Cons. Stato, Sez. V, 12 settembre 2018, n. 5322

1. Non è ravvisabile l’addotta violazione dell’obbligo dichiarativo ex art. 38 d.lgs. 163 del 2006, in quanto le sentenze di patteggiamento in oggetto sono intervenute successivamente alla presentazione della domanda di partecipazione alla procedura, sicché non può sussistere un obbligo di dichiarare eventi e circostanze che non sono ancora venute ad esistenza al momento in cui siffatta dichiarazione deve essere resa.

2. Appare condivisibile la statuizione di cui alla sentenza impugnata con riguardo all’inapplicabilità delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del Codice degli appalti se riferite al periodo precedente all’affidamento della concorrente ad un amministratore giudiziario ai sensi del comma 1 bis di tale disposizione, da intendersi riferibile anche all’ipotesi di amministrazione giudiziaria ex art. 34, comma 2, del d.lgs. 159/2011 per analogia di effetti rispetto alle fattispecie espressamente contemplate (sequestro e confisca): detta interpretazione appare poi logica e coerente ove si consideri che la norma relativa all’amministrazione giudiziaria è stata introdotta successivamente al d.lgs. 163 del 2006 sicché siffatta estensione anche a tale caso non espressamente previsto dalla disposizione, stante l’identità di effetti e di procedimento applicativo esistente tra tali regimi, non contrasta con la disposizione di cui al Codice degli appalti.

3. Può dunque condividersi la prospettazione del primo giudice secondo cui “la sottoposizione della concorrente a tale regime rappresenterebbe di per sé un segno di forte discontinuità”, e quindi in concreto tale evento, peraltro anteriore all’indizione della gara in oggetto, costituisce indice di dissociazione rispetto alla precedente gestione della società.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8783 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Cintioli, Gennaro Rocco Notarnicola, Michele Perrone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna, 32; 

contro

Comune di Monza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Assunta Banza, Annalisa Bragante, domiciliato ex art. 25 Cod. proc. amm. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13; 

nei confronti

Sodexo Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Maurizio Boifava, domiciliato ex art. 25 Cod. proc. amm. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13; 

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia- Milano, Sezione IV, n. 2363/2017 pubblicata in data 12 dicembre 2017, che ha reso note le motivazioni del precedente dispositivo di sentenza del TAR Lombardia – Milano, sez. IV, n. 2251 del 24.11.2017;

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monza e di Sodexo Italia S.p.A.;

Visto l’appello incidentale di Sodexo Italia s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2018 il Cons. Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Gennaro Rocco Notarnicola, Michele Perrone, Fabio Cintioli, Maurizio Boifava e, in sostituzione dell'avv. Banza, Andrea Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.Con bando pubblicato sulla G.U.C.E. in data 16 settembre 2015 e sulla G.U.R.I. in data 23 settembre 2015 il Comune di Monza (di seguito “Il Comune”) ha indetto una procedura aperta per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica delle strutture a gestione diretta e indiretta delle persone anziane/adulte in situazioni di fragilità sociale (lotto n. 2) e per la fornitura delle derrate alimentari per le scuole dell’infanzia paritarie convenzionate (lotto n.1).

La gara per il lotto 2 (di seguito “la gara”), oggetto della presente impugnativa, doveva essere aggiudicata con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per un importo complessivo di € 29.596.245,00, IVA esclusa, per la durata di cinque anni.

Alla gara hanno partecipato sette concorrenti, tra le quali -OMISSIS- (di seguito -OMISSIS-)e Sodexo Italia s.p.a. (di seguito “Sodexo”).

Con determinazione n. 624 del 26 aprile 2016 è stata nominata la Commissione esaminatrice e all’esito dello svolgimento delle operazioni di gara e della valutazione delle offerte, esperito il subprocedimento di verifica dell’anomalia con riguardo alle offerte di Sodexo e di -OMISSIS-, classificatesi rispettivamente nella graduatoria provvisoria al primo e al secondo posto con punti pari a 92,89 e 86,55 (conseguendo perciò riguardo ad entrambe le componenti dell’offerta un punteggio superiore ai 4/5 di quello massimo attribuibile) e ritenuta congrua l’offerta di Sodexo, la gara è stata definitivamente aggiudicata a quest’ultima.

2. -OMISSIS-, gestore uscente del servizio, ha impugnato gli esiti della procedura domandando, con ricorso proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia e integrato con motivi aggiunti, l'annullamento della determinazione dirigenziale di aggiudicazione definitiva, della relativa nota di comunicazione, degli atti e dei verbali relativi al subprocedimento di verifica della anomalia nonché, in via subordinata, del provvedimento di nomina della Commissione giudicatrice.

Si sono costituiti in giudizio per resistere all’impugnazione avversaria il Comune e la controinteressata la quale a sua volta ha proposto ricorso incidentale, chiedendo che il ricorso principale venisse dichiarato inammissibile per carenza di interesse. In particolare, Sodexo ha formulato le seguenti censure: violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. c) e comma 2 del d.lgs. 163 del 2006; violazione e falsa applicazione della lex specialis in punto di requisiti generali di partecipazione; violazione e falsa applicazione dei principi informanti le procedure ad evidenza pubblica, sub specie di vincolatività della legge di gara e par condicio dei concorrenti; eccesso di potere per disparità di trattamento, difetto di istruttoria e ingiustizia manifesta.

4. Con dispositivo di sentenza n. 2251 del 24.11.2017, il T.a.r. adito ha respinto sia il ricorso principale sia quello incidentale.

5. Avverso tale dispositivo di sentenza ha proposto ricorso in appello, ai sensi dell’art. 120, comma 11, Cod. proc. amm., -OMISSIS-, chiedendone la riforma e l’annullamento, previa adozione di misure cautelari.

Con successivo atto di motivi aggiunti in appello proposto avverso la motivazione della sentenza (pubblicata in data 12 dicembre 2017) -OMISSIS- ne ha dedotto l’erroneità e l’ingiustizia e ne ha chiesto la riforma alla stregua di due motivi di diritto così rubricati: “I. Error in iudicando sul giudizio di congruità dell’offerta. Violazione e falsa applicazione degli articoli 87 e 88 del d.lgs. n. 163 del 2006. Violazione del principio di autovincolo. Violazione dei principi di certezza e di immodificabilità dell’offerta. Eccesso di potere (carenza di istruttoria nel subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta di Sodexo e macroscopica illogicità ed erronea presupposizione. Difetto di Motivazione); II. In subordine. Error in iudicando nella parte in cui è stata esclusa l’illegittimità della nomina della Commissione giudicatrice. Violazione e falsa applicazione dell’art. 84, comma 8, del d.lgs. 163/2006 e dell’art. 282 del d.P.R. 207/2010. Violazione dell’art. 51 c.p.c.. Violazione degli artt. 3, 6 e 6 bis della legge 241/1990. Violazione dell’art. 11 del regolamento contratti del Comune di Monza (approvato dal Consiglio Comunale il 18.2.2013 con deliberazione n. 14/218888). Eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità, sviamento di potere, violazione del principio di trasparenza.”

-OMISSIS- ha, altresì, domandato la declaratoria di inefficacia del contratto d'appalto stipulato nelle more (il 20 dicembre 2017) tra il Comune e Sodexo e la condanna della Stazione appaltante al risarcimento in forma specifica al fine di ottenere il conseguimento dell'aggiudicazione e il subentro nel contratto, nonché, in via subordinata, nell’ipotesi di ritenuta insussistenza dei presupposti per il subentro, la condanna dell’Amministrazione al risarcimento per equivalente monetario dei danni subiti.

Si è costituita nel presente giudizio per resistere all’appello avversario, del quale ha domandato la reiezione per la sua infondatezza, Sodexo la quale ha proposto anche appello incidentale, riproponendo i mezzi di censura già articolati nel primo giudizio e chiedendone l’accoglimento e, per l’effetto, la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto infondati i motivi del ricorso incidentale.

Si è costituito in giudizio anche il Comune che ha depositato memorie con le quali ha illustrato le proprie tesi difensive, concludendo per il rigetto di entrambi gli appelli in quanto infondati, con conseguente integrale conferma della sentenza impugnata.

Disposto, su richiesta dell’appellante e con l’accordo delle parti, l’abbinamento al merito della trattazione della domanda cautelare, all’udienza del 17 maggio 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. Con le impugnazioni proposte -OMISSIS- e Sodexo hanno riproposto i mezzi di censura già articolati nei ricorsi formulati in primo grado, chiedendo la riforma della sentenza appellata per non aver accolto i rispettivi motivi di doglianza.

In particolare, -OMISSIS- ha dedotto l’illegittimità degli atti sia per l’erroneità della valutazione di anomalia con riguardo all’offerta dell’aggiudicataria sotto plurimi profili indicati nel ricorso e nei successivi motivi integrativi, sia, in subordine, con riferimento al provvedimento di nomina della Commissione giudicatrice (per l’inserimento di membri esterni nonostante l’asserita presenza nell’organico dell’Amministrazione appaltante di soggetti idonei all’incarico, per non aver essa reiterato la richiesta alle amministrazioni interessate di indicare una rosa di nominativi, nonché per l’illegittimità di talune specifiche nomine a ragione di una potenziale situazione di conflitto di interessi con l’aggiudicataria).

Sodexo, invece, ha lamentato, con il primo mezzo, la mancata esclusione dalla procedura selettiva dell’appellante principale alla sentenza di applicazione della pena a due anni e otto mesi per il reato di corruzione pronunziata nei confronti dell’ex vice Presidente del C.d.A. del-OMISSIS-, socio di maggioranza di -OMISSIS- (precedente ritenuto irrilevante dalla Stazione appaltante in ragione dell’ammissione di quella Cooperativa, prima dell’ammissione di -OMISSIS- alla gara, al regime dell’amministrazione giudiziaria di cui all’art. 34, comma 2, del d.lgs. 159/11), per l’assenza di dichiarazioni ex art. 38 del d.lgs. 163 del 2006 da parte di due ex consiglieri del C.d.A. della predetta Cooperativa, entrambi condannati per “reati corruttivi”; e, con il secondo motivo, è tornata qui a dolersi dell’illegittimo ricorso al soccorso istruttorio da parte della Stazione appaltante la quale, in violazione del principio di par condicio competitorum, ha consentito a -OMISSIS- un’integrazione documentale, con indicazione di nuovi contratti rispetto a quelli allegati alla domanda di partecipazione, per dimostrare il possesso del requisito tecnico di esecuzione con buon esito nel quinquennio precedente di servizi analoghi.

6. Deve essere esaminato con priorità l’appello incidentale, stante la natura escludente e paralizzante delle censure ivi formulate, volte a contestare l’ammissione alla gara e la valutazione dell’offerta di -OMISSIS-, benché asseritamente priva dei requisiti generali di partecipazione.

6.1. L’appello incidentale è infondato, non meritando la sentenza, in relazione ai profili ivi dedotti, le critiche che le sono state rivolte.

6.2. Ed invero, con riguardo al primo motivo è sufficiente osservare che non è ravvisabile l’addotta violazione dell’obbligo dichiarativo ex art. 38 d.lgs. 163 del 2006, in quanto le sentenze di patteggiamento in oggetto sono intervenute successivamente alla presentazione della domanda di partecipazione alla procedura (nonché in data successiva all’affidamento del-OMISSIS- ad un amministratore giudiziario, disposto con decreto del Tribunale di Roma Sezione Misure di Prevenzione n. 102 del 27 luglio 2015), sicché non può sussistere un obbligo di dichiarare eventi e circostanze che non sono ancora venute ad esistenza al momento in cui siffatta dichiarazione deve essere resa.

Inoltre, appare condivisibile la statuizione di cui alla sentenza impugnata con riguardo all’inapplicabilità delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del Codice degli appalti se riferite al periodo precedente all’affidamento della concorrente ad un amministratore giudiziario ai sensi del comma 1 bis di tale disposizione, da intendersi riferibile anche all’ipotesi di amministrazione giudiziaria ex art. 34, comma 2, del d.lgs. 159/2011 per analogia di effetti rispetto alle fattispecie espressamente contemplate (sequestro e confisca): detta interpretazione appare poi logica e coerente ove si consideri che la norma relativa all’amministrazione giudiziaria è stata introdotta successivamente al d.lgs. 163 del 2006 sicché siffatta estensione anche a tale caso non espressamente previsto dalla disposizione, stante l’identità di effetti e di procedimento applicativo esistente tra tali regimi, non contrasta con la disposizione di cui al Codice degli appalti.

Nel caso di specie, come bene rilevato dalla difesa comunale e comprovato dalla documentazione acquisita in atti, sono stati pienamente rispettati gli obblighi dichiarativi inerenti il possesso dei requisiti di moralità professionale, tenuto conto che le dichiarazioni di cui all’art. 38 comma 1 lett. c) sono state regolarmente rilasciate dal socio di maggioranza persona giuridica di -OMISSIS- e dai relativi amministratori muniti di poteri di rappresentanza cessati dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando.

L’Amministratore giudiziario del-OMISSIS-, nominato con decreto intervenuto prima dell’indizione della gara, ha, inoltre, prodotto una dichiarazione, in data 14.12.2015, con la quale ha affermato l’insussistenza di cause di esclusione per quanto di propria conoscenza e per quanto ricavabile dalla lettura dei certificati del casellario giudiziario, e soltanto in data 28 gennaio 2016, successivamente al decreto con cui veniva disposta l’amministrazione giudiziaria, è stata pronunziata la sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. nei confronti dell’ex Vice Presidente del C.d.A. della Cooperativa: alla luce di tale ricostruzione fattuale, può dunque condividersi la prospettazione del primo giudice secondo cui “la sottoposizione della concorrente a tale regime rappresenterebbe di per sé un segno di forte discontinuità”, e quindi in concreto tale evento, peraltro anteriore all’indizione della gara in oggetto, costituisce indice di dissociazione rispetto alla precedente gestione della società.

6.3.Né era necessario rendere le dichiarazioni ex art. 38 d.lgs. 163 del 2006 con riguardo ai due ex consiglieri del C.d.A. del socio di maggioranza di -OMISSIS-, trattandosi di amministratori privi di poteri di rappresentanza e non in grado di impegnare la società verso i terzi (non solo in base alle qualifiche formali rivestite, ma anche alla stregua dei poteri sostanziali attribuiti), dando la norma in esame rilievo, ai fini dell’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento, soltanto alle sentenze di condanna o di patteggiamento emesse nei confronti degli amministratori muniti di siffatti poteri.

6.4. Si appalesa poi, infondato anche il secondo motivo di doglianza dell’appello incidentale, non sussistendo alcun uso distorto o illegittimo del soccorso istruttorio, in violazione del principio di par condicio dei concorrenti, in quanto, fermo restando che non è in discussione il possesso del requisito di capacità tecnica in parola e l’esistenza del “contratto di punta” (di cui alla pagina 7 del Disciplinare), la Stazione appaltante ha soltanto consentito a -OMISSIS- di integrare elementi dichiarativi non esplicitati nel documento di gara e, trattandosi di irregolarità essenziale sanabile, l’ha ammessa a soccorso istruttorio previo pagamento della sanzione pecuniaria ex art. 46 comma 1 ter e 38, comma 2 bis, del d.lgs. 163 del 2006: ciò in piena coerenza con il principio del favor partecipationis e di parità di trattamento delle concorrenti ed al fine di evitare esclusioni meramente formalistiche che non soddisfano l’interesse sostanziale della Stazione appaltante alla selezione del concorrente che, in possesso dei requisiti richiesti dalla legge di gara, risulti il più idoneo all’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’affidamento. In questo caso, infatti, il soccorso istruttorio non è stato utilizzato strumentalmente al fine di consentire alla concorrente l’acquisizione in gara di un requisito o di una condizione di partecipazione mancante alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta né per consentirle un’inammissibile integrazione o modificazione postuma dell’offerta formulata, ma al solo ed esclusivo fine di provvedere ad un’integrazione documentale inerente l’indicazione dei servizi di punta comprovanti il possesso del requisito rispetto all’ elencazione contenuta nel plico di gara, risultando, pertanto, pienamente legittimo e immune dalle censure dedotte in relazione a tale profilo l’operato dell’Amministrazione appellata.

7. Stante l’infondatezza dell’appello incidentale, può dunque procedersi all’esame di quello principale.

7.1. Il primo motivo di impugnazione formulato da -OMISSIS- è infondato e non merita accoglimento.

Ed invero, il Collegio di prime cure ha fatto retto governo dei consolidati giurisprudenziali in materia di verifica dell’anomalia dell’offerta in base ai quali, per un verso, la relativa valutazione della Stazione appaltante ha natura globale e sintetica, riguardando l’attendibilità e la serietà dell’offerta economica nel suo complesso, e non singole voci o componenti della medesima, per altro verso siffatta valutazione costituisce espressione ed esercizio di poteri tecnico discrezionali riservati alla Pubblica amministrazione, sottratti al sindacato giurisdizionale salvo i casi di manifesta o macroscopica illogicità o di evidente irragionevolezza inficiante l’operato della Stazione appaltante (Cons. di Stato, V, 30 ottobre 2017, n. 4978; Cons. di Stato, III, 13 marzo 2018, n. 1069).

La giurisprudenza amministrativa ha altresì chiarito che non sussiste una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile modesto può comportare un vantaggio significativo per l’impresa anche in termini di qualificazione per essere stata aggiudicataria di un determinato appalto, e inoltre che l’impresa aggiudicataria può, al fine di giustificare la congruità dell’offerta, rimodulare le quantificazioni dei costi e dell’utile indicate inizialmente nell’offerta, purché non ne risulti una modifica degli elementi compositivi tali da pervenire ad un’offerta diversa rispetto a quella iniziale (in tal senso si veda Cons. di Stato, VI, 5 giugno 2015, n. 2770).

Ciò premesso e alla stregua delle su indicate coordinate ermeneutiche non si ravvisano nell’operato dell’Amministrazione e nella valutazione di congruità dell’offerta di Sodexo profili di macroscopica illogicità e irragionevolezza, né sussistono i dedotti vizi di carenza di istruttoria e di difetto di motivazione, apparendo perciò anche immune dalle censure formulate la sentenza di primo grado che ha ritenuto l’infondatezza del corrispondente motivo di ricorso.

Deve, in primo luogo, dedursi come appaia condivisibile la scelta del primo giudice di soffermarsi soltanto su quei rilievi tecnici che hanno un forte impatto sul potenziale azzeramento dell’utile dichiarato, ritenendo di non approfondire quelle contestazioni inidonee a far emergere una manifesta illogicità del giudizio finale della Stazione appaltante (attinenti, in particolare, alla mancata giustificazione dei costi relativi alla formazione e all’aggiornamento del personale) e che risulta altresì corretta la puntuale disamina contenuta nella sentenza impugnata in relazione alle singole voci in contestazione.

Quanto all’errata quantificazione dei costi e dell’utile d’impresa, la Stazione appaltante e l’aggiudicataria hanno dimostrato che si è trattato di un mero errore di calcolo in quanto la voce “risparmio costo derrate”, pari ad euro 47.519, andava detratta e non sommata dai costi: tuttavia questo errore non ha inficiato il conteggio totale, non subendo perciò variazione il calcolo finale dell’utile dichiarato da Sodexo (pari a 188.788,00).

Altrettando condivisibile appare la motivazione della sentenza appellata in punto di errato calcolo del numero di settimane di servizio e di presunta erronea quantificazione dei costi del personale: a ragione, infatti il primo giudice ha ritenuto corretto un calcolo effettuato dalla Stazione appaltante su 34 settimane, avendo la stessa -OMISSIS- evidenziato di aver indicato come “prudenziale” la valutazione dei relativi costi su 36 settimane. Ad ogni modo, il Comune ha adeguatamente comprovato la correttezza del calcolo operato sulla base del numero complessivo di pasti annuali (1.166.100), pervenendo mediante tale operazione ad un risultato addirittura inferiore rispetto al numero di settimane indicate da Sodexo, con conseguente congruità della stima dei costi del personale.

Risulta poi pienamente confermabile la valutazione operata dal primo giudice in relazione all’errata quantificazione del costo del personale tecnico-direttivo, in quanto si evince dall’offerta dell’aggiudicataria che solo una parte del numero complessivo di ore impiegato dall’apposita divisione di Sodexo (pari a 370 ore) sarà effettivamente a disposizione della Stazione appaltante (come risultante dalle giustificazioni fornite da Sodexo di cui all’Allegato 22 bis- documento n. 70 del giudizio di primo grado). La Commissione ha, altresì, ritenuto che dovesse essere valorizzato l’intero monte ore per il Direttore mensa e il Dietista, detraendone il relativo costo dall’utile, e ritenendo che anche in tal caso vi fosse congruità dell’offerta.

In relazione all’esatta quantificazione del costo orario del personale, deve rilevarsi come nelle pubbliche gare un’offerta non può ritenersi anomala per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi, occorrendo invece che sussistano discordanze considerevoli e ingiustificate rispetto a tali valori: tale ipotesi non ricorrono nella fattispecie in esame, risultando approfondita l’istruttoria condotta dal Comune, essendo quindi emerso all’esito della stessa che, nel conteggio delle ore complessive e del costo complessivo, l’aggiudicataria ha calcolato ore in più di servizio, mentre ininfluente risultava anche la minima differenza di percentuale relativa al parametro dell’assenteismo. Né risulta provata in concreto l’impossibilità per l’aggiudicataria di dedurre l’IRAP per l’anno 2017.

Appare, altresì, condivisibile la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto infondata anche la contestata sottostima dei costi dei prodotti biologici, affermando che si tratta di indimostrate valutazioni di natura soggettiva da parte di -OMISSIS- non idonee a superare quelle di segno opposto effettuate dalla Commissione e ad inficiare la valutazione di congruità dell’offerta.

7.2. Parimenti infondato è il secondo motivo dell’appello principale, attinente ad asseriti profili di illegittimità inerenti la nomina e la composizione della Commissione esaminatrice.

In relazione a tale profilo, appaiono, infatti, corrette le statuizioni contenute nella sentenza impugnata, avendo il primo giudice a ragione evidenziato come l’Amministrazione abbia dato atto nell’impugnato provvedimento di nomina della Commissione, della “carenza all’interno dell’Ente di esperti in possesso di specifiche competenze in materia di ristorazione collettiva”: il che già costituiva motivazione adeguata e sufficiente, in quanto non è richiesto alla Stazione appaltante per avvalersi di soggetti esterni quali componenti della Commissione un’estrinsecazione specifica e particolarmente stringente delle ragioni di siffatta nomina, di cui l’Amministrazione, nell’esercizio dei poteri discrezionali, può valutare la necessità o l’opportunità, tenuto conto della natura e del valore dell’appalto ovvero a ragione della concreta impossibilità o difficoltà di avvalersi delle professionalità interne all’Ente.

Appare altresì insussistente l’addotto vizio di istruttoria carente con riguardo al procedimento di nomina della Commissione: il Comune ha, infatti, richiesto alle altre amministrazioni più vicine “una rosa di candidati” all’interno di ciascun Ente nell’ambito della quale effettuare la scelta e la segnalazione di un unico nominativo da parte delle amministrazioni adite non è certo imputabile alla Stazione appaltante a ragione dell’asserita eccessiva specificità delle competenze indicate, in quanto tale indicazione era finalizzata a nominare componenti esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto come disposto dall’art. 84, comma 2, del d.lgs. 163 del 2006, non essendo comunque censurabile la scelta di richiedere un elevato grado di professionalità e specializzazione per i componenti di una Commissione di gara.

Risultano, inoltre, prive di fondamento le censure attinenti alla violazione del principio di imparzialità a causa di un potenziale conflitto di interessi tra i singoli commissari e la società aggiudicataria: tale situazione di conflitto rileva, infatti, solo nel caso di potenziale conseguimento di un indebito vantaggio competitivo a favore di una concorrente, il che non è nel caso di specie in quanto la precedente collaborazione del dott. Conti con la Sodexo, oltre che essere connotata dalla brevità del lasso temporale, risale ad epoca remota essendo venuta meno circa vent’anni prima dell’indizione della gara, ed è stata prontamente segnalata alla Stazione appaltante e da quest’ultima correttamente valutata come ininfluente a minare l’autonomia di giudizio e a determinare l’incompatibilità del soggetto proposto per la nomina; né può rilevare la circostanza che il predetto presieda all’esecuzione di altro contratto di appalto tra il Comune di Cinisello Balsamo e Sodexo trattandosi di altra commessa, nella quale peraltro Sodexo riveste un ruolo economico del tutto marginale (pari al 10% del valore del contratto).

Neppure meritano favorevole considerazione le doglianze inerenti gli altri due componenti della Commissione, dott. Bocciarelli e dott.ssa Messina, non potendo inferirsi la sussistenza di una situazione di incompatibilità o di conflitto di interesse idonea ad inficiarne la nomina dalla mera partecipazione, in qualità di dipendenti autorizzati dall’ente pubblico di appartenenza, ad iniziative di educazione alimentare in cui sono state coinvolte diverse aziende del settore, tra cui anche -OMISSIS-.

8. In conclusione sia l’appello principale sia l’appello incidentale devono essere respinti per l’infondatezza delle censure ivi rispettivamente formulate con integrale conferma della sentenza impugnata.

9.Sussistono giusti motivi, in considerazione delle particolarità e complessità delle questioni trattate, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli principale e incidentale, come in epigrafe proposti, li respinge entrambi.

 

Guida alla lettura

L’aggiudicataria di una procedura aperta indetta dal Comune di Monza per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica (e ricadente nell’applicazione del d.lgs. n. 163/2006, il “Vecchio Codice Appalti”) resisteva al ricorso proposto dalla seconda classificata in graduatoria avverso la propria aggiudicazione deducendo, con ricorso incidentale, che la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per carenza del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 163/2006.

In particolare, ad avviso dell’aggiudicataria, la ricorrente sarebbe stata carente del suddetto requisito generale in virtù dell’esistenza di una sentenza di applicazione della pena a due anni e otto mesi per il reato di corruzione pronunciata nei confronti dell’ex vice Presidente del C.d.A. del socio di maggioranza della società ricorrente non dichiarata in sede di gara.

Chiamato a pronunciarsi sul ricorso incidentale, il Consiglio di Stato, confermando quanto già rilevato dal giudice di prime cure, ha rilevato l’infondatezza delle censure mosse dall’aggiudicataria, tese a paralizzare il ricorso principale.

In primo luogo, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la paventata falsità della dichiarazione resa dal concorrente non fosse configurabile, venendo in rilievo una sentenza intervenuta successivamente alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara. L’obbligo dichiarativo di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 non può riguardare circostanze che non sono ancora venute ad esistenza nel momento in cui la dichiarazione deve essere resa.

Passando al merito della questione e, dunque, alla valutazione circa il possesso del requisito di ordine generale di cui all’art. 38, comma 1, lett. c) in capo al ricorrente, il Consiglio di Stato ha ritenuto dirimente la circostanza che quest’ultimo fosse stato ammesso al regime dell’amministrazione giudiziaria di cui all’art. 34, comma 2 del d.lgs. n. 159/2011.

Come è noto, l’art. 38, comma 1 bis del d.lgs. n. 163/2006, ratione temporis applicabile, sanciva l’irrilevanza dell’esistenza di una causa di esclusione (nel senso di non incidenza sulla possibilità per l’operatore economico di partecipare alla procedura) nel caso di sottoposizione della società o dell’azienda al sequestro o alla confisca previste dalle leggi di contrasto alla criminalità mafiosa (decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, o della legge 31 maggio 1965, n. 575) e affidamento ad un custode o amministratore giudiziario, ove la causa di esclusione fosse riferibile, a livello temporale, al periodo che precede il predetto affidamento.

Ad avviso del Consiglio di Stato, il principio racchiuso all’art. 38, comma 1 bis del d.lgs. n. 163/2006 deve trovare applicazione anche nel caso di specie, in cui la società partecipante alla gara è stata affidata ad un amministratore giudiziario, ai sensi dell’art. 34, comma 2 del d.lgs. n. 159/2011.

Ed infatti, l’ammissione della società a tale regime, cosi come l’applicazione del sequestro o della confisca ed il conseguente affidamento ad un amministratore giudiziario/custode, rappresenta di per sé, come rilevato dal giudice di primo grado, “un segno di forte discontinuità” e, dunque, un “indice di dissociazione rispetto alla precedente gestione della società”.

Attesa l’analogia degli effetti e del procedimento applicativo del regime di cui all’art. 34, comma 2 del d.lgs. n. 159/2011 rispetto alle fattispecie espressamente contemplate (confisca e sequestro) dall’art. 38, comma 1 bis, il giudice di secondo grado ha ritenuto coerente e logico che anche l’applicazione del regime di cui si discute, debba determinare, ai sensi dell’art. 38, comma 1 bis, l’inapplicabilità delle cause di esclusione di cui all’art. 38. A sostegno della propria interpretazione e lettura delle norme, il Consiglio di Stato deduce che se l’amministrazione giudiziaria ex art. 34, comma 2 del d.lgs. n. 159/2011 non è ricompresa nelle ipotesi di dissociazione rilevanti ex art. 38, comma 1 bis, è solo perché essa è stata introdotta dopo l’emanazione del d.lgs. n. 163/2006 sicché “l’estensione anche a tale caso non espressamente previsto dalla disposizione, stante l’identità di effetti e di procedimento applicativo esistente tra tali regimi, non contrasta con la disposizione di cui al Codice degli appalti”.

A tale ultimo proposito è rilevante segnalare che il Consiglio di Stato, nell’esaminare la questione che ci occupa, pare non aver considerato un ulteriore (ed assai rilevante) elemento sistematico-temporale.

Il d.lgs. n. 50/2016, (il “Nuovo Codice dei Contratti Pubblici”) prevede ora che le cause di esclusione previste dall’art. 80 non rilevino ai fini delle partecipazione ad una gara ove riferite al periodo temporale che precede l’applicazione (i) delle misure di confisca e sequestro di cui all’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, come già previsto dall’art. 38, comma 1 bis del Vecchio Codice Appalti, nonché (ii) della confisca e il sequestro di cui agli 20 e 24 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159 (art. 80, comma 11 d.lgs. n. 50/2016).

Tra le misure richiamate dall’art. 80, comma 11, non figura l’amministrazione giudiziaria di cui all’art. 34, comma 2 del d.lgs. n. 159/2011.

Sembra, dunque, che il Legislatore abbia rinvenuto quell’identità di effetti cui il Consiglio di Stato si riferisce nella sentenza in commento, tra le misure previste dal vecchio art. 38, comma 1 bis e la confisca ed il sequestro disciplinate agli artt. 20 e 24 del d.lgs. n. 159/2011 ma non con l’amministrazione giudiziaria prevista dall’art. 34 del d.lgs. n. 159/2011.

V’è, dunque, da chiedersi se, il principio sancito dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento sull’identità di ratio tra confisca e sequestro, da una parte, e amministrazione giudiziaria, dall’altra, (che poggiava il proprio fondamento proprio sul fatto che  quest’ultima misura fosse stata introdotta nell’ordinamento successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 163/2006), possa essere valido anche oggi che il Legislatore sembra aver “scelto” di non ricomprendere la misura di cui all’art. 34, comma 2 del d.lgs. n. 159/2011 tra quelle rilevanti ai sensi e per gli effetti dell’art. 80,comma 11 del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici.