Consiglio di Stato, sez. VI, 13 settembre 2021, n. 6268

In sede di azione di risarcimento per perdita di chance, poiché l’esigenza giurisdizionale è quella di riconoscere all’interessato il controvalore della mera possibilità ‒ già presente nel suo patrimonio ‒ di vedersi aggiudicato un determinato vantaggio, l’an del giudizio di responsabilità deve coerentemente consistere soltanto nell’accertamento del nesso causale tra la condotta antigiuridica e l’evento lesivo consistente nella perdita della predetta possibilità; la tecnica probabilistica va quindi impiegata, non per accertare l’esistenza della chance come bene a sé stante, bensì per misurare in modo equitativo il ‘valore’ economico della stessa, in sede di liquidazione del ‘quantum’ risarcibile; con l’avvertenza che, anche se commisurato ad una frazione probabilistica del vantaggio finale, il risarcimento è pur sempre compensativo (non del risultato sperato, ma) della privazione della possibilità di conseguirlo.

Con questa pronuncia, la sez. VI del Consiglio di Stato chiarisce la nozione di chance meritevole di tutela ed i presupposti necessari per l’esperimento dell’azione risarcitoria.

L’occasione dell’intervento è data da una concessione dei servizi di trasporto pubblico, oggetto di plurime proroghe tecniche, nelle more dell’espletamento della procedura di gara volta all’affidamento dei relativi servizi.

La quaestio iuris riguarda l’efficacia della terza proroga, da ultimo disposta, avverso la quale è stata esperita azione di annullamento con contestuale richiesta di risarcimento per “perdita di chanche”.

In primo grado il Tar accoglie la domanda di annullamento della deliberazione di proroga tecnica, tuttavia respingendo la domanda risarcitoria, e, al contempo, dichiarando efficace il contratto per “esigenze imperative”, salvo l’applicazione della sanzione alternativa ex art. 123, comma 1, lett. b) c.p.a. (successivamente individuata nella riduzione temporale del 10 % della residua durata del contratto).

La sez. VI del Consiglio di Stato, prima di introdurre la tematica della “perdita di chance”, illustra sinteticamente il quadro regolatorio del trasporto pubblico locale nella sua evoluzione sino ai giorni nostri, al fine di definire esattamente la normativa vigente ratione temporis, in cui si inserisce il fatto concreto.

Tale ricostruzione è funzionale a dirimere il punto relativo alla legittimità della terza ed ultima proroga.

In particolare, si richiama il Regolamento europeo, n. 1370/2007, recepito con l. 99/2009, entrato in vigore il 3 dicembre 2009, salvo che per i contratti di servizio pubblico per cui si applica dal 3 dicembre 2019. Va precisato che, nel periodo transitorio fino al 2 dicembre 2019, gli Stati membri devono gradualmente adeguarsi all’art. 5 per evitare problemi strutturali, in specie nella capacità di trasporto.

 

Presupposto tale riferimento legislativo, il Consiglio di Stato conferma l’annullamento, disposto in primo grado, della deliberazione avente ad oggetto la terza ed ultima proroga, stante l’illegittimità, per superamento del limite massimo complessivo consentito dei due anni (art. 5, comma 5, del Regolamento cit.).

Il giudice di appello condivide, inoltre, la posizione assunta dal Tar in ordine alla conferma dell’efficacia della proroga, ritenendo prevalente, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, l’interesse della collettività ad avere garantito il servizio di trasporto pubblico senza soluzione di continuità.

Quanto alla domanda risarcitoria del danno da perdita di chance per avere la pubblica amministrazione impedito di concorrere per l’affidamento della concessione sulla base dei moduli dell’evidenza pubblica, secondo il giudice di primo grado, non risulterebbe dimostrata la perdita dell’occasione concreta di aggiudicarsi il servizio, ovvero dell’aggiudicazione con “elevata probabilità” in favore del ricorrente.

Ciò in quanto, la “mera possibilità”, intesa come “danno ipotetico”, non sarebbe meritevole di ristoro in quanto non distinguibile dalla lesione di una semplice aspettativa di fatto.

Il Consiglio di Stato, invece, ritiene che la figura della chance nasce “al fine di traslare sul versante delle situazioni soggettive un problema di “causalità incerta” nei casi in cui non sia possibile “accertare se un determinato esito vantaggioso si sarebbe verificato senza l’ingerenza illecita del danneggiante.”

Per superare l’impasse della deficienza cognitiva del processo eziologico, il sacrificio della “possibilità di conseguire il risultato finale viene fatto assurgere a bene giuridico “autonomo[1].

In diritto amministrativo la lesione della “chance” costituisce una tecnica di tutela per quelle aspettative deluse a seguito dell’illegittimo, o mancato, espletamento di un procedimento amministrativo.

Nella moderna economia di mercato, anche la diminuzione di probabilità di eventi patrimoniali favorevoli può rilevare come perdita patrimoniale.

In sostanza, non si può equiparare il trattamento giuridico della figura in esame alla causalità civile ordinaria, in quanto la “chance” prospetta un’ipotesi di danno solo “ipotetico”, in cui non è dato sapere se l’esito vantaggioso si sarebbe o meno verificato.

Ne discende che alla certezza della contrarietà al diritto della condotta, che ha cagionato la perdita della possibilità, non corrisponde la certezza sull’apporto causale rispetto al mancato conseguimento del risultato utile finale.

Affinché si possa riconoscere all’interessato il controvalore della mera possibilità di vedersi aggiudicato un determinato vantaggio, è, pertanto, sufficiente l’accertamento del nesso causale tra condotta antigiuridica ed evento lesivo della perdita di chance.

La tecnica probabilistica va quindi impiegata, non per accertare l’esistenza della chance come bene a sé stante, bensì per misurare in modo equitativo il ‘valore’ economico della stessa, in sede di liquidazione del ‘quantum’ risarcibile.”

Va precisato, però, che il risarcimento è pur sempre compensativo non del risultato utile, ma della privazione della possibilità di conseguirlo.

Al fine di non incorrere in una forma inammissibile di responsabilità senza danno, occorre che la perdita della possibilità non sia irrisoria, che sia effettivamente imputabile all’altrui condotta contra ius e che la chance di realizzazione del risultato utile rientri nella tutela apprestata dalla norma violata.

Sul piano processuale, la sentenza in esame afferma che solo qualora il procedimento amministrativo dichiarato illegittimo non sia “ripetibile” assume rilievo la perdita della possibilità di un vantaggio.

In termini concreti, ciò significa che “la priorità del tratto conformativo del giudicato di annullamento rispetto alla tutela risarcitoria consegue al fatto che la tecnica risarcitoria della chance presuppone una situazione di fatto immodificabile, che abbia precluso all’interessato la possibilità di conseguire definitivamente il risultato favorevole cui aspirava.”

Secondo il giudice di appello, la scelta dell’Amministrazione di ricorrere ad una terza proroga ha leso la chance dell’operatore economico ricorrente, fra l’altro connotata al carattere di “serietà”.

In questa prospettiva, il risarcimento ha la funzione di “segnalare all’Amministrazione il costo dei comportamenti lesivi della concorrenza dinamica[2].

Stante l’impossibilità di formulare una prognosi sull’esito di una procedura comparativa mai svolta, e, conseguentemente, l’impossibilità di fornire una prova sull’ammontare del danno, quest’ultimo verrà liquidato attraverso una valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., considerando, in quanto debito di valore, sia la rivalutazione monetaria che gli interessi compensativi e legali.


[1] La sez. VI del Consiglio di Stato sembra, pertanto, accogliere la nozione di chance ontologica, cioè della chance come bene giuridico già presente nel patrimonio del soggetto danneggiato, la cui lesione determina perdita suscettibile di autonoma valutazione sul piano risarcitorio.

Secondo tale teoria si tratterebbe di una occasione persa meritevole di ristoro nei termini del danno emergente.

Diversamente, secondo la tesi della chance eziologica, la lesione ha ad oggetto la “perdita dell’occasione”, e cioè di un bene non ancora acquisito nel patrimonio del soggetto, ma raggiungibile, con elevato grado di probabilità, e, pertanto, ristorabile nei termini di lucro cessante.

 

[2] Secondo il consolidato indirizzo del Consiglio di Stato, la responsabilità per danni conseguenti alla violazione delle norme in materia di aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell’elemento soggettivo della colpa (ex plurimis, cfr. Cons. St., sez. V, 2 gennaio 2019, n. 14; id. sez. V, 25 febbraio 2019, n. 1257; id sez. V, 25 febbraio 2016, n. 772; id sez. V, 19 luglio 2018, n. 4381).

LEGGI LA SENTENZA

Pubblicato il 13/09/2021

N. 06268/2021REG.PROV.COLL.

N. 02461/2021 REG.RIC.

N. 04553/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2461 del 2021, proposto da
SAD TRASPORTO LOCALE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Alessandra Sandulli e Simone Gambuto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Maria Alessandra Sandulli in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 349;

contro

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Laura Fadanelli, Alexandra Roilo, Renate Von Guggenberg, Patrizia Pignatta, Lukas Plancker e Luca Graziani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Luca Graziani in Roma, via Bassano del Grappa, n. 24;

nei confronti

LIBUS-CONSORZIO DEI CONCESSIONARI DI LINEA DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Federica Scafarelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via G. Borsi, n. 4;
CONSORZIO ALTO ADIGE AUTONOLEGGIATORI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Guffanti e Danilo Tassan Mazzocco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



 

sul ricorso numero di registro generale 4553 del 2021, proposto da
LIBUS-CONSORZIO DEI CONCESSIONARI DI LINEA DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Federica Scafarelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Federica Scafarelli in Roma, via G. Borsi, n. 4;

contro

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Laura Fadanelli, Alexandra Roilo, Renate Von Guggenberg, Patrizia Pignatta e Lukas Plancker, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

CONSORZIO ALTO ADIGE AUTONOLEGGIATORI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Guffanti e Danilo Tassan Mazzocco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
SAD TRASPORTO LOCALE S.P.A., non costituita in giudizio;

per la riforma

quanto ad entrambi i ricorsi n. 2461 e n. 4553 del 2021, delle sentenze del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma della Provincia di Bolzano, n. 43 e n. 77 del 2021;


 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti indicate in epigrafe;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 giugno 2021 il Consigliere Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati Maria Alessandra Sandulli, Simone Gambuto, Alexandra Roilo, Federica Scafarelli e Danilo Tassan Mazzocco in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1.‒ I fatti principali, utili ai fini del decidere, possono essere così riassunti:

- con atto del 19 novembre 2009, la Provincia Autonoma di Bolzano (di seguito: “Provincia”) riaffidava agli operatori economici SAD-Trasporto Locale s.p.a. (di seguito: “SAD”) e LIBUS-Consorzio dei concessionari di linea della Provincia Autonoma di Bolzano Alto Adige (di seguito: “LIBUS”) ‒ già concessionari sin dagli anni sessanta e settanta del secolo scorso ‒ i servizi di trasporto pubblico di linea extraurbani con autobus di competenza della Provincia medesima, per un periodo di nove anni, con scadenza in data 18 novembre 2018;

- in vista della scadenza dei predetti rinnovi, in data 20 gennaio 2017 veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea l’avviso di preinformazione ai sensi dell’art. 7, comma 2, del Regolamento (CE) 1370/2007, relativo all’affidamento dei predetti servizi di trasporto pubblico;

- con delibera n. 20 del 9 gennaio 2018, la Giunta Provinciale di Bolzano approvava il piano provinciale della mobilità, ai sensi dell’art 7 della legge provinciale n. 15 del 2015, recante la suddivisione del territorio in 4 bacini extraurbani (da affidare in concessione con gara), oltre a un bacino urbano (e suburbano) da affidare a una società in house;

- con delibera della Giunta Provinciale n. 358 del 17 aprile 2018 veniva quindi indetta la gara pubblica sopra soglia comunitaria per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale extraurbano di competenza della Provincia Autonoma di Bolzano, da eseguire per lotti relativi al perimetro dei quattro bacini di traffico ottimali, come definiti nel piano provinciale della mobilità (Bolzano e dintorni, Burgraviato e Venosta, Valle Isarco e Val Pusteria);

- sennonché, con delibera n. 660 del 6 luglio 2018, la stessa Giunta Provinciale annullava in autotutela il bando di gara (in ragione di un episodio verificatosi il 5 luglio 2018, quando era stata divulgata su organi di stampa locale copia di corrispondenza intercorsa tra la stazione appaltante e la Provincia, da cui era emersa l’esistenza di divergenze interpretative tra organi della procedura in merito a un requisito soggettivo di partecipazione alla gara), atto di ritiro poi a sua volta annullato dal Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Bolzano, con sentenza non definitiva n. 269 del 2020, in accoglimento del ricorso di SAD;

- con successiva delibera n. 1097 del 23 ottobre 2018, la Giunta provinciale disponeva, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del Regolamento (CE) 1370/07 e dell’art. 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, una prima proroga delle concessioni in essere per un importo di € 82.952.547,81, fino alla data del 31 dicembre 2019, alle stesse condizioni tecniche ed economiche, motivando che era «assolutamente necessario garantire la prosecuzione del servizio di trasporto pubblico per tutto il tempo utile al completamento della procedura di gara e alla stipula dei nuovi contratti di servizio»;

- in data 6 giugno 2019, il Consiglio provinciale approvava la mozione n. 103/2019, che impegnava la Giunta provinciale a presentare una proposta legislativa che prevedesse, per il servizio di trasporto pubblico locale con autobus, un modello in house o un’azienda speciale;

- di lì a poco, l’art. 4, comma 2, della legge provinciale 9 luglio 2019, n. 3 modificava l’art. 7 della legge provinciale n. 16 del 2015, introducendo il comma 9, secondo cui: «Il servizio di trasporto pubblico locale è principalmente garantito dalla Provincia autonoma di Bolzano, anche attraverso un modello di gestione pubblica in house o azienda speciale, secondo i principi della mobilità sostenibile, nel rispetto della normativa unionale. Nelle more dell’individuazione della società o dell’azienda speciale la Provincia assicura con propri provvedimenti la prosecuzione del servizio all’utenza. Sono fatti salvi gli affidamenti con gara delle linee di trasporto minori e complementari nell’ambito di un sistema integrato della mobilità nonché gli interventi di promozione delle piccole e medie imprese nel trasporto locale»;

- con successiva delibera n. 928 del 12 novembre 2019, la Giunta provinciale disponeva, ancora ai sensi dell’art. 5, comma 5, del Regolamento (CE) 1370/07 e sempre a beneficio di SAD e LIBUS, una seconda proroga delle concessioni in essere per un importo di € 48.079.298,73, sino alla data del 18 novembre 2020, motivando di non riuscire a concludere il procedimento istruttorio avviato e le attività necessarie per la costituzione di un modello in house entro il termine di scadenza della prima proroga;

- con delibera della Giunta provinciale n. 828 del 27 ottobre 2020, veniva delineata una nuova perimetrazione dei servizi di trasporto pubblico locale extraurbano di competenza, individuando un lotto da affidare ‘in house’ (comprendente le linee afferenti ai territori delle città di Bolzano, Merano e Laives, per circa 7,4 Mvett*km/anno) e dieci lotti da affidare tramite procedura di gara (di dimensioni comprese tra 1,5 e 2,9 Mvett*km/anno, per complessivi ca. 21,3 Mvett*km/anno; segnatamente: Bassa Atesina/Oltradige; Val d’Ega; Sciliar/Val Gardena; Val Venosta; Alta Val Isarco; Valle Isarco; Bassa Pusteria; Val Badia; Valle Aurina e Brunico; Alta Pusteria):

- con contestuale delibera n. 829 del 27 ottobre 2020, la Giunta provinciale, in prossimità della scadenza della seconda proroga (18 novembre 2020), disponeva una ulteriore proroga del servizio di trasporto pubblico locale extraurbano, ancora una volta in favore di SAD e LIBUS, fino all’11 dicembre 2021, specificando che la proroga, avente natura ‘tecnica’, veniva accordata per un tempo predeterminato e limitato, nonché imposta dall’art. 92, comma 4-ter, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, impegnando a tal fine l’importo complessivo di € 56.230.407,24;

- la Provincia Autonoma avviava quindi la procedura di affidamento dei 10 lotti di gara, per il periodo 12 dicembre 2021-13 dicembre 2031, pubblicando in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea l’avviso del 2 marzo 2021, unitamente alla documentazione di gara;

- con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (n. 218 del 2020), il Consorzio Alto Adige Autonoleggiatori (di seguito: “Consorzio”) ‒ consorzio stabile ai sensi dell’art. 45, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 50 del 2016, operante sul territorio della Provincia autonoma di Bolzano nel settore dei servizi di trasporto (anche pubblico locale) ‒ impugnava la predetta deliberazione della Giunta provinciale n. 829 del 2020, nonché la deliberazione n. 828 (nei soli limiti in cui potesse intendersi quale atto legittimante la proroga del servizio in favore dei gestori uscenti per il periodo decorrente dal 19 novembre 2020);

- oltre all’annullamento degli atti impugnati, il Consorzio chiedeva di dichiarare l’inefficacia della proroga, ex art. 121 c.p.a., e di condannare la Provincia autonoma di Bolzano, in sede di riedizione del potere, in merito all’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale extraurbano di competenza provinciale, «a tenere in considerazione la possibilità dell’affidamento di uno o più ‘contratti ponte’ fino all’individuazione del gestore definitivo» nell’ambito della procedura indetta con provvedimento n. 828 del 2020, nonché la condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno per perdita di ‘chance’;

- avverso la medesima delibera n. 828 del 2020 anche SAD proponeva ricorso (n. 213 del 2020) in ottemperanza e a valere anche come ricorso di legittimità, attualmente pendente dinanzi al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Bolzano (nell’ambito del medesimo ricorso, con motivi aggiunti, SAD impugnava anche le delibere della Provincia n. 927 e n. 928 del 24 novembre 2020, facenti seguito all’accoglimento del ricorso avverso la delibera n. 660 del 2018).

2.‒ Con sentenza non definitiva n. 43 del 2021, il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Bolzano – respinte le eccezioni di inammissibilità sollevate dall’Amministrazione locale e dai controinteressati SAD e LIBUS – si è così pronunciato:

- ha accolto la domanda di annullamento dell’impugnata deliberazione provinciale di proroga tecnica delle concessioni per l’esercizio dei servizi di trasporto pubblico di linea extraurbani con autobus;

- dopo avere inquadrato la proroga illegittima nella fattispecie di cui all’art. 121, comma 1, lettera b), c.p.a. (equivalendo essa ad un affidamento diretto con procedura negoziata senza bando al di fuori dei casi consentiti), ha tuttavia respinto la domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi dell’art. 121, comma 2, del c.p.a., in ragione della rilevata sussistenza di esigenze imperative connesse alla necessaria garanzia di continuità di un servizio pubblico essenziale, «in considerazione del tempo contenuto fino alla scadenza della proroga e dell’estrema complessità dell’affidamento del servizio»;

- ha respinto la domanda risarcitoria, in quanto proposta sulla base dell’erroneo presupposto che, in luogo della proroga, l’amministrazione avrebbe dovuto esperire una gara ad evidenza pubblica, ed in considerazione del fatto che, in ogni caso, il Consorzio non era stato in grado di dimostrare che, se l’amministrazione avesse affidato il servizio adottando una delle misure eccezionali sopra richiamate (in particolare mediante un affidamento diretto), esso sarebbe risultato aggiudicatario, con un elevato grado di probabilità.

Con separata ordinanza collegiale n. 46 del 2021, lo stesso Tribunale:

- ha richiamato l’art. 121, comma 4, c.p.a., in base al quale il giudice amministrativo, nei casi in cui nonostante le gravi violazioni di cui al comma 1 il contratto venga considerato efficace, è tenuto ad applicare le sanzioni alternative di cui all’art. 123 dello stesso codice, assicurando il rispetto del principio del contraddittorio;

- ha quindi assegnato alle parti il termine (dimezzato) previsto dall’art. 73, comma 3, c.p.a. per presentare memorie, volte a fornire al giudice adito gli elementi necessari per la determinazione della sanzione e della sua misura, in applicazione dei parametri indicati nello stesso art. 123, comma 2, c.p.a.

2.1.‒ Con il ricorso in appello n. 2461 del 2021, SAD ha proposto appello avverso la sentenza non definitiva n. 43 del 2021, chiedendone l’annullamento.

L’appellante afferma di avere interesse a contestare la sentenza di primo grado nella parte in cui: i) ha ritenuto che le concessioni SAD siano «scadute il 18 novembre 2018» e pertanto sarebbe per esse «ampiamente superato il termine massimo di scadenza dei 30 anni» previsto dalle norme transitorie di cui all’art. 8, comma 3, del Regolamento europeo n. 1370 del 2007, con conseguente contrasto dell’art. 6 della legge della Provincia di Bolzano n. 16 del 1985; ii) pur avendo giustamente ravvisato la sussistenza di «ragioni imperative di interesse generale» ostative alla dichiarazione di inefficacia del contratto «in considerazione del tempo contenuto fino alla scadenza della proroga e dell’estrema complessità dell’affidamento del servizio», ha dichiarato illegittima la proroga dei servizi de quibus per il fatto che non era stata preceduta proprio dal tentativo di procedere all’affidamento diretto del servizio ai sensi dell’art. 23, comma 3, della legge della Provincia di Bolzano n. 15 del 2015; iii) ha ritenuto che, prima di disporre la proroga, la Provincia avrebbe dovuto procedere alla verifica del perdurante possesso dei requisiti in capo ai concessionari.

A fondamento del gravame, SAD deduce che:

- la piena legittimità della proroga troverebbe conferma nello stesso Regolamento CE n. 1370 del 2007, che, all’art. 8, nel disciplinare la transizione dai rapporti concessori già esistenti al nuovo sistema di affidamento, esenta espressamente dall’obbligo di aggiudicazione secondo le nuove regole, generalmente previsto a partire dal 3 dicembre 2019, i contratti aggiudicati prima del 26 luglio 2000, in base a una procedura diversa da un’equa procedura di gara, che «possono restare in vigore fino alla loro scadenza, ma per non più di 30 anni»; tenuto conto che le concessioni SAD risalgono agli anni ’50 e ’60 e non prevedevano alcuna scadenza, la Provincia ben avrebbe potuto mantenerle in vigore fino al 3 dicembre 2039 (ovvero: 30 anni dall’entrata in vigore del Regolamento); in questo quadro sarebbe coerente la proroga legale prevista dall’art. 6, comma 5, della legge provinciale n. 16 del 1985 «fino alla data di assegnazione della nuova concessione», e la norma transitoria di cui all’art. 60 della legge provinciale n. 15 del 2015, che ne conferma la vigenza «fino al momento della produzione degli effetti dei contratti di servizio»;

- in ogni caso, la proroga per cui è causa sarebbe perfettamente in linea con l’art. 5, comma 5, del Regolamento europeo, che ammetterebbe comunque ‘a regime’ la prorogabilità dei contratti di trasporto pubblico locale per ragioni di emergenza, con l’unico limite che ogni singola proroga debba avere «durata non superiore a due anni» (tempo tecnico normalmente necessario per l’allestimento e l’espletamento di una gara per l’affidamento di tali servizi), ferma restando la possibilità di disporre ulteriori proroghe qualora ritenute necessarie;

- la sentenza appellata meriterebbe di essere censurata anche nella parte in cui ha statuito che «la sussistenza dei requisiti di ordine generale degli operatori economici affidatari di contratti pubblici debba essere verificata dall’autorità affidante anche nel caso di proroghe o rinnovi contrattuali, trattandosi pur sempre di un affidamento di un servizio pubblico, di natura onerosa, a un operatore economico privato»; il Tribunale avrebbe infatti trascurato di considerare la circostanza che la Provincia si era già espressa sull’irrilevanza dell’illecito contestato alla società dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ritenendolo inidoneo a giustificarne l’esclusione dalla gara per il trasporto scolastico, di talché una nuova valutazione della rilevanza del medesimo illecito si sarebbe tradotta in un inutile aggravio del procedimento; l’affermazione del Tribunale, in ogni caso, non potrebbe essere condivisa perché la proroga (tecnica o consensuale) non sarebbe un nuovo affidamento, bensì il prolungamento del contratto per la esecuzione di una prestazione.

L’appellante conclude chiedendo, «laddove occorrer possa», che venga disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE della questione relativa alla compatibilità con l’art. 5, comma 5, del Regolamento n. 1370 del 2007 di un sistema interno ostativo alla reiterabilità delle proroghe di durata inferiore al biennio.

3.‒ Con sentenza n. 77 del 2021, il giudice di prime cure, in sede di applicazione delle sanzioni alternative di cui all’art. 123, comma 1, c.p.a.:

i) ha disposto, in considerazione della limitata estensione temporale delle concessioni illegittimamente prorogate (12 mesi, di cui una parte già decorsa), la riduzione temporale delle stesse nella misura minima prevista dall’art. 123, comma 1, lettera b), del c.p.a., ossia il dieci per cento della loro durata residua alla data di pubblicazione della sentenza;

ii) ha ritenuto di non irrogare la sanzione pecuniaria di cui all’art. 123, comma 1, lettera a), del c.p.a., nei confronti della Provincia.

3.1.– Avverso la suddetta sentenza definitiva n. 77 del 2021, SAD ha proposto motivi aggiunti, chiedendone l’annullamento per i medesimi vizi già sollevati nell’appello principale, «al mero fine di prevenire strumentali eccezioni di improcedibilità del ricorso in appello avverso la sentenza n. 43 del 2021».

4.‒ Anche LIBUS ha proposto autonomo appello (n. 4553 del 2021) avverso le medesime sentenze n. 43 e 77 del 2021 del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Bolzano, deducendo che:

- la legge provinciale n. 15 del 2015 troverebbe applicazione solo per gli affidamenti che verranno disposti con contratti di servizio e non anche alle concessioni rilasciate in epoca anteriore all’entrata in vigore della predetta legge provinciale, che in virtù dell’art. 60 della legge provinciale n. 16 del 1985 verrebbero ancora disciplinati dai commi 1, 2 e 5 dell’art. 1, dal comma 6 dell’art. 3, e dagli articoli 5, 6, 7, 11, 14, 16 e 17 della predetta legge provinciale n. 16 del 1985;

- in forza della proroga legale delle concessioni stabilita dall’art. 6, comma 5, della legge provinciale n. 16 del 1985, mancherebbe comunque a priori il presupposto per l’applicazione del citato art. 23, commi 3 e 3-bis, della legge provinciale n. 15 del 2015, dal momento che, in base all’art. 6, comma 5, citato, non sarebbe nemmeno concepibile una interruzione o un pericolo imminente d’interruzione del pubblico servizio, visto che il titolo concessorio rimarrebbe in prorogatio fino al sopraggiungere del nuovo affidatario all’esito di gare pubbliche;

- non potrebbe dubitarsi della piena conformità delle norme provinciali sopra richiamate con il Regolamento europeo 23 ottobre 2007, n. 1370, che nel paragrafo 3, lettera b), dell’art. 8, nel disciplinare il passaggio graduale dai tradizionali moduli gestionali concessori al sistema basato sulla stipula di contratti di servizio, sancisce che, ai fini dell’applicazione del paragrafo 2 (ossia dell’obbligo di aggiudicare i contratti secondo le nuove regole), non si tiene conto dei contratti affidati «prima del 26 luglio 2000, in base a una procedura diversa da un’equa procedura di gara», laddove tali contratti soddisfino il termine massimo di durata trentennale (da intendersi come decorrente dalla data entrata in vigore del medesimo Regolamento);

- al di là del nomen utilizzato nel provvedimento impugnato (proroga “tecnica”), ciò che rileverebbe è che la proroga disposta in favore degli attuali gestori sarebbe perfettamente coerente con il quadro normativo di riferimento (in primis con l’art. 6 della legge provinciale n. 16 del 1985 e con l’art. 5, comma 5, del Regolamento);

- anche qualora si ritenesse viziata la proroga sotto il profilo della sua qualificazione formale (come proroga “tecnica”), dovrebbe comunque trovare applicazione l’art. 21-octies, comma 2, primo alinea, della legge n. 241 del 1990, ciò in quanto l’art. 6, comma 5, della legge provinciale n. 16 del 1985 non avrebbe lasciato all’amministrazione alcuno spazio di scelta residuo circa lo strumento contrattuale da adottare nelle more dello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica;

- la sentenza definitiva n. 77 del 2021 sarebbe erronea in quanto la riduzione parziale della durata residua del contratto ex art. 123, comma 1, lettera b), c.p.a., non sarebbe praticabile nella fattispecie per cui è causa [assimilata dal giudice di prime cure all’ipotesi di cui all’art. 121, comma 1, lettera b), del c.p.a.], in quanto il presupposto per applicare le sanzioni alternative sarebbe proprio la necessità di non privare il contratto, totalmente o parzialmente, degli effetti, per cui la pronunzia sostitutiva non potrebbe essere dello stesso tipo di quella che si è deciso di non poter adottare ai sensi dell’art. 121, comma 2, c.p.a;

- ad impedire nella fattispecie concreta l’irrogazione della sanzione della riduzione della durata residua delle concessioni, anche se nella misura minima del 10%, interverrebbero in ogni caso le esigenze imperative, che, nella sentenza non definitiva n. 43 del 2021, hanno ragionevolmente indotto il giudice di prime cure a mantenere in vita le concessioni in essere per tutto il periodo di proroga (ossia per il periodo intercorrente dal 19 novembre 2020 al 11 dicembre 2021), al fine di garantire la continuità dei servizi di trasporto pubblico locale nelle more dell’individuazione dei nuovi gestori.

5.‒ Avverso le sentenze n. 43 e 77 del 2021, il Consorzio ha proposto appello incidentale in relazione alle statuizioni che lo hanno visto soccombente, ovvero quelle con cui il giudice di prime cure: i) ha respinto la declaratoria di inefficacia delle ‘proroghe tecniche’ da ultimo disposte dalla Provincia Autonoma di Bolzano (PAB) a beneficio di SAD e LIBUS, con applicazione della sola sanzione prevista dall’art. 123, comma 1, lettera b), del c.p.a. nella misura del minimo edittale (e non delle misure sanzionatorie di cui all’art. 123, comma 1, lettera a); ii) ha disconosciuto il diritto del Consorzio al risarcimento del danno.

Per il resto, il Consorzio chiede di respingere l’atto di appello principale e i successivi motivi aggiunti proposti da SAD, in quanto inammissibili (stante la carenza di interesse ad impugnare, in quanto la lesione prospettata dall’operatore economico sarebbe meramente potenziale e astratta) e comunque infondati. Chiede altresì di dichiarare irricevibile l’atto di appello principale proposto da LIBUS in quanto tardivamente proposto (il termine lungo non potrebbe trovare applicazione nelle ipotesi in cui, come quella in esame, l’appello proposto risulti temporalmente successivo ad altri appelli relativi alla medesima sentenza, ritualmente notificati in data anteriore dalle altre parti del giudizio), ovvero di dichiararlo parzialmente inammissibile per carenza di interesse (non avendo LIBUS subito alcun pregiudizio dalla sentenza n. 43 del 2021), e comunque di rigettarlo integralmente nel merito.

6.‒ La Provincia autonoma di Bolzano si è costituita in entrambi i giudizi, premettendo di avere dato esecuzione alle sentenze del Tribunale Regionale della Giustizia Amministrativa di Bolzano. La Giunta provinciale ha infatti approvato la delibera n. 242 del 16 marzo 2021, con la quale – preso atto dell’annullamento della delibera n. 829 del 2020 riguardante le proroghe tecniche delle concessioni mantenendo in essere l’efficacia delle concessioni stesse sino al 13 novembre 2021, in ottemperanza alla sentenza n. 77 del 2021 – ha proceduto al ricalcolo e adeguamento dell’importo necessario a garantire la copertura finanziaria del servizio.

Su queste basi, l’Ente territoriale ribadisce la necessità che vengano confermate le sentenze gravate, argomentando l’insussistenza, da parte del Consorzio, del preteso danno da perdita di ‘chance’ e soprattutto l’assenza dell’interesse ad agire per quanto riguarda la sanzione alternativa applicata dal Giudice di prime cure. Insiste per l’inammissibilità, nonché l’infondatezza del motivo dedotto dalle appellanti principali in ordine alla sanzione inflitta alla Provincia con la sentenza n. 77 del 2021.

7.‒ All’odierna udienza del 24 giugno 2021, le cause in epigrafe sono state discusse e trattenute in decisione.

DIRITTO

1.‒ In via preliminare, va disposta la riunione degli appelli in epigrafe, ai sensi dell’art. 96, comma 1, del c.p.a., trattandosi di appelli proposti avverso le medesime sentenze.

2.‒ Sono necessarie alcune premesse ricostruttive generali sul quadro regolatorio del trasporto pubblico locale, contrassegnato da profondi mutamenti e persistenti criticità.

Fino alla seconda metà degli anni ottanta del ventesimo secolo non esisteva un vero e proprio mercato dei servizi pubblici locali di trasporto (la cui configurazione in termini di servizio pubblico risale alla legge n. 103 del 1903), essendo il settore per la maggior parte appannaggio dei pubblici poteri, attraverso forme di gestione diretta ovvero tramite aziende municipalizzate, e di pochissimi operatori privati.

La modifica di tale assetto – a partire dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) – si è imposta, come è noto, sia per ragioni di carattere finanziario, avendo il processo di integrazione europea nel frattempo precluso il ciclico ripianamento statale del deficit dei bilanci locali, sia per la crescente difficoltà delle anzidette modalità di gestione pubblica di rispondere in misura efficace alle moderne esigenze di sviluppo infrastrutturale.

La nuova cornice normativa di ‘ascendenza’ europea – l’art. 14 del TFUE e il protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale allegato al TFUE stabiliscono, infatti, i principi generali sulla base dei quali gli Stati membri definiscono e forniscono i servizi di interesse economico generale – ha optato per un modello concorrenziale «regolato» del trasporto pubblico locale.

L’esigenza regolatoria è dipesa dal fatto che molti servizi di trasporto terrestre di passeggeri che rappresentano una necessità sul piano dell’interesse economico generale non possono essere gestiti secondo una logica meramente commerciale. Le regole europee, al fine di garantire servizi di trasporto passeggeri sicuri, di qualità e diffusamente accessibili, legittimano l’attribuzione di diritti esclusivi e l’ammissibilità di compensazioni finanziare per gli obblighi di servizio pubblico, nel rispetto del principio di neutralità per la proprietà dell’impresa (sancito dall’art. 295 del TFUE), che può essere tanto pubblica, quanto privata.

Sul versante organizzativo si passa, da un sistema essenzialmente imperniato sulle gestioni pubbliche, ad un modello incentrato sull’affidamento attraverso procedure competitive trasparenti, con l’obiettivo di eliminare le disparità fra imprese di trasporto provenienti da Stati membri diversi. L’introduzione di una concorrenza per il mercato tra gli operatori del settore deve consentire di rendere più appetibili, più innovativi e meno onerosi i servizi forniti, senza nel contempo ostacolare l’adempimento dei compiti di servizio pubblico.

Come per gli altri servizi di interesse economico generale, la trama regolativa riflette una precisa “misura compositiva” tra fini sociali e sostenibilità economica. La scelta del legislatore europeo è consistita cioè nella ricerca di un modello di gestione in cui trovi adeguata sintesi la dialettica tra efficienza economica-gestionale del servizio (traghettando il sistema dal modello della spesa storica a quello dei costi standard) ed ‘universalità’ dello stesso.

Sul piano della governance, anche il settore dei trasporti locali è approdato al modello della regolazione indipendente, con l’istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti (la delibera n. 49 del 2015, revisionata dalla successiva delibera n. 154 del 2019, ha definito le “Misure regolatorie per la redazione dei bandi e delle convenzioni relativi alle gare per l’assegnazione in esclusiva dei servizi di trasporto pubblico locale passeggeri e definizione dei criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici e avvio di un procedimento per la definizione della metodologia per l’individuazione degli ambiti di servizio pubblico e delle modalità più efficienti di finanziamento”). In armonia con i criteri di riparto della potestà legislativa e delle funzioni amministrative (articoli 117 e 118 della Costituzione), restano attribuiti al livello di governo territoriale l’individuazione degli ambiti ottimali e l’identificazione dei servizi minimi, al fine di tenere conto delle ineludibili specificità territoriali e infrastrutturali.

2.1.– I servizi di interesse economico generale nel settore dei trasporti pubblici di passeggeri per ferrovia e su strada trovano la loro principale disciplina nel Regolamento europeo n. 1370/2007 adottato il 23 ottobre 2007 ed entrato in vigore il 3 dicembre 2009 (che abroga i Regolamenti del Consiglio n. 1191/69 e n. 1107/70), da come ultimo modificato dal Regolamento 2016/2338 del 14 dicembre 2016.

Nel quadro normativo istituito dalla citata fonte europea, gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità per definire gli obblighi di servizio pubblico in linea con le necessità degli utenti finali. Il regolamento stabilisce però le condizioni in presenza delle quali le compensazioni stabilite nei contratti e nelle concessioni per i servizi pubblici di trasporto di passeggeri (o diritti di esclusiva da parte dell’autorità pubblica per fornire servizi di trasporto pubblico di interesse generale, ma che altrimenti non sarebbero gestibili secondo la logica commerciale) sono ritenute compatibili con il mercato interno ed esentate dall’obbligo di notifica preventiva degli aiuti di Stato alla Commissione.

Come regola generale, le autorità competenti assegnano contratti di servizio pubblico tramite procedure di aggiudicazione degli appalti, idonee a creare le condizioni di un’effettiva concorrenza (art. 5, paragrafo 3).

L’obbligo di aggiudicare appalti mediante una equa procedura di gara non trova invece applicazione:

i) qualora l’autorità locale fornisca essa stessa i servizi pubblici di trasporto pubblico o li affidi a un operatore ‘interno’ per il trasporto ovvero ad un soggetto distinto sul quale l’autorità locale esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi: l’art. 5, paragrafo 2, lettera b), detta le condizioni della facoltà di ‘auto-prestazione’ e i limiti geografici per l’aggiudicazione diretta;

ii) se il volume del contratto è di modesta entità (un contratto di servizio pubblico è considerato di valore ridotto se il suo valore annuo medio stimato è inferiore a 1 milione di EUR o se riguarda la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300.000 chilometri l’anno) oppure quando il contratto di servizio pubblico viene aggiudicato a operatori di piccole o medie dimensioni (art. 5, paragrafo 4);

iii) qualora vengano presi provvedimenti di emergenza e se i contratti vengono imposti in risposta a interruzioni o rischio di interruzioni del servizio: a quest’ultimo riguardo, l’art. 5, paragrafo 5, sancisce che i «provvedimenti di emergenza assumono la forma di un’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico o di una proroga consensuale di un contratto di servizio pubblico oppure di un’imposizione dell’obbligo di fornire determinati servizi pubblici» e che «il periodo in relazione al quale i contratti di servizio pubblico sono aggiudicati, prorogati o imposti con provvedimenti di emergenza non supera i due anni».

L’art. 4, paragrafo 3, sancisce che la durata massima di un contratto di servizio pubblico è pari a «dieci anni per i servizi di trasporto con autobus e a quindici anni per i servizi di trasporto di passeggeri per ferrovia o altri modi di trasporto su rotaia». Il paragrafo 4 dello stesso art. 4 consente, se necessario, una proroga pari al 50% della durata del contratto di servizio pubblico tenendo conto dell’ammortamento dei beni. Tale proroga può essere concessa se l’operatore del servizio pubblico fornisce beni di entità significativa in rapporto all’insieme dei beni necessari per la fornitura dei servizi di trasporto di passeggeri oggetto del contratto di servizio pubblico e destinati prevalentemente ai servizi di trasporto di passeggeri previsti dal contratto. Come precisato nella ‘Comunicazione’ della Commissione europea sugli orientamenti interpretativi concernenti il Regolamento in esame (2014/C 92/01), la decisione riguardante la proroga va circoscritta all’ipotesi in cui l’operatore di servizio pubblico sia obbligato per contratto ad effettuare investimenti in beni il cui periodo di ammortamento sia eccezionalmente lungo (come recita, del resto, anche il considerando 15). Questa possibilità deve inoltre essere chiaramente indicata nei documenti di gara e di essa si deve adeguatamente tenere conto a livello di compensazioni.

Il Regolamento detta importanti disposizioni relative al regime transitorio in materia di appalti aggiudicati prima dell’entrata in vigore dello stesso e a quelli aggiudicati nel corso del periodo transitorio dal 2009 al dicembre 2019.

In particolare, il regolamento trova applicazione a partire dal 3 dicembre 2009, ad eccezione dell’art. 5 sull’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico, che si applica dal 3 dicembre 2019.

Nel periodo transitorio fino al 2 dicembre 2019, gli Stati membri devono comunque gradualmente adeguarsi all’art. 5 per evitare gravi problemi strutturali, soprattutto nella capacità di trasporto. L’art. 8, paragrafo 2, stabilisce infatti che entro i sei mesi successivi alla prima metà del periodo transitorio (termine inizialmente fissato entro il 3 maggio 2015) sia presentata «una relazione sullo stato dei lavori, ponendo l’accento sull’attuazione dell’aggiudicazione graduale di contratti di servizio pubblico conformemente all’articolo 5»: il Regolamento 2016/2338 del 14 dicembre 2016, ha poi esteso ai sei mesi successivi al 25 dicembre 2020 il termine per la presentazione della medesima relazione, ma questa volta ponendo l’accento sull’«attuazione» (e non più sull’«attuazione graduale») dell’aggiudicazione di contratti di servizio pubblico conformi al regolamento.

Con l’art. 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) il legislatore nazionale ha recepito le disposizioni del citato Regolamento, prevedendo che: «Al fine di armonizzare il processo di liberalizzazione e di concorrenza nel settore del trasporto pubblico regionale e locale con le norme comunitarie, le autorità competenti all’aggiudicazione di contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, possono avvalersi delle previsioni di cui all'articolo 5, paragrafi 2, 4, 5 e 6 [n.d.r.: sono le richiamate disposizioni che consentono, eccezionalmente, di derogare alla regola della gara], e all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007. Alle società che, in Italia o all’estero, risultino aggiudicatarie di contratti di servizio ai sensi delle previsioni del predetto regolamento (CE) n. 1370/2007 non si applica l’esclusione di cui all’articolo 18, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422». Quest’ultima norma, a sua volta prevede che: «Le società, nonché le loro controllanti, collegate e controllate che, in Italia o all’estero, sono destinatarie di affidamenti non conformi al combinato disposto degli articoli 5 e 8, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, e la cui durata ecceda il termine del 3 dicembre 2019, non possono partecipare ad alcuna procedura per l’affidamento dei servizi, anche se già avviata. L’esclusione non si applica alle imprese affidatarie del servizio oggetto di procedura concorsuale».

2.2.– La presente vertenza si inquadra nella lunga e tormentata fase di transizione del settore del trasporto pubblico locale nella Regione Autonoma Trentino-Alto Adige, al crocevia del passaggio dai tradizionali moduli gestionali concessori al sistema europeo basato sulla stipula di contratti di servizio con operatori individuati all’esito di procedura selettive.

La legge della Provincia di Bolzano 23 novembre 2015, n. 15 – che ha recepito la disciplina contenuta nel Regolamento europeo n. 1370 del 2007, in forza della competenza primaria in materia di trasporto di interesse provinciale che lo Statuto Speciale per il Trentino Alto-Adige riserva alla Provincia autonoma di Bolzano – ha adottato, come si è anticipato nella premessa in fatto, un sistema misto, prevedendo soltanto per una minima parte l’affidamento diretto a una società direttamente controllata dalla Provincia, mentre per tutte le altre linee del trasporto pubblico locale con autobus prevedendo l’affidamento con gara pubblica per 10 lotti omogenei. Quanto all’affidamento diretto del lotto in house, la procedura è ancora in fase istruttoria. Con riguardo invece alla procedura competitiva di affidamento dei 10 lotti, la stessa è già stata bandita, con l’avviso del 2 marzo 2021.

Della legge provinciale vanno richiamate le seguenti disposizioni rilevanti ai fini della soluzione del caso in esame:

- ai sensi dell’art. 11, comma 1: «I servizi di trasporto pubblico di linea definiti nei bacini sono affidati secondo le procedure previste dall’Unione europea, tenendo conto in particolare, se possibile, delle esigenze delle piccole e medie imprese locali»;

- ai sensi dell’art. 12: «L’esercizio dei servizi di trasporto pubblico è regolato da contratti di servizio, stipulati sulla base di un contratto tipo»;

- ai sensi dell’art. 13: «I contratti di servizio sono conclusi per una durata non superiore a dieci anni per i servizi di trasporto con autobus e non superiore a 15 anni per i servizi ferroviari, i servizi funiviari e altri servizi su impianti fissi. La durata dei contratti di servizio relativi a più modi di trasporto è, al massimo, di 15 anni, se i servizi ferroviari, funiviari o su impianti fissi rappresentano oltre il 50 per cento del valore dei servizi. Il bando di gara può prevedere che la durata dei contratti di servizio possa essere prolungata al massimo del 50 per cento, se l’impresa di trasporto fornisce beni di entità significativa in rapporto all’insieme dei beni necessari per la fornitura dei servizi di trasporto pubblico, tenuto conto delle modalità di ammortamento dei beni»;

- ai sensi dell’art. 20: «I servizi possono essere forniti, nel rispetto della normativa dell’Unione europea, dalle amministrazioni stesse o da un soggetto su cui le amministrazioni competenti a livello locale, o almeno un’amministrazione competente a livello locale nel caso di un gruppo di amministrazioni, esercitano un controllo analogo a quello esercitato sulle proprie strutture»;

- ai sensi dell’art. 23, commi 1, 2 e 3: «Può essere imposto a carico dell’affidatario del servizio l’obbligo di assicurare i necessari servizi di trasporto: in caso di calamità naturali o altri eventi eccezionali non prevedibili; per provvedimenti straordinari e urgenti di tutela ambientale nelle aree caratterizzate da elevati livelli di inquinamento atmosferico. L’affidatario ha diritto alla copertura delle spese in relazione ai maggiori oneri derivanti. In caso d’interruzione del servizio o di pericolo imminente d’interruzione può essere: aggiudicato direttamente un contratto di servizio pubblico; prorogato consensualmente un contratto di servizio pubblico; imposto l’obbligo agli affidatari di fornire determinati servizi di trasporto pubblico». Il successivo comma 4 prevede che «Nei casi di cui al comma 3 i contratti hanno una durata non superiore a due anni»;

- ai sensi del comma 3-bis del medesimo art. 23 (aggiunto dall’art. 36, comma 1, della legge provinciale 19 agosto 2020, n. 9 e in vigore dal 21 agosto 2020), vigente ratione temporis: «Al fine della tutela della concorrenza la proroga consensuale ai sensi del comma 3, lettera b), e l’imposizione dell'obbligo agli affidatari di cui al comma 3, lettera c), sono ammessi solo a condizione che sia previamente stata tentata senza risultato l’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico ai sensi del comma 3, lettera a), nel rispetto dei principi della rotazione dell’incentivazione delle PMI, della suddivisione in lotti, dell’economicità e della riduzione dei viaggi a vuoto»;

- il citato comma 3-bis, è stato successivamente così sostituito dall'art. 9, comma 1, della L.P. 17 marzo 2021, n. 3: «Le concessioni di trasporto pubblico locale su autobus, in essere alla data del 23 febbraio 2020, comprese le concessioni in regime di proroga, possono essere prorogate a causa degli effetti derivanti dall’emergenza da COVID-19 fino ad un massimo di sei mesi dal termine della dichiarazione di emergenza. Resta ferma anche la facoltà di disporre, fino al termine di cui al periodo precedente, ai sensi della lettera a) del comma 3»;

- ai sensi dell’art. 60: «Fino al momento della produzione degli effetti dei contratti di servizio stipulati ai sensi dell’articolo 12 della presente legge, prevista al massimo entro novembre 2018, rimangono in vigore le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 5 dell’articolo 1, il comma 6 dell’articolo 3, gli articoli 5, 6, 7, 11, 14, 16 e 17 della legge provinciale 2 dicembre 1985, n. 16, e successive modifiche. Le concessioni per la gestione dell’infrastruttura ferroviaria di competenza provinciale, che sono in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, conservano efficacia sino alla loro naturale scadenza».

2.3.– Alla luce della cornice normativa sinteticamente riportata, possono essere ora scrutinati gli appelli in epigrafe.

Il “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale, consente di derogare all’ordine logico di esame delle questioni ‒ e quindi di tralasciare ogni valutazione pregiudiziale sulle eccezioni preliminari sollevate dal Consorzio ‒ e di risolvere la lite nel merito.

3.‒ Gli appelli principali proposti da SAD e LIBUS avverso la sentenza n. 43 del 2021 – nella parte in cui ha statuito l’illegittimità della proroga dei rapporti concessori disposta con la deliberazione di Giunta provinciale n. 829 del 2020 – vanno respinti.

3.1.– È in primo luogo destituita di fondamento la tesi della ‘ultra-vigenza’ dei rapporti concessori originari (risalenti in capo a SAD e LIBUS a partire dagli anni ’50 e ’60 del secolo scorso) fino addirittura alla data del 31 dicembre 2039.

È dirimente considerare che le concessioni oggetto della ‘terza’ proroga per cui è causa sono quelle di cui ai decreti di concessione dell’Assessore provinciale alla Mobilità adottati in data 19 novembre 2009 (elencati anche sub Allegato A della deliberazione n. 1097/2018), che avevano riaffidato alle società appellanti il servizio per un periodo di nove anni, con scadenza il 18 novembre 2018. Tale circostanza è attestata da tutte le deliberazioni provinciali in atti (n. 358 del 2018, n. 1097 del 2018, n. 928 del 2019, n. 828 del 2020, n. 829 del 2020). La gara del 2018, originariamente indetta dalla Provincia per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico di linea extraurbano con autobus, presupponeva esplicitamente l’approssimarsi della scadenza del termine novennale.

Non è pertinente, quindi, l’insistito richiamo alla norma transitoria di cui all’art. 8, paragrafo 3, lettera b), del Regolamento, il quale esclude l’obbligo della gara a decorrere dal 3 dicembre 2019, per «i contratti di servizio pubblico aggiudicati conformemente al diritto comunitario e nazionale: […] prima del 26 luglio 2000, in base a una procedura diversa da un’equa procedura di gara», i quali «possono restare in vigore fino alla loro scadenza, ma per non più di 30 anni»: come si è detto, i contratti ‘prorogati’ sono stati aggiudicati in data successiva al 26 luglio 2000 e, pertanto, sfuggono all’ambito applicativo della deroga (incidentalmente, vale peraltro notare che avrebbe dovuto ritenersi comunque superato il termine di scadenza dei 30 anni, il quale deve computarsi a decorrere dalla stipula originaria del contratto di affidamento e non certo dall’entrata in vigore del Regolamento: non è plausibile che il legislatore europeo abbia inteso procrastinare ad una data siffatta gli obiettivi di apertura del mercato che lo stesso atto normativo affermava di volere perseguire).

Per gli stessi motivi, è fuori luogo il richiamo all’ulteriore norma transitoria di cui all’art. 6, comma 5, della legge provinciale n. 16 del 1985 – secondo cui: «Le concessioni in essere alla data di entrata in vigore della presente legge sono prorogate fino alla data di assegnazione della nuova concessione» – essendo le concessioni per cui è causa da ultimo scadute il 18 novembre 2018 (peraltro, anche qui, vale notare incidentalmente che la predetta disposizione, alla luce del canone ermeneutico dell’interpretazione conforme al diritto europeo, non potrebbe certo intendersi nel senso di consentire l’indiscriminata proroga delle concessioni ad oggi in essere).

La norma transitoria di cui all’art. 60 della legge n. 15 del 2015, poi, circoscrive esplicitamente l’ultrattività dei contratti di servizio in corso entro il termine massimo del «novembre 2018».

3.2.– Acclarata l’applicabilità del quadro regolatorio ‘a regime’, sussiste la dedotta violazione dell’art. 5, comma 5, del Regolamento.

La norma, come si è visto sopra, prevede sì che le autorità competenti possano adottare, in attesa dell’aggiudicazione di un nuovo contratto di servizio pubblico conforme a tutte le condizioni stabilite dallo stesso Regolamento, provvedimenti di emergenza «in caso di interruzione del servizio o di pericolo imminente di una tale situazione»; ma con l’importante limite temporale che «il periodo in relazione al quale i contratti di servizio pubblico sono aggiudicati, prorogati o imposti con provvedimenti di emergenza non supera i due anni».

Nel caso di specie, la terza ‘proroga’ delle concessioni in capo a SAD e LIBUS, scadute nel novembre 2018, è illegittima, in quanto – sommata alle precedenti due consecutive – ha determinato il superamento della durata massima di due anni, avendo l’Amministrazione provinciale già esercitato la medesima possibilità di prolungamento contrattuale con le deliberazioni n. 1097 del 23 ottobre 2018 e n. 928 del 12 novembre 2019.

Mentre l’originaria formulazione dell’art. 5, paragrafo 5, del decreto ‒ il quale recitava che «i contratti di servizio pubblico aggiudicati o prorogati con provvedimento di emergenza o le misure che impongono di stipulare un contratto di questo tipo hanno una durata non superiore a due anni» ‒ poteva alimentare il dubbio interpretativo (per quanto contrario alla ratio dell’istituto) che il termine massimo di due anni andasse riferito, non alla durata complessiva del prolungamento contrattuale ammissibile rispetto alla sua originaria scadenza, bensì soltanto alla singola proroga, di per sé reiterabile dalla pubblica amministrazione committente, la formulazione attuale sopra richiamata (entrata in vigore in data 24 dicembre 2017, ad opera della novella di cui all’art. 1 del Regolamento europeo 14 dicembre 2016 n. 2338) appare chiara nel riferire il suddetto limite temporale all’intero «periodo» in relazione al quale i contratti di servizio pubblico sono prorogati.

Oltre alla lettera della disposizione, depone nel senso anzidetto anche il fondamento ‘emergenziale’ della previsione: il Considerando n. 24 indica chiaramente che, qualora si verifichi il rischio di interruzione della fornitura di servizi di trasporto pubblico passeggeri, le autorità competenti dovrebbero poter adottare misure di emergenza «a breve termine» in attesa dell’aggiudicazione di un nuovo contratto di servizio pubblico. Più in generale il considerando 15 del regolamento recita che «i contratti di lunga durata possono comportare la chiusura del mercato per un periodo più lungo del necessario, con conseguente riduzione degli effetti positivi della pressione della concorrenza. Per ridurre al minimo le distorsioni di concorrenza e al tempo stesso salvaguardare la qualità dei servizi, è opportuno che i contratti di servizio pubblico abbiano una durata limitata».

L’opposta interpretazione proposta dalle società appellanti si configurerebbe dunque elusiva dei vincoli derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea.

In ogni caso, sarebbero carenti anche i presupposti sostanziali della deroga: l’evento che rischiava di interrompere l’erogazione del servizio pubblico non era affatto imprevedibile, in quanto ad esso l’Amministrazione avrebbe potuto fare fronte mediante una diligente e tempestiva attivazione per l’affidamento competitivo della gestione (anche dopo l’intervenuta modifica legislativa del luglio 2019). Come chiarito nella sopra richiamata ‘Comunicazione’ della Commissione europea, le disposizioni transitorie del Regolamento sanciscono chiaramente che gli Stati membri non potevano aspettare il 2 dicembre 2019 per conformarsi alla norma generale che garantisce procedure di gara eque per contratti di servizio pubblico aperti a tutti gli operatori su base equa, trasparente e non discriminatoria. Gli Stati membri dovevano cioè attivarsi per tempo e gradualmente conformarsi a tale requisito durante il periodo transitorio, al fine di evitare una situazione in cui la capacità disponibile sul mercato del trasporto pubblico non permettesse agli operatori di reagire in maniera soddisfacente a tutte le procedure di gara avviate alla fine del periodo transitorio.

3.3.– Se anche fossero superabili i rilievi sopra svolti in ordine ai presupposti dell’affidamento emergenziale, sussisterebbe comunque la violazione della norma di diritto interno, di cui all’art. 23 della legge provinciale n. 15 del 2015. Come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, il comma 3-bis del citato art. 23, nella formulazione vigente ratione temporis, prescrive, in tema di affidamento emergenziale, il previo esperimento, senza esito positivo, dell’aggiudicazione diretta del relativo contratto di servizio nel rispetto dei principi di rotazione e di incentivazione delle piccole e medie imprese, garantendo una limitata apertura del mercato a soggetti diversi dall’incumbent storico.

3.4.– Come correttamente affermato dal giudice di prime cure, neppure potrebbe utilmente invocarsi l’art. 106, comma 11, del d.lgs. n. 50 del 2016. In disparte che le disposizioni del Codice dei contratti pubblici non si applicano alle «concessioni di servizi pubblici di trasporto pubblico di passeggeri ai sensi del regolamento (CE) n. 1370/2007» (ai sensi dell’art. 18, comma 1, lettera a, dello stesso decreto legislativo), la proroga ivi ammessa (eccezionale e temporanea, al fine di assicurare il passaggio da un vincolo contrattuale a un altro) deve necessariamente essere «prevista nel bando e nei documenti di gara», e tale presupposto non ricorre nel caso di specie.

Quanto all’art. 125, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 50 del 2016, esso consente di ricorrere a una procedura negoziata senza previa indizione di gara solo «per ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili dall’ente aggiudicatore», condizione che qui non ricorre alla luce di quanto detto sopra.

3.5.– Non costituisce poi valida base legale del provvedimento impugnato neppure l’art. 92, comma 4-ter, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (come aggiunto in sede di conversione dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), il quale recita: «Fino al termine delle misure di contenimento del virus COVID-19, tutte le procedure in corso, relative agli affidamenti dei servizi di trasporto pubblico locale, possono essere sospese, con facoltà di proroga degli affidamenti in atto al 23 febbraio 2020 fino a dodici mesi successivi alla dichiarazione di conclusione dell’emergenza; restano escluse le procedure di evidenza pubblica relative ai servizi di trasporto pubblico locale già definite con l’aggiudicazione alla data del 23 febbraio 2020».

Come affermato dal Consorzio, avallato dal giudice di prime cure, nel caso in esame, nessuna procedura relativa all’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale era in atto al 23 febbraio 2020 e, anche in seguito, non si sarebbe verificata alcuna sospensione, ma, al contrario, l’avvio di una nuova procedura di gara con la deliberazione della Giunta provinciale n. 828 del 27 ottobre 2020.

Peraltro, la predetta norma statale non era immediatamente applicabile alla Provincia autonoma di Bolzano, avente competenza primaria in materia di trasporto di interesse provinciale, e la clausola di salvaguardia di cui all’art. 125-ter del citato decreto legge n. 18 del 2020 specifica espressamente che «sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano». Difatti la Provincia ha dato attuazione alla disposizione della legge statale, recependola in parte, solo con l’art. 9, comma 1, della legge provinciale n. 3 del 2021 (sostituendo l’art. 23, comma 3-bis, della legge provinciale n. 15 del 2015), il quale, entrato in vigore il 19 marzo 2021, non è applicabile ratione temporis alla controversia per cui è causa.

Va, comunque, rimarcato che, sul punto, gli appellanti non hanno mosso specifiche censure alla sentenza appellata.

3.6.– SAD contesta anche il capo della sentenza di primo grado n. 43 del 2021 che ha ritenuto fondato il terzo motivo proposto dal Consorzio ricorrente, secondo cui la deliberazione di proroga impugnata sarebbe stata viziata anche sotto il profilo dell’omessa verifica della persistenza, in capo a SAD, dei requisiti di ordine generale richiesti agli esecutori di contratti pubblici, ed in particolare del requisito di cui all’art. 80, comma 5, lettere c) e c-bis), del d.lgs. n. 50 del 2016, relativo ai gravi illeciti professionali (sarebbe rilevante, a questo riguardo, la sanzione irrogata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27635 del 29 aprile 2019, nei confronti della stessa SAD per abuso di posizione dominante).

Il gravame è inammissibile per carenza di interesse.

La statuizione della sentenza appellata circa il doveroso possesso dei requisiti di ordine generale in capo all’esecutore di un servizio pubblico anche in regime di proroga, nel caso in esame, non è concretamente lesiva della posizione giuridica di SAD, dal momento che la stessa sentenza ha fatto comunque salva l’efficacia della proroga del rapporto concessorio ad oggi in essere.

3.7.– SAD chiede, nelle proprie conclusioni, che il Collegio disponga il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE della questione relativa alla «compatibilità con l’art. 5, comma 5, del Regolamento europeo 1370/2007 di un sistema interno ostativo alla reiterabilità delle proroghe di durata inferiore al biennio».

Va ricordato che il sistema del rinvio pregiudiziale, introdotto dall’art. 267 TFUE per assicurare l’uniformità dell’interpretazione del diritto dell’Unione negli Stati membri, istituisce una cooperazione diretta tra la Corte di Giustizia e i giudici nazionali, attraverso un procedimento in cui la determinazione e la formulazione delle questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione del diritto dell’Unione ‒ se necessarie ai fini della risoluzione della controversia oggetto del procedimento principale ‒ spettano al giudice nazionale e le parti in causa nel procedimento principale non possono modificarne il tenore (sentenze Kelly, in C-104/10; Vlaamse Dierenartsenvereniging e Janssens, in C-42/10, C-45/10 e C-57/10).

Il giudice nazionale ha l’obbligo di garantire la piena efficacia del sistema di rinvio pregiudiziale, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi contraria disposizione della legislazione nazionale, senza doverne attendere la previa soppressione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (sentenza Cartesio, in C-210/06, punti 93, 94 e 98).

Qualora non esista alcun ricorso giurisdizionale avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’art. 267, terzo comma, TFUE quando è chiamato a pronunciarsi su una questione di interpretazione del Trattato.

La giurisprudenza europea ha, tuttavia, precisato che, dal rapporto fra il secondo e il terzo comma dell'art. 267 TFUE, deriva che i giudici di cui al comma terzo dispongono dello stesso potere di valutazione di tutti gli altri giudici nazionali nello stabilire se sia necessaria una pronuncia su un punto di diritto dell’Unione onde consentir loro di decidere.

Tali giudici non sono, pertanto, tenuti a sottoporre una questione di interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad essi se questa non è rilevante, vale a dire nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in alcun modo influire sull’esito della controversia.

In sintesi, è stato chiarito che l’obbligo del giudice nazionale di ultima istanza non sussiste se:

a) la questione di interpretazione di norme comunitarie non è pertinente al giudizio (vale a dire nel caso in cui la soluzione non possa in alcun modo influire sull'esito della lite);

b) la questione è materialmente identica ad altra già decisa dalla corte o comunque il precedente risolve il punto di diritto controverso;

c) la corretta applicazione del diritto comunitario può imporsi con tale evidenza da non lasciar adito a nessun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione (c.d. teoria dell’atto chiaro, sul punto è sufficiente il richiamo alla sentenza capostipite della Corte del Lussemburgo 6 ottobre 1982, in C-283/81, Cilfit).

Nel caso in esame, tutte le considerazioni sopra svolte – in relazione alla corretta interpretazione dell’art. 5, comma 5, del Regolamento n. 1370 del 2007, anche a seguito delle modifiche apportate dall’art. 1 del Regolamento n. 2338 del 2016 – inducono il Collegio a ritenere che sussiste, nella presente controversia, l’ultima delle citate deroghe.

3.8.– Va quindi confermato l’annullamento della deliberazione della Giunta provinciale n. 829 del 27 ottobre 2020.

4.‒ Veniamo ora all’appello incidentale promosso dal Consorzio avverso la sentenza non definitiva n. 43 del 2021.

5.– Con il primo motivo di gravame incidentale, il Consorzio censura il capo della sentenza che ha disposto la conservazione dell’efficacia delle concessioni in capo alle società SAD e LIBUS. Secondo il Consorzio, dal tenore della motivazione, non sarebbe dato evincere quali siano le «esigenze imperative che giustifichino l’applicabilità dell’art. 121, comma 2, del c.p.a. Peraltro, si aggiunge, nelle more dello svolgimento della procedura di affidamento pluriennale del servizio di trasporto pubblico locale extraurbano, la Provincia avrebbe comunque potuto ricorrere allo strumento dell’affidamento diretto ad altro operatore del settore.

Il motivo non può essere accolto.

5.1.– L’illegittimità accertata è ascrivibile all’ipotesi di cui all’art. 121, comma 1, lettera b), c.p.a., risolvendosi la contestata proroga in un affidamento diretto «con procedura negoziata senza bando […] fuori dai casi consentiti». Tuttavia, la dichiarata illegittimità della procedura di affidamento non comporta automaticamente la nullità del contratto per mancanza di elementi essenziali. Il Codice del processo amministrativo, in attuazione della direttiva 2007/66/CE, tiene infatti distinte le vicende della validità dell’affidamento da quelle della validità ed efficacia del contratto, fino a consentire che, anche nelle ipotesi tassative di gravi violazioni di cui al citato art. 121 comma 1, il contratto possa rimanere in vita, in considerazione di alcuni fattori, rimessi alla valutazione discrezionale del giudice.

Ciò posto, il Collegio concorda sull’opportunità di respingere la declaratoria di inefficacia della proroga, in applicazione del comma 2 del citato art. 121 c.p.a., secondo il quale: «Il contratto resta efficace, anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le esigenze imperative rientrano, fra l’altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale. Gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l’inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all’eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporta l’obbligo di rinnovare la gara. Non costituiscono esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l’altro i costi derivanti dal ritardo nell’esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell’operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia».

Va in primo luogo rimarcato che la continuità di un servizio essenziale, come quello legato ai servizi di mobilità, costituisce senza dubbio una esigenza imperativa di interesse generale.

Il periodo residuo di esecuzione del contratto, prima della scadenza della proroga alla data dell’11 dicembre 2021 (soprattutto a partire dal deposito della presente sentenza), è talmente esiguo da rendere assai limitato il beneficio per i competitors (considerato anche che la nuova gara è già stata indetta in data 25 febbraio 2021), e dunque fa ritenere prevalente, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, l’interesse della collettività (e non dell’Amministrazione) di poter continuare, sino all’inizio del servizio del nuovo gestore, ad utilizzare tali mezzi senza soluzione di continuità.

Sotto altro profilo, la complessità dell’affidamento del servizio (le cui tempistiche, secondo quando dedotto dalla stazione appaltante, senza specifica contestazione di controparte, variano da un minimo di 155 giorni ad un massimo di 201 giorni; anche l’affidamento in via d’urgenza richiederebbe comunque l’espletamento di un’indagine di mercato) rende evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale.

6.‒ Con il secondo motivo di ricorso incidentale, il Consorzio censura il capo della sentenza di primo grado che ha respinto la domanda di risarcimento del danno da perdita di ‘chance’, avendo l’operato della Provincia impeditole di concorrere per l’affidamento della concessione sulla base dei moduli dell’evidenza pubblica.

Secondo il giudice di primo grado, la domanda di risarcimento del danno da perdita di ‘chance’ deve ritenersi nella fattispecie preclusa per l’assorbente rilievo che il Consorzio asseritamente danneggiato non sarebbe stato in grado di dimostrare, per il solo fatto di operare nel settore del trasporto pubblico di linea, di avere perduto, quale diretta conseguenza dell’illegittima proroga dei servizi ai concessionari uscenti, un’occasione concreta di aggiudicarsi direttamente il servizio, ovvero, in altri termini, che, se l’Amministrazione avesse affidato il servizio adottando una delle misure eccezionali sopra richiamate (in particolare mediante un affidamento diretto), il Consorzio ricorrente sarebbe risultato aggiudicatario, con un elevato grado di probabilità. Tale circostanza non potrebbe desumersi in base a elementi certi e obiettivi, potendo l’Amministrazione rivolgersi a tutti gli operatori economici del settore, non necessariamente solo a quelli presenti a livello locale. Al di sotto del livello della elevata probabilità, non sussisterebbe che la “mera possibilità”, che è solo un ipotetico danno, non meritevole di reintegrazione, perché non distinguibile dalla lesione di una mera aspettativa di fatto.

Ritiene il Collegio che la richiamata statuizione del giudice di primo grado sia erronea.

6.1.– Il riconoscimento della risarcibilità della perdita di ‘chance’, come è noto, è frutto di una lenta evoluzione interpretativa.

Si tratta, invero, di figura elaborata al fine di ‘traslare’ sul versante delle situazioni soggettive ‒ e, quindi, del danno ingiusto ‒ un problema di causalità incerta: quello cioè delle fattispecie in cui non sia affatto possibile accertare, già in astratto e in termini oggettivi, se un determinato esito vantaggioso (per chi lo invoca) si sarebbe o meno verificato senza l’ingerenza illecita del danneggiante.

Per superare l’impasse dell’insuperabile deficienza cognitiva del processo eziologico, il sacrificio della ‘possibilità’ di conseguire il risultato finale viene fatto assurgere a bene giuridico ‘autonomo’.

Mentre nel diritto privato le ipotesi più ricorrenti riguardano la responsabilità medica (quando si imputa la mancata attivazione di una cura o intervento sanitario il cui esito sarebbe stato tuttavia incerto), nel campo del diritto amministrativo la lesione della ‘chance’ viene invocata per riconoscere uno sbocco di tutela (sia pure per equivalente) a quelle delle aspettative andate ‘irrimediabilmente’ deluse a seguito dell’illegittimo espletamento (ovvero del mancato espletamento) di un procedimento amministrativo.

La fattispecie presa in considerazione è quella in cui il vizio accertato dal giudice amministrativo consiste nella violazione di una norma di diritto pubblico che ‒ non ricomprendendo nel suo raggio di protezione l’interesse materiale ‒ assicura all’istante soltanto la possibilità di conseguire il bene finale. L’«ingiustizia» del nocumento assume ad oggetto soltanto il ‘quid’ giuridico, minore ma autonomo, consistente nella spettanza attuale di una mera possibilità. Nella moderna economia di mercato, del resto, anche la diminuzione di probabilità di eventi patrimoniali favorevoli può rilevare come perdita patrimoniale, non solo i danni fisici intesi come distruzione di ricchezza tangibile.

Così delineata la nozione, il richiamo del giudice di primo grado alla ‘elevata probabilità’ di realizzazione, quale condizione affinché la ‘chance’ acquisti rilevanza giuridica, è fuorviante, in quanto così facendo si assimila il trattamento giuridico della figura in esame alla causalità civile ordinaria (ovvero alla causalità del risultato sperato).

La ‘chance’ prospetta invece, come si è detto, un’ipotesi ‒ assai ricorrente nel diritto amministrativo ‒ di danno solo ‘ipotetico’, in cui non si può oggettivamente sapere se un risultato vantaggioso si sarebbe o meno verificato. Pur essendo certa la contrarietà al diritto della condotta di chi ha causato la perdita della possibilità, non ne è conoscibile l’apporto causale rispetto al mancato conseguimento del risultato utile finale.

Poiché l’esigenza giurisdizionale è quella di riconoscere all’interessato il controvalore della mera possibilità ‒ già presente nel suo patrimonio ‒ di vedersi aggiudicato un determinato vantaggio, l’an del giudizio di responsabilità deve coerentemente consistere soltanto nell’accertamento del nesso causale tra la condotta antigiuridica e l’evento lesivo consistente nella perdita della predetta possibilità. La tecnica probabilistica va quindi impiegata, non per accertare l’esistenza della chance come bene a sé stante, bensì per misurare in modo equitativo il ‘valore’ economico della stessa, in sede di liquidazione del ‘quantum’ risarcibile. Con l’avvertenza che, anche se commisurato ad una frazione probabilistica del vantaggio finale, il risarcimento è pur sempre compensativo (non del risultato sperato, ma) della privazione della possibilità di conseguirlo.

Richiedere (come ha fatto il giudice di primo grado) che la possibilità di conseguire il risultato debba raggiungere una determinata soglia di probabilità prima di assumere rilevanza giuridica, significa ricondurre nuovamente il problema delle aspettative irrimediabilmente deluse (con un percorso inverso a quello che ha portato a configurare la ‘chance’ come bene autonomo, in ragione dell’impossibilità di dimostrare l’efficienza causale della condotta antigiuridica nella produzione del risultato finale) dal ‘danno’ alla ‘causalità’. In questo modo la ‘chance’ finisce per essere utilizzata quale frazione probabilistica di un risultato finale di cui (poteva essere fornita, ma) è mancata la prova. Ma si tratta di un esito del tutto contraddittorio, in quanto, se la verificazione dell’evento finale può essere empiricamente riscontrata, allora non ricorrono neppure i presupposti per l’operatività della ‘chance’.

6.2.‒ Al fine però di non incorrere in una forma inammissibile di responsabilità senza danno, è necessario che, per raggiungere la soglia dell’«ingiustizia», la ‘chance’ perduta sia ‘seria’. A tal fine: da un lato, va verificato con estremo rigore che la perdita della possibilità di risultato utile sia effettivamente imputabile alla condotta altrui contraria al diritto; sotto altro profilo, al fine di non riconoscere valore giuridico a ‘chance’ del tutto accidentali, va appurato che la possibilità di realizzazione del risultato utile rientri nel contenuto protettivo delle norme violate.

Al fine poi di scongiurare azioni bagatellari o emulative, il giudice dovrà disconoscere l’esistenza di un ‘danno risarcibile’ (1223 c.c.) nel caso in cui le probabilità perdute si attestino ad un livello del tutto infimo.

6.3.‒ Va poi precisato che, a fronte del nocumento delle ‘possibilità attuative’ rimaste inespresse a causa del comportamento illegittimo della pubblica amministrazione, il sistema di giustizia amministrativa appronta in via principale la tutela specifica. La priorità del tratto conformativo del giudicato di annullamento rispetto alla tutela risarcitoria (con la conseguenza che l’interessato non può tralasciare di impugnare l’esito negativo del procedimento), consegue al fatto che la tecnica risarcitoria della chance presuppone una situazione di fatto immodificabile, che abbia definitivamente precluso all’interessato la possibilità di conseguire il risultato favorevole cui aspirava.

Solo qualora il procedimento amministrativo dichiarato illegittimo non sia in alcun modo ‘ripetibile’ ‒ neppure virtualmente (stante i limiti posti alla cognizione giudiziale), come invece resta possibile in caso di attività vincolata, nel qual caso può essere richiesto soltanto il risarcimento del controvalore del risultato sperato ‒ il giudizio di ingiustizia può assumere ad oggetto la perdita della possibilità di un vantaggio.

6.4.– Nel caso di specie, la scelta dell’Amministrazione di prorogare, per la terza volta, le concessioni in essere ha senza dubbio conculcato le chance acquisitive dell’operatore economico ricorrente, che appaiono al Collegio dotate del carattere della ‘serietà’.

Il Consorzio ‒ che ha dedotto di essere un operatore del settore, di avere la disponibilità di autorizzazioni, mezzi e risorse necessari per l’esecuzione del servizio di cui si discute ‒ aveva in più occasioni manifestato alla Provincia il proprio interesse e la propria disponibilità a subentrare (in tutto o in parte) agli attuali gestori del servizio nella gestione del trasporto pubblico locale extraurbano.

Il risarcimento ha qui la funzione di segnalare all’Amministrazione il ‘costo’ dei comportamenti lesivi della concorrenza dinamica. Le procedure concorsuali, soprattutto nella configurazione delle norme europee, operano infatti come dispositivi di emulazione delle dinamiche concorrenziali che consentono alla committenza pubblica di sfruttare l’antagonismo tra gli aspiranti, a beneficio di una maggior efficienza dei negoziati in termini di costi e qualità delle prestazioni.

Secondo il consolidato indirizzo del Consiglio di Stato, la responsabilità per danni conseguenti alla violazione delle norme in materia di aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell’elemento soggettivo della colpa (ex plurimis, Sezione V, 1 febbraio 2021; 2 gennaio 2019, n. 14; 25 febbraio 2019, n. 1257; 25 febbraio 2016, n. 772; 19 luglio 2018, n. 4381).

6.5.– Al fine della liquidazione del danno da perdita della ‘chance’ (diverso, alla luce di tutto quanto detto sopra, dal danno di mancata aggiudicazione che si identifica con l’interesse positivo ed il danno curricolare) si rende necessaria una valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c. (richiamato dall’art. 2056 c.c.), stante l’impossibilità di formulare una prognosi sull’esito di una procedura comparativa mai svolta e quindi di fornire una precisa prova sull’ammontare del danno.

Nel caso di specie, tenuto conto della limitata durata della proroga e presumendo che l’impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori (o avrebbe potuto riutilizzare, usando l’ordinaria diligenza dovuta al fine di non concorrere all’aggravamento del danno), il danno va liquidato in via equitativa nella misura di € 60.000,00, ossia in misura non superiore al 10 per cento circa dell’utile astrattamente ritraibile dall’affidamento in parola.

A tal fine si è tenuto conto dei seguenti dati contenuti nella delibera impugnata e nei suoi Allegati (relativamente alla proroga delle concessioni per il periodo dal 19 novembre 2020 al 11 dicembre 2021), e segnatamente:

- come base per il calcolo del costo standard per l’anno 2021 sono stati presi in considerazione i costi presentati da SAD per l’anno 2018;

- i costi così calcolati, detratti gli importi per l’indennità di bilinguismo (riconosciuti a piè di lista), sono stati divisi per i km effettuati da SAD nel 2018 compreso il 12% di chilometri di trasferimento e quindi indicizzati al tasso d’inflazione per il periodo 2019 – 2021 aggiungendo, in linea con la prassi vigente, un utile ragionevole pari al 1%;

- i costi totali da riconoscere secondo il principio del costo standard (dal 1 gennaio 2021 all’11 dicembre 2021) sono stati pari ad € 40.045.251,88 per SAD, e pari ad € 27.915.012,93 per LIBUS;

- il costo standard unitario per i servizi di linea extraurbani per l’anno 2021 pari a 2,5974 Euro/km;

- ricavi e proventi nel 2018 (ovvero il valore monetario totale delle entrate della gestione annuale in proroga) di SAD in circa € 11.760.442,23, e in € 6.148.008,70 quelli di LIBUS;

- per differenza (tra costi totali riconosciuti e ricavi) è stato concesso un contributo pubblico (per il periodo dal 19 novembre 2020 all’11 dicembre 2021) per SAD di € 31.736.404,44, e per LIBUS di € 24.494.002,80.

6.6.– Ai fini dell’integrale risarcimento del danno, che costituisce debito di valore, occorre riconoscere, inoltre, al danneggiato sia la rivalutazione monetaria (secondo l’indice medio dei prezzi al consumo elaborato dall’Istat), che attualizza al momento della liquidazione il danno subito, sia gli interessi compensativi (determinati in via equitativa assumendo come parametro il tasso di interesse legale) calcolati sulla somma periodicamente rivalutata, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma fino al giorno della liquidazione del danno, sia, infine, gli interessi legali sulla somma complessiva dal giorno della pubblicazione della sentenza (che con la liquidazione del credito ne segna la trasformazione in credito di valuta) sino al soddisfo.

7.– Gli appelli principali promossi da SAD e LIBUS avverso la sentenza n. 77 del 2021 – che ha applicato, ai sensi dell’art. 123, comma 1, lettera b), c.p.a., la sanzione della riduzione della durata delle concessioni prorogate con la deliberazione della Giunta provinciale n. 829 del 27 ottobre 2020 nella misura del 10% della loro durata residua alla data di pubblicazione della presente sentenza – vanno respinti.

7.1– La tesi proposta dalle società appellanti ‒ secondo cui il mantenimento in essere del contratto previsto dall’art. 121, comma 2, del c.p.a., non consentirebbe l’applicazione della riduzione della durata del contratto, prevista dall’art. 123, comma 1, lettera b), del c.p.a. in quanto le sanzioni alternative non potrebbero essere dello stesso tipo di quella che si è decisa di non poter adottare ai sensi dell’art. 121, comma 2 c.p.a. ‒ è destituita di fondamento.

Come si evince dal combinato disposto degli articoli 121, comma 4, e 123, comma 1, del c.p.a., il legislatore ha espressamente previsto che «nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto sia considerato efficace o l’inefficacia sia temporalmente limitata si applicano le sanzioni alternative di cui all’articolo 123», « alternativamente o cumulativamente». Tali misure alternative sono la sanzione pecuniaria nei confronti della stazione appaltante, ovvero la «riduzione della durata del contratto, ove possibile, da un minimo del dieci per cento ad un massimo del cinquanta per cento della durata residua alla data di pubblicazione del dispositivo».

Ebbene, nel predetto quadro, appare evidente che la decisione di non risolvere il contratto, in considerazione di alcuni fattori rimessi alla valutazione discrezionale del giudice, è ‒ logicamente, prima ancora che giuridicamente ‒ del tutto compatibile con la decisione di ridurne nel contempo la durata di esecuzione, allo scopo di sanzionare (almeno parzialmente) l’acclarata illegittimità dell’affidamento diretto operato dall’Amministrazione, in quanto al di fuori delle ipotesi in cui è consentito.

8.– Anche le censure dell’appello incidentale mosso dal Consorzio avverso la sentenza n. 77 del 2021 ‒ il quale, nella direzione diametralmente opposta a quanto sostenuto dalle appellanti, sostiene invece che l’applicazione della riduzione temporale nella misura minima (ossia del 10%) delle concessioni illegittimamente prorogate, neppure accompagnate da sanzioni pecuniarie, sarebbe misura troppo blanda, esimendo in toto l’Amministrazione da ogni conseguenza ‒ vanno respinte.

8.1.– Contrariamente a quanto ritenuto dal Consorzio, la misura adottata dal giudice di prime cure appare del tutto proporzionata e sufficientemente dissuasiva, tenuto conto: i) della limitata estensione temporale di dodici mesi delle concessioni illegittimamente prorogate, di cui la maggior parte già decorsa; ii) dell’anzidetta complessità delle procedure di aggiudicazione; iii) che la sanzione si cumula con il risarcimento del danno sopra riconosciuto (il quale, va ricordato, «non costituisce sanzione alternativa e si cumula con le sanzioni alternative»: art. 123, comma 2, ultimo periodo); iv) dell’opera svolta dalla stazione appaltante per l’attenuazione delle conseguenze della violazione, ovvero la pubblicazione, in data 25 febbraio 2021, del bando di gara per l’affidamento delle nuove concessioni di trasporto extraurbano nella Provincia autonoma di Bolzano (le vicende relative all’entrata in vigore dell’art. 9 della legge provinciale n. 3 del 2021, attuativo del dettato dell’art. 92, comma 4-ter, del decreto-legge n. 18 del 2020, non attengono invece al presente thema decidendum).

8.2.– Nella parte in cui l’appellante incidentale chiede invece che quantomeno la riduzione della durata della proroga sia accompagnata dalla sanzione pecuniaria, di cui all’art. 123, comma 1, lettera a), c.p.a., nei confronti della Provincia, il gravame ‒ oltre che infondato per le stesse ragioni evidenziate nel punto che precede in ordine alla proporzionalità e adeguata deterrenza della sanzione alternativa applicata dal giudice di primo grado ‒ è inammissibile per difetto di interesse.

Alcuna utilità, neppure mediata, l’operatore economico potrebbe ricavare dalla riforma del predetto capo di sentenza.

9.– In definitiva, gli appelli principali di SAD e LIBUS vanno integralmente respinti. L’appello incidentale del Consorzio va parzialmente accolto nei termini sopra indicati.

9.1.– La liquidazione delle spese di lite seguono la regola generale della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando:

- previa riunione, respinge integralmente gli appelli principali proposti da SAD e LIBUS;

- accoglie parzialmente l’appello incidentale proposto dal Consorzio e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condanna la Provincia di Bolzano al pagamento della complessiva somma di € 60.000,00, oltre accessori come indicato in motivazione;

- per la restante parte respinge l’appello incidentale;

- condanna, in solido tra loro, SAD, LIBUS e la Provincia di Bolzano, al pagamento delle spese di lite in favore del Consorzio Alto Adige Autonoleggiatori, che si liquidano in complessivi € 12.000,00 (nei rapporti interni, la somma va ripartita in parti uguali tra gli obbligati in solido).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2021 con l’intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Hadrian Simonetti, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere, Estensore

Thomas Mathà, Consigliere