Tar Campania – sede di Napoli - , sez. I, n. 6423 del 02 novembre 2018

E’noto, infatti, che il giudizio che l’autorità prefettizia è chiamata a compiere, per determinarsi in ordine alla sussistenza o meno del pericolo di infiltrazione mafiosa dell’attività di impresa ai sensi del D.Lgs n. 159/2011, deve svolgersi sul complesso degli elementi raccolti e non va condotta partitamente su ciascuno di essi e che, a sua volta, il sindacato del giudice deve incentrarsi sull’atto complessivamente considerato e non va parcellizzato nella disamina di ogni singolo elemento di fatto preso in considerazione dall’autorità come sintomatico del pericolo di infiltrazione mafiosa, non venendo in rilievo, nel caso, la necessità di accertare singole e individuate responsabilità come, invece, necessariamente avviene nel processo penale, ma, piuttosto, l’esigenza, prevalente rispetto ad altre pur connesse rispetto ad interessi a rilievo costituzionale (come la libertà di iniziativa economica e la libertà di impresa), di porre un argine significativamente preventivo al pernicioso fenomeno del condizionamento mafioso dell’attività economica del Paese.

Vero è che l’art. 34bis del Codice Antimafia ammette la procedura in discorso quando i pericoli di infiltrazione comportino “solo in via occasionale l’agevolazione dell’attività di persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata” una misura antimafia, ma una tale valutazione non incide sulla sussistenza dei pericoli stessi attenendo unicamente alla possibilità di consentire, - OMISSIS – pure in via provvisoria, la prosecuzione dell’attività economica.

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5174 del 2017, proposto da 
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Arturo Cancrini, Francesco Vagnucci ed Egidio Lamberti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Massimo Lamberti in Napoli, via Costantino n. 52; 

contro

Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, n. 11; 

e con l'intervento di

ad opponendum
Comune di Baronissi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gherardo Marone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 



 

sul ricorso numero di registro generale 1235 del 2018, proposto da 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Luciano Costanzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Riviera di Chiaia, n. 155; 
 

contro

Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Campania e Molise e Ministero Infrastrutture e Trasporti, in p.l.r.p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, n. 11; 
Comune di Castel Volturno e Ministero dell'Interno (non costituiti in giudizio); 
 

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Fortunato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 



 

sul ricorso numero di registro generale 1349 del 2018, proposto da 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Egidio Lamberti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo in Napoli, via Costantino n. 52; 

contro

Ministero dell'Interno, Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Campania e Molise, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio ex lege in Napoli, via Armando Diaz, n. 11; 
Comune di San Prisco (non costituito in giudizio); 

nei confronti

-OMISSIS- (non costituita in giudizio); 



 

sul ricorso numero di registro generale 2030 del 2018, proposto da 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Egidio Lamberti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo in Napoli, via Costantino n. 52; 

contro

Comune di Baronissi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gherardo Marone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Napoli alla via Cesario Console, n. 3; 
Provincia di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ugo Cornetta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Armenante e Alessandra Galdi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Donato Lettieri in Napoli, via G. Sanfelice, n. 38; 
Ministero dell'Interno e Prefettura Caserta, in p.l.r.p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio ex lege in Napoli, via Armando Diaz, n. 11; 
 

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 5174 del 2017:

- dell’informativa interdittiva antimafia cat. 12.b.16/ANT/Area I, del 13.12.2017 (prot. n. 98384), emessa dalla Prefettura di Caserta;

- del provvedimento di rigetto dell'istanza di iscrizione nella white list ai sensi dell'art. 1, comma 52, della l. n. 190/2012 (nota del 13.12.2017, prot. n. 98356).

Quanto al ricorso n. 1235 del 2018:

con riferimento al ricorso introduttivo:

per l'annullamento

a) della nota prot. n. 4411 del 12.2.2018 con la quale il Provveditorato Interregionale per le OO.PP. per la Campania, il Molise la Puglia e la Basilicata – SUA di Caserta ha disposto l'esclusione della ricorrente dalla gara indetta per l'affidamento “per il periodo di anni 5, del servizio integrato di igiene urbana e raccolta differenziata dei rifiuti sul territorio del Comune di -OMISSIS-”, nonché ha aggiudicato la medesima gara alla -OMISSIS- b) della nota prot. n. 4424 con la quale il medesimo Provveditorato ha comunicato alla ricorrente l'esclusione dalla gara indicata sub a); c) della nota prot. n. 7498 del 9.3.2018 con la quale la SUA di Caserta ha effettuato la segnalazione all'ANAC di cui all'art. 80, comma 12, del Dlgs. N. 50 del 2016; c) di ogni altro atto preordinato connesso e consequenziale e, quindi, anche: d) del verbale di gara del 9.2.2018; e) della nota prot. n. 1519 del 18.1.2018; f) della nota prot n. 34787 del 4.12.2017 e, quindi anche, a titolo di illegittimità derivata, g) della nota prot. n.0098384 del 13.12.2017 della Prefettura di Caserta e h) della nota della Prefettura di Caserta prot. n. 0098356 del 13.12.2017;

nonché per il risarcimento del danno ingiusto subito per effetto dei provvedimenti sopra impugnati.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati da -OMISSIS- il 3042018:

per l'annullamento

a) della nota prot. n. 8498 del 19.3.2018, nella parte in cui il Provveditorato Interregionale per le OO.PP. per la Campania, il Molise la Puglia e la Basilicata – SUA di Caserta ha dichiarato “infruttuosa per avvenuta esclusione di tutti gli operatori economici” la gara indetta per l'affidamento “per il periodo di anni 5, del servizio integrato di igiene urbana e raccolta differenziata dei rifiuti sul territorio del Comune di -OMISSIS-”, b) di ogni altro atto preordinato connesso e consequenziale;

nonché per il risarcimento del danno ingiusto subito per effetto dei provvedimenti sopra impugnati.

Quanto al ricorso n. 1349 del 2018:

per l'annullamento

a) della nota prot. n. 5899 del 23.2.2018 con la quale il Provveditorato Interregionale per le OO.PP. per la Campania, il Molise la Puglia e la Basilicata – SUA di Caserta ha disposto l'esclusione della ricorrente dalla gara indetta per l'affidamento “per il periodo di anni 2, del servizio di raccolta differenziata e trasporto dei rifiuti solidi urbani e dei servizi complementari sul territorio del Comune di -OMISSIS-” ed ha proposto l'aggiudicazione provvisoria della stessa in favore della -OMISSIS-; b) di ogni altro atto preordinato connesso e consequenziale e, quindi, anche: c) del provvedimento di estremi ignoti con il quale è stata disposta l'aggiudicazione della gara in favore della -OMISSIS-; d) della nota prot. n. 5892 con la quale il medesimo Provveditorato ha comunicato alla ricorrente l'esclusione dalla gara indicata sub a);

nonché per il risarcimento del danno ingiusto subito per effetto dei provvedimenti sopra impugnati.

Con riguardo al ricorso n. 2030 del 2018:

per l'annullamento

a) della determina n. -OMISSIS-, comunicata il 10.4.2018, con la quale il Comune di Baronissi ha disposto l'esclusione della ricorrente dalla gara indetta per “-OMISSIS-”; b) della nota prot. n. 9873 del 10.4.2018 con la quale è stato comunicato il provvedimento sub a); c) di ogni altro atto preordinato connesso e consequenziale e, quindi, anche, a titolo di illegittimità derivata: d) dell'informazione antimafia interdittiva prot. n.0098384 del 13.12.2017, emessa dalla Prefettura di Caserta nei confronti della -OMISSIS-; d) del provvedimento prot. n. 0098356 del 13.12.2017 con il quale la Prefettura di Caserta ha rigettato l'istanza di iscrizione della -OMISSIS- alla White List ai sensi dell'art. 1, co. 52, L. n. 190/2012 e del D.P.C.M. 18.4.2013; e) della nota del Servizio SUA della Provincia di Salerno prot. n. 201800019397 del 22.1.2018, acquisita al protocollo dell'Ente prot. N. 2248 del 24.1.2018, con il quale è stata trasmessa l'informativa antimafia sub c); e) della richiesta di informativa prot. n PR_CEUTG-Ingresso_0001938_2018108;

nonché per il risarcimento del danno ingiusto subito per effetto dei provvedimenti sopra impugnati.


 

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, dell’U.T.G. - Prefettura di Caserta, del Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Campania e Molise, del -OMISSIS-, del Ministero Infrastrutture e Trasporti, del Comune di Baronissi, della Provincia di Salerno e dell’-OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2018 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

A. Con istanza del 16 febbraio 2015 la società -OMISSIS- (di seguito -OMISSIS-), in persona del rappresentante legale -OMISSIS-, ha chiesto alla Prefettura-UTG di Caserta l’ammissione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 1, co. 52, l. n. 190/2012 e del d.p.c.m. 18 aprile 2013 (c.d. white list).

Con nota del 28 settembre 2017 (prot. n. 74044) la Prefettura di Caserta ha comunicato ai sensi dell’art. 10bis della l. n. 241/1990 i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, così schematicamente riassumibili:

1) dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia -OMISSIS- nell’anno 2011 deriverebbe che la -OMISSIS- avrebbe concluso accordi con la società -OMISSIS- aventi ad oggetto il nolo a freddo di automezzi per la raccolta dei rifiuti, “pur sapendo che in realtà i proprietari occulti della predetta società fossero -OMISSIS-, entrambi riconducibili al clan dei casalesi”.

2) sarebbe stato attribuito incarico di prestazione professionale per gli anni 2012-2014 ad -OMISSIS-, rinviato a giudizio il 5.12.2016, per il reato di cui all’art. 86 DPR n. 570/1960 (corruzione elettorale) aggravato dall’art. 7 l. 203/1991 (aggravante del metodo mafioso);

3) lo stesso -OMISSIS- avrebbe intrattenuto rapporti lavorativi con la -OMISSIS- già dal 2011;

4) “sussiste tutt’ora un rapporto di natura societaria tra -OMISSIS- e -OMISSIS- in quanto il secondo, pur avendo ceduto le quote detenute nella società -OMISSIS- spa, è ancora membro del relativo consiglio di amministrazione” e la -OMISSIS- è socio unico della -OMISSIS- spa amministrata proprio dal -OMISSIS-.

Con nota datata 5 ottobre 2017 la -OMISSIS- ha fatto pervenire le proprie controdeduzioni riferite alla comunicazione dei motivi ostativi di cui all’art. 10bis, rilevando in particolare che:

1) le dichiarazioni del sig. -OMISSIS- sarebbero inattendibili, in quanto provenienti da soggetto condannato a tre anni e 4 mesi di reclusione con sentenza passata in giudicato per tentata estorsione aggravata proprio ai danni della -OMISSIS-; in ogni caso al momento in cui la -OMISSIS- s.p.a. ha avuto rapporti con la -OMISSIS- quest’ultima “appariva un’interlocutrice imprenditoriale di tutto rispetto, scevra da legami e/o continuità, agli occhi della -OMISSIS-”;

2) quanto al sig. -OMISSIS- egli avrebbe rivestito un ruolo di mero consulente e il reato per il quale è stato imputato nulla ha a che fare con la -OMISSIS- che sarebbe estranea alla vicenda per la quale lo -OMISSIS- risulta imputato;

3) infine il dott. -OMISSIS- non rivestirebbe più alcun incarico dal 29 settembre 2017 nella società -OMISSIS- S.p.A., sicché anche i prospettati collegamenti societari verrebbero meno.

Tali controdeduzioni sono state ritenute inidonee a modificare la valutazione operata dalla Prefettura che, con provvedimento del 13 dicembre 2017 (prot. n. 98356) ha definitivamente negato l’iscrizione alla white list, ritenendo le osservazioni formulate dalla -OMISSIS- non idonee a superare i sospetti di infiltrazione rilevati e, con specifico riguardo alle dimissioni del sig. -OMISSIS- dalla società -OMISSIS- s.p.a. (che testimonierebbero la permanenza di relazioni societarie con il sig. -OMISSIS-), sarebbero irrilevanti in quanto rassegnate dopo la comunicazione di cui all’art. 10bis l. n. 241/1990. Sulla base dei medesimi elementi riportati a supporto del provvedimento di diniego di iscrizione la Prefettura adottava in pari data anche l’informativa antimafia (prot. n. 98384).

B. Avverso il diniego di iscrizione alla white list e l’informativa antimafia, la -OMISSIS- ha proposto ricorso notificato in data 22 dicembre 2017 e depositato in pari data (RG. n. 5174/2017), chiedendone l’annullamento previa sospensione degli effetti oltre al risarcimento del danno, sulla base dei motivi così di seguito rubricati e sintetizzati.

I) Violazione dei principi ordinamentali di buon andamento e imparzialità; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6-bis della l. 241/1990 e dell’art. 7 d.P.R. n. 62/2013; eccesso di potere sotto i profili del difetto di presupposto e del travisamento dei fatti.

Sussisterebbe una situazione di conflitto di interessi ex art. 6bis della l. n. 241/1990 in capo al vice Prefetto di Caserta, che ha sottoscritto i due provvedimenti impugnati, il quale avrebbe dovuto astenersi dal compiere alcun atto procedimentale, in quanto sotto indagine per rivelazione di segreti di ufficio a seguito delle dichiarazioni rese dal sig. -OMISSIS- ex legale rappresentante della -OMISSIS-.

II) Violazione dei principi ordinamentali, buon andamento e imparzialità; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21octies della l. n. 241/1990; eccesso di potere sotto i profili del difetto di presupposto, del travisamento dei fatti e dell’illogicità manifesta.

Vi sarebbe stata un’impropria commistione tra il procedimento che ha condotto al diniego di ammissione alla white list e quello, del tutto differente, relativo all’informativa antimafia nel cui provvedimento sono state impropriamente citate le deduzioni proposte dalla ricorrente nel diverso procedimento concernente il diniego di ammissione. Il Prefetto non avrebbe potuto recepire osservazioni formulate in un altro procedimento, ma semmai invitare a formularne di specifiche per quello distinto di informativa;

III) Violazione dei principi ordinamentali, buon andamento e imparzialità; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 10-bis della l. n. 241/1990 e artt. 84, co. 4, e 91, co. 6 del d.lgs. n. 159/2011; eccesso di potere sotto i profili del difetto del presupposto e del travisamento dei fatti.

La Prefettura non avrebbe considerato le specifiche osservazioni rappresentate con le deduzioni ed in particolare la circostanza che il collaboratore di giustizia -OMISSIS-, sulle cui dichiarazioni si fondano alcune parti degli atti impugnati, è stato condannato in via definitiva per tentata estorsione proprio ai danni della -OMISSIS-.

I rapporti con la società di noli a freddo -OMISSIS-, ritenuta espressione del clan dei casalesi, sarebbero stati limitati ad un unico contratto di due mesi per un importo di euro 12.090,00 e detta società sarebbe stata selezionata solo a motivo dei prezzi concorrenziali.

Circa i rapporti con il sig. -OMISSIS-, pure fondanti i gravati provvedimenti antimafia, essi sarebbero limitati agli anni 2012-2014 in cui questi avrebbe svolto la funzione di mero consulente della -OMISSIS-. Analoghi rapporti con l’esponente in parola sarebbero stati tenuti anche da altra società ammessa, invece, alla White list, così manifestandosi l’iniquità dell’atteggiamento tenuto dalla Prefettura.

Quanto ai pretesi rapporti societari tra l’ex rappresentante legale -OMISSIS-, che non sarebbe indagato per reati di stampo mafioso, e -OMISSIS- (padre di -OMISSIS-) essi non sarebbero più sussistenti per via delle dimissioni rassegnate dal primo dal C.d.A della -OMISSIS- S.p.A., peraltro non operante, che controlla la -OMISSIS- S.p.A. di cui è amministratore il sig. -OMISSIS-.

In ogni caso i pretesi legami societari sarebbero anche irrilevanti, in quanto il sig. -OMISSIS- sarebbe coinvolto solo in procedimenti penali per corruzione e la -OMISSIS- avrebbe, comunque, avviato l’azione di responsabilità nei suoi confronti.

IV) Violazione dei principi ordinamentali, buon andamento e imparzialità; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 10 della l. n. 241/1990; eccesso di potere sotto i profili del difetto di presupposto e del travisamento dei fatti.

I provvedimenti impugnati avrebbero una motivazione lacunosa, in quanto non darebbero conto di quali sarebbero gli asseriti elementi indiziari utili a delineare la possibilità di condizionamento dell’impresa così come dei rapporti economici e di parentela tra esponenti.

Con atto depositato in data 11 gennaio 2018 si è costituito il Ministero dell’Interno che ha successivamente articolato le proprie difese.

Con ordinanza del 25 gennaio 2018, n. 141 questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare, con decisione confermata con ordinanza del Consiglio di Stato dell’8 marzo 2018, sez. III, n. 1060.

Con atto di intervento depositato in data 29 maggio 2018 si è costituito il Comune di Baronissi, dichiarando di avere interesse correlato al proprio provvedimento di esclusione della ricorrente dalla gara per -OMISSIS- da esso indetta.

Con decreto del 12 giugno 2018, n. 3 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha accolto l’istanza di ammissione formulata dalla -OMISSIS- di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis del d.lgs. n. 159/2011 e, in forza di tale provvedimento parte ricorrente ha ulteriormente insistito nelle proprie eccezioni e deduzioni, asserendo che esso dimostrerebbe l’inconsistenza dei asseriti pericoli di infiltrazione mafiosa presupposti dei gravati atti antimafia.

C. Con ricorso notificato in data 16 marzo 2018 e depositato il successivo 27 marzo con RG 1235/2018, il sig. -OMISSIS-, anche nella in qualità di rappresentante legale della -OMISSIS-, ha premesso di aver partecipato ad una procedura di affidamento indetta dal Provveditorato Interregionale per le OO.PP. per la Campania, il Molise, la Puglia e la Basilicata per l’affidamento “per il periodo di anni 5, del servizio integrato di igiene urbana e raccolta differenziata dei rifiuti sul territorio del Comune di -OMISSIS-” alla quale partecipavano anche -OMISSIS- (di seguito -OMISSIS-) e la -OMISSIS-

Dopo aver proceduto alla verifica della sussistenza dei requisiti generali di cui all’art. 80 del D.gs n. 50 del 2016, la Commissione di gara procedeva all’apertura delle buste economiche ed all’esito della relativa valutazione la ricorrente risultava aver conseguito il miglior punteggio classificandosi al primo posto.

Con nota prot. n. 34787 del 4.12.2017 la Commissione comunicava che nelle more del procedimento di verifica dell’anomalia, positivamente conclusosi, era pervenuta una segnalazione da parte di un concorrente secondo la quale “in epoca antecedente alla presentazione delle offerte” la -OMISSIS- avrebbe subito l’applicazione di penali per “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) senza tuttavia dichiararle nella documentazione di gara”.

Sulla scorta di tale segnalazione la Commissione ha, quindi, ritenuto di sospendere la procedura “fino all’espletamento delle dovute verifiche e valutazioni”.

Peraltro, come detto, intervenivano in data 13.12.2017 l’informazione antimafia e il diniego di iscrizione alla White List impugnate con il ricorso RG 5174/2017.

Sicchè, dopo il rigetto con l’ordinanza 141/2018 della domanda cautelare proposta avverso tali provvedimenti, il convenuto Provveditorato ha adottato il provvedimento prot. n. 4411 del 12.2.2018 (comunicato con nota prot. n. 4424 in pari data) con il quale la SUA di Caserta ha escluso la -OMISSIS- dalla gara in base alla seguente motivazione: “riguardo al concorrente -OMISSIS-, in presenza di un’informazione antimafia interdittiva la Commissione ha osservato che ricorrono le condizioni di cui all’art. 80, comma 2. Inoltre, visto il riscontro positivo fornito all’attività di verifica dai Comuni di S.Nicola La Strada e S.Maria C.V., i quali hanno confermato di aver disposto, nei confronti della società, nel complesso, l’applicazione di molteplici penali, la Commissione ha reputato ricorrenti le condizioni di cui all’art. 80, comma 5 lett. c), per l’omessa dichiarazione in sede di offerta dell’applicazioni di significative penali comminate nello svolgimento di analogo servizio di igiene urbana”.

Avverso tale provvedimento parte ricorrente ha proposto ricorso, chiedendone l’annullamento e agendo altresì per il risarcimento dei danni, invocando l’illegittimità derivata dai provvedimenti antimafia impugnati con il ricorso RG n. 5174/2017 e adducendo altresì un motivo di illegittimità propria del provvedimento espulsivo, così di seguito sintetizzato:

- Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della costituzione; violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, del d.lgs n. 50 del 2016; violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 per difetto di motivazione; eccesso di potere; difetto di istruttoria; insussistenza dei presupposti essenziali.

Il provvedimento di esclusione si fonda anche sull’art. 80, co. 5, d.lgs. n. 50/2016 per non aver dichiarato la sussistenza delle penali subite, ma secondo parte ricorrente essa sarebbe illegittima perché il Casellario Informatico dell’ANAC non reca alcuna annotazione in ordine ad asserite segnalazioni di gravi illeciti professionali sicché l’esclusione sarebbe errata in quanto fondata su dati non definitivamente accertati né fatti oggetto di doverosa annotazione sul predetto Casellario, mentre non sussisteva alcun obbligo di segnalazione. Inoltre la stessa entità delle penali non sarebbe illustrata con ciò tradendo anche un vizio di motivazione non essendo nemmeno stato chiarito che uno degli appalti a cui esse si riferiscono è ancora in corso mentre le penali conseguenti all’altro appalto sono state contestate in giudizio.

Circa i profili di illegittimità derivata, parte ricorrente richiama poi gli stessi motivi proposti nell’ambito del giudizio contrassegnato dal numero di RG 5174/2017 e sopra sintetizzati a cui pertanto si rinvia.

Con motivi aggiunti depositati in data 30 aprile 2018, la -OMISSIS- ha rilevato che con nota prot. n. 8498 del 19.3.2018 la stazione appaltante, dopo aver effettuato controlli anche sul -OMISSIS-, aggiudicatario dell’appalto, ha disposto “la revoca della proposta di aggiudicazione già proclamata nella precedente seduta del 9.2.2018” e “ha dichiarato la gara infruttuosa per l’avvenuta esclusione di tutti gli operatori economici che hanno presentato offerta”.

Avverso tale provvedimento parte ricorrente ha esteso i motivi di ricorso già proposti, chiedendone l’annullamento nella sola parte in cui la stazione appaltante ha deciso di annullare la procedura di gara, in quanto infruttuosa sul presupposto dell’efficacia anche del provvedimento espulsivo impugnato con il ricorso introduttivo.

Con atto depositato in data 30 marzo 2018 si è costituito il Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Campania e Molise e in data 4 aprile 2018; si è costituita in giudizio anche il -OMISSIS-, entrambi chiedendo il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti.

Con provvedimento del 15 ottobre 2018, depositato in data 22 ottobre 2018, il Provveditorato ha disposto la revoca del provvedimento di infruttuoso esito della gara, impugnato con i motivi aggiunti, a seguito dell’ordinanza 1011/2018, resa nel giudizio R.G. n. 1110/2018, da altra Sezione di questo Tribunale.

D. Con ulteriore ricorso spedito a notifica in data 23 marzo 2018 e depositato il successivo 4 aprile contrassegnato da R.G. n. 1349/2018, il sig. -OMISSIS- in proprio e nella qualità di socio e legale rappresentante della -OMISSIS-, ha impugnato la nota prot. n. 5899 del 23.2.2018 con la quale il Provveditorato Interregionale per le OO.PP. per la Campania, il Molise la Puglia e la Basilicata – SUA di Caserta ha disposto l’esclusione della -OMISSIS- stessa dalla gara indetta per l’affidamento “per il periodo di anni 2, del servizio di raccolta differenziata e trasporto dei rifiuti solidi urbani e dei servizi complementari sul territorio del Comune di -OMISSIS-” ed ha proposto l’aggiudicazione provvisoria della stessa in favore della -OMISSIS-, proponendo altresì domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti per effetto dei provvedimenti impugnati.

Anche in questo caso a fondamento dell’esclusione gravata sono stati posti -OMISSIS- l’informativa antimafia impugnata con il ricorso RG 5174/2017, rilevante ai sensi dell’art. 80, co. 2 del d.lgs.n. 50/2016 -OMISSIS- la mancata dichiarazione, ai sensi dell’art. 80, co. 5 del d.lgs n. 50/2016, in sede di partecipazione delle penali subite per effetto degli inadempimenti commessi nei confronti di altre amministrazioni e segnalati con riferimento al ricorso RG 1235/2017.

Avverso tale statuizione la -OMISSIS- ha proposto ricorso chiedendone l’annullamento e invocando -OMISSIS- vizi di illegittimità (derivata) già proposti con il ricorso RG 5174/2017, a cui si rinvia per brevità, -OMISSIS- vizi propri rispetto all’interdittiva antimafia, proponendo accanto alla censura già sollevata nel ricorso contrassegnato da RG 1235/2018, anche il seguente ulteriore motivo:

- Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione; violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, del d.lgs n. 50 del 2016; violazione dell’art. 3 e 7 della l. n. 241 del 1990 per difetto di motivazione; Eccesso di potere; difetto di istruttoria; insussistenza dei presupposti essenziali; violazione del giusto procedimento.

In estrema sintesi parte ricorrente afferma che l’esclusione avrebbe dovuto essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, così consentendo alla società di contradedurre e far valere le ragioni, poi addotte nel ricorso stesso, che avrebbero evitato l’adozione del provvedimento impugnato.

Con atto depositato in data 6 aprile 2018 si sono costituiti il Provveditorato alle opere Pubbliche per la Campania e il Molise e il Ministero dell’Interno, chiedendo il rigetto del ricorso.

E. Con un quarto ricorso notificato in data 11 maggio 2018 e depositato il successivo 21 maggio, il sig. -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di socio e legale rappresentante della -OMISSIS- ha impugnato, tra l’altro, la determina n. -OMISSIS-, comunicata il 10.4.2018, con la quale il Comune di Baronissi ha disposto l’esclusione della -OMISSIS- stessa dalla gara indetta per “-OMISSIS-”; l’informativa antimafia interdittiva prot. n.0098384 del 13.12.2017, emessa dalla Prefettura di Caserta nei confronti della -OMISSIS-; il provvedimento prot. n. 0098356 del 13.12.2017 con il quale la Prefettura di Caserta ha rigettato l’istanza di iscrizione della -OMISSIS- alla White List ai sensi dell’art. 1, co. 52, L. n. 190/2012 e del D.P.C.M. 18.4.2013;

Parte ricorrente premette in fatto che alla gara predetta presentavano domanda di partecipazione, tra gli altri, oltre la stessa -OMISSIS- anche la -OMISSIS- e, nella seduta del 9.1.2018, all’esito della valutazione delle offerte la ricorrente risultava aver conseguito il miglior punteggio (92,51 punti), mentre la società -OMISSIS- si classificava al secondo posto (91,87).

Parte ricorrente lamenta l’illegittimità derivata del provvedimento di esclusione, in quanto adottato sulla base dell’informativa asseritamente illegittima per i motivi già proposti con il ricorso iscritto al n. di RG 5147/2017 e sopra sintetizzati a cui pertanto si rinvia.

Si è costituito il Ministero dell’Interno con atto depositato in data 23 maggio 2018, si è poi costituita in data 29 maggio anche la -OMISSIS- e infine il Comune di Baronissi con atto di costituzione depositato in data 30 maggio.

In tutti i giudizi infine è stato depositato il decreto, già segnalato con riferimento al giudizio RG 5174/2017 del 12 giugno 2018 con cui il Tribunale di Santa Maria C.V. ha disposto l’ammissione della ricorrente alla misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario delle aziende di cui all’art. 34-bis del d.lgs. n. 159/2011.

F. All’udienza pubblica del 24 ottobre 2018, all’esito della trattazione congiunta di tutti i giudizi sopra indicati, la causa è stata trattenuta per la decisione.

I ricorsi in epigrafe devono essere riuniti, tenuto conto dell’obiettiva connessione oggettiva tra essi, facendosi in ciascun giudizio questione della legittimità dell’informativa antimafia in via diretta o derivata che ha attinto la -OMISSIS- e la parziale connessione soggettiva essendo tutti proposti dalla medesima ricorrente -OMISSIS- in proprio o dal rappresentante legale di essa.

Può quindi prendersi le mosse dalle censure riferite all’informativa antimafia e al provvedimento, di analogo contenuto, recante il diniego di iscrizione alla White List.

F.1. Con il primo motivo di gravame parte ricorrente lamenta un presunto conflitto di interessi in cui verserebbe il vice Prefetto che ha sottoscritto i gravati provvedimenti.

Il rilievo è infondato, atteso che il vice Prefetto si è limitato ad esternare gli approdi a cui era già pervenuto il Gruppo investigativo Antimafia, senza partecipare alla riunione conclusiva del Gruppo Interforze a cui deve, invece, essere ricondotta la responsabilità dell’articolata istruttoria che ha determinato l’adozione dei gravati provvedimenti, senza contare che, come rilevato dall’Avvocatura erariale, il procedimento penale avviato nei confronti dell’esponente sulla base delle dichiarazioni dell’ex amministratore della -OMISSIS- è stato anche archiviato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria C.V..

F.2. Con il secondo motivo parte ricorrente sostiene che i due procedimenti, quello per l’emissione dell’interdittiva antimafia e quello per l’iscrizione nella White List soggiacciono a presupposti normativi distinti e, pertanto, le risultanze dell’attività istruttoria posta alla base del provvedimento di rigetto dell’istanza di iscrizione nella white List, non avrebbero potuto essere validamente utilizzate nel procedimento che ha condotto all’adozione dell’interdittiva antimafia.

Il rilievo non merita favorevole considerazione.

Come già evidenziato in sede cautelare e osservato dall’Amministrazione intimata, l’iscrizione nelle white list, è subordinata ai sensi dell’art. 1, comma 52 della legge n. 190/2012 alla preventiva verifica da parte della Prefettura della circostanza che gli operatori economici richiedenti -OMISSIS-no in possesso degli stessi requisiti prescritti per il rilascio dell’informazione antimafia liberatoria, consistenti:

a) nell’assenza delle cause di decadenza, sospensione e di divieto elencate dall’art. 67 del D.Lgs. n. 159/2011; b) nell’assenza di tentativi di infiltrazioni mafiose, desunte dal ventaglio di fattispecie elencate dall’art. 84 comma 4 e dall’art 91 comma 6 del medesimo D.Lgs. n. 159/2011.

Del resto questa Sezione ha più volte evidenziato che l’iscrizione alla white list dei fornitori “è un provvedimento che condivide natura e finalità con le informative antimafia interdittive, differenziandosi da esse solo per la forma negativa anziché affermativa”, con l’importante precisazione che l’eventuale diniego di iscrizione “deve rispondere agli stessi requisiti di legittimità stabiliti per le informative antimafia di cui agli articoli 84 e 91 del codice antimafia” (cfr. da ultimo TAR Campania, sez. I, 16 luglio 2018, n. 4685).

Sotto questo aspetto si appalesa privo di consistenza anche l’ulteriore profilo di censura con cui parte ricorrente afferma che le risultanze acquisite nel procedimento di diniego di iscrizione alla white list non potevano essere utilizzate nell’ambito di quello che ha condotto all’adozione della gravata interdittiva antimafia.

In contrario si rileva che la segnalata corrispondenza di presupposti tra il diniego di iscrizione e l’interdittiva antimafia avrebbe reso del tutto irragionevole una duplicazione dei procedimenti e dell’istruttoria avente ad oggetto i medesimi elementi e comportante un’analoga valutazione.

Come emerge dagli atti, tutte le informazioni fornite dalle Forze di Polizia, a seguito della conclusione della fase istruttoria, sono state sottoposte all’esame del Gruppo Ispettivo Antimafia che nelle relazioni redatte in data 26.3.2015,26.2.2016, 8.9.2017, 22.9.2017 e 27.10.2017, dopo aver esaminato le risultanze e alla luce degli elementi emersi, ha ritenuto di emettere informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 91 del d.lgs.n.159/2011 e di rigettare la richiesta di iscrizione della società nelle white list provinciali.

Né può evidentemente argomentarsi alcuna illegittimità dal fatto che nel provvedimento interdittivo -OMISSIS-no state richiamate alcune delle deduzioni prodotte da parte ricorrente nell’ambito del contraddittorio ex art. 10bis della l. n. 24171990 instauratosi nell’ambito del procedimento di iscrizione alla white list. Vero è, infatti, che una tale interlocuzione è positivamente prevista solo in tale ultimo procedimento, in quanto avviato ad istanza di parte e non in quello sotteso all’informativa che, invece, è ad impulso officioso, ma dal richiamo alle deduzioni non discende alcuna illegittimità, semmai un arricchimento del corredo argomentativo su cui si fonda la motivazione sottesa al provvedimento interdittivo che si giova di un contributo procedimentale ulteriore e pertinente, atteso che i fatti fondanti l’adozione di entrambi i provvedimenti gravati sono gli stessi così come anche le valutazioni compiute dall’Amministrazione decidente.

F.3. Con il terzo motivo, parte ricorrente contesta i fatti fondanti i gravati provvedimenti e l’apprezzamento che di essi è stato fatto dall’Amministrazione.

Le censure non colgono nel segno.

F.3.a.Con riguardo alla pretesa inattendibilità delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia -OMISSIS- in ordine ai rapporti tra la ricorrente e la società -OMISSIS-, menzionata nei provvedimenti impugnati, non vi è prova che esse -OMISSIS-no state rese come ritorsione per la condanna per tentata estorsione subita dal dichiarante per condotte tenute in danno della -OMISSIS-. Tale condanna si riferisce a fatti che sarebbero stati commessi dal dichiarante e, di per sé, non esclude i rischi di infiltrazione ravvisati dall’Amministrazione sottesi al provvedimento e non inficia, in assenza di altri elementi, l’attendibilità del dichiarante ravvisata dall’Amministrazione.

E infatti, nella fattispecie, la stessa ricorrente non nega la circostanza rappresentata dal collaboratore di giustizia, di aver avuto rapporti con la predetta società, ma afferma che tali rapporti -OMISSIS-no stati limitati ad un solo contratto peraltro stipulato per l’oggettiva convenienza delle condizioni offerte dalla società stessa.

Nella sostanza parte ricorrente tenta di sminuire la rilevanza delle relazioni intercorse con la società -OMISSIS-, ma, come è noto, ai fini dell’adozione dei provvedimenti antimafia rileva il complesso degli elementi raccolti e la significatività degli stessi, da leggere l’uno alla luce dell’altro. E’ noto, infatti, che il giudizio che l’autorità prefettizia è chiamata a compiere, per determinarsi in ordine alla sussistenza o meno del pericolo di infiltrazione mafiosa dell’attività d’impresa ai sensi del D.Lgs. n. 159/2011, deve svolgersi sul complesso degli elementi raccolti e non va condotta partitamente su ciascuno di essi e che, a sua volta, il sindacato del giudice deve incentrarsi sull’atto complessivamente considerato e non va parcellizzato nella disamina di ogni singolo elemento di fatto preso in considerazione dall’autorità come sintomatico del pericolo di infiltrazione mafiosa, non venendo in rilievo, nel caso, la necessità di accertare singole e individuate responsabilità come, invece, necessariamente avviene nel processo penale, ma, piuttosto, l’esigenza, prevalente rispetto ad altre pur connesse ad interessi a rilievo costituzionale (come la libertà di iniziativa economica e la libertà di impresa), di porre un argine significativamente preventivo al pernicioso fenomeno del condizionamento mafioso dell’attività economica del Paese (cfr. da ultimo TAR Campania, sez. I, 30 luglio 2018, n. 5104).

In proposito il Consiglio di Stato ha ritenuto che: <<gli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione al complessivo quadro indiziario, nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri; tutto ciò comporta l'attribuzione al prefetto di un ampio margine di accertamento e di apprezzamento, sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti>> (TAR Piemonte, Torino, sez. I, 10 dicembre 2014, n. 1923) ed ancora che <<in sede di redazione dell'informativa antimafia il Prefetto gode di ampi margini di discrezionalità, potendo, tra l'altro, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa anche da circostanze ex se prive di certezza assoluta, quali, ad esempio, sentenze di condanna, anche non definitive, o collegamenti parentali con soggetti malavitosi; peraltro, trattandosi in sostanza di un giudizio di probabilità, elaborato alla stregua della nozione di pericolo, al fine dell'efficacia preclusiva dell'informazione de qua, è necessario che gli elementi fondanti la stessa -OMISSIS-no, nel loro complesso, tali da ingenerare il serio pericolo che l'attività d'impresa possa in qualche modo agevolare le attività criminali o esserne, comunque, condizionata>> (Cons. Stato, sez. III, 23 aprile 2014 n.2040).

F.3.b. Analoghe considerazioni possono estendersi ai rapporti con il sig. -OMISSIS-, rinviato a giudizio per corruzione elettorale. Questa non può essere considerata una mera condotta penalmente illecita, essendo stata contestata al predetto consulente anche l’aggravante (di cui all’art. 7 della l. n. 203/1991) del metodo mafioso che vale a riempire di significatività indiziaria, ai fini dell’adozione dei predetti provvedimenti, i rapporti pluriannuali intrattenuti dalla -OMISSIS- con l’esponente in parola. E’ inconferente ai fini della prognosi sulla sussistenza di pericoli di infiltrazione la circostanza, addotta da parte ricorrente, secondo cui la -OMISSIS- sarebbe estranea a tali reati, atteso che le condotte criminose commesse dal predetto consulente della -OMISSIS- rilevano in quanto espressione di contatti qualificati con esponenti della criminalità organizzata, a prescindere dalla condivisione di intenti nella specifica ipotesi criminosa.

F.3.c. Quanto infine ai legami societari intercorrenti tra il -OMISSIS- e l’ex socio, -OMISSIS-, quest’ultimo era amministratore della -OMISSIS- S.p.A., che controlla a sua volta la -OMISSIS- S.p.A. di cui il primo è amministratore unico. Ne consegue che al di là dello stretto grado di parentela tra i due (che secondo quanto rappresentato da parte ricorrente sarebbero padre e figlio), sussistono obiettive relazioni societarie che valgono a supportare la prognosi di permanenza dell’influenza del -OMISSIS- sulla gestione sociale della -OMISSIS-, tenuto conto anche che le dimissioni rassegnate dall’esponente dalla -OMISSIS- S.p.A. sono successive alla comunicazione dei motivi ostativi e quindi verosimilmente indotte da ragioni di tipo opportunistico legate alla pendenza del procedimento prefettizio (cfr. nello stesso senso TAR Campania, sez. I, 26 luglio 2018, n. 4987).

Non si vede poi come possa rilevare la circostanza che la -OMISSIS- S.p.A. non -OMISSIS- concretamente operante dato che tale pretesa inattività non impedisce alla stessa società di esercitare le proprie prerogative di unico azionista e di influenzare in modo decisivo, per tale via, la società di cui il Sig. -OMISSIS- è amministratore.

Stesso discorso vale per la censura secondo cui il reato di corruzione non sarebbe significativo di tentativi di infiltrazione mafiosa, atteso che la fattispecie di reato per cui l’esponente societario è stato sottoposto a procedimento penale (e tratto in arresto) non deve necessariamente inquadrarsi in una di quelle previste dall’art. 84, co. 1, lett. a). Tale disposizione elenca le fattispecie di reato la cui sussistenza fa presumere i pericoli di infiltrazione, ma ciò non esclude che altre fattispecie, unitamente ad ulteriori elementi, anche rappresentati dai rapporti con lo -OMISSIS- e la società -OMISSIS-, -OMISSIS-no complessivamente apprezzati, dando luogo, come nel caso di specie, ad una prognosi di pericolo che giustifichi l’adozione degli atti interdittivi.

F.4. Non è vero poi, e si arriva così al quarto motivo di ricorso, che la motivazione dei gravati provvedimenti non consentirebbe di risalire all’iter logico seguito dall’Amministrazione.

E infatti, come emerge dalle risultanze del GIA così come trasfuse nei provvedimenti gravati dalla relazione, la valutazione sottesa ai provvedimenti gravati deriva da una serie di elementi puntualmente indicati e riguardati nel loro complesso e significatività nel contesto ambientale in cui la società opera.

F.5. Da ultimo parte ricorrente ha invocato il decreto 2/2018 depositato il 12 giugno 2018 con il quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha ammesso la -OMISSIS- alla misura del controllo giudiziario ex art. 34bis del codice antimafia, a pretesa dimostrazione della debolezza degli elementi sottesi all’informativa, in quanto l’ammissione alla procedura in discorso presuppone l’occasionalità dell’agevolazione dei contatti con esponenti della criminalità organizzata.

Ritiene il Collegio, in linea con quanto opinato dal Consiglio di Stato, che il decreto di ammissione della -OMISSIS- alla procedura di cui all’art. 34 bis del d. lgs. n. 159 del 2011, non risulti idoneo a modificare il giudizio in ordine alla sussistenza dei pericoli di infiltrazione nella società sottesa ai provvedimenti impugnati: “in primo luogo il controllo giudiziario che permette la prosecuzione dell’attività imprenditoriale sotto controllo giudiziario non ha effetti retroattivi ed in secondo luogo perché non costituisce un superamento dell’interdittiva, ma in un certo modo ne conferma la sussistenza, con l’adozione di un regime in cui l’iniziativa imprenditoriale può essere ripresa per ragioni di libertà di iniziativa e di garanzia dei posti di lavoro, sempre naturalmente in un regime limitativo di assoggettamento ad un controllo straordinario” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 maggio 2018, n. 3268).

Vero è che l’art. 34bis del codice antimafia ammette la procedura in discorso quando i pericoli di infiltrazione comportino solo “in via occasionale l’agevolazione dell’attività di persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata” una misura antimafia, ma una tale valutazione non incide sulla sussistenza dei pericoli stessi attenendo unicamente alla possibilità di consentire, -OMISSIS- pure in via provvisoria, la prosecuzione dell’attività economica. In altri termini la misura del controllo giudiziario costituisce un tentativo di salvaguardare, con le necessarie cautele, le realtà produttive che, per quanto incise da tentativi di infiltrazione mafiosa, manifestino un grado di autonomia gestionale (dalle consorterie criminali) non ancora totalmente compromesso e, anzi, sufficiente a consentirne un’attività economica corretta -OMISSIS- pure in forma “controllata”, sforzandosi in tal modo il Legislatore di conservare, per quanto possibile, realtà produttive che, soprattutto nelle zone in cui esistono i fenomeni associativi criminali più eclatanti, possano costituire rimedio all’assenza di credibili opportunità occupazionali.

In tale ottica non può certo opinarsi dall’ammissione alla procedura in discorso un superamento ovvero una qualche forma di attenuazione del giudizio formulato dalla Prefettura con l’informativa, come vorrebbe parte ricorrente; invece l’ammissione alla procedura in discorso attesta solo la presenza di un procedimento che gemma da quello che ha condotto all’adozione dell’interdittiva, presupponendolo, e che risponde al fine di verificare se l’impresa che ne è attinta non -OMISSIS- strutturalmente compromessa con la criminalità organizzata e se ne possa, quindi, consentire un regime di “operatività controllata”.

G. Esaminate e ritenute infondate le censure comuni a tutti e quattro i ricorsi riuniti, ed appuntate sul provvedimento interdittivo, lo scrutinio potrebbe arrestarsi, restando assorbite le restanti doglianze avverso i provvedimenti espulsivi, adottati nell’ambito delle gare oggetto dei ricorsi contrassegnati dai numeri di RG 1235/2018 e 1349/2018; tuttavia il Collegio ravvisa l’opportunità, anche per ragioni di completezza del giudizio, di esaminare le restanti censure avverso le esclusioni, rappresentato dall’omessa dichiarazione di aver subito l’applicazione di penali per manchevolezze commesse dalla -OMISSIS- nell’esecuzione di appalti analoghi a quelli oggetto di causa da parte dei Comuni di S. Nicola La Strada e S. Maria C.V ai sensi dell’art. 80, co. 5 lett. c) del d.lgs. n. 50/2016.

In particolare parte ricorrente si duole che l’esclusione non -OMISSIS- stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento e poi che -OMISSIS-no state ritenute rilevanti penali non annotate nel casellario informatico dell’ANAC ai sensi dell’art. 213, co. 10 del codice dei contratti; tali penali, comunque, non sarebbero state definitivamente accertate ma sarebbero oggetto di contestazione, oltre a non essere state indicate dall’Amministrazione nel loro ammontare.

Il motivo è privo di pregio.

Questo Tribunale aderisce al consolidato orientamento giurisprudenziale, a mente del quale “sussiste in capo al concorrente il dovere di dichiarare tutte le vicende pregresse, concernenti fatti risolutivi, errori o altre negligenze, comunque rilevanti ai sensi del ricordato art. 38, comma 1, lett. f), occorse in precedenti rapporti contrattuali con pubbliche amministrazioni diverse dalla stazione appaltante, giacché tale dichiarazione attiene ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono ai rapporti tra partecipanti e stazione appaltante, senza che a costoro -OMISSIS- consentito scegliere quali delle dette vicende dichiarare sulla base di un soggettivo giudizio di gravità, competendo quest’ultimo soltanto all’amministrazione committente” (cfr. TAR Campania, sez. VIII, sentenza, 5 giugno 2018, n. 3690 che richiama Cons. Stato, Sez. V, 15/12/2016, n. 5290; 4/10/2016, n. 4108; 26/7/2016, n. 3375; 19/5/2016, n. 2106; 18/1/2016, n. 122; 25/2/2015, n. 943; 11/12/2014, n. 6105; 14/5/2013, n. 2610; Sez. IV, 4/9/2013, n. 4455; Sez. III, 5/5/2014, n. 2289).

La stazione appaltante dispone, invero, di una sfera di discrezionalità nel valutare quanto eventuali precedenti professionali negativi incidano sull'affidabilità di chi aspira a essere affidatario di un contratto e tale discrezionalità può essere correttamente esercitata solo disponendo di tutti gli elementi necessari a garantire una compiuta formazione della volontà (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 14/2/18 n. 956).

Deve, peraltro, essere rilevato che il predetto obbligo dichiarativo costituisce espressione dei generali principi di lealtà e affidabilità contrattuale, posti a presidio dell’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali facenti capo alla pubblica amministrazione, con la conseguenza che incorre nell’esclusione dalla gara il concorrente che renda una dichiarazione non veritiera e comunque incompleta – e ciò a prescindere dalla connotazione soggettiva della scelta, e dunque dalla colposità o dolosità della condotta, che non rilevano ai fini dell’estromissione dalla procedura selettiva –, in quanto una simile omissione non consente alla stazione appaltante di svolgere le dovute verifiche circa il possesso dei requisiti di integrità e affidabilità professionale e quindi di effettuare i dovuti approfondimenti prima di decretare l’esclusione.

Trattasi di coordinate ermeneutiche tuttora valide, anche nella vigenza della nuova normativa di cui al citato art. 80 comma 5 lett. c) del nuovo codice, benché tracciate in relazione all’art. 38 comma 1 lett. f) del previgente codice degli appalti (ex multis, di recente, TAR Campania, 3690/2018 cit. che richiama TAR Puglia Bari, sez. I, sent. 19/4/18 n. 593, TAR Sicilia, Catania, sez. I, sent. 6/4/18 n. 712).

Parte ricorrente si è arbitrariamente sottratta a tale obbligo, omettendo, all’atto della presentazione della dichiarazione sostitutiva, di far cenno alle sanzioni contrattuali applicate dai Comuni di Santa Maria Capua Vetere e San Nicola La Strada con riguardo ad appalti analoghi a quelli oggetto dei presenti giudizi.

L’apparente antinomia sussistente tra la previsione di cui al par. 4.2 delle Linee Guida (“la dichiarazione sostitutiva ha ad oggetto tutte le notizie astrattamente idonee a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente …”) e quella del successivo par. 4.6 (“Gli operatori economici … sono tenuti a dichiarare, mediante utilizzo del modello DGUE, tutte le notizie inserite nel casellario informatico gestito dall’Autorità astrattamente idonee a porre in dubbio la loro integrità o affidabilità”) può ragionevolmente risolversi nel senso che la seconda disposizione precisa la prima in senso ampliativo e non riduttivo, di talché vanno dichiarate “anche” e non “solo” le notizie inserite nel casellario. Tale opzione ermeneutica trova, peraltro, conferma nella successiva versione del punto 4.2 delle Linee Guida (provv. 11/10/17), che espressamente sancisce l’irrilevanza del previo inserimento del provvedimento “sanzionatorio” nel casellario.

In conclusione, il Collegio è dell’avviso che la dichiarazione sostitutiva resa dal ricorrente dovesse ricomprendere le penali applicate nel corso del rapporto contrattuale intercorso con i Comune di San Nicola La Strada e Sanata Maria Capua Vetere, restando assorbiti gli ulteriori profili di censura proposti sul punto da parte ricorrente.

H. In definitiva tutti i ricorsi devono essere respinti. Il ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio contrassegnato dal numero di RG 1235/2018 deve, invece, dichiararsi improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, attesa l’adozione del decreto 8 ottobre 2018 (prot. n. 27115) che ha revocato il provvedimento di dichiarazione di gara infruttuosa impugnato inparte qua con i motivi aggiunti in parola, con la conseguenza che l’eventuale accoglimento del gravame non recherebbe alcun vantaggio alla posizione di parte ricorrente.

In considerazione della complessità della vicenda, che involve alcuni profili di novità su alcune delle questioni trattate, le spese di tutti i giudizi riuniti possono essere integralmente compensate tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti e poi riuniti, li respinge; dichiara improcedibile il ricorso per motivi aggiunti proposto nell’ambito del giudizio contrassegnato dal numero di RG 1235/2018, per sopravvenuto difetto di interesse.

Compensa integralmente tra tutte le parti costituite le spese dei giudizi riuniti.

Ordina che la presente sentenza -OMISSIS- eseguita dall’Autorità amministrativa.

 

 

Guida alla lettura

La sezione I del Tar Campania, sede di Napoli, con la sentenza in rassegna affronta due problematiche connesse all’interdittiva antimafia.

In primis, il Tar partenopeo si interroga sulla tipologia di indagini che possono dar luogo all’informativa antimafia, e che possono conseguentemente comportare l’esclusione di “ contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate” ex art. 67 del Codice delle leggi antimafia, nonché sulla possibilità per l’autorità prefettizia di utilizzare i medesimi accertamenti compiuti ai fini dell’interdittiva per negare l’iscrizione all’impresa richiedente nella cd white list ex art. 1, comma 52 della l. 190/2012.

In secondo luogo, il Collegio è chiamato a pronunciarsi sui rapporti intercorrenti tra l’interdittiva antimafia e il procedimento ex art 34 bis del codice antimafia, ovvero la misura del controllo giudiziario che salvaguardando le realtà produttive, consente, seppure in via provvisoria, la prosecuzione dell’attività economica, e cioè se lo svolgimento della presente procedura comporti una modificazione del giudizio in ordine alla sussistenza dei pericoli di infiltrazione mafiosa.

Per comprendere le statuizioni del Tar Napoli è opportuno ripercorrere brevemente la vicenda giudiziaria in oggetto.

Più precisamente, il ricorrente impugnava con diversi ricorsi, poi riuniti per parziale connessione soggettiva e per connessione oggettiva, l’interdittiva antimafia, il diniego di iscrizione nella white list, nonché i provvedimenti di esclusione dalle gare di appalto derivanti dalla presenza dell’informativa antimafia, anche in considerazione dell’asserito conflitto con il procedimento ex art. 34bis del Codice antimafia.

Tutti i ricorsi risultano avvinti dalla medesima lesione lamentata, ovvero la pretesa illegittimità dell’interdittiva antimafia.

Più precisamente, il ricorrente sostiene che l’interdittiva antimafia non possa essere basata sui medesimi presupposti previsti per la mancata iscrizione nella cd. White list.

Sul punto, al contrario, il Collegio osserva che l’iscrizione nella white list è subordinata ai medesimi requisiti previsti per il rilascio dell’informativa antimafia liberatoria, e che di converso, i motivi ostativi all’iscrizione risultano essere gli stessi su cui si fonda l’interdittiva.

Più precisamente, la cosiddetta “white list”, ossia l’elenco delle imprese che, aspirando ad avere, direttamente od indirettamente rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione, vengono sottoposte ad apposite verifiche, non risultando soggette ad infiltrazione mafiosa.

La documentazione antimafia, che sostituisce le cd “informative prefettizie”, necessaria per effettuare le verifiche preliminari per la redazione e l’inserimento nella white list è costituita da:

  1. Dalla comunicazione antimafia, che attesta, la sussistenza di una causa di decadenza, sospensione o divieto di cui all’art. 67;
  2. Dall’informativa antimafia, che attesta, oltre a quanto previsto dalla comunicazione antimafia, anche eventuali ipotesi legate alla permeabilità mafiosa delle imprese e/o delle società soggette a verifica.

L’eventuale verifica positiva, ovvero l’accertamento del pericolo di condizionamento mafioso, determina l’interdizione a contrarre con la P.A: e quindi, l’impossibilità di iscrizione nella white list.

Il logico corollario delle superiori affermazioni è rappresentato dal fatto che l’iscrizione nella cd white list è caratterizzata dagli stessi accertamenti previsti per informativa antimafia, mutando esclusivamente l’impulso procedimentale, nel senso che la richiesta di iscrizione nella white list avviene su impulso dell’impresa interessata, dando luogo alla successiva attività istruttoria dei requisiti, mentre il procedimento relativo all’informativa antimafia avviene di ufficio.

Essendo i medesimi i presupposti previsti per il diniego di iscrizione e l’interdittiva antimafia, è giocoforza ritenere che una duplicazione dei procedimenti sarebbe stata del tutto irragionevole.

Di conseguenza, i due procedimenti potevano essere basati sulla medesima istruttoria e il prefetto, al fine di arricchire il corredo argomentativo concernente il provvedimento interdittivo, ben poteva giovarsi di un contributo procedimentale ulteriore e pertinente, atteso che i fatti fondanti l’adozione di entrambi i provvedimenti gravati sono gli stessi.

In definitiva, quindi, il giudizio che l’autorità prefettizia è chiamata a compiere, per determinarsi in ordine alla sussistenza o meno del pericolo di infiltrazione mafiosa dell’attività di impresa ai sensi del D.Lgs n. 159/2011, deve svolgersi sul complesso degli elementi raccolti e non va condotta partitamente su ciascuno di essi e che, a sua volta, il sindacato del giudice deve incentrarsi sull’atto complessivamente considerato e non va parcellizzato nella disamina di ogni singolo elemento di fatto preso in considerazione dall’autorità come sintomatico del pericolo di infiltrazione mafiosa, non venendo in rilievo, nel caso, la necessità di accertare singole e individuate responsabilità come, invece, necessariamente avviene nel processo penale, ma, piuttosto, l’esigenza, prevalente rispetto ad altre pur connesse rispetto ad interessi a rilievo costituzionale (come la libertà di iniziativa economica e la libertà di impresa), di porre un argine significativamente preventivo al pernicioso fenomeno del condizionamento mafioso dell’attività economica del Paese.

La seconda questione sottoposta all’attenzione del Collegio, riguarda i rapporti intercorrenti tra l’informativa antimafia e il procedimento ex art. 34 bis del Codice antimafia.

In particolare, il procedimento previsto e disciplinato dall’art. 34 bis del Codice Antimafia, introdotto dalla l. 161/2017, ha introdotto una nuova misura di prevenzione patrimoniale.

La disposizione ha ad oggetto il controllo giudiziario delle aziende ed è destinata a trovare applicazione in luogo della misura dell’amministrazione giudiziaria di cui all’art. 34, qualora il presupposto cardine dello strumento preventivo, vale a dire l’agevolazione degli interessi mafioso, risulti di tipo “occasionale” ed emergano indizi rivelatori di pericoli concreti di infiltrazione criminale “non stabile”.

La finalità di siffatta scelta legislativa risiede nella volontà del legislatore di stigmatizzare condotte potenzialmente criminose, espandere il controllo sull’area grigia di contiguità mafiosa, e, allo stesso tempo, farlo con strumenti meno invasivi rispetto a quelli tradizionali ablatori, più aggressivi e incapaci di preservare l’integrità aziendale.

Ciò posto, quanto alla funzione dell’istituto di nuovo conio, il ricorrente, invocando il decreto di ammissione alla predetta misura del controllo giudiziario, chiedeva l’annullamento dell’informativa antimafia, invocandone la debolezza in virtù della predetta ammissione.

Sul punto, il Collegio ha ritenuto che: “ Vero è che l’art. 34 bis del codice antimafia ammette la procedura in discorso quando i pericoli di infiltrazione comportino solo “in via occasionale l’agevolazione dell’attività di persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata” una misura antimafia, ma una tale valutazione non incide sulla sussistenza dei pericoli stessi attenendo unicamente alla possibilità di consentire, pure in via provvisoria, la prosecuzione dell’attività economica.”

E tuttavia, la predetta misura, volta a conservare realtà produttive, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non comporta il venir meno degli accertamenti relativi all’informativa antimafia, ma li presuppone.

L’ammissione alla predetta procedura è, infatti, occasionata dall’esistenza di un compromissione idonea all’adozione dell’informativa antimafia, non essendo quest’ultima indebolita dal procedimento ex art. 34 bis, e tuttavia, viene concessa nelle ipotesi in cui, pur essendoci un coinvolgimento mafioso, lo stesso non sia tale da compromettere l’attività dell’impresa, seppure in regime controllato.

Infatti, la procedura in oggetto, è una procedura che spiega effetti provvisori, consentendo alle imprese intenzionate ad affrancarsi dai condizionamenti mafiosi, di farlo compitamente, in quanto nell’ottenere la sospensione dell’informativa antimafia, si avvia un percorso di recupero dell’attività imprenditoriale, svolta sotto la supervisione del Tribunale e con le garanzie proprie di una procedura giudiziale.

Di conseguenza, l’ammissione alla predetta procedura non implica un’ipotesi di revocabilità della misura interdittiva per il venir meno dei suoi presupposti, ma ne determina la sospensione (con conseguente riespansione in caso di esito negativo), in costanza di attività controllata.

In conclusione, l’adozione di un regime in cui l’iniziativa imprenditoriale può essere ripresa per ragioni di libertà di iniziativa e di garanzia dei posti di lavoro, ma sotto controllo giudiziario non costituisce un superamento dell’interdittiva, ma ne conferma la sussistenza, posto che in caso contrario non avrebbe ragion d’essere la previsione di un regime controllato.