Corte di Cassazione, Sezioni unite civili, ordinanza 19 novembre 2019, n. 30009

In tema di azioni di nunciazione nei confronti della pubblica amministrazione sussiste la giurisdizione del giudice ordinario qualora il petitum sostanziale della domanda non solo si fondi sulla tutela di un diritto soggettivo, ma pure a condizione che non coinvolga la contestazione della legittimità di atti o provvedimenti ricollegabili all'esercizio di poteri discrezionali spettanti alla pubblica amministrazione.

Pertanto, quando fonte del danno siano il "se" o il "come" dell'opera progettata e non le sole sue concrete modalità esecutive, la causa petendi involge un comportamento della pubblica amministrazione (o di chi per essa ha agito) che si traduce in manifestazione del potere autoritativo di quella, qualificandosi necessario, per le sue caratteristiche in relazione all'oggetto del potere, al raggiungimento del risultato da perseguire e non già meramente occasionato dall'esercizio del potere medesimo: e sussiste allora la giurisdizione del giudice amministrativo sulle pretese del privato basate sull'illegittimità dell'azione della pubblica amministrazione.

La Cassazione, adita in sede di regolamento di giurisdizione[1], conferma il criterio da seguire a proposito del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo.

Al riguardo resta fermo il principio, ormai consolidato, secondo cui la giurisdizione si determina sulla base della domanda, dovendosi considerare, ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario, non già la prospettazione compiuta dalle parti, bensì il petitum sostanziale.

Quest’ultimo deve essere identificato, non in ragione della pronuncia che si chiede al giudice, quanto, in ragione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione giuridica dedotta in giudizio.

In tema di azioni di nunciazione nei confronti della PA, la giurisprudenza è nel senso che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario qualora il petitum sostanziale della domanda riguardi un diritto soggettivo e non si riferisca all’emissione di atti o provvedimenti ricollegabili all’esercizio di poteri discrezionali spettanti alla P.A.[2].

Sul punto, si richiama l’orientamento giurisprudenziale[3] secondo il quale, in materia di urbanistica ed edilizia, la domanda di risarcimento del danno del proprietario di un’area contigua a quella in cui è realizzata l’opera pubblica, appartiene alla giurisdizione ordinaria ove, nella prospettazione dell’attore, fonte del danno non siano né il «se» né il «come» dell'opera progettata, ma le sue concrete modalità esecutive, atteso che la giurisdizione esclusiva amministrativa si fonda su un comportamento della P.A. (o del suo concessionario) che non sia semplicemente occasionato dall'esercizio del potere, ma si traduca, in base alla norma attributiva dello stesso, in una sua manifestazione e, cioè, risulti necessario, considerate le sue caratteristiche in relazione all'oggetto del potere, al raggiungimento del risultato da perseguire.

In definitiva, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo allorquando il comportamento della P.A., cui si ascrive la lesione, sia la conseguenza di un assetto di interessi conformato da un originario provvedimento, legittimo o illegittimo, ma comunque espressione di un potere amministrativo (in concreto) esistente, cui la condotta successiva si ricollega in senso causale[4].

Mentre la giurisdizione del giudice ordinario sussiste per quelle domande che trovino causa in condotte connesse per mera occasionalità a quelle indispensabili per la realizzazione dell'opera pubblica, poste in essere su immobili fin dall'origine esclusi dall'oggetto di questa[5].


[1] Il caso concreto consiste nel ricorso esperito da due privati nei confronti dell’Amministrazione comunale di Caggiano, con cui si contesta l’illegittimità di lavori di installazione di un muro con sovrastanti pannelli assorbenti su un terreno di loro proprietà e richiesta di condanna al rispristino dei servizi funzionali alla loro abitazione, modificati dalla realizzazione del muro, nonché di arretramento di ogni opera eseguita a distanza legale del confine, come pure di risarcimento dei danni.

[2] Cass., Sez. Un., n. 25456/2017; Cass., Sez. Un., n. 604/2015.

[3] Cass., Sez. Un., n. 2052/2016.

[4] Cass., Sez. Un., ord. n. 17110/2017.

[5] Cass., Sez. Un.,  ord. n. 14434/2018.