Consiglio di Stato, 19 giugno 2018, n. 3768

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 48 del 2015, proposto da
Auxilium Soc. Coop. Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

contro

U.T.G. - Prefettura di Bari, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Prima, n. 1184 del 2014, resa tra le parti, concernente la revisione dei prezzi in relazione al servizio di gestione e conduzione del centro accoglienza per richiedenti asilo;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’U.T.G. - Prefettura di Bari e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti il Prof. Avv. Angelo Clarizia e l'Avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. - Con convenzione del 24 aprile 2008 e successivi atti aggiuntivi, la Prefettura di Bari – Ufficio Territoriale del Governo, affidava alla Auxilium società cooperativa, il servizio di gestione e conduzione del Centro di Accoglienza per richiedenti asilo (cd. C.A.R.A.) di Bari-Palese per il periodo 28 aprile 2008 – 30 novembre 2011.

Il capitolato speciale prevedeva, espressamente, all’art. 19, il mancato riconoscimento della revisione dei prezzi.

Ciò nonostante, la società cooperativa sociale Auxilium, inoltrava, in data 9 febbraio 2010, un’istanza diretta ad ottenerne il riconoscimento ai sensi dell’art. 115 D.Lgs. 163/06, in relazione al corrispettivo del servizio (quantificato in convenzione nella misura di € 49,99 per ospite oltre I.V.A. al 4%) per il periodo intercorrente dal 1° maggio 2009 al 30 aprile 2010, tenuto conto della natura di norma imperativa di tale disposizione.

Tale istanza veniva respinta.

Con successiva richiesta del 7 dicembre 2011, tale società reiterava la richiesta in modo formale: la Prefettura respingeva tale istanza con atto del 6 giugno 2012, rilevando che il contratto in questione afferiva ad un servizio riconducibile a quelli indicati nell’Allegato II B del D.Lgs. n. 163/06, per i quali, ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. 163/06, non era applicabile la disciplina sulla revisione dei prezzi.

2. - Tale provvedimento veniva impugnato dalla società ricorrente dinanzi al TAR per la Puglia, che con la sentenza n. 1184/2014, respingeva il ricorso.

3. - Avverso tale sentenza ha proposto appello la soc. coop. sociale Auxilium deducendo l’erroneità della decisione di primo grado e chiedendone l’integrale riforma.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione appellante che ha controdedotto con memoria ed ha concluso per il rigetto dell’impugnativa.

La parte appellante ha depositato una memoria ed una memoria di replica a sostegno delle proprie tesi difensive.

4. - All’udienza pubblica del 19 aprile 2018 l’appello è stato trattenuto in decisione.

5. - L’appello è infondato e va, dunque, respinto.

6. - La questione controversa riguarda la legittimità del diniego di revisione dei prezzi, disposto dalla Prefettura di Bari, in ordine alla convenzione stipulata con la società cooperativa sociale ricorrente per la gestione del C.A.R.A di Bari-Palese: pertanto, la controversia riguarda l’applicabilità dell’art. 115 del D.Lgs. 163/06 ai servizi di cui all’Allegato II B dello stesso codice, tra i quali è pacificamente ricompreso quello in questione.

7. - Il TAR ha respinto il ricorso rilevando che:

- l’art. 20 del D.Lgs. n. 163/2006, inserito nella Parte I “Principi e disposizioni comuni e contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice”, Titolo II “Contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice”, disciplina gli appalti di servizi elencati nell’Allegato II B del codice;

- per tali appalti il comma 1 della predetta norma restringe l’ambito di operatività del Codice alle specifiche disposizioni qui di seguito indicate: articolo 68 (specifiche tecniche), articolo 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento), articolo 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati);

- pertanto, gli appalti di servizi di cui all’Allegato II B non soggiacciono alla disciplina dettata dal Codice, ad eccezione delle norme sopra richiamate e dei principi generali elencati dall’art. 27 del citato testo normativo;

- il servizio in questione appartiene alla categoria dei servizi di assistenza sanitaria - sociale di cui all’allegato II B del D.Lgs. 163/2006, svolgendo in sé e per sé un evidente ruolo di primario interesse pubblicistico, volto al contenimento e alla razionalizzazione delle situazioni emergenziali correlate all’immigrazione clandestina;

- l’art. 115, pertanto, non trova applicazione alla convenzione per cui è causa, in quanto, in considerazione del peculiare rilievo pubblicistico del servizio dato in appalto, è consentito all’Amministrazione resistente escludere l’operatività del meccanismo automatico della revisione prezzi;

- in presenza di enti aggiudicatori che operino in virtù di diritti speciali o esclusivi o a tutela di peculiari ipotesi di rafforzato interesse pubblicistico, la norma sulla revisione prezzi di cui all’art. 115 d.lgs. 163/2006 risulta derogabile dalla volontà delle parti;

- nella fattispecie, l’art. 19 del Capitolato di Appalto, esclude inequivocabilmente l’applicazione di qualunque meccanismo di revisione dei prezzi, e dunque, non trova applicazione il disposto di cui all’art. 115 d.lgs. 163/2006, essendone stata negozialmente esclusa l’operatività, ed essendo evidenti i peculiari e rafforzati interessi pubblici specifici (anche inerenti alla tutela dell’ordine pubblico) posti a presidio della gestione del C.A.R.A. di Bari - Palese.

8. - Con l’atto di appello, incentrato su un unico articolato motivo, la società ricorrente ha dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado, rilevando che:

- l’art. 115 del D.Lgs. è norma di principio che persegue finalità generali, di ordine pubblico e di natura cogente che trascendono la singola tipologia di contratto pubblico oggetto di affidamento;

- tale norma, inserita nel “Capo V” intitolato “Principi relativi all’esecuzione del contratto”, si applica a “tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture”, e quindi, ai sensi dell’art. 10, commi 6 e 3 del Codice, anche agli appalti aventi ad oggetto la prestazione di servizi di cui all’allegato II;

- la disposizione recata dall’art. 115 cit. è inclusa nella parte II del Codice, relativa ai “contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture nei settore ordinari” ed il contratto in questione rientra nei “settori ordinari” ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 163/06;

- la norma dell’art. 115 citato, costituendo principio di ordine pubblico, non ammette deroghe se non nei casi espressamente previsti dalla legge;

- non si rinviene alcuna norma di deroga alla sua applicazione ai servizi di cui all’Allegato II B, in quanto l’art. 20 del D.Lgs. n. 163/06 si riferisce alla sola “aggiudicazione” degli appalti aventi ad oggetto i servizi elencati nell’Allegato II B, e non si estende, pertanto, alla disciplina relativa all’esecuzione del contratto;

- la disposizione recata dall’art. 20 del D.Lgs. n. 163/06, essendo norma eccezionale, deve essere interpretata restrittivamente;

- non rileva l’inserimento di tale disposizione nella Parte I, Titolo II, del Codice, relativa ai “Contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice”, tenuto conto che tale collocazione discende dalla parziale applicazione delle norme sull’aggiudicazione;

- neppure l’art. 27 del codice degli appalti introduce una deroga al precetto previsto in tema di esecuzione del contratto, ma anzi, l’art. 115 cit. costituisce applicazione dei principi di economicità ed efficienza;

- il riferimento al “peculiare rilievo pubblicistico del servizio dato in appalto” richiamato in motivazione dal TAR, non potrebbe escludere l’operatività del meccanismo automatico della revisione dei prezzi, rendendo derogabile la disposizione recata dall’art. 115 cit., in quanto non si fonda su alcuna disposizione normativa e, comunque, non sussiste alcuna contrapposizione tra l’interesse pubblicistico al contenimento delle situazioni emergenziali e la correttezza del rapporto sinallagmatico;

- la deroga prevista per i settori speciali, riconducibile agli artt. 31 e 206 del D.Lgs. 163/06,

non può estendersi al contratto in questione che afferisce ai settori ordinari (il che comporta l’irrilevanza dei precedenti giurisprudenziali richiamati dal TAR, che afferiscono a contratti rientranti nei “settori speciali”, o comunque connessi a servizi ricompresi in tale categoria);

- poiché il codice degli appalti non contempla alcuna deroga espressa all’applicazione della parte II, con riferimento ai servizi dell’Allegato II B, eccetto quella relativa all’aggiudicazione di cui all’art. 20 dello stesso codice, non è attribuita alla stazione appaltante alcuna discrezionalità nel prevedere l’aggiornamento dei prezzi contrattuali e/o nel derogare ai principi di ordine pubblico in materia di esecuzione del contratto;

- in mancanza di una disposizione di legge che lo consenta e di una motivazione dell’amministrazione, la deroga all’aggiornamento dei prezzi comporta un’irragionevole disparità di trattamento tra gli operatori e si pone in contrasto con i principi comunitari in materia di circolazione delle merci e di tutela della concorrenza, poiché comporta una limitazione non giustificata da ragioni di mercato che grava nei settori ordinari solo sui servizi di cui all’allegato II B;

- la sentenza del TAR ha omesso di pronunciarsi sulla censura di violazione del principio del buon andamento (tenuto conto della valenza pubblicistica della revisione dei prezzi) e sui vizi di irragionevolezza, illogicità e difetto di motivazione del provvedimento impugnato;

- la clausola contenuta nel capitolato speciale si riferisce alla revisione dei prezzi prevista dall’art. 1664 c.c. e comunque tale clausola – ove fosse diversamente interpretata – sarebbe nulla per contrasto con una disposizione imperativa.

Ha quindi concluso per l’accoglimento dell’appello e la conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento della somma di € 680.832,96 a titolo di revisione prezzi, o di altra somma stabilita dal giudice, chiedendo di ordinare alla Prefettura di aprire il procedimento di adeguamento dei prezzi.

8.1 - Nella memoria del 19 marzo 2018 l’appellante ha ribadito che l’art. 20 cit. non prevede che il codice non si applichi ai servizi di cui all’Allegato II B ad esclusione di taluni articoli, richiamando – sotto il profilo della compatibilità della deroga con la disciplina eurounitaria – l’ordinanza della Sez. IV di questo Consiglio di Stato del 22 marzo 2017 n. 1297 di rinvio pregiudiziale, ex art. 267 del Trattato FUE, alla Corte di Giustizia Europea formulando due quesiti che affrontano la problematica dell’applicabilità della revisione prezzi ai “settori speciali”.

9. – Ritiene il Collegio di dover svolgere alcune considerazioni preliminari.

Devono essere innanzitutto riaffermati alcuni principi, già espressi nella propria recente giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 9 gennaio 2017 n. 25), secondo cui:

- l' art. 6, comma 4, della L. n. 537 del 1993, come novellato dall' art. 44 della L. n. 724 del 1994, prevede che “tutti i contratti pubblici ad esecuzione periodica o continuativa devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo pattuito”;

- tale disposizione, ora recepita nell'art. 115 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163 del 2006) per quanto riguarda gli appalti di servizi o forniture, costituisce norma imperativa non suscettibile di essere derogata in via pattizia, ed è integratrice della volontà negoziale difforme secondo il meccanismo dell'inserzione automatica (artt. 1419, comma 2 e 1339 c.c.) (Cons. Stato, Sez. V 16/6/2003 n. 3373);

- la finalità dell’istituto è da un lato quella di salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994), dall’altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 aprile 2014 n. 2052; Sez. III 4 marzo 2015 n. 1074; Sez. V 19 giugno 2009 n. 4079);

- nel rapporto tra la revisione dei prezzi previsti dall’art. 1664, comma 1, c.c. e quella pubblicistica prevista dall’art. 115 del D.Lgs. 163/06 sussiste un rapporto di specialità, e pertanto, nell’ambito dei contratti pubblici non può applicarsi la normativa civilistica che ha natura dispositiva, essendo rimessa alla volontà delle parti;

- l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione, non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti;

- in tal senso si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465), rilevando che la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso al risparmio di spesa, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato;

- per compiutezza espositiva è opportuno rilevare che, nel nuovo codice degli appalti, la revisione non è obbligatoria per legge come nella previgente disciplina (applicabile ratione temporis alla presente controversia), ma opera solo se prevista dai documenti di gara. Ciò comporta l’inapplicabilità della giurisprudenza, già richiamata, sulla natura imperativa e sull’inserimento automatico delle clausole relative alla revisione prezzi e alla loro sostituzione delle clausole contrattuali difformi;

- ulteriore differenza tra la disciplina recata tra i due codici si rinviene in ordine all’applicabilità della revisione prezzi anche ai “settori speciali”, che era esclusa nel regime recato dal D.Lgs. n. 163/06 ed è invece ora ammessa dall’art. 106 del D.Lgs. n. 50/2016.

10. - Sempre in via preliminare è opportuno richiamare la sentenza della Corte di Giustizia UE del 19 aprile 2018, C 152/17, che ha definito la questione pregiudiziale proposta dalla Quarta Sezione di questo Consiglio di Stato richiamata dall’appellante nella propria memoria difensiva.

La Corte europea ha rilevato che:

- da nessuna disposizione della direttiva 2004/17/CE, emerge che quest’ultima debba essere interpretata nel senso che essa osta a norme di diritto nazionale, quale il combinato disposto degli articoli 115 e 206 del d.lgs. n. 163/2006, che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati dalla medesima direttiva, dal momento che quest’ultima non impone agli Stati membri alcun obbligo specifico di prevedere disposizioni che impongano all’ente aggiudicatore di concedere alla propria controparte contrattuale una revisione al rialzo del prezzo dopo l’aggiudicazione di un appalto;

- nemmeno i principi generali sottesi alla direttiva 2004/17/CE e, segnatamente, il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne deriva, sanciti dall’articolo 10 di tale direttiva, ostano a siffatte norme;

- al contrario, non si potrebbe escludere che una revisione del prezzo dopo l’aggiudicazione dell’appalto possa entrare in conflitto con tale principio e con tale obbligo (v., per analogia, sentenza del 7 settembre 2016, C 549/14, Finn Frogne, punto 40);

- come rilevato dalla Commissione nelle osservazioni scritte, il prezzo dell’appalto costituisce un elemento di grande rilievo nella valutazione delle offerte da parte di un ente aggiudicatore, così come nella decisione di quest’ultimo di attribuire l’appalto a un operatore; tale importanza emerge peraltro dal riferimento al prezzo contenuto in entrambi i criteri relativi all’aggiudicazione degli appalti di cui all’articolo 55, paragrafo 1, della direttiva 2004/17. In tali circostanze, le norme di diritto nazionale che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati da tale direttiva sono piuttosto idonee a favorire il rispetto dei suddetti principi;

- in conclusione, la direttiva 2004/17/CE e i principi generali ad essa sottesi devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a norme di diritto nazionale, come quelle di cui al procedimento principale, che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati da tale direttiva.

10.1 - I principi espressi dalla Corte di Giustizia UE consentono di risolvere le questioni prospettate nell’atto di appello in merito alla incompatibilità della normativa nazionale, che nega la revisione dei prezzi per talune tipologie di contratti di servizi, con quella europea.

11. - Svolte queste premesse è possibile procedere alla disamina della questione controversa.

11.1 - Condivide il Collegio la ricostruzione normativa operata dall’appellante in ordine alla natura di norma imperativa di carattere generale dell’art. 115 del D.Lgs. n. 163/06, essendo conforme alla giurisprudenza consolidata.

Tale ricostruzione comporta che l’inapplicabilità di tale disposizione a taluni contratti necessita di una copertura normativa, non potendo fondarsi su valutazioni discrezionali di opportunità, fondate sulla particolare tipologia del servizio.

Si è già precisato che nel contratto di appalto civilistico la revisione dei prezzi è rimessa alla volontà delle parti, e dunque è frutto di una valutazione discrezionale di esse, mentre nel caso dei contratti pubblici (nel regime del vecchio codice degli appalti) la norma ha valenza inderogabile e, quindi, la sua inapplicabilità deve trovare un chiaro fondamento normativo.

E’ altrettanto condivisibile la ricostruzione dell’appellante laddove ricorda che, mentre per i “settori speciali” il legislatore (cfr. artt. 31 e 206 del D.Lgs. 163/06) è stato chiarissimo nel prevedere l’inapplicabilità dell’istituto della revisione dei prezzi (tanto è vero che il problema si è posto in relazione alla connessione di un appalto rientrante nel settore ordinario con quello ricadente nel settore speciale (cfr. ord. IV Sezione 22 marzo 2017, n. 1297, già citata), più problematica è la questione relativa all’applicabilità di tale istituto ai servizi di cui all’Allegato II B, non essendovi – a detta dell’appellante – alcuna disposizione normativa sulla quale possa fondarsi la deroga alla disposizione generale recata dall’art. 115 del D.Lgs. n. 163/06.

Correttamente, infatti, l’appellante ha ricordato che i servizi di cui all’Allegato II B non afferiscono ai “settori speciali” che, a norma dell’art. 3, comma 4, del vecchio codice degli appalti, sono “i settori del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica, come definiti dalla parte III del presente codice”.

Di conseguenza ha sostenuto che, non rientrando nei “settori speciali”, gli appalti relativi ai servizi di cui all’Allegato II B ricadono in quelli “ordinari”, e dunque, ad essi si applica la disciplina normativa comune recata dall’art. 115, che è incluso nella parte II del Codice rivolta ai “contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture nei settori ordinari”.

11.2 - Questa impostazione, però, non tiene conto che tali servizi – sebbene non rientrino nei “settori speciali” individuati in base all’art. 3, comma 4, cit. – presentano, però, un regime differenziato rispetto agli appalti “comuni” che rientrano nel novero dei “settori ordinari”.

Questi servizi hanno, infatti, una disciplina ad hoc, delineata dal legislatore.

Ciò comporta che non possono applicarsi a questi servizi, in via automatica, le norme proprie dei “servizi ordinari” utilizzando la logica della scelta residuale (se non è A, deve essere B), poiché in presenza di un regime “specifico”, a tali servizi si applicano le sole norme speciali previste dal legislatore, sicchè il termine “tutti i contratti” contenuto nell’art. 115 del codice va inteso come riferito a “tutti i contratti che non presentano un regime speciale” all’interno del codice.

E’ chiaro, infatti, che nel caso di conflitto tra norme prevale il regime speciale.

11.3 – Occorre, dunque, esaminare le norme che disciplinano, all’interno del D.Lgs. n. 163/06, questa specifica tipologia di appalti di servizi per verificare se, dall’insieme di tali disposizioni, possa ricavarsi quale sia il regime previsto per la revisione prezzi per i contratti di servizi di cui all’allegato II B.

12. - Secondo il TAR, l’esenzione dall’obbligo della revisione prezzi si fonda sull’art. 20, comma 1, del D.Lgs. n. 163/06, che restringe l’ambito di operatività del Codice alle sole disposizioni degli artt. 68 (specifiche tecniche), 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento), 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati), oltre ai principi elencati dall’art. 27 dello stesso codice.

12.1 - L’appellante ha – però – replicato che tale norma si riferisce all’aggiudicazione e che, pertanto, non si estende alla fase di esecuzione del contratto.

La norma dell’art. 20, comma 1, cit., infatti, così recita: “L’aggiudicazione degli appalti aventi ad oggetto i servizi elencati nell’Allegato II B è disciplinata esclusivamente dall’art. 68 (specifiche tecniche), dall’art. 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento), dall’art. 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati)”.

Tale norma non contiene, quindi, alcun riferimento al codice degli appalti.

12.2 - Il TAR ha affermato il principio secondo cui gli “appalti di servizi di cui all’Allegato II B non soggiacciono alla disciplina dettata dal Codice, ad eccezione delle norme sopra richiamate e dei principi generali elencati nell’art. 27 del citato testo normativo”, ma non ha spiegato le ragioni del proprio convincimento: non ha, infatti, richiamato le specifiche norme del codice poste a fondamento della propria affermazione, essendosi limitato a richiamare una giurisprudenza non pertinente (come correttamente dedotto dall’appellante) e concetti indeterminati, quali “il primario interesse pubblicistico del servizio”, “il contenimento e la razionalizzazione delle situazioni emergenziali correlate all’immigrazione clandestina”, “i peculiari e rafforzati interessi pubblici specifici”.

Ciò ha comportato le puntuali censure svolte in sede di appello.

Nella motivazione vi è un richiamo anche all’art. 27 del D.Lgs. n. 163/06, ma tale disposizione non è stata esaminata compiutamente, nonostante la sua rilevanza ai fini della definizione della controversia.

12.3 - Questa norma, stabilendo quali sono i principi che debbono applicarsi per l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione oggettiva del codice degli appalti, introduce implicitamente il principio cardine dell’inapplicabilità a queste tipologie di contratti delle norme del codice, tranne che nel caso in cui vengano espressamente dichiarate applicabili: tale disposizione, in pratica, dispone che agli appalti esclusi – anche in parte – dall’applicazione del codice, si applicano le sole norme espressamente dichiarate applicabili dallo stesso codice per ciascuna tipologia di appalto.

Pertanto, non può valere per tali contratti la regola dell’applicazione “automatica” delle disposizioni codicistiche in assenza di una specifica deroga, come sostenuto dall’appellante, ma occorre – al contrario – che, data la presunzione di inapplicabilità del codice derivante dall’art. 27 cit., vi sia una specifica norma derogatoria che ne consenta l’applicazione.

In sostanza, vi è un totale capovolgimento della logica seguita nella ricostruzione operata dall’appellante: la norma di deroga non è quella che esclude l’applicazione della disposizione codicistica, ma semmai è quella che ne consente l’applicazione.

12.4 - Ed infatti, ad esempio, l’art. 20, comma 2, prevede che “Gli appalti di servizi elencati nell’allegato II A sono soggetti alle disposizioni del presente codice”: questa norma deroga, quindi, il principio di inapplicabilità del codice che permea la disciplina dei contratti relativi a servizi che hanno un regime speciale.

Da essa può desumersi anche, in via logica, il diverso regime applicabile agli appalti di servizi di cui all’Allegato II B, per i quali analoga eccezione non è prevista: per tale tipologia di appalti di servizi, infatti, la norma non contempla l’applicazione delle norme del codice, confermando il regime “ordinario” dell’inapplicabilità di tutte le disposizione in esso contenute, tranne quelle espressamente indicate come applicabili.

Stesso ragionamento può svolgersi con riferimento al subappalto: il comma 3 dell’art. 27, derogando dal principio dell’inapplicabilità delle norme codicistiche per gli appalti esclusi in tutto, o in parte, dall’applicazione del codice, ha previsto la facoltà per le amministrazioni di farvi ricorso.

Tale norma, come ha correttamente rilevato l’appellata Amministrazione, non avrebbe avuto alcun senso nella ricostruzione dell’istituto operata dall’appellante.

Ove le norme del codice fossero state direttamente applicabili agli appalti di servizi di cui all’Allegato II B, in quanto - non afferendo ai “settori speciali”, sarebbero stati ricompresi nei “settori ordinari” –, non vi sarebbe stata alcuna necessità di precisare, espressamente, l’applicabilità dell’istituto del subappalto per tali contratti.

La necessità di questa previsione discende, infatti, dal principio dall’inapplicabilità del codice agli appalti relativi ai servizi dell’Allegato II B, trattandosi di servizi aventi un regime speciale.

12.5 - Ne consegue che, non essendo prevista per gli appalti relativi ai servizi di cui all’Allegato II B una espressa previsione di applicabilità delle norme del codice degli appalti, come nel caso dei contratti relativi ai servizi di cui all’Allegato II A, né essendo rinvenibile nel D.Lgs. n. 163/06 un’altra disposizione che estenda anche a questa tipologia di appalti di servizi la norma recata dall’art. 115 cit., legittimamente l’Amministrazione ha negato la revisione dei prezzi, tenuto conto che non sussisteva un obbligo di legge di riconoscerla, e che nel capitolato speciale (art. 19) era stata espressamente esclusa.

12.6 - Il provvedimento impugnato, quindi, non risulta affetto da alcuno dei vizi dedotti.

Esso, infatti, è stato adottato in conformità alle disposizioni di legge e alle previsioni contenute nel capitolato speciale, ed è anche sufficientemente motivato.

13. - L’appello va, dunque, respinto e per l’effetto va confermata la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso di primo grado.

14. - Le spese del grado di appello possono compensarsi tra le parti tenuto conto della complessità della fattispecie esaminata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso di primo grado.

Spese del grado di appello compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:

Franco Frattini, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore

Giorgio Calderoni, Consigliere

 

 

Guida alla lettura

 

L’inapplicabilità della clausola di revisione dei prezzi è stata espressamente prevista dal legislatore esclusivamente per gli appalti dei settori speciali, nei quali non rientrano i servizi di cui all’Allegato II B che devono essere pertanto ricondotti nell’alveo dei settori ordinari con conseguente applicazione di quanto previsto dall’art. 115. Tuttavia, anche se tali servizi non sono riconducibili ai settori speciali, al tempo stesso hanno caratteristiche che li differenziano anche dagli appalti dei settori ordinari in quanto vi è la presenza di una disciplina specifica e quindi in presenza di un regime specifico si applicano le sole norme speciali previste dal legislatore. 

 

Il Consiglio di Stato si è pronunciato sul ricorso presentato da un operatore economico contro  l’U.T.G. - Prefettura di Bari, Ministero dell’Interno per la riforma della sentenza T.A.R. Puglia che riguardava la revisione dei prezzi per il servizio di gestione e conduzione del centro accoglienza per richiedenti asilo. 

Nel capitolato speciale era espressamente previsto il mancato riconoscimento della revisione dei prezzi.

La società ricorrente, tuttavia, a febbraio 2010 chiedeva la revisione ai sensi dell’art. 115            d.lgs. 163/06 ritenendo che tale disposizione fosse norma imperativa, richiesta che veniva respinta. Nonostante ciò veniva ripresentata a dicembre del 2011 e nuovamente respinta               dall’U.T.G.-Prefettura di Bari la quale sosteneva che il servizio in questione rientrava tra quelli di cui all’Allegato II B del d.lgs. 163/06 per i quali non era applicabile la disciplina sulla revisione dei prezzi ex art. 20 dello stesso decreto legislativo.

Tale decisione veniva impugnata dalla società ricorrente dinanzi al T.A.R. Puglia il quale respingeva il ricorso con sentenza n. 1184/2014 la quale veniva appellata dinanzi al Consiglio di Stato. Tra i vari motivi di doglianza si sosteneva principalmente che le disposizioni di cui              all’art. 115 costituivano principio generale di ordine pubblico e di natura cogente, motivo per cui non si poteva derogare se non nei casi espressamente indicati dalla legge e che la tipologia di appalto in questione rientrava nella categoria degli appalti ordinari ai quali si applica l’art. 115.

 

Il Consiglio di Stato, rifacendosi a quanto già detto con la pronuncia n. 25, Sez. III, del 9 gennaio 2017, si pronuncia sulla controversia facendo innanzitutto delle considerazioni preliminari delle quali le principali meritano di essere citate e così riassunte:

  1. Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa devono recare una clausola di revisione periodica dei prezzi originariamente concordati;
  2. Questa disposizione è stata recepita nell’art. 115, d.lgs. 163/2006 e costituisce norma imperativa che non può essere soggetta a deroghe per volontà delle parti. In caso contrario vi sarà l’inserimento automatico della clausola di revisione periodica dei prezzi (Cons. di Stato, Sez. V, 16/06/2003, n. 3373);
  3. Nel nuovo Codice degli appalti la revisione dei prezzi non è obbligatoria per legge e opera solo se prevista dal bando di gara. Ciò comporta l’inapplicabilità della giurisprudenza formatasi negli anni precedenti;
  4. Differente rispetto al precedente Codice degli appalti è l’applicabilità della revisione dei prezzi anche ai settori speciali prevista all’art. 106, d.lgs. 50/2016.

 

Sempre preliminarmente il Consiglio di Stato richiama la sentenza della Corte di Giustizia Europea, 19 aprile 2018, C 152/17, la quale è intervenuta sulla questione pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato e presente nei motivi di doglianza della ricorrente. A tal proposito i giudici amministrativi evidenziano come la Corte di Giustizia Europea abbia affermato che dalla direttiva 2004/17/CE non deriva alcun obbligo per gli Stati membri di prevedere nel diritto nazionale disposizioni che comportino la revisione dei prezzi dopo l’aggiudicazione.

Fatte tali premesse il Consiglio di Stato entra nel merito della questione oggetto di giudizio. In primis accoglie la ricostruzione dell’appellante affermando che corretto è ritenere imperativo e di carattere generale l’art. 115 d.lgs. 163/2006 con conseguente necessità di copertura normativa in caso di inapplicabilità di tale articolo ad alcuni contratti. Non è ammessa, pertanto, una valutazione discrezionale di opportunità legata alla particolare tipologia del servizio.

Inoltre, l’inapplicabilità della clausola di revisione dei prezzi è stata espressamente prevista dal legislatore esclusivamente per gli appalti dei settori speciali, nei quali non rientrano i servizi di cui all’Allegato II B che devono essere pertanto ricondotti nell’alveo dei settori ordinari con conseguente applicazione di quanto previsto dall’art. 115.

Tuttavia, il Consiglio di Stato evidenzia che, sebbene tali servizi non siano riconducibili ai settori speciali, al tempo stesso hanno caratteristiche che li differenziano anche dagli appalti dei settori ordinari in quanto vi è la presenza di una disciplina specifica e quindi «in presenza di un regime “specifico”, a tali servizi si applicano le sole norme speciali previste dal legislatore, sicché il termine “tutti i contratti” contenuto nell’art. 115 del codice va inteso come riferito a “tutti i contratti che non presentano un regime speciale” all’interno del codice».

Tanto affermato, i giudici amministrativi procedono ad un’analisi del contesto normativo del d.lgs. 163/06 per verificare la sussistenza nell’insieme di norme da applicare alla revisione dei prezzi per i servizi di cui all’Allegato II B.

Il Consiglio di stato ha ritenuto che l’art. 27 d.lgs. 163/06 «introduce implicitamente il principio cardine dell’inapplicabilità a queste tipologie di contratti delle norme del codice, tranne che nel caso in cui vengano espressamente dichiarate applicabili». Si afferma quindi che a queste tipologie si applicano solamente le norme che espressamente sono dichiarate applicabili.

Per questo motivo «non può valere per tali contratti la regola dell’applicazione “automatica” delle disposizioni codicistiche in assenza di una specifica deroga, (…), ma occorre – al contrario – che, data la presunzione di inapplicabilità del codice derivante dall’art. 27 cit., vi sia una specifica norma derogatoria che ne consenta l’applicazione». Così la norma di deroga è quella che consente l’applicazione della norma del Codice.

Da ciò deriva l’inapplicabilità ai servizi di cui all’Allegato II B della disciplina del codice degli appalti in quanto trattasi di servizi con regime speciale e non essendovi nessuna disposizione che preveda l’applicabilità, né essendoci nel d.lgs. 163/06 una disposizione che preveda l’applicazione a tali servizi dell’art. 115, in maniera legittima la Pubblica Amministrazione ha escluso per tali appalti la revisione dei prezzi.

Il Consiglio di Stato ha respinto, così, il ricorso avverso la sentenza del T.A.R. Puglia.