Sommario: 1. il principio del soccorso istruttorio. – 2. il soccorso istruttorio nel d.gs. 12 aprile 2006, n. 163. – 3. il soccorso istruttorio per come riformato dal d.l. 24 giugno 2014, n. 90. – 4. irregolarità essenziali degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive inerenti ai requisiti di ordine generale. – 5. irregolarità non essenziali e mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili. – 6. Carenze e irre- golarità non sanabili attraverso il soccorso istruttorio. ipotesi problematiche. – 7. il soccorso istruttorio nel nuovo Codice dei contratti pubblici. – 8. L’applicazione del- la sanzione per le irregolarità essenziali. – 9. Soccorso istruttorio in sede processua- le: la carenza documentale dell’aggiudicataria non sempre porta all’annullamento dell’aggiudicazione. – 10. La questione della compatibilità europea della disciplina nazionale in tema di onerosità del soccorso istruttorio. – 11. La nuova disciplina del soccorso istruttorio: il Correttivo del 2017.

1.    Il principio del soccorso istruttorio.

 

Il soccorso istruttorio può essere definito come la procedimentalizzazione, in funzione collaborativa, del potere di esclusione, atteso che abilita la stazione appaltante ad individuare e segnalare al concorrente le irregolarità in cui è incorso onde procedere alla relativa rettifica o integrazione.

Il soccorso istruttorio, dal punto di vista sistematico, rappresenta un’applicazione legale del principio del giusto procedimento sancito dall’art. 3, l. 7 agosto 1990, n. 241, che impone all’Amministrazione di squarciare il velo della mera forma per assodare l’esistenza delle effettive condizioni di osservanza delle prescrizioni imposte dalla legge o dal bando di gara.

Le principali questioni problematiche emerse con riguardo al soccorso istruttorio hanno riguardato la sua qualificazione in termini di facoltà od obbligo, nonché l’esatta perimetrazione del relativo alveo applicativo.

L’interpretazione delle disposizioni sul soccorso istruttorio ha rappresentato il terreno del confronto tra due opposte esigenze, variamente composte e parimenti fondate sul diritto euro-unitario.

Da un lato, infatti, il soccorso istruttorio si giustifica sulla base del favor partecipationis, nella duplice declinazione di principio che assicura la piena apertura del mercato alla concorrenza ed anche l’approvvigionamento dell’Amministrazione alle migliori condizioni.

Dall’altro lato, l’esegesi del soccorso istruttorio è stata condizionata preoccupazione che l’allargamento del suo ambito applicativo alteri la par condicio, violi il canone di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa, incida sul divieto di disapplicazione della lex specialis contenuta nel bando, eluda la natura decadenziale dei termini cui è soggetta la procedura.

Inoltre, l’interpretazione del soccorso istruttorio ha trovato ulteriore limite del principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione.

È possibile enucleare tre fasi nella disciplina e nella conseguente applicazione giudiziale del soccorso istruttorio.

La prima fase, connotata da un’esegesi rigorosa e restrittiva, coincide con l’introduzione del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ove il soccorso istruttorio è stato disciplinato dall’art. 46, comma 1.

La successiva fase, caratterizzata da una significativa estensione del perimetro applicativo del soccorso istruttorio, consegue all’introduzione degli artt. 38, comma 2 bis, e 46, comma 1 ter, da parte del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni nella legge 11 agosto 2014, n. 114.

L’ultima fase si rinviene nell’art. 83 del nuovo Codice dei contratti pubblici, così come incisivamente modificato dal recente correttivo del 2017.

 

2. Il soccorso istruttorio nel d.gs. 12 aprile 2006, n. 163.

 

Il soccorso istruttorio era previsto, come indicato, dall’art. 46, co. 1, del previgente Codice, alla cui stregua “1. Nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati”.

L’elaborazione giurisprudenziale maturata durante il vigore di detta disposizione, in considerazione del tenore letterale e della sua ratio essendi, ha ritenuto il soccorso istruttorio non una facoltà, ma “un doveroso ordinario modus procedendi volto a superare inutili formalismi in nome del principio del favor partecipationis e della semplificazione, sia pure all’interno di rigorosi limiti”[1].

Il perimetro del soccorso istruttorio era decodificato sulla base della distinzione tra i concetti di “regolarizzazione documentale” ed “integrazione documentale”.

La linea di demarcazione si riteneva discendesse naturaliter dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del soccorso istruttorio era inoperante ogni volta che venissero in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla legge di gara (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte dalla legge, senza che si possa ammettere alcuna possibilità di esercizio del “potere di soccorso”; conseguentemente, l’integrazione non si riteneva consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento.

Si consentiva, invece, la mera regolarizzazione, attinente a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione e risolventesi, di regola, nella rettifica di errori materiali e refusi.

Si riteneva inoltre che il soccorso istruttorio consentisse di completare dichiarazioni o documenti già presentati (ma, giova ribadirlo, non di introdurre documenti nuovi), solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione dell’impresa; senza poter tuttavia mai utilizzato per supplire a carenze dell’offerta sicché non poteva essere consentita al concorrente negligente la possibilità di completare l’offerta successivamente al termine finale stabilito dal bando, salva la rettifica di errori materiali o refusi.

Si è ritenuto altresì che il soccorso istruttorio ricomprendesse la possibilità di chiedere chiarimenti, purché il possesso del requisito fosse comunque individuabile dagli atti depositati e occorra soltanto una delucidazione ovvero un aggiornamento; in tal caso non si tratta di incertezze sulla sussistenza del requisito ma soltanto di una (consentita) precisazione che non innova e non altera la par condicio e la legalità della gara, avendo ad oggetto un fatto meramente integrativo, da un punto di vista formale, di una situazione sostanzialmente già verificatasi e acquisita.

Si è del pari affermato, con riferimento al quadro normativo risultante dall’originario Codice del 2016, che il soccorso istruttorio dovesse anche ricomprendere l’interpretazione di clausole ambigue onde favorire la massima partecipazione alle gare e, conseguentemente, la possibilità di consentire, unicamente per questo limitato caso e nel rispetto della par condicio, la successiva integrazione documentale; siffatta attività di interpretazione, a fronte di clausole ambigue, si è connota come necessaria specie se sollecitata da appositi quesiti dei candidati; si è del pari ritenuto che la relativa risposta, ovviamente, dovesse essere comunicata a tutti i partecipanti alla gara (c.d. ruling contrattuale).

In conclusione, la rigorosa esegesi maturata con riferimento all’art. 46, co. 1, del Codice, ha portato la giurisprudenza a sostenere che, in presenza di una previsione chiara e dell’inosservanza di questa da parte di una impresa concorrente, l’invito alla integrazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, che verrebbe vulnerato dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa dell’Amministrazione), di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso del requisito di partecipazione o la completezza dell’offerta, da parte del concorrente che non ha presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione o documentazione conforme al regolamento di gara.

La perimetrazione dell’ambito applicativo del soccorso istruttorio ha risentito dell’introduzione, ad opera dell'art. 4, comma 2, lettera d), legge n. 106 del 2011, del principio di tassatività delle cause di esclusione.

In particolare, il comma 1 bis dell’art. 46, aggiunto dalla menzionata novella, ha stabilito che “la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.

Le conseguenze di tale introduzione sono state rilevate dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 25 febbraio 2014, n. 9. Si è infatti osservato che la novella al codice dei contratti pubblici ha ridotto drasticamente la discrezionalità della stazione appaltante nella c.d. (auto)regolamentazione del soccorso istruttorio, atteso che l’Amministrazione ha perso la facoltà di inserire nel bando, al di fuori della legge, la previsione che un determinato adempimento sostanziale, formale o documentale sia richiesto a pena di esclusione.

Inoltre, in quest’ottica è stata eliminata in radice la lamentata stortura di un sistema che consentiva alla stessa Amministrazione di prescindere dall’onere di una preventiva interlocuzione e di escludere il concorrente sulla base della riscontrata carenza documentale, indipendentemente da ogni verifica sulla valenza “sostanziale” della forma documentale omessa;

Con la conseguenza che non può trovare ingresso l’applicazione del principio processuale civilistico della sanatoria dei vizi formali per il raggiungimento dello scopo, rispondendo tale istituto ad una logica diversa da quella che connota il procedimento amministrativo di evidenza pubblica contrattuale.

 

3. Il soccorso istruttorio per come riformato dal d.l. 24 giugno 2014, n. 90.

 

La rigorosa esegesi fornita dalla giurisprudenza con riguardo all’originaria disciplina del Codice dei contratti pubblici ha indotto il legislatore ad intervenire, mediante l’art. 39, comma 1, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, in senso decisamente sostanzialistico.

In particolare il comma 2-bis dell’art. 38, introdotto dalla novella, ha stabilito che la mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive relative ai requisiti di ordine generale obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere.

Nei casi di irregolarità non essenziali ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione.

In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte.

D’altro canto, l’art. 46, comma 1-ter, aggiunto dalla medesima novella, ha precisato che le disposizioni di cui articolo 38, comma 2-bis, si applicano a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara.

Inoltre, al fine di delimitare il perimetro applicativo del soccorso istruttorio, il legislatore ha previsto al comma 1-bis dell’art. 46 le cause tassative di esclusione, limitando le fattispecie escludenti a:

a) il mancato adempimento alle prescrizioni previste dal Codice e dal d.p.r. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di  attuazione del Codice) o da altre disposizioni di legge vigenti;

b) l’incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi  essenziali;

c) la non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei  plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato  violato il principio di segretezza delle offerte.

Le eventuali prescrizioni imposte a pena di esclusione nei bandi, diverse da quelle derivanti dal Codice e dal Regolamento o da altre disposizioni di legge vigenti ovvero che non siano riconducibili  alle ulteriori ipotesi prospettate dall’art. 46, comma 1-bis, sono nulle per espressa previsione del medesimo articolo. La sanzione della nullità, in luogo di quella dell’annullabilità, comporta che le  clausole di bandi e lettere di invito, laddove prevedano cause di esclusione  non consentite, siano automaticamente inefficaci e vadano disapplicate dal  seggio di gara, senza necessità di annullamento giurisdizionale.

Può dunque ritenersi che la novella introdotta dal d.l. n. 90 del 2014, con riferimento alle previsioni di cui all’art. 46 del Codice, determini un’inversione radicale di principio, una vera è propria rivoluzione copernicana rispetto ai principi rassegnati dall’Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014, n. 9.

Si afferma infatti la generale sanabilità di qualsiasi carenza, omissione o irregolarità, con il solo  limite intrinseco dell’inalterabilità del contenuto dell’offerta, della certezza  in ordine alla provenienza della stessa, del principio di segretezza che  presiede alla presentazione della medesima e di inalterabilità delle condizioni  in cui versano i concorrenti al momento della scadenza del termine per la  partecipazione alla gara.

Le norme sopra riportate sono finalizzate, dunque, a superare le incertezze interpretative ed applicative del combinato disposto degli artt. 38 e 46 del Codice (oggetto  di orientamenti giurisprudenziali non univoci, come si illustrerà in seguito)  mediante la procedimentalizzazione del soccorso istruttorio (che diventa  doveroso per ogni ipotesi di omissione o di irregolarità degli elementi e delle  dichiarazioni rese in gara) e la configurazione dell’esclusione dalla gara come  sanzione unicamente legittimata dall’omessa produzione, integrazione, regolarizzazione degli elementi e delle dichiarazioni carenti, entro il termine  assegnato dalla stazione appaltante (e non più da carenze originarie).

Tanto premesso, non vi è dubbio che la novella recata dall’art. 39 comma 1 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, all’art. 38, d.lgs. 163/2006, ha espresso (cfr. Cons. St., Ad. Plen., n. 16/2014) la chiara volontà del legislatore di evitare (nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell'ammissione alla gara delle offerte presentate) esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali (ivi compresa anche la mancanza assoluta delle dichiarazioni). Questione diversa, evidentemente, è quella della dichiarazione non veritiera e dell’operatività in un simile contesto di quanto disposto dall’art. 75, d.P.R. 445/2000.

Proprio tale diversità di piani ha dato luogo all’emersione in giurisprudenza di due orientamenti, individuati dalla sentenza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato, 25 maggio 2015, n. 2589, alla cui stregua “le tesi contrapposte sono del tutto chiare e così riassumibili. Secondo una prima prospettazione, la mancata indicazione di un fatto rilevante ai sensi dell’art. 38 non può essere considerato “errore”, ma dichiarazione non veritiera a norma dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, comportando così la decadenza dai benefici conseguiti, ossia in questo caso l’ammissione alla procedura di gara. Secondo una seconda prospettazione, si sarebbe in presenza di una mera omissione, e come tale ricompresa nell’ambito applicativo del sopravvenuto comma 2 bis dell’art. 38.

Questa seconda lettura pare alla Sezione meritevole di accoglimento, in quanto maggiormente in linea con la norma recentemente introdotta (di per sé prevalente, sia perché successiva nel tempo rispetto al d.P.R. del 2000, sia perché speciale, concernendo unicamente la materia delle procedure di gara per contratti pubblici), sia perché più coerente con l’interpretazione datane dalla citata sentenza n. 16 del 2014 dell’Adunanza plenaria.

Si noti, infatti, che il comportamento della parte è consistito nella mancata indicazione di un determinato elemento (ossia l’esistenza di una vicenda rilevante a norma dell’art. 38, comma 1 lett. f) del codice degli appalti). Si tratta quindi di una fattispecie che si connota strutturalmente per una sua mancata interezza e come tale considerata dall’interpretazione appena esaminata (che considera come fatto che impone il soccorso istruttorio della pubblica amministrazione anche l’omissione totale). Questa è quindi strutturalmente mancante e, come tale, fa sorgere l’obbligo dell’amministrazione di procedere a quanto disposto dal comma 2 bis dello stesso art. 38.”.

Diverso è invece il caso[2] in cui l’impresa concorrente abbia attestato la non esistenza di fatti riconducibili all’ipotesi di cui all’art. 38, comma 1 lett. f), del Codice previgente, e non si sia limitata a omettere di citare un fatto rilevante ai fini dell’applicazione della detta norma, ma ne abbia attestato l’inesistenza.

Fattispecie quest’ultima che è diversa da quella esaminata dalla pronuncia sopra citata ed è, invece, stata compiutamente analizzata dalla sentenza della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, 11 aprile 2016, n. 1412, che ha ribadito, “in conformità ai moltissimi precedenti giurisprudenziali (cfr., tra le tante, Cons. Stato, V, 25 febbraio 2015, n. 943; 14 maggio 2013, n. 2610; IV, 4 settembre 2013, n. 4455; III, 5 maggio 2014, n. 2289)…l’obbligo del partecipante ad una pubblica gara di mettere a conoscenza la stazione appaltante delle vicende pregresse (negligenze ed errori) o di fatti risolutivi occorsi in precedenti rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni”. In una simile ipotesi, quindi, si attiva il disposto dell’art. 75, d.P.R. n. 445/2000, mentre non può operare il soccorso istruttorio dal momento che non è contestata la mancanza o l’incompletezza della dichiarazione, ma l’aver reso dichiarazione “non veritiera”.

La disciplina introdotta dalla novella del 2014 ha posto rilevanti difficoltà esegetiche, connesse in particolare alla qualificazione come essenziali o meno delle irregolarità degli elementi e delle  dichiarazioni sostitutive, nonché all’individuazione delle dichiarazioni non  indispensabili.

Tali difficoltà si riflettono, infatti, sia sulla correttezza dei provvedimenti che la stazione appaltante dovrà assumere in gara, in ordine alla possibilità  per il concorrente di regolarizzare le stesse nonché di evitare o meno l’applicazione  della sanzione pecuniaria prescritta dall’art. 38, comma 2-bis, sia sulla corretta individuazione di tutte quelle cause tassative di esclusione strettamente connesse al contenuto dell’offerta ovvero alla segretezza della stessa, in presenza delle quali, in ossequio al principio  di parità di trattamento e di perentorietà del termine di presentazione dell’offerta,  non si ritiene possa essere ammessa alcuna integrazione e/o regolarizzazione. Giova a tal fine passare in rassegna le conclusioni cui è giunta l’Autorità Nazionale Anticorruzione, nella determinazione dell’8 gennaio 2015, n. 1, che raccoglie la tassonomia delle varie irregolarità e si atteggia ad utile bussola per gli interpreti, la cui rilevanza permane anche a seguito dell’introduzione del nuovo Codice del 2016.

 

4. Irregolarità essenziali degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive inerenti ai requisiti di ordine generale.

 

È ragionevole ritenere che con la nozione di irregolarità essenziale il legislatore abbia voluto  riferirsi ad ogni irregolarità nella redazione della dichiarazione, oltre all’omissione  e all’incompletezza, che non consenta alla stazione appaltante di individuare con chiarezza il soggetto ed il contenuto della dichiarazione stessa, ai  fini dell’individuazione dei singoli requisiti di ordine generale che devono  essere posseduti dal concorrente e, in alcuni casi, per esso dai soggetti  specificamente indicati dallo stesso art. 38, comma 1, del Codice.

Tale interpretazione si desume, oltre che dalla ratio sottesa alla norma – che, peraltro, nel prevedere una specifica sanzione pecuniaria, intende realizzare l’obiettivo di evitare che a  fronte della generale sanabilità delle carenze e delle omissioni, gli operatori  siano indotti a produrre dichiarazioni da cui non si evinca il reale possesso  dei singoli requisiti generali e l’esatta individuazione dei soggetti che  devono possederli – anche da un dato testuale della medesima, che assume  maggior pregnanza da una lettura sistematica dei primi due periodi del citato comma  2-bis.

Infatti, nel secondo periodo della norma appena richiamata è espressamente stabilito che nei casi di irregolarità  essenziale  “la  stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci  giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni  necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere”.

L’espresso riferimento al contenuto delle dichiarazioni ed ai soggetti che le devono prestare, rende palese l’intento del legislatore di estendere  l’applicazione della norma a tutte le  carenze – in termini di omissioni, incompletezze e irregolarità – riferite agli  elementi ed alle dichiarazioni di cui all’art. 38, nonché  agli aspetti relativi all’identificazione dei centri di imputabilità delle dichiarazioni stesse.

Per quanto attiene al contenuto occorre ribadire che le situazioni ostative ivi previste incidono tutte necessariamente sull’affidabilità professionale dell’impresa e, dunque, eventuali irregolarità nella relativa dichiarazione devono ritenersi essenziali in quanto incidenti sull’individuazione del requisito in  capo all’impresa stessa (ovvero ai soggetti operanti al suo interno).

Allo stesso modo vanno ricondotte nella categoria delle irregolarità essenziali, le carenze  della dichiarazione che attengono all’individuazione dei soggetti responsabili della  stessa. Ci si riferisce, ad esempio, all’omessa produzione del documento di identità a corredo della dichiarazione o alla mancanza della sottoscrizione della dichiarazione stessa ovvero alla stessa mancata indicazione dei soggetti  cui fanno riferimento le lettere b) e c) del comma 1 dell’art. 38, laddove la  stazione appaltante abbia espressamente richiesto tali indicazioni negli atti  di gara e le connesse loro dichiarazioni.

La dichiarazione sostitutiva costituisce infatti fonte di responsabilità, anche penale, in conseguenza della  eventuale falsità dell’atto, pertanto, le irregolarità che riguardano l’esatta individuazione del responsabile della  dichiarazione, vanno sicuramente ricondotte nell’alveo della essenzialità.

In sintesi le  carenze essenziali riguardano  l’impossibilità di stabilire se il singolo requisito contemplato dal comma 1  dell’art. 38 sia posseduto o meno e da quali soggetti (indicati dallo stesso  articolo). Ciò che si verifica nei casi in cui:

a) non sussiste dichiarazione in merito ad una specifica lettera del comma 1 dell’art. 38 del Codice;

b) la dichiarazione sussiste ma non da parte di uno dei soggetti o con riferimento ad uno dei soggetti che la norma individua come titolare del requisito;

c) la dichiarazione sussiste ma dalla medesima non si evince se il requisito sia posseduto o meno.

Ciò secondo quanto prescritto negli atti di gara ed in conformità alle modalità in essi specificamente indicate.

Un caso particolare è costituito dall’omessa indicazione delle sentenze di condanna di cui al comma 1, lett. c) dell’art. 38 del Codice, che devono essere dichiarate espressamente, secondo quanto  prescrive il comma 2 del medesimo articolo.

Orbene, riguardo a questo specifico caso, giova evidenziare che la nuova disciplina del soccorso istruttorio mira ad evitare l’esclusione dalla gara per fatti e circostanze di  carattere formale che attengono alle dichiarazioni rese.

L’omessa indicazione delle sentenze di condanna riportate dai soggetti di cui alla citata lett. c),  tuttavia, se avviene secondo modalità che integrino gli estremi di una  dichiarazione negativa del concorrente (perché dichiara espressamente di non  averne riportate, eventualmente anche contrassegnando sul modulo predisposto  dalla stazione appaltante la casella relativa all’assenza delle sentenze),  laddove, invece, le stesse sussistano, la fattispecie integra gli estremi del  falso in gara con tutte le implicazioni in termini di non sanabilità della  dichiarazione resa (perché la stessa non sarebbe semplicemente mancante ovvero  carente ma non corrispondente al vero) e conseguente esclusione del concorrente  dalla gara nonché segnalazione del caso all’Autorità.

In conclusione, ove vi sia un’omissione, incompletezza, irregolarità di una dichiarazione con carattere dell’essenzialità – da individuarsi come tale in applicazione della disciplina sulla cause tassative di esclusione – la  stazione appaltante non potrà più procedere direttamente all’esclusione del  concorrente ma dovrà avviare il procedimento contemplato nell’art. 38, comma 2-bis del Codice, volto all’irrogazione della sanzione pecuniaria ivi prevista ed alla sanatoria delle irregolarità  rilevate.

L’ANAC ritiene, infatti, che le irregolarità essenziali, ai fini di quanto previsto dall’art.  38, comma 2-bis, coincidono con le  irregolarità che attengono a dichiarazioni ed elementi inerenti le cause tassative di esclusione,  previste nel bando, nella legge o nel disciplinare di gara, in ordine alle  quali non è più consentito procedere ad esclusione del concorrente  prima della richiesta di regolarizzazione da parte della stazione appaltante, fatta in ogni caso eccezione per quelli che afferiscono all’offerta nei termini sopra indicati.

 

5. Irregolarità non essenziali e mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili.

 

Occorre prendere in esame la categoria delle irregolarità non essenziali, ovvero la mancanza o l’incompletezza  di dichiarazioni non indispensabili alle quali  non  seguono sanzioni né obblighi di regolarizzazione da parte del concorrente.

Pur non essendovi menzione nella norma in esame, deve rilevarsi la possibilità che siano presenti irregolarità o carenze  della dichiarazione che non possono considerarsi essenziali ma nel contempo non sussumibili neanche nella categoria  delle non essenziali e non indispensabili, appalesandosi,  invece come dichiarazioni o elementi esigibili da parte della stazione appaltante ai fini di una celere e certa verifica – in  ossequio al principio di buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97  Cost.) – dell’autodichiarazione resa dal concorrente per l’ammissione alla  gara.

In tal senso viene in rilievo un tertium genus che riguarderebbe, per lo più ipotesi di completamento o chiarimento delle dichiarazioni e dei documenti presentati, in ordine ai quali deve ritenersi possibile, per la stazione  appaltante attivare il soccorso istruttorio, senza irrogare alcuna sanzione  pecuniaria.

Si tratterebbe in tal caso di irregolarità non essenziali ma che tuttavia afferiscono ad elementi indispensabili se considerati sotto il  profilo della celere e sicura verifica del possesso dei requisiti di ordine  generale in capo ai concorrenti, in un’ottica di buon andamento ed economicità  dell’azione amministrativa, cui devono concorrere anche i partecipanti alla gara,  in ossequio ai principi di leale cooperazione, di correttezza e di buona fede,  e che la stazione appaltante può, in ogni caso, richiedere ai sensi dell’art.  46, comma 1 del Codice, non modificato dalla nuova disciplina del soccorso  istruttorio.

Sulla base di tali indicazioni, pertanto, le stazioni appaltanti  procedono – caso per caso – alla valutazione delle irregolarità essenziali e  dell’indispensabilità degli elementi e delle dichiarazioni di cui all’art. 38, secondo il procedimento di cui al nuovo comma 2-bis del medesimo articolo, potendo esigere, senza sanzione alcuna, il completamento o l’integrazione delle dichiarazioni rese, tramite tutte quelle informazioni utili ad una celere definizione del procedimento di  verifica delle stesse autodichiarazioni rese.

 

6. Carenze e irregolarità non sanabili attraverso il soccorso istruttorio. Ipotesi problematiche.

 

Fermo restando che l’assenza del requisito e la violazione delle disposizioni che attengono a status e condizioni in cui devono  trovarsi i concorrenti alla scadenza del termine, comportano, in ogni caso,  l’esclusione del concorrente dalla gara – occorre stabilire, innanzitutto,  quali sono gli elementi, la cui mancanza, incompletezza ed irregolarità non può essere sanata, in quanto le relative dichiarazioni e gli adempimenti normativamente prescritti incidono direttamente sul contenuto dell’offerta ovvero sulla sua  segretezza.

L’ANAC osserva in primo luogo che la sottoscrizione della domanda e dell’offerta da parte del titolare o del legale rappresentante dell’impresa, o di altro soggetto munito di poteri di rappresentanza, costituisce un elemento  essenziale di entrambe. La sottoscrizione dell’offerta ha la funzione di ricondurre al suo autore l’impegno di effettuare la prestazione oggetto del contratto verso il corrispettivo richiesto ed assicurare, contemporaneamente, la provenienza, la serietà e l’affidabilità dell’offerta stessa; la  sottoscrizione della domanda di partecipazione è un elemento essenziale che  attiene propriamente alla manifestazione di volontà di partecipare alla gara.

   La sottoscrizione costituisce, pertanto, un elemento essenziale. Tuttavia, non impattando sul contenuto e sulla segretezza dell’offerta, l’ANAC nella determinazione n. 1 del 2015 ritiene la sua eventuale carenza sanabile. Infatti, ferma restando la riconducibilità dell’offerta al concorrente (che escluda l’incertezza assoluta  sulla provenienza), dal combinato disposto dell’art. 38, comma 2-bis e 46, comma 1-ter del Codice, risulterebbe sanabile ogni ipotesi di mancanza,  incompletezza o irregolarità (anche) degli elementi che devono essere prodotti  dai concorrenti in base alla legge (al bando o al disciplinare di gara), ivi  incluso l’elemento della sottoscrizione, dietro pagamento della sanzione  prevista nel bando.

 Con riferimento alla presentazione della cauzione provvisoria, prevista a corredo dell’offerta, essa assolve – come noto – allo scopo di assicurare la serietà dell’offerta e di costituire una liquidazione preventiva e forfettaria del danno, nel caso non si addivenga alla stipula del contratto per causa imputabile  all’aggiudicatario.

   Tale cauzione assolve, peraltro, anche allo scopo di garantire la stazione appaltante per il pagamento delle sanzioni pecuniarie comminate ai concorrenti,  nell’eventualità che si verifichi in gara una omissione o una irregolarità  nelle dichiarazioni rese dagli stessi, nei termini in precedenza indicati.

   In  relazione a tale garanzia, l’Autorità (nella determinazione n. 4/2012)  ha qualificato come causa di esclusione la mancata o irregolare presentazione  della cauzione provvisoria.

   Di avviso difforme la giurisprudenza amministrativa secondo cui i vizi che attengono alla cauzione provvisoria, ai sensi del comma 1-bis dell’art. 46 del Codice, non determinano l'esclusione dalla gara dell’impresa concorrente, ma alla stessa è consentito procedere alla sua regolarizzazione o integrazione[3].

   Sulla questione incide il comma 1-ter dell’art. 46 del Codice, che sembra ammettere la sanatoria di omissioni o irregolarità anche in relazione alla presentazione della garanzia in parola,  laddove la norma consente la sanabilità di ogni ipotesi di mancanza,  incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti  terzi.

Con  riferimento alla mancata effettuazione del sopralluogo negli appalti di lavori, di cui all’art. 106, comma 2, del previgente Regolamento, si ritiene che tale fattispecie costituisca causa di esclusione. Si tratta, infatti, di un adempimento che deve essere necessariamente eseguito in una fase antecedente alla presentazione dell’offerta, perché volto ad assicurare che il concorrente abbia piena contezza delle condizioni di esecuzione dei lavori. Diversamente, la mancata o irregolare allegazione della dichiarazione di cui al citato art. 106, comma 2, del Regolamento – ove il concorrente abbia effettivamente provveduto al  sopralluogo – può essere sanata.

Con riferimento alle irregolarità concernenti gli adempimenti formali di partecipazione alla gara, incidenti sulla segretezza delle  offerte, si evidenzia che il comma 1-bis dell’art. 46 prevede la possibilità di esclusione del concorrente dalla gara in  tutti i casi in cui sia violato il principio di segretezza delle offerte.

La disposizione si riferisce, in particolare, alle ipotesi di incertezza assoluta sulla provenienza dell’offerta  e alla non integrità del plico o ad altre irregolarità relative alla chiusura  dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia  stato violato il principio di segretezza delle offerte.

Vanno ricondotti alla categoria in esame i casi di violazione di una serie di cautele previste nei documenti di gara, che sono volte ad assicurare l’integrità dei plichi contenenti l’offerta o la  domanda di partecipazione e, in definitiva, il corretto svolgimento della  procedura di gara. La presentazione delle offerte e delle domande di partecipazione, infatti, deve essere assistita dall’osservanza di alcuni adempimenti  di carattere formale, tesi ad assicurare il rispetto di principi di primaria importanza, quali quello della segretezza ed immodificabilità delle proposte  contrattuali formulate, nonché il principio di parità di trattamento.    

In particolare, con riferimento alle modalità di presentazione delle offerte, costituiscono cause  di esclusione le seguenti ipotesi, esemplificativamente individuate dall’Autorità anticorruzione[4]:

a)    mancata indicazione sul plico esterno generale del riferimento alla gara cui l'offerta è rivolta;

b)    apposizione sul plico esterno generale di  un’indicazione totalmente errata o generica, al punto che non sia possibile  individuare il plico pervenuto come contenente l'offerta per una determinata  gara;

c)     mancata sigillatura del plico e delle buste  interne con modalità di chiusura ermetica che ne assicurino l’integrità e ne  impediscano l’apertura senza lasciare manomissioni;

d)    mancata apposizione sulle buste interne al  plico di idonea indicazione per individuare il contenuto delle stesse[5];

e)     mancato inserimento dell’offerta economica e di  quella tecnica in buste separate, debitamente sigillate, all’interno del plico  esterno recante tutta la documentazione e più in generale la loro mancata  separazione fisica[6].

Ai  sensi dell’art. 46, comma 1-bis, resta comunque salva la residuale facoltà delle stazioni appaltanti di rilevare, nel caso concreto, ulteriori circostanze che, inducendo  a ritenere violato il principio di segretezza delle offerte, comportino  l’esclusione debitamente motivata del concorrente.

  

7. Il soccorso istruttorio nel nuovo Codice dei contratti pubblici.

 

L’art. 1, lett. z), della legge 28 gennaio 2016, n. 11, recante la delega al Governo per l’attuazione delle direttive sui contratti pubblici, ha eloquentemente fissato il principio di “riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti, con attribuzione a questi ultimi della piena possibilità di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda, purché non attenga agli elementi oggetto di valutazioni sul merito dell’offerta, e semplificazione delle procedure di verifica da parte delle stazioni appaltanti, con particolare riguardo all’accertamento dei requisiti generali di qualificazione, costantemente aggiornati, attraverso l’accesso a un’unica banca dati centralizzata gestita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la revisione e semplificazione dell’attuale sistema AVCpass, garantendo a tal fine l’interoperabilità tra i Ministeri e gli organismi pubblici coinvolti e prevedendo l’applicazione di specifiche sanzioni in caso di rifiuto all’interoperabilità”.

Tale delega è stata esercitata attraverso l’art. 83 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che reca, inter alia, la disciplina del soccorso istruttorio e ribadisce il principio di tassatività delle cause di esclusione.

È d’uopo rimarcare, in primo luogo, l’eterogeneità del contenuto del menzionato articolo, che abbraccia anche la disciplina dei requisiti di partecipazione nonché del sistema di premialità.

Il Consiglio di Stato, nel rendere il parere sullo schema di decreto delegato, ha conseguentemente suggerito di dedicare al soccorso istruttorio un apposito articolo, che descrivesse in modo più puntuale, fra l'altro, l'ambito oggettivo dell’istituto e il suo svolgimento procedimentale. Tanto si è affermato proprio in considerazione dell’incidenza della disciplina sul corretto svolgimento della procedura, mediante un equilibrato bilanciamento tra i principi di massima partecipazione, semplificazione, par condicio e tutela della concorrenza.

 

La disciplina del soccorso istruttorio è stata recepita dal comma 9 dell’art. 83 che prescrive, innanzitutto, che “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio (…)”.

In termini generali, l’istituto si pone a completamento della disciplina in tema di tassatività delle cause di esclusione e conferma l’intenzione del Legislatore delegato di impedire l’estromissione di un concorrente sulla base di valutazioni meramente formali, valorizzando, al contrario, l’esigenza di accertare in concreto l’effettiva sussistenza dei requisiti richiesti in capo all’operatore economico[7].

Il secondo periodo del comma 9 stabilisce che “la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica, obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 5.000 euro”.

Il comma in esame (il quale peraltro riprende in massima parte il contenuto del d.lgs. 163 del 2006, art. 38 co. 2-bis in tema di c.d. 'soccorso istruttorio a pagamento') è stato ritenuto dal Consiglio di Stato in sede consultiva alla stregua di una disciplina di dubbia conformità con la previsione delle legge delega, che prevede forme di "integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento formale della domanda". Il Consiglio di Stato ha affermato, in particolare che, al di là della con divisibilità o meno di questa scelta del legislatore (che sembra eliminare un deterrente indubbiamente responsabilizzante per le imprese) non si può riproporre il meccanismo del c.d. 'soccorso istruttorio a pagamento' di cui all'attuale art. 38, co. 2-bis dell'abrogando codice. In tal senso, il riferimento alle carenze del solo DGUE non appare corretto, poiché la legge delega considera ogni lacuna riferita alla "domanda".

Il Consiglio di Stato, anche al fine di rispettare il fondamentale criterio di semplificazione imposto dalla delega, ha altresì suggerito di prevedere due sole fattispecie alternative: le carenze formali sanabili (non onerosamente) e le lacune essenziali, non sanabili, attraverso il soccorso istruttorio, nemmeno previo il pagamento di una sanzione pecuniaria.

Si è altresì suggerito di eliminare la possibilità di sanare con il c.d. 'soccorso istruttorio' la "mancanza (…) dei requisiti', cui faceva riferimento l’originaria stesura del decreto. Ed infatti, tale previsione era obiettivamente perplessa e sembrava adombrare che fosse possibile per il concorrente dotarsi anche successivamente di un elemento di partecipazione in precedenza non posseduto.

Il Consiglio di Stato ha inoltre ribadito l’esigenza di chiarire (anche in questo caso, al fine di evitare rilevanti contrasti in sede applicativa) in quali casi emerga una mera "irregolarità essenziale" della dichiarazione (che può essere ammessa al soccorso istruttorio) e in quali casi si è invece in presenza della carenza di un elemento essenziale dell'offerta (che comporta l'esclusione dell'impresa).

Si è rappresentata, poi, l'opportunità di conservare, comunque, una forma di "soccorso procedimentale", riferito agli elementi essenziali dell'offerta tecnica ed economica, secondo cui, fermo restando il divieto di integrazione documentale, l'amministrazione, in caso di dubbi riguardanti il contenuto dell'offerta, possa richiedere chiarimenti al concorrente.[8]

Il legislatore ha parzialmente recepito le indicazioni del Consiglio di Stato, disciplinando in maniera più chiara il perimetro di applicazione della disposizione, attraverso l’individuazione – sia pur necessariamente sintetica – delle ipotesi non suscettibili di regolarizzazione.

A tal fine, il Codice ha stabilito che costituiscono “irregolarità essenziali non sanabili” le carenze della documentazione che impediscano “l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”.

 Il legislatore ha precisato che possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso le carenze, ivi incluse quelle essenziali, che colpiscono gli elementi formali della domanda, con esclusione dall’alveo applicativo del soccorso istruttorio delle lacune che concernono l’offerta tecnica ed economica[9]. Dalla disposizione non emerge, invece, un’espressa menzione al “soccorso procedimentale” da riferire, secondo il suggerimento del Consiglio di Stato, agli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica, al fine di consentire all’Amministrazione la possibilità di chiedere chiarimenti, in caso di dubbi riguardanti il contenuto dell’offerta.

Quanto alla procedura prevista, la norma prevede che, in caso di carenze riscontrate, la stazione appaltante debba assegnare al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, affinché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicando il contenuto ed i soggetti che le devono rendere. Contestualmente alle integrazioni richieste, il concorrente deve anche presentare, a pena di esclusione, il documento comprovante l’avvenuto pagamento della sanzione.

Con riferimento alla sanzione, è rilevante notare che la norma – come sottolineato dal Consiglio di Stato – non appare conforme al dettato della legge delega, che prevedeva la possibilità di una integrazione documentale non onerosa.

L’art. 83, comma 9, ha ulteriormente che la sanzione è dovuta esclusivamente nel caso in cui l’operatore economico intenda procedere alla regolarizzazione, onde evitare l’esclusione. Il chiarimento reso dal codice permette di superare i dubbi emersi sotto il vigore della precedente disposizione normativa che aveva indotto taluna giurisprudenza ha ritenere passibile di sanzione l’impresa per la sola omissione documentale, a prescindere dall’intenzione di aderire o meno al soccorso istruttorio[10]. Tale indirizzo è stato, come si vedrà infra, sconfessato da un orientamento del Consiglio di Stato che ha ravvisato la natura ricognitiva e non innovativa della norma in esame, precisando che l’art. 83, comma 9, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella parte in cui prevede che “ la sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione”, ha natura interpretativa, e non innovativa,  della pregressa disposizione contenuta nell’art. 38, comma 2 bis,  d.lgs. 12 aprile 2006,  n.163. Con la conseguenza che, anche in vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, il pagamento pecuniario non era una sanzione automatica e non era irrogabile nel caso in cui il concorrente avesse deciso di non avvalersi del soccorso istruttorio.

L’ultimo periodo del comma 9, ribadisce, in continuità con la disciplina previgente, un diverso regime di regolarizzazione per le violazioni meramente formali ovvero nel caso in cui l’omissione o l’incompletezza riguardi dichiarazioni non essenziali. In tal caso, la stazione appaltante richiede comunque la regolarizzazione al concorrente secondo la procedura descritta in precedenza ma senza applicazione di alcuna sanzione. Resta comunque ferma anche in tale ipotesi la regola secondo la quale, in caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente deve essere escluso dalla gara.

In definitiva, fatte salve le peculiarità di cui si è detto, il sistema delineato dal codice conferma l’impostazione generale previgente, prevedendo tre distinte ipotesi di irregolarità, cui accedono regimi diversi in ordine alle conseguenze. Non è stato, invece, recepito il suggerimento del Consiglio di Stato di prevedere, in un’ottica di semplificazione, “due sole fattispecie alternative: le carenze formali sanabili (non onerosamente) e le lacune essenziali, non sanabili, attraverso il soccorso istruttorio, nemmeno previo il pagamento di una sanzione pecuniaria[11].

Il legislatore del 2016 evidenzia, anche dal punto di vista topografico, la simmetria e la connessione tra il soccorso istruttorio ed il principio di tassatività delle cause di esclusione. La preclusione al potere delle amministrazioni di individuare discrezionalmente ulteriori cause di esclusione rispetto a quelle previste in via normativa è recata dal comma 8 dell’art. 83. La norma prevede, in particolare, che “i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti”, con l’ulteriore precisazione che eventuali prescrizioni difformi devono comunque ritenersi nulle.

È anzitutto possibile rilevare, dal confronto tra tale disposizione e la previgente, che il legislatore del 2016 ha scelto di introdurre una disciplina molto meno analitica rispetto a quella risultante dal previgente Codice, per come modificato nel 2011. Si prevedeva, infatti, che le stazioni appaltanti potessero escludere i concorrenti solo “in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte[12].

Resta peraltro inalterato, come rilevato da autorevole dottrina, il profilo funzionale della tassatività delle cause di esclusione, che è del resto “chiaramente ispirata ai principi di massima partecipazione alle gare e del divieto di aggravio del procedimento” e tende “a correggere quelle soluzioni, diffuse nella prassi (amministrativa e forense), che sfociavano in esclusioni anche per violazioni puramente formali.[13]

Rispetto alla portata del divieto, deve inoltre ritenersi, in analogia col passato, che il principio di tassatività delle cause di esclusione non imponga che la legge preveda espressamente tale comminatoria, risultando sufficiente che il dato legislativo preveda adempimenti doverosi ovvero introduca norme di divieto[14]. Dunque, eventuali clausole della lex specialis che prescrivano l’esclusione per violazioni che non trovino un adeguato supporto normativo devono ritenersi irrimediabilmente nulle, con il relativo regime che ne consegue sotto il profilo sostanziale e processuale[15].

 

8. L’applicazione della sanzione per le irregolarità essenziali.

 

L’irrogazione della sanzione a fronte della sanatoria di irregolarità essenziali ha posto notevoli problemi applicativi, ora superati in radice per effetto del correttivo al Codice dei contratti pubblici.

Le perplessità sono maturate già con riguardo alla disciplina introdotta della novella del 2014, incidente sull’art. 38, comma 2-bis del previgente Codice, secondo cui la sanzione è fissata “in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della  gara e comunque non superiore a 50.000 euro”.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha conseguentemente ritenuto che le stazioni appaltanti fossero tenute a fissare negli atti di gara l’importo della sanzione (entro i limiti  normativamente previsti), in modo da autovincolare la loro condotta a garanzia dell’imparzialità e della parità di trattamento nei confronti delle imprese  concorrenti. Con specifico riferimento agli appalti suddivisi in lotti, si è affermato che la sanzione dovesse essere commisurata all’importo del lotto per cui si concorre.

La norma di cui all’art. 38 non contemplava, invece, la possibilità di graduare la sanzione in ragione della gravità dell’irregolarità commessa o in relazione alle singole fattispecie escludenti contemplate nel comma 1 del medesimo articolo (tenuto conto, peraltro, che tali fattispecie incidono tutte sull’affidabilità morale dell’impresa), in ragione del fatto che, in ogni caso, la sanzione è correlata all’unica categoria  dell’essenzialità della mancanza, incompletezza ed irregolarità.

L’ANAC, nella menzionata determinazione, aveva correttamente ritenuto che la sanzione individuata negli atti di gara fosse irrogata solo nel caso in cui il concorrente intendesse avvalersi del soccorso istruttorio; in tal modo l’Autorità, superando un precedente contrasto maturato nella giurisprudenza amministrativa, ha anticipato l’orientamento fatto proprio da una recente pronuncia del Consiglio di Stato, esaminata infra.

L’Autorità ha altresì precisato che la sanzione è comminata esclusivamente al soggetto le cui dichiarazioni sono carenti e devono essere integrate e/o regolarizzate, anche nel caso di presentazione dell’offerta da  parte di RTI (che non costituisce soggetto diverso dai concorrenti) sia esso  costituendo o costituito. La sanzione deve essere irrogata anche all’impresa ausiliaria (in ipotesi di avvalimento) qualora la stessa produca una dichiarazione ex art. 38 carente (dichiarazione che doveva essere prodotta ai  sensi dell’art. 49, co. 2, lett. c) del Codice previgente). Ciò, si ritiene, in ragione  della particolare disciplina dell’istituto, secondo cui atteso che il concorrente soddisfa i requisiti di partecipazione mediante quelli posseduti dall’ausiliaria, quest’ultima è responsabile in solido con il primo, ed inoltre il concorrente è escluso dalla gara per le false dichiarazioni dell’ausiliaria  (art. 49, co. 3 del Codice).

In caso di mancata regolarizzazione degli  elementi essenziali carenti, invece, la stazione appaltante è tenuta a procedere all’esclusione  del concorrente dalla gara. Per tale ipotesi la stazione appaltante deve espressamente prevedere nel bando che si proceda, altresì, all’incameramento della cauzione esclusivamente nell’ipotesi in cui la mancata integrazione dipenda da una carenza del requisito dichiarato. All’incameramento, in ogni  caso, non si deve procedere per il caso in cui il concorrente decida semplicemente di non avvalersi del soccorso istruttorio.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 10 dicembre 2014, n. 34, infatti, fornendo una lettura evolutiva dell’art. 75 del Codice previgente, anche alla luce della nuova disciplina del soccorso istruttorio, ha affermato la legittimità dell’incameramento della cauzione provvisoria in caso di mancanze relative ai requisiti generali di cui all’art.  38, con riferimento a tutti i concorrenti e non al solo aggiudicatario[16].

 

8.1. Natura interpretativa e non innovativa dell’art. 83, d.lgs. n. 50 del 2016: la non debenza della sanzione nel caso in cui il concorrente non si avvalga del soccorso istruttorio.

 

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza 16 gennaio 2017, n. 92, ha chiarito che, nonostante la portata apparentemente innovativa, il comma 9 dell’art. 83, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 ha carattere interpretativo e consente, quindi, di orientare una corretta esegesi in merito alla portata e al contenuto della disciplina pregressa.

L’assunto è corroborato dall’identità della disposizione rispetto alla precedente formulazione, con eccezione del solo inciso virgolettato in cui si prevede che “la sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione”; e, ancor più, dalla circostanza che, nel silenzio della precedente disposizione sul punto, si erano delineati contrasti interpretativi, con l’emersione della citata determinazione dell’ANAC 8 gennaio 2015, n. 1, favorevole a una soluzione che escludesse l’applicazione della sanzione in assenza di richiesta di ammissione alla gara.

Va rimarcato che la soluzione prescelta – che anche con riferimento al quadro normativo pregresso considera il pagamento pecuniario non alla stregua di sanzione automatica, ma quale onere per la riammissione previa integrazione – è in linea con il principio di proporzionalità, in quanto evita l’applicazione di una misura volta a colpire, anche in assenza di colpa, la mera condotta violativa di obblighi formali e documentali.

Peraltro la Sezione ha dato atto di un proprio recente orientamento contrario. Con sentenza 22 agosto 2016, n. 3667, è stato infatti affermato che l’introduzione dell’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, ha inteso prevenire, nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell’ammissione alla gara delle offerte presentate, il fenomeno delle esclusioni dalla procedura causate da mere carenze documentali.

 Di fronte alla semplice mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale il Codice ha quindi imposto uno spedito sub-procedimento – il “soccorso istruttorio” – ordinato alla produzione, integrazione o regolarizzazione delle dichiarazioni necessarie, e ha previsto l’esclusione solamente quale conseguenza dell’inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, dell’obbligo di integrazione documentale entro il termine perentorio accordato, a tale fine, dalla stazione appaltante.

Corollario di tale innovazione è, si legge nella sentenza n. 3667 del 2016, una sostanziale dequalificazione, in principio, delle “irregolarità” dichiarative da cause escludenti a carenze regolarizzabili. In tale contesto, ad evitare l’abuso del ricorso al soccorso istruttorio e il conseguente aggravamento complessivo delle procedure, si pone come contraltare sistematico la previsione della speciale sanzione pecuniaria: scopo di questa misura è dunque l’assicurare la serietà e la completezza originaria delle offerte, e il responsabilizzare a questi fini i partecipanti alla gara.

Detta sanzione, come si evince dalla lettera della disposizione (“la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara …”), colpisce dunque, alla stregua del riferito orientamento giudiziale, il semplice fatto dell’aver presentato una dichiarazione difettosa: resta irrilevante che l’omissione venga poi sanata dall’impresa interessata o che questa, benché richiestane, rinunzi a regolarizzarla. La norma a questi fini nulla dice riguardo alla condotta successiva dell’offerente, sia in punto di avvenuta regolarizzazione, sia in punto di abbandono della gara mediante il comportamento concludente della non risposta alla richiesta di regolarizzazione: sicché si deve rilevare che per la sanzione pecuniaria la legge non contempla una causa estintiva successiva.

La sanzione insomma non è alternativa o sostitutiva all’esclusione per insufficiente regolarizzazione o all’abbandono volontario della gara. L’esclusione dalla gara è altra cosa rispetto alla sanzione, la cui fattispecie costitutiva è ormai già perfetta, ed è la conseguenza procedimentale della mancata corrispondenza al soccorso istruttorio. Nel sistema del comma 2-bis, l’irregolarità essenziale porta di suo all’applicazione della sanzione pecuniaria. Rispetto alla sanzione resta così ultroneo il diverso profilo funzionale del determinare l’avvio del procedimento di soccorso istruttorio. L’esclusione dalla gara si colloca in una successiva fase procedimentale, quale esito della mancata o insoddisfacente risposta al soccorso istruttorio, e risulta pertanto distinta, strutturalmente e funzionalmente, dalla sanzione pecuniaria, che è conseguenza del mero inadempimento iniziale. Così, l’abbandono volontario della gara determina l’esclusione, ma non influisce sulla già consumata fattispecie da sanzionare.

La distinzione tra le due fattispecie è in qualche misura confermata dalla disposizione contenuta nel terzo periodo del comma 2-bis, la quale, per l’ipotesi di “irregolarità non essenziali”, prevede che la stazione appaltante non ne richieda la regolarizzazione, né applichi la sanzione, evidenziando come il soccorso istruttorio e la sanzione pecuniaria si pongano su due piani diversi, seppure originanti da un unico fatto.

 

9. Soccorso istruttorio in sede processuale: la carenza documentale dell’aggiudicataria non sempre porta all’annullamento dell’aggiudicazione

 

        Alla stregua di quanto affermato con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 2 marzo 2017, n. 975, la disciplina della procedura di gara non deve essere concepita come una sorta di corsa ad ostacoli fra adempimenti formali imposti agli operatori economici e all’amministrazione aggiudicatrice, ma deve mirare ad appurare, in modo efficiente, quale sia l’offerta migliore, nel rispetto delle regole di concorrenza, verificando la sussistenza dei requisiti tecnici, economici, morali e professionali dell’aggiudicatario.

In questo senso, dunque, l’istituto del soccorso istruttorio tende ad evitare che irregolarità e inadempimenti meramente estrinseci possano pregiudicare gli operatori economici più meritevoli, anche nell’interesse del seggio di gara, che potrebbe perdere l’opportunità di selezionare il concorrente migliore, per vizi procedimentali facilmente emendabili.

Ciò chiarito, il Consiglio di Stato affronta l’obiezione pregiudiziale, secondo cui un problema di soccorso istruttorio riferito ai requisiti di partecipazione non si potrebbe porre una volta intervenuta l’aggiudicazione, perché sarebbe violato il principio della “par condicio” tra i concorrenti.

Tale tesi non convince, in quanto essa comporterebbe la sostanziale “disapplicazione” della disciplina introdotta dal legislatore, al fine di evitare le esclusioni dalle gare di appalto per ragioni meramente formali, quando sussiste in concreto, e fin dal momento del rilascio della dichiarazione irregolare, il requisito soggettivo richiesto in sede di gara.

Ritiene infatti il Consiglio di Stato che la scelta sostanzialistica del legislatore, diretta ad impedire l’esclusione per vizi formali nella dichiarazione, quando vi è prova del possesso del requisito, deve applicarsi anche quando l’incompletezza della dichiarazione viene dedotta come motivo di impugnazione dell’aggiudicazione da parte di altra impresa partecipante alla selezione (non essendone avveduta la stazione appaltante in sede di gara), ma è provato che la concorrente fosse effettivamente in possesso del prescritto requisito soggettivo fin dall’inizio della procedura di gara e per tutto il suo svolgimento.

In tale caso, infatti, l’irregolarità della dichiarazione si configura come vizio solo formale e non sostanziale, emendabile secondo l’obbligatoria procedura di soccorso istruttorio.

La successiva correzione, o integrazione documentale della dichiarazione non viola affatto il principio della par condicio tra i concorrenti, in quanto essa mira ad attestare, correttamente, l’esistenza di circostanze preesistenti, riparando una incompletezza o irregolarità che la stazione appaltante, se avesse tempestivamente rilevato, avrebbe dovuto comunicare alla concorrente, attivando l’obbligatorio procedimento di soccorso istruttorio.

Né possono sussistere problematiche connesse alla segretezza delle offerte, in quanto la dichiarazione integrativa non attiene all’offerta, al suo contenuto tecnico ed economico, in relazione ad elementi oggetto di valutazione comparativa tra i concorrenti, ma al concreto possesso dei requisiti di partecipazione alla gara, i quali possono essere verificati anche in un momento successivo, fermo restano l’onere, per i partecipanti, di rispettare i vincoli minimi, di carattere formale, necessari per essere ammessi alla procedura selettiva.

Inoltre, la tesi dell’impossibilità di ricorrere al soccorso istruttorio, con conseguente esclusione dell’aggiudicataria per omessa attivazione del soccorso istruttorio in sede di gara da parte della stazione appaltante, comporterebbe effetti eccessivamente gravosi sia per la P.A. che per l’impresa: quest’ultima sarebbe privata della possibilità di stipulare il contratto, pur disponendo, in via sostanziale, dei necessari requisiti. Né va trascurato il rischio che l’impresa aggiudicataria, privata del contratto e della possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio, potrebbe azionare una domanda risarcitoria nei confronti della stazione appaltante.

Gli effetti sarebbero quindi del tutto irragionevoli e sproporzionati.

Si tratta di stabilire, allora, in quale modo la disciplina del soccorso istruttorio possa in concreto rilevare nel giudizio promosso dalla concorrente che contesti l’illegittima ammissione dell’aggiudicataria.

In linea astratta, una possibile soluzione interpretativa potrebbe essere individuata mediante la delimitazione della portata della eventuale pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione e dei conseguenti effetti conformativi.

In tale prospettiva, si potrebbe ritenere che il giudice, accertata l’illegittimità dell’ammissione alla gara dell’aggiudicataria, per carenza della richiesta documentazione allegata all’offerta, e annullati i provvedimenti della stazione appaltante, dovrebbe far salvo il potere di attivare il procedimento di soccorso istruttorio, anche al fine di applicare la disciplina concernente il pagamento della sanzione imposta al concorrente.

All’esito del procedimento, alla luce della documentazione eventualmente prodotta dall’interessata, la stazione appaltante assumerà le determinazioni definitive, concernenti l’esclusione o l’ammissione della concorrente.

Questa possibile ricostruzione, tuttavia, sebbene astrattamente coerente con lo sviluppo procedimentale della gara, non appare compatibile con il principio di concentrazione delle tutele e con la naturale proiezione del processo verso la rapida definizione del contenuto sostanziale del rapporto controverso.

Ritiene, pertanto, il Consiglio di Stato che la questione riguardante l’emendabilità della riscontrata carenza documentale e la sostanziale titolarità dei requisiti di partecipazione alla gara debba essere sempre dedotta nell’ambito del giudizio proposto contro l’ammissione dell’aggiudicataria e non possa essere rinviata alla rinnovazione, totale o parziale, del procedimento selettivo.

Quanto alle modalità strettamente processuali attraverso cui il tema del soccorso istruttorio possa essere esaminato in giudizio, il Giudice amministrativo ritiene, in primo luogo, che la questione non possa essere rilevata d’ufficio del giudice, ma presuppone sempre un’iniziativa della parte aggiudicataria, interessata alla affermazione della legittimità (sostanziale) della propria ammissione alla gara.

Secondo una possibile tesi interpretativa, l’aggiudicatario illegittimamente ammesso alla gara per carenze della documentazione allegata all’offerta, dovrebbe articolare un ricorso incidentale, teso ad evidenziare l’ulteriore illegittimità della stazione appaltante, consistente nella omessa attivazione del procedimento di soccorso istruttorio.

La Terza Sezione ritiene, però, che l’aggiudicataria, per poter validamente invocare in sede processuale il principio del soccorso istruttorio, al fine di paralizzare la doglianza diretta ad ottenere la sua esclusione dalla gara, possa limitarsi ad una deduzione difensiva, diretta a dimostrare, che, in ogni caso, sussiste il possesso dei requisiti sostanziali di partecipazione.

A tal fine la parte è gravata dall’onere, ex art. 2697 c.c., della dimostrazione della natura meramente formale dell’errore contenuto nella dichiarazione: può validamente spendere tale argomento difensivo solo dimostrando in giudizio di disporre del requisito fin dal primo momento, e cioè da quando ha reso la dichiarazione irregolare.

In sostanza, secondo il Collegio, deve superare la prova di resistenza, non potendo pretendere di paralizzare l’azione di annullamento, adducendo, solo in via ipotetica, la violazione del principio del soccorso istruttorio, ma deve dimostrare in giudizio che, ove fosse stato attivato, correttamente, tale rimedio l’esito sarebbe stato ad essa favorevole, disponendo del requisito in contestazione.

In caso contrario, non soltanto sarebbe violato il principio dell’onere della prova, che è immanente nel processo, ma verrebbe frustrata finanche la finalità di accelerazione che permea le controversie in materia di contratti pubblici.

L’idoneità del generale riparto dell’onus probandi è vieppiù corroborata dall’applicazione del principio di vicinanza della prova (Cass. 11 maggio 2009, n. 10744; Cass. 25 luglio 2008, n. 204849). Non v’è dubbio che il soggetto che è più facilitato, per la diretta conoscenza dei fatti e per l’insussistenza di profili di riservatezza eventualmente opponibili, nel reperimento degli elementi di prova, è proprio il soggetto onerato della dichiarazione nell’ambito della gara, o per esso, chi ne rappresenta in giudizio gli interessi.

Si impone, inoltre, un’ulteriore riflessione sul tenore e sulle conseguenze dell’art. 38 comma 2-bis del codice dei contratti pubblici n. 163/2006, inserito dall'art. 39, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114.

La disposizione testualmente recita “La mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara…”.

Dalla piana lettura della disposizione emerge che la mancanza della dichiarazione da parte del concorrente, in ordine al possesso dei requisiti di moralità, determina l’avvio del procedimento di “soccorso istruttorio”, subordinato all’adempimento della obbligazione pecuniaria posta in capo al medesimo.

È solo la reiterata e perdurante omissione della richiesta integrazione documentale che determina l’esclusione dalla gara o, detto diversamente, rende illegittima la permanenza in gara e l’aggiudicazione in favore del candidato inadempiente.

Tutto l’impianto della norma è calibrato sul carattere formale delle violazioni o delle omissioni, ed è a questo specifico carattere che la norma fa riferimento, quando impone la sanatoria in un certo termine, pena l’esclusione, così coniugando il principio di regolarità formale della gara, con quello sostanziale di scelta dell’offerta migliore. Il primo non è totalmente sacrificato, ma si impone nei limiti dell’obbligo di regolarizzazione, e sempre che l’interesse a regolarizzare ed a concorrere per l’aggiudicazione permanga in capo al concorrente.

Se dunque è vero che le irregolarità formali sono sempre sanabili, è nondimeno errato sostenere che l’art. 38 comma 2-bis sia espressione di un principio per il quale la sostanza prevale sempre sulla forma, atteso che i difetti di forma (quelli essenziali) devono essere sempre emendati prima dell’aggiudicazione.

È questo ultimo passaggio che rende, a ben vedere, la disposizione in esame, diversa dall’art. 21-octies della legge generale sul procedimento.

L’art. 21 octies, citato, è ormai comunemente indicato quale espressione di un principio di irrilevanza, ai fini dell’annullamento (in sede giurisdizionale o amministrativa), delle violazioni di forma o di procedimento nell’emanazione di atti a contenuto vincolato quando esse non abbiano inciso sulla sostanza. Esso non richiede alcun procedimento di regolarizzazione poiché è la giusta regolazione autoritativa del rapporto a rilevare ai fini della legittimità.

L’art. 38, comma 2-bis, ha invece diversa portata. Esso discrimina tra irregolarità essenziali e non essenziali e solo alle seconde implicitamente riserva una trattamento del tutto simile a quello previsto dall’art. 21-octies, sancendone l’irrilevanza ai fini della legittimità. Per le irregolarità che sono (sempre formali, ma) essenziali prevede invece, come sopra visto, un obbligatorio procedimento di sanatoria, ossia di produzione, integrazione, correzione, con effetto sanante.

Ciò si spiega per la circostanza che le procedure concorsuali, seppure chiaramente finalizzate alla scelta della migliore offerta o del miglior candidato, operano all’interno di un quadro di regole poste a garanzia della leale e trasparente competizione, che devono essere rispettate nei limiti in cui ragionevolmente assolvano alla funzione di dirigere la competizione verso il risultato finale, e non si risolvano piuttosto in mere prescrizioni formali prive di aggancio funzionale o in meri ostacoli burocratici da superare. È la competizione il discrimen rispetto alla generale ipotesi di cui all’art. 21 octies, ed essa giustifica l’esigenza del rispetto di regole di ingaggio certe e ragionevoli, pur se formali, ossia concernenti la produzione di documenti entro un certo termine a prescindere dai contenuti degli stessi.

In questa chiave di lettura, l’art. 38-bis, proteso verso il meritorio obiettivo di consentire sempre la scelta della migliore offerta, ha attenuato il rigore sanzionatorio delle regole formali di gara, imponendo all’amministrazione, ove sia rilevato una irregolarità comunque “essenziale”, di accettare la regolarizzazione in luogo dell’esclusione, sembra che avvenga in un termine dato ed inderogabile.

Può dunque dirsi che le irregolarità essenziali sono irregolarità che pretendono e necessitano di un’obbligatoria sanatoria (ovviamente, giova ripeterlo, sempre che l’offerente abbia interesse a proseguire la gara), in ciò differenziandosi dalle mere irregolarità contemplate dall’art. 21-octies della legge generale sul procedimento.

L’assunto è pregno di conseguenze sul piano processuale. Esso, in particolare, impedisce la lineare traslazione, nei giudizi sulle procedure d’appalto, della regola della “non annullabilità” del provvedimento irregolare, sulla quale pacificamente poggia l’art. 21-octies.

Ove sia provato che la irregolarità essenziale vi sia (ad esempio sia stata omessa la produzione di un documento relativo ai requisiti morali) ed essa non sia stata rilevata e sanata in virtù dello specifico procedimento pure disciplinato dall’art. 38, comma 2-bis, il giudice dovrebbe, a rigore, annullare l’aggiudicazione finale, in quanto conseguentemente viziata, sancendo, in via conformativa, la riedizione del procedimento, a partire dall’ultimo segmento valido.

L’esito demolitorio, in tali perentori termini, si rivelerebbe tuttavia contrario allo spirito che ha pervaso la novella dell’art. 38 ed all’impianto di fondo del nuovo processo amministrativo, nella parte in cui esso, alla luce del principio di effettività e satisfattività della tutela, consente al giudice a) un pieno accesso al fatto; b) un pieno accesso al rapporto, quando il potere dell’amministrazione si presenti vincolato. A ciò deve aggiungersi la necessità di pervenire alla rapida definizione della corretta graduatoria della procedura selettiva, evitando defatiganti rinnovazioni di singoli segmenti dell’iter. E non v’è dubbio che l’accertamento della completezza documentale ai fini dell’ammissione alla gara sia il frutto di un’attività vincolata.

In tali casi il giudice amministrativo ben potrebbe “limitarsi” ad accertare, all’esito del processo, i termini della dedotta irregolarità essenziale e, ove risulti provato che ad essa non si accompagni anche una carenza sostanziale del requisito (alla cui dimostrazione la documentazione omessa o irregolarmente prodotta era finalizzata), dichiarare, alla luce della prognosi postuma fatta, che il vizio era sanabile e che l’offerente aveva interesse a sanarlo, previo pagamento della sanzione pecuniaria.

Un tale accertamento renderebbe inutile l’ulteriore pronuncia costitutiva deputata a privare d’effetto l’aggiudicazione, poiché l’ulteriore procedimento amministrativo che ne scaturirebbe non potrebbe che essere una mera riproduzione, in forma amministrativa, del percorso giudiziale già effettuato nel contraddittorio della parti sotto la supervisione del giudice così come descritto in sentenza. Nondimeno, l’accertamento conserverebbe una sua autonoma utilità, poiché è in grado di vincolare l’amministrazione, determinando, in virtù del connesso effetto conformativo, l’obbligo di ingiungere la sanzione.

Non osta in tale direzione, né la mancanza di una esplicita domanda di accertamento da parte del ricorrente, posto che la domanda di annullamento implica sempre e necessariamente l’accertamento di una violazione, né la peculiarità della posizione giuridica dell’offerente, comunque ricompresa nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativa, né il “dovere” di annullare l’atto quando il ricorso è accolto, come deducibile dall’art. 34, comma 1, lett. a), atteso che la medesima disposizione, al comma 3, espressamente prevede che “quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.

Tale ultima norma è espressione di un principio per il quale a) il mero accertamento rientra tra i poteri del giudice; b) la domanda di accertamento rientra implicitamente nel contenuto della domanda di annullamento, talché ove vengano meno i presupposti della seconda, perché non più utile, può rimanere in piedi la prima. La norma deve ritenersi applicabile non solo nei casi di perdurante interesse risarcitorio, ma anche in tutti i casi in cui perdura un interesse qualificato e processualmente rilevante; e tale, invero, è da considerare l’interesse del ricorrente ad ottenere la sottoposizione del concorrente al procedimento di soccorso istruttorio e alla connessa sanzione pecuniaria.

Sin qui si è unicamente discusso di violazioni solo formali e delle conseguenti possibili statuizioni del giudice amministrativo, idonee a coniugare il principio di satisfattività della tutela, con quello di proporzionalità (utilizzo del minimo mezzo), ossia senza elidere gli effetti dell’azione amministrativa sostanzialmente giusti.

A conclusioni del tutto diverse deve giungersi quando le lacune dell’offerta non siano solo formali, ma si accompagnino, invece, ad una effettiva carenza sostanziale del requisito, o, quanto meno, al ragionevole dubbio che quest’ultimo possa essere carente. In tali casi l’annullamento rimane l’unica strada percorribile per il giudice.

Occorre tuttavia interrogarsi su quali siano gli strumenti per accertare che alla violazione delle forma si accompagni, o meno, anche una sostanziale carenza dei requisiti.

Il tema è di grande importanza, poiché ove l’omissione formale nasconda la cennata carenza sostanziale, la conseguente valutazione del giudice fuoriesce dall’art. 38 comma 2-bis, per rientrare nel fuoco dell’art. 38, comma 1, sul necessario ed inderogabile possesso dei requisiti di moralità.

Si consideri, in proposito, che la sussistenza o meno del requisito – a differenza dell’accertamento della produzione o meno del documento che lo comprova - non è una valutazione necessariamente vincolata (si pensi solo per fare un esempio al concetto di “grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara”), ragion per cui, ove il giudice sia certo, in ragione della natura vincolata dell’accertamento, che il requisito non sussista, egli deve annullare l’aggiudicazione ed accogliere le richieste del secondo graduato di subentrarvi, ma se le valutazioni che si richiedono dinanzi al dubbio sono invece connotate da discrezionalità, la soluzione non può che essere l’annullamento dell’ammissione del concorrente, con la conseguente regressione del procedimento alla fase dell’invito alla regolarizzazione e delle pertinenti verifiche e valutazioni in sede amministrativa di quanto prodotto.

Come sopra accennato, il tema della prova e del riparto del relativo onere assume quindi rilievo fondamentale ai fini delle risoluzione delle questioni controverse e delle finali statuizioni del giudice.

Si è già detto in proposito che il ricorrente, il quale invoca l’esclusione dell’aggiudicatario, può limitarsi, ordinariamente, ad addurre la mancanza o l’incompletezza della produzione documentale, collegando presuntivamente a tali difetti (che giova ribadire, devono comunque essere essenziali) una possibile carenza del requisito sostanziale.

 

10. La questione della compatibilità europea della disciplina nazionale in tema di onerosità del soccorso istruttorio.  

   

  

Con ordinanza 3 ottobre 2016, n. 10012, la Terza Sezione del Tar Lazio ha affidato alla Corte di Giustizia la risoluzione di taluni dubbi di compatibilità comunitaria dell’art. 38 del previgente codice dei contratti pubblici, in particolare sotto il profilo dell’onerosità del c.d. soccorso istruttorio di cui alla disciplina introdotta ex novo nel 2014 dal d.l. n. 90[17].

Il linea generale il Tar sottolinea come la norma di cui all’art. 38, comma 2 bis – in base alla quale la regolarizzazione, ottenuta a seguito di soccorso istruttorio, implica necessariamente una comminatoria di sanzione, “in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro” (il cui preciso importo deve essere previamente fissato dalle stazioni appaltanti) – susciti dubbi di compatibilità con i principi europei di proporzionalità, tassatività delle cause di esclusione, trasparenza delle procedure, massima partecipazione e massima concorrenza.

Incidentalmente va evidenziato come l’ordinanza limiti espressamente i propri dubbi alla disciplina originaria del 2014, rilevando come l’istituto in contestazione abbia subito un adeguato ridimensionamento con la normativa di cui al nuovo codice dei contratti pubblici (sul punto art. 83 comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016).

Sempre in sede ricostruttiva generale, l’ordinanza riassume i principi di cui alla legislazione europea utilizzati quali parametri di riferimento nonché i punti principali della norma censurata. In tale ottica ricostruttiva, ad essere sottoposta alla CGE è la peculiarità della disposizione laddove la stessa ha inteso introdurre, secondo una modalità costante e automatica, una “sanzione pecuniaria” (come espressamente la definisce il comma 2 bis dell’art. 38 del Codice del 2006, così come peraltro oggi fa l’art. 83, comma 9, del nuovo Codice) che l’impresa concorrente è tenuta a versare all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore, per il solo “fatto” di avere omesso la produzione di una o più dichiarazioni, complete degli elementi contenutistici (e degli allegati eventualmente richiesti) necessari ad attestare il possesso di un requisito sostanziale.

In dettaglio, il primo profilo oggetto di rimessione concerne l’entità e la modalità di quantificazione della sanzione pecuniaria in sé considerata (e, dunque, a prescindere dall’essere essa correlata oppure no alla scelta dell’impresa di sanare l’irregolarità, producendo la documentazione mancante), dinanzi alle quali si pone il serio dubbio della compatibilità della norma italiana con il principio di proporzionalità nell’ambito degli affidamenti pubblici. Nella specie la sanzione ammontava a 35mila euro.

Analogamente, in tale prospettazione si inserisce anche la contestazione della possibilità, insita nella norma, di applicare la medesima sanzione sia in ipotesi di grave difformità rispetto alle prescrizioni del bando, sia in caso di inadempienze dichiarative di limitata entità benché essenziali (può anche trattarsi, in concreto, della mancata sottoscrizione o produzione di una singola dichiarazione, prescritta in via imperativa dalla legge di gara), con conseguente possibile contrasto – oltre che con la proporzionalità - con il principio di parità di trattamento.

In secondo luogo, la norma viene censurata anche sotto il profilo del possibile contrasto con il principio fondamentale della massima concorrenza nell’ambito dell’Unione Europea il quale postula la necessità che sia perseguita al massimo grado la partecipazione dei potenziali pretendenti all’affidamento di un contratto pubblico, imponendo a ciascuno Stato membro di rimuovere (non certo di introdurre) ostacoli potenziali ed effettivi alla libertà di concorrenza, anche e soprattutto nel primario settore degli affidamenti pubblici di lavori, servizi e forniture.

In tale ottica la norma in esame, secondo l’ordinanza, può provocare un’ingiustificata sperequazione delle imprese in relazione ad un (implicito) presupposto di fatto - la disponibilità delle risorse economiche necessarie al pagamento della sanzione - che è del tutto estraneo e non incide affatto sulla moralità, professionalità e affidabilità delle imprese. Si viene a creare una sorta di “pre-requisito” tale da danneggiare gravemente le imprese che partecipano ad un grande numero di procedure ad evidenza pubblica senza risultare aggiudicatarie di nessuna di esse, le quali possono essere disincentivate dal partecipare a gare future (con grave pregiudizio del valore della concorrenza).

 

11. La nuova disciplina del soccorso istruttorio: il Correttivo del 2017.

 

Il recentissimo decreto correttivo al Codice del contratti pubblici ha recepito, almeno tendenzialmente, le perplessità esposte nel paragrafo precedente.

Il nuovo comma 9 dell’art. 83 dispone, infatti, che le carenze di qualsiasi elemento della domanda con esclusione di quelle incidenti sulle valutazioni del merito dell’offerta economica di quella tecnica, possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. La stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano resi, integrati o regolarizzati i documenti e le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del  termine di regolarizzazione, o di inadeguatezza delle integrazioni presentate, il concorrente è escluso dalla gara.

Il Consiglio di Stato, in sede consultiva, ha rilevato che la modifica proposta in relazione al comma 9 intende innovare radicalmente l’istituto del soccorso istruttorio, che assume un rilievo centrale, per un efficiente svolgimento della procedura di gara, anche in funzione di prevenzione del contenzioso.

Lo schema agisce su due aspetti essenziali della disciplina:

- la soppressione di ogni onere economico per la regolarizzazione della documentazione;

- la ridefinizione dell’ambito entro cui è ammesso il soccorso istruttorio;

Quanto all'eliminazione del soccorso istruttorio a pagamento, la proposta intende adeguarsi formalmente alla previsione della lett. z) della legge delega, che prevede forme di “integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento formale della domanda”, recependo il suggerimento già formulato dal parere n. 855/2016 di questo Consiglio.

La relazione illustrativa, poi, afferma che la modifica è finalizzata ad evitare ogni possibile contrasto con la disciplina comunitaria, che non consentirebbe il soccorso istruttorio a pagamento.

La Commissione osserva che, effettivamente, la modifica proposta risulta conforme alla delega, ancorché si potrebbe ritenere, a rigore, che la non onerosità riguardi i soli casi di “integrazione documentale” e non anche le ipotesi in cui il soccorso istruttorio miri a sopperire alla totale mancanza di un documento.

Non è invece scontata la tesi secondo cui la previsione di un ragionevole contributo imposto all’operatore economico si porrebbe in contrasto con il diritto dell’Unione europea, dal momento che il tema della gratuità od onerosità del soccorso istruttorio non è affrontato esplicitamente della direttive e non ha ancora formato oggetto di pronunce della CGUE e, tanto meno, di procedure di infrazione.

In una prospettiva generale, occorre considerare che, a fronte dell’ampio perimetro di operatività del soccorso istruttorio, è ragionevole far gravare sul concorrente che vi ha dato causa, se non una sanzione, quanto meno le spese sostenute dalla stazione appaltante (e in ultima analisi dalla collettività) derivanti dall’aggravio procedimentale e dalla dilatazione dei tempi necessari per realizzare la prescritta integrazione documentale.

L'eliminazione delle sanzioni per il soccorso istruttorio priva il sistema dell’unico strumento di deterrenza, e potrebbe implicare il generalizzarsi di comportamenti poco virtuosi degli operatori, di disattenzione o di negligenza, con il rischio concreto di un ulteriore allungamento delle procedure.

A tal fine è necessario e quanto mai auspicabile un intervento legislativo primario, non sembrandovi essere adeguato spazio nell’ambito dell’esercizio della delega.

Allo stato, e nelle more di un intervento legislativo, una possibile soluzione a diritto vigente potrebbe essere quella di considerare la non necessità di ricorso alla procedura di soccorso istruttorio un indizio della virtuosità dell’impresa, e dunque un elemento valutabile ai fini del rating di impresa. In tal senso potrebbe essere implementato l’art. 83, comma 10 (Si rinvia alle osservazioni fatte a tale disposizione).

La ridefinizione dell’ambito di applicazione del soccorso istruttorio prevista dallo schema non risulta pienamente convincente, ancorché quella attualmente vigente presenti, a sua volta, molti profili di incertezza.

Ma poiché, allo stato, sembra difficile individuare una formulazione in grado di considerare le diverse fattispecie prospettabili, è preferibile “l’opzione zero”, lasciando nella sostanza intatta l’attuale formulazione: i residui dubbi potranno essere sciolti attraverso le prassi operative e l’interpretazione della giurisprudenza.

È invece opportuno escludere dalla gravosa procedura di sanatoria le carenze formali “non essenziali”: se la carenza non influisce sull’ammissibilità della domanda e permette di valutare tutti gli aspetti essenziali dell’offerta, risulta superfluo ogni aggravio procedimentale imposto alla stazione appaltante a al concorrente.

Pertanto, il Consiglio di Stato osserva nuovo comma 9 potrebbe essere riscritto nel seguente modo: “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all'articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all'offerta tecnica ed economica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l'individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa.”

Sotto altro profilo si osserva che, il comma 9 in esame, pone fuori dal soccorso istruttorio, in generale, tutti gli elementi “afferenti all'offerta economica e all'offerta tecnica …” ed in questo appare quindi più aderente al criterio di delega di cui alla lett. z) dell’art. 1 della l. n. 11/2016 (che esclude la possibilità di integrazione documentale di elementi della domanda che attengano “agli elementi oggetto di valutazioni sul merito dell'offerta”).

Nondimeno – in analogia a quanto si è già sottolineato nel ricordato parere n. 855/2016 – il Consiglio di Stato ribadisce la persistente opportunità di prevedere una forma di “richiesta procedimentale di chiarimenti”, riferito agli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica.

In questa sede, specie con riferimento al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ad evitare difficoltà interpretative, l’Amministrazione, in caso di dubbi riguardanti il contenuto dell’offerta tecnico-economico, dovrebbe poter richiedere chiarimenti al concorrente sulla documentazione presentata. A rimarcare la differenza ontologica con il “soccorso istruttorio” si dovrebbe ribadire il divieto di integrazione dell’offerta tecnico-economica.

Il legislatore delegato ha riscritto il comma 9, recependo integralmente la formulazione suggerita dal Consiglio di Stato.

 

[1] Tale impostazione risulta vieppiù confermata dopo l’introduzione dell’autonomo principio di tassatività delle cause di esclusione che ha drasticamente diminuito le fattispecie escludenti (fra cui quelle incentrate su vizi meramente formali), riducendo, a monte, le occasioni di invocare l’esercizio del c.d. “potere di soccorso” in funzione sanante; ovviamente rimane ferma (ed è anzi implementata in considerazione della riduzione dell’area delle fattispecie escludenti), la piena operatività del “potere di soccorso” in funzione della mera regolarizzazione di adempimenti non più colpiti dalla sanzione dell’esclusione.

[2] Esaminato dalla sent. del Cons. Stato, Sez. Quinta, 19 maggio 2016, n. 2106.

[3] Ex plurimis Cons. St., sez. III, 5  dicembre 2013, n. 5781.

[4] Diversamente, non consentono una legittima esclusione le seguenti ipotesi: a) mancata o errata indicazione, su una o più  delle buste interne, del riferimento alla gara cui l’offerta è rivolta, nel  caso in cui detta indicazione sia comunque presente sul plico generale esterno,  debitamente chiuso e sigillato; b) mancata indicazione del riferimento della  gara su uno o più documenti componenti l’offerta; c) mancata apposizione sul plico  dell’indicazione del giorno e dell’ora fissati per l’espletamento della gara.

[5] L’ANAC evidenzia che l’esclusione sarebbe da considerarsi illegittima qualora, ad  esempio, la busta contenente l’offerta economica, ancorché priva della dicitura richiesta, fosse comunque distinguibile dalle restanti buste munite della  corretta dicitura; alla luce della nuova disciplina del soccorso istruttorio  dovrebbe, inoltre, considerarsi sanabile l’omessa indicazione relativa al  contenuto delle buste se alla medesima si possa ovviare con invito al  concorrente a contrassegnarle senza necessità di apertura.

 [6] L’Autorità precisa che, in caso di divisione in lotti con  possibilità di concorrere all’aggiudicazione di più di un lotto, l’offerta  economica acquista una propria autonomia in relazione ad ogni lotto e,  pertanto, deve essere separatamente redatta per ogni lotto.

[7] Sulla portata della norma previgente, v. di recente Tar Calabria, Catanzaro, Sez. I, 22 marzo 2016, n. 534 secondo il quale “nella pendenza del nuovo testo degli artt. 38 e 46 d.lgs. n. 163/006, la mancanza, l’incompletezza o l’irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni non possono dar luogo all’esclusione del concorrente, ma abilitano esclusivamente la stazione appaltante, per il solo caso di mancanza, incompletezza o irregolarità essenziale, ad attivare il potere di soccorso istruttorio ed irrogare una sanzione pecuniaria”.

[8] In conclusione, il comma 9, potrebbe essere riformulato nel seguente modo: "Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda, con esclusione di quelle incidenti sulle valutazioni del merito dell'offerta economica e di quella tecnica, possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. La stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano resi, integrati o regolarizzati i documenti e le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, o di inadeguatezza delle integrazioni presentate, il concorrente è escluso dalla gara.

[9] Con riferimento alla prima ipotesi, v. recentemente Cons. St., Sez. III, 26 febbraio 2016, n. 801 ove il collegio ha affermato che “nelle gare pubbliche la Commissione aggiudicatrice non può in alcun modo esercitare il soccorso istruttorio a fronte di un’offerta tecnica carente, in radice, di un essenziale requisito previsto a pena di esclusione”.

In relazione all’ulteriore profilo evidenziato, v. Cons. St., Sez. V, 11 aprile 2016, n. 1412, secondo il quale “nelle gare pubbliche, in occasione della disamina della domanda di partecipazione presentata da una impresa interessata, il soccorso istruttorio non può essere utilizzato laddove non è contestata la mancanza o l’incompletezza della dichiarazione, ma l’aver reso dichiarazione non veritiera”.

[10] V. in particolare, Tar Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 25/11/2015, n. 784, ove il Collegio, facendo pedissequa applicazione della norma, ha affermato che “la sanzione pecuniaria di cui agli artt. 38, comma 2-bis, e 46, comma 1-ter, del d.lg. n. 163 del 2006 può essere applicata non solo quando il concorrente che sia incorso in un’irregolarità essenziale decida di avvalersi del soccorso istruttorio, integrando o regolarizzando la dichiarazione resa, ma anche nell'ipotesi in cui questi, non avvalendosi del soccorso istruttorio, venga escluso dalla procedura di gara”.

[11] Cons. Stato, comm. Spec., 1 aprile 2016, n. 855.

[12] Recitava così l’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ove era anche previsto, analogamente alla formulazione attuale, che i bandi e le lettere di invito non potevano contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione, sanzionando con la nullità eventuali clausole difformi.

[13] In questi termini, Cons. St., Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9.

[14] Il principio, originariamente affermato dalla Plenaria citata nella precedente nota, deve ritenersi pacifico. Fra le tante, v. recentemente, Cons. St., Sez. III, 24 novembre 2015, n. 5340.

[15] Cfr D. Villa, La selezione degli offerenti, in F. Caringella, P. Mantini, M. Giustiniani (opera diretta da), Il nuovo diritto dei contratti pubblici, Guida operativa al D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e alle linee guida ANAC, Roma, 2016, p. 277.

[16] L’aver  previsto che la sanzione sia garantita dalla cauzione provvisoria pone tuttavia  una serie di problemi applicativi.

Innanzitutto, nella procedura ristretta la cauzione provvisoria non viene presentata  unitamente alla richiesta di invito, ciò è stato da taluni letto quale  impedimento all’applicazione della sanzione nella procedura in questione.

Al riguardo  sembra opportuno sottolineare, in primis,  che la cauzione provvisoria costituisce garanzia del versamento della sanzione, non presupposto per la sua applicazione.

Inoltre,  l’art. 38, comma 2-bis, richiama  espressamente il comma 2 della stessa disposizione, il quale a sua volta fa  riferimento alle dichiarazioni sostitutive prodotte dal candidato e dal  concorrente.

Una lettura  congiunta delle due disposizioni, conduce dunque a confermare l’applicabilità  del procedimento di cui al citato art. 38, comma 2-bis – e dunque anche della disciplina sanzionatoria ivi contemplata  - alle procedure ristrette. La sanzione infatti è correlata alla omissione o  alle irregolarità negli elementi o nelle dichiarazioni resi sui requisiti di  partecipazione ed è prevista per tutte le procedure di aggiudicazione  contemplate nel Codice, non prevedendo la norma esclusioni o limitazioni del  suo campo applicativo.

La sanzione  in esame, pertanto, nelle ipotesi sopra indicate, potrà essere comminata anche  nelle procedure nelle quali – almeno nella fase iniziale – non sia prevista la  presentazione della garanzia provvisoria.

[17] In particolare il Tar afferma che vanno rimesse alla Corte di giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali di interpretazione dell’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 in rapporto alla disciplina prevista dagli artt. 45 e 51 della Direttiva 2004/18/CE ed ai principi di massima concorrenza, proporzionalità, parità di trattamento e non discriminazione in materia di procedure per l’affidamento di lavori, servizi e forniture:

- se, pur essendo facoltà degli Stati membri imporre il carattere oneroso del soccorso istruttorio con efficacia sanante, sia, o meno, contrastante con il diritto comunitario l’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, nel testo vigente alla data del bando di cui trattasi laddove è previsto il pagamento di una “sanzione pecuniaria”, nella misura che deve essere fissata dalla stazione appaltante (“non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria”), sotto il profilo dell’importo eccessivamente elevato e del carattere predeterminato della sanzione stessa, non graduabile in rapporto alla situazione concreta da disciplinare, ovvero alla gravità dell’irregolarità sanabile;

- se, al contrario, il medesimo art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 (sempre nel testo vigente alla data sopra indicata) sia contrastante con il diritto comunitario, in quanto la stessa onerosità del soccorso istruttorio può ritenersi in contrasto con i principi di massima apertura del mercato alla concorrenza, cui corrisponde il predetto istituto, con conseguente riconducibilità dell’attività, al riguardo imposta alla Commissione aggiudicatrice, ai doveri imposti alla medesima dalla legge, nell’interesse pubblico al perseguimento della finalità sopra indicata).