Consiglio di Stato, sez. V, 6 maggio 2021, n. 3539

Qualora il concorrente ometta di informare la S.A. del ritiro dal commercio di un prodotto offerto, confermando, peraltro, la propria offerta quando il prodotto sia già stato ritirato, può essere integrata la fattispecie di dichiarazione “fuorviante”, come tale suscettibile di condurre all’esclusione dell’operatore economico dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 164 del 2021, proposto da
Vodafone Italia s.p.a. in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con Converge s.p.a. come mandante, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Lo Pinto e Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna, 32;

contro

Consip s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Telecom Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Saverio Cantella, Francesco Cardarelli e Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Filippo Lattanzi in Roma, via G. P. Da Palestrina, 47; Fastweb s.p.a., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 12512/2020, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip s.p.a. e di Telecom Italia s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile 2021 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Fabio Cintioli, Filippo Lattanzi e l’avvocato dello Stato Paola Palmieri, in collegamento da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

FATTO

1. Con il bando pubblicato in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 4 gennaio 2019 Consip s.p.a. indiceva una procedura di gara, da aggiudicarsi sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo ai sensi dell’art. 95, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per l’affidamento di convenzioni con oggetto la fornitura di prodotti e servizi per la realizzazione, manutenzione e gestione di reti locali per le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 d.lgs. n. 165 del 2001 e per gli altri soggetti pubblici legittimati ad utilizzare le convenzioni ai sensi della normativa vigente (art. 26 l. n. 488 del 1999 e art. 58 l. n. 388 del 2000).

1.1. Di interesse al presente giudizio sono le Condizioni generali per la partecipazione alla procedura di gara stabilite all’art. 1.3. del Capitolato tecnico di seguito indicate:

a) al concorrente era richiesto, a pena di esclusione dalla gara, di presentare un’offerta “su tutte le tipologie di beni e servizi elencati nel presente capitolato, nella quale dovrà indicare marche, modelli e codici identificativi di tutti i prodotti offerti”;

b) “Tutti i prodotti offerti devono essere, a pena di esclusione, già commercializzabili alla data di presentazione delle offerte tecniche ed economiche”;

c) “Tutti i prodotti offerti in sede di Gara dovranno essere disponibili per tutto il periodo di durata della Convenzione (e dei relativi contratti attuativi)”.

1.2. Altrettanto interessanti per il giudizio sono le previsioni del Capitolato tecnico relative agli Apparati attivi (punto 2.3) e, segnatamente, quelle in punto di switch – in ricorso definitivi come i dispositivi che agiscono sull’instradamento dei dati e servono a veicolare il traffico tra più dispositivi o macchine collegati allo stesso sistema di rete –: “Per ogni tipologia di switch richiesta dovranno essere rese disponibili una pluralità di marche (“switch multibrand”). In particolare, il Concorrente dovrà rispettare i seguenti requisiti minimi: - almeno tre band diversi fino ad un massimo di cinque; - dei predetti brand, almeno due dovranno essere completi e, quindi, coprire tutti i tipi di switch previsti (da Tipo 1 a Tipo 10); - per ciascun tipo di switch, dovranno essere offerti almeno tre brand diversi; - per uno stesso tipo di switch, non è possibile proporre due differenti modelli dello stesso brand. Pertanto, nella proposta complessiva degli switch offerti potranno comparire al più 5 brand differenti”.

A chiusura era previsto che: “Qualora, per un particolare tipo di switch di uno specifico brand, uno dei requisiti minimi riportati nelle tabelle seguenti non sia rispettato, quel particolare switch si intenderà come non offerto; a seguito di ciò, qualora dovesse venire meno uno dei requisiti minimi esposti relativi alla numerosità degli switch e dei band proposti, il Concorrente sarà escluso dalla Gara, per difetto dei requisiti minimi”.

1.3. Alla procedura di gara, suddivisa in quattro lotti distinti a seconda delle amministrazioni beneficiarie, prendevano parte Telecom Italia s.p.a. , Fastweb s.p.a. e il r.t.i. – raggruppamento temporaneo di imprese con Vodafone Italia s.p.a. come mandataria e Converge s.p.a. come mandante.

All’esito delle operazioni di gara veniva comunicato il provvedimento di aggiudicazione di tutti i lotti in gara a Telecom Italia s.p.a.

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Vodafone Italia s.p.a. impugnava i provvedimenti di aggiudicazione sulla base di due motivi.

Con il primo motivo lamentava la violazione da parte dell’aggiudicatario dell’impegno ad offrire prodotti disponibili per tutto il periodo di durata della Convenzione; precisamente, la tipologia di prodotto “secure e-mail gateway” (SEG) era uscita di produzione qualche giorno dopo la presentazione dell’offerta (il 12 giugno 2019 come da comunicazione di end of sale dei prodotti ESA_C190_K9 e ESA_C3900_K9, con offerta presentata il 24 maggio 2019) e aggiungeva che, nonostante questo, l’aggiudicataria, quando le era stato richiesto, aveva dichiarato di confermare l’offerta senza avvisare la stazione appaltante dell’intervenuto end of sale.

Con il secondo motivo lamentava che le fosse stato attribuito un punteggio inferiore a quello che avrebbe meritato – e che le avrebbe consentito l’aggiudicazione della commessa – per aver la commissione giudicatrice reputato valutabili solo quattro dei cinque brand offerti per la tipologia di prodotti switch per il solo fatto che con riferimento al quinto brand, Juniper Networks, non era stata inserita una tabella meramente riepilogativa del modello e dei c.d. codici identificativi univoci del produttore, sebbene tale errore materiale fosse agevolmente emendabile per essere quei dati presenti nella documentazione di offerta e nonostante si trattasse di dati irrilevanti ai fini dell’attribuzione del punteggio tecnico.

Con motivi aggiunti l’impugnazione era estesa al provvedimento del 1°ottobre 2020 prot. n. 39508 con il quale Consip aveva comunicato il positivo esito dei controlli effettuati ai sensi degli articoli 80 e 85 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

2.1. Si costituivano in giudizio Consip s.p.a. e Telecom Italia s.p.a. con ricorso incidentale; Fastweb s.p.a. proponeva intervento ad opponendum dichiarando di aver proposto autonomo ricorso nei confronti degli atti di causa.

Il giudice di primo grado, con la sentenza della Seconda sezione 24 novembre 2020, n. 12512, respingeva il ricorso e i motivi aggiunti.

2.2. Il tribunale rispingeva il primo motivo ritenendo che la sanzione espulsiva fosse prevista dal Capitolato tecnico per il solo caso in cui il concorrente avesse offerto un prodotto non commercializzabile alla data di presentazione dell’offerta – circostanza pacificamente non verificatasi nella vicenda – e non anche per il diverso caso di prodotto commercializzabile alla presentazione dell’offerta e poi uscito di produzione, né sarebbe stato possibile estendere in via interpretativa la sanzione pena la violazione del criterio di stretta interpretazione delle clausole escludenti.

Aggiungeva, poi, che la conclusione raggiunta trovava conferma nell’art. 17 dello schema di convenzione per il quale, nel caso di “fuori produzione” di un prodotto, era prevista la possibilità per Consip di recedere in tutto o in parte dalla convenzione ovvero, alternativamente, di esonerare il contraente dalla forniture dell’apparecchiatura o del dispositivo dichiarato “fuori produzione” con sua sostituzione con altro prodotto offerto.

Infine, il tribunale dichiarava di non condividere neppure la qualificazione della dichiarazione resa dall’aggiudicataria come dichiarazione falsa con conseguente esclusione dalla procedura ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f- bis) del codice dei contratti pubblici, per gli stretti margini applicativi delle ipotesi di falso ivi previste come ritenuto dall’Adunanza plenaria nella sentenza del 28 agosto 2020, n. 16.

2.3. Quanto al secondo motivo del ricorso, il tribunale giudicava corretto l’operato della commissione giudicatrice che non aveva assegnato punteggio all’offerta del r.t.i. Vodafone per i prodotti del brand Juniper Networks dopo aver constatato l’impossibilità di reperire le informazioni mancanti nella documentazione prodotta dal concorrente in sede di offerta, né, sosteneva il giudice, poteva pretendersi che la commissione utilizzasse documenti inseriti nelle altre buste, e, precisamente, nella busta D, contenente la documentazione a comprova, imponendo il capitolato di procedere all’apertura della busta D solo per il primo graduato della graduatoria provvisoria, e solo dopo aver concluso le operazioni relative all’esame delle buste dell’offerta, tecnica ed economica.

Neppure poteva attendersi il concorrente che la commissione, constatato il mancato inserimento nell’offerta tecnica della tabella di fornitura relativa agli switch del band Juniper Networks, gli richiedesse chiarimenti, non essendo consentito disporre il soccorso istruttorio relativamente a carenze documentali che non costituiscono imprecisioni dell’offerta, ma implicano una vera e propria mancanza di documento o di informazione, pena la violazione della lex specialis e del principio di par condicio tra i concorrenti.

3. Propone appello Vodafone Italia s.p.a. nella qualità in epigrafe indicata; si è costituito Telecom Italia s.p.a. e Consip s.p.a.

Vodafone Italia s.p.a. e Telecom Italia s.p.a. hanno depositato memorie ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm., cui sono seguite rituali repliche anche di Consip s.p.a..

All’udienza del 22 aprile 2021 la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di appello, la sentenza di primo grado è contestata per “Error in iudicando. Difetto di motivazione. Irragionevolezza e illogicità intrinseca. Violazione e falsa applicazione della lex specialis di gara ed in particolare del par. 1.3. del Capitolato tecnico e degli artt. 94, 85 e 83 del d.lgs. n. 50 del 2016. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, irragionevolezza, illogicità, ingiustizia manifesta e violazione dell’autovincolo imposto dal capitolato tecnico”.

L’appellante ribadisce che la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere Telecom Italia s.p.a. dalla procedura di gara per aver offerto un prodotto non più in commercio, essendo intervenuta dopo 19 giorni dalla presentazione dell’offerta, comunicazione del produttore di end of sale di uno dei dispositivi S.E.G. (secure e.mail gateway), in relazione ad essi, pertanto, l’offerta era parziale o, comunque, incompleta, considerato che dei due marchi richiesti dal capitolato tecnico uno solamente era validamente offerto.

Critica, poi, la sentenza di primo grado per aver male interpretato l’art. 1.3. del Capitolato tecnico, nel quale, a suo parere, le due clausole di impegno del concorrente, l’una che vietava l’offerta di prodotti non ancora commerciabili e l’altra che imponeva l’offerta di prodotti commerciabili per la durata della convenzione (e dei contratti attuativi), andavano intese congiuntamente nel senso che l’esclusione era prevista per la violazione dell’una come dell’altra.

Dissente, infine, dalla pronuncia resa dal giudice di primo grado anche in punto di valutazione della dichiarazione, quanto meno di quella di conferma dell’offerta ed afferma nuovamente che Telecom, ammesso pure che non fosse a conoscenza dell’intenzione del produttore di non commercializzare più il dispositivo S.E.G., era tenuta a comunicare immediatamente l’end of sale alla stazione appaltante non appena intervenuta detta decisione, e, comunque, in sede di conferma dell’offerta, avvenuta, invece, senza alcuna precisazione: la sua conclusione è che la stazione appaltante avrebbe dovuto escluderla per aver reso dichiarazione falsa ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f – bis) del codice dei contratti pubblici.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

2.1. Se è vero che, come rilevato dal giudice di primo grado, la violazione dell’impegno richiesto ai concorrenti di offrire prodotti commercializzabili per l’intera durata della convenzione (e dei relativi contratti attuativi) non era sanzionato con l’esclusione dalla procedura di gara, è pur vero che la condotta dell’aggiudicatario è suscettibile di integrare una causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, come subito si dirà.

2.2. Preliminarmente, però, va meglio inteso l’impegno richiesto ai concorrenti dal capitolato tecnico.

Stabilendo che “Tutti i prodotti di gara dovranno essere disponibili per tutto il periodo di durata della Convenzione (e dei relativi contratti attuativi)”, la stazione appaltante intendeva porsi al riparo dall’eventualità – evidentemente frequente se si è giunti a farne oggetto di un impegno espresso da assumere per la partecipazione ad una procedura di gara – che un certo prodotto, funzionale all’esercizio del servizio, venga ritirato dal commercio così mettendone a rischio l’ordinato svolgimento.

2.3. La scelta di non sanzionare con l’esclusione la violazione di tale impegno è comprensibile: dichiarando che i prodotti offerti sarebbero stati disponibili per la durata della convenzione e dei relativi contratti attuativi, il concorrente assumeva un impegno non dipendente da una propria condotta, ma da quella di un terzo, non essendo egli normalmente il “produttore” dei beni, ma solamente il “fornitore” degli stessi (a meno di non voler ritenere, ma pare difficilmente ipotizzabile, che il concorrente dovesse rifornirsi di ampia scorta di prodotti prima di presentare la sua offerta).

Assumendo il predetto impegno, allora, il concorrente prometteva il fatto di un terzo, il “produttore” appunto, istituto previsto e disciplinato dall’art. 1381 cod. civ., con precise conseguenze per il caso in cui il fatto del terzo concretamente non si verifichi.

2.4. La prescrizione contenuta nel capitolato tecnico era, dunque, rispettata dai concorrenti con la sola dichiarazione di assunzione dell’impegno; essa evidentemente aveva a presupposto che il concorrente, prima di rendere la dichiarazione, avesse verificato, con la diligenza richiesta ad un operatore del settore, l’effettiva commerciabilità del prodotto.

Il caso di ritiro dal commercio di un prodotto in corso di durata della convenzione concretizzava, invece, proprio quell’evenienza dalla quale la stazione appaltante intendeva tutelarsi.

E’ questa la ragione per la quale tale situazione veniva prevista e disciplinata nella (/o schema di) convenzione: fermi, dunque, gli effetti di cui all’art. 1381 cod. civ., l’art. 17 dello schema di convenzione prevedeva l’esonero del contraente dal fornire l’apparecchiatura o il dispositivo opzionale offerti in sede di gara e la possibilità di fornire un prodotto in sostituzione con funzionalità e caratteristiche (minime e migliorative) almeno pari a quelle del prodotto uscito di produzione, salvo, qualora ciò non fosse possibile, la facoltà di recesso della stazione appaltante.

2.5. Il caso in cui un prodotto, nonostante l’impegno assunto dal concorrente, fosse già fuori commercio alla presentazione dell’offerta, se non dava luogo alla sanzione espulsiva – come anticipato riservata dal capitolato al solo caso di prodotto non (ancora) commercializzabile alla data di presentazione dell’offerta – integrava certamente una dichiarazione fuorviante come tale suscettibile di condurre all’esclusione dell’operatore economico dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c – bis) d.lgs 18 aprile 2016, n. 50.

2.6. A tale situazione può essere equiparato il caso verificatosi nella vicenda de qua: l’aggiudicatario, omettendo di informare la stazione appaltante del ritiro dal commercio di un prodotto, ed anzi, a ciò espressamente richiesto dalla stazione appaltante, confermando la propria offerta quando il prodotto era già stato ritirato dal commercio, ha “omesso informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, e, comunque, ha reso una dichiarazione “fuorviante suscettibile di influenzare le decisioni sull’esclusione”, situazioni entrambe previste dall’art. 80, comma 5 lett. c – bis) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 quali cause di esclusione dalla procedura di gara secondo valutazione discrezionale della stazione appaltante.

2.7. E’ chiaro, allora, l’errore in cui è incorso il giudice di primo grado: la dichiarazione di conferma dell’offerta resa dal raggruppamento aggiudicatario non poteva essere considerata “falsa”, e dar luogo, così, ad immediata esclusione del concorrente dalla procedura ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f – bis) del codice, poiché, come correttamente ricordato in sentenza, in seguito alle precisazioni compiute dall’Adunanza plenaria nella sentenza del 28 agosto 2020, n. 16 tale situazione è destinata a verificarsi in casi – definiti “di non agevole verificazione” – di presentazione di dichiarazioni o documentazioni “obiettivamente false”, senza alcun margine di opinabilità – e, comunque, per il fatto che nel caso di specie la dichiarazione non era volta a rappresentare un fatto ma all’assunzione di una promessa – ma, nondimeno – per il principio per il quale “il più contiene il meno” – la dichiarazione andava stimata fuorviante, reticente e, comunque, omissiva.

2.8. Considerato che, secondo le precise indicazioni dell’Adunanza plenaria (in particolare ai par. 14 e 15 della sentenza n. 16 del 2020), anche in caso di dichiarazione fuorviante o omissiva spetta pur sempre alla stazione appaltante apprezzare la condotta del concorrente per valutare se sussistano le condizioni per la sua esclusione dalla procedura, dovrà Consip, per conformarsi al giudicato, apprezzare la dichiarazione resa da Telecom Italia s.p.a. di conferma integrale della propria offerta quando era già stata dichiarato il ritiro dal commercio del prodotto e valutare se possa ritenersi integrata la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c – bis) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per essere tale vicenda in grado di incidere sull’affidabilità ed integrità dell’operatore economico.

3. Va esaminato, però, anche il secondo motivo di appello con il quale Vodafone lamenta: “Error in iudicando. Travisamento e contraddittorietà. Violazione e falsa applicazione art. 95 d.lgs. 50/2016. Violazione e falsa applicazione degli artt. 30, 68 e 83 del d.lgs. 50/2016. Violazione e falsa applicazione dei principi di concorrenza e par condicio tra gli operatori. Violazione e falsa applicazione art. 97 Cost. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità e ingiustizia manifesta. Violazione dei principi di non discriminazione e parità di trattamento”.

Preliminarmente l’appellante ripropone la sua tesi secondo cui, in sede di valutazione dell’offerta tecnica, le sarebbe spettato un punteggio più alto (68,267 punti) di quello assegnatole dalla commissione giudicatrice (65,870 punti), avendo proposto cinque brand diversi per ciascuna delle tipologie di switch e così incrementando il requisito minimo di tre brand previsto dal capitolato tecnico.

Successivamente, critica doppiamente la sentenza di primo grado:

- per aver convalidato la condotta della commissione giudicatrice sul presupposto che questa avesse fatto il possibile per reperire aliunde i dati mancanti quando, invece, i dati da riportare nella “tabella di fornitura” relativa al band Juniper Networks erano presenti in altri documenti depositati unitamente alla stessa offerta tecnica, richiamati nell’atto di appello (il file equivalenze Juniper) e, comunque nella documentazione a comprova inserita nella busta D;

- per aver escluso la necessità dell’attivazione del soccorso istruttorio paventando la lesione della par condicio tra i concorrenti sebbene, esaminata integralmente l’offerta tecnica, la commissione non avrebbe potuto aver dubbi sulla sua volontà di offrire anche quello specifico brand, per cui agevolmente avrebbe potuto rendersi conto che la mancata compilazione della “tabella di fornitura” era stata conseguenza di un mero errore materiale, la cui correzione, secondo la giurisprudenza euro-unitaria va consentita all’operatore non potendo seguirne alcuna lesione della par condicio tra i concorrenti.

4. Il motivo è fondato.

4.1. La commissione giudicatrice ha assegnato all’appellante il punteggio per aver offerto quattro e non cinque brand per la tipologia di prodotto switch avendo constatato la mancanza di una serie di dati relativi al brand Juniper Networks che il concorrente avrebbe dovuto fornire in uno specifico documento denominato nel fac-simile della domanda “Tabella di fornitura”.

Prima di procedere all’assegnazione del punteggio, però, la commissione giudicatrice avrebbe dovuto attivare il soccorso istruttorio e richiedere chiarimenti all’operatore economico.

4.2. Come noto, il soccorso istruttorio è previsto dall'art. 83, comma 9, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 in questi termini: "Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in ogni caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento unico di gara europeo di cui all'articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all'offerta economica e all'offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere.".

Sul soccorso istruttorio relativo ad elementi dell'offerta si è pronunciata la Corte di Giustizia dell'Unione europea (nella sentenza sez. VIII, 10 maggio 2017, nella causa C-131/16 Archus) enunciando le seguenti regole: a) consentire all'amministrazione di chiedere ad un candidato la cui offerta essa ritiene imprecisa o non conforme alle specifiche tecniche del capitolato d'oneri, chiarimenti, violerebbe il principio della par condicio (poiché sembrerebbe che, ove il privato rispondesse positivamente, l'amministrazione abbia con questi negoziato l'offerta in via riservata); b) non è in contrasto con il principio della par condicio tra i concorrenti la richiesta di correzione o completamento dell'offerta su singoli punti, qualora l'offerta necessiti in modo evidente di un chiarimento o qualora si tratti di correggere errori materiali manifesti, fatto salvo il rispetto di alcuni requisiti; c) una richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un'informazione la cui comunicazione era richiesta dai documenti dell'appalto, se non nel caso in cui essi siano indispensabili per chiarimento dell'offerta o rettifica di un errore manifesto dell'offerta e sempre che non comportino modifiche tali da costituire, in realtà, una nuova offerta.

Va aggiunto l'ulteriore principio enunciato dalla Corte di Giustizia (nella sentenza sez. VI, 2 giugno 2016, nella causa C-27/15 Pippo Pizzo), secondo cui ( 51): "...il principio di trattamento e l'obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all'esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un'interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all'operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall'amministrazione aggiudicatrice" (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2020, n. 2146).

4.3. Ritiene il Collegio che le carenze informative nelle quali era incorso il r.t.i. Vodafone non erano dovute a imprecisioni dell'offerta o difformità di essa rispetto alle prescrizioni del capitolato prestazionale, quanto, piuttosto, ma ad un manifesto errore di compilazione della documentazione – non v’era ragione alcuna che potesse spiegare altrimenti la scelta del concorrente di fornire tutte le informazioni per quattro dei cinque brand offerti – da correggere al solo fine di completamento dell’offerta su di un singolo punto, senza incorrere nella violazione della par condicio tra i concorrenti.

Induce a tale ultima conclusione una considerazione che appare decisiva: ammesso pure che i dati mancanti non fossero presenti in altri documenti allegati all’offerta tecnica (o che non potessero integralmente ricavarsi), è pacifico che tutti i dati relativi al brand Juniper Networks fossero contenuti nella busta D, relativa ai documenti a comprova delle dichiarazioni effettuate: se, allora, l’offerta di Telecom Italia s.p.a. – intesa come insieme di dichiarazioni e documenti prodotti alla stazione appaltante – era già completa in tutti i dati richiesti dal capitolato, con il soccorso istruttorio sarebbe stata consentita non già un’attività integrativa di essa – chè nulla da aggiungere v’era – ma solamente ricognitiva, sarebbe stato cioè consentito al concorrente solo di precisare se avesse in qualche modo fornito quei dati e dove erano contenuti.

All’esito di tale chiarimento, la stazione appaltante avrebbe potuto procedere con ogni sua valutazione.

4.4. Né può dirsi, come fa il giudice di primo grado, che il capitolato prevedeva una precisa sequenza nell’apertura delle buste, tale per cui era precluso alla commissione aprire la busta D con i documenti a comprova, senza aver prima definito la graduatoria provvisoria e di essa il primo graduato, rispetto al quale solamente era previsto fossero effettuate le verifiche ai fini dell’aggiudicazione: superando un approccio strettamente formalistico – che premia la “caccia all’errore” anche se l’errore non abbia comportato alcuna reale alterazione del gioco concorrenziale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 aprile 2021, n. 2924) – deve dirsi che la stazione appaltante non era tenuta affatto ad aprire le altre buste prima di elaborare la graduatoria provvisoria, ma avrebbe dovuto solamente consentire al concorrente di fornire le informazioni mancanti, procedere all’assegnazione del punteggio e quindi all’elaborazione della graduatoria, salvo poi riscontrare se il concorrente avesse effettivamente inserito quei dati nella busta D, come dallo stesso dichiarato.

La sequenza indicata dal capitolato, pertanto, non sarebbe stata alterata, poiché alla busta D, la commissione giudicatrice sarebbe arrivata, pur sempre, dopo aver elaborato la graduatoria.

4.5. Le conclusione quivi raggiunte consentono di respingere anche il motivo del ricorso incidentale di Telecom Italia s.p.a. riproposto ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm. in quanto non esaminato dal giudice di primo grado e con il quale veniva contestato la decisione della commissione giudicatrice di non escludere Telecom Italia s.p.a. dalla procedura di gara – per non aver compilato la tabella di fornitura relativa al brand Juniper Networks di uno degli switch – ma solamente di considerare quel brand come non offerto con conseguente attribuzione di un punteggio inferiore all’offerta tecnica.

Rammenta, infatti, l’appellato che l’art. 15 del disciplinare di gara imponeva ai concorrenti di utilizzare il modello allegato sub 5 il quale richiedeva all’offerte la compilazione di tutte le tabelle illustrative di ciascuno degli apparati oggetto di fornitura, indicando le relative caratteristiche tecniche prestazionali migliorative; in particolare, a pena di esclusione dalla gara, era imposto che l’offerta tecnica contenesse “…tante tabelle B Caratteristiche migliorative switch band i-esimo quanti sono i brand switch presentati”, ma anche “debitamente compilate in ogni loro parte, relativamente a ciascun brand di switch offerto, tante tabella sezione 2 switch… quanti sono i brandi di switch offerti dal concorrente”.

Siccome il r.t.i. Vodafone non aveva inserito in offerta la tabella di fornitura relativa agli switch del brand Juniper Networks ossia la tabella sezione 2 (con indicazione di marca, modello, codici identificativi del produttore tanto dello switch quanto delle relative schede e porte aggiuntive), la commissione non poteva limitarsi ad assegnare un punteggio più basso, ma avrebbe dovuto procedere all’esclusione dalla procedura.

4.6. Senonchè, vero quanto precedentemente detto sul fatto che l’omissione del r.t.i. Vodafone era frutto di un mero errore materiale agevolmente riconoscibile dalla commissione che avrebbe dovuto concedere fosse emendato attivando soccorso istruttorio, è da respingere la pretesa dell’appellato che si dovesse pervenire all’esclusione dell’operatore dalla procedura di gara.

Ad ogni buon conto tale prospettazione appare infondata anche alla luce della corretta interpretazione della legge di gara.

Decisivo al riguardo è il contenuto dell’art. 2.3.1 (Switch) del Capitolato tecnico nel quale si considera proprio il caso in cui per uno dei brand non siano rispettati uno dei requisiti indicati nelle tabelle e si afferma che “quel particolare switch si intenderà come non offerto”, mentre l’esclusione immediata dalla procedura di gara è confinata al caso in cui, per l’eventualità prima considerata – ossia per il caso che considerando non offerto un certo brand – risulti offerto un numero di switch e di brand inferiore a quello minimo richiesto.

La disciplina di gara risulta in questo modo pienamente coerente: l’esclusione del concorrente è disposta qualora l’offerta risulti parziale per aver previsto un numero di switch e di brand inferiore a quello richiesto, negli altri casi, ossia fermo il numero minimo imposto dell’uno e dell’altro, la conseguenza che deriva dal mancato rispetto dei requisiti minimi di apparato – cui va equiparato il caso della omessa produzione dei dati sui requisiti minimi – è quello dell’attribuzione di un punteggio inferiore, considerato che ogni switch e brand offerto in più rispetto a quello minimo imposto dal capitolato è valutato come proposta migliorativa dell’offerta.

4.7. In definitiva, dopo aver valutato l’incidenza della dichiarazione di Telecom Italia s.p.a. così come previsto al punto 2.8 della presente motivazione, la stazione appaltante dovrà riprendere dall’esame delle offerte consentendo al r.t.i. Vodafone di completare la tabella di fornitura con i dati mancanti.

4.8. In conclusione, l’appello di Vodafone Italia s.p.a. deve essere accolto e la sentenza di primo grado integralmente riformata con l’accoglimento del ricorso di primo grado e l’annullamento dei provvedimenti impugnati; respinto il ricorso incidentale di Telecom Italia s.p.a.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 12512/2020, accoglie il ricorso di primo grado di Vodafone Italia s.p.a. ed annulla i provvedimenti impugnati, respinto il ricorso incidentale di Telecom Italia s.p.a.

Condanna Telecom Italia s.p.a. e Consip s.p.a. al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio, che liquida in complessivi € 20.000,00 oltre accessori e spese di legge, a favore di Vodafone Italia s.p.a.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura.

Al fine di meglio inquadrare la massima in esame, giova premettere, brevemente, alcuni cenni in fatto. In particolare, all’esito di una procedura di gara per l’affidamento di convenzioni per la fornitura di prodotti e

servizi per la realizzazione, manutenzione e gestione di reti locali per le P.A., da aggiudicarsi sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, CONSIP aggiudicava tutti i lotti al medesimo concorrente. Il secondo classificato impugnava, quindi, i provvedimenti di aggiudicazione, lamentando, ex plurimis, la violazione da parte dell’aggiudicatario dell’impegno ad offrire prodotti disponibili per tutto il periodo di durata della Convenzione, dal momento che, nonostante uno dei prodotti offerti fosse uscito dal circuito di produzione in commercio, l’aggiudicatario aveva dichiarato di confermare l’offerta senza avvisare la stazione appaltante dell’intervenuto end of sale

In primo grado, dunque, i giudici amministrativi respingevano la suddetta doglianza (TAR Lazio, sez. II, n. 12512/2020) ritenendo che la sanzione espulsiva fosse prevista, peraltro, dal Capitolato tecnico per il solo caso in cui il concorrente avesse offerto un prodotto non commercializzabile alla data di presentazione dell’offerta e non anche per il diverso caso di prodotto commercializzabile alla presentazione dell’offerta e poi uscito di produzione (come nel caso in esame). Pertanto, non sarebbe stato possibile estendere in via interpretativa la sanzione pena la violazione del criterio di stretta interpretazione delle clausole escludenti, anche alla luce dello schema di convenzione, che prevedeva espressamente, per il caso di “fuori produzione” di un prodotto, la possibilità per CONSIP di recedere in tutto o in parte dalla convenzione ovvero, alternativamente, di esonerare il contraente dalla forniture dell'apparecchiatura o del dispositivo dichiarato “fuori produzione” con sua sostituzione con altro prodotto offerto. Il giudice di prime cure, quindi, dichiarava di non condividere la qualificazione della dichiarazione resa dall'aggiudicataria come “falsa”, con conseguente esclusione dalla procedura prevista dall’art. 80, comma 5, lett. f-bis, d.lgs. n. 50/2016. 

Nell’accogliere l’appello del ricorrente, il Consiglio di Stato – con la sentenza in esame – ha diversamente rilevato come «se è vero che, come rilevato dal giudice di primo grado, la violazione dell’impegno richiesto ai concorrenti di offrire prodotti commercializzabili per l’intera durata della convenzione (e dei relativi contratti attuativi) non era sanzionato con l’esclusione dalla procedura di gara, è pur vero che la condotta dell’aggiudicatario è suscettibile di integrare una causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50»

Preliminarmente, i giudici di Palazzo Spada hanno chiarito il perimetro operativo dell’impegno previsto dal Capitolato tecnico. Ed infatti, secondo il Consiglio di Stato, detto documento, stabilendo che i prodotti di gara «dovranno essere disponibili per tutto il periodo di durata della Convenzione (e dei relativi contratti attuativi)», intendeva porre al riparo la S.A. dall’eventualità che un certo prodotto, funzionale all’esercizio del servizio, venga ritirato dal commercio così mettendone a rischio l’ordinato svolgimento. Orbene, da tale lettura, si giustifica, in prima battuta, la scelta di non sanzionare con l’esclusione diretta la violazione di tale impegno: ed infatti, dichiarando che i prodotti offerti sarebbero stati disponibili per la durata della convenzione e dei relativi contratti attuativi, il concorrente assumeva un impegno «non dipendente da una propria condotta, ma da quella di un terzo, non essendo egli normalmente il “produttore” dei beni, ma solamente il “fornitore” degli stessi (a meno di non voler ritenere, ma pare difficilmente ipotizzabile, che il concorrente dovesse rifornirsi di ampia scorta di prodotti prima di presentare la sua offerta)».

Fermo restando quanto sopra detto, però, il caso in cui un prodotto, nonostante l’impegno assunto dal concorrente, fosse già fuori commercio alla presentazione dell’offerta, se non dava luogo alla sanzione espulsiva integrava “certamente” una dichiarazione fuorviante come tale suscettibile di condurre all’esclusione dell’operatore economico dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Secondo il giudice di seconde cure, a tale situazione può essere equiparato il caso verificatosi nella vicenda in esame. In buona sostanza, l’aggiudicatario, omettendo di informare la stazione appaltante del ritiro dal commercio di un prodotto, ed anzi, a ciò espressamente richiesto dalla stazione appaltante, confermando la propria offerta quando il prodotto era già stato ritirato dal commercio, ha «omesso informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione», e, comunque, ha reso una dichiarazione «fuorviante suscettibile di influenzare le decisioni sull’esclusione», situazioni entrambe previste dall’art. 80, comma 5, lett. c-bis del d.lgs. 50/2016 quali cause di esclusione dalla procedura di gara secondo valutazione discrezionale della stazione appaltante.

In conclusione, secondo il Consiglio di Stato, la dichiarazione di conferma dell’offerta resa dall’aggiudicatario non poteva essere considerata “falsa”, e dar luogo, così, ad immediata esclusione del concorrente dalla procedura ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis, del Codice, poiché, in seguito alle precisazioni compiute dall’Adunanza plenaria nella sentenza del 28 agosto 2020, n. 16, tale situazione è destinata a verificarsi in casi (definiti «di non agevole verificazione») di presentazione di dichiarazioni o documentazioni “obiettivamente false”, senza alcun margine di opinabilità. Nonostante ciò, tuttavia, per il fatto che – nel caso di specie – detta dichiarazione non era volta a rappresentare un fatto ma all’assunzione di una promessa, la dichiarazione andava comunque stimata fuorviante, reticente e, comunque, omissiva, anche in virtù del principio per il quale “il più contiene il meno”.

Pertanto, «considerato che, secondo le precise indicazioni dell’Adunanza plenaria, anche in caso di dichiarazione fuorviante o omissiva spetta pur sempre alla stazione appaltante apprezzare la condotta del concorrente per valutare se sussistano le condizioni per la sua esclusione dalla procedura», il Consiglio di Stato ha rimesso a CONSIP, ai fini della conformazione al giudicato, l’apprezzamento della dichiarazione resa dall’aggiudicatario di conferma integrale della propria offerta quando era già stata dichiarato il ritiro dal commercio del prodotto, per essere tale vicenda in grado di incidere sull’affidabilità ed integritàdell’operatore economico medesimo.