Cons. Stato, Sez. IV, 5 maggio 2025, n. 3787
In assenza di sopravvenienze realmente in grado di turbare l’originario assetto economico del contratto, [la revisione prezzi] non può trasformarsi in strumento di surrettizia modifica dell’originario equilibrio tra prestazione e controprestazione.
La finalità dell’istituto della revisione periodica dei prezzi […] consiste nell’esigenza di assicurare un costante equilibrio tra le prestazioni dedotte in contratto, sì da mantenere inalterato il cd. sinallagma funzionale.
Il meccanismo compensativo previsto dell’istituto in esame ha il solo scopo di prevedere un limitato adeguamento dei prezzi contrattuali, in rapporto all’eventuale verificarsi di eventi eccezionali determinanti un innalzamento dei prezzi.
Guida alla lettura
La sentenza n. 3787 del 2025 della Quarta Sezione del Consiglio di Stato offre un rilevante contributo interpretativo in materia di revisione dei prezzi negli appalti pubblici, chiarendo i limiti entro cui può operare l’adeguamento dei corrispettivi contrattuali. In particolare, la decisione stabilisce che la revisione non può trasformarsi in uno strumento di modificazione automatica e indiscriminata del prezzo d’appalto, anche in presenza di clausole che rinviano a parametri oggettivi come l’indice FOI. Viene riaffermata, con forza, la centralità del principio di equilibrio sinallagmatico e il divieto di alterazioni economiche prive di giustificazione sostanziale. L’analisi si inserisce in una più ampia riflessione sui principi di contabilità pubblica e sull’effettiva funzione dell’istituto revisionale alla luce dell’art. 106 del d.lgs. 50/2016.
Tanto premesso in termini generali, il caso sottoposto all’attenzione del Collegio riguarda una controversia tra il Comune di Quartu Sant’Elena e la società De Vizia Transfer s.p.a., relativa alla corretta applicazione della clausola di revisione prezzi contenuta nel capitolato d’appalto per la raccolta dei rifiuti urbani. L’elemento centrale del contendere consisteva nella portata applicativa della clausola contrattuale che prevedeva l’adeguamento del corrispettivo “applicando il 100% dell’indice FOI”, a partire dal secondo anno contrattuale. L’appaltatore riteneva che tale percentuale dovesse essere applicata automaticamente sull’intero corrispettivo, a prescindere dalla concreta incidenza dell’inflazione sulle singole voci di costo; l’Amministrazione, viceversa, sosteneva la necessità di limitare l’adeguamento solo alle voci effettivamente influenzate dagli aumenti ISTAT.
Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza del T.A.R. Sardegna (n. 384/2024), ha adottato un approccio rigorosamente sostanzialistico, rilevando che l’istituto della revisione prezzi non può trasformarsi in un meccanismo di alterazione dell’originario sinallagma contrattuale.
La Corte ha affermato un principio chiave, privo di precedenti espressi ma coerente con la migliore giurisprudenza evolutiva, secondo cui: «La finalità dell’istituto revisionale è quella di eliminare l’alea economica (o ridurne l’impatto) correlata al possibile aumento dei prezzi, ma non può, in concreto, trasformarsi in un meccanismo di modifica del prezzo originariamente stabilito».
Tale lettura è perfettamente compatibile con la ratio dell’art. 106 del d.lgs. 50/2016 (ratione temporis applicabile), che consente la modifica dei contratti pubblici in corso di esecuzione solo entro rigorosi limiti sostanziali, onde evitare squilibri economici ingiustificati o addirittura vantaggi indebiti per l’appaltatore.
Un passaggio particolarmente delicato del ragionamento giuridico riguarda l’interpretazione della clausola contrattuale che prevedeva l’applicazione del “100% dell’indice FOI”. L’appellante vi ha letto una previsione automatica e totale, ma il Collegio ha giustamente sottolineato come anche una clausola apparentemente “oggettiva” debba essere letta in funzione dell’equilibrio contrattuale complessivo e alla luce delle circostanze concrete.
Il Consiglio ha rilevato come nel caso di specie:
- la variazione effettiva dei costi rilevati era pari a circa €160.000;
- l’applicazione meccanica dell’indice FOI sull’intero importo avrebbe condotto a una liquidazione pari a € 640.000, con un disallineamento palese tra prestazione effettiva e controprestazione.
Tale disallineamento, si osserva, non può essere giustificato dalla mera presenza di una clausola numerica, pena la violazione del principio di invarianza del prezzo contrattuale salvo variazioni effettivamente giustificate, già scolpito nell’art. 106, d.lgs. n. 36/2023.
Sotto un profilo sistemico, la sentenza valorizza il principio – richiamato anche dall’Adunanza Plenaria n. 14/2021 – secondo cui la revisione prezzi ha natura integrativa e non modificativa del prezzo contrattuale. L’Amministrazione ha l’onere di adeguare il corrispettivo solo nei limiti in cui vi sia una documentata alterazione dei costi, anche per evitare indebiti arricchimenti dell’appaltatore in contrasto con i principi della contabilità pubblica.
Non meno rilevante è l’osservazione sulla composizione delle voci di costo: nel caso in esame, la manodopera incideva per oltre il 65% del corrispettivo complessivo e non era stata oggetto di incrementi significativi. Ne deriva che l’applicazione dell’indice FOI sull’intero importo sarebbe risultata non solo illogica, ma finanziariamente dannosa per l’interesse pubblico.
Il Consiglio di Stato – dunque -, con questa pronuncia, delimita con chiarezza i confini operativi dell’istituto revisionale, riaffermando che esso:
- non è un diritto automatico dell’appaltatore;
- richiede prova rigorosa degli aumenti di costo realmente subiti;
- deve rispettare l’equilibrio sinallagmatico originario, pena nullità della modifica ai sensi dell’art. 106, d.lgs. n. 36/2023.
Questa lettura evita che l’indice FOI venga strumentalizzato come un moltiplicatore indiscriminato dei corrispettivi, salvaguardando gli equilibri pubblici e la razionalità finanziaria dell’azione amministrativa.
In definitiva, la sentenza n. 3787/2025 rappresenta un punto fermo nell’interpretazione dell’art. 106 del Codice dei Contratti Pubblici, indicando una rotta che coniuga certezza delle regole, coerenza contrattuale e tutela dell’interesse pubblico.
Pubblicato il 5/05/2025
N. 03787/2025REG.PROV.COLL.
N. 06960/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6960 del 2024, proposto da De Vizia Transfer s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia, Gennaro Macri, Mario Pagliarulo, Fiorita Iasevoli, con domicilio eletto presso lo studio Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
contro
Comune di Quartu Sant'Elena, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mauro Barberio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. 00384/2024.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Quartu Sant'Elena;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2025 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;
FATTO
A seguito di procedura a evidenza pubblica, in data 27 aprile 2021, De Vizia Transfer s.p.a. (da qui in poi soltanto “De Vizia”) ha stipulato con il Comune di Quartu Sant'Elena un contratto d'appalto per lo svolgimento dei “servizi di raccolta e trasporto e conferimento rifiuti solidi urbani e assimilati, dei servizi di igiene urbana e complementari”.
Il contratto aveva una durata di sette anni e un corrispettivo globale, comprensivo di IVA e oneri di scurezza, pari a euro 78.066.336,38, di cui 11.152.333,76 per ciascun anno di riferimento ed euro 929.361,15 per ciascun mese di riferimento.
L'art. 27 del capitolato speciale di gara, intitolato “Revisione dei prezzi” e richiamato dall'art. 24 del contratto, stabiliva testualmente che “il corrispettivo contrattuale resta fisso ed invariabile per tutta la durata del contratto salvo quanto previsto dai commi successivi. Il corrispettivo dovrà essere soggetto a revisione ai sensi dell'art. 106 del D.Lgs. 50/2016 e ss.mm.ii a partire dal secondo anno contrattuale, oppure dal secondo anno dalla data di avvio del servizio. La revisione del corrispettivo è operata applicando il 100% dell'indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e di impiegati ('indice FOI' generico, senza tabacchi), pubblicato dall'ISTAT. L'indice FOI utilizzato è quello medio annuo riferito all'anno precedente a quello in cui viene determinata la revisione del canone”.
Su tale presupposto, in data 4 agosto 2022 De Vizia ha chiesto la revisione del corrispettivo contrattuale sulla base dell’indice FOI.
Con nota dirigenziale 30 giugno 2023, il Comune di Quartu Sant’Elena ha chiesto alla De Vizia “di riformulare l'istanza di revisione prezzi con riferimento ai valori medi dell'indice FOI calcolato sino al 31/12/2022” e, a riscontro, in data 3 luglio 2023, la De Vizia gli ha trasmesso il prospetto riepilogativo del calcolo della revisione del corrispettivo contrattuale effettuata in base all'indice FOI, pari a 7,90%, chiedendo, pertanto, un incremento del canone annuale pari a euro 800.940,33 (canone annuale di base = euro 10.138.485,24; 7,90% di tale somma = 800.940,33), giungendo a quantificare il nuovo canone netto annuale in euro 10.939.425,57 (10.138.485,24 + 800.940,33).
Tuttavia, con successiva nota del 3 luglio 2023, lo stesso Comune ha comunicato a De Vizia che “la mera applicazione dell'indice FOI al canone non è elemento sufficiente a giustificare l'approvazione di una perizia di variante”, per cui “ai fini di poter condurre l'istruttoria della variante.... si rende necessaria la produzione di una dettagliata relazione che specifichi gli incrementi dei costi delle voci che compongono il piano finanziario”.
A ciò hanno fatto seguito note endoprocedimentali con cui, rispettivamente, De Vizia ha continuato a sostenere che la revisione del prezzo debba essere quantificata applicando l’indice FOI indistintamente a tutte le voci di costo contrattuale, mentre il Comune di Quartu Sant’Elena ha insistito sul fatto che detto indice debba essere applicato alle sole voci che abbiano subito delle dimostrate variazioni di costo.
Con determinazione dirigenziale 5 ottobre 2023, n. 1451, il Comune di Quartu Sant'Elena ha, infine, calcolato il compenso revisionale richiesto applicando l'indice FOI soltanto ad alcune voci di costo contrattuali.
A tal fine il Comune ha innanzitutto premesso che “Nell'esame del calcolo revisionale occorre tener conto che, a mente del precitato articolo, è sì possibile modificare la controprestazione economica a condizione che non si alteri la natura generale del contratto e che la parte interessata dimostri l'ammontare dello scostamento dei costi previsti nella gara al fine di rispettare il principio generale della invariabilità del prezzo d'appalto. Dovendo garantire l'equilibrio economico e finanziario si deve precisare che il calcolo revisionale deve tener conto della variazione dei costi a decorrere dalla firma del contratto, considerando perciò anche le variazioni intervenute nell'esercizio del primo anno ai fini della determinazione della base di calcolo della revisione prezzi del 2022. Inoltre si deve tener conto della prima istanza così come riformulata a seguito della richiesta del RUP con nota prot. 53526 del 30/06/2023”. Inoltre lo stesso Comune ha chiarito che “La base di calcolo per determinare la variazione del prezzo del 2022 è influenzata anche dalla variazione dei prezzi che si sono avuti nel 2021E”.
Fatte queste premesse, il Comune è partito dall’individuazione della revisione dei prezzi riferibile all’anno 2021 e, a tal fine, ha calcolato l’importo risultante dalla somma di tutte le voci di costo che hanno concretamente subito incrementi nell’anno 2021 in euro 1.672.383,33, sulla quale ha applicato l'indice di variazione FOI per l’anno 2021, pari al 2,4625%, quantificando l’importo della revisione prezzi per l’anno 2021 in euro 27.454,96.
Il Comune ha, poi, sommato quest’ultimo importo di euro 27.454,96 (importo della revisione prezzi riferibile all’anno 2021) all’incremento prezzi materialmente subito dalle voci di costo considerate nello stesso anno 2021, pari a euro 1.672.383,33 (vedi supra), giungendo a individuare, quale base di calcolo della revisione prezzi spettante a fine anno 2022, la somma di euro 1.699.838,29.
Infine su quest’ultima cifra ha applicato l’indice FOI per il 2022, pari al 7.99%, individuando, quale importo spettante all’appaltatore a titolo di revisione prezzi a fine anno 2022, la somma di euro 135.817,08 (euro 134.761,75 al netto degli oneri di sicurezza).
Lo stesso Comune ha precisato che nel determinare la base di calcolo della revisione aveva tenuto conto soltanto delle seguenti voci: gestione dei mezzi (euro 880.382,38), forniture annuali (euro 412.778,63), spese generali (euro 165.887,88), oneri per la sicurezza del personale (euro 127.500,66), utile d'impresa (euro 85.833,78), mentre non aveva tenuto conto delle seguenti voci, in quanto non concretamente interessate da incrementi significativi: personale (euro 6.935.576,11), ammortamento mezzi (euro 1.069.897,92) e forniture ammortizzate (euro 660.110,36).
In altri termini, il Comune ha respinto la richiesta della ricorrente di applicare l’indice FOI indistintamente a tutte le voci di costo contrattuale, evidenziando che l'applicazione dell'indice FOI all'intero importo del canone comporterebbe “un indebito riconoscimento in violazione dei rigidi principi di contabilità pubblica e del principio dell'invariabilità del prezzo contrattuale", nonché "un indebito arricchimento dell'appaltatore e un danno per la pubblica amministrazione”.
Tanto premesso, con il ricorso di primo grado la De Vizia ha chiesto l’annullamento di tale decisione e la condanna del Comune, previa quantificazione dell'importo revisionale mediante applicazione dell'indice FOI, al pagamento della relativa somma, con gli interessi moratori dalla data della richiesta.
Il T.a.r. Sardegna, con la decisione 17 maggio 2024, n. 384, ha respinto il ricorso.
La De Vizia ha proposto appello per il motivo riportato nella parte in diritto.
Si è costituito nel giudizio di appello il Comune di Quartu Sant’Elena, opponendosi all’accoglimento del ricorso.
All’udienza pubblica del 23 gennaio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La De Vizia, con un unico mezzo di gravame, ha dedotto: “Error in iudicando; violazione e falsa applicazione dell’art. 106 del decreto legislativo 50/2016; violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del capitolato speciale di appalto e dell’art. 24 del contratto; violazione dell’art. 1321 del codice civile e del principio di vincolatività dei contratti; violazione della lex specialis di gara; violazione dei principi generali in tema di interpretazione degli atti giuridici”.
Ad avviso dell’appellante, avendo la disciplina contrattuale individuato l’indice FOI quale meccanismo di revisione senza alcuna limitazione o precisazione, essa imporrebbe di applicare l’indice stesso indistintamente e automaticamente all’intero compenso dell’appaltatore, conformemente al riferimento normativo al “100% dell'indice di variazione” leggibile nel presupposto art. 106 del d.gs. n. 50/2016.
Di qui la illegittimità della decisione del Comune di Quartu Sant'Elena di applicarlo, invece, alle sole voci di costo effettivamente interessate da incrementi nel biennio 2021-2022.
Tale conclusione troverebbe conferma nell’art. 106, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, applicabile ratione temporis, il quale consentiva (così come lo consente l’attuale codice dei contratti pubblici) l’adeguamento del corrispettivo -purché sulla scorta di una clausola contrattuale chiara, precisa ed inequivocabile, come quella ora in esame- “alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti”, cioè a criteri oggettivi e automatici.
Ad ulteriore sostegno dell’assunto, la parte appellante rileva che la scelta dell’Amministrazione resistente di applicare l'indice FOI alle sole voci di costo effettivamente aumentate sia intrinsecamente contraddittoria nella parte in cui pretende di applicare un criterio di revisione oggettivo, quale appunto l’indice FOI, a voci di incremento considerate mutevoli e differenti, a quel punto prescindendo inopinatamente dall'effettiva misura dell’aumento subito da ciascuna di esse.
L’impostazione proposta in ricorso troverebbe, infine, conferma nella giurisprudenza formatasi nella vigenza del precedente art. 115, del d.lgs. n°163 del 2006, il cui contenuto è stato puntualmente riprodotto dall’'art. 27 del Capitolato speciale di gara oggi in discussione, secondo cui “deve essere assunto nella misura intera e non deve essere soggetto a decurtazioni senza che possa essere riconosciuto all'amministrazione una sorta di potere discrezionale di riduzione dell'indice in commento” (così TAR Campania 30 gennaio 2023, n. 684 e 16 giugno 2022, n. 4095).
Il motivo non è fondato.
Secondo un costante indirizzo interpretativo, l'istituto della revisione prezzi ha un duplice scopo. Esso, per un verso, mira a tutelare l'esigenza dell'amministrazione di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo e tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto; per altro verso, mira a tutelare l'interesse dell'impresa a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che ragionevolmente si verificano durante l'arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni.
L’analisi dei precedenti giurisprudenziali conferma le conclusioni qui esposte
La giurisprudenza ha avuto, infatti, modo di chiarire che la revisione prezzi mira a garantire il riequilibrio del sinallagma contrattuale “a fronte di una sua documentata alterazione … la finalità dell’istituto della revisione periodica dei prezzi nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa, come previsto dall’art. 115 d.lvo n. 163/2006, consiste nell’esigenza di assicurare un costante equilibrio tra le prestazioni dedotte in contratto, sì da mantenere inalterato il cd. sinallagma funzionale, quando si verificano circostanze sopravvenute incidenti sull'equilibrio tra le prestazioni (Cons. Stato, sez. III, nn. 3317/2022 e 7288/2023).
Tale linea interpretativa è stata, di recente, condivisa anche dalla Adunanza Plenaria 6 agosto 2021, n. 14, secondo cui la ratio della revisione prezzi è quella di svolgere “una funzione “integrativa” del prezzo contrattuale, rideterminando il prezzo dedotto nel contratto in retrospettiva, cioè con riferimento allo squilibrio che nel tempo si è venuto progressivamente a produrre rispetto alla prestazione oggetto del contratto.
Del resto, come è stato attentamente rilevato, l’istituto della revisione del prezzo serve ad eliminare l’alea economica (o a ridurne l’impatto) correlata al possibile aumento dei prezzi ma non può, in concreto, trasformarsi in un meccanismo di modifica del prezzo originariamente stabilito, peraltro solo a vantaggio di una parte.
In tal senso, si è chiarito che il meccanismo compensativo previsto dell’istituto in esame ha il solo scopo di prevedere un limitato adeguamento dei prezzi contrattuali, in rapporto all’eventuale verificarsi di eventi eccezionali determinanti un innalzamento dei prezzi (Cons. Stato n. 9426/2022).
Esso, nondimeno, in assenza di sopravvenienze realmente in grado di turbare l’originario assetto economico del contratto, non può trasformarsi in strumento di surrettizia modifica dell’originario equilibrio tra prestazione e controprestazione.
Nel caso in esame, alla luce della ratio che ispira l’istituto della revisione prezzi, non pare ammissibile che, a fronte di un aumento effettivo dei prezzi in misura pari a soli € 160.000, l’Amministrazione comunale debba liquidarne € 640.000.
Diversamente ragionando, si determinerebbe uno stravolgimento sostanziale del sinallagma, risultato quest’ultimo espressamente vietato dall’art. 106.
Tali conclusioni si impongono nel caso in esame anche alla luce del fatto che, nell’appalto di che trattasi, la manodopera copre, da sola, il 65,47% del totale del corrispettivo dell’appalto. Ne discende che l’acritica applicazione della percentuale di variazione dell’indice FOI (pari al 7,90%), a fronte di una variazione effettiva del costo della manodopera in misura percentuale pari allo 0,295, determinerebbe, un marcato ingiustificato arricchimento (per diverse centinaia di migliaia di euro) a favore dell’Appaltatore.
In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto mentre la parziale novità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.
Compensa tra le parti integralmente le spese di questo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Neri, Presidente
Silvia Martino, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere, Estensore