Cons. Stato, Sez. V, 24 settembre 2018, n. 5500

1. Nei Contratti pubblici l’obbligo dichiarativo degli illeciti professionali riguarda  tutti gli eventi che, benché oggetto di contestazione ed ancora sub iudice, abbiano dato corso ad azioni di risoluzione contrattuale ovvero ad azioni risarcitorie ad iniziativa del committente pubblico.

2. L’art. 2504-bis, comma 1, c.c., nel testo modificato dal d.lgs. n. 6-2003 (Riforma del diritto societario), sancisce che la società risultante dalla fusione o quella incorporante (nell’ipotesi di fusione per incorporazione) assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti anteriori alla fusione.  Ed infatti non si determina l’estinzione della società incorporata, né l’istituzione di un nuovo soggetto di diritto, ma si realizza una integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, dando vita ad una vicenda meramente evolutiva. In capo all’incorporante sussistono gli obblighi dichiarativi e le possibili conseguenze espulsive anche con riferimento alle società partecipanti alla fusione.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 3435 del 2018, proposto da

CCC - Consorzio Cooperative Costruzioni, in proprio e quale impresa mandataria del costituendo RTI con Igeco s.r.l., e Consorzio Integra Società Cooperativa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Angelo Clarizia, Saverio Sticchi Damiani e Luigi Nilo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

contro

Comune di Taranto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maddalena Cotimbo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maddalena Cotimbo in Roma, via dei Pontefici, n. 3;

Giovanni Putignano & Figli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Cintioli e Gennaro Rocco Notarnicola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;

nei confronti

Envac Iberia SA. Società Unipersonale, Cogeir Costruzioni e Gestioni S.r.l. e Impresa del Fiume S.p.A., in proprio e nelle rispettive qualità di mandataria e mandante del R.T.I., non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede staccata di Lecce, sez. III, n. 00450/2018, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Taranto e di Giovanni Putignano & Figli S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2018 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Clarizia, Nilo, Sticchi Damiani, Notarnicola, Cintioli e Panio, su delega di Cotimbo, e Pietro Quinto;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

1.Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede staccata di Lecce, sez. III, con la sentenza segnata in epigrafe, ha respinto il ricorso principale proposto dall'attuale parte appellante per l’annullamento: a) della determinazione dirigenziale del Servizio Appalti e Contratti del Comune di Taranto n. 105 del 2 agosto 2017, pervenuta il 10 agosto 2017, e della relativa comunicazione; b) della determinazione dirigenziale del Servizio Appalti e Contratti del Comune di Taranto n. 56 del 18 aprile 2017 e della relativa nota di trasmissione del 25 maggio 2017; c) dei verbali della Commissione Giudicatrice delle riunioni del 29 novembre 2016, 12 gennaio 2017 e 17 gennaio 2017, per quanto di interesse; d) della nota prot. n. 170820 dell’8 novembre 2016 a firma del Dirigente pro tempore del Servizio Appalti e Contratti del Comune di Taranto, nei limiti dell’interesse; e) del parere dell’Avvocatura Comunale del 22 giugno 2017, allegato alla determinazione dirigenziale n. 105/2017, nei limiti dell’interesse; f) del parere del Segretario Generale del Comune di Taranto del 13 giugno 2017, nei limiti dell’interesse; g) delle indicazioni del competente Responsabile Unico del Procedimento del 29 giugno 2017, nei limiti dell’interesse; h) della determinazione dirigenziale n. 86 del 19 giugno 2017 e della relativa comunicazione, nei limiti dell’interesse; i) del bando di gara e del disciplinare di gara, nei limiti dell’interesse.

Ha altresì dichiarato improcedibile il ricorso incidentale proposto da Envac Iberia SA.

2. In sintesi, secondo il TAR:

- l’intervenuta sentenza di risoluzione del contratto del 7.8.1997 per gravissimi inadempimenti contrattuali imputabili alle imprese esecutrici e la contestuale condanna al risarcimento in favore del Comune di Taranto del danno arrecato, pronunciata dal Tribunale di Taranto, determinava un’insanabile incrinatura in relazione all’affidabilità professionale dell’impresa e incideva sull’opportunità di aggiudicare un nuovo appalto alla stessa;

- l’assoluta mancanza di qualsiasi menzione/segnalazione in sede di partecipazione alla gara in oggetto di quel procedimento giudiziario, all’epoca in corso, iniziato nel 2005 e quindi ben a conoscenza del C.C.C., sia alla data dell’avvenuta fusione per incorporazione della impresa Consorzio Ravennate delle Cooperative di Produzione e Lavoro Soc. Coop.va p.a., in data 31.5.2011, sia a quella della partecipazione alla procedura di gara de qua, aveva influito sul rapporto fiduciario che deve sussistere nei rapporti tra le Amministrazioni Pubbliche e le imprese deputate all’esecuzione di appalti pubblici, non consentendo alla commissione di gara una puntuale valutazione circa l’ammissibilità o la non ammissibilità dell’operatore economico in parola;

- a seguito di fusione per incorporazione due o più società si concentrano in una sola, attraverso il dispiegarsi di una vicenda evolutivo-integrativa la quale comporta il mero mutamento formale di un’organizzazione societaria già esistente, ma non la creazione di un nuovo ente ai sensi dell’articolo 2504 bis, comma 1, cod. civ. (in tal senso: Cons. Stato, 30 giugno 2016, n. 2937). Ne consegue che: i) l’intervenuta fusione per incorporazione non aveva determinato un’effettiva soluzione di continuità fra l’operatività del soggetto incorporato e quella del soggetto incorporante; ii) non vi era ragione per ritenere che il fenomeno della fusione fosse idoneo ad escludere la riferibilità soggettiva delle condotte poste in essere dalla società fusa nei confronti dell’incorporante;

- era evidente, quindi, che C.C.C. non potesse ritenersi estraneo alle conseguenze della condotta inadempiente di che trattasi, con il conseguente obbligo dichiarativo de quo;

- nell’ambito dell’obbligo dichiarativo in parola rientrano tutti gli eventi che, benché oggetto di contestazione ed ancora sub iudice, abbiano dato scaturigine in azioni di risoluzione contrattuale ovvero in azioni risarcitorie ad iniziativa del committente pubblico, in ragione della valutata commissione di gravi errori nell’esecuzione dell’attività professionale;

- neppure poteva affermarsi che la transazione intervenuta tra il Consorzio e il Comune di Taranto (e, in particolare, l’invocata clausola 5.7) avesse comportato il venir meno dell’accertamento del grave inadempimento in cui era incorsa l’impresa ricorrente principale, atteso che anche gli inadempimenti che danno luogo ad una conclusione transattiva della vicenda possono essere apprezzati ai fini di valutare l’affidabilità professionale dell’appaltatore;

- né a diverse conclusioni poteva giungersi in ragione della richiamata clausola 5.7 della transazione medesima e della sua pretesa natura “neutra” ai fini di accertare il possesso dei requisiti di affidabilità dei concorrenti nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica;

- il momento in relazione al quale occorre fare riferimento per valutare l’eventuale non veridicità (a prescindere dal rilievo penale della fattispecie concreta) della dichiarazione sui requisiti soggettivi resa dall’operatore economico partecipante (cui far conseguire l’esclusione automatica della concorrente dalla gara, senza possibilità di attivare il soccorso istruttorio, considerato che una dichiarazione non semplicemente omissiva, ma non veritiera non può rientrare, per sua natura, nel soccorso istruttorio) è quello in cui la Stazione appaltante procede e completa la verifica di tali requisiti;

- in particolare, per ciò che concerne l’esistenza di precedenti gravi errori professionali (art. 38, comma 1, lettera “f” del Codice degli Appalti), si deve considerare - quale data ultima a tal fine - il momento in cui l’amministrazione ne valuta discrezionalmente l’incidenza nella specifica procedura in corso e non già quello della mera scadenza del termine per la presentazione delle offerte;

- d’altra parte, l’art. 75 d.P.R. n. 445-2000 dispone che solo qualora dal controllo di cui all’art. 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici;

- l’A.T.I. Envac, pur non avendo indicato la precedente condanna di risarcimento danni al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara di che trattasi, aveva spontaneamente e di sua iniziativa (e non già previo invito della Stazione appaltante) emendato l’iniziale incompletezza/lacuna, integrando la dichiarazione prima della conclusione della fase di controllo dei requisiti di cui all’art. 38, lett. f), d.lgs. n. 163-2006 da parte della Stazione appaltante resistente;

- la doglianza inerente alla mancata comunicazione di avvio del procedimento di esclusione dalla gara nei confronti del C.C.C. era infondata, poiché risultava per tabulas avvenuta la partecipazione del C.C.C. al procedimento di cui trattasi.

3. Le parti appellanti hanno contestato la corretta di tale sentenza, deducendone l’erroneità e chiedendone la riforma per i seguenti motivi:

- violazione dell’art. 112 c.p.c. e 111 cost. Eccesso di potere giurisdizionale. Difetto di istruttoria. Travisamento. Illogicità manifesta e contraddittorietà;

- errata applicazione di legge. Violazione dell’art. 38 d.lgs. n. 163-2006. Violazione dell’art. 111 Cost. Eccesso di potere giurisdizionale. Difetto di istruttoria. Travisamento. Illogicità manifesta e contraddittorietà;

- errata applicazione di legge. Violazione dell’art. 38 d.lgs. n. 163-2006. Violazione dell’art. 112 c.p.c. omessa pronuncia. Difetto di istruttoria. Travisamento. Illogicità manifesta e contraddittorietà;

- errata applicazione di legge. Violazione dell’art. 38 d.lgs. n. 163-2006 e della l. n. 241-1990. Violazione dell’art. 97 Cost. Eccesso di potere giurisdizionale. Difetto di istruttoria. Travisamento. Illogicità manifesta e contraddittorietà;

- Omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria.

4. Ha resistito al gravame il Comune di Taranto, chiedendone il rigetto.

L’impresa Giovanni Putignano & Figli s.r.l. controinteressata classificatasi al terzo posto nella graduatoria finale della gara, avendo, a sua volta, impugnato l’aggiudicazione della gara in questione in favore del raggruppamento guidato da Envac e avendo evidente interesse alla conservazione della esclusione di C.C.C. ha riproposto, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., le eccezioni in rito non esaminate dal TAR, chiedendo anch’essa il rigetto dell’appello.

5. All’udienza pubblica del 12 luglio 2018 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente si rileva che può prescindersi dalle eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità del ricorso di primo grado prospettate dalla parte controinteressata e dal Comune di Taranto, attesa l’infondatezza dell’appello.

2. Oggetto del giudizio è l’appalto integrato per la “Realizzazione di un centro comunale di raccolta rifiuti solidi urbani ed assimilati ed annesso impianto di trasporto pneumatico dei rifiuti sito alla via golfo di Taranto”, bandito dal Comune di Taranto nel 2015, sotto la vigenza, pertanto, del d.lgs. n. 163-2006: in particolare, si controverte circa la dichiarazione di insussistenza delle cause ostative previste dall’art. 38, comma 1, d.lgs. n. 163-2006, nonché l’insussistenza di contratti stipulati con la P.A. risolti per inadempimenti contrattuali nel triennio antecedente la pubblicazione del bando di gara.

3. In punto di fatto si osserva che con nota prot. 170820 dell’8.11.2016 il Dirigente del Servizio Appalti e Contratti del Comune di Taranto informava la commissione di gara che, nelle more delle verifiche ai fini del subentro Consorzio Integra (affittuario di azienda) nella posizione di CCC (affittante), era stata pubblicata in data 1.08.2016 la sentenza del Tribunale Civile di Taranto n 2417 del 2016, che aveva dichiarato risolto un contratto di appalto del 7.8.1997, relativo ai lavori per la realizzazione della condotta sottomarina di Taranto, per grave inadempimento dell’ATI appaltatrice capeggiata dall’impresa Sparaco Spartaco S.r.l. e tra le cui mandanti figurava anche il Consorzio Ravennate, fuso per incorporazione nel 2011 in CCC, e come impresa esecutrice, indicata dal Consorzio Ravennate, la cooperativa consorziata ITER – Cooperativa Ravennate Interventi sul Territorio.

4. L’art. 38, comma 1, lett. f), stabilisce che sono esclusi, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, i concorrenti che hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante.

La Sezione con la sentenza 11 giugno 2018, n. 3592, pur applicata con riferimento all’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016, ma esplicante principi applicabili a maggior ragione nel sistema antecedente, ha affermato che sussiste in capo alla stazione appaltante un potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità” dei concorrenti: costoro, al fine di rendere possibile il corretto esercizio di tale potere, sono tenuti a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’Amministrazione; deve inoltre ritenersi che le condotte significative ai fini di una possibile esclusione non siano solo quelle poste in essere nell’ambito della gara all’interno della quale la valutazione di “integrità o affidabilità” dev’essere compiuta, ma anche quelle estranee a detta procedura.

5. Da ciò discende che l’odierna appellante era tenuta a dichiarare le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne avevano causato la risoluzione anticipata, rientrando nell'ambito dell'obbligo dichiarativo di cui si discute tutti gli eventi che, benché oggetto di contestazione ed ancora sub iudice, avessero dato corso ad azioni di risoluzione contrattuale ovvero ad azioni risarcitorie ad iniziativa del committente pubblico, in ragione della (valutata) commissione di gravi errori nell'esecuzione dell'attività professionale.

Nel caso di specie, la notificazione, nel settembre 2005, dell’atto di citazione da parte del Comune di Taranto, con cui era stata esercitata l’azione di risoluzione giudiziale, presupponeva necessariamente l'avvenuta definizione, in sede amministrativa, dell'accertamento del grave inadempimento; pertanto, non può ritenersi che si tratti di vicende sopravvenute e, come tali, irrilevanti a fini dichiarativi.

A nulla rileva al riguardo la circostanza che la commissione giudicatrice abbia qualificato come definitiva la pronuncia del Tribunale Civile di Taranto, trattandosi di espressione atecnica per significare, all’evidenza, che si tratta di definizione del giudizio di cognizione e che non trattavasi di pronuncia parziale o interlocutoria.

Del resto, come affermato da questa Sezione (da ultimo, con sentenza Consiglio di Stato, sez. V, 11 dicembre 2017, n. 5811), la fattispecie ex art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163-2006 vuole garantire la possibilità dell’Amministrazione di effettuare valutazioni e soppesare la rilevanza del fatto storico dell’inadempimento.

La tematica, infatti, esprime gli immanenti principi di lealtà e affidabilità e professionale dell’aspirante contraente che presiedono in genere ai contratti e in specifico modo – per ragioni inerenti alle finalità pubbliche dell’appalto e dunque a tutela di economia e qualità della realizzazione - alla formazione dei contratti pubblici e agli inerenti rapporti con la stazione appaltante. Non si rilevano validi motivi per non effettuare una tale dichiarazione, posto che spetta comunque all’amministrazione la valutazione dell’errore grave che può essere accertato con qualunque mezzo di prova (cfr. Cons. Stato, V, 26 luglio 2016, n. 3375).

Il concorrente è perciò tenuto a segnalare tutti i fatti della propria vita professionale potenzialmente rilevanti per il giudizio della stazione appaltante in ordine alla sua affidabilità quale futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza di tali episodi.

La dichiarazione mendace su di un requisito di importanza vitale non può che comportare l’esclusione della concorrente, la quale, celando un importante precedente sui gravi illeciti professionali, si è così posta al di fuori della disciplina della gara, non consentendo alla stazione appaltante potesse svolgere un vaglio adeguato e a tutto campo.

6. Pertanto, è del tutto infondato il primo motivo di appello in cui si sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta dalla violazione dell’art. 112 c.p.c. e dal vizio di eccesso di potere giurisdizionale, atteso che la valutazione della stazione appaltante “si focalizza...sul venir meno di un requisito, e non certamente sulla omessa dichiarazione di una situazione antecedente alla partecipazione alla gara”, poiché per la stazione appaltante l’omessa dichiarazione sarebbe stata del tutto irrilevante ai fini dell’esclusione del concorrente.

Dalla semplice lettura del provvedimento di esclusione e dei verbali della Commissione di gara si evince espressamente che “l’intervenuta sentenza di risoluzione del Contratto del 7.8.1997 per gravissimi inadempimenti contrattuali imputabili alle imprese esecutrici e la contestuale condanna al risarcimento in favore del Comune di Taranto del danno arrecato, pronunciata dal Tribunale di Taranto, determina una insanabile incrinatura sia in relazione all’affidabilità professionale dell’impresa e, quindi, sull’opportunità di aggiudicare un nuovo appalto alla stessa; inoltre, l’assoluta mancanza di qualunque menzione/segnalazione in sede di partecipazione alla procedura di gara in oggetto di tale procedimento giudiziario all’epoca in corso, deteriora il rapporto fiduciario che deve pervadere nei rapporti tra le Amministrazioni Pubbliche e le imprese deputate all’esecuzione di appalti pubblici”.

7. Il mancato cenno alle risoluzioni contrattuali disposte è una ragione autonoma per disporre l’esclusione dalla procedura, poiché il combinato disposto dell’art. 38, comma 1, lett. d) e dell’art. 38, comma 2, conduce alla obbligatorietà per i concorrenti di dichiarare a pena di esclusione la sussistenza dei precedenti professionali dai quali la stazione appaltante può discrezionalmente desumere l’inaffidabilità (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 16 febbraio 2017, n. 712).

In questa prospettiva, non rileva la gravità dell’errore commesso: non si può soppesare la rilevanza e la qualità di un fatto che era onere del concorrente rappresentare e che è stato invece espressamente celato. Una dichiarazione non veridica è di per sé causa di esclusione.

La dichiarazione mendace porta all’esclusione dalla gara anche per l’art. 75, d.P.R. n. 445 del 2000, nonché per l’art. 45, Direttiva 2004/18/UE, la quale, al paragrafo 2, espressamente statuisce che va escluso il concorrente «che si sia reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni che possono essere richieste a norma della presente sezione o che non abbia fornito dette informazioni».

La circostanza che si tratti di dichiarazione non veritiera (e non di omessa dichiarazione) osta al soccorso istruttorio, come emerge con chiarezza dall’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, atteso che il soccorso istruttorio è utilizzabile solo in caso di mancanza, incompletezza o irregolarità delle dichiarazioni e non già a fronte di dichiarazioni non veritiere (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 16 febbraio 2017, n. 712).

8. In ogni caso la Stazione appaltante ha valutato, nell'esercizio della sua discrezionalità tecnica, l'incidenza ostativa alla instaurazione del nuovo rapporto contrattuale dei gravissimi inadempimenti in esame, anche in ragione della citata pronuncia del 2016, che ha accertato in sede giurisdizionale quanto già prospettato in sede amministrativa dallo stesso Comune e la cui valutazione non è inficiata da alcun profilo di manifesta irragionevolezza, illogicità o erroneità.

Le vicende soggettive dovute, prima alla fusione per incorporazione e, successivamente, per affitto del ramo di azienda non esimevano l’appellante CCC Consorzio Cooperative Costruzioni dall’assoggettamento alla causa di esclusione in esame, attesa la continuità nel soggetto nato dalla fusione per incorporazione che prosegue sotto la nuova identità della società incorporante/affittante, poiché le predette trasformazioni societarie non determinano l’estinzione dell’originario soggetto, bensì l’integrazione reciproca delle società partecipanti all’operazione, costituendo una vicenda meramente evolutiva del medesimo soggetto, che conserva la propria identità pur in un nuovo assetto organizzativo.

Infatti, l’art. 2504-bis, comma 1, c.c., nel testo modificato dal d.lgs. n. 6-2003 (Riforma del diritto societario), sancisce che la società risultante dalla fusione o quella incorporante (nell’ipotesi di fusione per incorporazione) assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti anteriori alla fusione. Ed infatti non si determina l’estinzione della società incorporata, né l’istituzione di un nuovo soggetto di diritto, ma si realizza una integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, dando vita ad una vicenda meramente evolutiva- modificativa del medesimo soggetto giuridico che conserva la propria identità, seppur in un nuovo assetto organizzativo.

Ciò significa che in capo all’incorporante sussistono gli obblighi dichiarativi e le possibili conseguenze espulsive di cui all’art. 38 del Codice dei Contratti, anche con riferimento alle società partecipanti alla fusione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 maggio 2015, n. 3910).

9. Né è rilevante che il Comune di Taranto sarebbe stato a conoscenza del giudizio civile citato, atteso che l'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs 12 aprile 2006, n. 163 impone un obbligo dichiarativo a prescindere dal fatto che la stazione appaltante sia la stessa presso la quale si svolge il procedimento di scelta del contraente, giacché tale dichiarazione attiene ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono ai rapporti dei partecipanti con la stazione appaltante (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 18 gennaio 2016, n. 122 e 11 dicembre 2014, n. 6105).

10. Infine, non è rilevante che si sia verificata l'assoluzione in sede penale, per non aver commesso il fatto, del rappresentante legale del Consorzio Ravennate e della consorziata Iter ai fini dell'emanazione del giudizio circa la sussistenza dell'elemento fiduciario di che tratta, poiché un conto è l’ammissibilità del concorrente valutato sotto il profilo dei suoi precedenti penali, un conto è la sua ammissibilità valutata in base alla lealtà, all’affidabilità e al fair play con la stazione appaltante, il cui corollario principale consiste nell’anzidetto obbligo dichiarativo che, se violato, costituisce autonoma causa di esclusione.

Peraltro, la circostanza che in sede penale non siano stati ritenuti sussistenti gli elementi per la configurabilità di reati non esclude il dato del rilevato inadempimento contrattuale riscontrato dal Comune di Taranto e dal Tribunale civile di Taranto con la sentenza n. 2417-2016.

Infatti, anche a prescindere dagli esiti del processo penale, è indubbio che la stazione appaltante poteva compiere la propria valutazione discrezionale sui fatti che, a suo insindacabile giudizio, hanno compromesso l’affidabilità e l’integrità del concorrente

11. Relativamente alle transazione intervenuta tra CCC e Comune di Taranto, si rileva, come ha ben evidenziato il TAR, che la clausola 5.7 della summenzionata transazione è neutra ai fini della valutazione del grave errore professionale.

Detta transazione, infatti, non contiene alcuna ammissione di colpa, né un accertamento di responsabilità professionale ostativa alla futura partecipazione alle procedure selettive, restando tuttavia evidentemente impregiudicate (perché non negoziabili in via transattiva e perché relative a terzi soggetti) le valutazioni da parte delle singole Commissioni di gara.

12. L’appellante censura la sentenza impugnata anche perché avrebbe omesso di pronunciarsi sulla presunta disparità di trattamento del Comune in relazione alla situazione della CCC e alla situazione della seconda graduata ENVAC, destinataria di una sentenza di condanna per inadempimento preesistente alla partecipazione alla gara, e tuttavia, non esclusa ed anzi dichiarata aggiudicataria dell'appalto, a seguito di esperimento di soccorso istruttorio da parte del Comune di Taranto.

La parallela sentenza del TAR Puglia n. 291 del 14.2.2018, che ha ritenuto legittima la mancata esclusione dell’ATI Envac non costituisce idoneo precedente, poiché la sentenza del TAR appena citata è oggetto dell’appello proposto dall’odierna resistente impresa Giovanni Putignano & Figli s.r.l. rubricato al n. R.G. 1310-2018 che è stata trattata nella medesima udienza fissata anche per il presente giudizio e che ha affermato la non rilevanza del ravvedimento di Envac e, quindi, l’inammissibilità del relativo soccorso istruttorio.

13. Per quanto riguarda la dedotta violazione delle garanzie partecipative del concorrente, a cui non sarebbe stato comunicato l'avvio del procedimento, come correttamente statuito dal TAR risulta per tabulas l'avvenuta concreta partecipazione del C.C.C. al procedimento di che trattasi, con la conseguenza che il contraddittorio è stato garantito e che in tutte le fasi del procedimento l’attuale appellante ha potuto difendersi, esprimendo di volta in volta le proprie osservazioni sulla questione oggetto del giudizio.

14. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto.

Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe indicato, lo respinge.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio, spese che liquida in euro 5.000,00, oltre accessori di legge, in favore di ciascuna parte appellata, costituita in appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con la sentenza in rassegna il Consiglio di Stato riconosce alla stazione appaltante un potere di apprezzamento discrezionale sulla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità” dei concorrenti, i quali sono tenuti a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente influenzare il processo valutativo demandato all’Amministrazione.

Inoltre, le condotte significative ai fini di una possibile esclusione non sono solo quelle poste in essere nell’ambito della gara all’interno della quale la valutazione di “integrità o affidabilità” dev’essere compiuta, ma anche quelle estranee a detta procedura.

Da ciò discende che il concorrente è tenuto a dichiarare le “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione” che ne hanno causato la risoluzione anticipata, rientrando nell'ambito del ridetto obbligo dichiarativo tutti gli eventi che, “benché oggetto di contestazione ed ancora sub iudice,” abbiano dato corso ad azioni di risoluzione contrattuale ovvero ad azioni risarcitorie ad iniziativa del committente pubblico, in ragione della (valutata) commissione di gravi errori nell'esecuzione dell'attività professionale.

Spetta all’amministrazione la valutazione dell’errore grave che può essere accertato con qualunque mezzo di prova.

Il concorrente è perciò tenuto a segnalare tutti i fatti della propria vita professionale “potenzialmente rilevanti per il giudizio della stazione appaltante in ordine alla sua affidabilità quale futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza di tali episodi”. 
La dichiarazione mendace del proprio requisito comporta l’esclusione della concorrente dalla gara.

2. L’art. 2504-bis, comma 1, c.c., nel testo modificato dal d.lgs. n. 6-2003 (Riforma del diritto societario), sancisce che la società risultante dalla fusione o quella incorporante (nell’ipotesi di fusione per incorporazione) assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti anteriori alla fusione.

Ed invero, secondo il Collegio, in esito alla fusione per incorporazione “non si determina l’estinzione della società incorporata, né l’istituzione di un nuovo soggetto di diritto, ma si realizza una integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, dando vita ad una vicenda meramente evolutiva- modificativa del medesimo soggetto giuridico che conserva la propria identità, seppur in un nuovo assetto organizzativo”.

Ne deriva, quindi, che in capo all’incorporante “sussistono gli obblighi dichiarativi e le possibili conseguenze espulsive, anche con riferimento alle società partecipanti alla fusione”.