Delibera Anac 11 gennaio 2017, n. 2

1. Il parere reso dall’Autorità Nazionale Anticorruzione con delibera n. 2 dell’11 gennaio 2017 rappresenta un importante tassello chiarificatore in materia di legittimo utilizzo del soccorso istruttorio relativamente all’obbligo di indicazione degli oneri di sicurezza aziendali in fase di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici. Oltre a compendiare la lunga trafila interpretativa intrapresa sul tema, la citata delibera suggerisce di estendere l’operatività del criterio conformato dalla giurisprudenza con riferimento al precedente quadro normativo in materia di appalti anche alla vigente legislazione, che peraltro è attualmente in fase di revisione e di assestamento[1].

    

2. La normativa sull’indicazione obbligatoria degli oneri di sicurezza aziendali è stata sin dall’inizio foriera di numerose criticità in sede applicativa, reclamando a più riprese la necessità dell’intervento esegetico del giudice amministrativo. Un percorso giurisprudenziale evolutivo, che ha indotto più volte il Consiglio di Stato a pronunciarsi in Adunanza Plenaria sulla materia, valutandone ogni sfaccettatura, e ha consentito – pur rimanendo nell’alveo di un unico filone argomentativo – di maturare infine un criterio applicativo di sostanziale equilibrio, logicità e coerenza con i principi nazionali e comunitari posti a presidio del settore.

A questo importante traguardo il Consiglio di Stato è approdato nell’esercizio della sua funzione nomofilattica, attraverso una complessa e lungimirante attività interpretativa perfezionatasi con il susseguirsi delle sentenze, riuscendo finanche ad anticipare di pochi mesi la Corte di giustizia europea, chiamata anch’essa a pronunciarsi sulla questione relativa alla legittimità (o meno) dell’automatica esclusione dalle gare di appalto in caso di omessa indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale.

Decisivi sono stati, quindi, i recenti contributi del giudice nazionale e del giudice comunitario, intervenuti a breve distanza l’uno dall’altro per dirimere e mitigare profili di eccessivo rigore formalistico nell’approccio applicativo alla disciplina in questione, riferita alle procedure di affidamento di contratti pubblici indette in vigenza della precedente direttiva comunitaria 2004/18/CE e del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163..  

 

3. Per cogliere appieno gli sviluppi argomentativi di questa vera e propria ‘maratona’ giurisprudenziale, è bene partire dall’esame dei costi di sicurezza aziendali, passandone in rassegna le precipue caratteristiche e finalità. 

Delle due tipologie di costi per la sicurezza previste ai sensi della normativa di riferimento[2], i cosiddetti costi interni o aziendali attengono all’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e vanno necessariamente previsti in sede di offerta, potendo essere stimati solo dall’operatore economico rispetto alla propria organizzazione produttiva d’impresa e a seconda dello specifico appalto da realizzare.

In tal senso, è di chiaro e immediato intendimento la ratio sottesa all’art. 87, comma 4, del d.lgs. 163/2006, che stabilisce l’obbligo di indicare l’incidenza specifica degli oneri di sicurezza aziendali già nell’offerta, al fine di consentire alla stazione appaltante una corretta valutazione, in sede di verifica dell’anomalia, circa la congruità di tali oneri rispetto all'entità, alla qualità e alle caratteristiche dei lavori, servizi e forniture da affidare, a salvaguardia primaria della sicurezza dei lavoratori[3].

Detta norma interviene anzitutto a presidio di diritti fondamentali e valori sociali di rilievo costituzionale e, in nome di questa esigenza di tutela, l’obbligo di indicare nell’offerta i costi di sicurezza aziendali è considerato inderogabile e, in quanto tale, sottoposto all’apprezzamento particolarmente rigoroso della stazione appaltante in termini di attendibilità e ragionevolezza. Ne consegue un effetto automaticamente escludente dalla procedura in caso di omessa indicazione di detti oneri nell’offerta, anche qualora la lex specialis di gara sia rimasta “silente” e non abbia propriamente richiesto alcun obbligo specifico in tal senso. L’operatività automatica della sanzione espulsiva preclude la possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio, ex art. 46, comma 1 bis, d.lgs. 163/2006, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti[4].

 

4. L’orientamento del Consiglio di Stato maturato in ossequio al canone ermeneutico della presunzione di conoscenza delle norme imperative - di cui alla nota massima ignorantia legis non excusat - ha delineato un impianto motivazionale estremamente rigido, con effetti applicativi di eccessiva durezza, profilando la necessità di un intervento correttivo, nella crescente consapevolezza di dover perfezionare in chiave sostanzialistica la portata dell’obbligo codificato all’art. 87, comma 4, del citato decreto legislativo.

 Ad esprimere pienamente tale drastico indirizzo sono state le due consecutive sentenze del Consiglio di Stato rese in Adunanza Plenaria, n. 3 del 20 marzo 2015[5] e n. 9 del 2 novembre 2015; entrambe intervenute per definire, secondo i medesimi principi di diritto, il profilo della disciplina sostanziale a regime relativamente alla indicazione dei costi di sicurezza interni. Il giudice amministrativo ha invocato l’operatività del meccanismo di etero-integrazione del bando di gara, mediante i precetti imperativi rintracciabili nella disciplina legislativa in materia di appalti, per legittimare l’esclusione automatica dell’offerta priva della specifica indicazione dei costi di sicurezza aziendali - in quanto carente ab origine di un suo elemento essenziale[6] - e per precluderne l’integrazione postuma mediante l’esercizio dei poteri di soccorso istruttorio in qualunque ipotesi, anche di incompleta o erronea formulazione della documentazione di gara imputabile alla stessa stazione appaltante.

 

5. Il rigore applicativo di una simile impostazione - dovuto principalmente al carattere automatico e incondizionato dell’esclusione in caso di mancata indicazione separata degli oneri di sicurezza interni - non poteva non suscitare dubbi di conformità alla normativa europea e, in particolare, di compatibilità con i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, oltre che di parità di trattamento, non discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza. Da qui la duplice iniziativa di rimettere la questione, da un lato, ancora al giudizio del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria e, dall’altro, al vaglio della Corte di giustizia dell’Unione europea[7].

 

6. Al Consiglio di Stato va senz’altro riconosciuto il merito di aver colto appieno i segnali di maturità giuridica che reclamavano a gran voce la rivisitazione in chiave sostanzialistica dell’orientamento espresso nelle precedenti sentenze n. 3 e n. 9 del 2015. Nonostante la pendenza di analoga questione dinanzi alla Corte di giustizia, senza attendere i tempi deliberativi più lunghi del giudice europeo, il Consiglio di Stato, nelle due Adunanze Plenarie n. 19 e n. 20 del 27 luglio 2016, si è pronunciato tempestivamente nel merito ed ha individuato un rimedio compromissorio idoneo a salvaguardare in astratto la portata precettiva del principio enunciato nelle due citate Adunanze Plenarie del 2015, pur introducendo un criterio di temperamento alla sua applicazione incondizionata.

Il risultato è stato quello di ricondurre la regola dell’esclusione automatica su binari di proporzionalità e di sostanziale equità. Si è così affermata la legittima doverosità del previo soccorso istruttorio qualora ricorrano le seguenti due condizioni: - i documenti di gara non prevedano espressamente alcun obbligo di indicazione specifica degli oneri di sicurezza interni; - dal punto di vista sostanziale, l’offerta economica sia già comprensiva e rispettosa dei costi minimi di sicurezza aziendale, pur non riportandoli nel dettaglio.

Apprezzabile sotto ogni profilo è la soluzione di grande equilibrio elaborata dal giudice amministrativo, che ha coniugato i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto con la rilevanza costituzionale degli obblighi posti a garanzia della sicurezza del lavoro.

 

7. Dal canto suo, con sentenza in data 10 novembre 2016 (Sesta Sezione, C-140/16), la Corte di giustizia europea, mutuando le motivazioni accolte in una pronuncia di poco antecedente su analoga questione[8],  si è espressa nei medesimi termini sostanzialistici prospettati dal Consiglio di Stato, qualche mese prima, nelle Adunanze Plenarie nn. 19 e 20 del 2016.

Nell’intento di eliminare ogni rischio di favoritismo e di arbitrio da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, il giudice europeo ha considerato prevalentemente il principio di trasparenza - intesa come chiarezza, precisione, univocità e completezza informativa delle condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione alle gare d’appalto - e il connesso principio di parità di trattamento - nel senso di uniformità dei requisiti richiesti e di pari opportunità per i concorrenti nella formulazione delle offerte.

Analogamente a quanto ragionato dal Consiglio di Stato, anche la Corte di giustizia ha sostenuto il criterio applicativo, per cui l’integrazione mediante soccorso istruttorio è consentita, anzi è doverosa, quando l’offerta economica indica un prezzo già comprensivo degli oneri di sicurezza aziendali, senza tuttavia individuarli separatamente. In tal caso, l’integrazione sarebbe di natura formale, consistendo nella mera specificazione di una voce economica già computata nell’offerta. Nessuna possibilità di integrazione a sanatoria sussiste, invece, in caso di offerta originariamente formulata senza aver incluso nel prezzo complessivo anche gli oneri di sicurezza interni, pena la violazione del principio generale dell’immodificabilità dell’offerta.  

In sostanza, l’indirizzo interpretativo definito prima dal Consiglio di Stato e poi dalla Corte di giustizia ha recepito l’impostazione interpretativa più favorevole al raggiungimento degli obiettivi prefissati nella normativa di riferimento, in base al principio di matrice tipicamente comunitaria dell’effetto utile.

Il fine ultimo della disciplina in materia di oneri aziendali è senz’altro quello di assicurare che, nei contratti pubblici, l’esecuzione dei lavori e la prestazione di servizi e forniture avvengano nel pieno ed effettivo rispetto della normativa sulla sicurezza del lavoro, a tutela di quei soggetti che andranno concretamente a svolgere le prestazioni contrattuali. La finalità di salvaguardia della norma deve tradursi necessariamente in precetto di natura preventiva e deve postulare, pertanto, l’operatività di un meccanismo che sappia contemperare l’ineludibile esigenza di sicurezza dei lavoratori con la sollecitazione del principio del favor partecipationis nelle pubbliche gare, cui l’istituto del soccorso istruttorio è funzionalmente rivolto.

 

8. Ecco perché - come affermato anche dall’Autorità Nazionale Anticorruzione nel citato parere - le coordinate concettuali stabilite per il precedente assetto normativo in materia di contrattualistica pubblica valgono anche nell’attuale cornice regolatoria, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, emanato in attuazione delle direttive comunitarie 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE.

Il criterio applicativo, per cui il dato essenziale dell’effettivo possesso del requisito richiesto dalla norma prevale in ogni caso su qualsiasi irregolarità formale, aderisce ad una impostazione sostanzialistica rispettosa dei canoni euro-unitari. E trova pacifica composizione anche nell’attuale impianto normativo, che prevede espressamente l’obbligo di indicare nell’offerta economica i costi di sicurezza aziendali (art. 95, comma 10, d.lgs. 50/2016) e qualifica tale obbligo come elemento essenziale dell’offerta (art. 83, comma 9, d.lgs. 50/2016). Ciò anche a prescindere dalla proposizione di interventi correttivi, al momento in itinere, che dovessero rivisitare l’attuale struttura e portata dell’istituto del soccorso istruttorio.  

 

[1] Ai sensi dell’art. 1, comma 8, della legge 28 gennaio 2016, n. 11, il Governo, entro un anno dall’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50/2016) può emanare disposizioni integrative e correttive al codice stesso, con la medesima procedura prevista per l’adozione del provvedimento principale. 

[2] I costi interni o aziendali si differenziano dai cosiddetti costi da interferenze, che sono fissi, non soggetti a ribasso e quantificati a monte dalla stazione appaltante. 

[3] Cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3056/2014, nella parte in cui riconosce all’art. 87, comma 4, del d.lgs. 163/2006 una «prioritaria finalità della tutela della sicurezza del lavoro, che ha fondamento costituzionale e trascende i contrapposti interessi delle stazioni appaltanti e delle imprese partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, rispettivamente di aggiudicare questi ultimi alle migliori condizioni consentite dal mercato, da un lato, e di massimizzare l’utile ritraibile dal contratto dall’altro».

[4] Cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 3 luglio 2013, n. 3565.

[5] Con ordinanza di rimessione 16 gennaio 2015, n. 88, la V Sezione del Consiglio di Stato ha disposto il deferimento all’Adunanza Plenaria per l’esame della questione di diritto attinente alla corretta interpretazione dell’art. 87, comma 4, del d.lgs. 163/2006 (che il primo giudice ha ritenuto norma da cui discende l’obbligo per le imprese partecipanti di indicare, a pena di esclusione, gli oneri relativi alla sicurezza in maniera analitica sin dal momento di presentazione delle offerte).

[6] Il Consiglio di Stato ha ritenuto che tale omissione risultasse idonea a determinare “incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta”. Cfr. Consiglio di Stato, Ad. Pl., 20 marzo 2015, n. 3.

[7] Diversi tribunali amministrativi regionali (Tar Piemonte, Tar Campania-Napoli, Tar Molise, Tar Marche) hanno messo in discussione la conformità alla normativa comunitaria dell’orientamento secondo cui l’omessa indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale comporta automaticamente l’esclusione dalla gara di appalto e, di conseguenza, hanno rimesso la questione in via pregiudiziale alla Corte di giustizia.

[8] Corte di giustizia, Sesta Sezione, sentenza 2 giugno 2016, C-27/15, Pippo Pizzo.

 

 

 

 

 

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