Cons. Stato, sez. V, 15 novembre 2021, n. 7597

Allorché il bando rechi una clausola impeditiva della partecipazione, lo stesso può essere impugnato senza che sia necessario gravare la successiva aggiudicazione, atteso che l’annullamento del bando comporta l’automatica caducazione del provvedimento di aggiudicazione secondo lo schema della invalidità ad effetto caducante.

La stazione appaltante dispone di ampia discrezionalità nella redazione degli atti di gara ed è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti, purché tale scelta non sia eccessivamente ed irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito, e risponda, quindi ai parametri della ragionevolezza e della proporzionalità rispetto alla tipologia e all’oggetto dello specifico appalto.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9211 del 2020, proposto da

Sarida S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Daniele Granara, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 154/3de;

contro

Comune di Parona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mario Dusi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Tre Esse Italia S.r.l., San Marco S.p.a., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. 1897/2020, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Parona;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2021 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Granara e Leonardo, in sostituzione dell'avvocato Dusi per dichiarata delega;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il comune di Parona indiceva una procedura aperta “per l'affidamento in concessione del servizio di pubbliche affissioni e accertamento e riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicità (icp) e dei diritti sulle pubbliche affissioni (dpa). Periodo 01.01.2020 - 31.12.2024”.

L’art. 6 del disciplinare di gara prevedeva, fra i requisiti di capacità tecnico professionale, quello di avere in organico a pena di esclusione almeno quindici unità assunte a tempo pieno indeterminato, tra cui almeno un dirigente assunto nello specifico settore e un dipendente con la qualifica di ufficiale della riscossione.

Inoltre, l’art. 8 del capitolato speciale, nell’ambito dei requisiti stabiliti nel quadro dell’organizzazione e della gestione del servizio, obbligava il concessionario a predisporre e mantenere, entro 15 giorni dall’inizio della concessione, un’apposita sede operativa distante non più di 50 chilometri (km) dalla sede municipale.

Sarida S.r.l., che svolge l’attività di supporto alla riscossione dei tributi locali nonché di accertamento delle imposte sulle pubbliche affissioni su tutto il territorio nazionale ma priva del suddetto requisito di capacità tecnica oltre che di una sede nell’ambito territoriale richiesto, impugnava la legge di gara, presentando comunque domanda di partecipazione.

La società ricorrente veniva esclusa dalla medesima gara per la carenza del suddetto requisito di capacità tecnica e professionale con provvedimento comunicato il 3 febbraio 2020, che la stessa impugnava con ricorso per motivi aggiunti.

La gara veniva aggiudicata a Tre Esse Italia S.r.l. con determinazione n. 10 del 14 febbraio 2020, impugnata con ulteriori motivi aggiunti da Sarida.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia dichiarava improcedibili il ricorso principale ed i primi motivi aggiunti e irricevibile per tardività il secondo ricorso per motivi aggiunti con sentenza 13 ottobre 2020, n. 1897, appellata da Sarida per i seguenti motivi di gravame:

I, II ) erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i. in relazione alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 76 del d.lgs. medesimo; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41, comma 2, c.p.a. in relazione alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 119 e 120 c.p.a.; erroneità della sentenza per errata declaratoria di irricevibilità dei motivi aggiunti depositati in data 17 giugno 2020; erroneità della sentenza per errata declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo;

III) erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i. in relazione alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 76 del d.lgs. medesimo; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41, comma 2, c.p.a. in relazione alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 119 e 120 c.p.a.; erroneità della sentenza per errata declaratoria di irricevibilità dei motivi aggiunti depositati in data 17 giugno 2020; erroneità della sentenza per errata declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo; mancata rilevazione ex officio di un errore scusabile rilevante ai fini della rimessione in termini;

IV) erroneità della sentenza per omessa pronuncia sui motivi dedotti in primo grado; violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111, comma 6, della Costituzione.

L’appellante ripropone tutte le censure svolte in primo grado con il ricorso introduttivo, nonché con i due ricorsi per motivi aggiunti, anche ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a.

Si è costituito per resistere all’appello il comune di Parona.

All’udienza pubblica del 4 novembre 2021 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Sarida S.r.l., che svolge l’attività di supporto alla riscossione dei tributi locali nonché di accertamento delle imposte sulle pubbliche affissioni su tutto il territorio nazionale, ha contestato, sostanzialmente, la legittimità di alcune clausole escludenti del bando della gara indetta dal comune di Parona per l'affidamento in concessione del servizio di pubbliche affissioni e accertamento e riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni, nonché la successiva esclusione della stessa dalla gara e l’aggiudicazione alla controinteressata.

Con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i. in relazione alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 76 del d.lgs. medesimo; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41, comma 2, c.p.a. in relazione alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 119 e 120 c.p.a.; erroneità della sentenza per errata declaratoria di irricevibilità dei motivi aggiunti depositati in data 17 giugno 2020; erroneità della sentenza per errata declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo.

Per l’appellante, il Tar avrebbe, innanzitutto, rilevato la necessità di scrutinare, per ragioni di pregiudizialità logica, l’eccezione di tardività del ricorso per motivi aggiunti avverso la determina di aggiudicazione, proposta dal Comune resistente, giacché “qualora l’eccezione di tardività dovesse essere accolta, con conseguente inoppugnabilità del provvedimento gravato, non vi sarebbe più alcun interesse alla decisione del ricorso e dei primi motivi aggiunti proposti rispettivamente contro il bando e contro la successiva esclusione; posto che – secondo l’indirizzo esegetico della sezione – l’eventuale illegittimità del bando di gara ha un effetto meramente viziante e non caducante sui successivi atti della procedura concorsuale, fra cui in particolare il provvedimento finale di aggiudicazione”.

Tanto premesso, il Collegio avrebbe, quindi, inopinatamente, accolto l’eccezione avversaria di irricevibilità del secondo ricorso per motivi aggiunti proposto contro l’aggiudicazione della gara, dichiarando improcedibili per carenza di interesse il ricorso principale proposto contro il bando e i primi motivi aggiunti proposti contro l’esclusione di Sarida dalla gara.

L’appellante si sofferma, poi, sull’erroneità della dichiarazione di irricevibilità del secondo ricorso per motivi aggiunti.

Il motivo, nel primo profilo dedotto, è fondato.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, allorché il bando rechi una clausola impeditiva della partecipazione, lo stesso può essere impugnato senza che sia necessario gravare la successiva aggiudicazione, atteso che l’annullamento del bando comporta l’automatica caducazione del provvedimento di aggiudicazione secondo lo schema della invalidità ad effetto caducante (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 2021, n. 3538; 27 luglio 2020, n. 4758; sez. III, 18 dicembre 2018, n. 7130; 13 febbraio 2017, n. 617; 5 dicembre 2016, n. 5112).

Ciò, sia in ragione del rapporto di presupposizione - consequenzialità immediata, diretta e necessaria tra il bando di gara e gli atti in sequenza procedurale, e tra questi, in particolare, il provvedimento di aggiudicazione, tale per cui quest’ultimo non potrebbe logicamente continuare ad esistere (e produrre i suoi effetti) venuto meno il primo sul quale si fondano le determinazione che lo stesso contiene e dal quale, in ultima analisi, dipende; sia perché l’interesse a ricorrere avverso il bando di gara è diretto ad ottenere la ripetizione della procedura (c.d. interesse strumentale), con la conseguenza che esso logicamente precede e, in caso di accoglimento, inevitabilmente prevale sull'interesse a conservare l'aggiudicazione della gara pena la privazione di effettività della tutela giurisdizionale.

Quest’ultima, peraltro è la ragione per la quale si esclude che il medesimo effetto caducante dell'aggiudicazione si produca nel caso in cui sia stato impugnato il provvedimento di esclusione dalla procedura di gara (cfr. Cons. Stato, V, 6 maggio 2021, n. 3538; 28 marzo 2018, n. 1935).

Tanto premesso, non rileva la ricevibilità o meno del ricorso contro l’aggiudicazione della gara, in quanto il giudice di prime cure avrebbe dovuto, in ogni caso, esaminare le censure contenute nel ricorso proposto per l’annullamento del bando di gara.

Ne consegue la fondatezza, altresì, del quarto motivo di appello.

Devono, dunque, essere esaminate le censure svolte in primo grado con il ricorso introduttivo, che l’appellante ripropone per l’effetto devolutivo dell’appello.

Il collegio ritiene di esaminarle congiuntamente, in considerazione della stretta connessione fra le stesse, essendo tutte rivolte a far dichiarare l’illegittimità di alcune clausole escludenti contenute nella lex specialis di gara.

In particolare, l’appellante ha contestato la legittimità della previsione contenuta nel disciplinare di gara, a pena di esclusione, di avere in organico 15 dipendenti, assunti a tempo indeterminato, rilevandone l’assoluta sproporzione sia in ragione dell’entità dell’appalto, che non ne consentirebbe la remunerazione, che delle piccole dimensioni del comune di Parona che, per le stesse ammissioni della difesa comunale, conterebbe meno di 2000 abitanti, con conseguente non necessità di una organizzazione aziendale come quella richiesta.

L’appellante ha anche contestato la scelta della stazione appaltante, contenuta nel capitolato di gara, di richiedere per l’aggiudicataria il possesso di una sede operativa collocata ad una distanza massima di 50 km dalla sede comunale, in quanto irrazionale e lesiva del principio del favor partecipationis alle procedure di evidenza pubblica, limitando in maniera del tutto arbitraria ed illegittima anche la libertà di iniziativa privata, sotto il profilo dell’organizzazione aziendale, ai sensi dell’art. 41 della Costituzione, nonché la violazione del principio di tassatività della cause di esclusione. Invero, secondo le stesse previsioni della lex specialis, l’organizzazione della sede operativa e l’impiego del personale avrebbero costituito oggetto di valutazione del progetto presentato in sede di gara.

Le suddette previsioni sarebbero, altresì, lesive dei principi eurounitari di libera concorrenza, ed in contrasto con le disposizioni dei trattati che valorizzano le piccole e medie imprese, nei vari settori della politica dell’Unione, vietando l’imposizione di vincoli amministrativi, finanziari e giuridici che ne ostacolino la creazione e lo sviluppo.

In subordine, l’appellante solleva questione pregiudiziale alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE.

Per la difesa del Comune la richiesta di avere in organico almeno 15 dipendenti, assunti a tempo indeterminato, costituirebbe requisito di capacità tecnico-professionale previsto a pena di esclusione, in quanto essenziale per dimostrare la solidità del concorrente affidatario del servizio.

E ciò sarebbe comprovato dalla nota n. 8386 del 10 dicembre 2019, con cui l’amministrazione, in sede di richiesta di chiarimenti, ha motivato la scelta al fine di rendere chiaro e comprensibile il significato e la ratio delle ragioni sottese alle scelte dei requisiti di ammissione, affermando che “il Comune di Parona pur essendo un Comune con popolazione inferiore ai 2000 abitanti, comprende nel suo territorio una importante zona industriale e commerciale (presenza di numerose attività produttive, di un centro commerciale e di un cinema multisala)”.

L’appellante non rispetta, inequivocabilmente, il requisito di ammissione oggetto di contestazione, rispetto al quale ha dichiarato di avere 17 dipendenti con la qualifica di impiegati ma solo 6 a tempo pieno e indeterminato, ben al di sotto delle 15 unità richieste dalla legge di gara per l’espletamento del servizio. La sua esclusione sarebbe, quindi, del tutto legittima.

Riguardo, invece, al requisito della sede, non si tratterebbe di requisito di partecipazione, bensì di esecuzione, risultando, di conseguenza, prive di fondamento tutte le censure dedotte da Sarida.

Le dedotte censure sono fondate.

Il disciplinare di gara prevedeva all’art. 4 (valore del contratto e remunerazione del servizio), che: “1. Per lo svolgimento delle attività specificate all’art. 2, la ditta aggiudicataria corrisponderà al Comune di Parona un canone annuo fisso netto stimato in € 42.000,00.=, soggetto a rialzo in sede di gara; per un valore complessivo stimato del contratto, per la durata di anni cinque, in € 210.000,00.=. Detto canone è stato desunto dall’attualizzazione ad oggi del canone storico pari ad € 41.098,40.= decorrente dall’anno 2011”.

All’art. 6 (requisiti di partecipazione alla gara; verifica), prevedeva, inoltre, che: “… 3. I partecipanti devono essere in possesso, …, dei seguenti ulteriori requisiti: … Requisiti di capacità tecnico-professionale: … b) avere in organico alla data di pubblicazione della presente gara almeno 15(quindici) unità assunte a tempo pieno indeterminato, tra cui almeno 1(un) dirigente assunto nello

Per pacifica giurisprudenza, la stazione appaltante dispone di ampia discrezionalità nella redazione degli atti di gara ed è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti, purché tale scelta non sia eccessivamente ed irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito, e risponda, quindi ai parametri della ragionevolezza e della proporzionalità rispetto alla tipologia e all’oggetto dello specifico appalto (cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2020, n. 2004; 2 marzo 2020, n. 1484; sez. V, 23 settembre 2015, n. 4440).

Più specificamente, le prescrizioni di gara devono essere frutto di una adeguata istruttoria, nonché ragionevoli e proporzionali rispetto all’interesse perseguito dalla stazione appaltante, in modo da contemperare l’interesse pubblico ad ottenere il miglior servizio con il massimo risparmio di spesa, assicurando, nel contempo, la partecipazione alla gara di una pluralità di concorrenti che consenta all’amministrazione di aggiudicare l’appalto a quella ritenuta più vantaggiosa dopo aver vagliato una molteplicità di offerte.

Nel caso di specie, invece, la stazione appaltante, richiedendo quale requisito di capacità tecnico professionale di avere in organico almeno 15 dipendenti assunti a tempo indeterminato, ha precluso la partecipazione alla gara alle imprese di minori dimensioni, mediante l’indicazione di requisiti sproporzionati e incongrui rispetto all’oggetto dell’appalto.

Tale scelta, pur espressa nell’ambito del potere discrezionale, si presenta come del tutto irragionevole, e risulta, pertanto, viziata dalle censure dedotte dall’appellante.

Né può accedersi alla tesi della difesa comunale per la quale il requisito sarebbe finalizzato a garantire la qualità del servizio, atteso che, tenuto conto dell’esiguo numero di abitanti del Comune (meno di 2.000), della tipologia dei servizi richiesti - i quali non necessitano di un’organizzazione aziendale complessa - nonché del valore stimato dell’appalto (euro 210.000,00 per tutta la durata quinquennale, pari ad euro 42.000,00 all’anno), tale previsione della lex specialis di gara si presenta come del tutto ingiustificata e discriminatoria e, dunque, illegittima, ponendosi, altresì, in contrasto con il principio del favor partecipationis alle procedure di evidenza pubblica.

La clausola si pone anche in contrasto con i principi eurounitari di libera concorrenza, poiché pone in essere una discriminazione in danno delle piccole imprese aventi un numero di dipendenti inferiore a quindici, a vantaggio di quelle di maggiori dimensioni.

Riguardo alla seconda clausola contestata, l’art. 8 del capitolato di gara (organizzazione e gestione del servizio) prevede che: “… 5. Il Concessionario ha l’obbligo di predisporre e mantenere, entro 15 giorni dall’inizio della concessione e per tutta la sua durata, …, un’apposita sede operativa individuata come unità locale regolarmente iscritta alla CCIAA che disti non più di 50 Km dalla sede Municipale. Tale unità locale dovrà garantire l’apertura al pubblico per almeno cinque giorni alla settimana con la presenza di due unità di personale qualificato, regolarmente assunto con contratto di commercio per almeno 20 ore settimanali, in grado di espletare tutte le attività inerenti il servizio in concessione sia per quanto riguarda l’Imposta di Pubblicità sia per i Diritti Pubbliche Affissioni. Talle ufficio deve essere munito di telefono fisso, fax, posta elettronica e telefono cellulare. Sulla porta dello stesso dovrà essere apposta una targa con la scritta “Comune di Parona – Servizio Affissioni Pubblicità” e l’indicazione dei giorni e degli orari di apertura al pubblico. L’organizzazione della sede operativa e l’impiego del personale costituiranno oggetto di valutazione del progetto presentato in sede di gara. …”.

Per l’appellante, dalla lettura della clausola, nonché del bando di gara, laddove prevede nell’ambito delle modalità organizzative del servizio gli uffici a disposizione dei contribuenti e la presenza sul territorio, la mancanza di una sede operativa entro il limite stabilito dal bando medesimo, da indicare nella domanda di partecipazione, costituirebbe causa di esclusione e non atterrebbe, pertanto, alla mera esecuzione del contratto, perché costituirebbe una delle “condizioni di partecipazione richieste” dal bando. La collocazione della sede comunale entro i 50 km di distanza sarebbe, dunque, rilevante sia sotto il profilo del punteggio attribuito a tale requisito, sia sotto il profilo secondo cui la sua mancanza costituirebbe una violazione della lex specialis, che conduce – illegittimamente – all’esclusione dalla procedura.

Dalla lettura della clausola contestata si evince che la stessa non richiede espressamente che il requisito in questione debba essere posseduto già al momento di apertura delle offerte e nemmeno al momento della valutazione delle offerte tecniche, prevedendo, al contrario, che: “Il Concessionario ha l’obbligo di predisporre e mantenere, entro 15 giorni dall’inizio della concessione e per tutta la sua durata, …, un’apposita sede operativa individuata come unità locale regolarmente iscritta alla CCIAA che disti non più di 50 Km dalla sede Municipale”.

Ciononostante, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di rilevare il carattere anticoncorrenziale di tutte quelle clausole delle lex specialis di gara che richiedono alle imprese partecipanti, quali requisiti di partecipazione alla gara o criteri tecnici per il riconoscimento di un maggior punteggio, l’ubicazione della sede operativa entro una certa distanza rispetto al servizio da espletare, venendo in rilievo, comunque, in tali casi, la violazione dei principi europei di libera concorrenza – e cioè di effettiva contendibilità degli affidamenti da parte dei soggetti potenzialmente interessati - di non discriminazione e di parità di trattamento degli operatori economici, nonchè del favor partecipationis.

Proprio al fine dell’eliminazione di ostacoli o restrizioni nella predisposizione delle offerte e nella loro valutazione, non possono ritenersi legittime tutte quelle clausole della lex specialis di gara che limitino in modo ingiustificato tanto la libertà di stabilimento, quanto la libertà di prestazione di servizi da parte di operatori che hanno sede al di fuori dei luoghi indicati nelle regole di gara.

Anche la Corte Costituzionale, in più occasioni, ha chiarito che discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale contrasta con il principio di eguaglianza (cfr. Corte costituzionale, sentenza 26 giugno 2001, n. 207 e 22 dicembre 2006, n. 440).

Nel caso di specie è evidente che, pur non essendo previsto il requisito a pena di esclusione: “L’organizzazione della sede operativa e l’impiego del personale costituiranno oggetto di valutazione del progetto presentato in sede di gara” (cfr. art. 8 del capitolato).

E, in ogni caso, attribuire un punteggio al solo concorrente che possiede già al momento dell'offerta uffici a disposizione dei contribuenti e la presenza sul territorio, significa di fatto discriminare sotto il profilo territoriale quegli operatori economici che, come l’appellante, abitualmente opera al di fuori del territorio indicato nelle regole di gara, avvantaggiando in modo eccessivo e, a ben vedere, ingiustificato, quegli operatori che già si trovano ad operare in detto territorio.

E ciò, anche in considerazione dell'evoluzione tecnologica che oggi consente di gestire a distanza il servizio di riscossione delle imposte, mediante strumenti informatici e telematici.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado, con il conseguente annullamento del bando di gara e di tutti gli atti allo stesso conseguenti; vanno, altresì, dichiarati improcedibili, per sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione, i ricorsi per motivi aggiunti.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, per disporre l’integrale compensazione fra le parti della spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e dichiara improcedibili i ricorsi per motivi aggiunti.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

In caso di ricorso avverso gli atti di indizione della gara è necessario impugnare anche il successivo provvedimento di aggiudicazione? In caso contrario, quali sono le conseguenze?

È legittima la clausola della lex specialis che introduca disposizioni volte a limitare la platea dei concorrenti alla gara?

1. Questi sono, dunque, i quesiti relativi alle questioni più rilevanti che hanno occupato il Consiglio di Stato nella vicenda conclusa con la sentenza in commento, la quale trae origine dall’indizione, da parte di una Stazione appaltante, di una procedura aperta “per l’affidamento in concessione del servizio di pubbliche affissioni e accertamento e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità (icp) e dei diritti sulle pubbliche affissioni (dpa) Periodo 01.01.2020 – 31.12.2024”.

Il disciplinare di gara imponeva ai concorrenti, fra i requisiti di capacità tecnico professionale, a pena di esclusione, quello di avere in organico quindici unità di personale assunte a tempo indeterminato; invece, il capitolato speciale obbligava il concessionario a predisporre e mantenere, entro quindici giorni dall’inizio della concessione, una sede operativa distante non più di 50 km. dalla sede municipale.

Alla gara prendeva parte la ricorrente la quale, a seguito della domanda di partecipazione, impugnava la legge di gara in quanto priva dei suddetti requisiti; pertanto, la p.A. la escludeva per carenza dei medesimi.

Il T.a.r. Lombardia, Sez. IV, n. 1897/2020, respingeva il ricorso principale e i successivi motivi aggiunti, sicché la ricorrente impugnava la pronuncia dinanzi al Consiglio di Stato che, con la sentenza in commento, riformava la decisione assunta dal Giudice di primo grado.

Come cennato, le censure avevano avuto a oggetto la legittimità di talune clausole escludenti della legge di gara (relative a: il numero di dipendenti assunti a tempo indeterminato; una sede operativa a una certa distanza massima dall’Ente locale); sta di fatto che, tali motivi non sono stati neppure scrutinati dal T.a.r. attesa l’irricevibilità per tardività dei motivi aggiunti proposti avverso la successiva determina di aggiudicazione, da cui derivava l’improcedibilità per carenza di interesse del ricorso principale proposto contro il bando di gara.

2. Sul punto, il Consiglio di Stato, con la pronuncia in commento, ha rimarcato, sin da subito, il pacifico insegnamento giurisprudenziale secondo cui: “… allorché il bando rechi una clausola impeditiva della partecipazione, lo stesso può essere impugnato senza che sia necessario gravare la successiva aggiudicazione, atteso che l’annullamento del bando comporta l’automatica caducazione del provvedimento di aggiudicazione secondo lo schema della invalidità ad effetto caducante”.

Due le ragione che sorreggono tale ricostruzione: la prima attiene al rapporto di presupposizione - consequenzialitàimmediata, diretta e necessaria tra il bando di gara e gli atti in sequenza procedurale, e tra questi, in particolare, il provvedimento di aggiudicazione, tale per cui quest’ultimo non potrebbe logicamente continuare ad esistere (e produrre i suoi effetti) venuto meno il primo sul quale si fondano le determinazione che lo stesso contiene e dal quale, in ultima analisi, dipende (secondo la regola generale che si ricava dall’art. 336, comma 2, c.p.c.). 

In secondo luogo, per essere l’interesse a ricorrere avverso il bando di gara diretto ad ottenere la ripetizione della procedura (c.d. interesse strumentale), con la conseguenza che esso logicamente precede e, in caso di accoglimento, inevitabilmente prevale sull'interesse a conservare l'aggiudicazione della gara pena la privazione di effettività della tutela giurisdizionale (in contrasto con l’art. 24 Cost. e l’art. 1 c.p.a.); questa è la ragione per cui, peraltro, si esclude che il medesimo effetto caducante dell’aggiudicazione si produce nel caso in cui sia stato impugnato il provvedimento di esclusione dalla procedura di gara (Cons. Stato, Sez. V, 6.5.2021, n. 3538; 16.7.2018, n. 4304; 28.3.2018, n. 1935).

In ragione di tanto, stante gli argomenti su esposti, il Giudice di appello ha ritenuto che il T.a.r. avrebbe dovuto esaminare le censure relative alla legittimità delle clausole escludenti della lex specialis le quali, anche per tali ragioni, vengono solo adesso esaminate nei seguenti termini.

2.1 Pare utile premettere che, com’è noto, allorquando un operatore economico vuole concorrere a una procedura di gara ma ritiene che la partecipazione li viene preclusa per la presenza di clausole escludenti nella lex specialis, ha l’onere di impugnarle nei termini di legge.

Ciò che appare decisivo per affermare l'esistenza di un onere di tempestivo gravame delle stesse è, dunque, la sussistenza di una lesione concreta e attuale della situazione soggettiva dell’operatore economico che determina, a sua volta, la sussistenza di un interesse attuale all'impugnazione (con riferimento al bando, l'attitudine a provocare una lesione di tal genere); rilevante è, quindi, non solo il fatto che le clausole in parola manifestino immediatamente la loro attitudine lesiva, ma il rilievo che le stesse, essendo legate a situazioni e qualità del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara, risultino esattamente e storicamente identificate, perciò, in condizioni di ledere immediatamente e direttamente l'interesse sostanziale del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara o alla procedura concorsuale (da ultimo, T.a.r. Roma, Lazio, Sez. I, 8.7.2021, n.8112).

In ispecie è accaduto che, coerentemente ai suindicati principi, l’o.e. escluso ha impugnato tempestivamente gli atti di gara per la portata escludente di alcune delle disposizioni ivi previste, adducendo che: la previsione sul numero dei dipendenti assunti a tempo indeterminato fosse sproporzionata stante l’entità dell’appalto che così risulterebbe anti economico e che la S.a. non necessita di un organizzazione aziendale come quella richiesta; la scelta di richiedere la sede operativa entro 50 km. dalla sede comunale risulti lesiva del principio del favor partecipationis alle procedure di evidenza pubblica, limitando illegittimamente anche la libertà di iniziativa privata sotto il profilo dell’organizzazione aziendale.

Anche tali censure sono state oggetto di accoglimento del Supremo Consesso con conseguente riforma della decisione impugnata. 

Il medesimo ha, in primo luogo, premesso: “Per pacifica giurisprudenza, la stazione appaltante dispone di ampia discrezionalità nella redazione degli atti di gara ed è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti, purché tale scelta non sia eccessivamente ed irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito, e risponda, quindi ai parametri della ragionevolezza e della proporzionalità rispetto alla tipologia e all’oggetto dello specifico appalto”.

Così, siffatto potere regolamentare costituisce espressione di discrezionalità tecnica di esclusiva pertinenza della amministrazione, nei cui confronti il G.a. esercita il solo potere estrinseco, in base al quale verificare se le prescrizioni di gara siano frutto di: “… adeguata istruttoria, nonché ragionevoli e proporzionali rispetto all’interesse perseguito dalla stazione appaltante, in modo da contemperare l’interesse pubblico ad ottenere il miglior servizio con il massimo risparmio di spesa, assicurando, nel contempo, la partecipazione alla gara di una pluralità di concorrenti che consenta all’amministrazione di aggiudicare l’appalto a quella ritenuta più vantaggiosa dopo aver vagliato una molteplicità di offerte”.

Ebbene, tali statuizioni di principio hanno portato il Giudice, nella fattispecie, a ritenere come il richiesto requisito di capacità tecnico professionale (avere in organico quindici dipendenti assunti a tempo indeterminato) fosse irragionevole, ingiustificato e discriminatorio, ponendosi dunque in contrasto con l’immanente principio del favor partecipationis che opera nelle procedure a evidenza pubblica; segnatamente, poiché ha precluso la partecipazione alla gara alle imprese di minori dimensioni.

Invece, per quanto riguarda il requisito relativo alla “distanza” della sede operativa dal Comune, il Consiglio di Stato, pur non interpretando tale clausola come escludente, ha rilevato il carattere anticoncorrenziale della stessa: “… come di tutte quelle clausole delle lex specialis di gara che richiedono alle imprese partecipanti, quali requisiti di partecipazione alla gara o criteri tecnici per il riconoscimento di un maggior punteggio, l’ubicazione della sede operativa entro una certa distanza rispetto al servizio da espletare, venendo in rilievo, comunque, in tali casi, la violazione dei principi europei di libera concorrenza - e cioè di effettiva contendibilità degli affidamenti da parte dei soggetti potenzialmente interessati - di non discriminazione e di parità di trattamento degli operatori economici, nonché del favor partecipationis.

Sull’argomento, il Giudice non ha neppure mancato di riportare le sentenze della Corte costituzionale 22.12.2006, n. 44026.6.2001, n. 207 che hanno rilevato come discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale contrasta con il principio di eguaglianza. 

3. In ragione di quanto sin qui esposto, il Consiglio di Stato ha quindi accolto l’appello proposto e, per l’effetto, riformando la sentenza gravata, annullato il bando di gara e gli atti conseguenti, disponendo l’integrale compensazione fra le parti delle spese di lite.