appalto relativamente al lotto 1”.

Orbene, se tale dichiarazione, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellata, non snatura certamente la valenza di eccezione del rilievo di acquiescenza da questa formulato nei propri atti difensivi di primo grado, essa nondimeno vale a corroborare la considerazione della correttezza della scelta discrezionale del Tribunale di non concedere il termine di replica per iscritto, trattandosi comunque di una questione sulla quale la società era già allertata ed in grado di ben prepararsi pur nei tempi ristretti della trattazione cautelare della controversia.

Il primo motivo è, pertanto, infondato.

Con il secondo motivo di appello Dussmann Service s.r.l. lamenta: Error in iudicando in relazione all’acquiescenza- violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.- Violazione dell’articolo 1, comma 3, della Direttiva 2007/66/CE.

Con tale mezzo di gravame la sentenza n. 134/2022 del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento viene censurata laddove ha pronunciato l’inammissibilità del ricorso di primo grado, ritenendo che Dussmann avesse prestato acquiescenza tacita al provvedimento di aggiudicazione del lotto 1 alla Cirfood.

La società appellante rileva che il primo errore in cui è incorsa la pronuncia di primo grado è stato quello di porre alla base del proprio ragionamento la mancata impugnazione del disciplinare di gara, nella parte in cui disponeva che i partecipanti alla procedura potessero aggiudicarsi un numero limitato di lotti.

Deduce in proposito che tale limitazione è del tutto irrilevante rispetto al proprio interesse di aggiudicarsi il lotto 1 e, pertanto, essa non è stata impugnata, in quanto non vale certamente ad escludere il diritto di un soggetto, che sia risultato aggiudicatario di un lotto, di proporre ricorso al fine di aggiudicarsi un altro lotto in alternativa, senza dover, per tale ragione, rinunciare preventivamente al lotto aggiudicato.

Tale rinuncia, infatti, nel rispetto ed in applicazione della lex specialis della procedura, deve e può essere effettuata successivamente, in caso di esito positivo del giudizio, quando l’operatore economico dovesse effettivamente risultare aggiudicatario di due lotti incompatibili.

Evidenzia ancora l’erroneità della sentenza, in quanto essa avrebbe dovuto porre a precipuo fondamento della propria decisione la nota da essa inviata alla stazione appaltante in data 22 aprile 2022, laddove precisava che “la stipula del contratto relativo al lotto 2 non costituisce acquiescenza di Dussmann all’aggiudicazione del lotto 1”, preannunziandosi l’eventuale proposizione di un ricorso avverso l’aggiudicazione di tale lotto, all’esito della definizione di altro giudizio diretto ad ottenere l’accesso agli atti di gara.

Questa era stata, dunque, la sua unica manifestazione di volontà prima della stipula del contratto e, dunque, per modificarne la portata, non sarebbe stato sufficiente un mero comportamento.

La stipula del contratto per il lotto 2 ed il successivo avvio dei lavori, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, non potevano essere considerati una implicita manifestazione di volontà idonea a superare il contenuto della nota del 22 aprile.

Non erano, infatti, necessarie, all’atto della sottoscrizione del contratto, né la formulazione di una riserva connessa al proprio interesse all’aggiudicazione del lotto 1, né tantomeno una pretesa di inserimento nel contratto di una clausola risolutiva espressa in proprio favore o di un diritto di recesso in caso di esito favorevole del contenzioso; evidenziando, inoltre, che, in favore dell’acquiescenza, non deponeva affatto la circostanza che fosse stato concordato con la stazione appaltante che la sottoscrizione del contratto sarebbe avvenuta nel rispetto della disciplina della lex specialis che imponeva un numero massimo di lotti aggiudicabili.

Quanto al primo profilo, essa rileva che l’inserimento di una riserva espressa non era necessaria, atteso che, già con la nota del 22-4-2022, si era “riservata di impugnare l’aggiudicazione”, aggiungendo che “In caso di esito positivo, la Dussmann opterà per l’aggiudicazione, stipula del contratto e gestione del servizio del lotto 1, rinunciando – ove necessario – al contratto relativo al lotto 2, quindi recedendo liberamente da quest’ultimo”.

D’altra parte, la riserva di impugnazione del lotto 1 era proprio espressione della regola di limitazione e di prevalenza dei lotti in caso di doppia aggiudicazione, posta dall’articolo 3 del disciplinare.

Orbene, tale regola deve operare sia in caso di aggiudicazione di due lotti incompatibili all’esito dell’ordinaria procedura di gara sia nel caso in cui la doppia aggiudicazione consegua all’esito di un ricorso giurisdizionale.

In caso contrario, si avrebbe una violazione, oltre che del principio di uguaglianza, anche del diritto di difesa sancito dall’articolo 24 della Costituzione, nonché dell’articolo 1, comma 3, della direttiva 89/65/CEE, secondo cui “Gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione”.

Tra l’altro, ove la stessa non avesse sottoscritto il contratto per il lotto 2, si sarebbe resa inadempiente all’obbligo di stipulazione e APSS avrebbe dovuto procedere alla revoca dell’aggiudicazione, all’incameramento della cauzione ed alla segnalazione ad ANAC.

Ove si desse credito al ragionamento di APSS, recepito dalla sentenza impugnata, il comportamento dilatorio dell’amministrazione nel rilasciare la documentazione di cui si era chiesto l’accesso e la richiesta da parte di questa di stipulare il contratto per il lotto 2 sortirebbero l’effetto di privare Dussmann del proprio diritto di tutela in sede giurisdizionale.

A dire dell’appellante, poi, non era necessario, ad evitare la ritenuta acquiescenza, che essa avrebbe dovuto pretendere l’inserimento nel contratto, in suo favore, di una clausola risolutiva espressa o del diritto di recesso in caso di esito vittorioso del giudizio.

Evidenzia in proposito che la lex specialis contiene uno schema di contratto, che non poteva essere modificato per volontà di un concorrente, violandosi altrimenti la par condicio.

Non rileverebbe, infine, il presunto accordo con la stazione appaltante che la sottoscrizione del contratto sarebbe avvenuta nel rispetto della lex specialis, che imponeva un numero massimo di lotti aggiudicabili.

La circostanza riferita in sentenza sarebbe errata, in quanto detta pattuizione si limitava semplicemente a prendere atto che l’aggiudicazione del lotto 2 a Dussmann veniva disposta solo perché la prima graduata (Pulinet) si era aggiudicata anche i lotti 3 e 4 e, dunque, in applicazione della clausola limitativa, non poteva essere destinataria anche del lotto 1.

Essa, di conseguenza, alcuna attinenza avrebbe con l’aggiudicazione del lotto 1 del quale è controversia.

Non risulterebbe, inoltre, decisiva la circostanza, valorizzata dal Tribunale amministrativo, che il mancato inserimento di una clausola risolutiva espressa determinerebbe, in caso di recesso dal lotto 2, la risoluzione del contratto per inadempimento, la perdita dei requisiti di carattere generale previsti dall’articolo 80, comma 5, lett. c) del Codice e, dunque, l’impossibilità di aggiudicarsi il lotto 1.

Difatti, ottenere l’aggiudicazione per il tramite di un giudizio è un diritto inviolabile sancito a livello costituzionale, onde il diritto di difesa non può essere né subordinato né condizionato.

Il motivo di appello è fondato.

E tanto per le ragioni che di seguito si svolgono.

La Sezione rileva preliminarmente la piena condivisibilità dei principi giurisprudenziali richiamati nella sentenza del Tribunale in materia di acquiescenza e che vengono nella suddetta pronuncia come di seguito illustrati.

“…secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, IV, 4 dicembre 2013, n. 5775; id., Sez. V, 8 novembre 2012, n. 5694; id., Sez. VI, 19 marzo 2015, n. 1417)…, l’acquiescenza – intesa come accettazione espressa o tacita del provvedimento amministrativo lesivo, con conseguente estinzione del diritto di agire in giudizio – si configura soltanto in presenza di una condotta, da parte dell’avente titolo all’impugnazione, libera ed inequivocabilmente diretta a manifestare la volontà di non contestare più l’assetto di interessi definito dall’Amministrazione mediante il provvedimento lesivo; pertanto il relativo accertamento, in quanto incidente sul fondamentale diritto alla tutela giurisdizionale, deve essere accurato ed esauriente e svolgersi su tutti i dati fattuali che hanno caratterizzato la dichiarazione negoziale, dalla quale deve risultare senza alcuna incertezza la presenza di una chiara intenzione definitiva di non rimettere in discussione l’atto lesivo”.

Ritiene, peraltro, la Sezione che i richiamati principi non siano stati correttamente applicati dal giudice di primo grado, evidenziandosi in proposito che la condotta della società appellante non palesa affatto, pur nella dovuta considerazione degli elementi valorizzati dal Tribunale, la definitiva intenzione dell’operatore economico di accettare l’aggiudicazione del lotto 1 dell’appalto in contestazione in favore della controinteressata Cirfood s.c.

E valga il vero.

Ad escludere l’acquiescenza al provvedimento impugnato rileva in primo luogo l’espressa volontà contraria manifestata da Dussmann Service s.r.l. con la nota del 22 aprile 2022, inviata alla stazione appaltante a seguito della disposta aggiudicazione in suo favore del lotto 2, avvenuta con il verbale di seduta di gara pubblica del 14-2-2022, ed a seguito di mail della APSS del 13-4-2022, con la quale si richiedeva la sottoscrizione del contratto.

In tale nota Dussmann comunica all’azienda sanitaria “che la stipula del contratto relativo al lotto 2 non costituisce acquiescenza di Dussmann all’aggiudicazione del lotto 1. Per quest’ultimo lotto è pendente il giudizio per ottenere l’offerta tecnica della prima classificata, e dopo l’auspicata ostensione documentale e la relativa analisi, Dussmann stessa si riserva di impugnare l’aggiudicazione del lotto 1. In caso di esito positivo di quell’eventuale futuro giudizio, la Dussmann opterà per l’aggiudicazione, stipula del contratto e gestione del servizio del lotto 1, rinunciando – ove necessario – al contratto relativo al lotto 2, quindi recedendo liberamente da quest’ultimo”.

Dalla piana lettura della suddetta nota si evince chiaramente la volontà dell’operatore economico di non volere prestare, con la stipulazione del contratto relativo al lotto 2, per la quale manifesta disponibilità, acquiescenza alla aggiudicazione del lotto 1 alla Cirfood, riservandosi espressamente la proposizione di ricorso giurisdizionale all’esito della positiva definizione del giudizio di accesso finalizzato ad ottenere l’ostensione dell’offerta tecnica di tale società.

Risultando la predetta volontà espressa nell’ambito della vicenda amministrativa e negoziale relativa alla stipulazione del contratto per il lotto 2, in quanto palesata alla stazione appaltante dopo che la stessa l’aveva a tanto invitata, deve ritenersi che, avendo l’operatore economico già dichiarato di riservarsi l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione del lotto 1, egli non doveva affatto rinnovare, in sede di stipulazione del contratto, tale riserva di impugnazione e la dichiarazione di non acquiescenza.

La suddetta nota, invero, risulta datata 22-4-2022 ed è stata, dunque, trasmessa alla stazione appaltante nello stesso giorno in cui Dussmann ha restituito a questa il contratto sottoscritto (vedasi in proposito pag. 20 della memoria difensiva di APSS), onde non è revocabile in dubbio, anche per tale elemento di contestualità, che la dichiarazione di non accettazione dell’aggiudicazione del lotto 1 in favore della Cirfood si collegava alla stipula del contratto per il lotto 2 e che tale stipula alcuna rinuncia comportava al suo diritto all’impugnazione della prefata aggiudicazione.

D’altra parte, tra la predetta dichiarazione e la stipulazione del contratto per il lotto 2, avvenuta in data 2-5-2022, non risultano essersi verificati eventi tali da richiedere una espressa conferma di tale volontà da parte dell’operatore economico.

Come risulta dalla documentazione prodotta in giudizio da APSS, invero, in tale lasso temporale vi era stato solo uno scambio di corrispondenza, finalizzato alla completa restituzione della documentazione contrattuale da parte di Dussmann, ma non anche situazioni tali che potessero togliere valenza alla dichiarazione di non acquiescenza già prodotta dalla società.

Non assume in proposito rilevanza la circostanza che il giudizio di accesso agli atti instaurato da Dussmann fosse stato nelle more per la stessa favorevolmente definito (con sentenza del TRGA del 28-4-2022), sì da poter ritenere che la riserva di impugnazione dovesse essere reiterata o inserita in contratto, considerandosi in proposito che la materiale ostensione dei documenti relativi alla controinteressata Cirfood è avvenuta solo successivamente alla stipula effettiva del contratto per il lotto 2 (precisamente in data 3-5-2021, quando il contratto era già stato stipulato il 2-5-2022).

Ritiene ancora il Collegio che, in presenza di una espressa manifestazione di volontà di non acquiescenza come rappresentata nella nota del 22-4-2022 ed in mancanza di elementi idonei a fondarne una sopravvenuta inefficacia, non vi era necessità per l’operatore economico di richiedere alla stazione appaltante l’inserimento di una clausola di riserva ovvero di recesso nel contratto che si andava a stipulare; imponendosi, al contrario, alla stazione appaltante l’iniziativa diretta alla previsione di clausole che condizionassero la stipula e l’efficacia del contratto ad una previa rinunzia all’impugnazione dell’aggiudicazione per il lotto 1, la quale solo avrebbe potuto escludere rilevanza alla manifestazione di volontà palesata da Dussmann nella nota del 22-4-2022.

Sicchè, contrariamente a quanto ritenuto nella gravata sentenza, sia la stipula del contratto sia l’avvenuto avvio della sua esecuzione non possono essere ritenuti comportamenti indicativi di una tacita acquiescenza dell’operatore economico alla aggiudicazione del lotto 1 alla controinteressata Cirfood.

Sotto tale profilo, la Sezione osserva ancora che non è idonea a manifestare acquiescenza la circostanza, riferita nella decisione di primo grado, che Dussmann “ha addirittura testualmente concordato con la stazione appaltante che la sottoscrizione del predetto contratto avveniva ‘in virtù della clausola di aggiudicazione dei singoli lotti in gara prevista dal paragrafo 3 (tre) del disciplinare di gara e in considerazione dell’aggiudicazione ad altro operatore economico diverso dall’odierno appaltatore del lotto 1’”.

Invero, tale clausola contrattuale, lungi dal palesare una rinunzia di Dussmann ad impugnare l’aggiudicazione del lotto 1 ed a manifestare acquiescenza alla regolazione degli interessi operata con la suddetta aggiudicazione, va letta, in presenza della pregressa comunicazione del 22-4-2022, con una portata assolutamente diversa.

Ed, invero, la previsione che “le parti si danno espressamente e reciprocamente atto che l’aggiudicazione all’appaltatore del lotto oggetto del presente contratto è stata effettuata esclusivamente in virtù della clausola di limitazione dell’aggiudicazione dei singoli lotti in gara prevista dal paragrafo 3 (tre) del disciplinare di gara” sta unicamente a significare che l’aggiudicazione del lotto 2 a Dussman, pur non essendo essa prima graduata all’esito della gara, deriva dalla circostanza che lo stesso non poteva essere aggiudicato alla prima (Pulinet), essendo questa prima graduata anche nei lotti 3 e 4, che, in virtù della predetta clausola limitativa (che non consentiva l’affidamento di più di due lotti), dovevano esserle affidati in ragione della loro preminente rilevanza economica.

L’ulteriore inciso della clausola contrattuale “e in considerazione dell’aggiudicazione ad altro operatore economico diverso dall’odierno appaltatore del lotto 1”, significa, invece, che, in ragione sempre della predetta clausola limitativa (la quale prevedeva che “l’aggiudicatario del lotto 1 non può vedersi aggiudicato nessun altro lotto”), l’aggiudicazione del lotto 2 era possibile per la Dussmann in quanto l’aggiudicazione del lotto 1 (che impediva l’affidamento di altri lotti) era avvenuta in favore di diverso operatore economico.

Dunque, la clausola contrattuale invocata, lungi dall’esprimere la volontà di Dussmann di rinunziare all’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione del lotto 1 e di prestarvi acquiescenza rappresenta, in assenza di ulteriori specificazioni ed alla luce della pregressa dichiarazione del 22-4-2022, unicamente le circostanze che, in applicazione delle regole contenute nella lex specialis di gara, giustificavano il legittimo affidamento del lotto 2 a Dussmann e la stipula del relativo contratto.

Deve, poi, essere evidenziato, procedendo in tal modo nell’ulteriore esame della sentenza di primo grado, che la clausola limitativa di cui al richiamato paragrafo 3 del disciplinare di gara non limitava affatto il diritto dell’odierna parte appellante di impugnare l’aggiudicazione del lotto 1 ad altra ditta né le imponeva, a tal fine, una previa rinunzia alla stipula del contratto per il lotto 2; con la conseguenza di poter desumere in modo inequivocabile da detta stipula e dall’avvio dell’esecuzione dell’appalto una acquiescenza.

Vi è, invero, che, avendo la Dussmann partecipato alla gara per il lotto 1 classificandosi al secondo posto, il suo diritto alla tutela giurisdizionale comporta certamente la possibilità di impugnare l’avvenuta aggiudicazione ad altra ditta, ove la stessa ne ritenga l’illegittimità.

Risultando in tal modo le sue ragioni sottoposte a verifica giurisdizionale e discendendo dagli esiti di tale verifica l’agognata aggiudicazione del lotto 1, non era alla stessa preclusa, nelle more del relativo giudizio, la possibilità di stipulazione del contratto relativo al diverso lotto 2, che, in base alle regole di gara, era stato alla stessa aggiudicato.

Difatti, la preclusione al conseguimento di tale lotto sarebbe derivata solo dall’esito a lei favorevole dell’avviando contenzioso per il lotto 1 e parimenti solo da questo sarebbe derivata l’aggiudicazione di tale ultimo lotto (incompatibile con l’aggiudicazione di ulteriori lotti).

In presenza (o in prospettiva) di un contenzioso giurisdizionale, dai cui esiti deriva la definitiva regolazione dei risultati di gara, non può predicarsi l’applicazione della clausola limitativa prevista dal disciplinare negli stessi termini che essa imporrebbe in caso di esito favorevole del giudizio alla Dussman; dovendo, al contrario, essa essere applicata allo stato degli atti, in relazione alla perdurante efficacia degli stessi prima di un eventuale annullamento dell’aggiudicazione del lotto 1 da parte del giudice.

Sicchè, legittimamente Dussmann può impugnare l’aggiudicazione del lotto 1 nell’esercizio del suo diritto alla tutela giurisdizionale e, nel contempo, stipulare il contratto per il lotto 2 aggiudicato sulla base delle regole di gara, senza che tale stipula costituisca comportamento acquiescente al provvedimento di aggiudicazione del lotto 1 e senza che determini allo stato incompatibilità alcuna.

Ciò in quanto solo il futuro ed eventuale esito ad essa favorevole del contenzioso (con la conseguente aggiudicazione del lotto 1) le precluderebbe l’affidamento del lotto 2, il cui servizio nelle more essa legittimamente presta per non essere allo stato aggiudicataria del primo.

Pertanto, non può correttamente affermarsi che la stipula del contratto per il lotto 2 comporta acquiescenza al provvedimento di aggiudicazione del lotto 1 con conseguente estinzione del diritto di agire in giudizio contro di esso, in quanto, in applicazione della clausola limitativa, il contratto per il lotto 2 andrebbe necessariamente risolto con conseguenze sanzionatorie per l’impresa.

Vi è, invero, che, allo stesso modo in cui il contratto per il lotto 2 è stato nell’attualità stipulato in applicazione della clausola limitativa prevista dal disciplinare, così, sempre in applicazione della lex specialis di gara, in caso di favorevole esito del contenzioso ed aggiudicazione del lotto 1, a Dussmann sarebbe sottratto il lotto 2.

Tale effetto, quindi, non potrebbe qualificarsi come risoluzione per inadempimento (per escludere il quale la stipula del contratto per il lotto 2 configura necessariamente una condotta di acquiescenza tacita), ma discenderebbe piuttosto dalla pronunzia giurisdizionale e, in definitiva, dalla corretta applicazione delle regole di gara e della clausola limitativa.

Come condivisibilmente affermato dall’appellante, quest’ultima deve sempre trovare applicazione nella regolazione della procedura e dei suoi esiti, sia quando tanto avvenga nel fisiologico svolgimento del procedimento amministrativo sia quando le sue risultanze siano state corrette da una pronuncia giurisdizionale.

Non merita, pertanto, condivisione la sentenza appellata laddove rileva che “stante la (non contestata) disciplina posta dal paragrafo 3 del disciplinare di gara, che preclude l’affidamento congiunto del lotto 1 e del lotto 2 –a seguito della decisione della stazione appaltante di aggiudicare il lotto 1 alla controinteressata Cirfood e il lotto 2 alla società ricorrente- quest’ultima, a prescindere da quanto dichiarato nella predetta nota del 22 aprile 2022, era tenuta ad operare, in piena libertà, la seguente scelta: A) perseguire l’interesse ad aggiudicarsi il lotto 1, mediante l’impugnazione degli atti in epigrafe indicati e la concomitante rinuncia a sottoscrivere il contratto di appalto relativo al lotto 2; B) oppure sottoscrivere il contratto d’appalto relativo al lotto 2, così rinunciando alla possibilità di aggiudicarsi il lotto 1 in caso di esito favorevole dell’impugnazione”.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, dunque, la Sezione ritiene che non è configurabile nel comportamento di Dussmann “acquiescenza tacita” ai provvedimenti di APSS oggetto di impugnazione e che, pertanto, il secondo motivo di appello è fondato e merita accoglimento, con conseguente riforma della sentenza del TRGA, laddove ha pronunciato l’inammissibilità del ricorso di primo grado.

La ritenuta fondatezza dell’appello e la conseguente riforma della sentenza gravata impongono alla Sezione, in ragione dell’effetto devolutivo dell’appello, l’esame nel merito del ricorso di primo grado e dei motivi in esso articolati, espressamente riproposti nella presente sede di appello.

Il ricorso non è meritevole di accoglimento per le ragioni che di seguito si espongono.

Con il primo motivo Dussmann Service s.r.l. lamenta: Omessa pronuncia: violazione dell’articolo 24 del Capitolato Speciale dell’appalto e dell’articolo 59, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 – carenza di un elemento minimo essenziale dell’offerta.

Essa rileva che l’offerta di Cirfood avrebbe dovuto essere esclusa per avere presentato un’offerta difforme dalle prescrizioni tecniche minime essenziali previste dalla legge di gara, evidenziando il mancato rispetto dell’articolo 24 del Capitolato speciale, che imponeva la presenza di un dietista per l’intera durata del servizio.

Rileva in proposito che, per come risulta dall’allegato “organico complessivo previsto” presentato da Cirfood, essa ha offerto la presenza di tale figura per 40 ore alla settimana per un totale di 1691 ore annue (dal lunedì al venerdì, per otto ore giornaliere dalle 7, 30 alle 15, 30). In tal modo, dividendo il numero di ore complessive annue previste, pari a 1691, per le 40 ore settimanali, consegue la copertura di sole 42, 2 settimane, anziché 52, 2 settimane che compongono l’annualità lavorativa.

Nonostante la mancata copertura integrale, Cirfood non avrebbe previsto alcuna sostituzione per sopperire alle dieci settimane di assenza.

Deduce che la previsione dell’articolo 24 del Capitolato configura una condizione minima per l’esecuzione del contratto e, pertanto, essendosi di fronte ad un’offerta irregolare, non rispettosa dei documenti di gara, essa avrebbe dovuto essere esclusa; non rileverebbe in proposito la mancanza di una espressa comminatoria di esclusione, in quanto si è di fronte a un’offerta non conforme alle caratteristiche minime essenziali previste dalla stazione appaltante ed è, dunque, sufficiente, ai fini dell’esclusione, il riscontro della difformità dell’offerta rispetto alle specifiche tecniche richieste dalla lex specialis, che abbiano per l’amministrazione un valore essenziale.

Il mezzo di gravame non è meritevole di favorevole considerazione.

Occorre in proposito preliminarmente richiamare i principi affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in tema di distinzione tra requisiti di partecipazione alla gara e requisiti di esecuzione dell’appalto.

E’ stato in proposito affermato (cfr., da ultimo, Cons. Stato, V, 7-3-2022, n. 1617) che i secondi costituiscono “elementi caratterizzanti la fase esecutiva del servizio” (Cons. Stato, V, 18-12-2017, n. 5929; V, 17-7-2018, n. 4390; V, 24-5-2017, n. 2433; V, 8-3-2017, n. 1094), ossia i “mezzi (strumenti, beni e attrezzature) necessari all’esecuzione della prestazione promessa alla stazione appaltante” (Cons. Stato, V, 18-12-2020, n. 8159), in tal modo distinguendoli dai primi, che sono invece necessari per accedere alla procedura di gara, in quanto requisiti generali di moralità (ex art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016) e requisiti speciali attinenti ai criteri di selezione (ex art. 83 del d.lgs. n. 50/2016).

Mentre il possesso dei requisiti di partecipazione è richiesto al concorrente fin dal momento di presentazione dell’offerta, i requisiti di esecuzione sono, di regola, condizioni per la stipulazione del contratto di appalto (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 30-9-2020, n. 5740; 12-2-2020, n. 1071), ma ben possono essere essi considerati nella lex specialis come elementi dell’offerta, a volte essenziali (cfr. Cons. Stato, V, 3-4-2019, n. 2190), più spesso idonei all’attribuzione di un punteggio premiale (Cons. Stato, 25-3-2020, n. 2090).

La giurisprudenza ha, poi, chiarito che la concreta regolamentazione dei requisiti di esecuzione deve essere rinvenuta nella lex specialis.

Pertanto, ove richiesti quali elementi essenziali dell’offerta o per l’attribuzione di un punteggio premiale, la loro mancanza al momento di partecipazione alla gara comporta, rispettivamente, l’esclusione dalla stessa o la mancata assegnazione del punteggio premiale; se, invece, richiesti come condizione per la stipulazione del contratto, la loro mancanza rileva al momento dell’aggiudicazione o al momento fissato dalla legge di gara per la relativa verifica e comporta la decadenza dall’aggiudicazione, per l’impossibilità di stipulare il contratto addebitabile all’aggiudicatario.

Quanto ai contenuti della lex specialis di gara, è stata, poi, ritenuta (cfr. Cons. Stato, V, 7-3-2022, n. 1617) l’applicabilità del principio giurisprudenziale – posto a salvaguardia dell’attendibilità delle offerte e della serietà della competizione, nonché dell’efficienza ed economicità dell’azione amministrativa – secondo il quale, in caso di incertezza interpretativa, va preferita un’interpretazione delle clausole del bando nel senso che i mezzi e le dotazioni funzionali all’esecuzione del contratto devono essere individuati già al momento della presentazione dell’offerta, con un impegno del concorrente ad acquisirne la disponibilità a carattere vincolante (cfr. Cons. Stato, V, 25-3-2020, n. 2090; V, 23-8-2019, n. 5806) ovvero compiutamente modulato dalla stazione appaltante quanto alla serietà e modalità della sua assunzione o alle condizioni e ai termini di adempimento dell’obbligazione futura (cfr. Cons. Stato, V, n. 8159/2020 e n. 2090/2020).

Tanto premesso in ordine ai principi giurisprudenziali regolatori della materia, deve essere ora individuata la concreta natura del contestato requisito relativo alla figura del dietista, alla luce delle disposizioni della legge di gara, verificando se vi sia stata una violazione di queste da parte di Cirfood e, in caso positivo, se a tale violazione possa conseguire la sanzione espulsiva dalla procedura, come preteso da Dussmann.

In proposito, va in primo luogo considerata la disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 5, del Capitolato speciale di gara- Parte tecnica, la quale prevede che “le disposizioni contenute nel presente capitolato sono considerate requisiti minimi inderogabili, pena esclusione. Si precisa inoltre che in fase di esecuzione, qualora l’offerta tecnica abbia un contenuto migliorativo, l’obbligazione contrattuale farà riferimento a quest’ultimo”.

Orbene, il Collegio ritiene che tale previsione, di contenuto generale e riferita ad ogni prescrizione del capitolato, debba essere interpretata secundum legem e, in particolare, alla luce della norma contenuta nel comma 8 dell’articolo 83 del Codice, secondo cui “ Le stazioni appaltanti indicano le condizioni di partecipazione richieste, che possono essere espresse come livelli minimi di capacità, congiuntamente agli idonei mezzi di prova, nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse ed effettuano la verifica formale e sostanziale delle capacità realizzative, delle competenze tecniche e professionali, ivi comprese le risorse umane, organiche all’impresa, nonché delle attività effettivamente eseguite”; disponendosi, altresì, che “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste nel presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.

In presenza, dunque, di una clausola generale di esclusione, come quella di cui al richiamato articolo 1, comma 5, del Capitolato, non ogni violazione di qualsiasi prescrizione dello stesso conduce alla espulsione dalla procedura, ma solo il mancato rispetto di quelle che, nella lettura complessiva della lex specialis, vengano, in ragione della loro essenzialità per il servizio richiesto dalla stazione appaltante, a configurare veri e propri elementi essenziali dell’offerta.

Ciò posto, occorre a questo punto esaminare l’articolo 24 del suddetto Capitolato tecnico (rubricato “Personale impiegato nel servizio”), laddove è contemplata la figura del dietista.

Il comma 5 così dispone: “E’ prevista la figura di un dietista (in possesso di titolo di laurea triennale o di diploma universitario conseguito ai sensi dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. 30.12.1992, n. 502 o titolo equipollente ai sensi del DM del 27 luglio 2000 e DM del 10 luglio 2002 fermo il rispetto di quanto indicato in offerta tecnica), che assume il ruolo di referente dell’appaltatore nei confronti del Servizio di Dietetica e Nutrizione Clinica e del Nucleo Qualità Ristorazione per tematiche nutrizionali riguardanti l’appalto (in particolare di qualsiasi variazione inerente la tipologia delle diete, la gestione del merceologico, le non conformità sugli aspetti sia igienico-sanitari che di qualità o relative alle caratteristiche organolettiche dei piatti). All’avvio del servizio deve essere prodotto il Curriculum vitae da cui risulti il possesso dell’esperienza dichiarata in sede di offerta tecnica. Detta figura deve essere presente presso il Presidio ospedaliero Santa Chiara per almeno quattro ore giornaliere dal lunedì al venerdì e deve, inoltre, garantire una ulteriore disponibilità oraria nei momenti di particolare necessità, come per esempio in occasione della redazione dei menù in occasione del passaggio menù estivo- menù invernale e viceversa. Tale figura deve inoltre garantire la copertura di analoghe funzioni anche presso le altre strutture oggetto dell’appalto, assicurando la presenza nei modi e nei tempi ritenuti idonei dall’appaltatore”.

Dalla lettura del suddetto comma 5 emerge certamente che la presenza di un dietista qualificato, nell’organico dell’impresa, è requisito essenziale dell’offerta tecnica e, dunque, come tale, da possedersi, a pena di esclusione, fin dal momento della presentazione dell’offerta.

La norma, poi, riferisce il tempo lavorativo minimo che tale figura deve assicurare, indicandolo in quattro ore giornaliere dal lunedì al venerdì nel Presidio ospedaliero Santa Chiara, oltre a una ulteriore disponibilità oraria nei momenti di particolare necessità, con garanzia di copertura di analoghe funzioni anche presso le altre strutture oggetto dell’appalto, “assicurando la presenza nei modi e nei tempi ritenuti idonei dall’appaltatore”.

Ciò che è, dunque, richiesto in termini essenziali dal Capitolato è la presenza di tale figura, che certamente deve essere continuativa per tutta la durata del servizio, assicurando la disponibilità oraria minima da essa contemplata.

Orbene, se è vero che Cirfood nella propria offerta tecnica (v. allegato “organico complessivo previsto”) contempla una prestazione lavorativa di otto ore giornaliere dal lunedì al venerdì per 40 ore settimanali e per 1691 ore annue, nondimeno per tale ragione non è possibile assicurare il servizio, così come richiesto dalla stazione appaltante, per l’intera annualità lavorativa (52, 2 settimane).

Ed, invero, il numero delle ore complessivamente offerto da Cirfood (1691) consente comunque di coprire il servizio per l’intera annualità lavorativa con quattro ore di presenza giornaliera come richiesto nel capitolato, per complessive n. 1044 ore, con una eccedenza, rispetto a quanto richiesto in termini di prestazione minima, di n. 647 ore, che possono ben essere impiegate per sopperire alle esigenze straordinarie indicate dal medesimo documento di gara e garantire la copertura di analoghe funzioni anche presso le altre strutture oggetto dell’appalto.

In presenza del suddetto monte orario previsto di 1691 ore complessive, il requisito essenziale della lex specialis di gara risulta essere comunque soddisfatto dall’offerta di Cirfood, degradando, di conseguenza, la concreta articolazione dell’orario di lavoro del dietista a mero profilo esecutivo della prestazione, che ben può essere modulato dalla stazione appaltante secondo le proprie esigenze nel corso dello svolgimento del rapporto, senza che per questo l’aggiudicataria possa dirsi ab origine carente di un requisito tecnico essenziale.

Deve, infine, essere sottolineato, a sostegno dell’infondatezza del mezzo di gravame proposto, che in ogni caso Cirfood ha previsto in offerta (pag. 37 della Relazione tecnica) il ricorso ad una “Squadra Jolly”, nella quale compaiono anche 2 dietiste, destinata ad intervenire “in situazioni di improvvisa assenza di colleghi in servizi ospedalieri”, dimostrando in tal modo l’adozione di ogni utile misura per garantire una continuativa presenza, nell’esecuzione dell’appalto, della specifica figura della quale si controverte.

Il primo motivo del ricorso di primo grado, così come riproposto in appello, è, pertanto, infondato.

Con il secondo motivo Dussmann Service lamenta: Omessa pronuncia: violazione dell’articolo 97 del d.lgs. n. 50/2016 – eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei presupposti di fatto, violazione del principio di concorrenza, ingiustizia e illogicità manifeste.

Deduce in proposito che Cirfood avrebbe dovuto essere esclusa per aver modificato, nel corso del subprocedimento di verifica dell’anomalia, la composizione della propria offerta economica, variando e rimodulando rilevanti voci di costo, per mezzo di una scomposizione e di una ricomposizione delle stesse, e per avere conseguentemente presentato giustificazioni inattendibili.

Rileva che Cirfood, in data 25 -11-2021, aveva presentato prime giustificazioni, in cui (tabella a pag. 2) aveva indicato: -un costo di gestione del centro cottura pari ad euro 1.545.182, 22; - oneri finanziari pari ad euro 192.588, 10; - spese generali pari ad euro 1.396.206, 37; - un utile di impresa pari ad euro 600.700, 74.

A pagina 4 delle giustificazioni, essa aveva illustrato solo alcune voci, suddividendole in sotto-voci (costo per il canone d locazione pari ad euro 324.000, 00; costo per le utenze pari ad euro 837.564, 00; costo per la manutenzione del solo centro cottura pari ad euro 161.953, 29), senza peraltro indicare a quali macro-voci facessero riferimento le stesse.

A seguito della richiesta di ulteriori chiarimenti da parte della stazione appaltante, Cirfood, in data 21-12-2021, forniva nuove giustificazioni, modificandone l’impostazione.

Da una parte, indicava che: -la manutenzione complessivamente intesa ammontava a euro 1.221.182, 22; -il canone di locazione ammontava ad euro 324.000, 00; - la manutenzione riferita al solo centro cottura a euro 161.953, 29.

Dall’altra, però, rimodulava in modo del tutto differente i propri costi e presentava una nuova tabella degli stessi (pag. 4) in cui indicava: - il costo per divise, formazione del personale e rimborsi spese, quantificato in euro 299.390, 00 (mentre nelle precedenti giustificazioni il solo costo di formazione del personale era pari ad euro 306.197, 80); - il costo per l’ammortamento e gli oneri finanziari in misura complessivamente pari ad euro 2.010.702, 20 (mentre nelle precedenti giustificazioni i due costi, sommati tra loro, erano pari ad euro 1.941.408, 23 e, cioè, 1.748.820, 13 per l’ammortamento e euro 192.588, 10 per gli oneri finanziari); - non meglio specificati ‘costi variabili’ pari ad euro 1.802.055, 32, non previsti nelle prime giustificazioni; - non meglio specificati ‘costi diretti’ pari ad euro 306.824, 98 , non previsti nelle prime giustificazioni; - un costo per locazione pari ad euro 421.200, 00 anziché a euro 324.000, 00.

Dussmann Service deduce, pertanto, l’inattendibilità delle giustificazioni, avendo Cirfood inammissibilmente modificato la composizione della propria offerta economica, variando e rimodulando rilevanti voci di costo, a mezzo di una scomposizione e ricomposizione della stessa.

Esse, invero, non assolvono alla funzione loro propria di chiarire la serietà, affidabilità e realizzabilità dell’offerta, ma, al contrario, ne manifestano una complessiva inattendibilità.

Il mezzo di gravame non merita accoglimento.

La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 2-5-2019, n. 2879; III, 29-1-2019, n. 726; V, 23-1-2018, n. 430) afferma che il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta non ha ad oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se, in concreto, l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile ed affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto; con la conseguenza che la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo.

Invero, l’esito della gara può essere travolto solo quando il giudizio negativo sul piano dell’attendibilità riguardi voci che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, rendano l’intera operazione economicamente non plausibile ed insidiata da indici di carente affidabilità a garantire la regolare esecuzione del contratto.

La valutazione di congruità costituisce, pertanto, espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della stazione appaltante renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 17-5-2018, n. 2953; V, 24-8-2018, n. 5047; III, 18-9-2018, n. 5444).

Deve, poi, essere considerato che, in sede di procedimento di verifica dell’anomalia, è pacificamente ammessa la progressiva riparametrazione, nella dialettica della fase giustificativa, dei parametri di costo, con compensazione delle precedenti sottostime e sovrastime, sia per porre rimedi ad originari errori di calcolo, sia, più in generale, in tutti i casi in cui l’entità dell’offerta economica rimanga immutata (cfr. Cons. Stato, V, sentt. n. 1874/2020, n. 4400/2019 e n. 4680/2017).

In particolare, è stato affermato (cfr. Cons. Stato, V, 2-8-2021, n. 5644) che è ammissibile una modificazione delle singole voci di costo, non solo in correlazione a sopravvenienze di fatto o di diritto, ma anche al fine di porre rimedio ad originari e comprovati errori di calcolo, sempre che resti ferma l’entità originaria dell’offerta economica, nel rispetto del principio dell’immodificabilità, che presiede la logica della par condicio tra i competitori; tale ammissibilità incontra (al di là della rigidità delle voci di costo inerenti gli oneri di sicurezza aziendale) il solo limite di una radicale modificazione della composizione dell’offerta che ne alteri l’equilibrio economico, allocando diversamente voci di costo nella sola fase delle giustificazioni; la riallocazione delle voci deve avere un fondamento economico serio allorchè incida sulla composizione dell’offerta, atteso che, diversamente, si perverrebbe all’inaccettabile conseguenza di consentire un’elusiva modificazione a posteriori della stessa, snaturando la funzione propria del subprocedimento di verifica dell’anomalia che è, per l’appunto, di apprezzamento globale dell’attendibilità dell’offerta.

Vi è, pertanto, che, nell’ambito del contraddittorio che va assicurato nel subprocedimento in questione, a fronte della immodificabilità dell’offerta sono tuttavia modificabili le relative giustificazioni, ed, in particolare, sono consentite giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purchè l’offerta risulti nel complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 15-11-2021, n. 7596; V, 8-6-2018, n. 3480; IV, 22-3-2013, n. 1633).

E’, dunque, possibile la modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo rispetto alle giustificazioni già fornite, come pure l’aggiustamento delle singole voci di costo, ferma restando l’entità dell’originaria offerta economica (cfr. Cons. Stato, V, 18-10-2021, n. 6957; V, 8-1-2019, n. 171; V, 10-10-2017, n. 4680).

Sul piano probatorio, infine, la giurisprudenza afferma che, qualora in sede giurisdizionale il ricorrente deduce l’inattendibilità dell’offerta per aspetti non specificamente presi in considerazione dalla stazione appaltante, legittimamente l’aggiudicatario può difendersi in giudizio provvedendo a giustificare tali voci in sede processuale (cfr. Cons. Stato, III, 14-11-2018, n. 6430; III, 15-2-2021, n. 1361).

Orbene, applicando alla fattispecie concreta oggetto del presente giudizio i sopra richiamati principi giurisprudenziali, le giustificazioni rese dalla controinteressata Cirfood nel subprocedimento di verifica dell’anomalia non risultano affette dai vizi di legittimità dedotti in ricorso, risultando le censurate modificazioni ammissibili, in quanto non incidenti sulla originaria entità dell’offerta economica e costituendo le stesse mera diversa qualificazione nominativa di costi rimasti nella sostanza immutati, al fine di una più coerente e logica rappresentazione degli stessi in categorie omogenee per dimostrare l’attendibilità dell’operazione economica proposta.

Deve in primo luogo essere evidenziato che l’offerta economica presentata da Cirfood è rimasta, pur a seguito delle giustificazioni rese alla stazione appaltante, immodificata nella sua originaria consistenza complessiva.

Invero, i costi complessivi riportati nella tabella di pagina 2 delle prime giustificazioni (totale) coincidono con quelli indicati nella tabella a pagina 4 delle seconde giustificazioni (ricavi- valore complessivo), riportandosi in entrambe l’importo di euro 30.378.366, 00.

Venendo a questo punto all’esame delle discordanze tra i primi ed i secondi giustificativi, evidenziate dalla società ricorrente nel motivo di ricorso in trattazione, va rilevato quanto segue.

Nei primi giustificativi gli oneri di formazione del personale ammontano ad euro 306.197, 60, mentre nei secondi giustificativi si indica il costo per divise, formazione del personale e rimborsi spese nell’importo inferiore di euro 299.390, 00.

La lamentata discrasia risulta, a giudizio del Collegio, inesistente, condividendosi al riguardo le argomentazioni difensive rese da Cirfood.

Nei primi giustificativi, infatti, l’importo di euro 306.197, 60 era stato inserito nella tabella 2 in due distinte macro-voci e, segnatamente, le ore di formazione previste dalla tabella ministeriale all’interno dei costi della “Manodopera”, mentre i costi per i corsi di formazione all’interno della voce “Spese generali”.

Nei secondi giustificativi, invece, le ore di formazione sono rimaste all’interno della voce “Costi della manodopera” (che rimane, infatti, invariata nella sua consistenza complessiva di euro 17.309.446, 16), mentre i costi per i corsi di formazione sono andati ad integrare una autonoma macro-voce, denominata “Divise/formazioni/rimborsi spese”, dell’importo di euro 299.390, 15.

I costi per gli oneri di formazione del personale rimangono, dunque, in entrambe le giustificazioni inalterati, subendo esclusivamente una diversa articolazione, di carattere non sostanziale ma meramente esplicativa.

Analoghe considerazioni devono svolgersi anche per l’ammortamento e gli oneri finanziari, indicati nelle seconde giustificazioni nella somma complessiva di euro 2.010.702, 20, a differenza delle prime giustificazioni, ove i due costi, sommati tra loro, davano un importo complessivo inferiore, pari ad euro 1.941.408, 23.

Cirfood condivisibilmente evidenzia nei propri scritti difensivi che la suddetta divergenza dipende dalla inclusione, nella macro-voce “Ammortamenti (compresi oneri finanziari)” dei secondi giustificativi, sia degli importi che nella tabella di pagina 2 delle prime giustificazioni risultavano indicati quali “Ammortamenti” (pari ad euro 1.7.48.820, 13) e “Oneri finanziari” (pari ad euro 192.588, 10), sia del costo di ammortamento del sistema informativo, pari ad auro 69.293, 97, che nelle prime giustificazioni risultava ricompreso nella voce “Spese generali”.

Conferma di tanto è, infatti, la somma aritmetica dei predetti tre importi, che conduce al risultato complessivo di euro 2.010.702, che è quello riportato nei secondi giustificativi nella macro-voce “Ammortamenti (compresi oneri finanziari)”.

Quanto alla lamentata discrasia, tra le prime e le seconde giustificazioni, relativa al “costo per la locazione”, che sarebbe stato indicato nel primo documento in euro 324.000, 00 e nel secondo in euro 421.200, 00, se ne rileva parimenti l’insussistenza.

Invero, come riportato nelle prime giustificazioni (v. tabella a pagina 4), la somma di euro 324.000, 00 è riferita al “canone di locazione” come componente dei “Costi di realizzazione del centro cottura”, mentre nelle seconde giustificazioni la complessiva somma di euro 421.200, 00 (v. tabella a pagina 4) riguarda la macro-voce “Canoni/affitti”, la quale è comprensiva non solo del canone di locazione del centro cottura (confermato in euro 324.000, 00 nella tabella di pagina 2) ma anche di ulteriori canoni, che Cirfood indica, nei propri atti difensivi, quali relativi alla locazione degli erogatori d’acqua.

Anche in questo caso, dunque, la diversità delle giustificazioni non concerne una inammissibile modifica delle voci di costo, ma unicamente una differente qualificazione ed aggregazione di costi rimasti nella sostanza invariati, i quali vengono diversamente qualificati per le finalità esplicative proprie del subprocedimento di verifica dell’anomalia.

Le stesse considerazioni vanno rese con riferimento alle macro-voci “Costi variabili” e “Costi diretti”, le quali sono presenti nei soli secondi giustificativi rispettivamente in euro 1.802.055, 32 ed euro 306.824, 98, mentre non compaiono nelle originarie giustificazioni.

Quanto alla prima, va osservato che, come condivisibilmente chiarito da Cirfood, essa ha sostituito la voce “Spese generali” dei primi giustificativi (la quale, infatti, non compare nei secondi) ed il maggior importo ad essa riferito (euro 1802.055, 32 in luogo di euro 1.396.206, 37 delle “spese generali” del primo documento) si giustifica in relazione all’inclusione in tale macro-voce anche del prezzo che l’impresa deve corrispondere al soggetto cui ha subappaltato il trasporto dei prodotti, nonché i costi fisiologicamente derivanti dall’esecuzione del contratto (quali utenze, analisi chimiche, HACCP, disinfestazione e quelli non prevedibili al momento della sottoscrizione del contratto).

La macro-voce “Costi diretti”, pari ad euro 306.824, 98, viene, nelle seconde giustificazioni, a ricomprendere ed a meglio dettagliare i costi relativi a fideiussioni, spese di registrazione contratto, amministrazione ed altro, che nei primi giustificativi erano stati ricompresi nella voce “Spese generali”.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, emerge, dunque, l’infondatezza del secondo motivo di gravame, atteso che le differenze rilevate nelle prime e nelle seconde giustificazioni risultano ammissibili quali differente qualificazione ed allocazione in funzione meramente esplicativa di costi rimasti nella loro consistenza comunque immutati.

Né può rilevarsi un difetto di istruttoria e di motivazione nell’operato della stazione appaltante, considerandosi che, per come innanzi chiarito, la valutazione di congruità dell’offerta in sede di verifica dell’anomalia ha natura globale e sintetica, risultando finalizzata all’accertamento dell’attendibilità ed affidabilità dell’offerta nel suo complesso e che, come affermato dalla giurisprudenza con indirizzo consolidato (cfr., ex multis, Cons. Stato, III, 20-7-2022, n. 6393; V, 18-11-2021, n. 7717), la valutazione favorevole delle giustificazioni dell’offerta sospetta di anomalia non richiede un particolare onere motivazionale, essendo richiesta una motivazione più approfondita solo laddove l’amministrazione ritenga di non condividere le giustificazioni offerte dall’impresa.

Allo stesso modo, non risultano nella presente sede prive di rilevanza le argomentazioni spese dalla controinteressata Cirfood nei propri scritti difensivi per resistere alle doglianze proposte da Dussmann contro le sue giustificazioni, costituendo le stesse, per come in premessa chiarito, una consentita difesa ai rilievi svolti in sede giudiziaria dalla ricorrente.

Come tali, inoltre, esse non costituiscono una inammissibile integrazione delle giustificazioni rese in sede procedimentale, in quanto queste ultime, nella loro originaria portata, sono state ritenute attendibili dalla stazione appaltante e, pertanto, da essa comprese e ritenute comunque sufficienti a fondare il giudizio positivo da essa reso sulla attendibilità dell’offerta.

Con il terzo motivo Dussmann lamenta: Omessa pronuncia: violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50/2016- eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, travisamento dei presupposti di fatto, violazione del principio di concorrenza, ingiustizia ed illogicità manifeste.

Rileva che l’offerta di Cirfood avrebbe dovuto essere esclusa in quanto in perdita.

Dalla lettura delle giustificazioni emergerebbe che essa ha omesso di computare in modo corretto e completo i costi relativi al trasporto, alle utenze, alle spese generali, alle divise, ai rimborsi spese, complessivamente pari ad euro 1.708.465, 23, e tali da azzerare l’utile di euro 600.700, 74, da essa indicato, così da rendere l’offerta in perdita per euro 1.107.764, 49.

Deduce che la rimodulazione dei costi operata con le seconde giustificazioni sarebbe affetta da evidenti errori di stima, con riferimento a: costi per il trasporto, indicato in euro 58.248, 00 per 6 anni nelle prime giustificazioni, ma non considerati nelle seconde; alcuni costi rientranti nella voce ‘spese generali’, pari ad euro 211.330, 00; costo per le utenze pari ad euro 1.100. 400, 00; costo per le divise e rimborsi spese, pari ad euro 43.500, 00.

In totale, vi sarebbe un importo complessivo di euro 1.708.495, 23 non considerato, che assorbe l’utile di impresa dichiarato e manda l’offerta in perdita per euro 1.107.794, 49.

Il mezzo di gravame non è meritevole di favorevole considerazione.

Vi è, infatti, a giudizio del Collegio, la mancata dimostrazione da parte di Dussmann, della erroneità ed incompletezza dei calcoli, contenuti nei documenti giustificativi di Cirfood, relativi ai costi per trasporto, utenze, spese generali, divise e rimborsi spese.

Le argomentazioni difensive spese da Cirfood, infatti, danno piena contezza dell’avvenuto computo dei suddetti costi e, dunque, dell’attendibilità e congruità dell’offerta presentata, la quale, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, non risulta in perdita.

Quanto alle spese di trasporto, si osserva che l’importo di euro 58.248, 00, indicato nei primi giustificativi, si riferisce evidentemente al costo annuale e non è relativo all’intera durata del contratto, specificandosi che l’importo è al netto del costo della manodopera, che è invece inserito nella relativa voce di spesa.

L’omessa indicazione dell’importo di euro 58.248, 00 nei secondi giustificativi non rileva, poi, come mancata considerazione dello stesso, atteso che Cirfood ha condivisibilmente chiarito che il costo del “Trasporto (previsto in subappalto)”, ammontante per sei anni in euro 349.488, 00, è stato, nei secondi giustificativi, ricompreso nella macro-voce “Costi variabili” (di importo complessivo pari ad euro 1.802.055, 00), mentre il costo per la manodopera degli addetti al trasporto è stato computato nella voce “Manodopera”.

Con riferimento alle spese per fideiussioni, RTC, registrazione contratto, costi amministrativi, analisi chimiche, HACCP e qualità, disinfestazione, derattizzazione, le stesse risultano plausibilmente essere state considerate, in quanto rientranti, nelle seconde giustificazioni, in parte nella macro-voce “Costi diretti” e in parte in quella “Costi variabili”, la cui consistenza ne evidenzia e ne consente la capienza.

Quanto al costo relativo alle utenze, questo, stimato in euro 837.564, 77 nei primi giustificativi, risulta comunque essere stato considerato nei secondi giustificativi, in quanto inserito nella voce “Costi variabili”, di importo complessivo di euro 1.802.055, 32.

La stessa APSS di Trento, nei propri scritti difensivi, conferma tale circostanza, evidenziando che tale voce di costo è usualmente conteggiata nei costi variabili.

Le deduzioni in proposito svolte in ricorso da Dussmann non sono utili, alla luce di quanto dedotto in proposito dall’Azienda e da Cirfood nei propri atti difensivi, a dimostrarne la consistenza in misura superiore a quella indicata dall’aggiudicataria.

Per quanto concerne, infine, le contestazioni relative alla voce di costo “divise/formazione/rimborsi spese”, la Sezione osserva che, ove anche fossero fondati i rilievi di Dussmann e, aderendo ai calcoli da essa operati, l’impresa aggiudicataria non avesse considerato un costo complessivo di euro 50.308, 00 (43.500 + 6.808), non per questo l’offerta Cirfood sarebbe in perdita, atteso che esso ben potrebbe essere assorbito e coperto dall’utile di impresa (pari ad euro 600.700, 74, come indicato nelle giustificazioni).

Non ci si troverebbe, pertanto, comunque di fronte ad una offerta priva di utile o addirittura in perdita.

Sulla base delle argomentazioni tutte sopra svolte, in conclusione, l’appello deve essere accolto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione; dichiarato pertanto, in riforma della sentenza del Tribunale Regionale, ammissibile il ricorso di primo grado, quest’ultimo deve essere rigettato nel merito in quanto infondato.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (cfr., ex multis, Cass.civ. 16-5-2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

La peculiarità della controversia e delle questioni trattate, nonché l’esito complessivo della lite giustificano l’integrale compensazione tra le parti costituite delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, dichiarato, in riforma della sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento n. 134/2022, ammissibile il ricorso di primo grado, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2022.

 

 

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia n. 10840 dello scorso 12 dicembre, la III Sezione del Consiglio di Stato si è occupata della procedura dell’anomalia dell’offerta, specificandone ratio e finalità; qualificando la natura del potere esercitato da parte della stazione appaltante; legittimando la modificazione delle singole voci di costo, sia pure nel doveroso rispetto del principio dell’immodificabilità; individuando le modalità con le quali il soggetto aggiudicatario può giustificare - in sede di giudizio - le voci che compongono l’offerta.

Al riguardo, richiamando la posizione della giurisprudenza amministrativa sul punto (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 2 maggio 2019, n. 2879; Cons. Stato, Sez. III, 29 gennaio 2019, n. 726; Cons. Stato, Sez. V, 23 gennaio 2018, n. 430), i Giudici rilevano che il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta non ha ad oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se, in concreto, l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto; con la conseguenza che la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo.

Invero, l’esito della gara può essere travolto solo quando il giudizio negativo sul piano dell’attendibilità riguardi voci che, per la loro rilevanza e incidenza complessiva, rendano l’intera operazione economicamente non plausibile e insidiata da indici di carente affidabilità a garantire la regolare esecuzione del contratto.

La valutazione di congruità costituisce, pertanto, espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della stazione appaltante renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 18 settembre 2018, n. 5444; Cons. Stato, Sez. V, 24 agosto 2018, n. 5047; Id., 17 maggio 2018, n. 2953).
Deve, poi, essere considerato che, in sede di procedimento di verifica dell’anomalia, è pacificamente ammessa la progressiva riparametrazione, nella dialettica della fase giustificativa, dei parametri di costo, con compensazione delle precedenti sottostime e sovrastime, sia per porre rimedi a originari errori di calcolo, sia, più in generale, in tutti i casi in cui l’entità dell’offerta economica rimanga immutata (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 2020, n. 1874; Id., 26 giugno 2019, n. 4400; Id., 10 ottobre 2017,  n. 4680).

In particolare, è stato affermato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 agosto 2021, n. 5644) che è ammissibile una modificazione delle singole voci di costo, non solo in correlazione a sopravvenienze di fatto o di diritto, ma anche al fine di porre rimedio ad originari e comprovati errori di calcolo, sempre che resti ferma l’entità originaria dell’offerta economica, nel rispetto del principio dell’immodificabilità, che presiede la logica della par condicio tra i competitori; tale ammissibilità incontra (al di là della rigidità delle voci di costo inerenti agli oneri di sicurezza aziendale) il solo limite di una radicale modificazione della composizione dell’offerta che ne alteri l’equilibrio economico, allocando diversamente voci di costo nella sola fase delle giustificazioni; la riallocazione delle voci deve avere un fondamento economico serio allorchè incida sulla composizione dell’offerta, atteso che, diversamente, si perverrebbe all’inaccettabile conseguenza di consentire un’elusiva modificazione a posteriori della stessa, snaturando la funzione propria del subprocedimento di verifica dell’anomalia che è, per l’appunto, di apprezzamento globale dell’attendibilità dell’offerta.

Vi è, pertanto, che, nell’ambito del contraddittorio che va assicurato nel subprocedimento in questione, a fronte della immodificabilità dell’offerta sono tuttavia modificabili le relative giustificazioni, e, in particolare, sono consentite giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l’offerta risulti nel complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 15 novembre 2021, n. 7596; Id., 8 giugno 2018, n. 3480; Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2013, n. 1633).

È, dunque, possibile la modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo rispetto alle giustificazioni già fornite, come pure l’aggiustamento delle singole voci di costo, ferma restando l’entità dell’originaria offerta economica (in termini, Cons. Stato, Sez. V, 18 ottobre 2021, n. 6957; Id. 8 gennaio 2019, n. 171; Id., 10 ottobre 2017, cit.).

Sul piano probatorio, infine, la giurisprudenza afferma che, qualora in sede giurisdizionale il ricorrente deduce l’inattendibilità dell’offerta per aspetti non specificamente presi in considerazione dalla stazione appaltante, legittimamente l’aggiudicatario può difendersi in giudizio provvedendo a giustificare tali voci in sede processuale (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 15 febbraio 2021, n. 1361; Id., 14 ottobre 2018, n. 6430).