TAR Piemonte, sez. I, 12 settembre 2016, n. 1139.

1.Il termine dimidiato di 30 giorni previsto dall’art. 120 c.p.a. non si applica all’impugnazione di un atto di annullamento in autotutela quando sia intercorso un considerevole lasso di tempo dalla conclusione della procedura di affidamento e sia intervenuta una fase esecutiva (1).

2. In mancanza dei presupposti per l’affidamento diretto di un servizio in concessione, l’interesse pubblico al ripristino della legalità e all’indebita erogazione di somme a carico delle finanze pubbliche prevale su quello del privato affidatario anche se il contratto è in corso di esecuzione da tempo (2).

(1) Conforme, in senso dubitativo: Consiglio di Stato, III, ordinanza 13 aprile 2013, n. 1352. Contrarie: TAR Lazio, II bis, 9 aprile 2015 n. 5273; Consiglio di Stato, V, 15 luglio 2014, n. 3710.

(2) Conforme: Consiglio di Stato, V, 30 dicembre 2015 n. 5862.

 Novità in senso parzialmente contrario: Consiglio di Stato, V, 20 settembre 2016, 3910.

 

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 717 del 2015, proposto da: 
Unicredit S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Giudice C.F. GDCMRA58H21G273E, Fulvio Ingaglio La Vecchia C.F. NGGFLV69D27G273Q, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Anna Maria Garro in Torino, via Palmieri, 14; 

contro

Azienda Sanitaria Locale - A.S.L. To1, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Vittorio Barosio C.F. BRSVTR39C08L219D, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso G. Ferraris, 120; 

per l'annullamento

- della deliberazione del Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria Locale TO1 n.358/A01 del 09/04/2015 di annullamento d'ufficio della "Deliberazione n. 664/A.01/2013 del 29/10/2013, avente ad oggetto servizio di tesoreria dell'ASL TO1: provvedimenti" annullamento d'ufficio", comunicato mediante nota ASL TO 1 prot. n. 0038145/A. 01. 01, datata 23/04/2015, denominata "Trasmissione atto deliberativo", ricevuta in pari data;

-della nota ASL TO 1 prot. n. 0038145/A. 01. 01, datata 23/04/2015, denominata "Trasmissione atto deliberativo";

- ASL TO 1 prot. n. 0038983/A. 01. 01, datata 16/02/2015di comunicazione di avvio del procedimento amministrativo;

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e connesso;

nonchè per il risarcimento dei danni.


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale - A.S.L. To1;

Vista la domanda riconvenzionale introdotta attraverso il ricorso incidentale dell’ Azienda Sanitaria Locale A.S.L. To1;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 giugno 2016 la dott.ssa Silvana Bini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Unicredit S.p.A. è affidataria del servizio di tesoreria dell'Azienda Sanitaria Torino 1 in virtù della convenzione sottoscritta in data 25.11.2013, a seguito di affidamento con procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, ai sensi dell’art 57 comma 2 D. Lgs. n. 163/2006, approvata con Deliberazione n. 664/A.01/2013 del 29/10/2013.

L’affidamento diretto è stato disposto in quanto la gara bandita dalla Federazione Sovranazionale 1 sempre per il servizio di tesoreria a favore delle Aziende sanitarie To 1, San Luigi di Orbassano e To 5, era andata deserta per assenza di offerte.

A seguito della nota della Procura Regionale della Corte dei Conti del 17.12.2014 con cui viene contestata la legittimità dell’affidamento diretto, il Direttore Generale, previo invio della comunicazione di avvio del procedimento, disponeva l’annullamento d'ufficio della Deliberazione n. 664/A.01/2013 del 29/10/2013, con conseguente interruzione del rapporto convenzionale.

Con ricorso notificato in data 19 giugno 2015 e depositato il 26 giugno 2015, Unicredit s.p.a. ha impugnato gli atti in epigrafe, articolando le seguenti censure:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 L. 241/90; violazione dell’art 21 octies e nonies L. 241/90; eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa e perplessità degli atti; violazione di buona fede; violazione del principio di proporzionalità, eccesso di potere e del principio del termine ragionevole per l’esercizio dell’autotutela:

1.a – il provvedimento di autotutela richiama la nota della Corte dei Conti e la necessità che l’Azienda si adegui ai rilievi del suddetto organo di controllo: tuttavia emerge la contraddittorietà, in quanto nelle premesse evidenzia i presupposti per procedere all’affidamento diretto, sottolineando la legittimità della pregressa scelta; è quindi mancata una autonoma valutazione di opportunità e dell’interesse pubblico al servizio in atto;

1.b – non sono stati valutati l’affidamento e la buona fede del concessionario, che sta gestendo il servizio da due anni, da cui ricava anche un canone annuo di € 350.000,00, in base a condizioni che al momento della sottoscrizione erano state ritenute favorevoli,

1.c – l’amministrazione non ha inviato il preavviso di rigetto: questa violazione non può ritenersi superata dalla presenza dei presupposti di cui al comma 2 L. dell’art 21 octies L. 241/90, perché l’Asl non può dimostrare che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto avere contenuto diverso, stante la possibilità di rinegoziare i contenuti economici ai sensi dell’art 4 comma 8 D.L. 66/2014.

La ricorrente chiede altresì il risarcimento dei danni.

Si è costituita in giudizio l’Azienda sanitaria TO1, sollevando l’eccezione di tardività del ricorso, perché notificato in violazione al termine dimezzato di cui all’art 120 c.p.a., chiedendo il rigetto del ricorso e notificando ricorso incidentale, chiedendo in via riconvenzionale la dichiarazione di nullità del contratto del 2013, l’obbligo di Unicredit di restituire le somme percepite dal 1.10.2013, per il servizio di tesoreria, nonché l’accertamento della non spettanza dei corrispettivi previsti dalla convenzione, ed in particolare delle somme richieste con nota Unicredit del 28.5.2015.

Con ordinanza n. 234 del 30.7.2015 la domanda cautelare è stata respinta, sull’assunto che l’atto di autotutela non presentava i profili di illegittimità rilevati, in quanto l’affidamento diretto del servizio di tesoreria era in evidente contrasto con l’art 57 comma 6 D. Lgs. 163/2006, essendo mancata la fase di trattative con gli operatori.

All’udienza del 29 giugno 2016 il ricorso è stato poi trattenuto in decisione.

DIRITTO

1) Il presente ricorso è stato proposto avverso l’atto di autotutela adottato dall’Azienda Sanitaria To 1 con cui è stato annullato l’affidamento diretto ad Unicredit del servizio di tesoreria della suddetta ASL TO1.

Nella delibera, dopo aver premesso che il servizio era stato affidato direttamente alla Unicredit dopo che la gara indetta dalla Federazione sovranazionale per più Aziende era andata deserta, si dà atto di doversi adeguare ai rilievi della Corte dei Conti che ha evidenziato l’illegittimità dell’affidamento diretto senza procedura di gara e ha osservato che le condizioni concordate sarebbero troppo onerose per l’Azienda, in considerazione delle miglior condizioni ottenute dalla Regione e dall’Asl To5.

Pertanto l’Azienda sanitaria ha disposto l’annullamento, per le ragioni di interesse pubblico indicate dalla Corte dei Conti, “consistenti nell’esigenza di celebrare una procedura di gara con più ampia partecipazione al fine di ottenere migliori condizioni per l’espletamento del servizio, ritenute prevalenti rispetto agli interessi del destinatario dell’atto”.

2) Va preliminarmente esaminata l’eccezione di tardività del ricorso.

Secondo l’orientamento invocato dalla difesa dell’Azienda sanitaria il ricorso è irricevibile perché notificato oltre il termine dimidiato, che deve trovare applicazione nel caso in esame, incidendo l’atto su una procedura concorsuale: la formula adoperata dall'art. 120 cod. proc. amm. ('atti delle procedure di affidamento), proprio per la sua ampiezza e generalità, non può non includere anche quei provvedimenti (annullamento d'ufficio o revoca) che, in esplicazione del potere di autotutela, comportino la rimozione di atti delle procedure di aggiudicazione e siano, quindi, pur sempre attratti - a guisa di 'actus contrarii' - all'ambito operativo di queste ultime (T.A.R. Napoli, (Campania), sez. VIII, 14/05/2014, n. 2665; Cons. Stato, sez. III, 11 luglio 2012, n. 4116; TAR Toscana, Firenze, sez. I, 21 maggio 2012, n. 992).

Tuttavia, si riscontra anche un orientamento differente, citato dalla difesa, (seppur reso in sede cautelare dal Consiglio di Stato sez. III, ordinanza n. 1352/2013), che pone dubbi sulla possibilità di estendere anche agli atti di autotutela l’art 120 c.p.a.

Nel caso in esame, in disparte che il problema assume importanza relativa, stante l’infondatezza del ricorso, tuttavia va rilevato che tra l’aggiudicazione e l’atto di annullamento è decorso un notevole lasso di tempo (a differenza dei casi esaminati nelle pronunce sopra citate, in cui vi era una stretta consequenzialità tra atto di conclusione del procedimento di aggiudicazione e atto di secondo grado).

Qui invece vi è stata anche una fase esecutiva, di due anni, per cui il procedimento di secondo grado ha assunto una sua “autonomia”, talchè il provvedimento finale di annullamento non può essere incluso tra gli atti della procedura di affidamento, da tempo esaurita.

Pertanto l’eccezione va respinta.

3) Nel merito il ricorso è infondato.

L’istituto di credito articola tre profili di illegittimità, lamentando l’assenza dei presupposti per il potere di autotutela e la lesione dell’affidamento.

3.1 Il primo profilo verte sulla insussistenza dei motivi per l’autotutela: sostiene parte ricorrente che l’Azienda si sarebbe limitata a richiamare le ragioni indicate dalla Corte dei Conti, contraddicendosi laddove afferma di aver a suo tempo ben operato. Le ragioni indicate non sono quindi riconducibili all’interesse pubblico, dal momento che la sola esigenza di ripristinare la legittimità violata non rappresenta un interesse in tal senso.

La censura non è condivisibile.

Come noto, il potere di annullamento in autotutela viene esercitato al fine di garantire il ripristino della legalità, ma questa finalità non può integrare ex se, e tantomeno esaurire, l'ambito delle più ampie e articolate valutazioni che l'Amministrazione è chiamata ad operare, essendo invece imprescindibile una compiuta comparazione tra l'interesse pubblico e quello privato oltre alla ragionevole durata del tempo intercorso tra l'atto illegittimo e la sua rimozione.

Nel caso di specie due sono le ragioni dell’autotutela: il ripristino della legalità astrattamente violata, a causa dell’affidamento senza gara, e la necessità di adeguarsi al rilievo circa la eccessiva onerosità del contratto.

Quanto alla prima ragione dell’annullamento, è incontestabile che il ricorso alla trattativa privata ex art. 57 comma 2 lett. a), del D. L.vo 163/06 (la procedura negoziata è ammessa qualora, in esito all'esperimento di una procedura aperta o ristretta, non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, o nessuna candidatura), deve considerarsi una assoluta eccezione al principio generale della massima concorrenzialità, per cui il legislatore ha previsto una fase di indagine di mercato, anche solo al fine di consultare gli operatori economici del settore, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione.

Invero nel caso di specie, in disparte la questione se la gara indetta dalla federazione Sovranazionale fosse del medesimo oggetto o meno, l’Azienda ha omesso completamente la fase istruttoria preliminare, di indagine del mercato, pur essendo un servizio reso da più istituti bancari.

È quindi evidente la sussistenza di un procedimento che presenta profili di illegittimità, poiché l’affidamento diretto non si giustifica quando si ravvisa anche un minimo spazio per poter utilmente esperire una procedura comparativa.

Ugualmente il secondo rilievo sollevato dalla Corte dei Conti circa le condizioni eccessivamente onerose, integra un valido presupposto per l’atto di autotutela, stante l’elevato onere che l’Azienda ha ritenuto di assumere, per un servizio che generalmente viene erogato anche gratuitamente.

Infatti nella prassi il contratto di tesoreria è un contratto a titolo gratuito senza alcun corrispettivo, perché il beneficio e la remunerazione per la banca si riconducono ai positivi riflessi in termini di pubblicità e d'immagine con conseguente possibilità per il gestore di ampliare la clientela e di sviluppare le proprie attività nelle aree ove il servizio medesimo si svolge.

Ciò senza contare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo per discostarsi, non vi è neppure bisogno di una particolare motivazione sull'interesse pubblico e sulla comparazione tra quest'ultimo e quello del privato allorché l'annullamento dell'atto in autotutela elimini l'indebita o ingiustificata erogazione di somme, sussidi e benefici a carico delle finanze pubbliche, in tal caso l'interesse pubblico essendo in re ipsa, senza che possa assumere rilievo in senso contrario neppure il decorso del tempo (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 12 novembre 2013, n. 5415; 23 ottobre 20124, n. 5267; sez. III, 11 novembre 2014, n. 5539; 22 dicembre 2014, n. 6310).

3.2 Queste argomentazioni portano al rigetto anche del secondo motivo, relativo alla asserita mancata valutazione dell'affidamento, sorto in capo alla ricorrente, che sta gestendo il servizio da due anni, con un ricavo (il canone annuo di è di € 350.000,00,) in base a condizioni che al momento della sottoscrizione erano state ritenute favorevoli.

La possibilità di un risparmio economico rende recessiva la posizione della ricorrente, anche con riferimento all'affidamento da essa vantato alla conservazione del servizio.

3.3 Da ultimo parte ricorrente lamenta la violazione dell’art.21 octies comma 2 L. 241/90, perché non è stato notificato alcun preavviso di rigetto e l’Amministrazione non ha dimostrato che il provvedimento non avrebbe potuto avere un differente contenuto, stante la possibilità di rinegoziazione dei contenuti economici del contratto.

Anche questo motivo non può essere accolto, in quanto anche la rinegoziazione delle condizioni non avrebbero potuto sanare il vizio originario, della mancanza di indagine di mercato.

Si ricorda inoltre che il mancato rispetto dell'obbligo di preventiva comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, imposto dall'art. 10 bis, l. 7 agosto 1990 n. 241, è inidoneo di per sé a giustificare l'annullamento di un atto, non essendo consentito, ai sensi del successivo art. 21 octies, l'annullamento dei provvedimenti amministrativi, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato; ne consegue che - come nella fattispecie - laddove il ricorrente si limiti a contestare l'omessa comunicazione del preavviso, senza nemmeno allegare le circostanze che non avrebbe potuto incolpevolmente sottoporre all'Amministrazione, il motivo con cui si censura la mancata comunicazione deve intendersi inammissibile o, comunque, irrilevante per assoluta genericità (Tar Lazio, sez. III; 21 aprile 2015, n. 5823).

Pertanto il ricorso va respinto, unitamente alla domanda di risarcimento dei danni, stante la legittimità dell’operato dell’Azienda sanitaria.

4) L’ASL To 1 ha introdotto con ricorso incidentale una domanda riconvenzionale, con tre distinte istanze: la dichiarazione di nullità/annullamento del contratto, l’obbligo di Unicredit di restituire le somme percepite dal 1.10.2013, per il servizio di tesoreria, nonché l’accertamento della non spettanza dei corrispettivi previsti dalla convenzione, ed in particolare delle somme richieste con nota Unicredit del 28.5.2015.

4.1 Rispetto alla prima istanza di accertamento della nullità/annullamento del contratto, essendo stata annullata la delibera n. 664/A.01/2013 del 29/10/2013 di affidamento del servizio, il Collegio deve limitarsi ai sensi dell'art. 122 c.p.a., a dichiarare l’inefficacia del contratto limitatamente alle prestazioni ancora da eseguire alla data di pubblicazione della sentenza.

4.2 Sulle ulteriori due domande va invece dichiarato il difetto di giurisdizione, trattandosi di controversia in ordine agli aspetti patrimoniali connessi alla convenzione e al rapporto bilaterale tra Amministrazione e il concessionario del servizio, in ordine ai quali l'Amministrazione stessa interviene non munita di autorità ma in posizione paritetica.

5) Il ricorso principale va quindi respinto.

Il ricorso incidentale va in parte accolto, nei limiti sopra indicati; per il resto dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, con la precisazione che, ai sensi dell’art.11 secondo comma del c.p.a., gli effetti processuali e sostanziali della domanda medesima rimangono salvi, ove il giudizio sia riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia che declina la giurisdizione.

Le spese di giudizio possono essere compensate per la reciproca soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Accoglie in parte il ricorso incidentale e per l’effetto dichiara la nullità della convenzione-contratto del 25.11.2013.

Per il resto dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e individua, ai sensi dell’art. 11 c.p.a., nel giudice ordinario l’autorità giurisdizionale cui spetta la cognizione delle domande proposte.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 29 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Silvana Bini, Consigliere, Estensore

Ofelia Fratamico, Primo Referendario 

 

 

 

Guida alla lettura

Il TAR affronta nella sentenza in commento il delicato tema dell’incidenza degli atti di ritiro in autotutela sui rapporti contrattuali in essere.

Le questioni trattate sono molteplici:

1)   il termine per l’impugnazione di provvedimenti di annullamento di atti delle procedure di gara;

2)   il contemperamento tra interessi pubblici e privati nell’adozione di un atto di annullamento relativo ad un affidamento in corso di esecuzione;

3)   l’interpretazione dei presupposti per l’affidamento diretto ai sensi dell’art. 57, comma 2, lett. a), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163;

4)   la sorte delle domande riconvenzionali di dichiarazione di nullità/annullamento/inefficacia del contratto e di restituzione delle somme indebitamente percepite.  

La vicenda in fatto riguarda l’annullamento d’ufficio da parte di un’Azienda Sanitaria di un affidamento in concessione del servizio di tesoreria. L’annullamento è stato disposto a seguito di una nota della Procura Regionale della Corte dei Conti che aveva rilevato l’insussistenza dei presupposti per l’affidamento diretto ai sensi dell’art. 57, comma 2, lett. a), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Il concessionario, che eseguiva il servizio da oltre due anni, ha impugnato al TAR l’atto di annullamento.

L’Azienda ha preliminarmente eccepito la tardività del ricorso, in quanto notificato oltre il termine  di 30 giorni: l’eccezione è stata respinta dal TAR con una decisione che si pone, come riportato dalla stessa sentenza, in senso difforme dall’orientamento prevalente che equipara, sotto questo profilo, gli atti di annullamento in autotutela agli atti delle procedure di affidamento soggetti al termine dimidiato di cui all’art. 120 c.p.a. La decisione si fonda sul notevole intervallo di tempo trascorso nel caso di specie tra l’affidamento del servizio e il suo annullamento: tale elemento renderebbe il procedimento in autotutela autonomo rispetto a quello di affidamento e non consentirebbe di considerare l’annullamento quale “atto della procedura di affidamento” soggetto al termine di impugnazione di cui all’art. 120 c.p.a.

Nel merito dell’esercizio del potere di autotutela, la sentenza conclude nel senso che l’interesse del privato concessionario alla prosecuzione del rapporto contrattuale sia recessivo rispetto all’interesse pubblico al ripristino della legalità e della convenienza economica.

Nella vicenda esaminata l’affidamento diretto sarebbe stato illegittimo in quanto non preceduto da alcuna indagine di mercato e ciò nonostante il fatto che il servizio in questione, la tesoreria, sia reso sul mercato da numerosi operatori, gli istituti bancari.

Le condizioni economiche della concessione, inoltre, sarebbero state eccessivamente onerose, sempre tenuto conto delle peculiarità del servizio di tesoreria, spesso caratterizzato dalla gratuità, e del confronto con le condizioni ottenute da altre Aziende Sanitarie per le medesime prestazioni. L’interesse pubblico alla rimozione della situazione illegale in tali situazioni è, dunque, in re ipsa e non necessita neppure di particolari motivazioni.

Per le medesime ragioni la sentenza respinge il motivo di ricorso di carattere procedimentale relativo alla violazione dell’art. 21octies, comma 2, della legge n. 241/90, considerato che il provvedimento in autotutela non avrebbe potuto in ogni caso avere un contenuto diverso, essendo insanabile il vizio originario dell’affidamento.

Da ultimo il TAR affronta le domande proposte in via riconvenzionale con ricorso incidentale dall’Azienda resistente: la prima, riguardante la declaratoria di nullità/annullamento del contratto, è stata respinta poichè esorbitante dai limiti imposti dall’art.122 c.p.a., che limita le pronunce sulla sorte del contratto a quella di inefficacia. Con riferimento, infine, alle ulteriori domande di accertamento e restitutorie, la sentenza dichiara il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo in quanto relative al rapporto negoziale con il concessionario, nell’ambito del quale l’Amministrazione non opera in posizione autoritativa. Il TAR precisa, in ogni caso, che gli effetti processuali e sostanziali delle domande proposte con il ricorso incidentale rimangono salvi, a condizione che, ai sensi dell’art. 11, comma 2, c.p.a., il giudizio sia riassunto entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che dichiara il difetto di giurisdizione

La sorte dei rapporti economici derivanti dall’affidamento annullato, dunque, è ancora aperta: in caso di riassunzione, il Giudice Ordinario potrebbe condannare il concessionario alla restituzione di tutte le somme indebitamente percepite in pendenza del rapporto contrattuale e….con gli interessi!