Cons. Stato, sez. V, 29 marzo 2021, n. 2586

Non è vincolante e non deve essere impugnato il parere di precontenzioso reso dall'ANAC ex art. 211, comma 1, del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nei confronti dell'impresa che non ha mai consentito ad attenersi a quanto in esso stabilito, ai sensi della disposizione da ultimo richiamata. Nell'ambito della peculiare disciplina di cui all'art. 211, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 deve quindi ritenersi che l'onere di immediata impugnazione previsto dalla disposizione in esame vada circoscritto alla sola ipotesi in cui tutte le parti interessate abbiano preventivamente prestato il consenso ad attenersi al parere dell'ANAC.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4713 del 2020, proposto da                                                 Impresa Costruzioni Me. Al. s.r.l., in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, in proprio ed in qualità di mandataria del costituito raggruppamento temporaneo di imprese con CME Consorzio Imprenditori Edili soc. coop., Impresa Costruzioni Appalti Marittimi I.C.A.M.  Fratelli Pa. s.r.l. e S.C.S. soc. coop., rappresentata e difesa dagli avvocati Aristide Police e Filippo Degni, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale Liegi 32;                           

contro

Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale, ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto presso i suoi uffici, in Roma, via dei Portoghesi 12;                         

nei confronti

Sa.  s.p.a., in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, in proprio ed in qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con la Cooperativa Muratori & Cementisti - C.M.C. di Ravenna soc.  coop., rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde 2;     

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche (sezione prima) n. 70/2020, resa tra le parti, concernente la procedura aperta indetta dall'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale per l'affidamento in appalto dei lavori di completamento e funzionalizzazione della nuova banchina rettilinea

del porto di Ancona e dei piazzali retrostanti - 1° stralcio funzionale;                                                         

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;                  

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale e dell'ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, e della Sa. s.p.a.;                                

Visti tutti gli atti della causa;                                   

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;                 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2021 il consigliere Fabio Franconiero, nessuno essendo comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.              

FATTO 

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per le Marche l'Impresa Costruzioni Me. Al. s.r.l., aggiudicataria in raggruppamento temporaneo di imprese con CME Consorzio Imprenditori Edili soc. coop., Impresa Costruzioni Appalti Marittimi I.C.A.M. Fratelli Pa. s.r.l. e Unieco soc. coop., dei lavori di completamento e funzionalizzazione della nuova banchina rettilinea e dei piazzali retrostanti del porto di Ancona - 1° stralcio funzionale, in attuazione del piano regolatore portuale, del valore di € 34.639.097,94, di cui alla procedura di affidamento indetta dall'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale con bando di gara pubblicato il 12 dicembre 2014, impugnava l'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione da quest'ultima disposta nei propri confronti (con delibera del presidente dell'Autorità portuale n. 155 del 27 agosto 2019).

2. L'annullamento d'ufficio, pronunciato su conforme parere dell'ANAC (delibera in data 8 maggio 2019, n. 415), all'esito della verifica dei requisiti di partecipazione alla gara, era fondato sulla perdita di quelli di ordine generale di cui all'art. 38 dell'allora vigente Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) dell'originaria mandante Unieco società cooperativa, in conseguenza della sua sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa, oltre che di situazioni di irregolarità fiscale e contributiva della medesima mandante, da cui era a sua volta derivata la perdita dei requisiti di qualificazione del raggruppamento temporaneo nel suo complesso (attestazione SOA nella categoria OS21, classifica V); ed inoltre sull'impossibilità ai sensi dell'art. 37 del medesimo Codice dei contratti pubblici di sostituire la stessa mandante in corso di gara, come invece preteso dal raggruppamento temporaneo aggiudicatario, con la S.C.S. società cooperativa.

3. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito respingeva il ricorso contro il provvedimento dell'Autorità portuale resistente così sintetizzato.

4. L'Impresa Costruzioni Me. Al. ha proposto appello, con cui devolve in secondo grado le proprie censure di legittimità nei confronti dell'annullamento dell'aggiudicazione e la domanda risarcitoria per il ritardato esercizio dei poteri della stazione appaltante nel corso della procedura di gara.

5. Si sono costituiti in resistenza, collettivamente, l'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale e l'ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, oltre alla controinteressata Sales s.p.a., seconda classificata in graduatoria e dichiarata aggiudicataria definitiva (con provvedimento dell'Autorità portuale n. 82 del 6 maggio 2020) in conseguenza dell'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione a favore dell'appellante.

DIRITTO 

1. Deve innanzitutto essere respinta l'eccezione di "inammissibilità del ricorso di primo grado e dell'appello" sollevata dalla controinteressata Sales e fondata sull'assunto che l'Impresa Me. non avrebbe tempestivamente impugnato il sopra menzionato parere di precontenzioso reso dall'ANAC ex art. 211, comma 1, del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, attualmente vigente (delibera in data 8 maggio 2019, n. 415). Decisivo è il suo carattere non vincolante per l'Impresa Me., che diversamente da quanto dichiarato dall'Autorità portuale in sede di richiesta di parere, non ha mai "consentito ad attenersi a quanto in esso stabilito", ai sensi della disposizione da ultimo richiamata, tanto che in memoria conclusionale delle amministrazioni resistenti si eccepisce, in contraddizione logico-giuridica con l'eccezione in esame, l'inammissibilità del ricorso dell'odierna appellante nella parte in cui con esso è impugnato il parere in questione. Nell'ambito della peculiare disciplina di cui all'art. 211, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 deve quindi ritenersi che l'onere di immediata impugnazione previsto dalla disposizione in esame vada circoscritto alla sola ipotesi in cui tutte le parti interessate abbiano preventivamente prestato il consenso ad attenersi al parere dell'ANAC. Il rilievo ora svolto è confermato dal fatto che l'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione in favore dell'odierna appellante si fonda non già sul solo parere reso dall'Autorità di vigilanza, ma su un'autonoma valutazione svolta dall'Autorità portuale e compendiata nel documento istruttorio in data 19 agosto 2019 allegato al provvedimento impugnato.

2. Del pari da respingere è l'ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso dell'Impresa Me. dedotto dalla controinteressata e relativo alla supposta soluzione di continuità dei requisiti di qualificazione della prima nel periodo intercorrente tra l'estromissione della Unieco società cooperativa dal raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario e la sua sostituzione con altra mandante, la S.C.S. società cooperativa. Con tale eccezione viene infatti introdotta un'ulteriore causa di esclusione dalla gara che l'Autorità portuale non ha tuttavia ravvisato con il provvedimento impugnato nel presente giudizio e dunque con inammissibile sostituzione di valutazioni riservate alla stessa stazione appaltante.

3. Nel merito, con il primo motivo d'appello sono riproposte le censure dirette a contestare l'impossibilità di sostituire il mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese colpito da una causa ostativa alla partecipazione alla procedura di affidamento e dunque di consentire la permanenza in gara del concorrente in forma plurisoggettiva, come invece ritenuto dall'Autorità portuale a base dell'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione impugnato. In contrario l'Impresa Me. deduce che l'art. 37, comma 19, dell'ora abrogato Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, applicabile ratione temporis alla procedura di affidamento, non preclude la sostituzione di una delle mandanti prima della stipula del contratto d'appalto. Secondo l'appellante la possibilità di modifica sarebbe stata riconosciuta da questa Sezione con la sentenza 29 gennaio 2018, n. 591, resa a conclusione del precedente contenzioso relativo alla medesima procedura di affidamento e promosso dall'odierna controinteressata Sa. per l'annullamento dell'originaria aggiudicazione in favore di essa appellante (aggiudicazione disposta dall'Autorità portuale con delibera presidenziale del 12 gennaio 2017, n. 3). Nello specifico si deduce che, con l'affermare l'insensibilità di tale provvedimento alla sopravvenuta perdita dei requisiti di ordine generale della mandante Unieco società cooperativa - dacché il rigetto del ricorso della Sa. - questa Sezione avrebbe implicitamente riconosciuto, al contrario di quanto statuito nella sentenza appellata, la possibilità che in sede di verifica dei requisiti dell'aggiudicatario potesse essere valutata la sostituzione ex art. 37, comma 19, d.lgs. n. 163 del 2006 del mandante con altro operatore economico, a sua volta in possesso delle necessarie qualificazioni. Per l'Impresa Me. non sarebbe invece conferente il richiamo, operato dalla sentenza di primo grado e dal provvedimento di annullamento d'ufficio impugnato, al precedente di questa Sezione costituito dalla sentenza del 18 luglio 2017, n. 3539, che ha ricondotto alla fase di gara - in cui alcuna modifica ex art. 37, comma 19, d.lgs. n. 163 del 2006 sarebbe pertanto consentita per rispetto della par condicio competitorum - quella relativa alla verifica dei requisiti di partecipazione dell'aggiudicatario, ai sensi dell'art. 48, comma 2, dell'abrogato Codice dei contratti pubblici. L'appellante deduce peraltro che tale fase, prodromica alla stipula del contratto d'appalto, sarebbe invece riconducibile al "rapporto di appalto", per il quale l'art. 37, comma 18, d.lgs. n. 163 del 2006 consente alla stazione appaltante di optare per la prosecuzione in caso di perdita dei requisiti di partecipazione alla gara del mandatario; ed inoltre che in questo senso si era inizialmente indirizzata la stessa Autorità portuale in sede di avvio del sub-procedimento di verifica dei requisiti di partecipazione dell'aggiudicatario raggruppamento temporaneo con mandataria l'odierna appellante Impresa Me. (con nota di prot. n. 1273 del 14 marzo 2018).

4. Con il secondo motivo d'appello sono riproposte le censure dirette a sostenere che l'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione impugnata sarebbe carente dei requisiti ex art. 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, sotto il profilo del mancato rispetto del termine di diciotto mesi previsto dal comma 1 della disposizione ora menzionata, dal momento che l'aggiudicazione risale al gennaio 2017, mentre l'annullamento d'ufficio di questa è stato adottato nell'agosto 2019, a distanza di trentuno mesi. L'Impresa Me. critica la sentenza per avere respinto la censura sulla base dell'assunto che dal computo del termine deve essere escluso il periodo di tempo in cui è stato pendente il ricorso della Sa. contro l'aggiudicazione originaria in favore dell'odierna appellante. In contrario sottolinea che la situazione in cui versava l'originaria mandante Unieco società cooperativa era nota all'Autorità portuale "sin dal 2017", poiché oggetto delle censure dell'odierna controinteressata nei confronti della medesima aggiudicazione, e che dunque la stazione appaltante "ben avrebbe potuto annullare immediatamente l'aggiudicazione definitiva", se avesse avviato le verifiche di legge subito l'adozione di quest'ultimo provvedimento. L'appellante lamenta inoltre che la sentenza di primo grado non si sia pronunciata sulla censura con cui è stato evidenziato che l'annullamento d'ufficio non espone le ragioni di interesse pubblico ex art. 21-nonies l. n. 241 del 1990 che giustificherebbero l'intervento in autotutela dell'originaria aggiudicazione della gara.

5. Con il terzo motivo d'appello la sentenza viene censurata nella parte in cui ha ritenuto che a causa delle vicende che hanno riguardato la mandante Unieco società cooperativa il raggruppamento temporaneo originario aggiudicatario avrebbe perso i requisiti di partecipazione nel corso della procedura di gara, con riguardo sia alla sua sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa che in relazione alle pretese situazioni di irregolarità fiscale e contributiva.

6. Con il quarto motivo d'appello la sentenza di primo grado viene censurata per aver respinto l'istanza risarcitoria proposta dall'odierna appellante per il ritardato esercizio del potere di annullamento in autotutela, che a suo dire le avrebbe pregiudicato il bene della vita, consistente nell'aggiudicazione in suo favore, di cui nel precedente contenzioso relativo alla medesima procedura di affidamento è stata accertata la legittimità.

7. Delle censure di legittimità formulate con i primi tre motivi d'appello, sopra sintetizzati, sono fondate ed assorbenti quelle dedotte nel secondo e relative alla violazione del termine di diciotto mesi per l'emissione del provvedimento di annullamento in autotutela previsto dall'art. 21-nonies, comma 1, della legge n. 241 del 1990 più volte sopra richiamato.

8. Il dato temporale è pacifico: l'aggiudicazione della gara in favore dell'odierna appellante risale al gennaio 2017, mentre il suo annullamento d'ufficio è stato invece intervenuto nell'agosto del 2019, a distanza di oltre due anni e mezzo. Del pari incontroversa è la circostanza che l'Autorità portuale conoscesse la situazione di pretesa illegittimità della partecipazione alla gara della Unieco società cooperativa, ed in particolare della sua sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa, rilevante come causa di esclusione ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006, "sin dal 2017" poiché essa è stata oggetto dell'impugnazione proposta dalla Sa. contro l'aggiudicazione originaria in favore dell'Impresa Me.. Al riguardo, rispetto a tale dato di fatto è irrilevante la circostanza, invece sottolineata dalla difesa dell'Autorità portuale, che solo dopo la definizione del precedente contenzioso l'odierna appellante ha comunicato di avere sostituito la mandante con altra impresa, la S.C.S. società cooperativa. In contrario è decisivo il fatto che tale sostituzione è avvenuta ed è stata comunicata alla stazione in conseguenza della perdita dei requisiti di partecipazione alla gara della Unieco, che come sopra rilevato ha costituito una delle ragioni di impugnazione proposta dalla Sa. nei confronti dell'originaria aggiudicazione, e che dunque l'Autorità portuale conosceva sin dal 2017.

9. Come sottolinea l'Impresa Me., nessun ostacolo si poneva pertanto per l'Autorità portuale per l'immediato esercizio del proprio potere di autotutela, così da impedire che il termine di legge di diciotto mesi per esso previsto spirasse invano e ne determinasse la consumazione. In relazione al medesimo profilo va precisato che contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza di primo grado il termine ex art. 21-nonies, comma 1, l. n. 241 del 1990 non soggetto ad alcuna causa di sospensione connessa alla pendenza di un contenzioso giurisdizionale concernente il provvedimento da annullare in autotutela. Il relativo potere non è in altri termini impedito per la durata del giudizio sull'atto in ipotesi illegittimo.

10. La tesi opposta porta da un lato a vanificare le esigenze di stabilità sottese alla limitazione temporale del potere di autotutela amministrativa, che a loro volta si armonizzano con i "principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza" enunciati dall'art. 2, comma 1, dell'ora abrogato Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 163 del 2006 per le relative procedure di affidamento (riaffermati nell'attuale Codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, all'art. 30, comma 1); e dall'altro lato a consentire all'amministrazione una fuga dalle proprie responsabilità connesse all'esercizio del potere di autotutela, per cui quest'ultimo verrebbe esercitato o meno secundum eventum litis. Erroneamente, pertanto, la sentenza di primo grado ha ritenuto legittimo l'operato dell'Autorità portuale nella presente vicenda contenziosa in ragione del suo "atteggiamento prudente" rispetto alla questione concernente la partecipazione alla gara del raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario, che invece la stessa stazione appaltante avrebbe avuto l'onere di risolvere anche in pendenza del precedente contenzioso.

11. A conferma di quanto finora considerato sta il dato obiettivo per cui ad oggi - 2021 - si controverte ancora di una procedura di gara per lavori di rilevante importo economico bandita a fine 2014, a causa di contenziosi amministrativi in successione, a causa di una contraddittoria posizione assunta dalla stazione appaltante sulla medesima questione controversa: prima in difesa dell'aggiudicazione, anche rispetto alla contestazione iniziale della seconda classificata, e poi contro la propria aggiudicataria dopo che il suo precedente operato era stato ritenuto legittimo all'esito del primo giudizio di impugnazione.

12. Da ultimo va precisato che annullamento del provvedimento impugnato deriva la reintegrazione in forma specifica delle ragioni dell'originaria ricorrente rispetto alla commessa in contestazione, per cui rimane assorbita anche la domanda di risarcimento dei danni da ritardo dalla stessa riproposta nel presente giudizio di secondo grado.

13. L'appello deve pertanto essere accolto, per cui in riforma della sentenza di primo grado va accolto il ricorso dell'Impresa Me. ed annullato il provvedimento dell'Autorità portuale resistente di annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione originariamente disposta da quest'ultima in favore della prima. Le spese del doppio grado di giudizio possono nondimeno essere compensate per la natura delle questioni controverse.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso dell'Impresa Costruzioni Me. Al. s.r.l. ed annulla gli atti con esso impugnati.

compensa le spese del doppio grado di giudizio.

 

Guida alla lettura

Con la decisione in commento, la V sezione del Consiglio di Stato delimita i confini temporali per l’esercizio del potere di autotutela, in particolare dell’annullamento d’ufficio di cui all’art. 21-nonies l. n. 241 del 1990.

Sebbene la questione principale sia individuata dal motivo di riscorso proposto dall’impresa appallante, aggiudicataria e destinataria del provvedimento in autotutela relativo, appunto, al provvedimento finale della fase dell’evidenza pubblica, rilevanza centrale assume altresì la questione preliminare posta all’attenzione del Collegio e afferente al parere di precontenzioso ANAC, di cui all’art. 211 d.lgs. n. 50 del 2016 (c.d. codice de contratti).

I Giudici, nello specifico, nel respingere l’eccezione sollevata dall’impresa controinteressata con cui si contesta la «inammissibilità del ricorso di primo grado e dell’appello», definiscono i presupposti, riscontrabili già dal dato positivo, per riconoscere carattere vincolante al suddetto parere.

La questione presenta particolare rilevanza laddove si consideri la nuova cogenza del parere rilasciato ex art. 211, comma primo, d.lgs. n. 50 del 2016 rispetto alla previgente disciplina di cui al d.lgs. n. 163 del 2006.

Il nuovo codice dei contratti, difatti, riconosce il carattere vincolante del parere di precontenzioso rilasciato dall’Autorità Anticorruzione, subordinando tuttavia una tale cogenza al previo consenso delle parti interessate.

Ed è in ragione di tale precondizione che il Collegio respinge l’eccezione preliminare.

Si legge, in particolare, in motivazione che all’impresa appellante non può contestarsi la mancata e tempestiva impugnazione del parere di precontezioso in ragione, appunto, della non intervenuta adesione allo stesso.

Viene in rielevo non un mero atto che, a dispetto del nomen, possa qualificarsi esclusivamente come “pre” contezioso, dovendosi preferire una sua connotazione in termini di atto “pre-giurisdizionale”: il procedimento e il relativo parere, del resto, si instaurano nel corso di una controversia già in atto. Ciò, inoltre, contribuisce a qualificare il suddetto parere alla stregua non di mera opinione quanto di vero provvedimento decisorio, da cui discende il suo carattere conformativo del rapporto giuridico controverso.

Tuttavia, perché si riconosca tale cogenza, la legge richiede il previo consenso delle parti. 

Nel caso all’esame del V sezione, quindi, la mancanza della previa adesione al parere di precontenzioso da parte dell’impresa originariamente aggiudicataria preclude la vincolatività della decisione di cui al primo comma dell’art. 211 d.lgs. 50/2016.

Si legge, sul punto, in motivazione come «decisivo» sia «il suo carattere non vincolante per l’impresa […], che non ha mai “consentito ad attenersi a quanto stabilito […]». Chiarisce ancora il Collegio che «nell’ambito della disciplina di cui all’art. 211, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 deve quindi ritenersi che l’onere di immediata impugnazione previsto dalla disposizione in esame vada circoscritto alla sola ipotesi in cui tutte le parti abbiano previamente prestato il consenso ad attenersi al parere dell’ANAC».

Con riferimento alla questione di merito, afferente, come in precedenza evidenziato, al mancato rispetto del termine dei diciotto mesi prescritto dal secondo comma dell’art. 21-nonies l. n. 241/1990 per l’adozione del provvedimento di annullamento d’ufficio, i Giudici, accogliendo le doglianze dell’impresa appellante, riscontrano tale violazione.

La ragione giustificatrice del provvedimento di secondo grado, difatti, risiederebbe nella sopravvenuta perdita dei requisiti dell’originaria aggiudicataria, odierna appellante. Tuttavia, così come sottolineato da quest’ultima, l’Autorità portuale, quale amministrazione aggiudicatrice, avrebbe potuto annullare tempestivamente l’aggiudicazione definitiva qualora «avesse avviato le verifiche di legge subito dopo l’adozione di quest’ultimo provvedimento».

Tale contestazione concorre a fondare le ragioni dell’accoglimento delle censure da parte del Consiglio di Stato. Si legge, difatti, nella decisione, come possa ritenersi pacifico il dato temporale laddove «l’aggiudicazione della gara in favore dell’odierna appellante risale al 2017, mentre il suo annullamento d’ufficio è stato invece intervenuto dell’agosto 2019, a distanza di oltre due anni mezzo».

Una simile puntualizzazione del decorso del tempo, quindi, evidenzia come sia stato superato il termine perentorio imposto dalla legge sul procedimento amministrativo, risultando, inoltre, «incontroversa […] la circostanza che l’Autorità portuale conoscesse la situazione di pretesa illegittimità della partecipazione alla gara della Unesco società cooperativa (originaria mandante del RTI di cui era parte altresì l’impressa odierna appellante) […]».

Nel riscontrare, pertanto, che «nessun ostacolo si poneva […] all’Autorità portuale per l’immediato rispetto del proprio potere di autotutela», il Collegio ribadisce le ragioni sottese alla novella del 2015 che, nell’incidere altresì sul testo dell’art. 21-nonies l. n. 241 del 1990, ha previsto il termine perentorio di diciotto mesi quale garanzia e strumento per realizzare, già in astratto, il bilanciamento tra i due opposti interessi in gioco.

Nel compiere una lettura conforme alle ragioni dell’intervento normativo, pertanto, i Giudici, sul punto, ribadiscono la necessità di rispettare e attuare «le esigenze di stabilità sottese alla limitazione temporale del potere di autotutela, che a loro volta si armonizzano con i “principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza” enunciati dall’art. 2, comma 1, dell’ora abrogato Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 163 del 2006 per le relative procedure di affidamento (riaffermati nell’attuale Codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, all’art. 30, comma 1). Inoltre, sempre nell’evidenziare la ratio della novella del 2015, si legge in sentenza come la previsione di un termine entro cui intervenire in autotutela precluda la possibilità che possa consentirsi «all’amministrazione una fuga dalle proprie responsabilità connesse all’esercizio del potere di autotutela, per cui quest’ultimo verrebbe esercitato o meno secundum eventum litis».