TAR Lazio, Roma, Sez. IV-ter, 16 aprile 2025, n. 7608
Lo scorrimento della graduatoria, ai fini della prosecuzione del servizio dopo la risoluzione del contratto di appalto, è frutto, pertanto, dell’esercizio di un potere della stazione appaltante, che intenda, appunto, proseguire nel medesimo contratto, del tutto vincolato, residuando, secondo la giurisprudenza, in capo al quest’ultima, la sola scelta discrezionale (e preventiva) di rivalutare le proprie esigenze e conseguentemente di modificare il precedente contratto, tenendo conto di eventuali esigenze sopravvenute per il mutamento di situazioni di fatto, una volta che sia cessato il rapporto contrattuale instaurato a seguito della procedura concorsuale già conclusa.
Poiché il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo sussiste anche con riguardo a tutti gli atti presupposti a quelli afferenti la fase esecutiva devoluti al G.O., qual è, nella specie, la clausola di accordo quadro dalla quale origina la risoluzione e della quale si duole la ricorrente, tale clausola dovrà essere oggetto di sindacato incidentale ed eventuale disapplicazione da parte del Giudice ordinario in sede di sindacato sulla risoluzione, senza che sia configurabile, in simili fattispecie, la soluzione del doppio binario di tutela (avverso l’atto presupposto dinanzi al G.A. ed avverso l’atto lesivo afferente la fase di esecuzione dinanzi al G.O.).
La revoca dell’aggiudicazione disposta dalla stazione appaltante, in conseguenza della previamente intervenuta risoluzione per inadempimento dell’accordo quadro, deve intendersi quale atto meramente dichiarativo e, in ragione di ciò, rimanendo comunque espressione di un potere di natura privatistica.
All'indomani dell'introduzione del principio costituzionale di ragionevole durata del processo, l'art. 295 c.p.c., nella parte in cui dispone che il giudice adito sospende il processo innanzi a lui pendente in ogni caso in cui egli o altro giudice debba risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa, va interpretato restrittivamente e circoscritto nell'applicazione ai soli casi in cui sia effettivamente impossibile addivenire ad una pronuncia sul merito della lite in mancanza della preventiva definizione di una res iudicanda rimessa ad un giudice differente.
Guida alla lettura
Con la sentenza n. 7608 del 16 aprile 2025 il TAR Lazio, Sez. IV-ter, si è espresso inserendosi nel solco di una giurisprudenza sempre più attenta a garantire una chiara delimitazione tra la fase di affidamento e quella di esecuzione dell’appalto pubblico. La pronuncia in commento – resa all’esito del ricorso proposto dalla società Scenari S.r.l. avverso l’aggiudicazione del servizio a TP Infinity Italia in seguito a risoluzione del contratto per presunto inadempimento – affronta due temi centrali nell’evoluzione del diritto dei contratti pubblici: da un lato, la legittimità dello scorrimento della graduatoria ex art. 124 del d.lgs. n. 36/2023; dall’altro, i limiti della giurisdizione amministrativa nelle controversie che afferiscono alla fase esecutiva del rapporto contrattuale.
La ricorrente Scenari S.r.l., già originaria aggiudicataria di un appalto per servizi di ricerca di mercato in favore del Polo Passeggeri del gruppo Ferrovie dello Stato, aveva visto risolto il proprio contratto da parte di Trenitalia per asserita violazione di una clausola contrattuale (art. 3 dell’Accordo Quadro), la quale imponeva l’obbligo di non prestare attività analoghe per operatori concorrenti. La società, ritenendo infondata la risoluzione e sostenendo l’illegittimità della clausola in questione, ha avviato giudizio ex art. 700 c.p.c. dinanzi al Tribunale civile. Contestualmente, impugnava dinanzi al TAR la delibera con cui Trenitalia, facendo scorrere la graduatoria, affidava l’appalto alla seconda classificata, TP Infinity Italia. Le censure erano incentrate:
- sull’illegittimità derivata dell’aggiudicazione, ritenuta effetto di una risoluzione invalida;
- sulla nullità della clausola contrattuale che aveva fondato la risoluzione, in quanto contraria ai principi di libera concorrenza.
Il TAR affronta anzitutto la questione del difetto di giurisdizione relativamente alla seconda doglianza, confermando un orientamento ormai consolidato secondo cui le controversie afferenti alla fase di esecuzione del contratto sono devolute al Giudice Ordinario, anche quando concernano atti presupposti, come la clausola contrattuale che avrebbe fondato la risoluzione. In particolare, la clausola dell’accordo quadro oggetto di censura da parte della ricorrente – ritenuta anticoncorrenziale e abusiva – è considerata a tutti gli effetti parte del sinallagma contrattuale, e come tale sindacabile incidenter tantum dal G.O. nel contesto del giudizio sulla validità della risoluzione (cfr. Cass. SS.UU. 2 ottobre 2019, n. 24609). In tal senso, non è ammissibile una duplicazione di rimedi: una censura dell’atto contrattuale davanti al G.O. e una parallela impugnativa dinanzi al G.A. sulla base della medesima clausola. Viene così ribadita la necessità di evitare una tutela giurisdizionale "a doppio binario" che genererebbe incertezza e rischi di conflitti di giudicato.
Sotto il profilo dell’aggiudicazione al secondo classificato, il TAR affronta la questione della legittimità dello scorrimento della graduatoria in esito alla risoluzione contrattuale alla luce del nuovo art. 124 del Codice dei contratti pubblici. La norma dispone che, in caso di eventi che impediscano l’esecuzione del contratto (tra cui la risoluzione), l’amministrazione interpella progressivamente i soggetti della graduatoria originaria, se tecnicamente ed economicamente possibile, per procedere all’affidamento del servizio. Secondo il TAR, in tali ipotesi, l’esercizio del potere di scorrimento assume carattere vincolato: una volta scelta la strada della prosecuzione del servizio, la stazione appaltante non può che applicare meccanicamente lo scorrimento, senza margini di discrezionalità. La censura della ricorrente – fondata sull’illegittimità derivata della nuova aggiudicazione – è dunque ritenuta infondata, in quanto la P.A. si è limitata ad applicare pedissequamente una disposizione di legge, in assenza di vizi propri dell’atto di aggiudicazione. Questa lettura è in linea con precedenti significativi (Cons. Stato, Sez. V, 3 agosto 2023, n. 7520), secondo cui la discrezionalità pubblica si esaurisce nella scelta tra reindizione della gara e prosecuzione tramite scorrimento, mentre l’esecuzione dello scorrimento risponde a un modello legale vincolato.
La sentenza in commento offre spunti di rilievo sul piano sistematico e operativo. In primo luogo, essa conferma l’attualità del principio secondo cui l’unitarietà del rapporto contrattuale impone che tutte le controversie attinenti alla sua esecuzione siano devolute alla giurisdizione del G.O., anche laddove si tratti di clausole suscettibili di rilievo pubblicistico. In secondo luogo, la pronuncia valorizza la portata vincolata dell’art. 124 del nuovo Codice degli appalti, riducendo gli spazi di contenzioso in sede amministrativa sulle aggiudicazioni conseguenti a risoluzione del contratto. Infine, la decisione suggerisce una riflessione critica sul tema delle clausole escludenti atipiche inserite negli accordi quadro: pur trattandosi di atti privatistici, la loro incidenza sull’accesso al mercato e sulla concorrenza non può essere trascurata, e potrebbe legittimare, in casi particolarmente gravi, anche una valutazione dell’AGCM o della Corte di Giustizia UE. Sotto questo profilo, il caso Scenari S.r.l. evidenzia l’importanza di un controllo preventivo e rigoroso sulle clausole di esclusiva nei contratti pubblici, il cui uso, se eccessivo, può alterare in modo sensibile le dinamiche concorrenziali del mercato.
Pubblicato il 16.04.2025
N. 07608/2025 REG.PROV.COLL.
N. 08986/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8986 del 2024, proposto da Scenari S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9727674A86, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Delfino e Gianfranco Di Sabato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Trenitalia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Saverio Marini ed Esper Tedeschi, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, alla via di Villa Sacchetti n. 9, e domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
nei confronti
Tp Infinity Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lorenzo Lamberti, Gianmatteo Nunziante ed Angelo Melpignano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento, previa concessione di misura cautelare,
della Delibera n. 202 del 22.07.2024 – comunicata a mezzo portale il successivo 23.07.2024 - con la quale Trenitalia, a seguito di scorrimento della graduatoria, ha aggiudicato la gara per l’affidamento di Servizi di ricerche di mercato - di tipo qualitativo e di tipo quantitativo - per il Polo Passeggeri di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. (Trenitalia S.p.A., Busitalia Sita Nord S.r.l. e Ferrovie del Sud Est S.r.l.) – Lotto 2, CIG 9727674A86, alla società Teleperformance KS Italia S.p.A. a socio unico (ora TP INFINITY ITALIA S.P.A.), nonché di ogni altro atto e/o provvedimento, anche se non conosciuto, lesivo degli interessi della ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Trenitalia S.p.A. e di Tp Infinity Italia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 aprile 2025 la dott.ssa Monica Gallo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso all’esame del Collegio la parte ricorrente impugna la delibera in oggetto indicata, recante aggiudicazione alla controinteressata dell’appalto per l’affidamento di Servizi di ricerche di mercato - di tipo qualitativo e di tipo quantitativo - per il Polo Passeggeri di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. Più nello specifico la società ricorrente, risultata aggiudicataria dell’appalto in argomento, dopo aver subito la risoluzione del contratto per inadempimento, si duole della decisione della P.A. di aggiudicare il servizio all’operatore secondo graduato, assumendone l’illegittimità siccome dedotta in termini di illegittimità derivata dalla, in tesi, altrettanto illegittima risoluzione contrattuale oggetto di ricorso ex art. 700 c.p.c. dinanzi al G.O.
2. Il gravame è affidato ai seguenti motivi di censura:
“Sull’inesistenza dei presupposti dell’inadempimento lamentato – Sulla mancata violazione dell’art 3) - anche in combinato disposto con l’art. 10) dell’Accordo Quadro – Sulla buona fede contrattuale di Scenari – Sulla illegittimità/nullità delle predette clausole”.
La società ricorrente con tale motivo si duole della “inconsistenza dei presupposti per procedere alla risoluzione dell’Accordo Quadro da parte di Trenitalia, non sussistendo alcun inadempimento, oggettivamente percepibile, alle previsioni contenute all’art. 3) del suddetto accordo”, concludendo nel senso della illegittimità derivata dell’aggiudicazione impugnata.
“Sul fumus boni iuris - Sulla nullità / illegittimità della clausola contenuta all’art. 3) dell’AQ – Sulla sua anti-concorrenzialità e sull’abuso di posizione dominante da parte di Trenitalia”.
Sulla base del quivi riportato motivo di ricorso la ricorrente chiede di “accertare, incidenter tantum, la nullità e/o l’illegittimità dell’art. 3) dell’Accordo Quadro, anche in combinato disposto con il successivo art. 10), con conseguente inefficacia della risoluzione disposta in danno di Scenari sull’errato presupposto della sua violazione”. Deduce, in particolare, che l’art. 3) dell’Accordo Quadro imporrebbe una condizione che è da considerarsi nulla e/o illegittima, in quanto palesemente lesiva del diritto della concorrenza in quanto determinante, in tesi, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi, in particolare attraverso l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nonché, di fatto, “l’esclusione dal mercato dei servizi di Trenitalia - quasi in termini “punitivi” - degli l’operatori economici che intrattengono rapporti commerciali con il suoi competitors.
2.1. La parte ricorrente conclude il suo gravame instando, previa concessione della richiesta misura cautelare, per la sospensione del giudizio “nelle more della definizione del giudizio civile intrapreso dalla ricorrente innanzi al Tribunale di Roma” avverso la subita risoluzione di inadempimento.
3. Si è costituita la società resistente, opponendosi al ricorso e chiedendone il rigetto. Si è, altresì, costituita la società controinteressata, contestando, preliminarmente, la sussistenza di un rapporto di pregiudizialità fra la causa pendente avanti al Tribunale civile ed avente ad oggetto la risoluzione contrattuale e l’oggetto dell’odierno ricorso. Deduce, altresì, l’infondatezza del primo motivo di ricorso e l’irricevibilità del secondo, per tardiva impugnazione della clausola di lex specialis con la stessa contestata, nonché l’inammissibilità dello stesso per carenza di interesse, avendo, in tesi, la società ricorrente, accettato la citata clausola sottoscrivendo l’apposita dichiarazione al momento della partecipazione alla gara.
4. In vista della camera di consiglio del 24 settembre 2024 le parti hanno depositato le proprie memorie difensive. In particolare, la società ricorrente ha insistito per l’accoglimento della richiesta misura cautelare, deducendo che, spirato anche lo stand still period, il periculum in mora si sarebbe sostanziato nel rischio che, nelle more della celebrazione dell’udienza fissata dal Tribunale di Roma nell’ambito del giudizio proposto avverso la subita risoluzione contrattuale, Trenitalia avrebbe potuto procedere alla stipula del contratto con TP Infinity e con la consegna del servizio.
Per parte sua la società resistente, nella propria memoria, ha dedotto l’inammissibilità del ricorso per genericità dei motivi nonché per mancata impugnazione della delibera di annullamento dell’aggiudicazione già disposta in favore della ricorrente. Ha, altresì, dedotto l’assenza di pregiudizialità tra il ricorso innanzi il G.O. ed il presente giudizio nonché l’inammissibilità del ricorso per mancanza della legittimazione e dell’interesse ad agire ex artt. 39 c.p.a. e 100 c.p.c., per effetto della intervenuta risoluzione contrattuale nei confronti della ricorrente.
5. In esito alla camera di consiglio del 24 settembre 2024, con ordinanza n. 4373 del 26 settembre 2024, l’istanza cautelare formulata dalla ricorrente è stata accolta al sol fine di conservare la res adhuc integra, nelle more della definizione del giudizio civile con cui si contesta la risoluzione contrattuale subita dalla ricorrente.
6. In esito alla udienza pubblica del 14 gennaio 2025, con ordinanza n.694 del 15 gennaio 2025, la trattazione della causa è stata differita alla udienza pubblica del 1° aprile 2025, nelle more della decisione del giudice ordinario sul ricorso ex art. 700 c.p.a.
7. In vista della udienza pubblica del 1° aprile 2025 la parte ricorrente, sul presupposto della intervenuta pronuncia di inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.a. e della pendenza di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., ha formulato istanza di revoca o modifica ex art. 58 c.p.a. “dell’ordinanza n. 694/2025 del 15.01.2024 e, ove e per quanto possa occorrere, dell’ordinanza n. 4373/2024 del 26.09.2024”, chiedendone l’estensione degli effetti “sino all’effettiva definizione del reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. pendente innanzi al Tribunale Civile di Roma, in composizione collegiale, la cui udienza è fissata per il 18.04.2025”. Al dichiarato fine di “garantire la discussione sull’istanza ex art. 58 c.p.a.” la società ricorrente e la società resistente hanno avanzato, poi, istanza congiunta di rinvio dell’udienza pubblica a data successiva a quella della fissanda camera di consiglio e, comunque, a data successiva a quella di discussione del reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. già fissata per il 18 aprile 2025.
8. Alla suindicata udienza pubblica la causa è stata introitata per la decisione.
9. Il ricorso è in parte infondato ed in parte inammissibile per difetto di giurisdizione.
10. Va innanzitutto dato atto della insussistenza nella fattispecie di una causa di sospensione necessaria del giudizio, in ragione della pendenza di un reclamo ex art 669-terdecies c.p.c. avverso la decisione di inammissibilità che ha definito il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dalla società ricorrente in esito alla subita risoluzione contrattuale. All'indomani dell'introduzione del principio costituzionale di ragionevole durata del processo, l'art. 295 c.p.c., nella parte in cui dispone che il giudice adito sospende il processo innanzi a lui pendente in ogni caso in cui egli o altro giudice debba risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa, va interpretato restrittivamente e circoscritto nell'applicazione ai soli casi in cui sia effettivamente impossibile addivenire ad una pronuncia sul merito della lite in mancanza della preventiva definizione di una res iudicanda rimessa ad un giudice differente. Tale situazione nella fattispecie non sussiste anche avendo riguardo allo strumento di tutela, meramente cautelare, attivato dalla parte ricorrente dinanzi al G.A. e peraltro allo stato oggetto di decisione di primo grado ancorchè reclamata.
Né sussistono nella fattispecie ragioni per accogliere la istanza congiunta di rinvio, essendo tale ipotesi oggi consentita, ai sensi del riformato articolo 73 c.p.a., solo per casi eccezionali, nella fattispecie allo stato non sussistenti.
Vero è che la discussione della istanza ex art. 58 c.p.a., nella prospettiva della quale le parti instano per il rinvio, risulta ad oggi del tutto ultronea. In effetti, poiché la misura cautelare pretesa con la ridetta istanza non può che essere una misura strumentale alla conservazione della posizione dell’istante e della utilità finale dallo stesso perseguita, nelle more della decisione di merito, l’attuale stato del processo e la sua definizione con la presente decisione elide la funzione strumentale ed interinale della pretesa misura, rendendo l’istanza evidentemente, rispetto al momento processuale, non ammissibile e comunque ultronea. Si vuol dire che, mentre in sede di discussione della istanza cautelare il Collegio ha ritenuto necessario mantenere la res adhuc integra sino alla pronuncia del giudice ordinario sul ricorso ex art. 700 c.p.c. e nelle more della discussione del ricorso nel merito, giunta ormai la causa alla decisione e, medio tempore, deciso il ricorso ex art. 700 c.p.c. dinanzi al Tribunale ordinario, le ragioni di cautela che giustificano l’adozione di provvedimenti interinali non possono più dirsi sussistenti.
11. Preliminarmente, con esclusivo riguardo al primo motivo di doglianza, devono rigettarsi le eccezioni di difetto di giurisdizione sollevate della parte resistente e controinteressata. Invero l’oggetto della impugnazione va individuato nella aggiudicazione serbata dalla società resistente in favore della controinteressa. Trattasi di provvedimento espressione del potere pubblicistico della stazione appaltante, attratto alla fase di evidenza pubblica e, pertanto, soggetto alla giurisdizione del G.A.
11.1. Non coglie nel segno nemmeno l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse fondata sulla omessa impugnazione della revoca dell’aggiudicazione subita dalla ricorrente, dovendosi intendere quest’ultima quale atto meramente dichiarativo della previamente intervenuta risoluzione per inadempimento dell’accordo quadro ed, in ragione di ciò, “rimanendo comunque espressione di un potere di natura privatistica” (Cassazione civile sez. un., 05 ottobre 2018, n.24411; 09 aprile 2018, n. 8721; cfr. altresì T.A.R. Lazio, Roma, Sez.III,8 maggio 2020 n.4853), attratta al sindacato del G.O. sull’atto risolutivo presupposto.
12. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Invero, ai sensi dell’articolo 124 del d.lgs. n. 36/2023, in casi tassativamente indicati (tra i quali figura la risoluzione del contratto), le stazioni appaltanti interpellano progressivamente i soggetti che hanno partecipato all’originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, per stipulare un nuovo contratto per l’affidamento dell’esecuzione o del completamento dei lavori, servizi o forniture, se tecnicamente ed economicamente possibile.
Lo scorrimento della graduatoria, ai fini della prosecuzione del servizio dopo la risoluzione del contratto di appalto, è frutto, pertanto, dell’esercizio di un potere della stazione appaltante, che intenda, appunto, proseguire nel medesimo contratto, del tutto vincolato, residuando, secondo la giurisprudenza, in capo al quest’ultima, la sola scelta discrezionale (e preventiva) di rivalutare le proprie esigenze e conseguentemente di modificare il precedente contratto, tenendo conto di eventuali esigenze sopravvenute per il mutamento di situazioni di fatto, una volta che sia cessato il rapporto contrattuale instaurato a seguito della procedura concorsuale già conclusa) (Cons. St., sez. V, 3 agosto 2023, n. 7520). Se invece, come nel caso di specie, la stazione appaltante opti per la prosecuzione del servizio, lo scorrimento integra l’unica via prescritta dal legislatore.
Ne discende che, anche per effetto della assenza dell’articolazione di vizi diretti dell’aggiudicazione gravata, la cui illegittimità risulta dedotta dalla società ricorrente solo in via derivata dalla illegittimità della subita risoluzione, la ridetta aggiudicazione non possa che essere confermata nella sua legittimità siccome assunta in pedissequa applicazione di quanto prescritto dal citato articolo 124 c.p.a.
12.3. Inammissibile per difetto di giurisdizione è poi il secondo motivo di gravame, con il quale la società ricorrente si duole della clausola di cui allo schema di accordo quadro secondo la quale “L’Appaltatore si obbliga a non concludere né eseguire, in corso di vigenza del presente Accordo Quadro, contratti aventi ad oggetto la realizzazione di ricerche di mercato” sia con/per altri operatori ferroviari operanti in Paesi in cui opera Trenitalia S.p.A. sia con/per altri operatori di trasporto nei bacini serviti da Busitalia – Sita Nord S.r.l. e Ferrovie Sud Est S.r.l.
Trovano infatti applicazione nella fattispecie i consolidati criteri di riparto della giurisdizione, come definiti dalle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, in base ai quali sono devolute alla cognizione del giudice amministrativo tutte e soltanto le controversie relative alla procedura di affidamento dell'appalto o concessione, mentre quelle aventi ad oggetto la fase di esecuzione del contratto (in primis la risoluzione del contratto) spettano alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto riguardanti un rapporto di natura privatistica caratterizzato dalla posizione di parità delle parti, titolari di situazioni giuridiche qualificabili come diritti ed obblighi (Tar Lazio, Roma, sez. V, 24 novembre 2022, n.15681).
Orbene, nel caso di specie la clausola de qua viene gravata quale presupposto della risoluzione per inadempimento, contestata dinanzi al G.O.
Sennonché, poiché il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo sussiste anche con riguardo a tutti gli atti presupposti a quelli afferenti la fase esecutiva devoluti al G.O., qual è, nella specie, la clausola di accordo quadro dalla quale origina la risoluzione e della quale si duole la ricorrente, tale clausola dovrà essere oggetto di sindacato incidentale ed eventuale disapplicazione da parte del Giudice ordinario in sede di sindacato sulla risoluzione, senza che sia configurabile, in simili fattispecie, la soluzione del doppio binario di tutela (avverso l’atto presupposto dinanzi al G.A. ed avverso l’atto lesivo afferente la fase di esecuzione dinanzi al G.O.) (in questi termini Cassazione SS.UU. 2 ottobre 2019 n. 24609).
Tanto risulta confermato dalla considerazione che, nella specie, il petitum sostanziale della domanda di giustizia formulata dalla ricorrente va propriamente ravvisato nella caducazione del provvedimento avente ad oggetto la risoluzione, in quanto asseritamente deliberata sulla base della citata clausola di accordo quadro, e non concerne una lesione direttamente derivante dal suddetto atto presupposto, il quale assume rilevanza concreta se e in quanto abbia dato luogo alla risoluzione contestata dinanzi al G.O., come accaduto nella fattispecie che ci occupa.
Tanto è evidente dallo stesso tenore letterale del motivo di doglianza qui deciso con il quale viene sottoposto a questo giudice solo di “accertare incidenter tantum, la nullità e/o l’illegittimità dell’art. 3) dell’Accordo Quadro”, ai fini “della declaratoria di inefficacia della risoluzione disposta in danno di Scenari sull’errato presupposto della sua violazione”.
13. In conclusione il ricorso è in parte infondato ed in parte inammissibile per difetto di giurisdizione in favore del G.O.
14. Le spese possono essere compensate, attesa la peculiarità della questione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, per quanto e nei sensi di cui in motivazione, in parte lo dichiara infondato ed in parte inammissibile per difetto di giurisdizione in favore del G.O.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:
Rita Tricarico, Presidente
Monica Gallo, Referendario, Estensore
Valentino Battiloro, Referendario