Consiglio di Stato, sez. III, 6 agosto 2019 n. 5597

1. In ragione della natura giuridica di atto provvisorio ad effetti instabili, tipica dell’aggiudicazione provvisoria, e della non tutelabilità processuale di quest’ultima ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990 (ex multis, Consiglio di Stato sez. V, 09 novembre 2018, n. 6323; Cons. Stato, V, 20 agosto 2013, n. 4183) – rientra nel potere discrezionale dell’amministrazione disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, laddove sussistano concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1979 del 2019, proposto dall’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (Asst) di Vimercate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Vittoria Luciano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30; 

contro

Coverall S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Tarantini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
Romeo Cristiana in qualità di Commissario Liquidatore Coverall S.r.l. non costituito in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n. 02667/2018.

FATTO e DIRITTO

1. Con il mezzo qui in rilievo l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (Asst) di Vimercate chiede la riforma, previa sospensione, della sentenza n. 2667/2018 del 26/11/2018, con cui il Tar per la Lombardia, sede di Milano, Sez. I, ha accolto il ricorso proposto dalla Coverall srl e, per l’effetto, previa declaratoria di illegittimità della deliberazione n. 574 del 18 luglio 2012, avente ad oggetto la revoca della procedura di gara indetta per l’affidamento di un appalto integrato volto alla progettazione esecutiva ed all’esecuzione dei lavori per la realizzazione di un nuovo edificio da destinare ad asilo nido all’interno del presidio ospedaliero di Desio, ha condannato l’Azienda suindicata al risarcimento dei danni da liquidarsi ai sensi dell'art. 34 comma 4 c.p.a. (e comunque già stimato in un totale di € 50.490,26, oltre a rivalutazione ed interessi).

1.1. La suddetta decisione si innesta su un pregresso contenzioso definito con la sentenza n. 1046 del 10 aprile 2012, per effetto della quale il TAR per la Lombardia, in accoglimento di precedente ricorso della Coverall srl, graduata al secondo posto, annullava:

-la deliberazione di aggiudicazione in favore della ditta R.T.I. Holz Albertani s.p.a. - SI.GE.CO. Costruzioni s.r.l.;

- il provvedimento di revoca degli atti di gara assunto sul presupposto erroneo della scadenza del finanziamento regionale.

2. Con la sentenza qui in rilievo il TAR, invece, rilevava l’illegittimità del nuovo provvedimento di revoca incentrato su sopravvenuti vincoli finanziari e di bilancio, che avrebbero fatto venir meno la copertura finanziaria del progetto, sull’aggravamento della situazione reddituale e patrimoniale delle aziende sanitarie dovuto agli “ultimi interventi normativi di ‘spending review’, sulla natura non essenziale per l’utenza del servizio oggetto della procedura di evidenza pubblica.

Il giudice di prime cure in sintesi rilevava che:

- dal primo giudizio deriverebbe in capo all’odierna appellata un diritto all’aggiudicazione con speculare obbligo dell’Azienda di procedere all’aggiudicazione, senza margini di discrezionalità, adombrando, dunque, la nullità della revoca per contrasto con il precedente giudicato;

- l’illegittimità della revoca, in quanto fondata su (plurime) circostanze imputabili alla stessa Azienda o, comunque, già conoscibili al momento della indizione della gara.

3. Avverso la suindicata decisione, con il gravame in epigrafe, l’appellante deduce che:

a) la sentenza n. 1046 del 10 aprile 2012, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, si era limitata ad annullare l’aggiudicazione definitiva disposta in favore della ATI collocatasi al primo posto della graduatoria e, contestualmente, ad annullare la deliberazione n. 986/2011, senza condannare l’azienda ad aggiudicare l’appalto all’odierna appellata;

b) per effetto della divisata pronuncia non poteva ritenersi consumato il potere dell’Amministrazione di agire in autotutela ove fondata, com’è nel caso di specie, su presupposti diversi da quelli già fatti oggetto di sindacato;

c) la revoca sarebbe legittima ai sensi dell’articolo 21 quinquies della legge n. 241/1990 che non fa riferimento solo a sopravvenienze;

d) la posizione dell’appellata, già seconda graduata e, per effetto della decisione suindicata, divenuta prima graduata, non era equiparabile a quella dell’aggiudicataria, di talchè non sarebbe proponibile né la possibilità di un risarcimento dell’interesse positivo, né l’indennizzo ex articolo 21 quinquies, né un risarcimento per responsabilità contrattuale, peraltro ricadente nella giurisdizione del g.o.

e) in via gradata sarebbe erronea la determinazione del danno.

3.1. Resiste in giudizio la Coverall srl, che ha concluso per il rigetto dell’appello.

3.2. All’udienza del 4.7.2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4. l’appello è fondato e, pertanto, va accolto.

4.1. Vale, anzitutto, qui ribadire che la res controversa si innesta su un precedente giudizio, definito con sentenza n. 1046 del 10 aprile 2012, con la quale il TAR per la Lombardia, sede di Milano, su ricorso dell’odierna appellata, annullava:

-la deliberazione di aggiudicazione, atteso che “l’offerta tecnica del raggruppamento aggiudicatario (…) si poneva in difformità rispetto al progetto definitivo, in violazione della legge di gara e dell’articolo 93, comma 5, del codice dei contratti pubblici”;

- il provvedimento di revoca degli atti di gara, assunto in dichiarata ottemperanza della ordinanza cautelare del medesimo giudice del 15 luglio 2011, atteso che la proroga dell’inizio dei lavori, necessaria per ottenere il finanziamento regionale, “era già stata concessa sin dal 4 novembre 2011; sebbene tale circostanza sia stata comunicata soltanto il 10 novembre 2011, era dovere istruttorio dell’amministrazione acquisire compiutamente informazioni circa la sussistenza dei presupposti di fatto del provvedimento di ritiro”.

4.2. Tanto premesso, il Collegio non condivide la premessa da cui prende abbrivio la traiettoria argomentativa del giudice di prime cure secondo cui il richiamato decisum ha, altresì, “….inequivocabilmente sancito il diritto della attuale ricorrente (seconda in graduatoria) all’aggiudicazione dell’appalto” e allo stesso tempo “…consumato, dunque, la potestà discrezionale della stazione appaltante di procedere al ritiro degli atti di gara, quanto meno fino al momento in cui non fosse stata ripristinata la situazione controversa nei termini dettati della sentenza”, al punto da concretare “l’obbligo di aggiudicare l’appalto alla società ricorrente”.

Vale, di contro, osservare che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, la sentenza n. 1046 del 10 aprile 2012 non aveva affatto veicolato in favore della ricorrente né in sede risarcitoria, e neppure come effetto conformativo, il bene della vita agognato (id est, aggiudicazione dell’appalto) limitandosi a dichiarare l’illegittimità dell’aggiudicazione pronunciata in favore della controinteressata (oltre che ad annullare gli atti di ritiro della gara) senza riconoscere, al contempo, in capo alla Coverall, un intangibile diritto all’aggiudicazione.

4.3. A tal riguardo, è appena il caso di soggiungere che il riferimento alla “massima utilità sostanziale” cui pure accenna la pronuncia, esaurisce i suoi effetti, nell’economia della suddetta sentenza, nel graduare l’interesse della parte ricorrente rispetto al ventaglio delle censure formulate, arrestando la decisione dinanzi alla positiva delibazione di quella, in potenza, idonea ad assicurare il massimo delle utilità conseguibili (nella specie l’esclusione dell’aggiudicataria).

4.4. Tanto implicava, dunque, una regressione del procedimento ad una fase in cui la Coverall, già classificatasi seconda, per effetto della esclusione della precedente aggiudicataria, poteva ritenersi (in via di fatto) aggiudicataria provvisoria, rimanendo, comunque, immutato, salvo che i profili coperti dal giudicato, lo ius poenitendi istituzionalmente spettante all’Autorità procedente (Consiglio di Stato, Sez. V n. 1559 del 20.4.2016), chiamata, in via ordinaria, in mancanza di sopravvenienze, a concludere il procedimento.

4.5. Vale, poi, soggiungere che, in ragione di quanto appena evidenziato, gli atti che componevano il suddetto procedimento, come emendato dal TAR, risultavano contraddistinti da effetti provvisori ed instabili, poiché soggetti all’approvazione della stazione appaltante ai sensi dell’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006 (allora vigente), solo dopo la quale poteva essere disposta l’aggiudicazione definitiva (tale approvazione può essere peraltro implicita in quest’ultimo provvedimento). La procedura di gara si conclude, infatti, solo con l’aggiudicazione definitiva e , pur restando ancora salva la facoltà per la stazione appaltante di manifestare il proprio ripensamento - in questo caso ai sensi dell’art. 11, comma 9, d.lgs. n. 163 del 2006 secondo le forme proprie dell’autotutela decisoria – per contro, prima di questo momento l’amministrazione resta libera di intervenire sugli atti di gara con manifestazioni di volontà di segno opposto a quello precedentemente manifestato senza dovere sottostare a dette forme (cfr. ex multis CdS, Sez. V, n. 107 del 4.1.2019).

In altri termini – in ragione della natura giuridica di atto provvisorio ad effetti instabili, tipica dell'aggiudicazione provvisoria, e della non tutelabilità processuale di quest'ultima ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. n. 241 del 1990 (ex multis, Consiglio di Stato sez. V, 09/11/2018, n.6323; Cons. Stato, V, 20 agosto 2013, n. 4183) - rientra nel potere discrezionale dell'amministrazione disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, laddove sussistano concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 09/11/2018, n.6323; Consiglio di Stato sez. V, 04/12/2017, n.5689; Consiglio di Stato sez. III, 07/07/2017, n.3359; Cons. Stato, VI, 6 maggio 2013, n. 2418; in termini, Cons. Stato, IV, 12 gennaio 2016, n. 67).

In siffatte evenienze questa Sezione ha tra l’altro evidenziato che, nelle gare pubbliche, la decisione della Pubblica amministrazione di procedere alla revoca dell'aggiudicazione provvisoria non è da classificare come attività di secondo grado (diversamente dal ritiro dell'aggiudicazione definitiva), atteso che, nei confronti di tale determinazione, l'aggiudicatario provvisorio vanta solo un'aspettativa non qualificata o di mero fatto alla conclusione del procedimento: pertanto, l'assenza di una posizione di affidamento in capo all'aggiudicatario provvisorio, meritevole di tutela qualificata, attenua l'onere motivazionale facente carico alla Pubblica amministrazione, in occasione del ritiro dell'aggiudicazione provvisoria, anche con riferimento alla indicazione dell'interesse pubblico giustificativo dell'atto di ritiro (cfr. Consiglio di Stato , sez. III , 06/03/2018 , n. 1441). E’ poi evidente che, rimanendo immutata la consistenza della posizione soggettiva con la quale interferisce l’esercizio del potere di ritiro della P.A., alle medesime conclusioni deve giungersi nel caso in cui il potere di revoca abbia ad oggetto l’intera procedura di gara.

5. Tanto premesso, come sopra anticipato, il provvedimento impugnato in prime cure riposava su plurime circostanze, talune delle quali sopravvenute all’indizione della gara, e, comunque, complessivamente, nel loro insieme, idonee ad accreditare una situazione di sopravvenuta non convenienza economica dell'appalto che rendeva opportuno il ritiro della procedura di gara.

5.1. Ed, invero, l’Azienda appellante aveva, altresì, posto a fondamento della determinazione di ritiro degli atti di gara:

- che a partire dal 2010, giusta DGR 10804 del 16.12.2009, il valore complessivo degli acquisiti non poteva superare l’1,5% dei ricavi aziendali;

- che dal 2011, in ragione della DGR 937 dell’1.12.2010 (e, dunque, successivamente all’indizione della gara), era stata innalzata al 6,5% (prima era al 3 %) la percentuale di ammortamento per gli interventi di ristrutturazione degli immobili;

- che l’Azienda era tenuta ad imputare gli investimenti al momento della liquidazione dei SAL, non potendo imputare invece gli impegni di spesa e, conseguentemente, giovarsi di residui passivi, qualora ci fossero stati, per coprire finanziariamente interventi con somme non utilizzate o investite negli esercizi passati;

- che gli interventi normativi di spendig review imponevano l’eliminazione delle spese non necessarie e l’adozione di misure di contenimento delle stesse;

- che la realizzazione del nido non rientrava nell’ambito delle prestazioni indispensabili che l’Azienda ospedaliera era tenuta ad erogare;

- che dalla effettuazione di un’indagine di mercato si era riscontrata la difficoltaÌ€ di affidare il servizio di gestione di asili nido all’interno delle strutture sanitarie;

- che altri ospedali (i.e. Ospedale Niguarda) che avevano aggiudicato il servizio, si trovavano a fronteggiare diverse difficoltà (diminuzione delle presenze, aumento delle rette) dovute alla situazione congiunturale non favorevole;

- la rilevata scadenza del termine per l’inizio dei lavori (fissato al 7 luglio 2012), il cui rispetto costituiva condizione imprescindibile per poter fruire del finanziamento e l’esecuzione dell’opera.

5.2. Orbene, ritiene il Collegio che la determinazione assunta dall’Azienda appellante si dispieghi nell’ottica di una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico che, anche sulla scorta di elementi sopravvenuti, ha fatto emergere un mutato quadro esigenziale in cui assumono prevalenza ragioni di contenimento della spesa.

5.3. Tale correzione dell’agere pubblico, anche in ragione degli elementi in cui impinge, non può dirsi né manifestamente illogico né irragionevole siccome, viceversa, giustificato dal necessario e dinamico adeguamento dell'azione amministrativa alla salvaguardia del pubblico interesse.

5.4. Come è noto, motivazioni di carattere finanziario, ed in particolare sopravvenute difficoltà economiche, possono indubbiamente costituire valide ragioni di revoca degli atti di una gara (cfr. ex multis Sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748; Cons. Stato, sez. III, 26 settembre 2013, n. 4809) e ciò vieppiù a dirsi rispetto a manifestazioni di ius poenitendi che non impattano su una situazione di affidamento qualificato, quale quello espresso dall’aggiudicazione definitiva, qui non in rilievo.

6. E, poi, di tutta evidenza come non possa fare argine al legittimo esercizio del potere di revoca, che involge esclusivamente l’apprezzamento dei profili di permanenza delle condizioni di fatto e di diritto che reggevano l’atto pubblico e le esigenze di interesse pubblico che lo stesso era chiamato a soddisfare, l’antidoverosità del contegno serbato dalla stazione appaltante nel corso della vicenda amministrativa, rilevante semmai a fini risarcitori sotto il diverso paradigma della responsabilità cd. precontrattuale. E’ infatti evidente che sia ben possibile far derivare conseguenze risarcitorie in danno dell’amministrazione dalla (legittima) adozione di un provvedimento di revoca, così come è possibile che la revoca di un atto amministrativo possa risultare legittima e giustificata anche se sia stata la stessa amministrazione a dare luogo ai presupposti legali della revoca (cfr. CdS n. 697 del 28.1.2019).

6.1. Pur tuttavia, la parte appellata non ha qui proposto la distinta domanda di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale con la conseguenza che, ai sensi dell’articolo 101 del c.p.a., ne resta interdetta la cognizione.

6.2. Né in considerazione di quanto fin qui detto è configurabile un indennizzo ex art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.

La concorde giurisprudenza amministrativa (ex aliis Consiglio di Stato sez. III, 07/07/2017, n.3359; Consiglio di Stato, Sez. V n. 1559 del 20.4.2016; Sez. III, 04/09/2013, n. 4433 ) nega, in mancanza di un’aggiudicazione definitiva, la configurabilità dell’indennizzo ex art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990.

La natura giuridica di atto provvisorio ad effetti instabili, tipica dell'aggiudicazione provvisoria, spiega la non tutelabilità processuale di quest'ultima ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. n. 241 del 1990 (ex multis, Cons. Stato, V, 20 agosto 2013, n. 4183): la sua revoca (ovvero, la sua mancata conferma) non è infatti qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, tale cioè da richiedere un raffronto tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario, dal momento che l'aggiudicazione provvisoria non è l'atto conclusivo del procedimento (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 09/11/2018, n.6323).

Le spese del doppio grado di giudizio, in considerazione di quanto sopra evidenziato, e della obiettiva controvertibilità delle questioni dedotte, possono essere compensate, possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia in commento la III Sezione del Consiglio di Stato torna ad occuparsi dell’esercizio del potere da parte della stazione appaltante di manifestare il proprio ripensamento sulla “permanenza in vita” della procedura di gara a seguito dell’emissione dell’aggiudicazione provvisoria (oggi proposta di aggiudicazione).

Il tema, com’è chiaramente evincibile, si interseca con quello della stessa qualificazione del predetto atto amministrativo.

Orbene, come più volte affermato da questa Corte, la natura giuridica di atto provvisorio ad effetti instabili, tipica dell’aggiudicazione provvisoria, produce una piena discrezionalità in capo all’Amministrazione, la quale può disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi laddove esistano concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo sconsigliata, la prosecuzione della gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 novembre 2018, n. 6323; Id., 4 dicembre 2017, n. 5689; Cons. Stato, sez. III, 7 luglio 2017, n. 3359).

Il Supremo Consesso amministrativo, invero, ha in più occasioni ulteriormente precisato che la decisione della stazione appaltante di procedere alla revoca dell’aggiudicazione provvisoria non è neppure da classificare come vera e propria attività di secondo grado, atteso che, nei confronti di tale determinazione, l’aggiudicatario provvisorio vanta solo un’aspettativa non qualificata o di mero fatto alla conclusione del procedimento: pertanto, l’assenza di una posizione di affidamento in capo all’aggiudicatario provvisorio, meritevole di tutela qualificata, attenua l’onere motivazionale facente carico alla Pubblica Amministrazione, in occasione del ritiro dell’aggiudicazione provvisoria, anche con riferimento alla indicazione dell’interesse pubblico giustificativo dell’atto di ritiro (cfr. Cons. Stato, sez. III, 06 marzo 2018,  n. 1441). È poi evidente che, rimanendo immutata la consistenza della posizione soggettiva con la quale interferisce l’esercizio del potere di ritiro della P.A., alle medesime conclusioni deve giungersi nel caso in cui il potere di revoca abbia ad oggetto l’intera procedura di gara.

Ciò posto, motivazioni di carattere finanziario, ed in particolare sopravvenute difficoltà economiche, quali quelle oggetto della fattispecie sottoposta al vaglio dei Giudici della III Sezione, possono indubbiamente costituire valide ragioni di revoca degli atti di una gara (ex multis Cons. Stato, sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748; Id., settembre 2013, n. 4809) e ciò vieppiù a dirsi rispetto a manifestazioni di ius poenitendi che non impattano su una situazione di affidamento qualificato, quale quello espresso dall’aggiudicazione definitiva, qui non in rilievo.

Né tantomeno l’antidoverosità del contegno serbato dalla stazione appaltante nel corso dell’intera vicenda amministrativa può fare argine al legittimo esercizio del potere di revoca, che involge esclusivamente l’apprezzamento dei profili di permanenza delle condizioni di fatto e di diritto che reggevano l’atto pubblico e le esigenze di interesse pubblico che lo stesso era chiamato a soddisfare.

Tuttalpiù siffatto contegno può rilevare sotto il profilo risarcitorio, in specie in termini di responsabilità precontrattuale. È infatti evidente che sia ben possibile far derivare conseguenze risarcitorie in danno dell’Amministrazione dalla (legittima) adozione di un provvedimento di revoca, così come è possibile che la revoca di un atto amministrativo possa risultare legittima e giustificata anche se sia stata la stessa Amministrazione a dare luogo ai presupposti legali della revoca (cfr. Cons. Stato, sez, V, 28 gennaio 2019, n. 697).

Alla luce di quanto innanzi espresso, dunque, mentre a seguito dell’aggiudicazione definitiva permane in capo alla P.A. la facoltà di manifestare il proprio ripensamento nei limiti determinati dalla disciplina sull’esercizio del potere di autotutela, precedentemente a questo momento l’Amministrazione resta libera di intervenire sugli atti di gara con manifestazioni di volontà di segno opposto a quello precedentemente manifestato senza necessitare del rispetto delle predette forme (in termini Cons. Stato, sez. V, 4 gennaio 2019, n. 107). Ne discende che, dando seguito alla concorde giurisprudenza amministrativa (ex aliis Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2016, n. 1559; Cons. Stato, sez. III, 4 settembre 2013, n. 4433), in mancanza di un’aggiudicazione definitiva, non risulta configurabile l’indennizzo ex art. 21 quinquies L. 241/1990.