il punto della situazione

Sommario: Premessa- 1. Il quadro normativo di riferimento. - 2.L’Excursus normativo- La legge 8 novembre 2000, n. 328.- 3. Segue - La riforma del titolo v della costituzione. - 4. Segue - Il d.p.c.m. 30 marzo 2001. - 5. Segue – Anac- Delibera n. 32 del 20 gennaio 2016. - 6. Segue - D.lgs. 3 luglio 2017. n. 117, Codice del Terzo Settore. - 7. L’ intervento del Consiglio di Stato: la pronuncia dell’Adunanza della Commissione speciale 20 agosto 2018, n. 2052. 

 

Premessa

Il tema che ci occupa attiene alle forme peculiari di rapporti fra enti privi di scopi di lucro e Amministrazioni che l’ordinamento ormai da tempo conosce.Più precisamente, ai rapporti giuridici che gli enti del Terzo Settore pongono in essere con l’Amministrazione; dunque al coinvolgimento attivo, da parte delle Amministrazioni Pubbliche, di tali enti nell’esercizio delle funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi sociali. Volendo definire ancor più dettagliatamentel’ubi consistam del presente scritto,l’attenzione è riposta sull’istituto della co-progettazione, in specie, sull’istruttoria pubblica di co-progettazione.

Storicamente si è assistito a un profondo e radicale mutamento nell’atteggiarsi del suddetto coinvolgimento e tale cambiamento è andato nel senso di un significativo ampliamento delle modalità e delle forme di siffatti rapporti.

1. Il quadro normativo di riferimento

Il quadro normativo di riferimento si articola in legislazione nazionale e legislazione regionale. 

Poco definito a livello nazionale, sul piano regionale non sempre è coerente. 

La legislazione nazionale comprende lalegge 8 novembre 2000, n. 328, “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”; il decreto del Presidente del Consiglio del Ministri 30 marzo 2001, “Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona previsti dall’art. 5 della legge 8 novembre 2000 n. 328”; la Delibera Anac n. 32 del 20 gennaio 2016 –Determinazione“Linee guida per l’affidamento di servizi a enti del Terzo Settore e alle cooperative sociali”; il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, “Codice del Terzo Settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”.

La legislazione regionale comprende in particolare leggi regionali, regolamenti attuativi, DGR.

2. L’Excursus normativo- La legge 8 novembre 2000, n. 328, “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”.

Ai sensi dell’art. 1, comma 7, le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, con conseguente abrogazione delle norme regionali che si trovino in eventuale contrasto con esse[1].

La legge n. 328/2000 ha istituito un sistema integrato di interventi e servizi sociali da realizzarsi mediante politiche e prestazioni realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l’efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte (art. 22, comma 1).

Per “interventi e servizi sociali”ai sensi dell’art. 1, comma 2 della legge n. 328/2000 si intendono tutte le attività previste dall’art. 128 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59.

L’art. 128, comma 2, d.lgs. n. 112/1998 dispone che “servizi sociali” sono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche, destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno o di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonchè quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia[2].

I servizi sociali sotto il profilo concettuale si definiscono in forza del collegamento con la nozione di stato sociale: invero indicano prestazioni della Pubblica Amministrazione rivolte in via diretta e concreta alla tutela e allo sviluppo del benessere dei singoli.

Il D.p.c.m. 30 marzo 2001, adottato in attuazione dell’art. 5 della legge n. 328/2000, qualifica i “servizi sociali” definiti dall’art. 128, d.lgs. n. 112/1998 come “servizi alla persona”.

In conformità con l’art. 128 possono più propriamente essere intesi quali prestazioni destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che una persona incontra nel corso della vita[3]. 

L’art. 22, comma 2 individua gli interventi checostituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche e i requisiti stabiliti dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale.

La giurisprudenza ha affermato che non possono farsi rientrare nel concetto di “servizio sociale” così come testè definito né la gestione di un asilo-nido[4]né il servizio destinato a garantire occasioni di gioco e di svago a bambini e ragazzi e quindi a promuovere la parte ludica e ricreativa della propria esistenza, a prescindere da condizioni di disagio ovvero dall’indisponibilità di soluzioni alternative di divertimento[5]. Così come non può rientrarvi la gestione di una ludoteca[6].

Assicurando alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, il legislatore  ha inteso perseguire la finalità consistente nel garantire in coerenza con gli artt. 2, 3 e 38 Cost. il raggiungimento di obiettivi sociali determinati, quali assicurare la qualità della vita, le pari opportunità, la non discriminazione, il diritto di cittadinanza; prevenire, eliminare o ridurre le condizioni di disabilità, bisogno, disagio individuale e familiare derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia (art. 1, comma 1).

Presupposto fondamentale perchè si possa qualificare il servizio come “sociale” nel senso richiesto dalla normativa è dunque una situazione di bisogno o di disagio esistenziale da rimuovere. 

La legge assume tuttavia l’idea di bisognoin una prospettiva nuova ovverossia completamente slegata da qualsivoglia riferimento a determinate categorie di soggetti e diventa generale criterio di accesso al sistema integrato di interventi e servizi sociali la cui diversificazione deriva dalla diversificazione stessa dei bisogni. 

Non a caso la legge n. 328/2000 arriva a considerare il diritto all’assistenza quale vero e proprio diritto soggettivo alle prestazioni e non mero interesse nei confronti delle Amministrazioni erogatrici. 

Come emerge dai Lavori parlamentari[7], obiettivo della legge è quello di “segnare il passaggio da una accezione tradizionale di assistenza quale luogo di bisogni che possono essere discrezionalmente soddisfatti, ad una accezione di protezione sociale attiva, luogo di esercizio della cittadinanza”, attraverso la realizzazione di un sistema integrato di servizi e prestazioni “con più protagonisti, istituzionali e della solidarietà, caratterizzato da livelli essenziali di prestazioni, accessibili a tutti”. 

Con la legge n. 328/2000 si è tentato di attuare un vero e proprio superamento dell’esclusività del modello statalisticonella gestione del settore dei servizi sociali.

La legge si presenta al riguardo quale fondamentale strumento di ridefinizione delle modalità organizzative dello Stato socialeche, valorizzando il principio pluralista cui è informata la Costituzione, fa del fenomeno del volontariato e più in generale del Terzo Settore uno strumento di soddisfacimento dei diritti sociali riconosciuti ai cittadini in base al disegno costituzionale[8].

Le parole chiave per interpretare la riforma possono essere individuate in territorialità,che significa decentramento delle competenze del settore attraverso lo sviluppo di una programmazione e di una gestione territoriale e decentrata delle politiche e degli interventi socio–assistenziali; integrazione, che vuol dire, da un lato, concertazione e cooperazione fra i diversi livelli istituzionali e fra questi e i soggetti del Terzo Settore, dall’altro, integrazione delle politiche di welfareovverossia coordinamento degli interventi socio–assistenziali con quelli sanitari e dell’istruzione. 

Soggetti pubblici e privati concorrono dunque nel sistema secondo la logica della prossimità ai destinatari degli interventi:

La legge pone come regola per l’individuazione dei soggetti “attivi” il principio di sussidiarietàche si articola, come noto, nella duplice accezione di sussidiarietà verticale come regola di riparto dei compiti fra le istituzioni pubbliche e di sussidiarietà orizzontale che coinvolge i soggetti privati. 

Si è così attuato compiutamente il progetto di creare una sinergia continua fra pubblico e privato nel campo dei servizi sociali.

Alla luce delle disposizioni rammentate e in ossequio ai principi citati la competenza in materia di programmazione e organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali è attribuita agli enti locali, alle Regioni e allo Stato con il coinvolgimento attivo degli organismi del Terzo Settore.

Nella legge n. 328/2000 il riferimento al Terzo Settore è quindi duplice: da un lato, si richiama il ruolo degli enti non profit (art. 1, comma 4), dall’altro, vi è la previsione di un coinvolgimento di tali entiin fase sia di erogazione sia di programmazione dei servizi (art. 1, comma 5).

Dunque, i soggetti non profit sono visti come “soggetti attivi” non solo in quanto siano in grado di fornire le prestazioni ma anche in quanto possano coadiuvare gli enti pubblici altresì nella fase prodromica di programmazione e organizzazione degli interventi(art. 3, comma 2, lett. b)). 

3. L’Excursus normativo- La riforma del titolo v della costituzione.

Sul quadro normativo venutosi a delineare con l’entrata in vigore della legge n. 328/2000 è intervenuta la riforma del Titolo V della Costituzione.

La riforma ha attribuito alle Regioni la potestà legislativa primaria in materia di organizzazione dei servizi sanitari e sociali; ha conservato in capoallo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” – c.d. LIVEAS – (art. 117, co. 2, lett. m) Cost.), le funzioni di perequazione finanziaria (art. 119), il potere sostitutivo in caso di mancata erogazione dei livelli essenziali (art. 120). 

Tali previsioni mirano a garantire un livello di equiordinato godimento dei diritti sociali e civili in tutto il territorio nazionale, demandando alle Regioni la definizione delle modalità di organizzazione dei servizi e la possibilità di prevedere livelli ulteriori di assistenza. 

La potestà legislativa regionale è stata esercitata più che come espressione di nuove competenze normative quale strumento di attuazione della disciplina statale dettata con la legge quadro sui servizi sociali, che pertanto continua a rivestire il ruolo fondamentale di disciplina di riferimentooltre che a garantire l’omogeneità della protezione sociale nel territorio nazionale mediante l’individuazione degli interventi rientranti nei livelli essenziali delle prestazioni[9].

4. L’Excursus normativo- Il d.p.c.m. 30 marzo 2001 “Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona previsti dall’art. 5 della l. 8 novembre 2000 n. 328”.

Il decreto del Presidente del Consiglio del Ministri 30 marzo 2001, adottato in attuazione dell’art. 5 della legge n. 328/2000, per la prima volta introduce il termine “co-progettazione” nel quadro normativo nazionale rinviando al legislatore regionale l’adozione di indirizzi volti a definire modalità di indizione e funzionamento delle istruttorie pubbliche (art. 7). Più precisamente conferma la necessità di valorizzare il ruolo del Terzo Settore nelle attività di programmazione e progettazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (art. 1 “Ruolo dei soggetti del Terzo Settore nella programmazione progettazione e gestione dei servizi alla persona”); definisce i soggetti del Terzo Settore(art. 2); entra nel merito dei criteri e delle forme di aggiudicazione delle gare di appalto, sostenendo la necessità di forme di scelta del contraente che favoriscano la valorizzazione delle capacità progettuali del Terzo Settore e fornendo disposizioni di maggiore dettaglio e chiarimento rispetto all’art. 5 articoli successivi).

Last but not leastcompie un passaggio ulteriore fondamentale: sostiene esplicitamente nell’art. 7, “Istruttorie pubbliche per la co-progettazionecon i soggetti del Terzo Settore” che “Al fine di affrontare specifiche problematiche sociali, valorizzando e coinvolgendo attivamente i soggetti del Terzo Settore, i comuni possono indire istruttorie pubbliche per la co-progettazione di interventi innovativi e sperimentali su cui i soggetti del Terzo Settore esprimono disponibilità a collaborare con il comune per la realizzazione degli obiettivi. Le regioni possono adottare indirizzi per definire le modalità di indizione e funzionamento delle istruttorie pubbliche nonchè per la individuazione delle forme di sostegno”.

Tuttavia delinea unpresupposto stringente per il ricorso alla co-progettazione: innovatività e sperimentalità degli interventi.

5. L’Excursus normativo– Anac- Deliberan. 32 del 20 gennaio 2016, “Linee guida per l’affidamento di servizia enti del Terzo Settore e alle cooperative sociali”. –

L’Anac dedica alla co-progettazioneun paragrafo, il paragrafo 5, laddove fornisce una definizione di co-progettazione intesa quale “accordo procedimentale di collaborazione che ha peroggetto la definizione di progetti innovativi e sperimentali di servizi, interventi e attività complesse da realizzare in termini di partenariato tra amministrazioni e privato sociale (art. 7, d.P.C.M. 31 marzo 2001) e che trova il proprio fondamentonei principi di sussidiarietà, trasparenza, partecipazione e sostegno dell’impegno privato nella funzione sociale”. Conseguentemente tale strumento può essere utilizzato al fine di promuovere la realizzazione degli interventi previsti nei piani di zona attraverso la concertazione con i soggetti del Terzo Settore di forme e modalità di inclusione degli stessi nella rete integrata dei servizi sociali; collaborazione fra P.A. e soggetti del Terzo Settore; messa in comune di risorse per l’attuazione di progetti e obiettivi condivisi.

Poi, l’Autorità Nazionale Anticorruzione descrive come la concorrenza sia garantita nel settore dei servizi sociali.Le Amministrazioni devono garantire effettive condizioni di concorrenza per assicurare il pieno soddisfacimento dell’interesse sociale che intendono perseguire. A tal finenello svolgimento delle attività di programmazione e progettazione degli interventi da realizzare, anche ove agiscano in compartecipazione con il privato sociale, devono mantenere in capo a se stesse la potestà decisionale in ordine all’individuazione del fabbisogno e alla definizione delle aree di intervento; favorire la massima partecipazione dei cittadini e degli utenti finali; favorire la massima partecipazione alle procedure di scelta del contraente, evitando di richiedere requisiti di partecipazione o criteri di valutazione che introducano, di fatto, barriere all’ingresso. 

Quindi, illustra il ruolo del Terzo Settore nella programmazione degli interventi e nella co-progettazione. 

Per quanto attiene alla programmazione degli interventi le Amministrazioni hanno l’obbligo di programmare adeguatamente le risorse e gli interventi sociali con il coinvolgimento attivo dei soggetti pubblici e privati a ciò deputati al fine di addivenire alla corretta individuazione e quantificazione di risorse disponibili; bisogni da soddisfare; interventi necessari; modalità di realizzazione degli stessi.

L’individuazione dei bisogni da soddisfare e dei servizi sociali da erogare resta una prerogativa dell’Amministrazione; avviene partendo dall’analisi storica della domanda del servizio e integrando l’analisi storica con proiezioni sui possibili fabbisogni futuri determinati anche da situazioni di urgenza/emergenza. 

In sede di programmazione,ogni Comune deve adottare una “carta dei servizi sociali” intesa quale “carta per la cittadinanza sociale”, volta a delineare le modalità con cui si intende rispondere ai bisogni degli utenti dei servizi, tenendo conto dei propri orientamenti e possibilità (art. 13, legge n. 328/2000 e d.p.r. 3 maggio 2001).

Le Regioni adottano il piano regionale degli interventi e dei servizi sociali che individua, d’intesa con i Comuni interessati, gli interventi e dei servizi sociali e i LIVEAS (livelli essenziali di: servizi sociali determinati in funzione delle aree d’intervento; tipologia di servizi e prestazioni; criteri organizzativi; erogazione di servizi e prestazioni), 

I Comuni,associati negli ambiti territoriali di cui all’art. 8, comma 3, lettera a) della l. n. 328/2000, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, egli Organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni ed enti di patronato, organizzazioni di volontariato, enti riconosciuti delle confessioni religiose, che, attraverso l’accreditamento o specifiche forme di concertazione, concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali previsto nel piano adottano il piano di zona dei servizi sociali, di norma, attraverso un accordo di programma, che individua gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonchè gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione, le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità, deve prevedere l’erogazione dei servizi nel rispetto dei principi di universalità, parità di trattamento e non discriminazione. Il piano deve essere volto a favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonchè a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi; a qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate da forme di concertazione; a definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun Comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari dell’accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi; a prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi. 

Per quanto concerne laco-progettazione, l’Anac descrive il percorso della co-progettazionedelineando la procedura.

Secondo i modelli già sperimentati in diverse realtà territoriali, ad avviso dell’Anac, il percorso di co-progettazione potrebbe essere articolato nelle seguenti fasi: lafase relativa alla scelta del soggetto con cui condividere le attività e la fase relativa all’espletamento dell’attività di co-progettazione.

La prima fase si articola anzitutto nella pubblicazione di un avviso d’interesse con cu si rende nota la volontà di procedere alla co-progettazione; si indicano un progetto di massima ovverossia gli obiettivi generali e specifici degli interventi, le aree di intervento, la durata del progetto, le caratteristiche essenziali; i criteri e le modalità che saranno utilizzati per l’individuazione del progetto o dei progetti definitivi fra quelli proposti.

La titolarità delle scelte progettuali indicate nel progetto di massima resta quindi in capo all’Amministrazione.

La prima fase si articola poi nella selezione del soggetto o dei soggetti partnerdell’ente volta a valutare il possesso dei requisiti di ordine generale (al riguardo sembra opportuno adottare i criteri previsti dall’art. 80, d.lgs. n. 50/2016), tecnici, professionali e sociali, fra cui l’esperienza maturata; le caratteristiche della proposta progettuale; i costi del progetto.

Dunque, la procedura è svincolata dal Codice dei contratti pubblicinonostante il rinvio all’art. 80 (precedente art. 38) per la verifica dei requisiti di carattere generale.

La seconda fase si snoda attraverso l’avvio dell’attività vera e propria di co-progettazionecon possibilità di apportare variazioni al progetto presentato per la selezione degli offerenti, e la stipula di una convenzione. 

Alla luce delle previsioni normative e delle indicazioni ermeneutiche fornite dall’Anac l’istruttoria pubblica di co-progettazione dal punto di vista formale si può definire un procedimento amministrativo partecipato, competitivo ovvero non competitivo, finalizzato all’individuazione di soggetti del Terzo Settore disponibili a una progettazione concertata di servizi e interventi sociali, che conduce all’insorgere di un rapporto di partenariato pubblico/privato per la produzione dei servizi co-progettati.

Tale istruttoria presenta i seguenti elementi caratteristici: una procedura a evidenza pubblica competitiva o non competitiva che non sfocia in un affidamento; la disponibilità del co-progettante a fornire risorse non strettamente economiche, ma altresì logistiche, strumentali, organizzative e professionali; l’assegnazione economica che non assume la forma di corrispettivo, bensì è riconosciuta a titolo di rimborso, compensazione dei costi effettivamente sostenuti e in quanto tali documentabili; il rapporto con il Terzo Settorenasce in relazione alla progettazione del servizio, non alla gestione dello stesso e la fase realizzativa resta sullo sfondo; fra i soggetti co-progettanti si stabilisce un rapporto di partnership, di corresponsabilità, sostanzialmente diverso dal rapporto di committenza. 

La co-progettazione, quindi, non è un affidamento della gestione di servizi; non dà luogo a un provvedimento di aggiudicazione; non contempla un corrispettivo in cambio di una prestazione. 

Il profilo problematico principale che l’istituto pone consiste nel comprendere cosa differenzi la co-progettazione da un appalto ovvero da una concessione di servizi in cui il soggetto individuato, verso il pagamento di un corrispettivo, svolga un servizio sulla base di un progetto di massima redatto dall’Amministrazione. Più precisamente, attiene all’esatta individuazione della natura giuridica della co-progettazione.

Nella co-progettazioneilpartnerco-partecipa con proprie risorse alla co-progettazione mettendo a disposizione risorse aggiuntive rispetto a quelle pubbliche intese come beni immobili, attrezzature/strumentazioni, automezzi, risorse umane, capacità del soggetto candidato di reperire contributi e/o finanziamenti da parte di enti non pubblici, costo di coordinamento ed organizzazione delle attività, cura dei rapporti con l’Amministrazione, presidio delle politiche di qualità. 

Nell’appalto o concessionel’assenza della co-partecipazione di risorse identifica l’intervento come appalto o concessione di servizi sottoposto al regime del Codice degli Appalti. 

Dunque, in presenza del presupposto della co-partecipazione economica e sociale con carattere innovativo del privato alla co-progettazione la procedura per la scelta del partner è svincolata dal Codice degli appalti. 

Nell’ambito del sistema integrato di interventi e servizi sociali, il legislatore ha infatti ritenuto applicare una procedura più snellaindividuata dalla legge n. 328/2000 e dal d.P.C.M. 30 marzo 2001 e dalle leggi regionali volta a favorire la semplificazione amministrativa pur se nel rispetto dei principi generali di trasparenza e buon amministrazionee a favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà promuovendo azioni per il sostegno dei soggetti operanti nel Terzo Settore. 

Nella scelta del partner del Terzo Settore il legislatore richiede il rispetto dei principi di pubblicità e trasparenzaattraverso alcune prescrizioni. Anzitutto,la pubblicazione dell’avviso per il quale si suggeriscono idonee forme di pubblicità; la redazione del progetto di massima da parte delle Amministrazioni. In secondo luogo,l’indicazione nell’avviso dei criteri e delle modalità che saranno utilizzati per la selezione dei progetti. Criteri che dovranno valutare le attività innovative, sperimentali, integrative e migliorative del progetto di massima predisposto dall’Amministrazione, le modalità operative-gestionali degli interventi e delle attività di co-progettazione, gli strumenti di governo, presidio e di controllo della co-progettazione, l’assetto organizzativo proposto nel rapporto Comune e partner progettuale, attività di monitoraggio dei risultati. In terzo luogo, la selezione del soggetto partnersulla base dei requisiti di carattere generale previsti dal Codice dei contratti pubblici; infine, la selezione dei progetti e la verifica dei requisiti dei candidati a cura della P.A. e la verbalizzazione delle sedute della commissione tecnica di valutazione.

In ordine alla natura giuridica della co-progettazione, la giurisprudenza ha affermato che “Se è vero che l’istituto della co-progettazione racchiude al suo interno peculiarità che non la rendono perfettamente assimilabile a un appalto di servizi o a una concessione tipica, in ogni caso le procedure selettive indette soggiacciono ai principi di “economicità, efficacia, imparzialità, parità, di trattamento, trasparenza, proporzionalità” (art. 27 del D. Lgs. 163/2006 sul regime dei cd. “contratti esclusi)”[10].

Inoltre, “(Le)procedure di co-progettazione come quella per cui è causa, precisando che le stesse non sono riconducibili all’appalto di servizi nè agli affidamenti in generee si svolgono in tre fasi, di cui la prima è la selezione del soggetto col quale collaborare, a mezzo di un’istruttoria pubblica. E’ chiaro che la procedura non è disciplinata dal d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, e non prevede quindi il susseguirsi, previsto da tale normativa, di una aggiudicazione provvisoria, che si ha la possibilità, ma non l’onere, di impugnare, e di una aggiudicazione definitiva, che si ha invece l’onere di impugnare a pena di decadenza”[11].

6.L’Excursus normativo- D.lgs. 3 luglio 2017. n. 117Codice del Terzo Settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016., n. 106. -

Il Codice del Terzo Settoreattende a una regolamentazione sistematica del settorepur non disponendo l’espressa abrogazione di tutta la pregressa normativa che si era nel tempo stratificata in materia, con la conseguenza che le previgenti discipline di settore continuano a essere legittimamente utilizzabili dalle Amministrazioni aggiudicatrici. 

E’ dato rilevare, in particolare, la dichiarata valorizzazionedelruolo degli enti non profit alla luce di una nuova concezione dei rapporti fra Stato e cittadini, tra pubblico e privato, tale da privilegiare nella prospettiva indicata dall’art. 118, comma 4, Cost. il perseguimento dell’interesse generale valorizzando il principio di sussidiarietà (art. 1, comma 1); l’introduzione di una rinnovata nozione di ente del Terzo Settore negli art. 4 e 5, che contempla due nuove categorie - gli enti filantropici e le reti associative - ed esclude espressamente taluni soggetti dal novero; l’imposizione a tali enti dell’esercizioesclusivo ovvero principale di una o più attività di interesse generaleelencate nell’art. 5; l’estensione della co-progettazione alle attività d’interesse generale.

Per quanto di interesse, nel Titolo VII disciplina “i rapporti con gli enti pubblici”e in specie le modalità di affidamento a enti del Terzo Settore dello svolgimento di servizi sociali da parte di Pubbliche Amministrazioni, dedicando alla co-progettazione l’art. 55[12]. 

L’art. 55, Coinvolgimento degli enti del Terzo Settore,preliminarmente enuncia i principi generali cui la disposizione si conforma: “sussidiarietà,cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare”; quindi, dispone che “le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo Settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazionee accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241” (comma 1). 

Si occupa, dapprima, della co-programmazione, “finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili” (comma 2), poi, della co-progettazione,volta alla “definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2” (comma 3). 

Infine, precisa che “ai fini di cui al comma 3, l’individuazione degli enti del Terzo Settore con cui attivare il partenariato avviene anche mediante forme di accreditamento nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento, previa definizione, da parte della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi generali e specifici dell’intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali dello stesso nonchè dei criteri e delle modalità per l’individuazione degli enti partner”(comma 4). 

7. Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale, 20 agosto 2018, n. 2052. 

Essendo emersi “un difetto di coordinamento tra la disciplina recata dal Codice del Terzo Settore e la normativa nazionale in materia di trasparenza e di prevenzione della corruzione” nonché “profili di possibile disarmonia fra il Codice dei contratti pubblici ed il Codice del Terzo Settore proprio in ordine alla disciplina dell’affidamento di servizi sociali”, con nota prot. n. 59638 del 6 luglio 2018 l’Anacha rivolto al Consiglio di Stato richiesta di parere in ordine alla “Normativa applicabile agli affidamenti di servizi sociali, alla luce delle disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016, come modificato dal d.lgs. n. 56 del 2017, e del d.lgs. n. 117 del 2017” in vista della definizione di apposite “linee guida” in materia. 

Al quesito sottoposto il Consiglio di Statoha risposto nei seguenti termini.

Le procedure di affidamento dei servizi sociali contemplate nel Codice del Terzo Settore (in particolare, accreditamento, co-progettazione e partenariato) sono estranee al Codice dei contratti pubblici ove prive di carattere selettivo ovvero non tese, neppure prospetticamente, all’affidamento del servizio ovvero ancora ove la procedura miri sì all’affidamento nei confronti di un ente di diritto privato di un servizio sociale che tuttavia l’ente affidatario svolgerà in forma integralmente gratuita, intesa in senso rigido. 

I primi due punti sono un corollario della finalità sottesa al diritto europeo: l’apertura del mercato. 

Esso pertanto, non si preoccupa di disciplinare modalità di contatto fra Amministrazione e soggetti privati prive di carattere selettivo e non tese all’affidamento, neanche solo prospettico, di un servizio.

Il terzo punto deriva dal fatto che il diritto europeo sia interessato solo agli affidamenti onerosi. Non solo, infatti, dal punto di vista testuale è “appalto pubblico” ai fini europei esclusivamente il contratto a titolo oneroso, ma, in un’ottica sostanziale, lo svolgimento di un servizio in assenza di corrispettivo non solleva problemi di distorsione della concorrenza in quanto e nei limiti in cui si risolve in un fenomeno non economico ovverossia strutturalmente al di fuori delle logiche di mercato perchè incapace di essere auto-sufficiente mediante la copertura dei costi con i ricavi. 

Le procedure di affidamento dei servizi sociali contemplate nel Codice del Terzo Settore (in particolare, accreditamento,co-progettazione e partenariato) sono viceversa soggette al Codice dei contratti pubblici, al fine di tutelare la concorrenza anche fra enti del Terzo Settore, ove il servizio sia prospetticamente svolto dall’affidatario in forma onerosa, ricorrente in presenza anche di meri rimborsi spese forfettari e/o estesi a coprire in tutto od in parte il costo dei fattori di produzione; l’Amministrazione, inoltre, deve specificamente e puntualmente motivare il ricorso a tali modalità di affidamento, che, in quanto strutturalmente riservate ad enti non profit,de facto privano le imprese profit della possibilità di rendersi affidatarie del servizio. 

Salve, dunque, le esposte eccezioni, le procedure previste dal Codice del Terzo Settore e, in generale, dalla normativa ancora in vigore in subiecta materiaconfigurano, in ottica europea, appalti di servizi sociali e pertanto, sono sottoposte anche alla disciplina del Codice dei contratti pubblici, che si affianca, integrandola, a quella apprestata dal Codice del Terzo Settore. 

Di tal che la co-progettazione, secondo il Consiglio di Stato, rientra “nel fuoco della normativa europea” quale forma di appalto di servizi sociali con ancora maggiore evidenzia rispetto all’accreditamento.

La co-progettazione, infatti, quale procedura “finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento”, si sostanzia in un rapporto fra Amministrazione e specifici enti del Terzo Settore che presenta, a monte, un momento selettivo fra gli operatori interessati e tende, a valle, a disporre all’ente co-progettante l’affidamento del servizio sociale. 

Determinante ai fini dell’applicazione o meno alla disciplina del Codice dei contratti pubblici pare dunque il carattere gratuito ovvero oneroso della gestione del servizio affidato all’Ente del Terzo Settore.

Il Consiglio di Stato precisa che la gratuità assume due significati. 

Sotto un primo profilo, la creazione di ricchezza tramite il lavoro del prestatore di servizi non remunerato dal profitto; sotto un secondo profilo, il sostenimento eventuale di costi senza rimborso nè remunerazione, a puro scopo di solidarietà sociale (evenienza tipica delle associazioni di volontariato, cfr. art. 17 del codice del Terzo Settore). 

In tali casi si realizza la corretta fattispecie della gratuità ovverossia un aumento patrimoniale di un soggetto, in questo caso la collettività, cui corrisponde una sola e mera diminuzione patrimoniale di altro soggetto, cioè il depauperamento del capitale lavoro o del patrimonio del prestatore.

L’effettiva gratuità si risolve contenutisticamentein non economicità del servizio poichè gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore. Di conseguenza, esso non è reso dal mercato anzi è fuori del mercato. Viceversa, la gratuità si risolverebbe, addirittura, in concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori che in ipotesi dessero vita a un mercato di tali servizi. 

Il parere espresso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato impone di chiedersi se il rilievo giuridico dello stesso sia idoneo a far venir meno la specificità dell’istituto della co-progettazione.

Individuati i dubbi e le perplessità che il parere solleva, non resta che attendere il responso dell’Anac sulle prossime linee guida in materia per definire la questione.

E’ auspicabile che la conclusione dell’Anac sul punto possa essere nel senso della non necessarietà del ricorso alle regole dettate per i Contratti pubblici, atteso che il Codice del Terzo Settore, proprio laddove disciplina le forme di affidamento dei servizi sociali fra le quali la co-progettazione reca un espresso riferimento al doveroso rispetto dei principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità e unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare (art. 55). Principi che consentono alle Amministrazioni di garantire effettive condizioni di concorrenza anche quando agiscono in compartecipazione con il privato sociale. Così come la concorrenza nel settore dei servizi sociali è garantita dalle stesse modalità con cui si svolge la procedura di co-progettazione che in tale sede si è tentato di descrivere. 

[1]Si v. Cons. Stato, Sez. V, 11 dicembre 2007, n. 6386.

[2]Si v. ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 12 luglio 2016, n. 3084.

[3]V. G. Sanviti,in Giornale di dir. amm., 1999, p. 5, 437 nota.  

[4]Cons. Stato, Sez. V, 3 luglio 2003, n. 4003. 

[5]Cfr. per esempio Cons. Stato, Sez. V, 20 maggio 2003, n. 2753. 

[6]Si v. per esempio Tar Latina, 11 giugno 2006, n. 450. 

[7]Relazione parlamentare dell’onorevole Signorino, XII commissione della Camera dei Deputati, al d.d.l. n. 4931, p. 1.  

[8]Così E. Ferioli,Il volontariato nel processo di decentramento dell’organizzazione dei servizi socio – assistenziali, in Il volontariato a dieci anni dalla legge quadro, a cura di Bruscuglia-Rossi, Milano, 2002, p. 356. Si v. altresì sul punto M. Capecchi,Evoluzione del Terzo Settore e disciplina civilistica, Padova, 2005, pp. 39 e ss. 

[9]Si v. Linee guida Anac. 

[10]Tar Lombardia Brescia, Sez. II 17/10/2014 n. 1080. 

[11]Tar Lombardia Brescia, Sez. II 28/6/2016 n. 890. 

[12]Si v. E. Quadri, Il Terzo Settore tra diritto speciale e diritto generale, in Nuova Giur. civ., 2018, pp. 5, 708.