Cons. Stato, Sez. III, 12 giugno 2025, n. 5089
- L’art. 115 del d.lgs n. 163/2006 configura un procedimento finalizzato al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, al quale è sotteso l’esercizio di un potere autoritativo tecnico – discrezionale nei confronti del privato contraente. Pertanto, la posizione di quest’ultimo si articola nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all’an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo solo con riguardo a questioni involgenti l’entità della pretesa, una volta risolto in senso positivo il riconoscimento della spettanza del compenso revisionale.
- Tanto in armonia con la ratio dell’istituto, diretto a salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte; dall’altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto.
Guida alla lettura
Con la sentenza in rassegna, la III Sezione del Consiglio di Stato ha chiarito le modalità svolgimento del procedimento di revisione dei prezzi in relazione alla disciplina di cui al D.Lgs 163/06, applicabile ratione temporis al caso di specie.
La vicenda trae origine dall’impugnazione, da parte di un operatore economico, di alcune note con cui l’ente pubblico di riferimento riconosceva parzialmente la revisione richiesta dalla società. La ricorrente lamentava la lesione del contraddittorio procedimentale nonché il dies a quo per il calcolo revisionale. Su quest’ultimo aspetto, la ricorrente deduceva che la stazione appaltante avrebbe dovuto calcolare l’adeguamento dei prezzi non già dal momento della sottoscrizione del contratto, ma da un momento antecedente, individuato nel primo ordine di fornitura.
Il Collegio ha innanzitutto chiarito che, ai fini della revisione dei prezzi, il rapporto contrattuale si può ritenere in esecuzione esclusivamente dalla stipula del contratto e non dall’aggiudicazione. Sul punto, giova precisare che l’aggiudicazione non equivale alla stipula del contratto, potendo l’amministrazione valutare successivamente se sottoscriverlo o no.
Il Collegio ha, altresì, escluso la doverosità di un contraddittorio procedimentale in relazione alla verifica concernente la sussistenza dei presupposti per procedere alla revisione dei prezzi.
Ai fini dell’esclusione del predetto obbligo, la Sezione ha valorizzato il dato normativo di riferimento, vale a dire l’art. 115 del D.Lgs 163/06, secondo cui la revisione avviene sulla base di un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi. Istruttoria che non prevede una fase di contraddittorio con l’esecutore delle prestazioni contrattuali.
La scelta legislativa risulta, altresì, coerente con la circostanza secondo cui il potere di verifica revisionale esercitato dai dirigenti sarebbe un potere di natura tecnico – discrezionale, volto ad accertare la sussistenza dei presupposti per riconoscere la revisione dei prezzi. Sul punto giova considerare che la ratio della revisione dei prezzi non risiede nel bilanciamento tra interessi primari e secondari. Viceversa, l’istituto è volto a salvaguardare l’interesse pubblico a non subire una diminuzione degli standards qualitativi in ragione dell’eccessiva onerosità sopravvenuta derivante dall’aumento dei costi idonei a stravolgere il quadro finanziario in base al quale è avvenuta la stipula del contratto.
Per le ragioni sopra esposte, quindi, l’amministrazione non è tenuta a effettuare un contraddittorio con l’impresa, dovendo esclusivamente verificare la sussistenza di una alterazione significativa dell’equilibrio contrattuale, confrontando i prezzi applicati al contratto con gli indici di riferimento.
Solo a seguito della positiva verifica da parte della stazione appaltante dell’an sulla sussistenza dei presupposti per l’erogazione del compenso revisionale, l’impresa diventa titolare di un diritto soggettivo relativamente al quantum della pretesa.
In virtù di quanto sopra, pertanto, il Collegio ha concluso nel senso dell’insussistenza di un obbligo di attivazione del contraddittorio procedimentale in relazione alla verifica della sussistenza dei presupposti per l’erogazione del compenso revisionale.
Pubblicato il 12/06/2025
N. 05089/2025REG.PROV.COLL.
N. 03987/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3987 del 2023, proposto da Angelo Amodio S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi Nilo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mariangela Carulli e Fabio Tagliente, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (Sezione Seconda) n. 236/2023, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale di Taranto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 15 aprile 2025, il Cons. Raffaello Scarpato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Angelo Amodio S.r.l. ha impugnato, dinanzi al T.a.r. per la Puglia, sez. di Lecce, le note con cui la ASL di Taranto ha riconosciuto solo parzialmente gli importi revisionali richiesti dalla società in relazione all’esecuzione del contratto rep. n. 766 del 7 marzo 2011, avente ad oggetto la fornitura di cartucce e toner, al fine di ottenere il maggior importo di € 13.838,06 oltre IVA, e gli interessi moratori ai sensi del d.lgs. n. 231/2002.
2. Il T.a.r. ha respinto il ricorso, ritenendo infondate le censure relative alla lesione del contraddittorio procedimentale ed al difetto di istruttoria e di motivazione, che nella prospettiva della società ricorrente avevano inficiato il calcolo degli importi da riconoscere a titolo di revisione dei prezzi.
3. Con unico motivo di appello, la società Angelo Amodio ha impugnato la decisione deducendo “Incompleta e/o errata valutazione dei presupposti di fatto; Carenza e/o insufficiente motivazione; Errate determinazioni finali”.
In sostanza, l’appellante ha contestato la sentenza impugnata nella parte in cui il primo giudice ha ritenuto corretto il modus operandi dell’Azienda Sanitaria, sia nel non aver attivato un procedimento in contraddittorio finalizzato alla quantificazione degli importi da riconoscere a titolo di revisione dei prezzi, sia nell’aver assunto, come dies a quo per il computo dell’importo revisionale, la data di sottoscrizione del contratto e non quella del primo ordine di fornitura, ad essa precedente.
A tale ultimo riguardo l’appellante ha precisato che l’avvio effettivo della fornitura non era avvenuto successivamente alla sottoscrizione del contratto, ma in un momento precedente, individuato nel primo ordine (n. 405 del 25 gennaio 2011, seguito dalla fattura n. 363 del 25 febbraio 2011), recante in calce un esplicito riferimento alla delibera n. 98 del 17 gennaio 2011, avente ad oggetto l’aggiudicazione definitiva. Pertanto, la base di calcolo per la quantificazione dell’importo revisionale avrebbe dovuto avere ad oggetto tutte le fatture emesse in esecuzione del contratto, anche in un periodo precedente alla stipula dello stesso.
A conferma delle proprie censure, l’appellante ha valorizzato la nota ASL del 27 febbraio 2023 (allegata agli atti del giudizio di appello), depositata in altro ricorso tra le medesime parti, in cui il Direttore dell’Area Gestione Patrimonio dell’ASL, nel descrivere l’attività del suo predecessore, aveva affermato che il contratto doveva intendersi concluso con la accettazione del primo ordine emesso dall’ente.
Infine, l’appellante ha contestato le modalità di calcolo utilizzate dall’Amministrazione per la quantificazione degli importi riconosciuti, avendo la ASL operato un diverso calcolo a fronte di un unico importo riferito alla medesima delibera di aggiudicazione (n. 98 del 17 gennaio 2011), assumendo l’ indice di rivalutazione del 7 marzo 2012 per il primo importo e quello del 1 settembre 2012 per il secondo, e non l’importo contrattuale complessivo della fornitura, pari ad euro 432.440,05, confermato dal totale delle fatture emesse, ed applicando sullo stesso la variazione dell’indice ISTAT intercorsa tra data del primo ordine (pari a 101,2) e data finale della fornitura (pari a 104,4).
4. Si è costituita l’ASL di Taranto, eccependo l’inammissibilità del gravame per genericità e chiedendone la reiezione nel merito.
In particolare, la ASL ha controdedotto che non sussisterebbe alcun obbligo dell’Amministrazione di confrontarsi con il privato in seno al procedimento revisionale previsto dalla normativa applicabile ratione temporis ai fatti di causa (art. 115 del d.lgs. n. 163/2006) e che il rapporto contrattuale si può ritenere in esecuzione solo con la stipula del contratto e non con l’aggiudicazione, che potrebbe essere passibile di annullamento giudiziale.
A tal riguardo, l’appellata ha precisato che con la deliberazione D.G. n. 98 del 17 gennaio 2011, allegata al contratto rep. 766/2011, l’ASL di Taranto, nell’aggiudicare in via definitiva l’appalto, si era riservata di stipulare il contratto decorsi 35 giorni dall’invio della comunicazione ex art. 11, comma 10, del d.lgs. n. 163/2006, in assenza di gravame. Solo all’atto della sottoscrizione del contratto, pertanto, poteva considerarsi iniziato il periodo per l’eventuale revisione del prezzo, che attiene alla fase di esecuzione e non a quella procedimentale della gara.
Sotto distinto profilo, la difesa della ASL ha evidenziato che nel caso di specie il contratto originario era stato oggetto di più “specifiche manifestazioni di volontà”, poi trasfuse in atti deliberativi, attraverso le quali le parti avevano determinato in maniera condivisa di rinegoziare l’accordo iniziale sotto il profilo del corrispettivo, ponendo in essere non già una mera proroga del precedente rapporto, quanto piuttosto un vero e proprio rinnovo con rinegoziazione. Tale circostanza avrebbe riverberato i suoi effetti sull’applicabilità dell’istituto revisionale, impedendo di operare il relativo computo ponendo a base di calcolo l’importo contrattuale complessivo della fornitura.
In merito al coefficiente di rivalutazione, la ASL ha dedotto che lo stesso era stato correttamente individuato nell’indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (c.d. indice FOI) pubblicato dall’ISTAT, che costituisce il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali (nel caso di specie non provate), la stazione appaltante non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale.
Infine, quanto alla richiesta di ottenere gli interessi moratori ai sensi del d.lgs. n. 231/2002, dedotta in primo grado, l’Amministrazione ha eccepito che la posizione giuridica soggettiva azionata ha natura di interesse legittimo, mancando allo stato un diritto soggettivo perfetto in capo all’affidatario richiedente, con esclusione di interessi, compensativi o moratori, su un debito attualmente insussistente.
5. All’udienza pubblica del 15 aprile 2025 l’appello è stato introitato per la decisione.
6. Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi, avendo la parte appellante articolato le proprie censure, per come sopra sinteticamente richiamate, in maniera sufficientemente puntuale e, dunque, idonea a consentire la comprensione dei motivi di gravame e la fissazione del thema decidendum.
7. Nel merito l’appello è infondato.
8. E’ infondata la censura relativa alla lesione del contraddittorio procedimentale, dovendosi al riguardo richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale l’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006 configura un procedimento finalizzato al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, al quale è sotteso l’esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale nei confronti del privato contraente. Pertanto, la posizione di quest’ultimo si articola nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all’an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo solo con riguardo a questioni involgenti l’entità della pretesa, una volta risolto in senso positivo il riconoscimento della spettanza del compenso revisionale (ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207; Sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465; Sez. V, 3 agosto 2012, n. 4444; Corte di Cassazione, SS.UU., 30 ottobre 2014, n. 23067; 15 marzo 2011, n. 6016; 12 gennaio 2011, n. 511; 12 luglio 2010, n. 16285).
Tanto in armonia con la ratio dell’istituto, diretto a salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse (incidente sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta), e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994; Sez. III, 20 agosto 2018, n. 4985); dall’altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 aprile 2014, n. 2052; Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1074). Al contempo essa è posta, a tutela dell’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi sopraggiunte durante l’arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standards qualitativi delle prestazioni (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5 marzo 2018, n. 1337; 4 marzo 2015, n. 1074; 19 luglio 2011, n. 4362; Sez. V, 14 maggio 2010, n. 3019; 26 agosto 2010, n. 5954; 6 settembre 2007, n. 4679).
Inquadrato il suddetto procedimento da tale angolo prospettico, non risultano fondate le censure volte ad imporre all’Amministrazione un confronto procedimentale ulteriore con il contraente, non previsto dalla disposizione di legge, la quale esplicitamente afferma che la revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi, sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c), e comma 5, del d.lgs. n. 163/2006, i quali non prevedono una fase in contraddittorio con l’esecutore delle prestazioni contrattuali.
È stato anche chiarito che l’inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo (obbligatoria secondo la disciplina del tempo), sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’Amministrazione, non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti (Cons. Stato, Sez. III. 6 agosto 2018, n. 4827; 9 gennaio 2017, n. 25; 19 giugno 2018, n. 3768).
8.1. Nel caso di specie, peraltro, l’appellante non ha neppure chiarito quali argomenti ulteriori, rispetto a quelli già in possesso dell’Amministrazione, lo stesso avrebbe potuto addurre al fine di orientare o correggere l’azione amministrativa, dovendosi al riguardo evidenziare che la necessità di considerare anche gli importi relativi al primo ordine di fornitura costituisce esattamente l’oggetto delle rivendicazioni dell’appellante, piuttosto che un elemento impropriamente non considerato dall’Amministrazione nel corso del procedimento revisionale.
8.2. Tale pretesa è, peraltro, infondata, in quanto la clausola di revisione dei prezzi è contenuta nel contratto e non potrebbe in alcun caso trovare applicazione prima della sua stipula; ciò non solo per ragioni di ordine formale, ma anche per l’elementare considerazione che le sopravvenienze idonee ad incidere in termini peggiorativi sui prezzi della fornitura o del servizio, passibili di dare la stura alla revisione, non possono che riguardare il torno di tempo successivo alla fissazione delle prestazioni contrattuali cristallizzate nel contratto, non potendo riguardare un periodo precedente, nel quale si inquadrano ordini eseguiti in via di urgenza subito dopo l’aggiudicazione.
La prevista periodicità, del resto, non implica affatto che si debba azzerare o neutralizzare l’alea sottesa a tutti i contratti di durata, che impone alle parti di provare la sussistenza di eventuali circostanze imprevedibili che abbiano determinato aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera (Cons. Stato, Sez. III, 2 maggio 2019, n. 2841).
9. E’ priva di fondamento anche la pretesa dell’appellante di operare il computo dell’importo dovuto a titolo di revisione ponendo a base di calcolo l’importo contrattuale complessivo della fornitura.
Sul punto, risultano infatti corrette le deduzioni dell’appellata, la quale ha dimostrato come nella fattispecie si siano succedute plurime richieste di disponibilità alla prosecuzione del contratto a prezzi ribassati o con percentuali migliorative di sconto, accettate dal fornitore e formalizzate nelle apposite delibere dell’ASL depositate agli atti del giudizio.
A prescindere, pertanto, dal nomen iuris utilizzato dall’Amministrazione, le suddette manifestazioni di consenso alla prosecuzione della fornitura non costituiscono meri atti di proroga del medesimo rapporto alle medesime condizioni, ma vere e proprie rinegoziazioni concernenti il rinnovo del rapporto a diverse condizioni, costituendo il prezzo un aliquid novi rispetto al precedente assetto negoziale dei rapporti tra le parti.
A tal riguardo, deve richiamarsi il consolidato orientamento di questo plesso giurisdizionale, che ha chiarito come “nel caso in cui l’appaltatore abbia espresso la propria volontà di rinnovare il rapporto contrattuale è in re ipsa che lo stesso accetti la nuova determinazione del prezzo e non avrà diritto alla sua revisione, che invece spetterà nel caso in cui si sia concordato il mero slittamento temporale del termine del servizio. La revisione dei prezzi dei contratti si applica, infatti, solo alle proroghe contrattuali, come tali previste ab origine negli atti di gara ed oggetto di consenso “a monte”, ma non anche agli atti successivi al contratto originario con cui, mediante specifiche manifestazioni di volontà, è stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario per quanto concerne la remunerazione del servizio, senza che sia stata avanzata alcuna proposta di modifica del corrispettivo (Consiglio di Stato, Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 209: in termini: Consiglio di Stato, Sez. III, 18 dicembre 2015, n. 5779; Consiglio di Stato, Sez. V, 25 novembre 2015, n. 5356; Consiglio di Stato, Sez. III, 11 luglio 2014, n. 3585). Il criterio distintivo tra proroga e rinnovo va individuato, dunque, nell’elemento della novità: ricorre un’ipotesi di proroga solo allorquando vi sia integrale conferma delle precedenti condizioni (fatta salva la modifica di quelle non più attuali), con il solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, per il resto regolato dall’atto originario (cfr. in termini Cons. di Stato, III, 9 maggio 2012, n. 2862; Cons. di Stato, III, 23 marzo 2012, n. 1687). Anche la sola modifica del prezzo comporta, invece, un’ipotesi di rinnovo, nella quale non ha luogo la revisione del prezzo (il cui scopo è già realizzato in virtù del suo adeguamento). Insomma, se cambia la fonte del rapporto e sussistendo una nuova negoziazione, l’appaltatore non potrà invocare l’adeguamento dei prezzi, pur se la prestazione persiste nei termini precedenti” (Cons. Stato, Sez. V, 16 giugno 2020, n. 3874).
10. Infondata risulta, infine, anche la censura relativa all’utilizzo del coefficiente di rivalutazione, dovendosi al riguardo osservare che l’Amministrazione ha dedotto di aver fatto applicazione dell’indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (c.d. indice FOI), ritenuto dalla giurisprudenza parametro generale di riferimento, derogabile solo dietro dimostrazione dell’appaltatore di circostanze eccezionali idonee a fondare la spettanza di un maggior compenso revisionale fondato su criteri differenti, ma in ogni caso sempre tale da non superare i valori che potrebbe conseguire utilizzando i suddetti parametri (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2023, n. 2096), dimostrazione non fornita dall’appellante.
11. In conclusione, l’appello deve essere respinto, risultando infondata la pretesa di ottenere un importo maggiore rispetto a quello calcolato dall’Amministrazione a titolo di revisione, non potendo peraltro il Collegio pronunciarsi sulla questione relativa all’applicazione degli interessi moratori nella misura indicata dal d.lgs. n. 231/2002, non avendo l’appellante fatto oggetto la questione - pure considerata nelle memorie difensive dell’ASL – di specifico motivo di appello.
12. Le spese possono essere compensate in ragione della peculiare natura delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2025 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente
Stefania Santoleri, Consigliere
Giovanni Pescatore, Consigliere
Antonio Massimo Marra, Consigliere
Raffaello Scarpato, Consigliere, Estensore