Consiglio di Stato, Sez. III, 3 febbraio 2017 n. 474

In linea generale, l'impresa che non partecipi alla gara non può contestare la relativa procedura e l'aggiudicazione in favore di imprese terze, perché la sua posizione giuridica sostanziale non è sufficientemente differenziata, ma riconducibile a un mero interesse di fatto.

A queste regole, che discendono dalla piana applicazione alle procedure di gara dei principi generali in materia di legittimazione e interesse a ricorrere, fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell'offerta. In queste ipotesi, la domanda di partecipazione alla procedura non rileva ai fini dell'impugnazione, o perché è la stessa gara a mancare, o perché la sua contestazione in radice ovvero l'impossibilità di parteciparvi fanno emergere, ex se, una situazione giuridica differenziata (in capo, rispettivamente, all'impresa titolare di un rapporto giuridico incompatibile con l'indizione della nuova procedura e all'impresa di settore cui è impedita la partecipazione) e una sua lesione attuale e concreta.

La gestione delle farmacie comunali da parte degli enti locali è collocata come modalità gestoria "in nome e per conto" del S.s.n. e costituisce esercizio diretto di un servizio pubblico, trattandosi di un'attività rivolta a fini sociali ai sensi dell' art. 112 D.Lgs. n. 267 del 2000. La procedura per l'individuazione dell'affidatario non riguarda perciò l'affidamento del servizio, la cui "concessione/autorizzazione rimane in capo al Comune", con conseguente applicazione del termine ordinario di impugnazione.

In merito alla compatibilità tra titolare di farmacia privata persona fisica e socio nella gestione di una farmacia comunale, la ratio dell’art. 8 L. n. 362/1991, disposizione comprensiva delle varie incompatibilità concernenti i singoli farmacisti, è quella di rendere applicabile anche nei confronti dei partecipanti alle società di persone o alle società cooperative a responsabilità limitata le incompatibilità per i farmacisti persone fisiche titolari o gestori di farmacie, già disseminate in numerose disposizioni di legge. Conseguentemente, si tratta di un divieto operante anche nei confronti dei soci delle società di gestione delle farmacie comunali, posto che l’incompatibilità si estende anche alla partecipazione societaria ad una società che ha per oggetto esclusivo la gestione di una farmacia comunale, una volta che il diritto vivente è giunto ad ammettere tale modalità di gestione. L'incompatibilità sancita dall'art. 8 lett. b) si estende, quindi, anche alla partecipazione societaria ad una società che ha per oggetto esclusivo la gestione di una farmacia comunale.

Si può ricorrere al modello della società mista per gestione di farmacie comunali, alla luce della giurisprudenza costituzionale che ha rilevato la reviviscenza del quadro precettivo derivante dagli artt. 113, 113 bis, 115 e 116 del D.Lgs. n. 267 del 2000 e successive modificazioni ed integrazioni, sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, in assenza di alcun un regime di specificità per la gestione in forma societaria del servizio di vendita di prodotti farmaceutici.

In senso conforme: Consiglio di Stato, comm. spec., parere 26 giugno 2013 n. 3014, Consiglio di Stato, Sez. IV, 09/01/2014, n. 36, Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione III, 2 febbraio 2015, n. 491; Consiglio di Stato, sezione VI, 10 dicembre 2014, n. 6048; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4, Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Consiglio di Stato, sezione V, 12 novembre 2015, n. 5181;  Corte cost., 22-11-2016, n. 245; Consiglio di Stato, Sez. V, 13/11/2009, n. 7093, Cons. Stato Sez. III, 08/02/2013, n. 729, Corte Costituzionale, sentenza n. 275/200; Cons. Stato Sez. III, 31/10/2014, n. 5389; Corte costituzionale, sentenza n. 199 del 2012.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6667 del 2016, proposto dalla sig.ra Iampiconi Elsa, rappresentata e difesa dall'avvocato Pericle Calvaresi (C.F. CLVPCL45A28F611K), domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13; 

contro

Comune di Mentana, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Claudio Giacomoni (C.F. GCMCLD62H27H501N), domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13.

nei confronti di

Cardamone Group Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Antonio Caputo (C.F. CPTFNC64L27D086A), con domicilio eletto presso Studio Legale Caputo in Roma, via Ugo Ojetti, N.114; 
Marco Rizzuti, Jessica De Luca, non costituiti in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 06900/2016, resa tra le parti, concernente gara per la scelta del partner privato per la costituzione di una società mista per la gestione delle farmacie comunali.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Mentana e di Cardamone Group Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2016 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Pericle Calvaresi, Claudio Giacomoni e Francesco Antonio Caputo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

La ricorrente - in qualità di “titolare di farmacia in Mentana Centro” ma anche di semplice cittadino utente residente nel Comune di Mentana – ha impugnato dinanzi al TAR Lazio la determina dirigenziale n. 122/C del 18 novembre 2015 con cui il citato Comune ha avviato una proceduta “ad evidenza pubblica” per la scelta di un partner privato “per la costituzione di una società mista per la gestione delle farmacie comunali”, ritenendo tuttavia di non fare domanda di partecipazione alla gara.

La medesima, a mezzo del ricorso introduttivo del giudizio, ha denunciato, in particolare, l’illegittimità della previsione nel bando riguardante l’incompatibilità “tra la gestione della farmacia comunale e la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia”, l’illegittimità dello schema di affidamento a terzi (nella specie, “società mista a prevalenza privata”) con gara a “doppio oggetto” utilizzato dal Comune, definita, peraltro, una scelta “né logica né motivata sufficientemente in ragione della importanza, peculiarità e strategicità del servizio”, e, ancora, l’inadeguatezza del prezzo “previsto in gara”, ossia della base d’asta di commisurazione della sottoscrizione della quota sociale;

Il Comune di Mentana nel costituirsi in giudizio ha in via preliminare eccepito l’inammissibilità dell’impugnativa per carenza di legittimazione attiva della ricorrente, asseritamente desumibile dall’incompatibilità tra i due interessi di titolare di farmacia e di cittadino della quale la ricorrente è portatrice e, ancora, dall’inadeguatezza degli interessi de quibus a sostenere l’impugnativa in questione anche in ragione della mancata partecipazione della ricorrente, l’irricevibilità dell’impugnativa per tardività e, ancora, l’inammissibilità della formulazione di determinate censure – quale quella riguardante “il prezzo a base” di gara – da parte di un quisque de populo.

Il TAR, ritenuto di poter soprassedere alla valutazione delle eccezioni di inammissibilità e di irricevibilità sollevate dalle parti resistenti, in ragione dell’infondatezza del ricorso, lo ha respinto nel merito. In particolare ha ritenuto condivisibili i rilievi delle parti resistenti afferenti la riconducibilità della prescrizione di cui all’art. 11 del bando di gara, riguardante “l’incompatibilità”, tra l’altro, “tra la gestione della farmacia comunale e la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia, con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico o privato”, nell’ambito dei requisiti di “esecuzione” del servizio e, quindi, non di “partecipazione” alla gara”. Sulla base di tale constatazione ha ritenuto che “non possano essere invocati validi argomenti per porre in discussione la limitazione di cui si discute, atteso che la stessa costituisce mera applicazione del disposto di cui all’art. 8 della legge 8 gennaio 1991, n. 362, statuente – appunto - l’incompatibilità tra la partecipazione alle società di cui al precedente art. 7, ossia le società che “hanno come oggetto esclusivo la gestione di una farmacia”, e le posizioni di cui si discute, con connessa impossibilità per i soggetti che rivestono quest’ultime di poter assumere la veste di “soci”, a meno che non venga esercitata un’utile opzione per l’una o l’altra attività”.

La dott.ssa Iampiconi ha proposto appello.

Il Comune e l’aggiudicataria, Cardamone Group s.rl. hanno riproposto l’eccezione di inammissibilità per tardiva impugnazione della clausola asseritamente escludente, e comunque per difetto di interesse non avendo la ricorrente partecipato alla gara.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 20 dicembre 2016. All’esito è stato pubblicato dispositivo di sentenza avente il seguente tenore: “Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge ai sensi di cui in motivazione. Condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite affrontate dalla s.r.l. Cardamone Group e dal Comune di Mentana per il presente giudizio d’appello, forfettariamente liquidate in €.2.000 (duemila), oltre oneri di legge, per ciascuna delle parti resistenti”.

Di seguito le motivazioni.

DIRITTO

1.L’appellante, prima ancora di articolare i propri motivi di doglianza, argomenta circa la propria legittimazione a ricorrere, affermandosi portatrice di interessi diretti (quale titolare di farmacia) e di interessi diffusi al corretto esercizio del servizio pubblico di farmacia nel rispetto del principio di buona amministrazione.

2. Le parti resistenti da canto loro, ripropongono l’eccezione di difetto di legittimazione a ricorrere “assorbita” in primo grado a motivo dell’infondatezza del gravame. In particolare sostengono, da un lato che il cittadino, uti singuli, non possa agire in sede giurisdizionale a difesa di interessi legittimi diffusi; dall’altro che l’operatore economico ben può dolersi dell’illegittimità di una procedura concorsuale ma sempre che vi partecipi (salva l’ipotesi di clausole espulsive). Entrambi aspetti che renderebbero, per l’appellante, inammissibile l’impugnativa della determinazione di avvio della procedura per la scelta di un partner privato “per la costituzione di una società mista per la gestione delle farmacie comunali”.

3.Occorre procedere partitamente.

3.1.Non c’è dubbio che l’interesse dei cittadini alla buona amministrazione ed all’efficiente organizzazione del servizio pubblico sia un interesse diffuso, ossia “indifferenziato, omogeneo, seriale, comune a tutti gli appartenenti alla categoria” (così Cons. Stato, comm. spec., parere 26 giugno 2013 n. 3014).

Esso, proprio in quanto comune ed omogeneo, può soggettivizzarsi, divenendo interesse legittimo, nella forma del c.d. "interesse collettivo", in capo ad un ente esponenziale che se ne faccia portatore per la collettività.

3.2. Tale interesse però non costituisce (né può mai costituire) posizione soggettiva dei singoli, ma esso sorge quale posizione sostanziale direttamente e solo in capo all'ente esponenziale, costituendo una "derivazione" dell'interesse diffuso per sua natura adespota, e non già una "superfetazione" o una "posizione parallela" di un interesse legittimo comunque ascrivibile anche in capo ai singoli componenti della collettività (in tali termini Cons. Stato Sez. IV, Sent., 09/01/2014, n. 36).

3.3. E’ dunque da escludere, in assenza di espresse e specifiche previsioni di legge, che un singolo cittadino possa chiedere l’annullamento di atti lesivi di interessi diffusi.

4. Rimane da verificare la legittimazione dell’appellante quale titolare di un interesse legittimo a partecipare alla procedura concorsuale a parità di condizione con gli altri operatori.

4.1.Sul punto è pacifico che la dott.ssa Iampiconi non ha partecipato alla gara ritenendo (illegittimamente) ostativa la clausola del bando che sanciva l’incompatibilità tra la gestione della farmacia comunale e la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia.

4.2.La giurisprudenza amministrativa è consolidata nel ritenere che l'impresa che non partecipi alla gara non può contestare la relativa procedura e l'aggiudicazione in favore di imprese terze, perché la sua posizione giuridica sostanziale non è sufficientemente differenziata ma riconducibile a un mero interesse di fatto (Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione III, 2 febbraio 2015, n. 491; Consiglio di Stato, sezione VI, 10 dicembre 2014, n. 6048; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4).

4.3.A queste regole, che discendono dalla piana applicazione alle procedure di gara dei principi generali in materia di legittimazione e interesse a ricorrere, fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell'offerta (Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Consiglio di Stato, sezione V, 12 novembre 2015, n. 5181; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4).

4.4.In tali casi, la domanda di partecipazione alla procedura non rileva ai fini dell'impugnazione, o perché è la stessa gara a mancare, o perché la sua contestazione in radice ovvero l'impossibilità di parteciparvi fanno emergere ex se una situazione giuridica differenziata (in capo, rispettivamente, all'impresa titolare di un rapporto giuridico incompatibile con l'indizione della nuova procedura e all'impresa di settore cui è impedita la partecipazione) e una sua lesione attuale e concreta (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4; ricostruisce in siffatti termini lo stato della giurisprudenza, Corte cost., Sent., 22-11-2016, n. 245).

5. Ebbene, non può sottacersi che, dal punto di vista dell’appellante, sia che si consideri la clausola sopradetta come radicalmente escludente, sia che la si consideri come condizione dell’esecuzione manifestamente sproporzionata avuto riguardo all’opzione imposta al concorrente per rimuovere l’incompatibilità (esegesi quest’ultima preferibile anche alla luce dello specifico precedente costituito dalla sentenza dalla Sez. V, Sent., 13/11/2009, n. 7093), la proposizione della domanda non assurge ad elemento necessario a dare giuridicità e dignità di interesse legittimo alla posizione dell’aspirante. Ciò perché la differenziazione della posizione rispetto al quisque de populo è proprio data dalla peculiare condizione in cui si trova l’aspirante (titolare di altra farmacia), considerata dal bando “incompatibile” con l’aggiudicazione del servizio.

6. Sul punto può dunque concludersi nel senso che sussiste la legittimazione dell’appellante alla proposizione del ricorso introduttivo, e di conseguenza all’ulteriore coltivazione del giudizio in appello.

7. Possono anche superarsi le ulteriori eccezioni di inammissibilità per mancata impugnazione della deliberazione consiliare del 23 ottobre 2014, e di tardività per mancato rispetto del termine dimidiato di impugnazione.

7.1. Quanto alla prima, non v’è dubbio che la delibera consiliare citata sia un atto di indirizzo privo di immediata lesività per l’appellante.

7.2. Quanto alla seconda può richiamarsi l’indirizzo giurisprudenziale della Sezione per la quale “La gestione delle farmacie comunali da parte degli enti locali è collocata come modalità gestoria "in nome e per conto" del S.s.n., come tale non riconducibile né all'ambito dei servizi di interesse generale nella definizione comunitaria, né alla disciplina sui servizi pubblici locali secondo l'ordinamento italiano; piuttosto deve ritenersi che l'attività di gestione delle farmacie comunali costituisca esercizio diretto di un servizio pubblico, trattandosi di un'attività rivolta a fini sociali ai sensi dell' art. 112 D.Lgs. n. 267 del 2000. La procedura per l'individuazione dell'affidatario non riguarda perciò l'affidamento del servizio, la cui "concessione/autorizzazione rimane in capo al Comune", come precisa lo stesso disciplinare di gara”, con conseguente applicazione del termine ordinario di impugnazione ( Cons. Stato Sez. III, Sent., 08/02/2013, n. 729).

8.Venendo dunque al merito delle questioni, l’appellante deduce l’erroneità della sentenza di prime cure, poiché avrebbe erroneamente ritenuto dirimente, ai fini della risoluzione della controversia, il portato della sentenza della Corte costituzionale n. 275/2003, invece afferente alla diversa fattispecie di incompatibilità tra la partecipazione a società di gestione di farmacie comunali e qualsiasi altra attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco. Nessuna norma impedisce in realtà ad un titolare di farmacia privata di assumere la gestione di una farmacia comunale.

8.1. Il motivo non è fondato.

8.1. Il TAR ha posto l’accento sulla pronuncia della Corte costituzionale per coglierne la ratio e fornire una interpretazione costituzionalmente orientata anche per il diverso caso della compatibilità tra titolare di farmacia privata persona fisica e socio nella gestione di una farmacia comunale, sulla scorta di quanto a suo tempo chiarito da Cons. Stato Sez. V, Sent., 06/10/2010, n. 7336, secondo il quale “la formulazione del citato art. 8 L.n.362/1991, indicativa e comprensiva delle varie incompatibilità concernenti i singoli farmacisti, ha chiaramente la ratio di rendere applicabile anche nei confronti dei partecipanti alle società di persone o alle società cooperative a responsabilità limitata le incompatibilità per i farmacisti persone fisiche titolari o gestori di farmacie, già disseminate in numerose disposizioni di legge. Conseguentemente oggi tale divieto deve necessariamente ritenersi operante anche nei confronti dei soci delle società di gestione delle farmacie comunali, in coerente applicazione dei parametri costituzionali di riferimento”. Detto diversamente, non si intravedono ragioni per le quali l’incompatibilità sancita dall’art. 8 lett. b) non debba estendersi anche alla partecipazione societaria ad una società che ha per oggetto esclusivo la gestione di una farmacia comunale, una volta che il diritto vivente è giunto ad ammettere tale modalità di gestione.

8.2. E’ proprio in relazione a tale ultimo punto che si sofferma l’appellante con il secondo motivo d’appello. Il TAR avrebbe errato nel ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale vigente in tema di utilizzabilità del modello della società mista per gestione di farmacie comunali, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 199 del 2102

8.3.Ritiene il Collegio che, sul punto, in assenza di argomenti nuovi rispetto a quelli già esaminati dalla giurisprudenza, non può che richiamarsi lo specifico precedente della Sezione (Sent., 31/10/2014, n. 5389) nel quale è chiarito che gli effetti della sentenza n. 199 del 2012 della Corte costituzionale determinano “la reviviscenza del quadro precettivo derivante dagli artt. 113, 113 bis, 115 e 116 del D.Lgs. n. 267 del 2000 e successive modificazioni ed integrazioni, sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, che non soffrono preclusioni, né prevedono un regime di specificità per la gestione in forma societaria del servizio di vendita di prodotti farmaceutici”.

9. Con il terzo ed ultimo motivo l’appellante censura le statuizione con le quali il TAR rigetta la doglianza circa l’incongruità del prezzo a base d’asta. Secondo l’appellante si tratterebbe di una valutazione basata su dati empirici indimostrati, senza l’ausilio di bilanci ed inventari, e per giunta in assenza di un mandato da parte del consiglio comunale.

9.1. Anche tale motivo è infondato. Le parti resistenti hanno dimostrato che l’indicazione della somma ribassata era già contenuta nella delibera consiliare 50/2014, sulla scorta delle indicazioni provenienti dal consulente dott. D’Avenia, ed in ogni caso, sono del tutto condivisibili le argomentazioni del primo giudice in ordine all’insindacabilità di una decisione tipicamente inquadrabile nell’esercizio di una discrezionalità tecnica, in assenza di indici sintomatici di abnormità, del tutto insussistenti nel caso di specie.

10. L’appello è in conclusione respinto.

11. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge ai sensi di cui in motivazione. Condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite affrontate dalla s.r.l. Cardamone Group e dal Comune di Mentana per il presente giudizio d’appello, forfettariamente liquidate in €.2.000 (duemila), oltre oneri di legge, per ciascuna delle parti resistenti”.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Manfredo Atzeni, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere, Estensore

Massimiliano Noccelli, Consigliere

 

 

Guida alla lettura

Il Consiglio di Stato ha approfondito il tema del rapporto tra domanda di partecipazione alla gara e i profili processuali relativi all’interesse ed alla legittimazione a ricorrere, nell’ambito della controversia instaurata da una farmacista che ha ritenuto di non fare domanda di partecipazione alla gara a doppio oggetto indetta dal Comune per la scelta di un partner privato per la costituzione di una società mista per la gestione delle farmacie comunali e ne chiede l’annullamento, nella duplice qualità di titolare di farmacia comunale e di semplice cittadino utente residente nel Comune.

A fronte dell’eccezione di inammissibilità dell’impugnativa per carenza di legittimazione attiva della ricorrente, sollevata dall’amministrazione comunale, per l’asserita incompatibilità tra i due interessi di titolare di farmacia e di cittadino della quale la ricorrente è portatrice nonché per l’inadeguatezza di siffatti interessi a sostenere l’impugnativa in ragione della mancata partecipazione della ricorrente, il Collegio ha delineato i tratti essenziali dell’interesse diffuso, dell’interesse collettivo e si è soffermato sulla legittimazione all’impugnativa della gara in capo a chi non vi ha presentato domanda di partecipazione.

La III Sezione del Consiglio di Stato ha rilevato, in via preliminare, che l’interesse dei cittadini alla buona amministrazione ed all’efficiente organizzazione del servizio pubblico ha natura di interesse diffuso, ossia “indifferenziato, omogeneo, seriale, comune a tutti gli appartenenti alla categoria”  e che esso, proprio in quanto comune ed omogeneo, può soggettivizzarsi, divenendo interesse legittimo, nella forma del c.d. "interesse collettivo", in capo ad un ente esponenziale che se ne faccia portatore per la collettività.

L’interesse collettivo, tuttavia, non costituisce (né può mai costituire) posizione soggettiva dei singoli, ma sorge quale posizione sostanziale direttamente e solo in capo all'ente esponenziale, costituendo una "derivazione" dell'interesse diffuso per sua natura adespota e non già una "superfetazione" o una "posizione parallela" di un interesse legittimo comunque ascrivibile anche in capo ai singoli componenti della collettività.

Ne discende che, in assenza di espresse e specifiche previsioni di legge, un singolo cittadino non possa chiedere l’annullamento di atti lesivi di interessi diffusi.

In merito alla legittimazione a ricorrere del titolare di un interesse legittimo che non abbia domandato di partecipare alla procedura concorsuale, il Consiglio di Stato si è allineato alla prevalente giurisprudenza amministrativa, ormai consolidata nel ritenere che l'impresa che non partecipi alla gara non può contestare la relativa procedura e l'aggiudicazione in favore di imprese terze, perché la sua posizione giuridica sostanziale non è sufficientemente differenziata, ma riconducibile a un mero interesse di fatto.

A queste regole, che discendono dalla piana applicazione alle procedure di gara dei principi generali in materia di legittimazione e interesse a ricorrere, fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell'offerta.

Il Collegio ha sottolineato che, in queste ipotesi, la domanda di partecipazione alla procedura non rileva ai fini dell'impugnazione, o perché è la stessa gara a mancare, o perché la sua contestazione in radice ovvero l'impossibilità di parteciparvi fanno emergere, ex se, una situazione giuridica differenziata (in capo, rispettivamente, all'impresa titolare di un rapporto giuridico incompatibile con l'indizione della nuova procedura e all'impresa di settore cui è impedita la partecipazione) e una sua lesione attuale e concreta.

Ad avviso del Consiglio di Stato, sia che si consideri la clausola del bando, oggetto del giudizio, come radicalmente escludente, sia che la si consideri come condizione dell’esecuzione manifestamente sproporzionata avuto riguardo all’opzione imposta al concorrente per rimuovere l’incompatibilità, la proposizione della domanda non assurge ad elemento necessario a dare giuridicità e dignità di interesse legittimo alla posizione dell’aspirante. Ciò perché la differenziazione della posizione rispetto al quisque de populo è proprio data dalla peculiare condizione in cui si trova l’aspirante (titolare di altra farmacia), considerata dal bando in esame “incompatibile” con l’aggiudicazione del servizio.

In merito al termine di impugnazione della determinazione di avvio della procedura di gara a doppio oggetto, il Consiglio di Stato ha richiamato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la gestione delle farmacie comunali da parte degli enti locali è collocata come modalità gestoria "in nome e per conto" del S.s.n., come tale non riconducibile né all'ambito dei servizi di interesse generale nella definizione comunitaria, né alla disciplina sui servizi pubblici locali secondo l'ordinamento italiano.

Con la conseguenza che l'attività di gestione delle farmacie comunali costituisce esercizio diretto di un servizio pubblico, trattandosi di un'attività rivolta a fini sociali ai sensi dell'art. 112 D.Lgs. n. 267 del 2000 e che la procedura per l'individuazione dell'affidatario non riguarda l'affidamento del servizio, la cui "concessione/autorizzazione rimane in capo al Comune", con applicazione del termine ordinario di impugnazione.

Il Collegio ha esaminato, infine la giurisprudenza della Corte Costituzionale per il caso della compatibilità tra titolare di farmacia privata persona fisica e socio nella gestione di una farmacia comunale, sulla scorta della giurisprudenza amministrativa che reputa la formulazione dell’art. 8 L. n. 362/1991 come indicativa e comprensiva delle varie incompatibilità concernenti i singoli farmacisti e con la ratio di rendere applicabile anche nei confronti dei partecipanti alle società di persone o alle società cooperative a responsabilità limitata le incompatibilità per i farmacisti persone fisiche titolari o gestori di farmacie, già disseminate in numerose disposizioni di legge. Conseguentemente, si tratta di un divieto operante anche nei confronti dei soci delle società di gestione delle farmacie comunali, in coerente applicazione dei parametri costituzionali di riferimento, posto che l’incompatibilità si estende anche alla partecipazione societaria ad una società che ha per oggetto esclusivo la gestione di una farmacia comunale, una volta che il diritto vivente è giunto ad ammettere tale modalità di gestione.

Il Consiglio di Stato, infine, ha analizzato la questione di merito relativa alle modalità di gestione delle farmacie comunali e - riportando la giurisprudenza amministrativa che chiarisce come gli effetti della sentenza n. 199 del 2012 della Corte costituzionale determinino “la reviviscenza del quadro precettivo derivante dagli artt. 113, 113 bis, 115 e 116 del D.Lgs. n. 267 del 2000 e successive modificazioni ed integrazioni, sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, che non soffrono preclusioni, né prevedono un regime di specificità per la gestione in forma societaria del servizio di vendita di prodotti farmaceutici” - ha concluso per l’ammissibilità del ricorso al modello della società mista per la gestione delle farmacie comunali.