Corte Cass., Sez. III, ordinanza 20 marzo 2024, n. 7498

Per ritenere integrata la responsabilità precontrattuale per ingiustificata interruzione delle trattative concernenti la stipula di un contratto, occorre che tra le parti siano in corso trattative; che queste siano giunte ad uno stadio idoneo ad ingenerare, nella parte che invoca l’altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che esse siano state interrotte, senza un giustificato motivo, dalla parte cui si addebita detta responsabilità; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.

La verifica della ricorrenza di tutti gli indicati elementi si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivato. 

Non può configurarsi la responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione in assenza dei necessari presupposti.

Nella specie, una società immobiliare contestava a un Comune l’ingiustificata interruzione delle trattative concernenti la stipula di un contratto di locazione passiva.

Con nota a firma del Sindaco, l’Ente aveva manifestato la disponibilità ad accettare la proposta di contratto di locazione passiva formulata dalla società immobiliare proprietaria del bene da concedere in locazione. Specificava, altresì, che, ai fini della stipula dell’accordo negoziale locatizio, era necessario attendere la preventiva approvazione del bilancio comunale.

A fronte di tale precisazione, la Suprema Corte ha escluso che possa ritenersi ingenerato alcun ragionevole affidamento in capo alla suddetta società, dal momento che non è perfezionato alcun atto deliberativo, né una previsione di spesa o di copertura finanziaria, ovvero altro atto necessario ai fini della nascita o insorgenza di una valida obbligazione in capo all’ente locale, né è stata posta in essere alcuna formalità prevista dalla legge e, in particolare, dal Testo Unico Enti Locali. Ciò a maggior ragione nel caso in cui, successivamente, il competente dirigente dell’Ente territoriale abbia comunicato e ribadito nei confronti della società che il contratto di locazione sarebbe stato eventualmente stipulato solo dopo che l’Amministrazione comunale avesse formalizzato la propria volontà in merito, attraverso l’adozione di specifici atti deliberativi, definendo negli stessi termini e condizioni della futura locazione[1].

 

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Civile Ord. Sez. 3 Num. 7498 Anno 2024

Presidente: SCARANO LUIGI ALESSANDRO

Relatore: AMBROSI IRENE

Data pubblicazione: 20/03/2024

 

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11093/2019 R.G. proposto da

EFI s.r.l. (già Edilizia Fiduciaria Immobiliare – E.F.I. s.r.l.), in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Nebbia, in virtù di procura a margine del ricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, Piazzale Clodio n. 32/A presso lo studio dell’Avv. Lidia Sgotto Ciabattini (PEC nebbia.giuseppe@avvocaticampobasso.legalmail.it);

– ricorrente –

contro

COMUNE di CAMPOBASSO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Annarita Gaeta, in virtù di procura speciale in calce alla presente comparsa di costituzione di nuovo difensore, domiciliato ex lege in ROMA, piazza CAVOUR presso la Cancelleria della Corte di cassazione (PEC avvannaritagaeta@puntopec.it);

– resistente–

 avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO n. 91/2019

depositata il 22/01/2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre 2023 dalla

Consigliera Irene Ambrosi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. il Comune di Campobasso, odierno resistente, ha proposto appello avverso la decisione non definitiva n. 748 del 7/10/2014 resa dal Tribunale di Campobasso che aveva accertato la responsabilità precontrattuale del Comune della stessa città e disposto per il prosieguo del giudizio; E.F.I. s.r.l. aveva resistito chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

 

La Corte d’appello di Campobasso, in accoglimento del gravame, ha annullato la decisione di prime cure e compensato tra le parti le spese del giudizio.

2. EFI s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi. Il Comune di Campobasso ha resistito con controricorso.

Ai fini della decisione del presente ricorso, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio ai sensi dell’art. 360 bis.1 c.p.c..

Non ha depositato conclusioni scritte il Pubblico Ministero.

Nessuna delle parti ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente denunzia con il primo motivo di ricorso “In relazione all’art. 360, comma 1 n. 4), c.p.c.” la “Nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 e dell’art. 115 c.p.c.- Inammissibilità dell’avverso appello per omessa riserva precedente alla notifica dell’appello”; contesta, in particolare, che il giudice d’appello nulla ha affermato riguardo all’eccezione di inammissibilità del gravame per l’omessa riserva precedente alla notifica dell’atto di appello, sollevata dalla ricorrente con la comparsa di costituzione in appello e ribadita in quella conclusionale;

vizio che, a parere della ricorrente, sarebbe rilevante sia “in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4), c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 n. 4 c.p.c.” e sia “in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5), c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

1.1. Il motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Il regime d’impugnazione delle sentenze di primo grado, che non definiscono la controversia (cosiddette sentenze non definitive), è indicato negli articoli 339 e 340 cod. proc. civ., che attribuiscono alla parte soccombente in base alla sentenza non definitiva la facoltà di proporre, nei termini indicati dagli artt. 325 e 327 cod. proc. civ., appello immediato contro la decisione o di procrastinarlo, attendendo l’esito del giudizio per valutare la convenienza del risultato finale; in quest’ultimo caso, la facoltà è subordinata alla formulazione di una riserva, della quale sono indicati i termini e le forme. Per vero, quindi la riserva andava formulata solo se per impugnare la sentenza non definitiva assieme a quella definitiva mentre, nel caso di specie, è stata impugnata soltanto quella non definitiva e, pertanto, la doglianza va disattesa.

2. La ricorrente denuncia, inoltre, con il secondo motivo di ricorso “In relazione all’art. 360, comma 1 n. 4), c.p.c.” la “Nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 e dell’art. 115 c.p.c.”, per aver invocato “l’ inammissibilità dell’avverso appello per difetto dell’onere di specificazione dei motivi di gravame ex art. 342 c.p.c.”; contesta, in particolare, che il giudice d’appello nulla ha affermato riguardo alla suddetta eccezione di inammissibilità e che neppure può esserne ipotizzato un “assorbimento diretto improprio”; vizio che, a parere della ricorrente, sarebbe rilevante sia “in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4), c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 n. 4 c.p.c.” e sia “in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5), c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

2.1. Il motivo è parimenti infondato.

La decisione impugnata riporta, in sintesi, ma analiticamente, il contenuto di ciascuno dei motivi di appello proposti dall’appellante Comune (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata) e mostra, avendo concluso per l’accoglimento del gravame, di averli esaminati partitamente e complessivamente condivisi.

3. La parte ricorrente lamenta con il terzo motivo e quarto motivo, prospettati congiuntamente, “In relazione all’art. 360, comma 1 n. 3), c.p.c. ed in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4), c.p.c.” la “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 e dell’art. 115 c.p.c. E nullità della sentenza per travisamento della prova”; in particolare, contesta l’affermazione con cui la sentenza impugnata ha ritenuto che le trattative erano avvenute tra il Sindaco del Comune di Campobasso e la società EFI e che l’eventuale azione di responsabilità si sarebbe potuta far valere nei confronti del singolo amministratore ma non dell’Ente locale; in proposito, inserisce, assemblandoli, nel corpo del ricorso una serie di copie di documenti (tra pagg. 25 e 26 in ricorso), volti a dimostrare che il coinvolgimento nelle trattative aveva riguardato l’intero Comune e le relative strutture amministrative e non soltanto il Sindaco, ed in proposito, censura la sentenza impugnata perché frutto di travisamento della prova, richiamando, tra le decisioni di legittimità, la sentenza n. 10749 del 2015 e osserva che la circostanza del coinvolgimento nelle trattative dell’intera struttura amministrativa costituisce fatto decisivo ai fini dell’accertamento della responsabilità del Comune.

4. La parte ricorrente lamenta con il quinto motivo di ricorso “In relazione all’art. 360, comma 1 n. 5), c.p.c.” l’ ”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” in quanto il ragionamento del giudice d’appello senza la informazione travisata assume rilievo anche in relazione alla coerenza logica della ratio decidendi adottata.

5. La parte ricorrente lamenta con il sesto motivo “In relazione all’art. 360, comma 1 n. 4)” la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 cost., dell’art. 132 n. 4 c.p.c. e dell’art. 36 n. 4 d lgs. n. 546/1992” in quanto per effetto del travisamento la motivazione risulta illogica e contraddittoria, tanto da risultare apparente.

6. La parte ricorrente lamenta con il settimo motivo “In relazione all’art. 360, comma 1 n. 3)” la “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1337 e 1175, degli artt. 50, 191 e 192 TUEL d. lgs. n. 267/2000” e denuncia la parte della sentenza impugnata in cui la Corte d’appello ha affermato che non sussiste la responsabilità precontrattuale del Comune perché non avrebbe posto in essere “l’approvazione del bilancio comunale” e “alcun atto deliberativo né una previsione di spesa o di copertura finanziaria” ovvero “di altro atto necessario ai fini della nascita di una obbligazione da parte dell’Ente”; in proposito, la decisione ha violato gli artt. 1337 e 1338 c.c. perché ai fini della responsabilità contrattuale rileva soltanto se il contraente abbia agito nel rispetto dei doveri posti dalle richiamate disposizioni codicistiche e ha falsamente applicato la normativa in tema di copertura finanziaria e di rappresentanza dell’Ente prevista dal TUEL.

7. I motivi del ricorso dal terzo sino al settimo, che possono essere congiuntamente esaminati per l’evidente nesso di connessione, sono inammissibili.

Giova rammentare che per ritenere integrata la responsabilità precontrattuale occorre che tra le parti siano in corso trattative; che queste siano giunte ad uno stadio idoneo ad ingenerare, nella parte che invoca l’altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che esse siano state interrotte, senza un giustificato motivo, dalla parte cui si addebita detta responsabilità; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, va ribadito che la verifica della ricorrenza di tutti tali elementi si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivato (così, di recente, Cass. 10413 del 27/04/2017; Cass. 15 aprile 2016, n. 7545).

Ebbene, la parte ricorrente non contesta l’individuazione, secondo diritto, da parte del giudice a quo, dei presupposti della responsabilità precontrattuale come sopra precisati; contestazione, la quale soltanto avrebbe giustificato la denuncia di violazione di legge, in riferimento al disposto dell’art. 1337 e 1338 cod. civ., come sopra interpretati. Piuttosto, pretende di ricostruire i fatti -specificamente quelli valutati dal giudice per ritenere sussistente il ragionevole affidamento della controparte ed escludere la sussistenza di un giustificato motivo di recesso- secondo una lettura delle risultanze istruttorie diversa da quella fornita dalla Corte d’appello. Per questa via, la società ricorrente finisce per riproporre e richiedere un riesame del merito della controversia non consentito in sede di legittimità.

Non sono pertinenti i rilievi svolti in merito all’asserito travisamento delle prove e alla pretesa illogicità, contraddittorietà della motivazione, tanto da risultare apparente; tali doglianze non sono sussistenti rispetto a tutti i profili di censura prospettati e si risolvono nuovamente in una richiesta di riesame dell’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito; difatti, la Corte d’appello espressamente ha richiamato i documenti (che parte ricorrente denuncia non essere stati considerati) e affermato che la nota a firma del Sindaco recante la disponibilità ad accettare la proposta di contratto di locazione veniva comunicata in data 14 marzo 2012 alla società e che nella medesima si specificava la preventiva necessità dell’approvazione del bilancio comunale. Da ciò, la Corte d’appello ha desunto che non era stato perfezionato “alcun atto deliberativo né una previsione di spesa o di copertura finanziaria” ovvero “di altro atto necessario ai fini della nascita di una obbligazione da parte dell’Ente”, né era stata posta in essere alcuna formalità prevista dalla legge in particolare dal Testo Unico Enti Locali. Aggiunge ancora la Corte d’appello che con varie note (23/10/2021-13/11/2012) a firma del Dirigente dell’Area n. 4 – Servizio Patrimonio – veniva comunicato e ribadito che il contratto di locazione, sarebbe stato eventualmente stipulato solo dopo che l’Amministrazione comunale avesse formalizzato la propria volontà in merito, attraverso l’adozione di specifici atti deliberativi, definendo negli stessi termini e le condizioni della futura locazione” (pag. 3 della sentenza impugnata).

Infine, generiche, oltre che rivolte contro la sentenza di primo grado, e perciò inammissibili, sono le censure svolte in riferimento alla pretesa violazione delle norme sul Testo Unico Enti Locali.

E’ appena il caso di evidenziare come la Corte d’appello escludendo la sussistenza di una responsabilità precontrattuale del Comune convenuto, ha pure tenuto conto che la società EFI aveva già, in precedenza, concesso in locazione il primo piano dell’immobile de quo, per cui era a conoscenza delle formalità burocratiche e degli adempimenti necessari per la stipula del contratto con l’ Ente pubblico locale, circostanza che esclude che possa essersi ritenuta ingannata o tratta in errore dall’altra parte (cfr. pag. 3 e 4 sentenza impugnata).

8. Le spese del giudizio di legittimità in virtù del principio di soccombenza vengono poste a carico della parte ricorrente in favore della parte controricorrente e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere il pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza.


[1] In senso conforme, Cass., S.U., 27 aprile 2017, n. 10413; Id., sez. 2, 15 aprile 2016, n. 7545; Id., sez. 3, 29 marzo 2007, n. 7768.

Il Giudice di legittimità, a proposito della responsabilità precontrattuale della PA, non si discosta dall’orientamento tradizionale.

Viceversa, adotta un orientamento diverso con riguardo alle trattative tra privati. In quest’ultimo caso, infatti, privilegia una lettura costituzionalmente orientata dei doveri di correttezza e buona fede di cui all’art. 1337 c.c. secondo la quale la trattativa non deve essere necessariamente "affidante" per fondare la responsabilità precontrattuale.

Mentre dunque il legislatore del 1942 legava il dovere di correttezza di cui all'art. 1337 c.c. a quello della solidarietà corporativa (tendente alla massima produzione) e fondava quindi la responsabilità nella "mancata conclusione del contratto" (o nella conclusione del contratto invalido), tale orientamento giurisprudenziale, basandosi sui principi della Costituzione, pone al centro l'individuo e i suoi valori: in particolare, la libertà di autodeterminazione negoziale.

Sulla base di tali considerazioni, per ciò che concerne la configurabilità di una responsabilità precontrattuale nell’ambito delle trattative tra privati, la lesione del legittimo affidamento non è più richiesta come requisito indispensabile.