Cons. Stato, sez. V, 31 ottobre 2018, n. 6185

  1. Non ha rilevanza il fatto che l’operatore economico dichiari la condanna prima della conclusione della procedura poiché ciò che rileva è l’omessa dichiarazione nella domanda di partecipazione, non essendo possibile alcuna sanatoria o integrazione.
  2. Sussiste in capo al concorrente il dovere di dichiarare tutte le vicende pregresse, concernenti fatti risolutivi, errori o altre negligenze ex art. 38, comma 1, lett. f), verificatesi in precedenti rapporti contrattuali con pubbliche amministrazioni diverse dalla stazione appaltante, rilevando la dichiarazione ai fini dei princìpi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale sui quali si basa il rapporto contrattuale tra partecipante e stazione appaltante, non essendo riconosciuta, pertanto, la possibilità di selezionare le vicende da dichiarare ed essendo tale facoltà di sola competenza della stazione appaltante

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 1310 del 2018, proposto da: 
Giovanni Putignano & Figli s.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria della costituenda ATI con Oppent s.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Cintioli e Gennaro Rocco Notarnicola, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32; 

contro

Comune di Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maddalena Cotimbo, con domicilio eletto presso lo studio Valentino Capece Minutolo in Roma, via dei Pontefici, n. 3; 

nei confronti

Envac Iberia SA, societa' unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Quinto, Luigi Quinto, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30; 
Del Fiume s.p.a., in proprio e in qualità di mandante della costituenda ATI con Envac Iberia SA e Cogeir Costruzioni e Gestioni s.r.l., non costituita in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE, sez. III, n. 291/2018, resa tra le parti.

Visto il ricorso in appello;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Taranto;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Envac Iberia SA;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 12 luglio 2018 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Clarizia, Nilo, Sticchi Damiani, Notarnicola, Cintioli e Panio, su delega di Cotimbo e Pietro Quinto;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

1. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. III, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il ricorso principale proposto dall'odierna appellante Giovanni Putignano & Figli s.r.l., capogruppo mandataria della costituenda ATI con Oppent s.p.a, seconda classificata, per l’annullamento degli atti della procedura conclusasi con l’aggiudicazione definitiva alla costituenda ATI Envac Iberia SA - Coiger Costruzioni e Gestioni s.r.l. - Impresa del Fiume s.p.a., della gara per l’affidamento dell’appalto per l’esecuzione, previa redazione della progettazione esecutiva, di un centro comunale di raccolta rifiuti solidi urbani e assimilati e annesso impianto di trasporto pneumatico in via Golfo a Taranto, e ha dichiarato improcedibile il ricorso incidentale escludente proposto dall’aggiudicataria definitiva.

2. In sintesi, secondo il Tar, il ricorso dell’impresa Giovanni Putignano non era fondato in quanto:

- la fattispecie all’esame era diversa da quella definita con la sentenza dello stesso Tribunale, sede di Bari, 6 ottobre 2016, n. 1181, confermata dal Consiglio di Stato (decisione 24 luglio 2017, n. 3652), che ha concluso, in un diverso appalto, che Envac Iberia SA andava esclusa dalla gara per mancata dichiarazione, ex art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, dell’allora vigente Codice dei contratti pubblici (assenza, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, di errori gravi nell'esercizio dell’attività professionale), relativa alla pronuncia del Tribunale di prima istanza di Palma de Maiorca 29 aprile 2015, n. 53, di condanna a suo carico al risarcimento del danno pari a circa 18 milioni di euro, oltre rivalutazione monetaria, nell’ambito di un rapporto di appalto pubblico, avente a oggetto, come quello qui in discussione, la realizzazione di un impianto per l’installazione di una rete di raccolta pneumatica dei RSU;

- ciò in quanto, nel precedente appalto, la condanna non era mai stata dichiarata nel corso dell’intera procedura, venendo rilevata autonomamente dalla stazione appaltante, mentre nella gara per cui è causa Envac ha spontaneamente emendato l’iniziale lacuna sul punto della domanda di partecipazione, integrando la dichiarazione prima della conclusione della fase di controllo del requisito di cui trattasi, e quindi prima del momento (ritenuto rilevante ai sensi dell’art. 75 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) nel quale la stazione appaltante deve operare la valutazione discrezionale circa l’incidenza della condanna sul contratto, con conseguente non ravvisabilità della falsità della dichiarazione di cui al citato art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 163/2006;

- inoltre, non si verteva in una delle ipotesi oggettive di cui all’art. 38 del Codice appalti, bensì in tema di “gravi errori professionali”, concetto vago e opinabile, tale da far insorgere dubbi in capo agli interessati in ordine alla portata dell’obbligo dichiarativo;

- l’integrazione della dichiarazione non era neanche tardiva, essendo stata presentata subito dopo la citata sentenza del Tar Puglia n. 1181/2016, che ha affermato che la condanna rientrava negli obblighi dichiarativi dell’impresa, e comunque prima del completamento da parte della stazione appaltante della fase di controllo, con conseguente raggiungimento dello scopo di cui al ridetto art. 38, comma 1, lett. f);

- era poi indenne da mende la valutazione ampiamente discrezionale effettuata dalla stazione appaltante in ordine alla non incidenza della condanna di cui sopra sul giudizio di affidabilità della Envac, adeguatamente motivata sia dalla considerazione che la condanna risarcitoria ha colpito non errori di progettazione o inadempimenti contrattuali, ma è stata correlata alla durata di vita dell’impianto realizzato, risultata inferiore a quella prevista, per cause che lo stessa autorità giudicante ha ritenuto non esattamente determinabili, sia dall’apprezzamento della competenza e professionalità raggiunta da Envac nella progettazione e realizzazione di sistemi di raccolta pneumatica dei rifiuti.

3. L’appellante ha contestato la correttezza di tale sentenza per i seguenti motivi:

I) erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha riconosciuto effetto escludente all’omessa dichiarazione dell’ATI Envac; violazione degli artt. 2, 38, comma 1, lett. f), e 46 del d.lgs. 163/2006; violazione dell’art. 75 del d.P.R. 445/2000; violazione dei principi di par condicio, concorrenza, trasparenza e imparzialità;

II) erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto legittima la valutazione della stazione appaltante in ordine all’affidabilità dell’ATI Envac.

Ha quindi concluso per l’accoglimento dell’appello e la riforma della sentenza gravata, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado e conseguenziale annullamento dei provvedimenti impugnati e declaratoria dell’inefficacia del contratto, eventualmente nelle more stipulato tra il Comune di Taranto e l’ATI aggiudicataria, dichiarando la disponibilità a subentrare.

4. Il Comune di Taranto si è costituito in resistenza, domandando il rigetto dell’appello.

5. Anche Envac Iberia si è costituita in giudizio concludendo per l’annullamento dell’appello e, in subordine, per la remissione di una questione pregiudiziale o alla Corte di giustizia, ex art. 267 TFUE, ovvero all’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato.

6. Le parti private hanno depositato memorie di replica.

7. All’udienza pubblica del 12 luglio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. E’ fondato il primo motivo di appello, con cui l’impresa Giovanni Putignano & Figli s.r.l. (nella qualità in epigrafe) ha censurato l’impugnata sentenza per non aver riconosciuto effetto escludente, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. 12 aprile 2006, n.163, all’omessa dichiarazione nella domanda di partecipazione alla gara formulata da Envac Iberia SA (mandante della costituenda ATI risultata aggiudicataria) della sentenza 29 aprile 2015, n. 53 del Tribunale di prima istanza di Palma de Majorca (che l’aveva condannata al risarcimento danni per circa 18 milioni di euro, oltre rivalutazione monetaria, in relazione ad un rapporto di appalto pubblico avente ad oggetto la realizzazione di un impianto per l’installazione di una rete di raccolta pneumatica di RSU).

2. Giova premettere che questa Sezione con la sentenza 24 luglio 2017, n. 3652, confermando una precedente sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia 6 ottobre 2016, n. 1181, ha ritenuto che la Envac Iberia SA andava esclusa da un’altra gara per aver omesso proprio quella dichiarazione, omissione ritenuta integrante la violazione dell’obbligo dichiarativo di cui all'art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006 (il quale stabiliva l'esclusione dei concorrenti alle procedure di evidenza pubblica i quali, “secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”).

Nella ricordata sentenza la Sezione ha sottolineato che l’omessa dichiarazione di quella condanna risarcitoria non aveva consentito all’amministrazione appaltante di poter svolgere correttamente e completamente la valutazione di affidabilità professionale dell’impresa, costituendo pertanto “violazione di quel dovere di buona fede e correttezza nelle trattative rappresentato dagli obblighi dichiarativi che sono imposti a tutti i partecipanti alle gare pubbliche, proprio per la natura strumentale di tale dichiarazione per consentire alla stazione appaltante di conoscere e valutare il valore professionale delle singole ditte che si ritengono meritevoli di affidamento di un lavoro, di un servizio o di una fornitura. Infatti solo una dichiarazione veritiera e completa può permettere di esprimere un giudizio sull’affidabilità professionale di una partecipante, giudizio che non può che essere di ampia portata discrezionale e sarà quindi sindacabile dal giudice amministrativo nei soli limiti della evidente illogicità o irrazionalità o del determinante errore fattuale. Quindi l’omessa menzione di un grave inadempimento, che ha portato a un contenzioso giurisdizionale e tra l’altro in un rapporto analogo a quello della gara ora in controversia, seppur rimesso alla valutazione della stazione appaltante, ha impedito l’esercizio dell’ordinario potere valutativo contenuto dal citato articolo 38, comma 1, lettera f), del codice dei contratti pubblici”, con la conclusione che “la omessa dichiarazione di quel precedente fa assumere alla dichiarazione resa dal r.t.i. appellante in sede di gara la natura di dichiarazione non già incompleta, ma non veritiera e pertanto non sanabile con il soccorso istruttorio di cui all'art. 46 del d. lgs. n. 163 del 2006”.

3. Ciò precisato, deve innanzitutto negarsi la decisiva e peculiare rilevanza che secondo il primo giudice caratterizzerebbe la fattispecie oggetto della sentenza impugnata rispetto a quella esaminata dalla citata sentenza di questa Sezione (n. 3652 del 2017), rendendola differente per il fatto che la condanna del Tribunale di primo grado di Palma de Maiorca, mai dichiarata da Envac nel corso dell’intera procedura nel secondo caso (ed appurata autonomamente rilevata dalla stazione appaltante) sarebbe stata invece spontaneamente resa nel primo caso (quello che viene in esame nel presente giudizio), emendando la lacuna così contenuta nella domanda di partecipazione in modo tempestivo, prima cioè della conclusione da parte dell’amministrazione appaltante della fase di controllo dei requisiti dichiarati ai fini della partecipazione.

Al contrario, ad avviso della Sezione, le due fattispecie risultano decisivamente accomunate dalla rilevante (e pacifica) circostanza della originaria non veridicità della dichiarazione resa ex art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006 nella domanda di partecipazione (alle due diverse procedure di gara), dichiarazione non sanabile o integrabile, diversamente da quanto ritenuto dal tribunale, proprio in considerazione della ratio e della finalità delle dichiarazioni, come sottolineate dalla più volte citata sentenza di questa Sezione n. 3652 del 2017.

3.1. Deve infatti, sotto un primo profilo, che la tesi secondo cui la omissione da parte di Envac della dichiarazione di quella sentenza di condanna del tribunale spagnolo integrerebbe gli estremi della mera dichiarazione incompleta e come tale integrabile (integrazione che sarebbe avvenuta spontaneamente proprio con la dichiarazione di quella sentenza), è priva di qualsiasi fondamento ed è smentita, oltre che dalla funzione che una consolidata e consolidata giurisprudenza assegna alle dichiarazioni ex art. 38, d.lgs. 163/2006, anche dallo stesso tenore letterale della dichiarazione effettivamente resa da quell’impresa ai fini della partecipazione alla gara di non trovarsi in alcune delle condizioni previste dall’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgsss. 163/2006, e specificamente di non aver commesso un errore grave nell’esercizio dell’attività professionale, accertato con qualsiasi prova da parte della stazione appaltante.

Poiché non è contestato che, alla data della dichiarazione resa ai fini della partecipazione alla gara, quella sentenza era già stata pronunziata, non può predicarsi che la dichiarazione de qua fosse semplicemente incompleta: è sufficiente al riguardo rilevare che la definizione di dichiarazione incompleta, se rimanda infatti alla mancanza di uno o più elementi dell’attestazione, che pure possono essere di una certa rilevanza, si contraddistingue necessariamente, sotto un profilo logico prima ancora che giuridico, per una caratteristica del tutto assente bel caso di specie, ovvero che tali elementi non devono essere idonei, una volta rappresentati, a contraddire in toto quanto positivamente attestato, potendo, al più circostanziarlo o specificarlo. In altre parole, per aversi una dichiarazione incompleta, perché priva dell'informazione o della indicazione di un determinato fatto, non si deve poter attribuire (per effetto di quella mancata indicazione o della sua integrazione) al tenore dell’atto un senso diverso, tale che l’enunciato descrittivo venga ad assumere nel suo complesso un significato contrario al vero o negativo circa l’esistenza del dato di rilievo.

Nel caso di specie la dichiarazione in parola contiene invece un’attestazione che, una volta “integrata”, si profila nettamente contraria al vero, e, del resto, come tale, è stata qualificata dalla ricordata sentenza di questo Sezione n. 3652 del 2017.

Non vi è dubbio peraltro che l’art. 38 del d.lgs. 163/2006, per un verso, obblighi le imprese a rendere dichiarazioni veritiere e, per altro verso, distingua tra gli effetti conseguenti alle dichiarazioni incomplete e alle dichiarazioni non veritiere, come testimoniato: dal comma 2 (che obbliga i concorrente ad attestare il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva ai sensi del d.P.R. n. 445/2000, la cui veridicità è assistita dalle sanzioni penali richiamate dall’art. 48, comma 2, e dall’art. 76 dello stesso d.P.R.); dal comma 1-ter (che regola le conseguenze della presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, prevedendo che la stazione appaltante ne dia segnalazione all'Autorità al fine dell’eventuale iscrizione nel casellario informatico e dell’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto per un periodo massimo di un anno); dal comma 2-bis (che regola le conseguenze della mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive, prevedendo in capo al concorrente che vi abbia dato causa il pagamento di una sanzione pecuniaria in favore della stazione appaltante); dallo stesso art. 75 del d.P.R. 445/2000 (che, si rammenta, stabilisce che “qualora dal controllo di cui all'articolo 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera”). Di talchè non possibile configurare un’indebita osmosi tra le due categorie, al fine di ricomprendere la fattispecie più grave di dichiarazione non veritiera in quella meno grave della dichiarazione incompleta.

3.2. Le considerazioni che precedono rendono del tutto prive di rilievo le argomentazioni poste dal primo giudice a fondamento del proprio convincimento con particolare riferimento alla circostanza che quell’omissione sarebbe stata sanata spontaneamente dall’impresa e non appurata autonomamente dall’amministrazione appaltante, così che sarebbe invocabile in ogni caso il raggiungimento dello scopo previsto dalle dichiarazioni previste dall’art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006: è appena il caso di osservare al riguardo che il ravvedimento operoso de qua non è idoneo a far venir meno la violazione del bene giuridico protetto dalla norma (l’affidabilità complessivamente considerata dell’operatore economico che concorre ad una gara pubblica), violazione già realizzatesi a causa della non veritiera dichiarazione e non già non ancora realizzatesi per non essersi ancora esaurita la fase dei controlli da parte dell’amministrazione appaltante delle dichiarazioni rese dai concorrenti ai fini della stessa partecipazione alla gara.

3.2.1. Deve ancora evidenziarsi come la precedente sentenza del tribunale spagnolo non dichiarata riguardasse proprio la fattispecie dell’errore grave nell’esercizio dell’attività professionale, ex art. 38, comma 1, lett. f), ultima parte, d.lgs. n. 163 del 2006, e rientrasse pertanto nei correlati obblighi dichiarativi, la cui violazione comporta l’esclusione dalla gara.

E’ noto che tale previsione fa leva sulla necessità di garantire l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali con la stazione appaltante, con la conseguenza che le imprese concorrenti, in linea con l’onere collaborativo che sottende i rapporti con la pubblica amministrazione, sono onerate di dichiarare, a pena di esclusione, pregresse risoluzioni contrattuali anche se relative ad appalti affidati da altre stazioni appaltanti, diverse da quella che ha bandito la gara, che, proprio per tale ragione, normalmente non è a conoscenza di tali fatti (ex plurimis, Cons. Stato, V, 5 maggio 2016, n. 1766; 22 ottobre 2015, n. 4; III, 5 maggio 2014, n. 2289).

Più precisamente, sussiste in capo al concorrente il dovere di dichiarare tutte le vicende pregresse, concernenti fatti risolutivi, errori o altre negligenze, comunque rilevanti ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), occorse in precedenti rapporti contrattuali con pubbliche amministrazioni diverse dalla stazione appaltante, giacché tale dichiarazione attiene ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono ai rapporti tra partecipanti e stazione appaltante, senza che a costoro sia consentito scegliere quali delle dette vicende dichiarare sulla base di un soggettivo giudizio di gravità, competendo quest'ultimo soltanto all’amministrazione committente (Cons. Stato, V, 4 ottobre 2016, n. 4108; 26 luglio 2016, n. 3375; 19 maggio 2016, n. 2106; 18 gennaio 2016, n. 122; 25 febbraio 2015, n. 943; 11 dicembre 2014, n. 6105; 14 maggio 2013, n. 2610; IV, 4 settembre 2013, n. 4455; III, n. 2289 del 2014, cit.).

Con la conseguenza che l’inosservanza del descritto onere dichiarativo comporta irrimediabilmente l’esclusione dalla gara e non può essere sanato, anche dopo l'introduzione del comma 2-bis del citato art. 38, mediante ricorso al soccorso istruttorio, istituto non utilizzabile per sopperire alla mancanza di dichiarazioni o documenti essenziali ai fini dell'ammissione alla gara (Cons. Stato, V, 19 maggio 2016, n. 2106; 11 aprile 2016 n. 1412, n. 3375/2016, cit.).

3.2.2. Neanche può condividersi che la dichiarazione “integrativa” presentata dalla Envac abbia permesso il raggiungimento delle finalità di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. 163/2006, atteso il vulnus arrecato dalla dichiarazione non veritiera al c.d. “regime di ordine pubblico economico” recato dalla disposizione, quale strumento di contemperamento delle esigenze dei concorrenti alla semplificazione e alla economicità del procedimento di gara, e della stazione appaltante di disporre con immediatezza e tempestività di elementi per poter verificare con immediatezza e tempestività i requisiti di partecipazione, evitando ritardi e rallentamenti nello svolgimento della procedura a evidenza pubblica di scelta del contraente, e realizzando quanto più celermente possibile l'interesse pubblico perseguito con la gara di appalto (C. Stato, V, 7 agosto 2015, n. 3884).

Il che rende superflua ogni valutazione, come già osservato in precedenza, in ordine alla asserita tempestività della “integrazione” di Envac.

3.4. In definitiva sulla scorta delle osservazioni svolte deve ritenersi che la dichiarazione resa da Envac ai fini della partecipazione alla procedura in questione poteva qualificarsi come valida in quanto non veritiera e doveva comportare la sua esclusione dalla gara, non essendo integrabile né spontaneamente, né a mezzo di soccorso istruttorio.

3.5. Non consentono di pervenire a conclusione differenti i contrari elementi offerti dalle parti resistenti.

3.5.1. Quanto alle difese svolte dal Comune di Taranto, esse si sostanziano nella prima parte nella illustrazione della complessità della procedura, nell’ambito della quale vi era già stata l’esclusione di altra partecipante, risultata aggiudicataria provvisoria. Tale elemento è del tutto estraneo alle questioni qui dibattute e ha formato oggetto di altro contenzioso (trattenuto in decisione dalla Sezione alla stessa pubblica udienza).

Il Comune di Taranto afferma poi l’insussistenza quanto a Envac di una falsa dichiarazione e considera ammissibile il soccorso istruttorio, ai sensi dell’art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. 163/2006, il che è invece da escludersi sulla base delle osservazioni svolte in precedenza.

Resta da precisare alla luce delle ulteriori difese che: le stazioni appaltanti esercitano legittimamente l’ampia valutazione discrezionale circa l’incidenza sulla gara del grave errore professionale in cui possono essere incorse le imprese partecipanti solo se esso ha formato oggetto della dichiarazione sostitutiva prevista dalla legge, e non anche ove tale dichiarazione sia stata sul punto non veritiera, alterando, in tal modo, alla base, lo stesso meccanismo valutativo discrezionale, oltre che la par condicio tra i concorrenti e il regolare andamento della procedura; il richiamo alla sentenza dell’Adunanza Plenaria 30 luglio 2014, n. 16, non risulta appropriato nel caso di specie, atteso che in quel caso non era controverso il possesso dei requisiti di moralità prescritti dall’art.38 e non si trattava di dichiarazione non veritiera, ma piuttosto di dichiarazioni incomplete, in quanto connotate, sotto il profilo formale, da una certa genericità. L’Amministrazione resistente erra quindi nel ritenere che tale pronunzia abbia consentito il ricorso istruttorio anche per l’ipotesi di “mancanza assoluta delle dichiarazioni” (ipotesi anche questa, comunque, diversa dalla dichiarazione non veritiera), tant’è che la sentenza in parola (punto 4.2) afferma espressamente che “in presenza di dichiarazioni radicalmente mancanti resta precluso all’Amministrazione l’uso del soccorso istruttorio (che si risolverebbe in una lesione del principio della par condicio)”.

3.5.2. Anche le difese della Envac imperniate sugli stessi passaggi argomentativi della sentenza appellata (mera incompletezza della dichiarazione resa; tempestività dell’integrazione) non possono trovare favorevole considerazione, per le stesse ragioni sopra esposte.

La circostanza che la causa escludente vada ricollegata, nei sensi dianzi precisati, alla non veridicità della dichiarazione rende inoltre superflua la valutazione dei termini concreti cui è stata rapportata la responsabilità che ha dato luogo alla condanna risarcitoria in capo a Envac.

Né è risolutivo il richiamo di Envac ad alcune pronunzie di questo Consiglio di Stato.

In particolare:

- la sentenza di questa V Sezione 7 novembre 2016, n. 4643, non ha ritenuto violato l’obbligo dichiarativo di cui trattasi e ha ritenuto insussistente in fatto e diritto il presupposto richiesto dall’art. 38 del d. lgs. n.163 per adottare la sanzione espulsiva, nell’ipotesi di mancata dichiarazione di un provvedimento di contestazione di fatturazione: si trattava di una contestazione, afferente a un precedente rapporto contrattuale, proveniente dalla stessa stazione appaltante, circostanza che la sentenza ha ritenuto comunque rilevante (“…anche a voler prescindere dalla già di per sé rilevante circostanza che la stazione appaltante era direttamente ed autonomamente a conoscenza dei fatti posti a base della nota di contestazione della fatturazione nel pregresso rapporto contrattuale intrattenuto con la società …)”, e a cui, e si arriva così al punto decisivo, “…non ha fatto seguito alcun ulteriore provvedimento di risoluzione o rescissione di quel rapporto contrattuale idoneo ad evidenziare negligenze o inadempienze contrattuali…”, essendosi, anzi, pervenuti, in quel rapporto, a “…una sorta di contratto quadro, per disciplinare gli affidamenti degli interventi di riparazione, che di fatto contraddice il venir meno del rapporto fiduciario”.

I percorsi argomentativi che hanno connotato la decisione del caso concreto esaminato nella sentenza in questione, del tutto diverso da quello qui in esame, non sono suscettibili, in forza di tale diversità, di trovare ingresso nel caso in esame;

- non può ritenersi, per le ragioni già sopra esposte, che il precedente specifico Envac di questa Sezione (la ridetta sentenza n. 3652 del 2017), possa essere superato dalla dichiarazione “integrativa”, né è dato ritenere che, per detta sentenza, la dichiarazione omissiva sia stata equiparata a una falsa dichiarazione solo perché non integrata in tempo utile a consentire la verifica da parte della stazione appaltante: non vi è infatti nella pronunzia alcun elemento deponente in tal senso;

- non è conducente il richiamo alla sentenza della IV Sezione 21 novembre 2017, n. 5414.

Se è vero infatti che detta sentenza, in un’ottica evolutiva dell’approccio alle tematiche in discorso, ha posto l’accento, al fine di delimitare la portata dell’obbligo dichiarativo di cui alla lettera f) dell’art. 38 del d.lgs. 163/2006, sulle specifiche previsioni della lex specialis, è altresì vero che la sentenza in parola ha comunque rammentato, in linea generale, che “la rilevanza della dichiarazione sostitutiva, agli effetti considerati, non è necessariamente subordinata alla presenza nella disciplina di gara di una specifica ed espressa previsione che ne contempli e renda obbligatoria la produzione ad opera dei concorrenti, ogniqualvolta la sua presentazione, pur spontaneamente e facoltativamente effettuata dall’impresa dichiarante, fosse comunque funzionale al corretto esercizio del potere della P.A. di selezionare le imprese ammesse a partecipare alla gara (in funzione anticipatoria di una eventuale richiesta istruttoria della stazione appaltante e comunque di agevolazione ed accelerazione dei suoi compiti istruttori e valutativi): essendo indubbi, anche in tale ipotesi, i connessi effetti distorsivi, potenziali o effettivi, nell’ipotesi di infedeltà della medesima dichiarazione”, soggiungendo che “la rilevanza della dichiarazione sostitutiva, agli effetti suindicati, non è incisa, nell’ipotesi di inesattezza o non veridicità, dalla sua eventuale ‘innocuità’, ergo dal fatto che, in concreto e secondo una valutazione ex post, la P.A. non abbia subito da essa alcuno sviamento, nell’esercizio dei suoi compiti di efficace ed ordinata gestione della gara: ove così non fosse, infatti, la falsità dichiarativa sarebbe immune da riflessi sanzionatori, qualora la P.A., svolgendo una autonoma istruttoria, sia comunque pervenuta all’accertamento dei dati rilevanti, sfrondati dei veli falsificatori con i quali sono stati travisati dal falso dichiarante”, per giungere agli approdi secondo cui “nelle procedure di evidenza pubblica la completezza delle dichiarazioni, invece, è già di per sé un valore da perseguire” e conseguentemente “una dichiarazione inaffidabile (perché falsa o incompleta) è già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma a prescindere dal fatto che l'impresa meriti sostanzialmente di partecipare alla gara”.

Così come non è dirimente, per gli stessi motivi di cui appena sopra e quindi per la valenza della dichiarazione spontaneamente resa dall’impresa, la circostanza che la lex specialis imponesse nella fattispecie di rendere la dichiarazione di cui trattasi per le sole ipotesi risolutorie per inadempimento verificatisi nel triennio antecedente, mentre la vicenda di interesse della Envac è meramente risarcitoria.

3.6. Devono infine essere respinte le richieste di carattere pregiudiziale avanzate da Envac nella memoria di replica.

Quanto al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia della questione della compatibilità comunitaria dell’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. 163/2006, ove interpretata nel senso di imporre ai concorrenti, anche in assenza di una specifica previsione della lex specialis, la dichiarazione relativa a tutti gli errori professionali, senza alcuna delimitazione temporale, va escluso il vulnus ai principi di parità di trattamento, di trasparenza, di proporzionalità, venendo qui in specifico rilievo un obbligo funzionale a una successiva valutazione discrezionale da compiersi da parte della stazione appaltante.

Quanto, invece, alla rimessione della stessa questione pregiudiziale all’Adunanza Plenaria, la Sezione non ravvisa l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale, attesa la sostanziale uniformità nella interpretazione dei principi regolanti la materia de qua rilevabile nella giurisprudenza di appello, anche in relazione alla citata sentenza di questo Consiglio di Stato n. 5414 del 2017.

4. Per tutto quanto precede, l’appello in esame deve essere accolto con conseguente riforma della sentenza appellata e accoglimento del ricorso proposto in primo grado dall’odierna appellante.

La complessità delle questioni trattate e l’andamento della controversia giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe, lo accoglie, e, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso proposto in primo grado.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

 

Guida alla lettura

Il grave errore professionale quale causa di esclusione dalle gare pubbliche, sia con il d.lgs. n. 163/06 che con il nuovo Codice appalti (d.lgs. n. 50/16), ha costituito e costituisce una delle principali cause di contenzioso nell’ambito della contrattualistica pubblica.

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6185 del 31 ottobre 2018 si è pronunciato sulla controversia insorta tra il Comune di Taranto (stazione appaltante) e alcuni operatori economici per un appalto di lavori.

I motivi di doglianza del ricorrente venivano respinti dal T.A.R. Puglia, sezione staccata di Lecce. In particolare, questi aveva contestato la mancata esclusione dell’aggiudicataria dalla gara indetta dal Comune di Taranto per aver omesso di dichiarare una precedente condanna al risarcimento del danno pronunciata dal Tribunale di Palma di Maiorca del 29 aprile 2015, n. 53 nell’ambito di un precedente appalto. Per la stessa condanna il T.A.R. Puglia, sezione staccata di Bari (pronuncia n. 1181/16 poi confermata dal Consiglio di Stato), aveva escluso la stessa impresa per mancata dichiarazione ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 163/06.

A detta dei giudici del T.A.R. Lecce, il caso in oggetto era diverso da quello sul quale si era pronunciato il T.A.R. Bari poiché in quest’ultimo caso la condanna non era stata dichiarata per l’intero arco temporale della procedura ed era emersa a seguito di accertamenti della stazione appaltante, diversamente da quanto accaduto nella suddetta gara in cui l’operatore economico aveva di sua iniziativa sanato la mancata dichiarazione procedendo ad una integrazione della stessa, prima che si concludesse la fase di controllo dei requisiti richiesti dalla legge e dal bando di gara.

Il ricorrente, così, impugnava la sentenza del T.A.R. Lecce per non aver riconosciuto efficacia escludente alla mancata dichiarazione di una precedente condanna.

Il Consiglio di Stato ha riformulato l’esito della sentenza di primo grado per non aver attribuito efficacia escludente ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163/2006 alla mancata dichiarazione di una condanna al risarcimento del danno nell’ambito di una precedente gara. Infatti, secondo i giudici di Palazzo Spada non ha rilevanza il fatto che l’operatore economico avesse dichiarato la condanna prima della conclusione della procedura poiché ciò che rileva è l’omessa dichiarazione nella domanda di partecipazione, non essendo possibile alcuna sanatoria o integrazione.

Infatti, il Consiglio di Stato ha statuito che la tesi secondo cui “l’omissione (…) della dichiarazione di quella sentenza di condanna (…) integrerebbe gli estremi della mera dichiarazione incompleta e come tale integrabile (integrazione che sarebbe avvenuta spontaneamente proprio con la dichiarazione di quella sentenza), è priva di qualsiasi fondamento”  è smentita, dalla funzione che la giurisprudenza, ormai granitica sul punto, attribuisce alle dichiarazioni di cui all’art. 38, d.lgs. 163/06 specificando che gli elementi non indicati in una dichiarazione non comportano esclusione configurando una mera dichiarazione incompleta solo nel caso in cui non siano idonei, “una volta rappresentati, a contraddire in toto quanto positivamente attestato, potendo, al più circostanziarlo o specificarlo”.

Nel caso in oggetto, invece, l’omissione è consistita nell’aver dichiarato una circostanza completamente opposta alla realtà e quindi non veritiera, non potendo in alcun modo configurare, pertanto, una mera dichiarazione incompleta.

Altrettanto irrilevante è, per il Consiglio di Stato, il fatto che l’impresa abbia autonomamente dichiarato la precedente condanna prima che si concludesse la procedura di gara e senza che questa fosse emersa a seguito di un accertamento spontaneo da parte della stazione appaltante poiché “il ravvedimento operoso de qua non è idoneo a far venire meno la violazione del bene giuridico protetto dalla norma (l’affidabilità complessivamente considerata dell’operatore economico che concorre ad una gara pubblica), violazione già realizzatasi a causa della non veritiera dichiarazione e non già non ancora realizzatasi per non essersi ancora esaurita la fase dei controlli da parte dell’amministrazione appaltante delle dichiarazioni rese dai concorrenti ai fini della stessa partecipazione alla gara”.

Il Consiglio di Stato ha ribadito, inoltre, l’orientamento ormai consolidato in giurisprudenza secondo il quale “sussiste in capo al concorrente il dovere di dichiarare tutte le vicende pregresse, concernenti fatti risolutivi, errori o altre negligenze, comunque rilevanti ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), occorse in precedenti rapporti contrattuali con pubbliche amministrazioni diverse dalla stazione appaltante, giacché tale dichiarazione attiene ai princìpi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono ai rapporti tra partecipanti e stazione appaltante, senza che a costoro sia consentito scegliere quali delle dette vicende dichiarare sulla base di un soggettivo giudizio di gravità, competendo quest’ultimo soltanto all’amministrazione committente” (ex multis Cons. Stato, V, 4 ottobre 2016, n. 4108; Cons. Stato, V, 26 luglio 2016, n. 3375). Pertanto, l’obbligo  di dichiarazione non sussiste solo in relazione a tute le vicende rilevanti ai sensi del d.lgs. n. 163/06 verificatesi durante la gara alla quale l’operatore economico partecipa, ma anche a quelle verificatesi in precedenti gare.

Non può, per le seguenti ragioni, applicarsi a tali omissioni il soccorso istruttorio previsto dal comma 2-bis dell’art. 38, d.lgs. 163/06. Conclude, quindi, il Consiglio di Stato a favore dell’esclusione dell’operatore economico per aver omesso di dichiarare una condanna comminata nell’ambito di una precedente gara.