Consiglio di Stato, Sezione III, 1 ottobre 2013, n. 4873

 

 

Consiglio di Stato, Sezione III, 1 ottobre 2013, n. 4873

Presidente FF Cacace; Estensore Russo

 

1. Il controinteressato soccombente nel giudizio di primo grado, il quale abbia interesse all'annullamento della relativa sentenza, deve impugnarla ex art. 102, co. 1 c.p.a., ritualmente, in via autonoma od in via incidentale dopo l'altrui impugnazione proposta per prima.  La mera costituzione - anche semplicemente adesiva - nel giudizio promosso da altro soccombente e il deposito di una memoria comporta la soggezione agli effetti interni del processo ma è causa d’inammissibilità dei motivi dedotti. 

 

2. Sussiste l’interesse dell’appellante alla risoluzione della controversia quand'anche la sua pretesa sia stata soddisfatta dalla P.A. in esecuzione del decisum cautelare del Giudice Amministrativo. In questa ipotesi il provvedimento amministrativo favorevole (riassegnazione dell’appalto) scaturisce non già dall’esercizio di autotutela spontanea, né da una congruamente motivata condivisione del decisum cautelare, ma solo dalla cautela concessa, della cui statuizione segue le sorti, anche in ordine all’efficacia meramente interinale che è in grado di consolidarsi solo a seguito dell’accoglimento dell’appello.

 

3. Nel caso di discordanza fra i dati indicati nel modulo di offerta e relativi sia al prezzo che alla percentuale di ribasso, si deve dare prevalenza al ribasso percentuale indicato in lettere, consentendo sia l'identificazione dell'offerta, sia la correzione delle eventuali discordanze.

 

4. Il criterio di correzione delle offerte di cui all’art. 119 del D.P.R. n. 207/2010, pur se previsto solo per i ribassi sui prezzi unitari, intende esprimere un principio generale applicabile a tutti i casi d’errore evidente e riconoscibile (o riconosciuto) con la normale diligenza, compresi quindi i casi di mero errore di calcolo secondo l’art. 1430 c.c.

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

La sentenza del Consiglio di Stato affronta un tema delle gare pubbliche ancora poco esplorato: il raggio d’applicazione, nel caso di discordanza tra prezzo e percentuale di ribasso, del principio di correzione delle offerte, contemplato dall’art. 119 DPR 207/2010 per i soli ribassi sui prezzi unitari.

Nello specifico, oggetto di esame da parte dei Giudici di Palazzo Spada è la discordanza tra prezzo complessivo e percentuale di ribasso dovuta ad errore di calcolo evidente e riconoscibile con l’ordinaria diligenza.

La pronuncia tocca anche la questione dell’ammissibilità dei motivi d’appello dedotti dal controinteressato soccombente mediante la semplice costituzione nel giudizio promosso da altri e non con rituale impugnazione, e si esprime poi sulla procedibilità del ricorso dell’appellante quando la sua pretesa sia già stata soddisfatta dalla P.A. in sede di esecuzione del decisum cautelare.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

 

A mente dell’art. 102 c.p.a. le parti fra le quali è stata pronunciata la sentenza di primo grado possono proporre appello. Come noto, due sono i rituali mezzi di impugnazione previsti dal Codice del processo amministrativo: quello autonomo e quello incidentale di cui agli artt. 333 e 334 c.p.c.

La questione che si è posta nel caso in esame è se una delle parti soccombenti nel giudizio di primo grado (ASL di Lecce) possa proporre appello costituendosi nel giudizio di appello promosso da altri e sostenendone le ragioni di censura senza tuttavia esperire uno degli ordinari mezzi di impugnazione.

Secondo il Consiglio di Stato i motivi contenuti nella memoria di costituzione non possono costituire validi motivi d’appello. Diversamente, la parte verrebbe abilitata ad eludere gli oneri di impugnazione senza alcuna ragione ed in danno delle altre parti del giudizio, che non conoscerebbero con sufficiente anticipo le ragioni a fondamento del gravame. Gli effetti della costituzione, dunque, si esauriscono nell’assoggettare la parte agli effetti interni del processo.

In secondo luogo, per quel che riguarda l’interesse dell’appellante principale alla risoluzione della controversia, è sorta la questione se possa venir meno in seguito ad un provvedimento (riassegnazione dell’appalto) che ottemperando ad un ordinanza cautelare concorra, in qualche misura, a soddisfarlo.

La risposta è negativa, perché la pretesa dell’appellante non può mai essere appagata pienamente e definitivamente da un provvedimento cautelare, che per sua stessa natura ha effetti interinali suscettibili di essere completamente travolti.

Diverso è il caso in cui la riassegnazione dell’appalto sia scaturita dall’esercizio di autotutela spontanea dell’amministrazione o, al più, da una condivisione piena e motivata dell’ordinanza cautelare, perché in tali casi l’assetto di interessi che ne deriverebbe avrebbe connotati di stabilità.

Ai fini della procedibilità del ricorso in appello in casi del genere occorre, dunque, verificare se l’attività amministrativa sia frutto della volontà dell’amministrazione di dare esecuzione ad un obbligo giurisdizionale, oppure se essa sia il frutto di una nuova, autonoma e spontanea volontà amministrativa che coincide con quella espressa nell’ordine giurisdizionale.

Nel merito la pronuncia riguarda l’operatività del criterio della correzione delle offerte di cui all’art. 119 DPR 207/2010.

In particolare, esso dispone che il prezzo complessivo ed il ribasso sono indicati in cifre ed in lettere e che in caso di discordanza prevale il ribasso percentuale indicato in lettere, riconoscendo alla stazione appaltante un “potere di correzione” delle offerte.

Si tratta di un riferimento decisivo, che consente sia l’identificazione dell’offerta, sia la correzione di eventuali discordanze nel caso di aggiudicazioni effettuate mediante offerta a prezzi unitari.

La domanda che ci si pone è se in presenza di dati contrastanti all’interno del modulo di offerta, pur non essendo il criterio d’aggiudicazione quello dei prezzi unitari, si possa ugualmente ricorrere al principio della prevalenza del ribasso per correggere l’offerta.

Tale situazione è proprio quella oggetto di esame da parte del Consiglio di Stato.

Nel caso di specie, i giudici di appello, in conferma della sentenza di primo grado, hanno riconosciuto la portata estensiva del principio della prevalenza del ribasso percentuale espresso in lettere, il quale opera pur in assenza di prezzi unitari, qualora la discordanza sia dovuta ad errore evidente e riconoscibile con la normale diligenza.

Il percorso argomentativo seguito dal Consiglio di Stato è il seguente:

i) nel caso di specie il prezzo contenuto nell’offerta si discosta dall’importo che avrebbe dovuto scaturire dal ribasso indicato;

ii) l’offerta non si può correggere, come sostenuto dal giudice di prime cure, sulla base del dato empirico della lievità dello scostamento del prezzo proposto rispetto a quello corretto (calcolato tenendo conto del ribasso indicato);

iii) in caso di discordanza dei dati indicati nel modulo di offerta si deve, invece, dare prevalenza al ribasso percentuale indicato in lettera rispetto al prezzo;

iv) tale principio, pur se previsto per i soli ribassi sui prezzi unitari, si applica a tutti i casi di errore evidente e riconoscibile (o riconosciuto) con l’ordinaria diligenza;

v) nel caso di specie sussistono i presupposti per identificare la discrepanza dei dati come errore di calcolo di cui all’art. 1430 c. c. In particolare, vi è sia la certezza dei fattori di calcolo (esposti nell’offerta), sia il criterio aritmetico da seguire (l’aliquota di ribasso rispetto alla tariffa minima);

vi) ne consegue che l’offerta deve essere corretta applicando il principio di prevalenza della percentuale di ribasso sul prezzo complessivo.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

 

La decisione del Consiglio di Stato chiarisce una questione che fino ad ora non aveva trovato una completa risposta.

In passato vi sono state numerose pronunce sul diverso profilo della discordanza dell’offerta espressa in lettere ed in cifre (in particolare CGA, 5 settembre 2005, n. 591 e CdS, Sezione V, 9 ottobre 2003, n. 6070) e sulla correzione nell’ipotesi alquanto pacifica di aggiudicazione a prezzi unitari (CdS, Sezione V, 12 settembre 2011, n. 5095). Ma solo una pronuncia di qualche anno fa (CdS, Sez. V, 13 giugno 2008, n. 2976) aveva precisato che la lettera e la ratio della norma fanno si che essa venga in rilievo anche nel caso di discordanza tra ribasso e prezzo complessivo, fuori dai casi di prezzi unitari.

La sentenza in commento si pone su questa linea, tuttavia mentre in passato il Collegio sembrava non dare rilievo al fatto che la discrasia derivasse da errore materiale, ora ha cura di precisare che la prevalenza del ribasso sul prezzo complessivo opera nei casi di errore evidente e riconoscibile con l’ordinaria diligenza.

Il principio, quindi, può estendersi al di fuori dei ribassi sui prezzi unitari, ma nel rispetto della volontà della parte privata, che l’amministrazione non potrà mai sostituire.

Il ruolo dell’amministrazione appaltante viene cioè limitato ad una mera attività di correzione materiale di errori di calcolo, idonea a garantire la certezza e la trasparenza delle operazioni di affidamento e prevenire contestazioni sull’effettiva volontà della parte privata.

Si tratta di una pronuncia che può certamente agganciarsi all’evoluzione più generale della contrattualistica pubblica, la quale si sta emancipando da un approccio puramente “formalistico” in favore di uno più “sostanzialista” volto a premiare il merito delle offerte presentate e la competizione effettiva dei concorrenti.

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

F. CARINGELLA, M. PROTTO (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Ed. Dike, 2012.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 5136/2012 RG, proposto dall’Istituto di vigilanza Securpol Security s.r.l., corrente in Racale (LE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Piero Sandulli, con domicilio eletto in Roma, via Paulucci de' Calboli n. 9,

contro

l’Azienda sanitaria locale – ASL di Lecce, in persona del Direttore generale pro tempore, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. Marcella Turco, con domicilio eletto presso la segreteria di questo Consiglio di Stato, in Roma, p.za Capo di Ferro n. 13, e

nei confronti di

l’Istituto di vigilanza La Velialpol s.r.l., corrente in Veglie (LE), in persona del legale rappresentante pro tempore, controinteressata, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avvocati Elio e Raffaella Perrone, con domicilio eletto presso lo studio del dott. Gardin, in Roma, via L. Mantegazza n. 24,

per la riforma

della sentenza del TAR Puglia – Lecce, sez. II, n. 812/2012, resa tra le parti e concernente la gara per l'affidamento del servizio di vigilanza con fornitura, installazione e gestione di sistemi di sicurezza e videosorveglianza con formula "chiavi in mano" presso i presidi ospedalieri e le altre strutture dell’ASL di Lecce.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Visto l’appello incidentale della contro interessata;

Vista l’ordinanza cautelare n. 2977/2012 in data 27 luglio 2012, di accoglimento dell’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, c. 10, c.p.a.;

Relatore, all'udienza pubblica del 25 gennaio 2013, il Cons. Silvestro Maria Russo;

Udito altresì, alla stessa udienza, l’avv. Raffaella Perrone per l’appellata/appellante incidentale, nessuno essendo ivi comparso per le altre parti;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

 

FATTO e DIRITTO

1. – Con deliberazione n. 1139 del 28 giugno 2011, l’ASL di Lecce ha indetto una procedura aperta per l'affidamento triennale del servizio di vigilanza con fornitura, installazione e gestione di sistemi di sicurezza e videosorveglianza con formula "chiavi in mano", da espletare presso i presidi ospedalieri e le varie strutture aziendali.

La gara è stata suddivisa in tre lotti distinti, con la prescrizione che sarebbe stata aggiudicata con il criterio del prezzo più basso (art. 8, V c. del disciplinare) e, in particolare, «…in favore della ditta che avrà praticato il miglior ribasso percentuale sulle c.d. “Tariffe di Legalità” … » (art. 6 del disciplinare stesso).

Il medesimo art. 6 precisava inoltre che l’offerta andasse redatta, con riguardo a dette tariffe, «…senza tener conto delle relative fasce di oscillazione stabilite dal vigente D.P. emanato dalla Prefettura di Lecce…» per gli istituti di vigilanza.

L’offerta avrebbe dovuto recare l’indicazione (in cifre e lettere)per ogni tipologia di servizio richiesto ed offerto sia «… del RIBASSO PERCENTUALE praticato sulla tariffa oraria in vigore, stabilita dalla Prefettura di Lecce ed avente allo stato attuale carattere meramente indicativo …», sia «… del relativo costo orario, scaturito dal ribasso percentuale…».

Ancora, il prezzo offerto andava calcolato tenendo conto, in modo specifico, degli oneri di sicurezza da rischi da interferenza individuati nel DUVRI ( pari a € 5.500,00 non soggetti a ribasso) e dell’importo per la sicurezza da rischi specifici.

A tal riguardo vale poi precisare che l’importo massimo delle tariffe di legalità per i servizi appaltandi è pari, nella provincia di Lecce, ad € 21,70/h, con una fascia di oscillazione (in ribasso) del 7%, all’interno della quale gli istituti di vigilanza possono stabilire il prezzo del servizio offerto (importo minimo: € 20,18).

Anche per il lotto n. 1) in questione l’ASL, nel capitolato speciale, ha calcolato il valore dell’appalto proprio con riferimento al predetto importo minimo.

2. – Relativamente al lotto n. 1) hanno dunque inteso partecipare, tra le altre imprese, pure l’Istituto di vigilanza La Velialpol s.r.l., corrente in Veglie (LE), che ha proposto un ribasso pari al 19% e l’Istituto di vigilanza Securpol Security s.r.l., corrente in Racale (LE), proponendo un ribasso del 21,95% sulle predette tariffe.

Il seggio di gara, all’apertura delle buste contenenti l’offerta economica nella seduta del 12 ottobre 2012, ha appurato che le varie offerte delle imprese ammesse erano state formulate talune con ribassi calcolati sulla tariffa massima di € 21,70, altre con riferimento alla tariffa minima.

Sicché, nella seduta del successivo giorno 26, il seggio di gara ha ritenuto d’ammettere tutte le offerte, poiché la volontà delle imprese stesse era facilmente ricostruibile in base alle dichiarazioni rese.

Viceversa, il seggio stesso non ha reputato valida l’offerta di La Velialpol s.r.l. —avendo essa indicato un costo orario di € 16,96, scaturente da un ribasso dichiarato del 19% sulla tariffa minima di € 20,18, che non corrisponde tuttavia a quello esatto di € 16,34—, «…in quanto contiene dati contraddittori che non (ne) consentono l’esatta quantificazione», donde l’esclusione di essa.

Detta Società ha allora impugnato innanzi al TAR Lecce, con il ricorso n. 1883/2011 RG, i verbali di gara, l’aggiudicazione ed il contratto eventualmente stipulato, nonché la lex specialis della gara stessa.

Essa ha dedotto:

A) – la possibilità, pur a fronte del mero errore in cui essa è incorsa, di quantificare il prezzo complessivamente offerto mercé un semplice calcolo, contenendo l’offerta tutti i dati a tal fine necessari;

B) – la violazione dei principi di favor partecipationis e di par condicio, essendo stati riscontrati errori di calcolo nelle offerte delle altre imprese partecipanti, invece non escluse dalla gara stessa; C) – la violazione, da parte della stazione appaltante, del termine ex art. 79, c. 5, del Dlg n. 163/2006 per la comunicazione dell’esclusione;

D) – a fronte dell’ammissione a gara delle offerte calcolate tanto sulla tariffa minima di legalità, quanto su quella minima, la violazione della lex specialis o, in via subordinata, l’illegittima perplessità di essa nello stabilire la tariffa oraria di riferimento;

E) – la violazione, da parte del seggio di gara, delle norme relative ai costi per la sicurezza, anche di quelli da rischi interferenti non soggetti a ribasso, non avendone tenuto conto le offerte di alcune tra le imprese ammesse, tra cui la Securpol Security s.r.l., che si son limitate ad applicare la percentuale di ribasso solo sulla tariffa oraria considerata.

3. – L’adito TAR, con sentenza n. 812 del 9 maggio 2012, ha accolto il ricorso di La Velialpol s.r.l., ritenendo comprensibile l’offerta dalla stessa presentata e riconoscibile l’errore di calcolo in cui la Società è incorsa, ché il prezzo offerto da essa si discosta di poco dall’importo che scaturisce dall’applicazione del proposto ribasso alla citata tariffa minima.

Appella quindi la Securpol Security s.r.l., con il ricorso principale in epigrafe, deducendo in punto di diritto:

1) – l’effettiva non intelligibilità dell’offerta di La Velialpol s.r.l., assunta su un dato arbitrario o, in ogni caso, tale da non consentire la correzione di essa, come disposta dal TAR con riguardo al solo valore di € 16,34/h;

2) – l’erroneità della sentenza per violazione degli artt. 121, 122 e 124 c.p.a., in quanto non è possibile disporre dell’aggiudicazione quando questa sia annullata, come nella specie, non per vizi suoi propri, ma in via derivata dall’esclusione, l’effetto del cui annullamento è soltanto quello della riammissione dell’impresa esclusa alla gara, donde il difetto di legittimazione di detta Società ad impugnare l’aggiudicazione;

3) – l’assenza di riconoscibilità sia dell’errore in cui è incorsa la La Velialpol s.r.l., sia della facile ricostruzione della reale volontà di essa;

4) – la non applicabilità del principio della prevalenza del ribasso percentuale espresso in lettere in caso di discordanza tra prezzo complessivo offerto e ribasso, essendo questo valido solo per i ribassi per le offerte a prezzi unitari ex art. 119 del DPR 5 ottobre 2010 n. 207 e non assurgendo a principio generale;

5) – l’impossibilità in ogni caso, ai sensi del medesimo art. 119, c. 5, di correggere offerte diverse da quella dell’aggiudicatario, non sussistendo un medesimo obbligo per le altre imprese.

Si è costituita in giudizio l’ASL intimata, condividendo gli argomenti dell’appellante principale.

S’è costituita nel presente giudizio anche La Velialpol s.r.l., originaria ricorrente, che eccepisce l’infondatezza del ricorso in epigrafe e ribadisce i motivi assorbiti in primo grado, proponendo a tal fine gravame incidentale.

Con ordinanza cautelare n. 2977/2012, pronunciata nella camera di consiglio del 27 luglio 2012, è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata;

All’udienza pubblica del 25 gennaio 2013, su conforme richiesta dell’unica parte presente, il ricorso in epigrafe è stato assunto in decisione dal Collegio.

4. – Va in primo luogo rilevato che la ASL di Lecce, essendo una delle parti nel giudizio di primo grado ivi ritualmente evocata ed essendo a seguito di tale fase rimasta integralmente soccombente in forza della sentenza oggetto del giudizio, aveva l'onere di impugnare la sentenza del Tar o in misura autonoma ovvero in via incidentale dopo la proposizione dell'appello della contro interessata (originaria aggiudicataria) ex art. 102 co. 1 del codice del processo amministrativo, mentre ha ritenuto di potersi costituire nel giudizio di appello proposto da quest’ultima, pretendendo di poterne sostenere le ragioni censurando la sentenza senza gravarla per mezzo di rituale impugnazione.

Osserva il Collegio che il controinteressato soccombente nel giudizio di primo grado, il quale abbia interesse all'annullamento della relativa sentenza, deve impugnarla ritualmente, in via autonoma od in via incidentale dopo l'altrui impugnazione proposta per prima, non potendo eludere tale onere mediante la mera costituzione nel giudizio promosso da altro soccombente e con il successivo deposito di una memoria non notificata.

La conseguenza di tale omissione è che, ferma la costituzione e quindi la soggezione agli effetti interni del processo, i motivi d’ impugnazione dedotti con il suo atto di costituzione, anche in via meramente adesiva rispetto all’atto di impugnazione, devono essere considerati inammissibili (Cons. Stato, IV, 16 luglio 2012, n. 4133; Cons. di Stato, IV, 27 giugno 2011, n. 3851; Cons. Stato, IV, 12 maggio 2009, n. 2908; da ultimo, Cons. St., III, 11 febbraio 2013, n. 739 ).

5. – Deve poi ritenersi sussistente, e dunque attuale, l’interesse dell’appellante principale alla risoluzione della controversia di cui al ricorso in epigrafe che, dunque, non può esser dichiarato, a differenza di quanto richiesto dall’appellata/appellante incidentale, improcedibile.

Se pure è vero, infatti, che in un primo tempo, in esecuzione della sentenza di primo grado, la stazione appaltante ha riammesso in gara La Velialpol s.r.l. e, all’esito della stessa, ne ha disposto in suo favore l’aggiudicazione definitiva e che, tuttavia, essa ha poi proceduto ad una nuova (ri)aggiudicazione in favore della Securpol Security s.r.l. ( odierna appellante principale ) in esecuzione del decisum cautelare della Sezione di cui all’ordinanza n. 2977/2012 ( di accoglimento dell’istanza di sospensione della sentenza ), risulta evidente che il provvedimento di riassegnazione dell’appalto a detta appellante principale è scaturito non già dall’esercizio di autotutela spontanea, né da una congruamente motivata condivisione della citata ordinanza ( peraltro laconica ed assunta in sommaria cognitio ), ma solo dalla cautela concessa, della cui statuizione segue le sorti, anche in ordine all’efficacia meramente interinale, che è in grado di consolidarsi solo a seguito della definizione dell’appello con l’accoglimento dello stesso e dunque la reiezione, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado.

Poiché, dunque, la definizione della vicenda può conseguire solo dalla decisione nel merito della causa affidata alla presente sentenza, l’appello principale va scrutinato secondo il suo contenuto sostanziale come delimitato dall’oggetto della causa, concernente sia l’ammissibilità o meno dell’offerta presentata da La Velialpol s.r.l. nella gara di cui si tratta, sia la sorte delle fasi successive della gara stessa, che, a differenza di quanto ritenuto dalla stessa appellante principale, sono pur esse idonee ad essere caducate dall’eventuale accoglimento in via definitiva del ricorso di primo grado, sia in quanto in esso fatte specifico oggetto di impugnazione, sia, soprattutto, perché l’eventuale annullamento dell’atto presupposto di esclusione dalla gara dell’originaria ricorrente ha evidente effetto invalidante di tutti gli atti successivi della procedura.

6. – Si può pertanto passare alla disamina, prioritaria per evidenti ragioni logiche, del gravame principale, in ordine al quale s’è già detto che l’adito TAR ha accolto la domanda di annullamento del citato atto di esclusione proposta da La Velialpol s.r.l., fondata su un asserito errore di calcolo compiuto nella redazione dell’offerta economica in sede di applicazione del ribasso del 19% sulla citata tariffa minima, che non varrebbe a rendere non quantificabile, come ritenuto dall’Amministrazione, l’offerta stessa.

Secondo la prospettazione dell’appellante principale l’errore non ci sarebbe, perché risulta in realtà un ribasso ( del 19% ) su un valore, che non è riferibile né alla tariffa massima provinciale di legalità (€ 21,70/h), né a quella minima (€ 20,18/h); dal che l’impossibilità, ch’è poi stata la causa della disposta esclusione, di ricostruire la effettiva volontà espressa in sede di gara dall’odierna appellata/appellante incidentale.

La tesi è infondata e l’appello stesso va pertanto respinto.

Invero, nell’offerta di La Velialpol s.r.l. non risultano dati che avrebbero potuto sicuramente far escludere che il ribasso percentuale indicato ( del 19% ) andasse applicato sull’importo pure espressamente individuato e cioè quello di una tariffa oraria che la clausola dell’art. 6 del disciplinare di gara avrebbe voluto che fosse quella massima ( Euro 21.70/h) , ma che il CSA della stessa gara ( con un evidente difetto di coordinamento tra i due documenti di gara e con un’altrettanto palese infelice formulazione delle relative clausole ) esponeva in € 20,18/h; e su quest’ultima l’odierna appellata/appellante incidentale basò il proprio ribasso, da applicarsi, come recita espressamente la sua offerta, “sulla tariffa oraria … come specificamente indicato nel capitolato speciale”.

E poiché il Capitolato speciale è l’unico documento di gara in cui, a differenza da quanto previsto dal disciplinare di gara, si indica come parametro di riferimento la tariffa di Euro 20,18=, è chiaro che a detta tariffa l’offerente intendeva fare riferimento.

Il fatto, poi, che dal ribasso percentuale offerto ( 19% ) scaturisse un valore diverso da quello indicato in offerta, non ne determina l’invalidità o l’inintellegibilità, alla luce del pacifico principio, secondo cui, in caso di discordanza fra i dati indicati nel modulo di offerta e relativi sia al prezzo che alla percentuale di ribasso, si deve dare prevalenza al ribasso percentuale indicato in lettere, che costituisce il dato decisivo di riferimento per la determinazione dei prezzi unitari, consentendo sia l'identificazione dell'offerta, sia la correzione delle eventuali discordanze ( Cons. St., V, 12 settembre 2011, n. 5095 )..

Certo, si può discutere dell’ammissibilità delle offerte, quali quella della ricorrente in primo grado (ma non solo), che hanno indicato lo sconto sulla tariffa oraria di Euro 20,18 risultante dal Capitolato ( se pure, afferma l’A., ad altro scopo ) anziché sulla tariffa oraria prefettizia di Euro 21,70 come indicato al punto 6 del Disciplinare di gara; ma, una volta che la Commissione di gara si è determinata in tal senso proprio in forza della riconosciuta scarsa perspicuità della clausola del CSA ( non escludendo né la ricorrente né altre concorrenti per tale motivo e, si badi, né tale determinazione, né il Bando e neppure il disciplinare di gara risultano in tal senso impugnati con ricorso incidentale in primo grado ), l’offerta dell’originaria ricorrente, in quanto chiaramente indicante lo sconto percentuale offerto e la tariffa sulla quale lo sconto stesso doveva applicarsi (quella risultante dal Capitolato speciale), non poteva considerarsi incomprensibile per la sola incongruenza del prezzo offerto rispetto allo sconto praticato, da risolversi sulla base del principio indicato e non certo, come ritenuto dal T.A.R, del dato meramente empirico della lievità dello scostamento del prezzo indicato rispetto a quello che si sarebbe dovuto indicare una volta accertati i due elementi rilevanti ai fini della determinazione dello stesso ( ribasso e tariffa di riferimento ).

Né varrebbe invocare l’art. 82 del Dlg 12 aprile 2006 n. 163 che, nel disciplinare il criterio di aggiudicazione adoperato nel caso in esame, non impone alla stazione appaltante che di prender atto del prezzo dichiarato dalle imprese stesse, con la precisazione, però, che tal presa d’atto riguarda, non foss’altro che per verificarne la serietà e la congruenza matematica complessiva, tutti i passaggi del calcolo occorrente alla formulazione dell’offerta.

Anzi, a dirla tutta, sussistono nella specie proprio i presupposti per identificare quest’ultimo come (mero) errore di calcolo secondo l’art. 1430 c.c., cioè la certezza dei fattori di calcolo (esposti nell’offerta) ed il criterio aritmetico da seguire (l’aliquota di ribasso rispetto alla tariffa minima). E ciò a più forte ragione nel caso in esame, in cui la stazione appaltante pose, per fatto solo ad essa imputabile, una clausola per la redazione dell’offerta in effetti ambigua o polisenso, tale, quindi, da giustificare tutte le offerte confezionate con riguardo all’una o all’altra tariffa di legalità. In tal caso, ben più seria ed approfondita sarebbe dovuta essere la disamina del seggio di gara sulla concreta comprensibilità non d’un unico dato dell’offerta di La Velialpol s.r.l., bensì del complesso di questa. Dal che l’applicabilità del principio di correzione che l’art. 119 del DPR 207/2010, pur se prevista solo per i ribassi sui prezzi unitari, intende esprimere in tutti i casi d’errore evidente e riconoscibile (o riconosciuto) con la normale diligenza.

7. – Sulla base delle considerazioni di cui sopra l’appello principale va, come già detto, respinto e la sentenza impugnata va confermata, se pure con parziale diversa motivazione.

Ne deriva l’improcedibilità di quello incidentale, con il quale sono stati riproposti gli altri motivi dell’impugnazione di primo grado non esaminati dal TAR.

L’effetto conseguente di definitivo dell’accoglimento del ricorso di primo grado nei termini di cui sopra comporta, con tutta evidenza, la riedizione della procedura di gara a partire dal primo atto annullato ( quello di esclusione dalla stessa dell’originaria ricorrente ), con conseguente salvezza degli atti in tal senso posti in essere in esecuzione della sentenza impugnata – deliberazione del Direttore Generale n. 1144 del 22 giugno 2012 - e venir meno, in ragione della loro intrinseca provvisorietà, degli atti posti in essere in esecuzione dell’Ordinanza cautelare di accoglimento e cioè della deliberazione n. 1514 del 18 settembre 2012.

La complessità della questione suggerisceno l’integrale compensazione, tra tutte le parti, delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III) definitivamente pronunciando sul ricorso n. 5136/2012 RG di cui in epigrafe, respinge l’appello principale, dichiara improcedibile quello incidentale e per l’effetto conferma, per quanto di ragione e con parziale diversa motivazione, la sentenza impugnata.

Cessano conseguentemente gli effetti dell’ordinanza cautelare n. 2977/2012, pronunciata nella camera di consiglio del 27 luglio 2012, di accoglimento dell’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza stessa.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 25 gennaio 2013, con l'intervento dei sigg. Magistrati:

 

 

Salvatore Cacace, Presidente FF

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore