Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2020, n. 478

1. L’esclusione dalla gara d’appalto prevista dall’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 si fonda sulla necessità di garantire l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della pubblica amministrazione fin dal momento genetico; con la conseguenza che, ai fini dell’esclusione di un concorrente, è sufficiente una motivata valutazione dell’amministrazione in ordine alla “grave negligenza o malafede” del concorrente, che abbia fatto ragionevolmente venir meno la fiducia nell’impresa.

2. Va inoltre puntualizzato, sempre in via preliminare, che la disposizione in questione (…) è stata adottata in attuazione dell’art. 45, par. 2, lett. d), della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, secondo cui “può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico […] d) che, nell’esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice”.

3. La decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza, che stabilisca che un operatore ha violato le norme in materia di concorrenza, può senz’altro costituire indizio dell’esistenza di un errore grave commesso da tale operatore. Di conseguenza, la commissione di un’infrazione alle norme in materia di concorrenza, in particolare quando tale infrazione è stata sanzionata con un’ammenda, costituisce una causa di esclusione rientrante nell’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera d), della direttiva 2004/18.

 

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