Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 16 ottobre 2013, n. 23.

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - sentenza 16 ottobre 2013 n. 23

Presidente Giovannini, Estensore Polito

 

1. Ai fini della verifica dell’assenza delle cause di esclusione dalla gara l’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 enuclea fra i soggetti rilevanti la categoria degli amministratori "muniti di potere di rappresentanza". Detti soggetti, in rapporto di rappresentanza organica con la società concorrente, sono abilitati, a formulare dichiarazioni negoziali che obbligano la società nei confronti dei terzi ed a compiere tutte le operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto sociale. Con la locuzione di "amministratori muniti del potere di rappresentanza" l’art. 38, comma 1, lett. c), ha inteso, quindi, riferirsi ad un’individuata cerchia di persone fisiche che, in base alla disciplina codicistica e dello statuto sociale, sono abilitate ad agire per l’attuazione degli scopi societari e che, proprio in tale veste, qualificano in via ordinaria, quanto ai requisiti di moralità e di affidabilità, l’intera compagine sociale. In diverso modo si atteggia la posizione del procuratore ad negotia. Questa figura è eventuale e non necessaria nell’assetto istituzionale delle società di capitali. Elemento differenziale fra gli amministratori ed i procuratori ad negotia è che ai primi è, di norma, affidata l’attività gestoria dell’impresa con potere di rappresentanza generale, mentre i secondi, oltre a derivare il proprio potere dalla volontà (di regola) degli amministratori, operano di massima nell’interesse societario per oggetto limitato e soggiacciono al controllo di chi ha conferito la procura.

 

2. Nella modulazione degli assetti societari la prassi mostra l’emersione, in talune ipotesi, di figure di procuratori muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti così che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori. In questo caso, a differenza del procuratore ad negotia in senso stretto, si pone l’esigenza di evitare, nell’ottica garantista dell’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006 che l’amministrazione contratti con persone giuridiche governate in sostanza, per scelte organizzative interne, da persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed affidabilità morale e professionale, che si giovino dello schermo di chi per statuto riveste la qualifica formale di amministratore con potere di rappresentanza. In altre parole, in tali casi il procuratore speciale finisce col rientrare a pieno titolo nella figura degli “amministratori con poteri di rappresentanza” cui si richiama l’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006, poiché - da un lato - si connota come amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639, comma 1, c.c. e, d’altro lato, in forza della procura rilasciatagli, assomma in sé anche il ruolo di rappresentante della società, sia pure eventualmente solo per una serie determinata di atti. Detta conclusione non è smentita dal menzionato art. 45 della direttiva 2004/18/CE, il quale anzi, facendo riferimento a "qualsiasi persona" che "eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo" dell’impresa, sembra mirare, conformemente del resto all’orientamento generale del diritto dell’Unione, ad una interpretazione sostanzialista della figura.

 

3. In aderenza a quanto affermato da questa medesima Adunanza plenaria con sentenza n. 10 del 2012 a proposito delle fattispecie relative alla cessione di azienda o di ramo di azienda, stante la non univocità della norma circa l’onere dichiarativo dell’impresa nelle ipotesi in esame (cui va aggiunta, per il passato, l’incertezza degli indirizzi giurisprudenziali) deve intendersi che, qualora la lex specialis non contenga al riguardo una specifica comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta non già per la mera omessa dichiarazione ex art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, ma soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione.

 

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

 

Con la decisione n. 23 del 16 ottobre 2013, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato risolve il contrasto giurisprudenziale circa l’onere di dichiarazione, da parte dell’impresa partecipante a una gara, dei requisiti di moralità e professionalità dei c.d. procuratori ad negotia, soggetti che, pur non rivestendo la qualifica formale di amministratori o direttori tecnici della società, abbiano ricevuto mediante procura il potere di rappresentarla all’interno della procedura.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

 

In primo grado, il TAR per la Campania aveva accolto il ricorso incidentale dell’impresa vincitrice della gara, esaminato per primo in forza dei principi espressi da Ad. Plen. 4/2011, la quale aveva domandato l’esclusione dalla gara della ricorrente principale per l’omessa dichiarazione ex art. 38 riguardante il procuratore speciale. In secondo grado la Sezione V del Consiglio di Stato tratteneva la causa in decisione e deferiva la questione interpretativa all’Adunanza Plenaria. Tanto l’ordinanza di rimessione quanto la decisione della Plenaria danno conto degli argomenti a sostegno delle due tesi che si contendono il campo, l’una, restrittiva, contraria all’estensione dell’onere di dichiarazione ex art. 38 D.Lgs. 163/2006 a soggetti diversi da quelli espressamente menzionati dalla norma, vale a dire gli “amministratori muniti del potere di rappresentanza” e il “direttore tecnico”, l’altra, estensiva, favorevole a un’interpretazione sostanzialistica della norma, che includa fra i soggetti destinatari dell’onere di attestazione della propria moralità e professionalità coloro che concretamente esercitino poteri assimilabili a quelli degli amministratori, pur non essendolo formalmente. La tesi restrittiva, argomenta la Plenaria, poggia sul principio di tipicità delle norme che stabiliscono cause impeditive alla partecipazione alle gare, in quanto esse assumono un carattere di eccezionalità rispetto al generale canone di libera iniziativa imprenditoriale. Pertanto tali norme non sono suscettibili di applicazione analogica, e tale operazione sarebbe invece necessaria per comprendere fra i soggetti destinatari dell’onere di dichiarazione i procuratori speciali. Tali soggetti, inoltre, sono dotati di limitati poteri rappresentativi e gestionali, ma non decisionali, dipendenti dall’oggetto della procura o da disposizioni statutarie, e la ricognizione, volta per volta, dell’effettiva estensione di questi poteri, per verificare se essi siano concretamente assimilabili a quelli dell’amministratore, comporterebbe indagini minuziose e all’esito sempre opinabili, da svolgere durante la fase di valutazione preliminare delle offerte. La tesi estensiva, invece, trae giustificazione dalla ratio dell’art. 38, che, attraverso l’indagine sulle persone fisiche che operano nell’interesse dell’impresa, mira a prevenire ogni ricaduta di condotte ad esse ascrivibili sull’affidabilità dell’ente che aspira all’affidamento della commessa pubblica. Pertanto, propone di assegnare alla stazione appaltante un margine di discrezionalità in ordine alla selezione delle persone per le quali vada assolto l’onere di dichiarazione, in base allo spessore della loro ingerenza nella gestione societaria, a prescindere dalla loro qualifica formale. La scelta della Plenaria è a favore del primo orientamento, che limita l’onere di dichiarazione ex art. 38 ai soli soggetti espressamente menzionati dalla norma: innanzitutto, il Collegio richiama i principi di trasparenza degli oneri adempitivi del privato, enunciato dall’art. 1 della legge n. 241 del 1990, e di proporzionalità, di derivazione comunitaria, per ripudiare una soluzione, come quella sostanzialistica, che collega una conseguenza grave e contraria al generale principio del favor partecipationis, quale l’espulsione dalla gara, a indagini incerte nell’ampiezza e nel risultato. Inoltre, viene sottolineata la differenza fra la figura dell’amministratore, titolare di ampi poteri decisionali, rappresentativi e gestionali, che giustificano la necessità del possesso dei requisiti di affidabilità richiesti dall’art. 38 per poter rappresentare la società nell’ambito di una procedura pubblica, e quella del procuratore speciale, che di norma opera per volontà degli amministratori, sotto il loro controllo, e nel limite dell’oggetto della procura. Tuttavia, la Plenaria non manca di considerare che nella prassi esistano figure di procuratori muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza, tali da poter essere considerati omologhi a quelli degli amministratori, e per cui si pongono le medesime esigenze di protezione dell’amministrazione dal rischio di contrattare con persone sprovviste dei necessari requisiti di affidabilità morale e professionale. Stante la non menzione nella norma contenuta nell’art. 38 del codice degli appalti, per questi soggetti non è comunque richiesta la dichiarazione prescritta per gli amministratori e i direttori tecnici, ma il positivo riscontro in giudizio dell’insussistenza in loro capo dei requisiti in questione, può comunque comportare l’esclusione dalla gara dell’impresa che rappresentano.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

 

Con la sentenza in commento l’Adunanza Plenaria è chiamata a dirimere un contrasto giurisprudenziale di non poco momento, stante l’enorme frequenza con cui compare, nelle compagini che concorrono all’affidamento dei contratti pubblici, la figura del procuratore speciale. Le due necessità sottintese dagli orientamenti che si contrappongono sono entrambe serie e degne di nota, circostanza che impone alla Plenaria di fornire una soluzione di compromesso. Da un lato, infatti, l’approccio restrittivo risponde all’esigenza di garantire la massima partecipazione possibile delle imprese alle gare, in applicazione del canone della libera concorrenza e a tutela del diritto di iniziativa economica, fornendo così una chiara indicazione agli operatori partecipanti su quali siano gli effettivi adempimenti da compiere per poter accedere alle procedure ad evidenza pubblica. Tale assetto è sostenuto dal principio di tipicità delle cause di esclusione dalle gare, che impedisce di estendere in via analogica la conseguenza dell’esclusione dalla procedura a fattispecie, quali quella del procuratore speciale, che non siano espressamente previste dalla norma che commina la sanzione. La soluzione restrittiva al nodo interpretativo risponde altresì al bisogno di evitare complicate e incerte indagini circa l’effettiva ampiezza dei poteri esercitati dal procuratore speciale, che andrebbero ad appesantire la fase della valutazione preliminare delle offerte.

Dall’altro lato, l’approccio estensivo o sostanzialista si preoccupa di reagire all’eventualità che, sotto le ‘mentite spoglie’ di un procuratore speciale, si celi la figura di un amministratore di fatto. Si tratta perciò di una finalità antielusiva, posto che, qualificandosi come procuratore speciale, colui che nell’impresa concorrente eserciti in realtà poteri gestionali e decisionali che lo rendono, secondo la nozione civilistica, amministratore di fatto, non sarebbe tenuto alla presentazione della dichiarazione sostitutiva ex art. 38 del codice degli appalti pubblici, che limita quest’onere agli amministratori legali e ai direttori generali.

La soluzione fornita dalla Plenaria tenta di rispondere ad entrambe le esigenze, lasciando tuttavia aperto (caso per caso) gli oneri di indagine delle stazioni appaltanti, allo scopo di ‘sanzionare’ tentativi di elusione della disciplina vigente. Secondo i giudici dell’Aula Pompeo Magno, la dichiarazione ex art. 38 del possesso dei requisiti morali di partecipazione alla gara ha un’autonoma rilevanza che prescinde dall’effettivo possesso dei requisiti stessi, pertanto la Plenaria ritiene di non poter estendere l’onere di presentarla a soggetti non contemplati dalla norma che la disciplina. La ratio di quest’ultima infatti è di imporre l’attestazione della propria integrità morale e professionale solo ai soggetti che sono abilitati ad agire in via generale per l’attuazione dell’oggetto sociale, e che abbiano il potere di impegnare la società nei confronti dei terzi. Ragionando altrimenti, si imporrebbe, in una fase delicata come quella della valutazione preliminare delle offerte, di indagare volta per volta se il procuratore speciale sia titolare, in forza della procura o dello statuto sociale, di poteri eccedenti il suo nomen e assimilabili a quelli dell’amministratore.

Tuttavia, la Plenaria non può mancare di considerare che il tentativo elusivo si verifichi, ed è consapevole dei rischi che esso comporti, vale a dire che le esigenze garantiste dell’art. 38 siano disattese, e che la P.A. finisca per contrattare con persone sprovviste dei necessari requisiti di professionalità e affidabilità morale. Pertanto stabilisce, nell’eventualità che la lex specialis non contempli una specifica comminatoria di esclusione per casi simili (che sarebbe comunque dubbia in forza del principio di tipicità formulato dal comma 1-bis dell’art. 46 del codice degli appalti), che l’esclusione possa comunque essere disposta, dal giudice, non per l’omessa dichiarazione ex art. 38, che in ogni caso non è dovuta, ma in seguito al positivo riscontro dell’assenza dei requisiti in questione.

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

A. Carella, La questione dell’estensione ai procuratori ad negotia dell’obbligo dichiarativo di cui all’art. 38, comma 1, lett. b) e c) del Codice è rimessa all’Adunanza Plenaria, in questa Rivista; M. Didonna, Institori, vice presidenti e procuratori speciali: gli incerti confini dell’obbligo di dichiarazione ex art. 38, in Urbanistica e Appalti, 2012, 11, 1105; A. Savino, Sull’estensione soggettiva dell’obbligo di asseverare i requisiti di moralità professionale nelle procedure di affidamento, in Foro amm. TAR, 2008, 11, 3167; L. Scotti, La giurisprudenza approda ad un amplius novero dei soggetti tenuti all’onere dichiarativo ex art. 38, comma 1, lett. b), c) e m-ter) del Codice, in questa Rivista; G. Tanzarella, Latitudine e forma dell’attestazione di moralità professionale negli appalti, in Diritto e Pratica Amministrativa, 1.10.2012, n. 10, p. 54.

 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15 di A.P. del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da Costruzioni Dondi s.p.a. in proprio ed in qualità di mandataria del costituendo r.t.i con Costrame di Di Maso s.r.l., Idroambiente s.r.l.; Fradel Costruzioni società cooperativa, che agiscono anche in qualità di mandanti; rappresentate e difese dagli avv. Gianluigi Pellegrino, Antonio Parisi e Marcello Russo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, corso del Rinascimento, n. 11;

contro

- Regione Campania, rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Lacatena, con domicilio eletto presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione Campania in Roma, via Poli, n. 29;

nei confronti di

- SIBA s.p.a., Idroeco s.r.l., Meritec s.r.l. (costituendo r.t.i. SIBA), rappresentate e difese dagli avv. Giovanni Cioffi, Emilia Maggio, Fabio Rossi, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Cardinal De Luca, n.10;
- SO.T.ECO s.p.a., IMPEC Costruzioni s.p.a., G.E.A. s.p.a., FIN.SE.CO. s.p.a., GEMIS s.r.l., (r.t.i. SO.T.ECO), rappresentate e difese dall'avv. Giuseppe Abenavoli, con domicilio eletto presso l’avv. Massimo Frontoni in Roma, via Guido D'Arezzo, n. 2;
- DM Costruzioni s.a.s., DPR Costruzioni s.r.l, non costituitesi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE I n. 02888/2012, unitamente al dispositivo 02680/2012, resi tra le parti, concernenti l’affidamento del servizio annuale di gestione e manutenzione ordinaria di acquedotti regionali;
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, di SIBA s.p.a., Idroeco s.r.l., Meritec s.r.l. (r.t.i. SIBA), SO.T.ECO s.p.a., IMPEC Costruzioni s.p.a., G.E.A. s.p.a., FIN.SE.CO. s.p.a., GEMIS s.r.l., (r.t.i. SO.T.ECO);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2013 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti gli avvocati Parisi, Pellegrino, Russo, Lacatena, Maggio e Abenavoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

. 1. Le odierne appellanti, in costituenda a.t.i. con capogruppo la s.p.a. DONDI, impugnavano avanti al T.A.R. per la Campania gli esiti della gara indetta dalla Regione Campania per l’affidamento in due distinti lotti per la gestione annuale degli acquedotti Torano/Biferno e Sarno.
Il primo lotto era aggiudicato all’a.t.i. con capogruppo la soc. SIBA. L’a.t.i. DONDI risultava terza classificata alle spalle dell’a.t.i. con capogruppo la soc. SOTECO.
Il secondo lotto vedeva aggiudicataria l’a.t.i. SOTECO con l’a.t.i. DONDI al secondo posto.
In esito a separate impugnative il T.A.R. Campania, con sentenze nn. 2588 e 2589 del 2012, annullava la procedura relativa al secondo lotto, con la conseguenza che l’interesse all’impugnativa dell’a.t.i. DONDI veniva a restringersi al solo primo lotto.
Con la sentenza n. 2888 del 2012, oggetto del presente ricorso unitamente al relativo dispositivo n. 2680 del 2012, il T.A.R. adito:
- dichiarava l’improcedibilità dell’impugnativa indirizzata avverso l’affidamento all’a.t.i. SOTECO del secondo lotto;
- esaminava in via prioritaria i ricorsi incidentali escludenti proposti dalla prima e dalla seconda graduata, rispettivamente a.t.i. SIBA ed a.t.i. SOTECO;
- riconosceva fondata la censura formulata dall’a.t.i. SIBA, rivolta ad ottenere l’estromissione della gara dell’a.t.i. DONDI per la mancata dichiarazione, ex art. 38 del codice dei contratti, del possesso dei requisiti di moralità nei confronti del sig. Salvatore Caramiello, nella sua qualità di procuratore speciale della mandante s.r.l. Idroambiente;
- recepiva, al riguardo, l’indirizzo in base la quale la cerchia dei soggetti nei cui confronti vanno accertate le cause preclusive della partecipazione alla gara non va identificata "solo in base alle qualifiche formali rivestite, ma anche alla stregua dei poteri sostanziali attribuiti, con conseguente inclusione nel novero dei soggetti muniti dei poteri di rappresentanza, delle persone fisiche in grado di impegnare la società verso i terzi e dei procuratori ad negotia, laddove a dispetto del nomen, l’estensione dei loro poteri li conduca a qualificarli come amministratori di fatto";
- riconosceva in fatto la presenza di ampi poteri gestori in capo al procuratore Caramiello (indipendentemente dal possesso delle qualifiche formali di amministratore munito di potere di rappresentanza o di direttore tecnico cui fa testuale richiamo l’art. 38 del codice degli appalti);
- dava rilevanza al dato sostanziale della posizione della persona fisica nell’assetto dell’impresa, ove si presenti in grado di "trasmettere con il proprio comportamento la riprovazione dell’ordinamento nei riguardi della loro personale condotta all’(ente) rappresentato";
- dichiarava l’irrilevanza del principio giurisprudenziale sul c.d. falso innocuo, sul rilievo che una dichiarazione ex se lacunosa o carente incorre solo per questo in falsità, valorizzando, inoltre la comminatoria di esclusione prevista dall’art. 13.3 del disciplinare in presenza di una dichiarazione oggettivamente non resa, nella specie con riguardo al procuratore speciale Caramiello.
Avverso il dispositivo e la motivazione della sentenza n. 2888 del 2012 ha proposto appello la soc. DONDI, unitamente alle altre società del costituendo r.t.i. indicate in epigrafe, ed ha contrastato la statuizioni del T.A.R. di accoglimento del ricorso incidentale proposto dall’a.t.i. SIBA. Ha inoltre rinnovato i motivi del ricorso principale non esaminati dal primo giudice ed ha contraddetto agli ulteriori motivi del ricorso incidentale articolati dall’a.t.i. SIBA.
Si costituiva in giudizio la Regione Campania e svolgeva considerazioni a sostegno delle statuizioni del T.A.R. sottolineando, sul piano sostanziale, lo spessore dei poteri di rappresentanza conferiti al sig. Caramiello.
Si costituivano, altresì, la soc. SIBA - in proprio ed in qualità di capogruppo della costituenda a.t.i. con Idroeco s.r.l., Meritec s.r.l., resistenti anche in proprio - e la SO.T.ECO s.p.a., capogruppo di costituendo r.t.i. con le mandanti IMPEC Costruzioni s.p.a., G.E.A. s.p.a., FIN.SE.CO. s.p.a., GEMIS s.r.l., che, con i rispettivi scritti difensivi, hanno contraddetto i motivi di impugnativa e chiesto la conferma della sentenza gravata.
La Sezione V tratteneva in decisione la causa all’udienza dell’8 marzo 2013 e, non pronunciando nel merito, con ordinanza n. 1943 del 2013 deferiva all’esame dell’Adunanza Plenaria la questione che investe gli obblighi di dichiarazione dell’impresa partecipante alla gara in ordine ai requisiti di moralità (art. 38, lett. b) e c), del d.lgs. n. 163 del 2006) di soggetti che non rivestono la qualifica formale di amministratore o di direttore tecnico, ma che in virtù di procura conferita sono in grado di impegnare la compagine sociale nei confronti dei terzi.
Questi i tratti essenziali dell’ordinanza di rimessione:
- l’art.32, comma 2, del codice dei contratti, con opzione intermedia, attesta nella fase iniziale della procedura di selezione del contraente l’obbligo di dichiarazione sostitutiva del possesso dei requisiti da parte dei concorrenti e ne rimette la valutazione conclusiva da parte della stazione appaltante nei confronti dell’aggiudicatario (art. 11, comma 2, cod. contr. ); l’onere dichiarativo ha quindi un’ (autonoma) rilevanza specifica e non viene meno per il fatto che il requisito sussista";
- sul punto controverso si sono formati due indirizzi giurisprudenziali: il primo che, muovendo dalla nozione di "amministratori muniti di potere di rappresentanza", ammette che si possa procedere all’esame dei poteri, delle funzioni e del ruolo effettivamente attribuiti al soggetto considerato, indipendentemente dalle qualifiche formali rivestite, così da selezionare i "soggetti che hanno avuto un significativo ruolo decisionale e gestionale societario"; il secondo ancorato al dato formale, limita l’onere di dichiarazione ai soli amministratori muniti del potere di rappresentanza ed ai direttori tecnici;
- il dato testuale dell’art. 38, che implica la "compresenza della qualifica di amministratore e del potere di rappresentanza", indurrebbe a precludere ogni necessità di indagine nei confronti dei procuratori che amministratori non sono;
- la disciplina ex art. 38 si qualifica come eccezionale al libero spiegarsi dell’iniziativa di impresa e, quindi, non suscettibile di interpretazione estensiva e tantomeno analogica ai casi non da essa contemplati;
- alla luce del diritto societario gli amministratori muniti del potere di rappresentanza sono quelli nominati dall’assemblea (art. 2380 bis) con specifici poteri infrasocietari, poteri ben distinti dai "procuratori ad negotia, titolari di limitati poteri gestori in forza di procura degli amministratori e in posizione subordinata, nell’ambito delle direttive degli amministratori";
- accanto alle predette figure formali sono state enucleate in giurisprudenza (cfr. Sez. VI^ n. 178 del 2012) figure di procuratori ad negotia i cui poteri per la rilevanza sostanziale e lo spessore economico sono tali da impegnare sul piano decisionale e gestorio la società, così che eventuali mende della loro condotta vengano a riflettersi sull’affidabilità morale della società, al pari degli amministratori formalmente muniti del potere di rappresentanza;
- l’art. 2639, comma 1, cod. civ., agli effetti della responsabilità civile e penale indica gli elementi rivelatori dell’amministratore di fatto, equiparando ai soggetti formalmente investiti dei poteri gestori "chi è tenuto a svolgere la medesima funzione" e che "esercita in modo continuativo e significativo i poteri inerenti alla qualifica ed alla funzione" ed ai predetti effetti la giurisprudenza civile dà rilievo alla posizione di non subordinazione del procuratore ad negotia;
- nella fase di qualificazione delle imprese alle gare siffatto accertamento comporterebbe un più incisivo impegno istruttorio della stazione appaltante, con esiti diversi, suscettibili di dar luogo a difformi criteri interpretativi e determinando "grave incertezza giuridica nelle imprese e nella giurisprudenza".
In sede di note conclusive e di replica le parti hanno insistito nelle proprie tesi difensive.
All’udienza pubblica del 17 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. La questione sottoposta all’esame dell’Adunanza Plenaria investe gli obblighi di dichiarazione dell’impresa partecipante del possesso dei requisiti di moralità (art. 38, lett. b) e c), del d.lgs. n. 163 del 2006) prescritti per l’ammissione alle procedure di affidamento di concessioni e di appalti pubblici.
La menzionata disposizione, nel selezionare plurime cause impeditive dell’ammissione alla gara e della stipulazione del relativo contratto, prescrive, in particolare, che l’accertamento è svolto nei confronti "degli amministratori muniti del potere di rappresentanza o del direttore tecnico" se si tratta di società o di consorzi organizzati nelle forme diverse dall’impresa individuale, in accomandita, o in nome collettivo.
L’art. 45 della direttiva 2004/18/CE – di cui l’art. 38 del d.lgs. 163 del 2006 costituisce trasposizione nell’ordinamento nazionale – stabilisce l’esclusione dalla partecipazione agli appalti pubblici del candidato o dell’offerente che abbia riportato condanne per ipotesi di reato nominativamente individuate. A tal fine le amministrazioni aggiudicatrici richiedono riscontri documentali o atti dichiarativi di parte elencati al paragrafo 3. Inoltre "in funzione del diritto nazionale dello stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato offerente".
3. La giurisprudenza di questo Consiglio vede il contrapporsi di due indirizzi.
3.1. Il primo predica che si debba rimanere ancorati, con rigore ermeneutico, al dato formale della norma, che richiede la compresenza della qualità di amministratore e del potere di rappresentanza, in tal modo "prevenendo malcerte indagini sostanzialistiche" (Sez. V, n. 513 del 25 gennaio 2011) che non sembrano permesse dal dato normativo ed i cui esiti sarebbero imprevedibili ex ante da parte delle imprese (sez. III, n. 1471 del 16 marzo 2013; Sez. V, n. 95 del 10 gennaio 2013; n. 3340 del 6 giugno 2012; n. 2970 del 22 maggio 2012; n. 6163 del 21 novembre 2011).
Tale conclusione è sorretta dalla valenza limitativa della norma della partecipazione alle gare e, quindi, non suscettibile di interpretazione estensiva. Non sono, quindi dovute dichiarazioni nei confronti del procuratore e dell’institore. Vale al riguardo anche il principio di tassatività delle cause di esclusione enunciato al comma 1 bis dell’art. 46 del codice dei contratti.
A sostegno di detto indirizzo sono, in particolare, sviluppati i seguenti argomenti, che muovono dalla ricognizione della figura degli "amministratori muniti di potere di rappresentanza" - che si rinviene nella lettera dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici – "in funzione del diritto nazionale", come predicato dalla direttiva U.E, e ciò muovendo dal dato positivo della disciplina codicistica.
E’ stato, in particolare, posto in rilievo che:
- ai sensi dell'art. 2380-bis c.c., la gestione dell'impresa spetta esclusivamente agli amministratori e può essere concentrata in un unico soggetto (amministratore unico) o affidata a più persone, che sono i componenti del consiglio di amministrazione (in caso di scelta del sistema monistico ex artt. 2380 e 2409-sexiesdecies c.c.) o del consiglio di gestione (in caso di opzione in favore del sistema dualistico ex artt. 2380 e 2409-octiesdecies c.c.): ad essi, o a taluni tra essi, spetta la rappresentanza istituzionale della società;
- l'art. 38 del d.lgs. n. 163/06 richiede la compresenza della qualifica di amministratore e del potere di rappresentanza (che può essere limitato per gli amministratori ex art. 2384, comma 2, c.c.) e non vi è alcuna possibilità per estendere l'applicabilità della disposizione a soggetti, quali i procuratori, che amministratori non sono;
- si versa a fronte di norma che limita la partecipazione alle gare e la libertà di iniziativa economica delle imprese, essendo prescrittiva dei requisiti di partecipazione e che, in quanto tale, assume carattere eccezionale e non può formare oggetto di applicazione analogica a situazioni diverse, quale è quella dei procuratori;
- ogni applicazione analogica sarebbe opinabile, in presenza di una radicale diversità della situazione dell'amministratore, cui spettano compiti gestionali e decisionali sugli indirizzi e sulle scelte imprenditoriali, e quella del procuratore il quale, benché possa essere munito di poteri di rappresentanza, è soggetto dotato di limitati poteri rappresentativi e gestionali, ma non decisionali (nel senso che i poteri di gestione sono svolti nei limiti delle direttive fornite dagli amministratori);
- l'art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 - nell'individuare i soggetti tenuti a rendere la dichiarazione - fa riferimento soltanto agli "amministratori muniti di potere di rappresentanza": ossia, ai soggetti che siano titolari di ampi e generali poteri di amministrazione, senza estendere l'obbligo ai procuratori; oltre ad essere maggiormente rispondente al dato letterale del citato art. 38, evita che l'obbligo della dichiarazione possa dipendere da sottili distinzioni circa l'ampiezza dei poteri del procuratore, inidonee a garantire la certezza del diritto sotto un profilo di estrema rilevanza per la libertà di iniziativa economica delle imprese, costituito dalla possibilità di partecipare ai pubblici appalti.
3.2. Un secondo indirizzo, che si può definire sostanzialista, supera il dato formale dell’art. 38 ed estende l’obbligo della dichiarazione della sussistenza dei requisiti morali e professionali a quei procuratori che, per avere consistenti poteri di rappresentanza dell’impresa, "siano in grado di trasmettere, con il proprio comportamento, la riprovazione dell’ordinamento nei riguardi della propria condotta al soggetto rappresentato" (Cons. St., sez. VI, n. 178 del 18 gennaio 2012; n. 6374 del 12 dicembre 2012; n. 5150 del 28 settembre 2012: sez. IV, n. 6664 del 21 dicembre 2012).
Tale seconda opzione assegna un’area di discrezionalità valutativa della stazione appaltante in ordine alla selezione delle posizioni per le quali vada assolto l’obbligo di dichiarazione ex art. 38, in base allo spessore dell’ingerenza del procuratore nella gestione societaria, e dà luogo alla possibile emersione ex post di condizioni impeditive della partecipazione alle gare. L’indirizzo in questione trae preminente giustificazione nella ratio dell’art. 38 che, attraverso l’indagine sulle persone fisiche che operano nell’interesse dell’impresa, tende a prevenire ogni ricaduta di condotte che siano incorse in giudizi riprovevoli sull’affidabilità e moralità dell’ente che aspira all’affidamento della pubblica commessa. Verrebbe meno ogni possibile schermo o copertura di amministratori strictu jure dotati dei requisiti di onorabilità rispetto procuratori che non ne siano sprovvisti.
4. Si è in precedenza accennato che l’art. 45 della direttiva 2004/18/CE. stabilisce un nesso funzionale con il "diritto nazionale dello stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti" ai fini della verifica dei requisiti di ammissione e precisa che "le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato offerente".
L’approccio interpretativo muove con riguardo a fattispecie – qual è quella di cui è controversia – in cui gli obblighi di dichiarazione dei partecipanti alla gara si individuano con stretto rinvio ai contenuti prescrittivi di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163. Si deve, inoltre, tener conto, su un piano sistematico, che la verifica dei requisiti di ammissione si inserisce nella delicata fase del sub procedimento di qualificazione ed ammissione delle imprese alla gara.
Valgono al riguardo i principi enunciati dall’art. 1 della legge n. 241 del 1990 di trasparenza, e cioè con riguardo al caso di specie, di chiarezza ex ante degli oneri adempitivi del privato, nonché di efficacia, che postula scelte provvedimentali garanti, su un piano di effettività, del favor partecipationis al concorso, con prevenzione di reprimende occulte del diritto di accesso alle pubbliche gare.
Il principio di proporzionalità di matrice comunitaria (avuto riguardo alle conseguenze espulsive che seguono alla verifica di segno negativo dei requisiti di ammissione alla gara) induce, inoltre, a ripudiare una scelta interpretativa dell’art. 38 comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, disancorata da margini di certezza.
Ciò posto, il dato letterale di detto art. 38, comma 1, lett. c), collega la causa di esclusione dalla gara per mancanza dei requisiti di moralità e di affidabilità, nelle ipotesi esemplificate nella disposizione medesima, agli "amministratori muniti del potere di rappresentanza" oltreché al "direttore tecnico".
Alla stregua delle regole codicistiche, nelle società di capitali la gestione dell’impresa è affidata in via ordinaria agli amministratori (art. 2380 bis e 2475 cod. civ. ). Questi compiono tutti gli atti e ogni operazione che si renda necessaria per attuare l’oggetto sociale. Il munus di amministrazione può essere esercitato in via individuale o collegiale. Nella seconda ipotesi lo statuto societario può prevedere la costituzione di un consiglio di amministrazione.
Lo spessore dei poteri degli amministratori si configura di massima come prevalente rispetto ad ogni altro soggetto abilitato ad agire per l’attuazione degli interessi societari, perché cumula in via ordinaria poteri di gestione, di indirizzo e di controllo che esplicano effetto condizionante dell’attività e delle scelte della compagine aziendale complessivamente considerata.
Ai fini della verifica dell’assenza delle cause di esclusione dalla gara l’art. 38, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006 enuclea fra gli amministratori quelli "muniti di potere di rappresentanza". Detti soggetti, in rapporto di rappresentanza organica, sono abilitati, a formulare dichiarazioni negoziali che obbligano la società nei confronti dei terzi ed a compiere tutte le operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto sociale,
Con la locuzione di "amministratori muniti del potere di rappresentanza" l’art. 38 lett. c) ha inteso, quindi, riferirsi ad un’individuata cerchia di persone fisiche che, in base alla disciplina codicistica e dello statuto sociale, sono abilitate ad agire per l’attuazione degli scopi societari e che, proprio in tale veste qualificano in via ordinaria, quanto ai requisiti di moralità e di affidabilità, l’intera compagine sociale.
In diverso modo si atteggia la posizione del procuratore ad negotia
Questa figura è eventuale e non necessaria nell’assetto istituzionale delle società di capitali. Elemento differenziale fra gli amministratori ed i procuratori ad negotia è che ai primi è, di norma, affidata l’attività gestoria dell’impresa con potere di rappresentanza generale, mentre i secondi, oltre a derivare il proprio potere dalla volontà (di regola) degli amministratori, operano di massima nell’interesse societario per oggetto limitato e soggiacciono al controllo di chi ha conferito la procura.
Nella modulazione degli assetti societari la prassi mostra tuttavia l’emersione, in talune ipotesi, di figure di procuratori muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti così che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori. Anche in questo caso, come sottolineato nella stessa ordinanza di remissione, si pone l’esigenza di evitare, nell’ottica garantista dell’art. 38, comma 1, lett. c), che l’amministrazione contratti con persone giuridiche governate in sostanza, per scelte organizzative interne, da persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed affidabilità morale e professionale, che si giovino dello schermo di chi per statuto riveste la qualifica formale di amministratore con potere di rappresentanza.
A ben vedere, in altre parole, in tal caso il procuratore speciale finisce col rientrare a pieno titolo nella figura cui si richiama l’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, poiché da un lato si connota come amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639, comma 1, cod. civ. e, d’altro lato, in forza della procura rilasciatagli, assomma in sé anche il ruolo di rappresentante della società, sia pure eventualmente solo per una serie determinata di atti.
Detta conclusione non è smentita dal menzionato art. 45 della direttiva U.E., il quale anzi, facendo riferimento, come già innanzi riportato, a "qualsiasi persona" che "eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo" dell’impresa, sembra mirare, conformemente del resto all’orientamento generale del diritto dell’Unione, ad una interpretazione sostanzialista della figura.
Naturalmente, in aderenza a quanto affermato da questa medesima Adunanza plenaria con sentenza n. 10 del 2012 a proposito delle fattispecie relative alla cessione di azienda o di ramo di azienda, stante la non univocità della norma circa l’onere dichiarativo dell’impresa nelle ipotesi in esame (cui va aggiunta, per il passato, l’incertezza degli indirizzi giurisprudenziali) deve intendersi che, qualora la lex specialis non contenga al riguardo una specifica comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta non già per la mera omessa dichiarazione ex art. 38 cit., ma soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione.
5. Con riguardo alla fattispecie di cui è controversia la regolamentazione di gara (punto 10.2. del disciplinare) imponeva di produrre, a pena di esclusione, nella busta A (relativa alla documentazione amministrativa) una dichiarazione sostitutiva con la quale il concorrente "attesta, indicandole specificamente, di non trovarsi nelle cause di esclusione previste dall’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006".
Il T.A.R., con interpretazione estensivo/analogica – non consentita per le ragioni innanzi esposte - ha ritenuto dovuta detta dichiarazione anche relativamente al procuratore speciale Salvatore Caramiello, traendo da ciò con carattere di automatismo la comminatoria di espulsione dalla gara.
L'onere di rendere detta la dichiarazione non emergeva, tuttavia, in alcun modo dalla formulazione della lex specialis (con riguardo anche alla posizione rivestita dal Caramiello nell’azienda di cui un ramo è stato ceduto all’odierna appellante) le cui disposizioni, stante il generico rinvio all’art. 38, comma 1 del d.lgs. n. 163, non prendevano affatto in considerazione le posizioni dei procuratori speciali, né di altro soggetto diverso da quelli desumibili in via immediata dal menzionato art. 38 cui la regolamentazione di gara fa rinvio. Non è stato inoltre dimostrata, né tantomeno assunta in via di ipotesi, l’esistenza di mende a carico del Caramiello, così che dall’invocata verifica potesse sortire l’effetto preclusivo dell’ammissione alla gara per il difetto del requisito in questione.
In base ai principi di diritto innanzi enunciati il motivo di ricorso incidentale articolato dall’a.t.i. SIBA va quindi respinto.
Ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p.a. l’Adunanza Plenaria reputa di rinviare alla Sezione remittente la decisione delle residue questioni controverse.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), in parziale pronuncia sull'appello, respinge il motivo di ricorso incidentale formulato dalla SIBA s.p.a., in proprio e come capogruppo di costituenda a.t.i.
Rinvia alla Sezione remittente per la decisione delle residue questione controverse fra le parti.
Spese al definitivo.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Carmine Volpe, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 16/10/2013.