Consiglio di Stato, sez. V, 26 maggio 2020, n. 3348

L’affermazione secondo cui non potrebbe sussistere una offerta economica senza la relazione al PEF, oltre a non essere supportata da una corrispondente previsione del Codice dei contratti pubblici, rivela tutta la sua insostenibilità: il PEF è già di suo la spiegazione dell’offerta economica, sicché, in difetto di puntuali previsioni della legge di gara, non è predicabile che la carenza della relazione al PEF costituisca, in astratto, un ostacolo alla leggibilità dell’offerta. Dunque […] è da escludere che la sua mancata presentazione, in difetto di apposita previsione, si rifletta in un vizio di partecipazione.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 9955 del 2019, proposto da
Compass Group Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Riccardo Villata e Andreina Degli Esposti, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro -Inail, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Riccardo D’Alia e Lucia Anna Rita Sonnante, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

nei confronti

Gestione Servizi Integrati s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Domenico Gentile, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione terza) n. 12674/2019, resa tra le parti;

Visto il ricorso in appello;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Inail;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Gestione Servizi Integrati s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa, fissata per la trattazione alla udienza pubblica del 23 aprile 2020;

Visto l’art. 84, commi 5 e 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, che stabilisce, nella formulazione applicabile ratione temporis, che “Successivamente al 15 aprile 2020 e fino al 30 giugno 2020, in deroga alle previsioni del codice del processo amministrativo, tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell’articolo 60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avvisoLe parti hanno facoltà di presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione”, e che “Il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge;

Relatore il Cons. Anna Bottiglieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro-Inail bandiva nel maggio 2018 una gara a procedura aperta per l’affidamento in concessione, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio di ristorazione collettiva e bar e del servizio di somministrazione di alimenti e bevande mediante l’installazione di distributori automatici presso le sedi della Direzione generale, suddivisa in tre lotti, composti per sedi.

Con provvedimento 8 maggio 2019, n. 118, il lotto n.1 (sedi di Roma, p. le Giulio Pastore 6 e via Santuario Regina degli Apostoli 33), per il quale avevano concorso, risultando entrambe ammesse, Compass Group Italia s.p.a., gestore uscente, e Gestione Servizi Integrati s.r.l., era aggiudicato a Gestione Servizi Integrati.

Compass Group impugnava l’aggiudicazione con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio. Sosteneva che Gestione Servizi Integrati avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura: a) per mancata allegazione della relazione illustrativa al Piano economico-finanziario. L’omissione era stigmatizzata sia per violazione delle norme del disciplinare di gara (artt. 17 e 21) e del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici (art. 165), sia sostenendosi la necessità della relazione ai fini della effettiva valutabilità del PEF dell’aggiudicataria, ritenuto inattendibile; b) per aver dichiarato che la subappaltatrice Aromatika s.r.l. era in possesso della certificazione ISO22000:2005, requisito di partecipazione prescritto dall’art. 7.3, lett. b, che si era poi rivelato insussistente, con conseguente violazione dell’art. 80, comma 5, lett. f)-bis, del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 7.3, lett. b, del disciplinare, nonché per avere la stazione appaltante consentito la sostituzione della subappaltatrice in fase di gara, in violazione dell’art. 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016. Sosteneva ancora l’erroneità dei punteggi tecnici attribuiti alle due offerte in gara quanto ad alcuni criteri di valutazione. Concludeva per l’annullamento dell’aggiudicazione a favore di Gestione Servizi Integrati e per il suo subentro nell’affidamento ex art. 124 Cod. proc. amm..

Nel giudizio così instaurato si costituivano in resistenza Inail e Gestione Servizi Integrati. Quest’ultima interponeva ricorso incidentale, finalizzato in via principale all’annullamento dell’atto di ammissione alla gara di Compass Group, per irregolarità nella indicazione dei costi della sicurezza, e in via subordinata all’annullamento degli artt. 17 e 21 del disciplinare, ove interpretabili nel senso, proposto dalla ricorrente principale, di prevedere a pena di esclusione la presentazione della relazione illustrativa al PEF.

L’adito Tribunale, con sentenza della terza sezione n. 12674/2019, prescindeva dall’esame del ricorso incidentale e respingeva il ricorso principale, compensando tra le parti le spese del giudizio.

Nel giungere a tale conclusione, il primo giudice:

- escludeva, mediante l’interpretazione letterale dell’art. 17 del disciplinare e in applicazione del principio del favor partecipationis, che la legge di gara prevedesse la presentazione, a pena di esclusione, della relazione illustrativa al PEF;

- escludeva che il PEF presentato dall’aggiudicataria fosse inattendibile, richiamando la consolidata giurisprudenza relativa alla insindacabilità dei giudizi di merito tecnico delle commissioni di gara, salva l’ipotesi di macroscopiche irrazionalità e illogicità, condizioni che riteneva insussistenti nella fattispecie, nella quale la ricorrente principale aveva espresso giudizi di mera non condivisibilità e non apprezzamento del documento;

- non ravvisava la violazione dell’art. 50, comma 5, del Codice dei contratti pubblici. Rilevava che Gestione Servizi Integrati e Aromatika non avevano dichiarato il possesso del requisito di partecipazione costituito dalla certificazione ISO22000:2005. Quest’ultima aveva invece dichiarato, conformemente a quanto previsto dall’art. 7.3, lett. b), del disciplinare - il quale ammetteva, ai sensi dell’art. 87 del predetto Codice, l’impiego di misure equivalenti - di essere in possesso della attestazione “ISO 9001:2015; ISO 14001:2015; certificazione equivalente per ISO 22005”. Alla stessa attestazione aveva fatto riferimento anche Gestione Servizi Integrati;

- respingeva le censure formulate avverso l’attribuzione dei contestati punteggi all’offerta tecnica di Gestione Servizi Integrati con motivazioni analoghe a quelle poste a base della reiezione delle doglianze relative alla valutazione del PEF.

Compass Group ha impugnato la sentenza. Ha sottolineato l’omessa pronunzia del primo giudice su alcuni dei suoi motivi di primo grado e dedotto censure così titolate: 1) Sulla mancata allegazione della relazione al PEF da parte di GSI e sulla necessaria esclusione di quest’ultima ai sensi del disciplinare; 2) Sull’invalidità del PEF per mancanza della relazione; 3) Sulle differenti funzioni di PEF e relazione; 4) Sull’inidoneità del PEF di GSI; 5) Sull’aggiornamento dei prezzi; 6) Sull’indicazione di un subappaltatore privo dei requisiti; 7) Sull’illogicità dei punteggi. Ha concluso per la riforma della sentenza gravata e l’annullamento dell’atto impugnato in primo grado nonché per il subentro di Compass Group nell’affidamento ex art. 124 Cod. proc. amm..

Inail e Gestione Servizi Integrati si sono costituiti in resistenza formulando eccezioni di rito e di merito e domandando la reiezione dell’appello. Gestione Servizi Integrati ha anche riproposto i motivi e le eccezioni non esaminate in primo grado ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., c.p.a., tra cui quelle contenute nel ricorso incidentale.

Compass Group ha eccepito l’inammissibilità della riproposizione da parte di Gestione Servizi Integrati del suo ricorso incidentale di primo grado tramite una mera memoria difensiva, sostenendo che il primo giudice, nel ritenere “di prescindere dall’esame del ricorso incidentale stante la sicura infondatezza di quello principale”, ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso incidentale, sicchè per incardinare le relative censure innanzi a questo Consiglio di Stato era necessaria la proposizione di un appello incidentale; ne ha comunque sostenuto l’infondatezza.

Con ordinanza n. 132/2020 la Sezione ha respinto la domanda cautelare formulata nell’atto di appello di Compass Group.

Nel prosieguo, tutte le parti hanno affidato a memorie lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive e la confutazione di quelle avverse.

Compass Group ha depositato brevi note di udienza, avvalendosi della facoltà concessa dall’art. 84, comma 5, del d.-l. 17 marzo 2020, n. 18, richiamato in premessa.

La causa è passata in decisione il 23 aprile 2020, ai sensi dello stesso art. 84, commi 5 e 6, senza discussione orale e sulla base degli atti.

DIRITTO

1. L’appello di Compass Group Italia s.p.a. è infondato.

Restano pertanto assorbite: le questioni avanzate dall’appellata Gestione Servizi Integrati s.r.l. in relazione all’ammissione alla gara della stessa Compass Group; le eccezioni preliminari formulate da quest’ultima sulle modalità della introduzione delle predette questioni nell’odierno giudizio di appello; le eccezioni preliminari spiegate dalle parti resistenti relativamente all’atto di appello.

2. Con i primi motivi di appello Compass Group sostiene l’invalidità della partecipazione di Gestione Servizi Integrati alla gara di cui in fatto sotto vari profili, fondati sulla mancata presentazione della relazione al Piano economico-finanziario e sull’inattendibilità di questo documento.

Detti motivi sono infondati e vanno respinti.

3. Va anzitutto escluso, come sostiene Compass Group con il primo mezzo, che la presentazione della relazione al PEF fosse prevista a pena di esclusione dall’art. 17 del disciplinare di gara.

La norma di disciplinare è del seguente tenore: “La busta ‘C – Offerta economica’ contiene, a pena di esclusione, l’offerta economica predisposta preferibilmente secondo il modello di cui agli Allegati 1/G e 1/G bis al presente disciplinare di gara e contenere i seguenti elementi per ciascun lotto per il quale si presenta offerta: LOTTO 1 […] g) piano economico finanziario per tutta la durata della concessione corredato da apposita relazione illustrativa”.

L’articolo è palesemente affetto da un refuso, in quanto la proposizione principale è retta sia dall’indicativo che dall’infinito del medesimo verbo (“contiene” e “contenere”).

Di tanto si avvede la stessa appellante; la società rileva che non vi sarebbe dubbio che l’infinito avrebbe dovuto esser preceduto dalla parola “deve”. Sulla base di tale convinzione afferma che la presentazione della relazione tecnica al PEF era prevista a pena di esclusione.

In altri termini, l’appellante sostiene che l’errore non debba influire sul contenuto precettivo della previsione, che potrebbe essere ricostruito nel senso di richiedere la presentazione a pena di esclusione non solo dell’offerta economica, espressamente assistita dalla sanzione, ma anche della relazione illustrativa al PEF, per cui la sanzione non è stata prevista per mero errore.

La tesi non può essere accolta.

In linea generale, al cospetto di una previsione di bando di gara affetta da errore, non è fondata la pretesa di una sua interpretazione in una direzione che non trova corrispondenza nel suo tenore letterale, e neanche nella legislazione di settore, e che pertanto riflette solo la personale lettura dell’esponente, che, in quanto tale, è priva di qualsiasi rilevanza giuridica.

Nel caso di specie, poi, la lettura dell’art. 17 in esame che offre l’appellante fonda su una interpolazione del testo della norma finalizzata ad ampliare le fattispecie espulsive mediante l’inserimento in esso della parola “deve”.

Al riguardo, vale osservare che è principio consolidato in giurisprudenza amministrativa che le cause di esclusione, in quanto limitano la libertà di concorrenza e in quanto di natura latu sensu sanzionatoria, sono di stretta interpretazione e non possono essere oggetto di interpretazione analogica ed estensiva (tra tante, Cons. Stato, V, 23 maggio 2015, n. 1565; 5 dicembre 2014, n. 6028; 22 maggio 2001, n. 2830).

A maggior ragione deve indi escludersi l’operazione additiva proposta dall’appellante: la gravità della sanzione impone, sia ex se, sia per l’afferenza alla materia dei bandi pubblici, ove domina l’esigenza della certezza della regolazione, l’espressa e univoca predeterminazione delle carenze che determinano l’esclusione dalla gara. E, poichè la lex specialis in esame non ha previsto la carenza della relazione al PEF come causa di esclusione, una tale previsione non può esservi fatta rientrare per le vie traverse indicate dall’appellante.

L’operazione non può essere consentita neanche considerando lo specifico errore di cui sopra.

Vi si oppone, ancora una volta, la consolidata giurisprudenza, che afferma che quando la portata applicativa di una clausola di bando sia dubbia o ambigua occorre applicare il principio del “favor partecipationis” (Cons. Stato, III, 7 marzo 2019, n. 1577; V, 17 luglio 2017, n. 3507), escludendo che il procedimento ermeneutico possa condurre a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara, con l’aggiunta di significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale (tra tante, Cons. Stato, V, 14 aprile 2020, n. 2400; 29 novembre 2019, n. 8167; 12 settembre 2017, n. 4307).

Bene ha fatto, pertanto, il primo giudice a concludere, in applicazione dei richiamati principi, che l’interpretazione letterale dell’art. 17 del disciplinare della gara de qua non consentisse di rinvenire a carico delle concorrenti l’obbligo di presentazione, a pena di esclusione, della relazione illustrativa al PEF.

3.1. Consegue l’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 21 del disciplinare, pure invocato nel mezzo in esame, che prevede l’esclusione delle offerte “parziali, plurime, condizionate, alternative nonché irregolari, ai sensi dell’art. 59, comma 3, lett. a) del Codice, in quanto non rispettano i documenti di gara, ivi comprese le specifiche tecniche”.

Per l’art. 59, comma 3, lett. a) del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, riprodotto dalla disposizione di bando in esame, “fermo restando quanto previsto all’art. 83, comma 9”, sono considerate irregolari le offerte che non rispettano i documenti di gara. A sua volta, il richiamato art. 83, comma 9, nello stabilire che “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio […] con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica”, dispone all’ultimo periodo che “costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”.

Nessuna delle predette norme risulta violata.

Quanto all’art. 59, comma 3, lett. a), si è già sopra visto che l’offerta economica di Gestione Servizi Integrati non può essere considerata non conforme alla legge di gara perché priva della relazione illustrativa del PEF, documento di cui il disciplinare non ha imposto la presentazione a pena di esclusione.

La carenza del documento non rileva neanche ai sensi dell’art. 83, comma 9, in quanto essa, come meglio in seguito, non ha influito sulla comprensibilità e valutabilità del contenuto dell’offerta economica dell’appellata.

3.2. L’appena detta conclusione va confermata anche in relazione alla ulteriore censura contenuta nel mezzo in esame, con cui l’appellante afferma che senza la relazione al PEF non potrebbe sussistere l’offerta economica, in quanto essa si sostanzia nella documentazione elencata nell’art. 17 del disciplinare, che ricomprende, tra altro, oltre che la relazione in parola, gli sconti offerti e i costi di sicurezza e manodopera: sicchè sarebbe erronea l’impostazione del primo giudice, che ha distinto tra l’offerta economica in senso stretto e la documentazione da allegare alla stessa.

L’argomentazione è completamente destituita di fondamento.

Il tenore della censura impone anzitutto di precisare che Compass Group non afferma che l’offerta economica di Gestione Servizi Integrati sia carente dell’indicazione degli sconti e degli oneri di sicurezza e del personale. Non deduce neanche la carenza del PEF, ma solo quella della relativa relazione illustrativa.

Ciò posto, si osserva che l’art. 17 del disciplinare di gara prevedeva che all’offerta economica, per il lotto in parola, fossero allegati: a) lo sconto da applicare al listino prezzi delle singole pietanze; b) lo sconto da applicare al listino prezzi del servizio bar; c) lo sconto da applicare al listino prezzi per i distributori automatici; d) i prezzi dei prodotti offerti “fuori listino” dei distributori automatici; e) la stima dei costi aziendali relativi alla salute ed alla sicurezza sui luoghi di lavoro; f) la stima dei costi della manodopera; g) il “piano economico finanziario per tutta la durata della concessione corredato da apposita relazione illustrativa”.

Per la giurisprudenza (Cons. Stato, V, 2 settembre 2019, n. 6015; 13 aprile 2018, n. 2214), la funzione del PEF è quella di dimostrare la concreta capacità del concorrente di eseguire correttamente la prestazione per l’intero arco temporale prescelto attraverso la responsabile prospettazione di un equilibrio economico - finanziario di investimenti e connessa gestione, nonché il rendimento per l’intero periodo: il che consente all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione (Cons. Stato, V, 26 settembre 2013, n. 4760; III, 22 novembre 2011, n. 6144). In altri termini, è un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta e non si sostituisce a essa, ma ne rappresenta un supporto per la valutazione di congruità, per provare che l’impresa è in condizione di trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 653). Sicché il PEF non può essere tenuto separato dall’offerta in senso stretto, rappresentando un elemento significativo della proposta contrattuale, perché dà modo all’amministrazione, che ha invitato a offrire, di apprezzare la congruenza e dunque l’affidabilità della sintesi finanziaria contenuta nell’offerta in senso stretto (così Cons. Stato, V, n. 2214/2018, cit.).

Così delineata la funzione del PEF, l’affermazione in esame, secondo cui non potrebbe sussistere una offerta economica senza la relazione al PEF, oltre a non essere supportata da una corrispondente previsione del Codice dei contratti pubblici, rivela tutta la sua insostenibilità: il PEF è già di suo la spiegazione dell’offerta economica, sicchè, in difetto di puntuali previsioni della legge di gara, non è predicabile che la carenza della relazione al PEF costituisca, in astratto, un ostacolo alla leggibilità dell’offerta.

E’ poi dirimente osservare che l’art. 21, settimo periodo, del disciplinare della gara de qua stabilisce che, ai fini dell’aggiudicazione, ciò che costituisce oggetto di esame da parte della stazione appaltante è il piano economico-finanziario (“Il piano economico finanziario viene esaminato dalla stazione appaltante ai fini dell’aggiudicazione”). La relazione al PEF, sempre per la legge di gara in esame, ha invece tutt’altra funzione, che è quella, emergente dall’art. 22, quinto periodo, del disciplinare, strumentale all’eventuale verifica di congruità dell’offerta, nel senso che “le spiegazioni fornite dall’offerente […] dovranno essere coerenti con il piano economico finanziario e relativa relazione illustrativa”.

Sicchè, anche sotto tale angolo visuale, ovvero tenuto conto del fatto che, per la lex specialis di cui trattasi, il documento non costituisce elemento di valutazione ai fini della graduazione dell’offerta, venendo in rilievo solo in via eventuale, ai fini della valutazione dell’anomalia, è da escludere che la sua mancata presentazione, in difetto di apposita previsione, si rifletta in un vizio di partecipazione.

Merita sul punto osservare che non è neanche possibile ipotizzare l’indispensabilità del documento in parola nella fase della presentazione delle offerte quale “giustificazione anticipata” rispetto alla eventualità della verifica dell’anomalia; un siffatto scenario va escluso ai sensi della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che ha affermato l’impossibilità di prevedere statuizioni espulsive automatiche in ipotesi di mancata produzioni delle c.d. “giustificazioni preventive” (Cons. Stato, IV, 9 febbraio 2016, n. 520): la sede ove rileva la presentazione delle giustificazioni relative alla anomalia dell’offerta è indi solo quella che segue alla instaurazione dello specifico contraddittorio endo-procedimentale di cui all’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016, che si caratterizza, temporalmente, per essere “successivo all’insorgere del sospetto di anomalia e preventivo rispetto all’eventuale statuizione espulsiva”.

4. Con il secondo mezzo l’appellante lamenta che il primo giudice non abbia esaminato il secondo e il terzo motivo del suo ricorso; provvede indi alla loro riproduzione.

Il mezzo non è meritevole di favorevole considerazione.

4.2. Quanto al mancato esame in sé di alcuni motivi di ricorso, si osserva che, in virtù dell’effetto devolutivo dell’appello, l’omessa pronuncia del giudice di primo grado su uno o più motivi non vizia la sentenza, in quanto in secondo grado il giudice è chiamato a valutare tutte le domande, integrando - ove necessario - le argomentazioni della sentenza impugnata senza che, quindi, rilevino le eventuali carenze motivazionali di quest’ultima (ex plurimis, Cons. Stato, V, 27 marzo 2020, n. 2149; 24 febbraio 2020, n. 1373; VI, 6 febbraio 2019, n. 897; 21 marzo 2016, n.1158; 14 aprile 2015, n. 1915; V, 23 marzo 2018, n. 1853; 19 febbraio 2018, n. 1032; 13 febbraio 2009, n. 824; IV, 5 febbraio 2015, n. 562).

4.3. Le censure riproposte non sono poi convincenti.

L’appellante sostiene: che il PEF rappresenta un elemento significativo della proposta contrattuale, che è irrimediabilmente inficiato dall’omissione di un suo allegato; che del resto la lex specialis aveva inserito la relazione al PEF tra gli elementi costitutivi dell’offerta economica e la stazione appaltante ha richiamato nella determinazione impugnata una sentenza di questo Consiglio di Stato che conferma che i vizi attinenti al PEF configurano non una mera irregolarità formale, ma una carenza insanabile.

Tali argomentazioni non costituiscono altro che la riproposizione della tesi della essenzialità ai fini della partecipazione alla gara di cui trattasi della relazione al PEF, già sopra esaminata e respinta.

Può solo aggiungersi che: le due decisioni della Sezione che l’appellante invoca nella censura (Cons. Stato, V, 2 settembre 2019, n. 6015; 13 aprile 2018, n. 2214) sono incentrate sul PEF e non sulla relativa relazione illustrativa, e i principi in esse affermati non si discostano da quelli già richiamati al precedente capo 3.2.; lo stesso è per le sentenze di primo grado pure richiamate dall’appellante. Anche l’unica, tra queste ultime, che si occupa della documentazione a corredo del PEF (Tar Lazio, sezione seconda, 26 agosto 2019 n. 10584), non ha riguardato l’obbligo di presentazione della relazione illustrativa, bensì il mancato rispetto delle modalità telematiche previste a pena di esclusione per la presentazione del PEF e la mancata presentazione dei relativi “fogli di calcolo” e “razionali a corredo”, trattandosi, in quella fattispecie, di documentazione stimata indispensabile, alla luce della lex specialis, ai fini della verifica complessiva del PEF, condizione di cui nel caso di specie non si dimostra la sussistenza, né la mancata presentazione della relazione al PEF può essere stigmatizzata in astratto.

Milita in tale direzione il principio affermato da questa Sezione del Consiglio di Stato in una fattispecie retta dal previgente Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2006, n. 163, ma valido anche nell’attuale ordinamento settoriale, secondo cui la stessa utilità del PEF –

e, indi, a maggior ragione, della relativa relazione illustrativa – è evidente nelle concessioni di lavori pubblici, caratterizzate dall’avere a oggetto progettazione, esecuzione e gestione dell’opera, ma va valutata in concreto, potendo non essere necessaria, in omaggio al principio di proporzionalità, nelle concessioni che riguardano servizi semplici (nel caso, la gestione di un bar), che richiedono investimenti nemmeno lontanamente comparabili a quelli che caratterizzano le prime (Cons. Stato, V, 23 febbraio 2015, n. 858).

5. Le stesse ragioni dianzi esposte conducono alla reiezione del terzo mezzo, con cui l’appellante afferma, sempre per via della mancanza della relazione illustrativa, che la stazione appaltante non avrebbe potuto sostenere che il PEF speso in gara da Gestione Servizi Integrati fosse sostenibile e coerente con l’offerta tecnica ed economica.

Deve aggiungersi che, contrariamente a quanto affermato dalla deducente, la valutazione non necessitava di ulteriori specificazioni, sostanziandosi in un giudizio a carattere unitario e auto-esplicativo, e che non è significativo che Gestione Servizi Integrati avesse “dichiarato di allegare la relazione illustrativa […] così confermando l’insufficienza del solo PEF in sé”: in una procedura a evidenza pubblica l’individuazione di quale sia la documentazione essenziale è questione che va risolta alla luce della lex specialis e non delle offerte degli operatori economici che vi partecipano.

Infine, la seconda “N.B.” posta in calce all’art. 17 del disciplinare, nello specificare che “Per ciascun lotto la relazione illustrativa del concorrente deve descrivere tutti i costi che l’aggiudicatario deve sostenere nonché i ricavi che prevede di conseguire per la durata stabilita della concessione” altro non fa che sottolineare la già rilevata valenza della relazione ai fini del giudizio di congruità.

6. Con il quarto mezzo Compass Group torna ad affermare, come già in primo grado, l’inattendibilità del PEF presentato dall’appellata, in quanto recante voci aventi valori identici per ciascuno dei cinque anni dell’affidamento, caratteristica che afferma essere incompatibile con il rischio operativo dello stesso affidamento, comportante la fisiologica fluttuazione di costi e ricavi, e, in particolare, dei costi relativi alle derrate e del personale.

Sostiene che tutte le motivazioni con cui il primo giudice ha respinto la censura sono errate: in particolare, il richiamo alla valutazione discrezionale della commissione di gara non sarebbe pertinente, non vertendosi in tema di attribuzione di punteggi alle offerte tecniche, bensì di valutazione di un elemento strutturale dell’offerta economica, di cui ben la deducente poteva rilevare l’illogicità, sotto il profilo del mancato rilievo del carattere piatto e standardizzato del PEF, e, indi, della mancata dimostrazione di come la concorrente intendesse garantire in concreto l’equilibrio economico finanziario; il rilievo dell’assenza di oscillazioni di costi e ricavi nel periodo considerato perché arbitrario e non coerente con l’obbligo posto dalla legge di gara di produrre il PEF.

6.1. Il motivo è infondato in tutti i profili di cui si compone e va respinto.

Il disciplinare di gara ha stabilito all’art. 21, settimo periodo, che il PEF dovesse essere oggetto di valutazione da parte della stazione appaltante ai fini dell’aggiudicazione.

Tale accertamento, come risulta dal provvedimento di aggiudicazione gravato nel presente contenzioso, è stato effettuato, rilevandosi che “il PEF presentato dal concorrente è stato esaminato e risulta sostenibile e coerente con l’offerta tecnica ed economica presentate”.

Tale giudizio, qui contestato, non si discosta dalla predetta previsione di bando, che delinea un perimetro valutativo comportante un apprezzamento di merito, in ciò consistendo la verifica della sostenibilità dell’offerta, elemento che il PEF, come visto, è specificamente chiamato a illustrare.

Il richiamo del primo giudice alla discrezionalità amministrativa non risulta pertanto inappropriato, ancorchè effettuato mediante la citazione di una massima riferita non alle valutazioni tipiche della stazione appaltante, come quella in esame, bensì all’attribuzione di punteggio da parte delle commissioni di gara; né si è tradotto nel mancato esame delle censure svolte al riguardo da Compass Group: lo scrutinio è stato infatti effettuato, nell’ambito dei limiti che notoriamente caratterizzano il sindacato di legittimità che il giudice amministrativo esercita nel detto ambito.

Il primo giudice, in particolare, condividendo le difese svolte dalla stazione appaltante, laddove avevano osservato che “i costi e i ricavi inerenti al servizio affidato in concessione non dovrebbero subire nel tempo particolari oscillazioni atteso che il bacino d’utenza è pressoché stabile, essendo costituito dai soli dipendenti dell’Inail che lavorano presso le sedi interessate”, ha ritenuto che l’identità dei valori annuali di cui si discute non costituisse fatto valido ad attestare, contrariamente a quanto affermato dalla commissione, l’insostenibilità dell’offerta.

Si tratta di una motivazione che resiste alle censure svolte dalla appellante: la conclusione, fondata su un elemento (la stabilità del bacino di utenza) di evidente carattere oggettivo, non è in primo luogo arbitraria; non è inoltre inficiata dall’obbligo di presentazione del PEF, che, altrettanto evidentemente, non ne vincola i contenuti, che non possono che essere rimessi alla libera prospettazione dell’operatore economico, attenendo ai termini riassuntivi della sua offerta complessiva. Infine, lievi fluttuazioni di mercato rientrano nel “rischio operativo” che assume l’affidatario, e nulla indica che quelle ipotizzate dall’appellante non appartengano a tale novero, atteso che il medesimo appellante non le ha neppure quantificate.

7. Per le stesse ragioni di cui sopra deve essere respinto il quinto mezzo, l’ultimo dedicato al PEF della contro-interessata, con cui Compass Group afferma che ulteriore dimostrazione dell’inattendibilità del PEF dell’avversaria per i profili sopra evidenziati si trarrebbe dall’art. 8 del capitolato, che ha previsto, in conformità all’art. 106, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016, l’aggiornamento dei prezzi delle pietanze e dei distributori automatici a partire dal secondo anno di contratto.

Per fugare ogni ulteriore dubbio sul punto si rileva, da un lato, che la previsione in parola prevede un aggiornamento automatico sulla base dell’indice Istat, dall’altro, che, presumibilmente proprio per tale ragione, il PEF di massima predisposto dalla stazione appaltante e allegato alla lex specialis ha mantenuto invariati nei cinque anni gli importi dei costi e dei ricavi: sotto ambedue gli aspetti il rilievo in esame depone nel senso di confermare, piuttosto che contrastare, la conformità dell’offerta della contro-interessata alla legge di gara.

Trattandosi, infine, di valutazione della stazione appaltante, non rileva l’affermazione, peraltro consistente in una asserzione del tutto indimostrata, che la commissione di gara fosse composta da membri privi della competenza per valutare la portata economico-finanziaria dell’affidamento.

8. Con il sesto mezzo Compass Group rileva che Gestione Servizi Integrati ha indicato nell’ambito della terna dei subappaltatori del servizio di distribuzione automatica un soggetto, Aromatika s.r.l., privo della certificazione ISO22000:2005 richiesta daall’articolo 7.3, lettera b, del disciplinare, e che la stazione appaltante ne ha consentito la sostituzione.

Lamenta al riguardo: a) che il possesso del requisito era stato attestato in sede di offerta sia da Aomatika sia da Gestione Servizi Integrati, ciò che avrebbe dovuto comportare l’esclusione di questa dalla gara, non solo per l’oggettiva mancanza del requisito, ma anche per la non veridicità della dichiarazione; b) che per tale motivo, e vertendosi inoltre nella fase di scelta del contraente, e non in quella di esecuzione del contratto, cui si riferisce l’art. 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, la sostituzione non poteva essere consentita.

Lamenta ancora che la sentenza impugnata, nel respingere le corrispondenti censure di primo grado, avrebbe commesso vari errori nella loro ricostruzione formale e sostanziale e nella raggiunta conclusione.

Il mezzo va respinto, con la precisazione preliminare che le mere imprecisioni in cui è incorso il primo giudice non inficiano la validità del percorso argomentativo dal medesimo seguito.

8.1. Il disciplinare di gara, all’art. 7.3, lettera b), Certificazioni di qualità valide per tutti i lotti, nel prevedere il requisito di capacità tecnico-professionale di cui trattasi in capo alle concorrenti con specifico riferimento ai servizi di ristorazione e bar, ha stabilito che “Al ricorrere delle condizioni di cui all’articolo 87, comma 1 del Codice, la stazione appaltante accetta anche altre prove relative all’impiego di misure equivalenti, valutando l’adeguatezza delle medesime agli standard sopra indicati”.

Al successivo art. 9 ha poi disposto che “Il concorrente indica all’atto dell’offerta le parti del servizio che intende subappaltare in conformità a quanto previsto dall’art. 174 del Codice. In sede di offerta, gli operatori economici che non siano microimprese, piccole e medie imprese indicano una terna di nominativi di sub-appaltatori con riferimento a ciascuna tipologia di prestazione omogenea. In tale caso il medesimo subappaltatore può essere indicato in più terne. Il concorrente ha l’obbligo di dimostrare l’assenza, in capo ai subappaltatori indicati, di motivi di esclusione e provvede a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato l’esistenza di motivi di esclusione di cui all’art. 80 del Codice. A tal fine, qualora indicati, i subappaltatori devono presentare un proprio DGUE, da compilare nelle parti pertinenti”.

Aromatika, uno dei soggetti della terna indicata da Gestione Servizi Integrati, come osservato dalla sentenza appellata sulla base degli atti del fascicolo di causa di primo grado ivi puntualmente richiamati, e come conferma la stessa appellante, si è avvalsa della possibilità di impiego di misure equivalenti concessa dal disciplinare, dichiarando di essere in possesso della attestazione “ISO 9001:2015; ISO 14001:2015; certificazione equivalente per ISO 22005”. Alla stessa attestazione ha fatto riferimento anche Gestione Servizi Integrati.

A sua volta, la stazione appaltante si è avvalsa della potestà, attribuitale dalla stessa norma, di valutare l’adeguatezza della misura equivalente dichiarata, e, con atto del 28 settembre 2018, adottato in sede di soccorso istruttorio, ha escluso la sussistenza dell’equivalenza per le ragioni ivi indicate; ha pertanto invitato la concorrente a fornire idonea documentazione dimostrativa al riguardo. Con successivo atto del 12 ottobre 2018 ha ritenuto che la documentazione prodotta non fosse idonea a dimostrare l’effettiva adozione di misure equivalenti alla norma ISO 22000:2005. Ha quindi invitato la concorrente, “tenuto conto della recente giurisprudenza in materia di qualificazione dei subappaltatori indicati nella terna (TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 17/05/2018, n. 1096)”, a sostituire il subappaltatore Aromatika con altro soggetto in possesso dei previsti requisiti di qualificazione.

8.2. Ricostruita la vicenda in contestazione negli esatti termini risultanti dagli atti del giudizio, possono trarsi le conclusioni sulle doglianze in esame.

8.3. Esse portano, anzitutto, a escludere la sussistenza di una fattispecie di falsa dichiarazione.

Sotto un primo profilo, non vi è falsa dichiarazione in quanto né Aromatika né Gestione Servizi Integrati hanno dichiarato il possesso di un inesistente requisito di partecipazione costituito dalla certificazione ISO22000:2005, bensì si sono avvalse della possibilità di impiego della misura equivalente prevista dal disciplinare, la cui validità era subordinata, per espressa previsione dello stesso disciplinare, a una valutazione della stazione appaltante.

Sotto altro profilo, l’esito negativo di tale valutazione non può “retroagire” al momento in cui il subappaltatore e il concorrente hanno reso l’auto-giudizio racchiuso nella dichiarazione di equivalenza di cui sopra, ovvero non può esplicare i suoi effetti alla stregua di un requisito il cui contenuto sia predeterminato dalla legge di gara; la previsione di un apprezzamento da parte della stazione appaltante dell’“adeguatezza” della dichiarata equivalenza postula infatti l’opinabilità dell’auto-dichiarazione, che si consolida solo a posteriori, in senso positivo o negativo, all’esito della specifica verifica dell’Amministrazione. Pertanto, la dichiarazione di equivalenza dell’operatore economico ha, di suo, una valenza meramente potenziale, e per tale motivo la sua esternazione non può essere ritenuta rappresentazione di una circostanza di fatto diversa dal vero, fattispecie che implica un termine di paragone certo e preesistente.

8.4. Quanto al resto, si rileva che la stazione appaltante, nel consentire la contestata sostituzione del subappaltatore risultato, solo all’esito della valutazione di cui sopra, privo del prescritto requisito di capacità tecnica, ha fatto applicazione della sopra richiamata sentenza amministrativa di primo grado, che, a sua volta, si è attenuta al parere di questo Consiglio di Stato n. 2286 del 3 novembre 2016, recepito dall’Anac nella delibera n. 487 del 3 maggio 2017; in sostanza, ha conferito ai commi 1 e 5 dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 18 aprile 2016, che riferiscono le ivi elencate cause di esclusione dalla gare pubbliche non solo ai concorrenti ma anche ai loro subappaltatori, l’interpretazione comunitariamente orientata indicata nel detto parere, secondo cui “quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l’esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare, ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”. Si tratta di una posizione che il ridetto parere ha espresso sia de iure condendo, sia in via di individuazione di una lettura del diritto nazionale conforme ai principi comunitari da cui esso deriva.

Ciò posto, la parte appellante non ha sostenuto l’insussistenza nel caso di specie delle condizioni che, alla luce di tale linea interpretativa, consentono di evitare l’esclusione del concorrente; si è invece limitata a sostenere che la sostituzione del subappaltatore non rientra nella fattispecie di cui all’art. 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016 (“L’affidatario deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80”), che riguarda la fase di esecuzione del contratto e non quella di gara.

Sul punto, si osserva che se è vero che l’unico riferimento normativo della sostituzione del subappaltatore è riferito alla fase esecutiva, tuttavia non sussiste una norma che vieta in fase di gara la sostituzione del subappaltatore indicato nella terna.

In questo quadro, assume rilievo il fatto che, come afferma l’Anac nel predetto parere n. 487/2017, l’indicazione del soggetto nella terna non implica una formalizzazione dei rapporti tra subappaltatore e concorrente che lo indica; va ulteriormente considerato che si verte in una fattispecie in cui il subappaltatore indicato è risultato sprovvisto di un requisito di capacità tecnica, e non di uno dei requisiti di ordine generale cui si riferiscono i predetti commi 1 e 5 dell’art. 80, e ciò solo in seguito a una valutazione discrezionale della stazione appaltante che la legge di gara ha previsto come successiva alla presentazione della domanda di partecipazione. Rileva ancora che la Corte di Giustizia Europea, con la recente sentenza 30 gennaio 2020, causa C-395/18, ha ritenuto contrastante con il diritto europeo e con il principio di proporzionalità una normativa nazionale che preveda l’esclusione automatica dell’operatore economico concorrente nel caso in cui il subappaltatore da questo indicato sia risultato sprovvisto di un requisito di ordine generale.

Sulla base di tutte tali considerazioni, il Collegio ritiene non illegittima la determinazione della stazione appaltante di non escludere Gestione Servizi Integrati dalla gara per la carenza del requisito tecnico in capo al subappaltatore, e di consentirne invece la sostituzione.

9. L’appellante ha sostenuto in primo grado l’erroneità, per eccesso, del punteggio attribuito all’offerta tecnica della contro-interessata e, al contempo, la sottovalutazione della sua offerta.

Il primo giudice ha respinto i relativi rilievi, richiamando il consolidato principio giurisprudenziale in tema di insindacabilità giudiziale del merito delle valutazioni discrezionali e dei punteggi attribuiti dalle commissioni giudicatrici delle gare pubbliche in difetto di palesi illogicità, irragionevolezze ed errori.

Con l’ultimo mezzo l’appellante contesta la conclusione del primo giudice, sostenendo che le sue censure integravano le palesi illogicità che consentono al giudice amministrativo di scrutinare l’attribuzione del punteggio.

9.1. Osserva il Collegio che la parte appellante:

- per il criterio 1.1. (elementi strategici dell’offerta, fino a 10 punti), lamenta che la commissione abbia attribuito alla contro-interessata il punteggio massimo, e abbia riservato alla deducente solo 3,2140 punti, “quando i temi trattati e le soluzione proposte dalle due concorrenti sono nella sostanza equivalenti dal punto di vista qualitativo e GSI non effettua neppure alcun richiamo al vending (distribuzione automatica di prodotti alimentari), profilo viceversa dettagliatamente affrontato nell’offerta Compass”;

- per il criterio 1.2. (programmazione e modalità operative, fino a 10 punti) lamenta che la commissione abbia attribuito alla contro-interessata il punteggio massimo, a fronte dei 6,1538 punti attribuiti alla deducente, in quanto la valutazione non sarebbe coerente con i dati contenuti nelle due offerte, in quanto solo Compass Group ha previsto misure di emergenza per ridurre eventuali disagi legati al cambio di appalto (per le sedi diverse da quella centrale di piazzale Pastore), e garantisce, come gestore uscente, la continuità del servizio della struttura più grande. Inoltre, sarebbe stato valorizzato a favore della contro-interessata un elemento, l’organizzazione del lavoro, non incluso tra i criteri di valutazione;

- per il criterio 2.3. (qualità menù, fino a 4 punti), lamenta l’ingiustificatezza dello scostamento del punteggio attribuito alle due offerte (4 punti alla contro-interessata, 2,51 alla deducente) in quanto fondate sullo stesso criterio (4 stagioni per 4 settimane);

- per il criterio 4.2. (riqualificazione locali, fino a 4 punti), afferma che la contro-interessata ha proposto interventi di minore valore per la sede di piazzale Pastore, limitandosi a prendere in comodato alcune attrezzature da bar e predisporre alcuni panelli insonorizzanti, di cui non ha specificato neppure il numero, mentre la deducente ha proposto per la sede Santuario la pressoché completa ristrutturazione di attrezzature, locali e banco, rispetto ai quali sarebbe illogico il riconoscimento di 2,2857 punti, a fronte dei 4 punti attribuiti alla contro-interessata;

- per il criterio 4.3. (agevolazioni utenti accorgimenti migliorativi, fino a 5 punti), afferma di aver indicato soluzioni migliorative e di qualità (quali i monitor), assenti nell’offerta della contro-interessata, che ha invece ottenuto il punteggio più alto (5 versus 2,6).

9.2. Anche il mezzo in esame è infondato e va respinto.

Le doglianze svolte dalla appellante involvono infatti in una ri-comparazione delle offerte tecniche, finalizzata da un lato a evidenziare singoli aspetti positivi presenti nella sua offerta, dall’altro a rilevare presunte carenze dell’offerta della contro-interessata, nel tentativo di affermarne la minore qualità di quest’ultima. Non fa eccezione la censura con cui si lamenta la valorizzazione a favore della contro-interessata dell’organizzazione del lavoro, elemento non incluso tra i criteri di valutazione: emerge infatti dagli atti di causa che si è trattato di un mero richiamo, irrilevante ai fini dell’attribuzione del punteggio, che si è attenuta ai parametri previsti per ogni criterio di valutazione.

L’operazione non può quindi essere qui validata.

Non vi sono infatti ragioni per discostarsi dal principio, ripetuto in giurisprudenza e applicato dal primo giudice, per cui la valutazione delle offerte nonché l’attribuzione dei punteggi da parte della commissione valutatrice rientrano nell’ampia discrezionalità di cui essa gode, per cui, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica – qui non rilevabile – sono inammissibili le censure che impingono nel merito di valutazioni per loro natura opinabili, e sollecitano il giudice amministrativo a esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 Cod. proc. amm. (tra tante, Cons Stato, V, 17 gennaio 2019, n. 433; 22 marzo 2016, n. 1168; 26 marzo 2014, n. 1468; 11 dicembre 2015, n. 5655; III, 17 dicembre 2018, n. 7102; 24 maggio 2017, n. 2452; IV, 31 agosto 2018, n. 5129; 9 luglio 2018 n. 4153).

Più nello specifico, poi, osserva il Collegio che le parti resistenti hanno fatto constare come l’offerta tecnica della deducente sia stata penalizzata dalle stesse modalità con cui la società ha ritenuto di partecipare alla gara: in particolare, Compass Group non ha rispettato il limite di pagine prestabilito dal disciplinare per l’illustrazione dell’offerta, sicchè questa per alcuni aspetti, come da verbale della seduta pubblica del 12 dicembre 2018, non ha potuto essere valutata dalla commissione.

Si tratta di una circostanza taciuta dall’appellante che, nell’atto di appello, non la ha riferita, né ha indicato quali profili della sua offerta non hanno formato oggetto di un completo apprezzamento perché affidati a documentazione irritualmente presentata.

Vieppiù, l’Inail afferma che alcuni rilievi qui riproposti dalla deducente fondano proprio sugli allegati esclusi dalla valutazione, mentre l’appellante sostiene in una successiva memoria l’irrilevanza dell’esclusione in parola ai fini della disamina della censura.

Nel descritto contesto, il mezzo in esame, per come proposto, si rivela inammissibile: la sua disamina comporterebbe la necessità di individuare puntualmente la documentazione tecnica dell’appellante ammessa in gara, per poi provvedere alla verifica della corretta attribuzione del relativo punteggio. Si tratterebbe, in altre parole, di ripercorrere interamente una fase di gara mediante un’attività sostituiva di quella già effettuata dall’Amministrazione, che è preclusa al giudice amministrativo.

Lo stesso mezzo si rileva poi ulteriormente infondato: l’applicazione della sanzione conseguente al mancato rispetto del prestabilito limite di pagine, nell’impedire la disamina della offerta tecnica dell’appellante per come da questa predisposta nella sua interezza, ha plausibilmente avuto rilievo nell’esito della gara, impedendo in questa sede l’emersione di una palese illogicità nella preferenza complessiva accordata dalla commissione all’offerta tecnica della contro-interessata.

10. Alle questioni come sopra trattate nulla aggiungono le memorie difensive depositate dall’appellante.

11. L’appello va pertanto respinto.

Le spese di giudizio del grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.

Condanna la parte appellante alla refusione in favore delle parti resistenti delle spese di giudizio del grado, che liquida nell’importo pari a € 4.000,00 (euro quattromila/00) per ciascuna di esse.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

GUIDA ALLA LETTURA

Nella vicenda sottoposta all’esame del Collegio, la questione giuridica fondamentale attiene all’omessa allegazione, da parte dell’offerente, della relazione illustrativa al Piano economico-finanziario: occorre invero stabilire se tale carenza determini o meno un ostacolo alla “leggibilità” dell’offerta tale da costituire un vizio di partecipazione.

Per la precisione, l’omissione di tale documento di gara è stigmatizzata, da una parte, per la pretesa violazione delle norme del disciplinare di gara (artt. 17 e 21) e del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici (art. 165), e, dall’altra, per l’effettiva valutabilità del PEF dell’aggiudicataria, asseritamente ritenuto, in difetto di tale relazione, inattendibile.

In realtà, già il primo giudice escludeva, mediante l’interpretazione letterale dell’art. 17 del disciplinare e in applicazione del principio del favor partecipationis, che la legge di gara prevedesse la presentazione, a pena di esclusione, della relazione illustrativa al PEF.

A favore di siffatta tesi, condivisa peraltro dalla stessa Sezione Quinta, depongono due ordini di motivazioni. 

Il primo è di carattere formale. Al riguardo l’appellante deduce la presenza, nel disciplinare, di un errore materiale, tale da non pregiudicare il contenuto precettivo della previsione, che doveva essere ricostruito – secondo la pretesa interpolazione – nel senso di richiedere la presentazione a pena di esclusione non solo dell’offerta economica, espressamente assistita dalla sanzione, ma anche della relazione illustrativa al PEF.

In realtà il Collegio, sul punto, invoca il “principio consolidato in giurisprudenza amministrativa”secondo il quale “le cause di esclusione, in quanto limitano la libertà di concorrenza e in quanto di natura latu sensu sanzionatoria, sono di stretta interpretazione e non possono essere oggetto di interpretazione analogica ed estensiva (tra tante, Cons. Stato, V, 23 maggio 2015, n. 1565; 5 dicembre 2014, n. 6028; 22 maggio 2001, n. 2830)”. Di talché, per la Corte, deve escludersi l’operazione additiva proposta dall’appellante: la gravità della sanzione impone l’espressa e univoca predeterminazione delle carenze che determinano l’esclusione dalla gara. E, poichè la lex specialis in esame non ha previsto la carenza della relazione al PEF come causa di esclusione, una tale previsione non può essere ivi fatta vale, ancorché si adduca la presenza di un inconfutabile errore materiale da parte della stazione nella redazione del disciplinare di gara. Del resto, secondo la verifica giurisdizionale compiuta dalla Corte, “la carenza del documento non rileva neanche ai sensi dell’art. 83, comma 9, in quanto essa […] non ha influito sulla comprensibilità e valutabilità del contenuto dell’offerta economica dell’appellata”. Tale rilievo sarà meglio esplicato di seguito; occorre infatti esaminare il secondo profilo motivazionale: esso è di carattere sostanziale, siccome attiene al profilo funzionale della relazione al PEF.

Il Collegio richiama ivi l’orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, V, 2 settembre 2019, n. 6015; 13 aprile 2018, n. 2214) che chiarisce la funzione del PEF, onde poi precisare il profilo ermeneutico controverso riguardante, appunto, la relazione ad esso collegata. 

Ebbene, secondo tale impostazione, “la funzione del PEF è quella di dimostrare la concreta capacità del concorrente di eseguire correttamente la prestazione per l’intero arco temporale prescelto attraverso la responsabile prospettazione di un equilibrio economico - finanziario di investimenti e connessa gestione, nonché il rendimento per l’intero periodo”. Pertanto, è il PEF – prima ancora che la relazione ad esso collegata – a consentire “all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione (Cons. Stato, V, 26 settembre 2013, n. 4760; III, 22 novembre 2011, n. 6144)”.

Sicché il PEF non può essere tenuto separato dall’offerta in senso stretto, rappresentando un elemento significativo della proposta contrattuale, perché offre uno strumento utile all’amministrazione aggiudicatrice che gli consente “di apprezzare la congruenza e dunque l’affidabilità della sintesi finanziaria contenuta nell’offerta in senso stretto (così Cons. Stato, V, n. 2214/2018, cit.)”.

Così delineata dalla Sezione la funzione del PEF, l’affermazione in esame, secondo cui non potrebbe sussistere una offerta economica senza la relazione al PEF, oltre a non essere supportata da una corrispondente previsione del Codice dei contratti pubblici, rivela tutta la sua insostenibilità: il PEF è già di suo la spiegazione dell’offerta economica, sicché, in difetto di puntuali previsioni della legge di gara, non è predicabile che la carenza della relazione al PEF costituisca, in astratto, un ostacolo alla leggibilità dell’offerta.

In conclusione, dunque, secondo il Consiglio di Stato, ciò che costituisce oggetto di esame, ai fini dell’aggiudicazione, da parte della stazione appaltante è il piano economico-finanziario (“Il piano economico finanziario viene esaminato dalla stazione appaltante ai fini dell’aggiudicazione”) e non già la relazione al PEF che, sempre per la legge di gara in esame, ha invece tutt’altra funzione: quella cioè di fornire un’eventuale verifica di congruità dell’offerta, nel senso che “le spiegazioni fornite dall’offerente […] dovranno essere coerenti con il piano economico finanziario e relativa relazione illustrativa”.

Sicché, anche sotto tale angolo visuale, ovvero tenuto conto del fatto che, per la lex specialis di cui trattasi, il documento non costituisce elemento di valutazione ai fini della graduazione dell’offerta, venendo in rilievo solo in via eventuale, ai fini della valutazione dell’anomalia, è da escludere che la sua mancata presentazione, in difetto di apposita previsione, si rifletta in un vizio di partecipazione.

Il Collegio osserva infine che non è neanche possibile ipotizzare l’indispensabilità del documento in parola nella fase della presentazione delle offerte quale “giustificazione anticipata” rispetto alla eventualità della verifica dell’anomalia; un siffatto scenario va escluso ai sensi della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che ha affermato l’impossibilità di prevedere statuizioni espulsive automatiche in ipotesi di mancata produzioni delle c.d. “giustificazioni preventive” (Cons. Stato, IV, 9 febbraio 2016, n. 520).