Relazione riassuntiva degli argomenti trattati dall’avv. Antonio Pazzaglia (Studio LTPartners Roma) nei corsi di aggiornamento presso le Aziende Sanitarie su “fattura elettronica e DURC”.

In questa breve relazione affronteremo gli aspetti che l’amministrazione, ed in particolare la stazione appaltante, deve considerare nel momento in cui proceda al pagamento dei corrispettivi dovuti in base al contratto di appalto. In via generale nel momento in cui la pubblica amministrazione viene richiesta di provvedere ad un pagamento deve preliminarmente e positivamente concludere la verifica della regolarità contributiva e della regolarità fiscale. Il pagamento poi è materialmente condizionato dall’eventuale esistenza di pignoramenti da parte di terzi che possono sorgere o in relazione alla verifica della regolarità fiscale ovvero indipendentemente da questa, potendo anche essere conseguenza dell’iniziativa di soggetti terzi in possesso di un titolo esecutivo portato in esecuzione per crediti diversi da quelli iscritti a ruolo.

Di seguito affronteremo partitamente la verifica della regolarità contributiva da un lato, e quindi il documento unico di regolarità contributiva che oggi ‘sostituito’ dalle risultanze della interrogazione effettuata dal soggetto pagatore presso gli archivi degli enti previdenziali e assicurativi compresa, nei lavori, la cassa edile, e la verifica della regolarità c.d. fiscale dall’altro, che si risolve nell’interpello di Equitalia al fine di consentire a quest’ultima di potersi attivare per il recupero coattivo dei crediti incorporati nelle cartelle di pagamento.

Non senza considerare anche la verifica della regolarità retributiva che il legislatore, in materia di appalti, da ultimo ha rafforzato significativamente con l’effetto di introdurre un nuovo utile strumento a garanzia della corretta esecuzione del contratto.

 

 

 

La regolarità contributiva.

Per inquadrare la disciplina della regolarità contributiva intesa quale condizione necessaria per procedere al pagamento è necessario considerare che diverse sono le fonti normative che interessano l’argomento, alcune di carattere per così dire generale e altre di carattere particolare, come nel caso della disciplina in materia di appalti, che si intrecciano e si sovrappongono in un rapporto invero alquanto disordinato.

In via generale per quanto la disciplina della regolarità contributiva trovi fondamento in norme sicuramente più risalenti nel tempo, il suo inquadramento può prendere le mosse dall’esame del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, e segnatamente dal suo art. 31, nonché dal successivo decreto legge 20 marzo 2014 n. 34 che individuano, rispettivamente, i momenti nei quali deve essere effettuata la verifica di regolarità contributiva e il meccanismo c.d. di ‘sostituzione’ in caso di riscontrata irregolarità da un lato (d.l. n. 69/2013) e le modalità concrete attraverso le quali è possibile procedere alla verifica della regolarità in parola dall’altro (d.l. n. 34/2014).

Dall’esame dell’articolo 31 del decreto legge 69 del 2013 si possono individuare due momenti differenti in presenza dei quali è richiesta la verifica della regolarità contributiva. Il primo riguarda il profilo ‘economico’ del rapporto negoziale che attiene al momento del pagamento vero e proprio da parte della pubblica amministrazione, che può riguardare tanto contratti pubblici di lavori, servizi o forniture, quanto ogni altro caso di erogazioni di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici di qualunque genere. Il secondo riguarda un profilo più propriamente ‘qualitativo’ del rapporto che attiene al momento della scelta del contraente, che comprende la fase della partecipazione e aggiudicazione dell’affidamento ovvero della sottoscrizione del contratto, nonché a quello della verifica della regolare esecuzione del contratto.

Nel primo caso il legislatore ha introdotto un meccanismo di ‘sostituzione’ che ha la finalità di recuperare d’ufficio quanto dovuto dal beneficiario del pagamento a causa di una inadempienza contributiva essendo previsto che, in caso di una tale inadempienza, l’amministrazione trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza e paga direttamente gli enti previdenziali assicurativi compresa, nei lavori, la cassa edile.

Tale meccanismo è ribadito negli stessi termini nel nuovo codice dei contratti pubblici che, all’articolo 30, prevede che in caso di inadempienza contributiva il committente trattenga dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali assicurativi compresa nei lavori la cassa edile.

Nella disciplina dei contratti pubblici antecedente, com’è noto, tale previsione era inserita nel Regolamento di attuazione, all’articolo 4 comma 2.

E’ da notare, peraltro, che l’art. 30 citato delimita il campo di operatività del meccanismo sostitutivo descritto alle sole ipotesi di inadempienze relative al personale dipendente dell’affidatario o del sub-affidatario “impiegato nell’esecuzione del contratto”, così riproponendo – a livello di fonte primaria – la previsione già presente nel richiamato art. 4 del regolamento e precisando la disposizione dell’art. 31 del decreto legge n. 69 del 2013 che parla di “inadempienza contributiva relativa a uno o più dei soggetti impiegati nell’esecuzione del contratto”.

Nel momento del pagamento, in materia di appalti, oltre alla verifica della regolarità contributiva e della regolarità fiscale, viene in rilievo oggi anche la verifica della regolarità retributiva dei dipendenti dell’affidatario o del subappaltatore impiegati nell’esecuzione del contratto.

L’art. 30 del nuovo codice dei contratti pubblici, infatti, al comma 6 prevede che in caso di ritardato pagamento delle retribuzioni dovute a tale personale l’amministrazione disponga il pagamento diretto in favore dei lavoratori delle retribuzioni arretrate, previo espletamento di un contraddittorio scritto con il soggetto inadempiente ed in ogni caso con l’affidatario.

Qui il nuovo codice dei contratti introduce una novità rilevante perché la previsione, già portata dall’articolo 5, co. 3, del Regolamento di attuazione del vecchio codice in termini di possibilità, si esprime invece in termini di obbligatorietà come è dato rinvenire dall’uso dell’indicativo “paga”.

Rispetto alla verifica della regolarità contributiva e fiscale, che sono obbligatorie, la verifica della regolarità retributiva, come detto, è meramente eventuale dipendendo da un fatto (la conoscenza del ritardo) che, appunto, è eventuale risultando accessibile tale conoscenza, non già attraverso l’interrogazione di banche dati predeterminate, quanto invece attraverso l’acquisizione di informazioni altrimenti reperite (ad esempio su segnalazione dei dipendenti).

Nel secondo caso, relativo come detto al momento della scelta del contraente, l’articolo 31 del decreto legge n. 69 del 2013 detta i tempi della verifica della regolarità contributiva secondo la progressione del procedimento, consentendo l’utilizzo del DURC in corso di validità acquisito per la verifica dei requisiti di partecipazione alla gara anche ai fini dell’aggiudicazione ovvero della sottoscrizione del contratto ovvero ancora per i contratti pubblici di lavori servizi forniture diversi da quelli per i quali è stato espressamente acquisito.

Tale verifica, poi, deve essere effettuata anche ai fini del rilascio dell’autorizzazione al subappalto.

L’articolo 31, infine, disciplina la verifica della regolarità contributiva dopo la stipula del contratto. Dopo tale momento, in particolare, la regolarità contributiva rileva, non solo in rapporto al pagamento, ma anche in rapporto alla regolarità dell’esecuzione del contratto, essendo la relativa verifica adempimento preliminare al rilascio del certificato di collaudo ovvero di regolare esecuzione.

Dopo la stipula del contratto, il documento unico di regolarità contributiva, deve essere acquisito ogni 120 giorni, senza soluzione di continuità fino al pagamento del saldo, per il quale deve comunque essere acquisito un nuovo ed autonomo documento.

La dimensione della verifica della regolarità contributiva nella fase antecedente alla sottoscrizione del contratto (e quindi durante la ‘partecipazione’ alla gara) è precisata dal nuovo codice dei contratti pubblici il quale, all’articolo 80, prevede in generale che un operatore economico debba essere escluso dalla procedura d’appalto qualora abbia commesso gravi violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali (oltre che delle imposte e tasse) e ciò a prescindere da quale sia il momento nel quale l’operatore economico, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura stessa, si sia trovato in una di tali situazioni.

La previsione, come noto, ripropone una posizione che la giurisprudenza amministrativa maggioritaria, in vigenza del precedente regime, ha interpretato in modo particolarmente rigoroso giungendo, da un lato, ad equiparare le ‘violazioni gravi in materia contributiva’ alle inadempienze ostative al rilascio del DURC e, dall’altro, ad escludere la possibilità anche solo della regolarizzazione della posizione contributiva nel termine di 15 giorni all’uopo previsto in via generale dal Decreto Ministeriale del 2007 al tempo in vigore.

In relazione a tale posizione non poche sono state le problematiche emerse che, portate all’attenzione sia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sia anche della Corte di Giustizia (davanti alla quale è ancora pendente il relativo procedimento), hanno evidenziato le possibili conseguenze ‘non virtuose’ per la tutela dell’interesse pubblico sotteso alla disciplina in parola di una posizione interpretativa così rigorosa.

La previsione di cui all’art. 80 citato, nondimeno, sembra aver introdotto una novità nel tema considerato.

Nel definire le situazioni che fanno scattare l’esclusione del concorrente (gravi violazioni - violazioni definitivamente accertate - gravi violazioni in materia contributiva previdenziale), infatti, la norma precisa che sono gravi le violazioni in materia contributiva previdenziale che siano ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva “di cui all’articolo 8 del decreto del ministero del lavoro e delle politiche sociali del 30 gennaio 2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 125 del 1 giugno 2015”.

Rispetto al regime antecedente il nuovo codice di contratti pubblici, ove la gravità della violazione in materia contributiva e previdenziale veniva posta in relazione diretta con la condizione ostativa al rilascio del DURC regolare che a sua volta dipendeva dalla misura dell’inadempienza, l’articolo 80, nel richiamare le fattispecie ostative di cui all’articolo 8 del decreto ministeriale, sembra abbandonare il previgente discrimine quantitativo per abbracciarne uno qualitativo.

Le ipotesi di cui all’articolo 8 del decreto ministeriale citato, d’altra parte, riguardano le violazioni di natura previdenziale e di tutela delle condizioni di lavoro individuate nell’allegato A del decreto stesso che elenca le ipotesi di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni di lavoro, l’omicidio colposo, le lesioni personali colpose e, in generale, la violazione della normativa in materia di tutela della salute della sicurezza nei luoghi di lavoro, della prevenzione degli infortuni e la tutela dell’igiene del lavoro, le disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero di lavoro irregolare ovvero, infine, la disciplina di taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro.

Quindi situazioni particolari che non esauriscono le cause ostative al rilascio del DURC.

E’ da precisare però che una tale lettura, che pure potrebbe essere inquadrata dal punto di vista sistematico quale accorgimento per superare il circolo vizioso che si crea nell’escludere dal mercato imprese che versano in condizione di irregolarità contributiva che potrebbe essere coperta grazie alle entrate dovute alle nuove commesse, sembra contraddetta dalla disposizione dello stesso articolo 80 secondo la quale la prevista esclusione non si applica quando l’operatore economico abbia ottemperato ai suoi obblighi “pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti compresi eventuali interessi o multe (..) prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande”, posto che quest’ultima fa esclusivamente riferimento all’omesso pagamento dei contributi previdenziali.

Una novità che viceversa può essere attribuita al nuovo codice dei contratti pubblici e che si riverbera sulla disciplina della verifica della regolarità contributiva è data dalla previsione del pagamento diretto in favore del subappaltatore quale procedura ordinaria e non già, come in precedenza, nel solo caso di previsione espressa nel bando (cfr. art. 118, co. 3, del d.lgs n. 163/2006).

Gli artt. 105 e 174 del nuovo codice dei contratti pubblici, infatti, prevedono che il pagamento venga effettuato direttamente al subappaltatore nel caso di microimprese o piccole imprese, nel caso di inadempimento dell’appaltatore ovvero nel caso di (semplice) richiesta del subappaltatore stesso.

La previgente disciplina, invece, rinviava alla necessità di una specifica previsione nel bando di gara.

La nuova previsione, unitamente a quella portata dallo stesso articolo 105 con riguardo all’obbligo di pagamento diretto agli enti previdenziali assicurativi ovvero in favore dei lavoratori, anche nel caso di irregolarità contributiva del subappaltatore ovvero di ritardo nel pagamento delle retribuzioni da parte di quest’ultimo, estende in modo rilevante la portata del meccanismo ‘sostitutivo’ così garantendo maggiormente la copertura delle posizioni contributive sorte in ragione dell’esecuzione del contratto e il buon andamento dell’esecuzione stessa.

La sostituzione del documento unico di regolarità contributiva.

Il documento unico di regolarità contributiva non esiste più o, più precisamente, è sostituito oggi dalle risultanze dell’interrogazione telematica presso la banca dati unica degli archivi Inps, Inail e casse edili.

Si è detto come in via generale la disciplina della regolarità contributiva dettata dal decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 sia stata successivamente interessata dal decreto legge 20 marzo 2014 n. 34 e segnatamente dall’articolo 4 recante “semplificazione in materia di DURC”.

Com’è noto l’articolo 4 del decreto legge n. 34 del 2014, che rinvia ad un decreto del Ministero del lavoro delle politiche sociali (da adottarsi di concerto con il Ministero dell’economia delle finanze e, per i profili di competenza, con il Ministero per la semplificazione della pubblica amministrazione, sentiti l’Inps, l’Inail e la commissione nazionale paritetica per le casse edili) da un lato prevede che a far data dall’entrata in vigore di tale decreto la verifica della regolarità contributiva possa avvenire esclusivamente in via telematica e in tempo reale e, dall’altro, precisa che la risultanza dell’interrogazione sostituisce a ogni affetto il DURC ovunque previsto.

L’esame del DM 30 gennaio 2015 adottato in attuazione di tale previsione pone in evidenza alcuni caratteri distintivi del nuovo sistema di verifica della regolarità contributiva rispetto al precedente in vigore con il DM del 2007.

Nel disciplinare il procedimento che scaturisce dall’interrogazione degli archivi degli enti previdenziali e assicurativi, in particolare, il DM 2015 distingue, da un lato, l’ipotesi di verifica con esito positivo disciplinata dall’articolo 7, a seguito della quale viene generato un documento in formato PDF non modificabile nel quale vengono riportate i dati identificativi del soggetto e la dichiarazione di regolarità e, dall’altro, quella di esito non positivo, a seguito del quale viene attivato un autonomo procedimento volto alla regolarizzazione della posizione contributiva che, se interviene entro i 15 giorni successivi, genera il documento di cui all’articolo 7.

La nuova disciplina, per quanto apparentemente non sembri differenziarsi rispetto alla previgente, introduce in realtà una rilevante novità data dal fatto che, decorso inutilmente il termine di 15 giorni, la risultanza negativa della verifica viene comunicata ai soggetti che hanno effettuato l’interrogazione con indicazione, non solo degli importi a debito, come in precedenza, ma anche delle “cause di irregolarità”.

Il soggetto che ha effettuato l’interrogazione e, nel caso degli appalti, la stazione appaltante è quindi posta nella condizione di conoscere la natura delle violazioni che hanno determinato la situazione di irregolarità contributiva che può rilevare sotto due aspetti. Il primo, relativo alla qualificazione della violazione contributiva in termini di gravità (ancorché come detto si possano nutrire dubbi in ordine ad una portata effettivamente innovativa della previsione di cui all’articolo 80 del nuovo codice dei contratti) e, il secondo, relativo alla verifica dell’imputabilità della irregolarità contributiva a personale dipendente impiegato nell’esecuzione del contratto.

Tralasciando il profilo qualitativo dell’inadempienza del resto è certo che, sia l’articolo 31 del decreto legge n. 69 del 2013, sia anche l’articolo 30 del nuovo codice di contratti (come l’art. 105 per il subappalto), fanno esclusivo riferimento ad inadempienze contributive relative a personale dipendente impiegato nell’esecuzione del contratto, limitando così la possibilità del committente pubblico di trattenere dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza solo allorché tale inadempienza si esaurisca nell’ambito del medesimo rapporto contrattuale.

E questo è reso possibile, oggi, dall’indicazione delle “cause di irregolarità” portate dalla comunicazione degli importi a debito una volta spirato il termine per la regolarizzazione.

Lettura questa che sembra anche coerente e proporzionata rispetto alle finalità che il legislatore persegue con la disciplina della verifica della regolarità contributiva quale presupposto del pagamento che, rispetto alla verifica della regolarità contributiva nel momento di scelta del contraente, attiene ad un profilo di recupero e copertura da parte dello Stato di inadempienze contributive commesse nel rapporto con lo Stato.

Non solo. In caso di posizione non regolare, il sistema delineato dal DM 2015 non genera alcun documento, né alcuna comunicazione al soggetto che ha effettuato l’interrogazione, prevedendo nel contempo che l’interrogazione stessa ‘impedisce ulteriori verifiche’.

La stazione appaltante, in questi termini, all’atto dell’interrogazione, non riceve alcuna informazione se non quella positiva di cui all’art. 7 (documento “pdf”) rilasciata contestualmente all’interrogazione stessa (se la posizione è regolare) essendo prevista l’unica alternativa del ‘rinvio’ della trasmissione della risultanza (positiva o negativa) decorsi 15 giorni.

Ciò che sembrerebbe coerente con il fatto che l’articolo 80 del nuovo codice dei contratti pubblici, al di là della possibile lettura restrittiva della qualificazione delle gravi violazioni in materia contributiva previdenziale con riferimento alle sole cause ostative di cui all’articolo 8 del DM 2015, fa espresso riferimento a tale ultimo decreto così ponendosi in (almeno apparente) discontinuità rispetto alla posizione espressa dalla giurisprudenza amministrativa che escludeva che il procedimento di regolarizzazione delineato dal precedente DM del 2007 potesse ritenersi applicabile alla materia degli appalti.

Ulteriori aspetti di rilievo del decreto ministeriale in commento riguardano le ipotesi particolari nelle quali la regolarità contributiva sussiste nonostante l’esistenza di un debito contributivo. Queste possono essere distinte, da un lato, nelle ipotesi previste dall’articolo 3, che riguarda i casi di rateizzazioni concesse dall’Inps e dall’Inail o dalle casse edili ovvero di sospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative ovvero ancora di credito in fase amministrativa in pendenza di contenzioso, e in generale nell’ipotesi di uno scostamento tra le somme dovute quelle versate con riferimento a ciascuna gestione pari o inferiore ad euro 150,00 e, dall’altro, nelle ipotesi previste dall’articolo 5 relativo alle procedure concorsuali ove è previsto che l’impresa sia considerata regolare (nel caso di concordato con continuità aziendale ovvero di fallimento con esercizio provvisorio ovvero ancora di amministrazione straordinaria) a condizione che i crediti dell’Inps o dell’Inail e delle casse edili siano stati debitamente considerati nelle relative procedure.

La regolarità c.d. fiscale

I pagamenti effettuati nell’ambito del rapporto contrattuale relativo agli appalti pubblici sono soggetti, al pari di ogni altro pagamento, alla disciplina dettata dall’articolo 48 bis del decreto del presidente della Repubblica n. 602 del 1973 che impone alle pubbliche amministrazioni, ovvero alle società prevalente partecipazione pubblica, di verificare se il beneficiario di un pagamento di importo superiore a € 10.000 sia o meno inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a detto importo.

Il meccanismo è simile a quello che opera con riferimento alle inadempienze contributive con la differenza che l’eventuale sussistenza dell’inadempimento non comporta di per sé il pagamento diretto in favore dell’Agente della riscossione essendo tale pagamento subordinato all’iniziativa di quest’ultimo.

La disciplina attuativa del sistema relativo alla verifica di regolarità fiscale è dettata dal DM 18 gennaio 2008 n. 40 il quale prevede che la verifica avvenga mediante accreditamento del soggetto pagatore e accesso da parte di quest’ultimo al portale di Equitalia che, qualora Equitalia dia riscontro positivo (nel senso dell’esistenza di un credito portato da cartelle di pagamento), equivale a segnalazione ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme eventualmente iscritte a ruolo.

Qualora Equitalia non dia riscontro entro cinque giorni ovvero risponda comunicando che non risulta alcun inadempimento, l’amministrazione procede al pagamento a favore del beneficiario. Diversamente, e quindi qualora Equitalia comunichi l’esistenza di un inadempimento, quest’ultima è tenuta a comunicare anche l’intenzione dell’agente della riscossione di procedere a notifica dell’ordine di versamento di cui all’articolo 72 bis del decreto del presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e ciò sospende per i 30 giorni successivi a quello della comunicazione stessa la possibilità per l’amministrazione di pagare il beneficiario (ovviamente nei limiti dell’importo dovuto per le cartelle di pagamento).

Qualora poi l’ordine di versamento ex articolo 72 bis non intervenga entro detti 30 giorni, il soggetto pubblico è tenuto a procedere al pagamento delle somme spettanti al beneficiario.

Riflessioni conclusive.

Dall’esame della disciplina delle verifiche che la pubblica amministrazione è tenuta ad effettuare prima di procedere al pagamento di somme in favore del beneficiario, tanto in materia di contratti pubblici quanto anche in generale ogni qualvolta a diverso titolo debba procedere al versamento di importi in suo favore, emerge l’esigenza e l’intento del legislatore di creare un sistema di recupero d’ufficio delle somme dovute dal beneficiario agli enti previdenziali assicurativi ovvero in generale alla pubblica amministrazione.

Un meccanismo che in materia di appalti rileva anche sotto autonomo profilo perché consente, contemporaneamente, di assicurare la corretta destinazione dei flussi finanziari che provengono dal committente e attraverso l’appaltatore, ovvero anche il subappaltatore, devono giungere ad irrorare i punti terminali della sua organizzazione rappresentati dal personale impiegato nell’esecuzione del contratto (tanto in termini di copertura contributiva che di copertura retributiva) sì da evitare, da un lato, di pregiudicare l’esecuzione stessa del contratto, che in ultima analisi dipende dall’attività di detti punti terminali e, dall’altro, di creare debiti contributivi ovvero di altro genere che il committente, che da parte sua è lo Stato, si troverà a dover coprire (direttamente o indirettamente) al posto dell’appaltatore.