estratto da "Il nuovo Codice dei contratti pubblici", a cura di F. Caringella e M. Protto, in corso di pubblicazione Dike Giuridica Editrice

Art. 108

Risoluzione

1. Fatto salvo quanto previsto ai  commi 1, 2 e 4, dell’articolo 107, le stazioni appaltanti possono risolvere un contratto pubblico durante il periodo di sua efficacia, se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:

a) il contratto ha subito una modifica sostanziale che avrebbe richiesto una nuova procedura di appalto ai sensi dell'articolo 106;

b) con riferimento alle modificazioni di cui all'articolo 106, comma 1, lettere b) e c) sono state superate le soglie di cui al comma 7 del predetto articolo; con riferimento alle modificazioni di cui all'articolo 106, comma 1, lettera e) del predetto articolo, sono state superate eventuali soglie stabilite dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori; con riferimento alle modificazioni di cui all'articolo 106, comma 2, sono state superate le soglie di cui al medesimo comma 2, lettere a) e b);

c) l'aggiudicatario si è trovato, al momento dell'aggiudicazione dell'appalto in una delle situazioni di cui all'articolo 80, comma 1, per quanto riguarda i settori ordinari ovvero di cui all'articolo 170, comma 3, per quanto riguarda le concessioni e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di appalto o di aggiudicazione della concessione, ovvero ancora per quanto riguarda i settori speciali avrebbe dovuto essere escluso a norma dell'articolo 136, comma 1, secondo e terzo periodo;

d) l'appalto non avrebbe dovuto essere aggiudicato in considerazione di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell'Unione europea in un procedimento ai sensi dell'articolo 258 TFUE, o di una sentenza passata in giudicato per violazione del presente codice.

2. Le stazioni appaltanti devono risolvere un contratto pubblico durante il periodo di efficacia dello stesso qualora:

a) nei confronti dell'appaltatore sia intervenuta la decadenza dell'attestazione di qualificazione per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci;

b) nei confronti dell'appaltatore sia intervenuto un provvedimento definitivo che dispone l'applicazione di una o più misure di prevenzione di cui al codice delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione, ovvero sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per i reati di cui all'articolo 80.

3. Quando il direttore dei lavori o il responsabile dell'esecuzione del contratto, se nominato, accerta un grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali da parte dell'appaltatore, tale da comprometterne la buona riuscita delle prestazioni, invia al responsabile del procedimento una relazione particolareggiata, corredata dei documenti necessari, indicando la stima dei lavori eseguiti regolarmente, il cui importo può essere riconosciuto all'appaltatore. Egli formula, altresì, la contestazione degli addebiti all'appaltatore, assegnando un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento. Acquisite e valutate negativamente le predette controdeduzioni, ovvero scaduto il termine senza che l'appaltatore abbia risposto, la stazione appaltante su proposta del responsabile del procedimento dichiara risolto il contratto.

4. Qualora, al di fuori di quanto previsto al comma 3, l'esecuzione delle prestazioni ritardi per negligenza dell'appaltatore rispetto alle previsioni del contratto, il direttore dei lavori o il responsabile unico dell'esecuzione del contratto, se nominato gli assegna un termine, che, salvo i casi d'urgenza, non può essere inferiore a dieci giorni, entro i quali l'appaltatore deve eseguire le prestazioni. Scaduto il termine assegnato, e redatto processo verbale in contraddittorio con l'appaltatore, qualora l'inadempimento permanga, la stazione appaltante risolve il contratto, fermo restando il pagamento delle penali.

5. Nel caso di risoluzione del contratto l'appaltatore ha diritto soltanto al pagamento delle prestazioni relative ai lavori, servizi o forniture regolarmente eseguiti, decurtato degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto.

6. Il responsabile unico del procedimento nel comunicare all'appaltatore la determinazione di risoluzione del contratto, dispone, con preavviso di venti giorni, che il direttore dei lavori curi la redazione dello stato di consistenza dei lavori già eseguiti, l'inventario di materiali, macchine e mezzi d'opera e la relativa presa in consegna.

7. Qualora sia stato nominato, l'organo di collaudo procede a redigere, acquisito lo stato di consistenza, un verbale di accertamento tecnico e contabile con le modalità di cui al presente codice. Con il verbale è accertata la corrispondenza tra quanto eseguito fino alla risoluzione del contratto e ammesso in contabilità e quanto previsto nel progetto approvato nonché nelle eventuali perizie di variante; è altresì accertata la presenza di eventuali opere, riportate nello stato di consistenza, ma non previste nel progetto approvato nonché nelle eventuali perizie di variante.

8. Nei casi di cui ai commi 2 e 3, in sede di liquidazione finale dei lavori, servizi o forniture riferita all'appalto risolto, l'onere da porre a carico dell'appaltatore è determinato anche in relazione alla maggiore spesa sostenuta per affidare ad altra impresa i lavori ove la stazione appaltante non si sia avvalsa della facoltà prevista dall'articolo 110, comma 1.

9. Nei casi di risoluzione del contratto di appalto dichiarata dalla stazione appaltante l'appaltatore deve provvedere al ripiegamento dei cantieri già allestiti e allo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze nel termine a tale fine assegnato dalla stessa stazione appaltante; in caso di mancato rispetto del termine assegnato, la stazione appaltante provvede d'ufficio addebitando all'appaltatore i relativi oneri e spese. La stazione appaltante, in alternati va all'esecuzione di eventuali provvedimenti giurisdizionali cautelari, possessori o d'urgenza comunque denominati che inibiscano o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze, può depositare cauzione in conto vincolato a favore dell'appaltatore o prestare fideiussione bancaria o polizza assicurativa con le modalità di cui all'articolo 93, pari all'uno per cento del valore del contratto. Resta fermo il diritto dell'appaltatore di agire per il risarcimento dei danni.

 

Sommario: I COSA CAMBIA: 1. Il potere del contraente pubblico.II INDICAZIONI OPERATIVE: 1.La risoluzione del contratto. III QUESTIONI APERTE: 1.Le quattro ipotesi di risoluzione “discrezionale” hanno carattere di tassatività? 2. L’informativa antimafia interdittiva sopravvenuta nel corso di esecuzione del contratto di appalto stipulato con la P.A. costituisce una “sopravvenienza” impeditiva dell’ulteriore esecuzione del contratto stipulato?

 

I COSA CAMBIA

1. Il potere del contraente pubblico

L’art. 108 del D.Lgs. in esame conferma  il potere del contraente pubblico di determinare autoritativamente ed unilateralmente la risoluzione del contratto senza la necessaria intermediazione  di un provvedimento del giudice. La norma si applica per i lavori nonché, in quanto compatibili, ai contratti relativi a servizi e forniture.

Come evidenziato dal Consiglio  di Stato, Commissione Speciale, nel parere n. 00855/2016 del 1/04/2016,  la nuova formulazione  contenuta nell’art. 108, da un lato, sostituisce gli artt. 135 e 138 del previgente codice appalti, trascrivendone l’intero contenuto con limitate modificazioni e individuando le ipotesi al ricorrere delle quali la stazione appaltante può disporre la risoluzione di un contratto in corso di efficacia; dall’altro lato, recepisce le ipotesi di “risoluzione”previste dalle direttive comunitarie (artt. 44 della direttiva n. 23 del 2014, 73 della direttiva n. 24 del 2014 e 90 della direttiva del 2014).

Nel contempo, la disposizione  del pari  assorbe  implicitamente  anche le altre disposizioni del vecchio codice appalti che riguardavano rispettivamente,  (art. 136) la risoluzione del contratto per grave inadempimento grave irregolarità e grave ritardo; (art. 137); l’Inadempimento di contratti di cottimo: (art. 138); i provvedimenti in seguito alla risoluzione del contratto; (art. 139) gli obblighi in caso di risoluzione del contratto.

 Sul punto, peraltro, giova subito evidenziare che nel citato parere del Consiglio di Stato, sia stato giustamente rilevato come la tecnica di accorpare in un unico lungo articolo le disposizioni dapprima racchiuse in distinti articoli, aggiungendovi altresì ulteriori ipotesi di derivazione comunitaria, potrebbe comportare non una semplificazione normativa ma una maggiore difficoltà di lettura della disciplina.

Tuttavia, come più avanti si tenterà di illustrare, se si accede ad una approccio sostanziale, la norma (commi 1 e 2) pare delineare  in maniera abbastanza compiuta, da un lato,  le ipotesi di risoluzione cd. discrezionale [… può disporre…] anche se la discrezionalità appare abbastanza legata al contesto ed alla concreta fattispecie ed alla ricorrenza di specifiche condizioni; dall’altro quelle “vincolate” in cui si tratta di un atto dovuto […Le stazioni appaltanti devono risolvere un contratto pubblico…].

Sotto il profilo formale, la norma ha recepito alcuni suggerimenti contenuti nel parere del Consiglio di Stato, mentre il legislatore ha  modificato il testo  del comma 1, lett. c), eliminando la previsione che aveva spinto  a suggerire al Governo  di valutare “se sia congrua la previsione della risoluzione nel caso in cui le riserve iscritte dall’appaltatore superino il 15 per cento dell’importo contrattuale. L’ipotesi potrebbe essere circoscritta ai soli casi in cui le riserve siano manifestamente infondate e pretestuose”.

Nel testo finale tale ipotesi, come accennato, non è più contemplata, così come in termini più generali, non è più previsto il rinvio (abrogato l’art. 135 CDC) all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater cod. proc. pen., disposizioni che vengono di continuo modificate per le finalità più svariate.    

 

II INDICAZIONI OPERATIVE

1.La risoluzione del contratto

Come accennato, il potere della P.A. di determinare autoritativamente ed unilateralmente la risoluzione del contratto, è espressione  di  potere  di autotutela  in grado di incidere  sul contratto, ma tale potere, in generale, trova dei limiti dopo la stipula del contratto e l’avvio della sua esecuzione .In particolare,  riprendendo i principi affermati in merito  da Cons. Stato, Ad. Plen., 20 giugno 2014, n. 14, l’attività finalizzata  alla risoluzione  del contratto dovrà essere governata  applicando quanto previsto dall’art. 108.

Peraltro, ciò non toglie che, sussistendone i presupposti, l’esercizio di tale diritto potestativo potrà nel contempo essere affiancato da motivato annullamento o revoca degli atti della fase pubblicistica della procedura di gara, all’esito di una puntuale e approfondita istruttoria ove altresì ritenuto necessaria ed opportuna nel caso in cui il rapporto risulti essere già viziato a monte.

Per tentare di fornire alcune agevolazioni interpretative ed applicative, si può suddividere la disposizione in tre parti: una prima, prevista dal comma 1,  in cui sono individuate le ipotesi  di risoluzione facoltativa, ma che in realtà quanto meno fanno sorgere l’obbligo di avvio d’ufficio della procedura per verificare la ricorrenza dei presupposti ; una seconda, prevista al comma 2,  in cui l’azione  di scioglimento del vincolo negoziale  è più marcatamente  obbligatoria; infine, una terza, fornita dal combinato disposto dei  commi 3 e seguenti, in cui sono delineate le modalità di avvio e conclusione dell’attività di risoluzione, nonché i passaggi intermedi e finali che devono essere svolti dalla stazione appaltante e dai responsabili della stessa ai vari livelli, nonché    i diritti e gli obblighi  dell’appaltatore.

Procedendo con ordine, in relazione alle eventuali casi di ritardo o di interruzione o sospensione dei lavori ( ma anche di servizi e forniture, in quanto applicabili)  la norma innanzitutto fa salve le ipotesi di sospensione dell’esecuzione del contratto previste ai  commi 1, 2 e 4, dell’articolo 107 precedente, che rispettivamente disciplinano in generale  tale possibilità (comma 1),  e la sospensione “per ragioni di necessità o di pubblico interesse, tra cui l'interruzione di finanziamenti per esigenze di finanza pubblica” (comma 2).

Questo implica che tale periodo non può essere computato ai fini di eventuali ritardi nella tempistica per l’esatto adempimento delle reciproche prestazioni contrattuali.

Non solo, ma l’eventuale eccessiva durata della sospensione o delle sospensioni abilita l’esecutore a chiedere la risoluzione del contratto, con i limite e le conseguenze previste dalla legge (art. 107, comma 4).

Infatti, il comma 4, dell’art. 107, prevede la possibilità da parte del privato contraente di chiedere la risoluzione del contratto senza indennità “Qualora la sospensione, o le sospensioni, durino per un periodo di tempo superiore ad un quarto della durata complessiva prevista per l'esecuzione dei lavori stessi, o comunque quando superino sei mesi complessivi”.

Tale facoltà riservata al privato, come accennato comporta l’effetto di scioglimento dal contratto senza nessuna indennità, salvo ovviamente il pagamento delle prestazioni eseguite a regola d’arte e verificate, anche in contraddittorio, dalla stazione appaltante.

Peraltro, la concreta realizzazione dell’esercizio di tale diritto del privato, resta subordinata all’accettazione da parte della committenza pubblica, dal momento che se la stazione appaltante si oppone il vincolo non può essere sciolto  e l'esecutore ha diritto alla rifusione dei maggiori oneri derivanti dal prolungamento della sospensione oltre i termini suddetti, cioè  un quarto della durata complessiva ovvero oltre sei mesi.

Sul punto, per ulteriori   approfondimenti, si rinvia allo specifico commento dell’art. 107.

Ciò posto, come accennato, la norma prevede  quattro casi casi in cui la risoluzione del contratto, durante il periodo di sua efficacia,  prende le mosse anche di una valutazione discrezionale  in ordine alla verifica  della ricorrenza  e della “ soddisfazione”  di determinati presupposti previsti dalla legge.

Le stazioni appaltanti possono risolvere un contratto pubblico, se una o più delle previste condizioni “sono soddisfatte”, rectius se le stesse vengono acclarate  all’esito  di preventiva e necessaria  apposita attività istruttoria,  eventualmente anche in contraddittorio con l’appaltatore.

In primo luogo, occorre stabilire,  se il contratto abbia subito una modifica sostanziale che avrebbe richiesto una nuova procedura di appalto ai sensi dell'articolo 106, che disciplina la fattispecie generale  della modifica di contratti durante il periodo di efficacia e le conseguenze che ne derivano, in primis l’obbligo di rinnovare la procedura, ovvero, in caso di  valutazione negativa tutti gli altri obblighi e responsabilità che ne scaturiscono, evidentemente diverse dalla risoluzione del contratto.

 Il concetto di “modifica sostanziale “ rilevante ai fini della risoluzione viene appunto  dall’art. 106, comma 4, secondo cui  una modifica è considerata sostanziale quando altera considerevolmente gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti ovvero sodisfa le condizioni   ivi indicate.

La seconda ipotesi  distingue tre casi: con riferimento alle modificazioni di cui all'articolo 106, comma 1, lettere b) e c), e cioè   se viene accertato se sono state superate le soglie di cui al comma 7 del predetto articolo 106; con riferimento alle modificazioni di cui all'articolo 106, comma 1, lettera e) del predetto articolo, se parimenti viene accertato se sono state superate eventuali soglie stabilite dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori negli atti generali di gara;  infine, con riferimento alle modificazioni di cui all'articolo 106, comma 2,  qualora del pari siano state superate le soglie di cui al medesimo comma 2, lettere a) e b).

La terza ipotesi di risoluzione codificata  riguarda il caso in cui l'aggiudicatario si è trovato, al momento dell'aggiudicazione dell'appalto, in una delle situazioni di cui all'articolo 80, comma 1, per quanto riguarda i settori ordinari ovvero di cui all'articolo 170, comma 3, per quanto riguarda le concessioni e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di appalto o di aggiudicazione della concessione, ovvero ancora per quanto riguarda i settori speciali avrebbe dovuto essere escluso a norma dell'articolo 136, comma 1, secondo e terzo periodo.

La quarta ipotesi codificata  attiene  al fatto che l'appalto non avrebbe dovuto essere aggiudicato in considerazione di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell'Unione europea in un procedimento ai sensi dell'articolo 258 TFUE, o di una sentenza passata in giudicato per violazione del presente codice.

 Due sono, di contro, le fattispecie canonizzate in cui sorge l’obbligo d’ufficio di  risolvere il contratto.

Il comma 2  dispone infatti che  L e stazioni appaltanti devono risolvere un contratto pubblico durante il periodo di efficacia dello stesso qualora:

a) nei confronti dell'appaltatore sia intervenuta la decadenza dell'attestazione di qualificazione per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci;

b) nei confronti dell'appaltatore sia intervenuto un provvedimento definitivo che dispone l'applicazione di una o più misure di prevenzione di cui al codice delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione, ovvero sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per i reati di cui all'articolo 80 del D.Lgs.

 Sul punto, anche con riferimento al successivo comma 3, giova anticipare quanto specifica il successivo comma 8, secondo cui, nei casi di cui ai commi 2 e 3, in sede di liquidazione finale dei lavori, servizi o forniture riferita all'appalto risolto, l'onere da porre a carico dell'appaltatore è determinato anche in relazione alla maggiore spesa sostenuta per affidare ad altra impresa i lavori ove la stazione appaltante non si sia avvalsa della facoltà prevista dall'articolo 110, comma 1, e cioè non abbiano interpellato  progressivamente i soggetti che hanno partecipato all'originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l'affidamento del completamento dei lavori.

 Una volta stabiliti i casi in cui l’avvio dell’attività finalizzata alla determinazione di risoluzione  del contratto sia un dovere giuridico  ovvero un obbligo ineludibile, il legislatore si è occupato  della specifica attività preparatoria, istruttoria  e strumentale che  deve compiere la stazione appaltante attraverso i propri organi ed uffici competenti.

 Infatti, il comma 3, prevede, innanzitutto che  l’avvio dell’iniziativa risolutoria deve compiersi  le quante volte il direttore dei lavori o il responsabile dell'esecuzione del contratto (se nominato) accertino un grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali da parte dell'appaltatore.

Se  il direttore dei lavori o il responsabile dell’esecuzione  (o anche il RUP) accertino che l’inadempimento possa essere tale da comprometterne la buona riuscita delle prestazioni, questi inviano al R.U.P. e/o al responsabile del procedimento, ove  diverso,  una relazione particolareggiata, corredata dei documenti necessari, indicando la stima dei lavori eseguiti regolarmente, il cui importo può essere riconosciuto all'appaltatore.

Nella stessa relazione, i soggetti indicati  formulano , altresì, la contestazione degli addebiti all'appaltatore, assegnando un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento.

 L’ultimo periodo del comma 3,  disciplina espressamente l’eventuale esito negativo del contraddittorio precisando che, una volta acquisite e valutate negativamente le predette controdeduzioni ovvero scaduto il termine senza che l'appaltatore abbia risposto, la stazione appaltante, su proposta del responsabile del procedimento, dichiara risolto il contratto.

Questo significa che l’atto che dispone la risoluzione del contratto ha natura  meramente dichiarativa, qualora vengano accertati i presupposti,  e che lo stesso deve essere adottato dall’Organo o dall’Ufficio competente a manifestare all’esterno la volontà dell’Ente che funge da stazione appaltante, secondo l’assetto organizzativo e l’articolazione burocratica degli Enti interessati.

Peraltro, i profili diacronici e l’attività strumentale codificata, nel silenzio della legge, non escludono la possibilità che tale verifica si concluda positivamente, e cioè che le litificazioni resultino attendibili per cui il rapporto potrà proseguire secondo naturale scadenza e svolgimento.

Il comma 4,  in realtà, prevede una ulteriori ipotesi di risoluzione, ricollegando  agli effetti del tempo dell’esecuzione ed ai casi in cui, come sopra accennato, il mancato rispetto del tempo  sia correlata alla negligenza nell’esecuzione delle opere.

In particolare, la disposizione dispone che, al di fuori di quanto previsto al comma 3,  qualora l'esecuzione delle prestazioni ritardi per negligenza dell'appaltatore rispetto alle previsioni del contratto, il direttore dei lavori o il responsabile unico dell'esecuzione del contratto, se nominato gli assegna un termine, che, salvo i casi d'urgenza, non può essere inferiore a dieci giorni, entro i quali l'appaltatore deve eseguire le prestazioni. Scaduto il termine assegnato, e redatto processo verbale in contraddittorio con l'appaltatore, qualora l'inadempimento permanga, la stazione appaltante risolve il contratto, fermo restando il pagamento delle penali.

I successivi commi 5, 6 e 7, forniscono un quadro abbastanza chiaro sull’attività da compiersi e delle conseguenze che ne scaturiscono.

Più in particolare, viene precisato che nel caso di risoluzione del contratto l'appaltatore ha diritto soltanto al pagamento delle prestazioni relative ai lavori, servizi o forniture regolarmente eseguiti, decurtato degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto (comma 5).

A sua volta il RUP nella determinazione di risoluzione del contratto all’appaltatore comunicata, dispone, con preavviso di venti giorni, che il direttore dei lavori curi la redazione dello stato di consistenza dei lavori già eseguiti, l'inventario di materiali, macchine e mezzi d'opera e la relativa presa in consegna (comma 6).

Tale determinazione va altresì comunicata all’organo di collaudo, qualora sia già stato nominato, il quale procede a redigere, acquisito anche in contraddittorio lo stato di consistenza, un verbale di accertamento tecnico e contabile con le modalità di cui al alla presemte legge.  Il verbale   accerta la corrispondenza tra quanto eseguito fino alla risoluzione del contratto e ammesso in contabilità e quanto previsto nel progetto approvato nonché nelle eventuali perizie di variante; è altresì accertata la presenza di eventuali opere, riportate nello stato di consistenza, ma non previste nel progetto approvato nonché nelle eventuali perizie di variante (comma 7).

 Infine il comma 9, con un terminologia da genio militarie, ribadisce, nei casi appunto di risoluzione del contratto di appalto dichiarata dalla stazione appaltante, l’obbligo dell’appaltatore  di “provvedere al ripiegamento dei cantieri già allestiti e allo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenzenel termine a tal fine assegnato dalla stessa stazione appaltante. Ovviamente, detto termine dovrà essere proporzionalmente e ragionevolmente adattato caso per caso alle singole fattispecie.

 In caso di mancato rispetto del termine assegnato, è prevista la “sanzione” di esecuzione d‘ufficio, [la stazione appaltante provvede d'ufficio] addebitando all'appaltatore i relativi oneri e spese.

L’ultimo periodo del citato comma 9, contiene una norma che ha anche valore processuale e di parametro di riferimento per il giudice competente, in un ottica acceleratoria e tutto sommato anticipatorio degli effetti anche materiali dello scivolamento del rapporto  anche per quei profili che vanno d incidere sul necessario rapporto fiduciario.

Infatti è previsto che, la stazione appaltante, in alternativa all'esecuzione di eventuali provvedimenti giurisdizionali cautelari, possessori o d'urgenza comunque denominati che inibiscano o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze, può depositare cauzione in conto vincolato a favore dell'appaltatore o prestare fideiussione bancaria o polizza assicurativa con le modalità di cui all'articolo 93, pari all'uno per cento del valore del contratto.

Fatto questo adempimento e prestata la garanzia, l’appaltatore dovrà ripiegare o sgomberare ovvero dovrà subire l’esecuzione d’ufficio.

In questi casi non è chiaro, peraltro, se tale facoltà debba essere necessariamente  statuita  dal giudice ovvero se il deposito cauzionale  faccia venir meno ipso jure gli effetti  di inibitorie o provvedimenti cautelari, riconoscendo anche in questo caso un potere unilaterale, peraltro con garanzie non assolute o paritetiche, di una forma di autotutela esecutiva in applicazione del principio generale  che scaturisce dall’art. 823, comma 2, del C.C., applicabile , secondo al giurisprudenza, ai contratti pubblici, formalizzata in una determinazione corredata di apposito verbale di constatazione, ai sensi degli art. 21 ter e art. 21 quater L. n.  241/90 nonché dell’art. 823 c.c. (per il principio Cons. Stato, Sez. V, 14 luglio 2015 n. 3531) avvalendosi eventualmente di mezzi propri, delle forze  dell’ordine e, per i Comuni, della Polizia Municipale.

In ogni caso, la norma, e del resto non poteva fare altrimenti,  precisa che resta fermo il diritto dell'appaltatore di agire per il risarcimento dei danni per equivalente,  ai sensi dell’art. 2043 c.c. e che, tuttavia non può riguardare il lucro cessante, essendo limitato il  diritto  (comma 5) al solo pagamento delle prestazioni relative ai lavori, servizi o forniture regolarmente eseguiti, e correttamente contabilizzate nei registri, decurtato degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto.

 Come si evince dal tenore della disposizione, lo strumentario previsto e le misure stabilite introducono un potere di iniziativa d’ufficio, per un solo caso limitato rimesso all’iniziativa della parte.

 La P.A. deve garantire il contradittorio, ma viene confermata la posizione privilegiata in un rapporto che, formalmente, si mostra paritetico, ma che è sbilanciato in favore dell’interesse pubblico che pone in una posizione recessiva l’esercizio del diritto all’intrapresa economica.

 Dal canto loro, le imprese hanno uno scarso potere in sede  di intervento  e partecipazione al rapido iter di formazione della determinazione di risoluzione del contratto, mentre possono esperire gli ordinari rimedi in sede giurisdizionale.

Riguardo alla pretese partecipative volte ad indirizzare l’attività della stazione appaltante, in effetti, esiste un solo caso in cui l’iniziativa dell’impresa ha un suo potere parzialmente vincolante, e cioè quello di chiedere la risoluzione nel caso di illegittimo perdurare della sospensione oltre un quarto della durata complessiva ovvero nel caso in cui la sospensione superi i sei mesi. Se non lo fa ed accetta l’alea della prosecuzione del contratto non potrà avanzare per questo pretese risarcitorie, ma eventualmente formulare riserve che potranno essere valutate in sede di riconoscimento dei maggiori costi. Non solo, ma è soggetta anche al potere di opposizione alla richiesta risoluzione da parte della stazione appaltante, per cui lo scioglimento del vincolo contrattuale porta essere pronunciato solo su domanda giudiziale, ricorrendone i presupporti.

Inoltre, l’impresa potrà avere ingresso agli strumenti di tutela alternativi ai citati  rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale  di cui alla  Parte VI , titolo I  capo II ( artt. 205 e ss) della legge in esame.

Con riferimento alla tutela giurisdizionale ed al giudice competente, nel silenzio della legge che, nel caso del comma 9, fa generico riferimento a “provvedimenti giurisdizionali cautelari, possessori o d'urgenza comunque denominati…”, valgono i principi generali in materia di riparto  tra  G.O.  e G.A.

Trattandosi della fase esecutiva, è il giudice ordinario a doversi occupare delle specifiche controversie, ancorché possano venire in rilievo profili di discrezionalità tecnica ed accertamenti tecnici.

Non sussistono dubbi sulla competenza del giudice ordinario relativamente alla risoluzione trattandosi di atti autoritativi assimilabili ad atti di autonomia privata, ancorché finalizzata al pubblico interesse,  che non hanno natura provvedimentale in senso stretto, sebbene ne abbiano la forma, tutte le volte che contesti la risoluzione del contratto di appalto ( ex multis TAR Veneto, sez. I, 21 agosto 2015, n. 938 e la giurisprudenza ivi citata)

 Se così è, non è escluso che l’impresa potrebbe utilizzare anche i procedimenti specieli previsti dall’art. 696 C.P.C. (accertamento tecnico ed ispezione giudiziale) e dall’art. 6969 bis (consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite)

Di poi, alla luce delle recenti riforme, la competenza del giudice ordinario va ripartita tra giudice civile secondo la (limitata) competenza per valore e territorio e quella delle sezioni specializzate per materia. 

Sarà competente il giudice civile ordinario per i giudizi intentati dalle ditte individuali e dalle società di persona, mentre, per effetto dell’art. 3, comma 2, lett. f), del D.Lgs. n. 168 del 2003, “relativamente alle società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, e titolo VI, del codice civile, alle società di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell'8 ottobre 2001, e di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, nonché alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all'estero, ovvero alle società che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento, (di capitali) “  la competenza per materia e per territorio è attribuita   alle  Sezioni Specializzate  in materia di imprese, istituite e dislocate sul territorio nazionale secondo quanto stabilito dall’art. 1 del citato D.Lgs. n. 168/2003,  le controversie  ed i giudizi “relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una delle società di cui al presente comma, ovvero quando una delle stesse partecipa al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati, ove comunque sussista la giurisdizione del giudice ordinario.”.

Un recente esempio ci viene dal Tribunale di L’Aquila, Sezione Specializzata in materia di imprese, del 23.6.2016, che ha respinto la domanda cautelare  669 sexies cod.proc.civ. di inibitoria dell’anticipata risoluzione “del contratto di appalto del 15/3/13 a seguito di determina dirigenziale dell’ Ente convenuto con conseguente affidamento ad altra impresa disposto con determinazione del 11/5/16, di cui è chiesta la disapplicazione in via cautelare” .

 

III QUESTIONI APERTE

1.Le quattro ipotesi di risoluzione “discrezionale” hanno carattere di tassatività?

Come evidenziato in sede consultiva dal Consiglio di Stato, la tecnica di accorpare in un unico lungo articolo le disposizioni dapprima racchiuse in distinti articoli, aggiungendovi altresì ulteriori ipotesi di derivazione comunitaria, può causare una maggiore difficoltà di lettura della disciplina quindi della sua  concreta applicazione.

 Inoltre, al di la delle due ipotesi tassative previste dal comma 2, non è altrettanto chiaro se le quattro ipotesi di risoluzione “discrezionale” abbiano altrettanto carattere di tassatività oppure meno.

 Sul punto, si può ritenere che la codificazione espressa  al comma 1 non crei un numerus clausus  che non possa ammettere altre ipotesi e comporti una sorta di risoluzione legata.

Invero, il comma 4 lascia aperta una variegata gamma di ipotesi in cui l'esecuzione delle prestazioni ritardi per negligenza dell'appaltatore rispetto alle previsioni del contratto.

Le ipotesi di ritardo e le negligenze che causano ritardo non paiono suscettibili di essere sussunte in fattispecie ben precise, anche se  i casi disciplinati dall’art. 160  sembrano già fissarne una serie dai contorni ben definiti e definibili

 Tuttavia, le fattispecie sono sempre soggette a divenire ed è difficile  prevedere  tipologie generali ed astratte che possano contemplarle tutte. 

Ragionevolmente per completare lacune ed incertezze  sovvengono i principi generali rinvenibili dalle disposizioni del codice civile  sulla soluzione del contratto, art. 1453 e ss. c.c. 

Peraltro, sia se si voglia accedere a tale impostazione e sia se si vogliano considerare  un numerus calusus i casi di risoluzione, la stazione appaltante potrebbe sempre ricorrere all’istituto del recesso  unilaterale di cui al successivo art. 109, al cui commento si fa rinvio.

Riguardo ai dubbi da sciogliere,  essi ci derivano anche dal  ridetto parere del Consiglio di Stato. Secondo il supremo consesso , Il comma 2 lett. b) suscita perplessità dal momento che esso recepisce senza modifiche e adattamenti l’art. 135 D.Lgs. n. 163/2006. Tuttavia, la formulazione dell’art. 38  del  CDC “disegnava un cerchio concentrico più grande, dentro cui l’art. 135 individuava un nocciolo duro di reati più gravi, che determinavano la risoluzione del contratto se sopravvenuti in corso di rapporto”.

 Di contro,  secondo il Parere, l’art. 80 elenca i titoli di reato che ostano alla partecipazione alle gare (e non più un genus complessivo avuto riguardo all’incidenza sulla moralità professionale).

 Ne discenderebbe  che non vi sia più alcuna coincidenza, né inclusione, tra l’art. 80 e art. 108.

 E così, per effetto della trasposizione del vecchio art. 135 nel nuovo art. 108 senza opera di coordinamento, non vi è coincidenza tra le condanne penali menzionate nel comma 1 dell’art. 80 che determinano esclusione dalle gare, e le condanne penali sopravenute in corso di esecuzione dell’appalto che determinano risoluzione obbligatoria, ai sensi dell’art. 108, comma 2, lett. a), dove sono menzionati alcuni reati non previsti nell’art. 80, comma 1.

 La soluzione suggerita nel parere, non recepita dal legislatore, è stata quella  di  integrare l’art. 80, aggiungendo come causa di esclusione le condanne per altri reati incidenti sulla moralità professionale, e in tal caso l’art. 108, comma 2, lett. b), può restare invariato; ovvero occorrerebbe  riformulare l’art. 108, comma 2, lett. b), facendo riferimento alle condanne definitive, sopravenute in corso di contratto, per i reati che ai sensi dell’art. 80 sono causa di esclusione dalla gara.

E ciò anche al fine di evitare che, per effetto delle continue modifiche  alla normativa penale, si possa determinare, in  virtù del rinvio dinamico, un  tendenzialmente continuo ampliamento indiretto delle cause di risoluzione degli appalti pubblici, non  adeguatamente bilanciate ed  effettivamente necessarie.

 

2. L’informativa antimafia interdittiva sopravvenuta nel corso di esecuzione del contratto di appalto stipulato con la P.A. costituisce una “sopravvenienza” impeditiva dell’ulteriore esecuzione del contratto stipulato?

Il Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, sez. IV, 20 luglio 2016 n. 3247) ha stabilito che nell’ipotesi in cui l’informativa antimafia interdittiva sopravvenga in corso di esecuzione di un contratto di appalto con la P.A. non costituisce una “sopravvenienza” impeditiva dell’ulteriore esecuzione del contratto stipulato, bensì l’accertamento dell’incapacità originaria del privato ad essere parte contrattuale della pubblica amministrazione. Da ciò deriva la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo (ex art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 c.p.a.) in ordine ai provvedimenti con i quali l’Amministrazione committente revoca il provvedimento di affidamento di un appalto ovvero recede unilateralmente dal contratto, per effetto di una sopravvenuta informativa antimafia interdittiva.

Inoltre, si precisa che nel caso in cui l’informativa antimafia interdittiva sopravvenga in corso di esecuzione di un contratto stipulato con la P.A., il provvedimento di revoca dell’affidamento dell’appalto va ricondotto nell’ambito degli atti che concernono l’affidamento dell’appalto con conseguente applicazione dell’art. 120 c.p.a. e dei termini dimidiati ivi previsti.

In tal caso non sussiste l’obbligo di invio della comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell’atto di affidamento ovvero di recesso dal contratto, non potendosi l’Amministrazione appaltante determinare diversamente (art. 21octies, comma 2, Legge n. 241/1990), né potendo, peraltro, la stessa né procedere ad istruttoria ed a valutazioni autonome su quanto risultante dall’informativa, né valutare lo stato di esecuzione del contratto, stante il chiaro disposto dell’art. 92 D. Lgs. n.159/2011.