Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 maggio 2013, n. 2976

 

Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 maggio 2013, n. 2976

Presidente Trotta; Estensore Forlenza

 

 

In materia di gare d'appalto, opera il principio della libera concorrenza, che trova applicazione in primo luogo nella fase della determinazione del contenuto del contratto oggetto di gara, con particolare riferimento alla individuazione delle prestazioni richieste; quindi, in caso di gara per l'affidamento di un appalto di fornitura, sussiste il divieto di introdurre nelle clausole contrattuali specifiche tecniche che indicano prodotti di una determinata fabbricazione o provenienza (art. 68, comma 3, lett. a) d.lgs. n. 163/2006) ed esso può essere derogato inserendo nel bando la menzione "o equivalente", che è però autorizzata solo quando le Amministrazioni non possano fornire una descrizione dell'oggetto dell'appalto mediante specifiche tecniche sufficientemente precise, o formulando la "lex specialis" in termini funzionali (art. 68, comma 3, lett. b) e lett. c) d.lgs. n. 163/2006).

 

 

In sede di bando per appalto di fornitura, e con riferimento alle specifiche tecniche ai sensi dell'art. 68 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, l’utilizzo di un campione di tessuto appartenente ad una fornitura già in essere, effettuata da una impresa concorrente alla gara medesima, costituisce ex se violazione della par condicio della concorrenza, e dunque dell’art. 68 citato, con particolare riferimento ai suoi commi 2 e 13. Difatti, ciò che consente all’amministrazione l’utilizzo di un campione specifico è solo ed in via eccezionale l’ipotesi che “una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto non sia possibile applicando i commi 3 e 4”. Ne discende che l’esigenza di indicare un tipo di tessuto deve costituire esplicitazione descrittiva e generale dell’oggetto della fornitura, non potendo essere assunta (ex post) a possibile giustificazione di un utilizzo di campione specifico, che l’art. 68, comma 13 espressamente esclude.

 

 

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

La questione decisa dalla IV Sezione del Consiglio di Stato concerne la corretta formulazione delle specifiche tecniche nelle gare di appalto di fornitura ai sensi dell’art. 68 del Codice dei contratti, con particolare riferimento ai limiti entro i quali può dirsi legittimo l’utilizzo, quale campione di riferimento posto a base della procedura di affidamento, di un prodotto determinato, già fornito da altra impresa partecipante.

In sostanza, viene affrontato il delicato tema del contemperamento tra l’esplicazione della discrezionalità della stazione appaltante nella redazione delle clausole della lex specialis e la primaria istanza di tutela della concorrenza e della par condicio dei concorrenti.

 

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Nel caso controverso, il Tar aveva ritenuto legittima l’esclusione di un’impresa da una procedura ristretta per la fornitura di capi di maglieria per il personale della polizia penitenziaria per difformità dell’offerta rispetto al campione di riferimento individuato nelle specifiche tecniche, che indicavano il prodotto di altra impresa concorrente quale standard minimo a base di gara.

E ciò in quanto l’utilizzo di un campione per l’individuazione dell’oggetto dell’appalto, giustificato da una “apprezzabile esigenza” della stazione appaltante, non risultava nella specie discriminatorio nei confronti degli altri partecipanti.

Nel riformare la sentenza di prime cure, la quarta Sezione individua la corretta chiave interpretativa dell’art. 68 del Codice dei contratti, incentrata sulla valorizzazione del principio di libera concorrenza, espressamente richiamato nell’art. 2, primo comma, del Codice quale primario canone da rispettare nell’affidamento degli appalti pubblici.

Al riguardo, viene sottolineato in apertura – con un suggestivo richiamo ai principi elaborati in tema di divieto ex art. 90, comma 8 del Codice, per gli affidatari di incarichi di progettazione, di partecipare alle gare per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori progettati – che le norme a tutela della concorrenza operano “in prevenzione, e quindi non presuppongono intervenuta la lesione ma tendono piuttosto a prevenire, a monte, il pericolo di lesione, riveniente da significativi indizi.

Per ritenere la violazione delle norme a tutela della concorrenza (e della par condicio) non occorre, dunque, indagare sull’effettiva sussistenza di un indebito vantaggio di un concorrente, ma unicamente verificare la ricorrenza di una “disomogeneità di partenza per la particolare posizione in cui qualche concorrente viene a trovarsi”.

E poiché l’art. 68 è norma volta a tutelare la concorrenza, in particolare, nella fase di determinazione del contenuto del contratto, il divieto di menzione di prodotti determinati nelle specifiche tecniche, di cui al comma 13, non può che essere letto alla luce del principio generale espresso nel secondo comma, secondo cui “le specifiche tecniche devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all’apertura dei contratti pubblici alla concorrenza”.

La quarta Sezione afferma, di conseguenza, che la menzione di produzioni determinate nelle specifiche tecniche costituisce ex se violazione della concorrenza, determinando un potenziale squilibrio nelle posizioni di partenza dei partecipanti, senza che occorra (o sia possibile) la verifica dei concreti effetti distorsivi eventualmente prodottisi.

La deroga al divieto di menzione, ammessa in via eccezionale dal comma 13 dell’art. 68, è dunque legittima solo ove ne rispetti le condizioni di applicabilità, ovvero solo quando “una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto non sia possibile” altrimenti, e sempre che sia esplicitata l’espressione “o equivalente”. Né può mancare un’adeguata motivazione illustrativa delle ragioni dell’impossibilità di individuare altrimenti l’oggetto dell’appalto.

Conclude il Consiglio di Stato ritenendo che la sentenza appellata abbia omesso di cogliere la reale portata del divieto generale di menzione, non considerando che:

- l’utilizzo di campione proveniente dalla fornitura di altro concorrente costituisce in sé violazione della par condicio tra i partecipanti;

- per autorizzare la deroga al divieto non basta la ricorrenza di indeterminate “apprezzabili esigenze” della stazione appaltante, occorrendo invece una puntuale illustrazione dell’impossibilità di una diversa descrizione dell’oggetto dell’appalto;

- l’apposizione della formula di equivalenza non vale a fondare la legittimità della menzione ove, come nel caso di specie, difettino i presupposti per l’ammissibilità della deroga al divieto di menzione.

 

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La pronuncia in commento si segnala per aver posto in risalto, in termini netti ed inequivoci, che l’art. 68 è essenzialmente norma di tutela della concorrenza e della par condicio nella fase di determinazione del contenuto del contratto, e in quanto tale deve essere interpretata.

Come tutte le norme volte a garantire la concorrenza, anch’essa opera “in prevenzione”, essendo volta non già ad impedire l’effettiva lesione della concorrenza, quanto piuttosto a scongiurare il pericolo stesso della lesione.

Alla luce di tale premessa, la menzione di una produzione determinata nelle specifiche tecniche non può che ritenersi in sé violativa della concorrenza (come risulta dai commi 2 e 13 dell’art. 68), in quanto produce inevitabilmente un serio rischio di alterazione della par condicio dei concorrenti, con il determinare quantomeno uno squilibrio nelle posizioni di partenza, anche in difetto di un effettivo vantaggio per uno dei concorrenti.

In buona sostanza, sottolinea la quarta Sezione, all’interprete non è rimessa la valutazione (in concreto) degli effetti anticoncorrenziali della menzione, già effettuata (in via generale ed astratta) dal legislatore, che ne ha previsto quale regola generale il divieto al comma 13 dell’art. 68. L’interprete è chiamato, piuttosto, a verificare unicamente se sussista o meno il presupposto di applicabilità della deroga al divieto, anch’esso delineato dal legislatore, ovvero l’impossibilità di definire compiutamente l’oggetto dell’appalto senza ricorrere alla menzione di prodotti specifici.

Di particolare interesse è anche il passaggio della pronuncia in cui si chiarisce la portata della “clausola di equivalenza”, ovvero dell’espressa previsione della possibilità di presentare prodotti equivalenti al campione posto a base di gara.

Se, in numerosi precedenti sul tema, l’inserimento o meno della predetta clausola viene considerato dirimente per valutare la legittimità dell’indicazione del campione specifico (in quanto la dicitura “o equivalente” varrebbe ad evitare la lesione della par condicio), la decisione della quarta Sezione appare ben più rigorosa e consequenziale nel ritenere, invece, che la previsione in parola “costituisce clausola ulteriore di limitazione della portata dell’eccezione. Ma essa non è utile a qualificare come legittimo l’utilizzo di un campione specifico, laddove – come nel caso di specie – manchi il presupposto perché la norma eccezionale di deroga possa trovare applicazione”.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 323 del 2012, proposto da: La Griffe s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Felice Laudadio, Alessandra Amodio, Francesco Mangazzo, con domicilio eletto presso Felice Laudadio in Roma, via Alessandro III, 6;

contro

Car Abbigliamento Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Roberto Prozzo, con domicilio eletto presso Cristina Della Valle in Roma, via Merulana, 234;

nei confronti di

Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Stefanel s.p.a, rappresentata e difesa dall'avv. Daniele Sterrantino, con domicilio eletto presso Daniele Sterrantino in Roma, Piazzale Flaminio, 19;

 

sul ricorso numero di registro generale 892 del 2012, proposto da: Stefanel Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Daniele Sterrantino, con domicilio eletto presso Daniele Sterrantino in Roma, Piazzale Flaminio, 19;

contro

Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; La Griffe Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Felice Laudadio, Alessandra Amodio, Francesco Mangazzo, con domicilio eletto presso Felice Laudadio in Roma, via Alessandro III, 6;
Car Abbigliamento Srl;

per la riforma

quanto al ricorso n. 323 del 2012:

della sentenza del TAR Lazio - Roma: Sezione I Quater n. 08286/2011, resa tra le parti, concernente affidamento fornitura di capi di maglieria per il personale maschile e femminile della polizia penitenziaria

quanto al ricorso n. 892 del 2012:

della sentenza del TAR Lazio - Roma: Sezione I Quater n. 08286/2011, resa tra le parti, concernente affidamento fornitura di capi di maglieria per il personale maschile e femminile della polizia penitenziaria

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Car Abbigliamento Srl e di Ministero della Giustizia e di Stefanel S.P.A e di Ministero della Giustizia e di La Griffe Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Felice Laudadio, Francesco Mengazzo, Daniele Sterrantino e Giovanni Palatiello (avv. St.);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con l’appello in esame, la società La Griffe s.r.l. impugna la sentenza 28 ottobre 2011 n. 8286, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I-quater, pronunciando su più ricorsi riuniti, nonché ulteriori ricorsi per motivi aggiunti, ha accolto il ricorso proposto da CAR Abbigliamento s.r.l., ed ha quindi annullato, tra gli altri atti, sia l’atto di esclusione dalla gara della ditta CAR abbigliamento, sia l’intervenuta aggiudicazione della gara in favore della soc. La Griffe.

Inoltre, con la medesima sentenza, è stato rigettato il ricorso proposto da Stefanel s.p.a. ed è stato dichiarato inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla soc. La Griffe.

La controversia oggetto della sentenza appellata riguarda gli atti di una procedura di gara ristretta per la fornitura di capi di maglieria per il personale maschile e femminile della polizia penitenziaria. Nell’ambito di tale procedura:

- la soc. Stefanel, ricorrente in I grado, era stata esclusa dalla gara;

- la soc. La Griffe era risultata aggiudicataria;

- la soc. CAR Abbigliamento si era classificata al secondo posto.

La sentenza appellata – verificata previamente la legittimità dell’esclusione della Stefanel dalla gara per “difformità dell’offerta rispetto al campione ufficiale di riferimento” e la altrettanto legittima decisione di non escludere dalla gara medesima le altre due ditte (v. pagg. 6 – 10 sent.) – afferma, in particolare:

- ai sensi dell’art. 68 d. lgs. n. 163/2006, le specifiche tecniche “debbono essere coerenti con l’oggetto dell’appalto e con il principio di proporzionalità . . . e tali da non creare ostacoli ingiustificati alla concorrenza; in sostanza sono ammissibili specifiche non discriminatorie e rispondenti ad un interesse oggettivo della stazione appaltante”;

- ne consegue che l’elaborazione delle specifiche “è caratterizzata da una elevata soglia di discrezionalità censurabile solo sotto il profilo della manifesta illogicità della scelta e della violazione dei limiti normativi” di cui al citato art. 68; e, nel caso di specie, dalla verificazione disposta dal Tribunale “è emerso che le specifiche tecniche individuate dalla stazione appaltante non violano i limiti di continenza., pertinenza e proporzionalità”, previsti dagli artt. 68 e 69 d. lgs. n. 163/2006 “e rispondono al concreto interesse della stazione appaltante, specificamente individuato nella voce “esigenze di base”, consistente nella necessità che la fornitura garantisca, nell’espletamento dell’attività di istituto del personale di polizia penitenziaria, i requisiti di funzionalità e confort e la termoregolazione corporea attraverso capi antibatterici e dermatologicamente testati” (v. pagg. 10 – 15 sent.);

- l’utilizzo di un campione al fine dell’individuazione dell’oggetto dell’offerta risulta legittimo “purchè risponda ad un’apprezzabile esigenza dell’amministrazione e non sia discriminatorio nei confronti degli altri partecipanti”;

- ne consegue che “il prospettato utilizzo di un campione proveniente dalla fornitura in essere con La Griffe s.r.l. potrebbe essere ragionevolmente dettato dalla necessità di acquisire una tipologia di prodotto il cui grado di soddisfacimento è stato già positivamente testato dalla stazione appaltante e, pertanto, risulta oggettivamente giustificato e non discriminatorio tenuto conto della logicità dei parametri richiesti”. Inoltre, “il campione utilizzato non risulta, in concreto, aver limitato la concorrenza anche perché la stessa lex specialis prevedeva la possibilità di presentare campioni con migliorie di funzionalità e confort”;

- non sussiste violazione dell’art. 38 d. lgs. n. 163/2006, allorchè in presenza di una clausola del bando che richiede di presentare una attestazione “di non sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 38 d. lgs. n. 163/2006”, la ditta presenta – in modo conforme al modello n. 3 allegato al bando – una attestazione che “l’impresa non si trova in alcuna delle situazioni di esclusione dalla partecipazione alla gara di cui all’art. 38 d. lgs. n. 163/2006”. Ciò in quanto “una dichiarazione siffatta, conforme a quanto disposto dalla lex specialis, è idonea ad attestare l’inesistenza di tutte le cause ostative alla partecipazione previste dall’art. 38 . . . e quindi anche quella concernente la mancanza di precedenti penali gravi a carico di tutti gli amministratori, ivi compreso il vice – presidente”;

- allo stesso modo, risultano sufficienti dichiarazioni “attestanti anche solo genericamente l’insussistenza delle cause ostative previste dall’art. 38”, anche per le imprese ausiliarie in avvalimento, ai sensi dell’art. 49 d. lgs. n. 163/2006;

- in via generale, “la stazione appaltante può individuare discrezionalmente i criteri di valutazione dell’offerta purchè gli stessi siano pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto secondo quanto espressamente previsto dall’art. 83, co. 1 d. lgs. n. 163/2006 e, nell’ambito di tale discrezionalità, va riguardata anche la ripartizione del punteggio da attribuire all’offerta tecnica e a quella economica”;

- in particolare, con riferimento all’offerta economica, “nel momento in cui l’amministrazione nella lex specialis ha previsto che al costo unitario possa essere attributo un punteggio che va da zero a venti . . . la stessa deve utilizzare un metodo di valutazione dell’offerta che consenta, in concreto, di attribuire un possibile punteggio che rispecchi lo scarto tra il limite minimo (zero) e quello massimo (venti) previsto a monte del bando”. Al contrario, nel caso di specie, il criterio di quantificazione del punteggio “operando un raffronto tra i prezzi, produce l’effetto finale per cui il punteggio minimo viene calcolato tenendo conto della percentuale di ribasso offerta dal prezzo migliore sicchè il punteggio minimo stesso non potrà mai essere vicino a zero”;

- il termine per la proposizione del ricorso incidentale in materia di procedure di affidamento relative a lavori, servizi o forniture, ai sensi dell’art. 120 Cpa, è di trenta giorni, non potendosi ritenere “che per la proposizione del ricorso incidentale, avente natura accessoria, sia previsto un termine maggiore di quello stabilito per il ricorso principale cui lo stesso inerisce”; tale termine, inoltre, ai sensi dell’art. 432, co. 1, Cpa decorre dalla ricevuta notificazione del ricorso principale;

- il provvedimento di esclusione dalla gara di un concorrente già ammesso – qualificandosi come annullamento in autotutela del provvedimento di ammissione - deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, ex l. n. 241/1990.

Avverso tale decisione, la società La Griffe propone i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando; irricevibilità del ricorso principale; tardiva impugnazione del criterio (formula algebrica) indicato in bando dall’amministrazione per attribuire i 20 punti (su 100) riservati al prezzo offerto; ciò in quanto “è di palmare evidenza che la censura della formula algebrica è stata proposta ben oltre sei mesi dalla pubblicazione del bando (12 giugno 2010) e delle S.T. (10 giugno 2010), recanti appunto la formula poi censurata, ed è tardiva anche se traguardata con riferimento alla data di spedizione e ricevimento della lettera di invito (cui erano comunque allegate le citate S.T.) avvenuta il 19 luglio 2010” (a fronte di un ricorso “spedito per la notifica il 20 dicembre 2010). Il giudice di I grado è incorso in errore in quanto “riconosciuta l’inadeguatezza in sé della formula dell’amministrazione ed indicata nella lex specialis tra i criteri di valutazione, avrebbe dovuto rilevare anche d’ufficio la non tempestività del ricorso proposto dalla ricorrente, poiché l’effetto lamentato era noto sin dalla conoscenza della formula stessa e, dunque, immediatamente percepibile, secondo il canone della comune diligenza che deve informare anche il privato concorrente ad una gara pubblica”;

b) error in iudicando; inammissibilità del ricorso principale di CAR; carenza dell’interesse ad agire per mancanza dell’utilità pratica; poiché – una volta impugnata “la clausola della lex specialis recante la formula algebrica per attribuire i 20 punti”, ne conseguiva (come è stato) l’annullamento dell’intera procedura, di modo che “CAR in concreto non ha tratto – e non poteva – alcuna utilità pratica dalla sentenza”, poiché non era possibile la rinnovazione in parte qua della valutazione. Ne consegue che “nessuna utilità concreta poteva presumersi dall’accoglimento di siffatta censura” e, quindi, sussiste il difetto di interesse;

c) improcedibilità del ricorso principale proposto da CAR; tempestività del ricorso incidentale proposto da La Griffe; illegittima ammissione di CAR ala gara, per carenza dei requisiti di idoneità morale e quelli economico – finanziari previsti dal bando; omessa esclusione di CAR per inidoneità/incompletezza dell’offerta tecnica; erronea valutazione dell’offerta tecnica di CAR; errore materiale nella scheda riepilogativa dei punteggi attribuiti all’offerta tecnica de La Griffe; ciò in quanto – nulla disponendo l’art. 120 Cpa relativo al rito appalti in tema di ricorso incidentale – deve trovare applicazione la disposizione generale di cui all’art. 119, e, quindi, il termine di notificazione del ricorso incidentale è di 60 giorni e non già di 30, con conseguente tempestività di quello proposto da La Griffe (o quanto meno occorre riconoscere l’errore scusabile). Da ciò consegue che il giudice di appello deve scrutinare i motivi di impugnazione proposti con il ricorso incidentale (v. pagg. 18 – 31 appello);

d) inammissibilità/improcedibiilità del ricorso principale proposto da CAR; legittimità dell’esclusione di CAR disposta dall’amministrazione per inidoneità e incompletezza dell’offerta tecnica; ciò in quanto “l’accertamento della legittimità dell’esclusione di CAR priva quest’ultima dell’interesse ad agire, e quindi rende inammissibile/improcedibile il ricorso principale”. E nel caso di specie CAR è stata espressamente esclusa, nonostante medio tempore fosse intervenuta l’aggiudicazione a favore de La Griffe, poichè sussistevano differenze sostanziali tra i tessuti principali prelevati dai prodotti confezionati ed i tessuti di riferimento forniti dalla ditta”. Né vi era necessità di far precedere il provvedimento di esclusione dalla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/1990; né vi è difetto di motivazione (v. pagg. 36 – 38 app.); né vi è violazione dell’art. 10 l. n. 241/1990, per omessa partecipazione al procedimento, in quanto il subprocedimento di idoneità dei campioni e delle materie prime “era previsto quale parte integrante, ancorchè eventuale, del procedimento di gara e, nella specie, di quello valutativo”. Vi è, inoltre, applicabilità dell’art. 21-octies l. n. 241/1990 (v. pagg. 40 – 41 app.);

e) error in iudicando; erronea valutazione di illegittimità/inadeguatezza del criterio di valutazione (formula algebrica) dell’offerta economica; e ciò sia in quanto “il criterio di valutazione è frutto di una scelta discrezionale dell’amministrazione ed è soggetto ad un controllo meramente esterno del giudice” e quindi in tal senso il richiamo ad una formula recata da determinati DPCM (peraltro vigenti all’epoca) “doveva necessariamente (e ovviamente) ritenersi svincolato dall’oggetto degli affidamenti disciplinati da detti decreti”; sia in quanto “è completamente destituita di fondamento l’affermazione del TAR Lazio, secondo la quale la formula censurata non consente di applicare l’intero range previsto” (v. pagg. 44 – 46 app.).

Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia, la Stefanel Spa e CAR Abbigliamento s.r.l..

Dopo il deposito di memorie di costituzione e di memorie di replica, all’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione..

 

2. La sentenza 28 ottobre 2011 n. 8286 è stata appellata anche dalla soc. Stefanel s.p.a. , a suo tempo esclusa dalla gara poi aggiudicata alla soc. La Griffe s.r.l.

Tale esclusione era disposta in quanto si rilevava “la gravità delle difformità riscontrate nei prototipi presentati rispetto ai requisiti minimi richiesti”.

Avverso la sentenza citata, vengono proposti i seguenti motivi di appello (come ricavabili dalle pagg. 6 – 23 del relativo ricorso):

a1) error in iudicando, poiché la sentenza avrebbe dovuto accertare “che i requisiti tecnici minimi o irrinunciabili che dir si voglia, non costituissero “in concreto” una illegittima alterazione delle dinamiche della concorrenza, ovvero ancora che l’utilizzo di un campione di altra impresa partecipante finisse per definire una indebita restrizione del mercato” (e nel caso di specie è risultata vincitrice “proprio la ditta che ha fornito i campioni ufficiali di riferimento”);

b1) error in iudicando, poiché nessun concorrente può essere escluso da una gara di appalto per l’inosservanza di una clausola ambigua del bando di gara. Nel caso di specie, non vi è “prova convincente e chiara del paradigma “specifiche tecniche – prescrizione a pena di esclusione” . . . se la stessa sentenza non può fare a meno di rilevare le difformità contenute nel testo della lex specialis (l’assenza per due capi su quattro dell’aggettivo minimo) ovvero ancora se lo stesso Collegio definisce il potere della Commissione in fase di collaudo incompatibile con la predeterminazione del contenuto della prestazione contrattuale operata dal bando e dai suoi allegati”;

c1) error in iudicando, poichè illegittimamente non sono state escluse dalla gara anche le società La Griffe e CAR, la prima in ordine alla mancata certificazione del “tessuto salvapunte” e del “tessuto per rinforzo”; la seconda in ordine alla mancata presentazione per più capi “non solo dei rapporti ufficiali di prova ma anche di mere autocertificazioni ed indicazioni delle caratteristiche offerte”;

d1) error in iudicando, poiché sia la sentenza, sia prima di essa la verificazione disposta, presentano “delle affermazioni pleonastiche che nulla spiegano quanto alla eccepita illogicità e sproporzione dei requisiti stabiliti dalla lex specialis” (v., in particolare, pagg. 13 – 19 app.);

e1) error in iudicando, poiché i campioni di riferimento posti a base della procedura sono stati prelevati da una fornitura posta in essere con la ditta La Griffe, prevedendosi che “eventuali difformità per foggia, colore, dimensione, rifiniture e cuciture del campione ufficiale costituirà motivo di rifiuto”, senza quindi prevedersi alcun criterio di equivalenza. Ciò “inficia l’intera procedura, perché con immediatezza appare violata tutta la disciplina, soprattutto di derivazione comunitaria, in tema di appalti pubblici, con particolare riguardo al profilo della parità di trattamento e della tutela della concorrenza”.

La società Stefanel ripropone, inoltre, i motivi di ricorso già proposti in primo grado (v. pagg. 24 – 37 app.).

Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia e la soc. La Griffe s.r.l..

Dopo il deposito di memorie di costituzione e memorie di replica, all’udienza di trattazione la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

3. Gli appelli devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 96, co. 1, Cpa, in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

 

4. Il Collegio ritiene opportuno esaminare innanzi tutto l’appello proposto dalla Stefanel s.p.a., poiché quest’ultima, nell’impugnare in I grado il provvedimento con il quale è stata disposta la sua esclusione dalla gara e quindi l’aggiudicazione disposta in favore della soc. La Griffe s.p.a., in sostanza censura la legittimità dell’utilizzo, quale campione di riferimento posto a base della procedura per l’affidamento della fornitura di capi di maglieria per il personale maschile e femminile della polizia penitenziaria, di un prodotto già oggetto di fornitura da parte della soc. La Griffe.

Ritiene la soc. Stefanel che erroneamente la sentenza appellata ha escluso “che i requisiti tecnici minimi o irrinunciabili . . . non costituissero “in concreto” una illegittima alterazione delle dinamiche della concorrenza, ovvero ancora che l’utilizzo di un campione di altra impresa partecipante finisse per definire una indebita restrizione del mercato”.

La medesima società appellante ha altresì riproposto (v. pag. 35 ss. appello) il motivo di ricorso proposto in I grado, ed afferente alla violazione degli artt. 68 e 69 d. lgs. n. 163/2006 ed al vizio di eccesso di potere per perplessità, contraddittorietà e illogicità dell’azione amministrativa e disparità di trattamento.

In particolare, si è sostenuto che “ La Griffe s.r.l. ha già fornito prodotti aventi le stesse caratteristiche di foggia, colore, dimensioni, rifiniture e cuciture del campione ufficiale; ed essendo una gara campionata, l’inevitabile conseguenza è che da un lato c’è una ditta che ha già in casa il campione di riferimento e dall’altra vi sono le altre ditte che devono ordinare i filati senza avere a riferimento alcun campione (se non tramite la visione di quello posto in gara dall’amministrazione).

Tale motivo di impugnazione, contenuto nell’appello della Stefanel (v. sub lett. a1) ed e1) dell’esposizione in fatto) si presenta sul piano logico in via prioritaria all’esame del giudice, posto che il suo eventuale accoglimento - oltre a rendere illegittimo il provvedimento di esclusione della soc. Stefanel dalla gara - in quanto rivolto avverso le modalità di determinazione del contenuto qualitativo della fornitura (e dunque delle norme del bando che lo assumono come escludente di offerte basate su campione diverso), inficia totalmente la legittimità della procedura di gara, travolgendo tutti gli atti della stessa, fino al provvedimento di aggiudicazione definitiva (peraltro oggetto anch’esso di impugnazione).

Il Collegio ritiene che i motivi di appello sopra riportati sono fondati per le ragioni di seguito esposte, e che, pertanto, in riforma della sentenza impugnata, occorre accogliere il ricorso di I grado, con conseguente annullamento dei provvedimenti (ivi compresa l’aggiudicazione della gara) con il medesimo impugnati.

 

5. In linea generale, occorre ricordare che le disposizioni del Codice dei contratti devono essere costantemente interpretate alla luce del principio positivamente espresso dall’art. 2, co. 1, in base al quale l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture deve rispettare “ i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità”.

Come la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare, la concorrenza tra tutte le imprese di un determinato settore è un principio ormai valorizzato al massimo grado della normativa comunitaria, alla stregua della quale la scelta del contraente incontra in ogni caso i limiti indicati dalle norme del Trattato in materia di libera prestazione di servizi e dai principi generali del diritto comunitario, tra cui la non discriminazione, la parità di trattamento, la trasparenza, imponendosi così una scelta ispirata a criteri obiettivi e trasparenti, tali da assicurare in ogni caso la concorrenza tra i soggetti interessati (Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 2008 n. 889).

E si è anche precisato (con riferimento ad un preciso caso, e cioè al divieto di concorrere alle gare per gli affidatari degli incarichi di progettazione) che “la questione non riguarda la presenza nell'ordinamento di una norma che vieti l'affidamento di un incarico di progettazione a un soggetto che, in ipotesi, abbia eseguito lavori (peraltro) per conto di un soggetto diverso dall'Amministrazione appaltante. In questo senso la regola, di cui al menzionato art. 17, comma 9, della legge n. 109/1994, è chiara nel porre un divieto nella sola ipotesi in cui il progettista partecipi della esecuzione dei lavori, e non nel caso in cui un soggetto che abbia eseguito lavori partecipi ad una gara per l'affidamento di un incarico di progettazione. La regola è però espressione del principio generale di trasparenza ed imparzialità, la cui applicazione è necessaria per garantire parità di trattamento, che ha per suo indefettibile presupposto il fatto che i concorrenti ad una procedura di evidenza pubblica debbano rivestire la medesima posizione.” (Cons. Stato, sez. VI, 2 ottobre 2007 n. 5087)

In tal modo, la sentenza ora citata, ha ancora affermato che “non si tratta, quindi, di ricercare ipotesi tipiche, normativamente individuate dal legislatore, al fine di verificare se gli elementi, nella specie valorizzati dal primo giudice, consentano di ricondurre la posizione . . . a tali ipotesi, ma di valutare se vi sia stata una differente posizione di partenza nella partecipazione alla procedura per l'affidamento dell'incarico di progettazione in esame, che abbia dato luogo a un possibile indebito vantaggio per l'aggiudicataria. La regola generale della incompatibilità garantisce la genuinità della gara, e il suo rispetto prescinde dal fatto che realmente si sia dato un vantaggio per un concorrente a motivo di una qualche sua contiguità con l'Amministrazione appaltante. In tal senso, quel che rileva è la situazione dei partecipanti alla gara, il cui esame deve evidenziare, in modo oggettivo, una disomogeneità di partenza per la particolare posizione in cui qualche concorrente viene a trovarsi.”

E se, come pure è stato affermato, occorre che, ai fini della declaratoria di incompatibilità, devono ricercarsi indizi seri, precisi e concordanti sulla circostanza che il partecipante alla gara, o il soggetto a questo collegato, abbia rivestito un ruolo determinante nell'indirizzo delle scelte dell'amministrazione o ne abbia ricevuto un tale flusso di informazioni riservate da falsare la concorrenza (Cons. Stato, sez. V, n. 36/2008), occorre tuttavia precisare che tali “indizi” non devono necessariamente riguardare soltanto “situazioni limite”, come l’essersi determinata, nel passato o nel presente, una situazione di influenza sulle scelte dell’amministrazione ovvero una situazione di connivenza, con conseguente flusso di informazioni, dall’amministrazione all’impresa che pretende di partecipare alla gara.

Occorre ricordare che le norme sulle incompatibilità e comunque a tutela della concorrenza (ed i connessi divieti) agiscono, per così dire, “in prevenzione”; sono norme che tendono a prevenire il pericolo di pregiudizio (nella specie, per il principio della par condicio); norme che, verificato il caso di incompatibilità, attraverso la prescrizione del divieto di partecipazione, tendono a salvaguardare la genuinità della gara. Esse prevengono il pregiudizio, non presuppongono intervenuta la lesione, né presuppongono la sussistenza di un concreto tentativo di compromissione.

E’, dunque, sufficiente che gli indizi (ferma la loro serietà, precisione e concordanza) riguardino situazioni che, oggettivamente, pongono un determinato concorrente in una posizione di squilibrio (per sé favorevole) nei confronti degli altri concorrenti, e tale da determinare – indipendentemente dal concretizzarsi del vantaggio – una violazione della par condicio (Cons. Stato, sez. IV, 3 maggio 2011 n. 2647).

 

6. Con particolare riguardo all’oggetto della presente decisione, l’art. 68 del Codice dei contratti, nel disciplinare le “specifiche tecniche”, prevede, tra l’altro:

“1. Le specifiche tecniche definite al punto 1 dell'allegato VIII, figurano nei documenti del contratto, quali il bando di gara, il capitolato d'oneri o i documenti complementari. Ogniqualvolta sia possibile dette specifiche tecniche devono essere definite in modo da tenere conto dei criteri di accessibilità per i soggetti disabili, di una progettazione adeguata per tutti gli utenti, della tutela ambientale.

2. Le specifiche tecniche devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all'apertura dei contratti pubblici alla concorrenza.

3. Fatte salve le regole tecniche nazionali obbligatorie, nei limiti in cui sono compatibili con la normativa comunitaria, le specifiche tecniche sono formulate secondo una delle modalità seguenti:

a) mediante riferimento a specifiche tecniche definite nell'allegato VIII, e, in ordine di preferenza, alle norme nazionali che recepiscono norme europee, alle omologazioni tecniche europee, alle specifiche tecniche comuni, alle norme internazionali, ad altri sistemi tecnici di riferimento adottati dagli organismi europei di normalizzazione o, se questi mancano, alle norme nazionali, alle omologazioni tecniche nazionali o alle specifiche tecniche nazionali in materia di progettazione, di calcolo e di realizzazione delle opere e di messa in opera dei prodotti. Ciascun riferimento contiene la menzione «o equivalente»;

b) in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, che possono includere caratteristiche ambientali. Devono tuttavia essere sufficientemente precisi da consentire agli offerenti di determinare l'oggetto dell'appalto e alle stazioni appaltanti di aggiudicare l'appalto;

c) in termini di prestazioni o di requisiti funzionali di cui alla lettera b), con riferimento alle specifiche citate nella lettera a), quale mezzo per presumere la conformità a dette prestazioni o a detti requisiti;

d) mediante riferimento alle specifiche di cui alla lettera a) per talune caratteristiche, e alle prestazioni o ai requisiti funzionali di cui alla lettera b) per le altre caratteristiche.

4. Quando si avvalgono della possibilità di fare riferimento alle specifiche di cui al comma 3, lettera a), le stazioni appaltanti non possono respingere un'offerta per il motivo che i prodotti e i servizi offerti non sono conformi alle specifiche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta l'offerente prova in modo ritenuto soddisfacente dalle stazioni appaltanti, con qualsiasi mezzo appropriato, che le soluzioni da lui proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche.

5. Può costituire un mezzo appropriato una documentazione tecnica del fabbricante o una relazione sulle prove eseguite da un organismo riconosciuto.

6. L'operatore economico che propone soluzioni equivalenti ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche equivalenti lo segnala con separata dichiarazione che allega all'offerta.

7. Quando si avvalgono della facoltà, prevista al comma 3, di definire le specifiche tecniche in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, le stazioni appaltanti non possono respingere un'offerta di lavori, di prodotti o di servizi conformi ad una norma nazionale che recepisce una norma europea, ad un'omologazione tecnica europea, ad una specifica tecnica comune, ad una norma internazionale o ad un riferimento tecnico elaborato da un organismo europeo di normalizzazione se tali specifiche contemplano le prestazioni o i requisiti funzionali da esse prescritti.

8. Nell'ipotesi di cui al comma 7, nella propria offerta l'offerente è tenuto a provare in modo ritenuto soddisfacente dalle stazioni appaltanti e con qualunque mezzo appropriato, che il lavoro, il prodotto o il servizio conforme alla norma ottempera alle prestazioni o ai requisiti funzionali prescritti. Si applicano i commi 5 e 6. (. . . . )

13. A meno di non essere giustificate dall'oggetto dell'appalto, le specifiche tecniche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare né far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un'origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Tale menzione o riferimento sono autorizzati, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell'oggetto dell'appalto non sia possibile applicando i commi 3 e 4, a condizione che siano accompagnati dall'espressione «o equivalente»”.

La giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 7 luglio 2011 n. 4052) ha già avuto modo di osservare che in materia di gare d'appalto pubblico opera il principio della libera concorrenza, che trova applicazione in primo luogo nella fase della determinazione del contenuto del contratto oggetto di gara, con particolare riferimento alla individuazione delle prestazioni richieste; quindi, in caso di gara per l'affidamento di un appalto di fornitura, sussiste il divieto di introdurre nelle clausole contrattuali specifiche tecniche che indicano prodotti di una determinata fabbricazione o provenienza (art. 68, comma 3, lett. a), del d.lgs. n. 163/2006) ed esso può essere derogato inserendo nel bando la menzione "o equivalente", che è però autorizzata solo quando le Amministrazioni non possano fornire una descrizione dell'oggetto dell'appalto mediante specifiche tecniche sufficientemente precise, o formulando la "lex specialis" in termini funzionali (art. 68, comma 3, lett. b e lett. c, del d.lgs. n. 163/2006).

In tal senso, è stato ritenuto che, qualora le specifiche tecniche siano plasmate su quelle del prodotto coperto da brevetto e sia, altresì, carente la indicazione della menzionata espressione, ha luogo una evidente violazione dei principi in materia di par condicio e di non discriminazione nelle gare, con conseguente annullamento, per illegittimità, del provvedimento di esclusione della concorrente il cui prodotto non possegga quelle esatte e specifiche caratteristiche menzionate (Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 2011 n. 1380; 6 dicembre 2010 n. 8543).

Orbene, l’art. 68 del Codice dei contratti intende tutelare la concorrenza e la par condicio dei partecipanti alle gare fin dalla determinazione del contenuto del contratto, ed è proprio a tal fine che (comma 2) “le specifiche tecniche devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all'apertura dei contratti pubblici alla concorrenza.”.

In questo senso, il divieto di “menzione” o comunque di “riferimento” (o utilizzazione comparativa) a “un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un'origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti”, si pone come attuativo del principio generale di cui al comma 2 dell’art. 68.

In altre parole, il legislatore – nel prevedere come regola il citato divieto (costituendo la possibilità di menzione o di riferimento una espressa eccezione) – afferma appunto che la menzione o il riferimento ad un tipo o a una produzione specifica costituiscono ex se un “ostacolo ingiustificato” alla concorrenza, ed in particolare alla par condicio dei concorrenti, posto che uno di essi (anche solo potenzialmente) beneficia nella partecipazione alla gara di una posizione di vantaggio.

Né è sufficiente la mera menzione della possibilità di presentare tipi o prodotti “equivalenti” a giustificare la menzione o il riferimento suddetti (ed in via generale vietati).

La corretta esegesi della norma (in relazione al normale criterio ermeneutico del rapporto intercorrente tra regola ed eccezione) consente di affermare che, perchè sia possibile la menzione o il riferimento ad un prodotto, occorre che non sia altrimenti possibile “una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto”, il che rende necessario sia motivare sul punto (rendendosi comunque illegittime previsioni che oggettivamente non siano sorrette dalla richiamata impossibilità), sia esternare in modo trasparente gli elementi di identificazione del tipo o prodotto, e se questo sia in uso o in possesso di un soggetto determinato, ovvero se esso sia stato già oggetto di una fornitura da parte di un soggetto altrettanto determinato.

Oltre a ciò, deve espressamente prevedersi (e concretamente attuarsi) che sia possibile produrre tipi od oggetti che, per caratteristiche e funzionalità, posano essere considerati “equivalenti”, se non – a secondo dell’appalto e delle previsioni che lo regolano – “migliorativi” del tipo o prodotti citati.

In definitiva:

- per un verso il legislatore ritiene che utilizzare, ai fini delle specifiche tecniche, “una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare . . . ovvero far riferimento “a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un'origine o a una produzione specifica”, abbia “come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti”, determinando una lesione del valore della concorrenza, In altre parole, tale situazione costituisce ex se violazione della concorrenza, e la espressa previsione legislativa esclude la necessità di verifica in concreto

- per altro verso, il legislatore consente di derogare a tale divieto (sorretto da ragioni che trovano fin nell’art. 2 del Codice e negli articoli 97 e 51 della Costituzione il proprio fondamento), solo in ipotesi eccezionali, sulla ricorrenza delle quali l’amministrazione deve fornire idonea motivazione ed espressa menzione della natura ed “identità” del prodotto indicato;

- per altro verso ancora, ricorrendo detta eccezionalità, il tipo o prodotto può fungere solo da oggettiva “comparazione”, da “esempio” illustrativo, ma non può giammai costituire il tipo “esclusivo” della fornitura, disponendosi la conseguente eliminazione, in base a ciò, di offerte che presentino caratteristiche di prodotto analoghe, pur non essendo identiche.

Laddove, al contrario, non soccorrano le condizioni ora indicate, l’indicazione di un tipo di prodotto riconducibile ad un particolare soggetto determina un pericolo di pregiudizio per il principio della par condicio dei concorrenti (non essendo, come si è detto, necessaria una lesione in concreto), tale da rendere illegittimi gli atti amministrativi che la prevedono. E ciò per il solo fatto di porre un concorrente in una posizione di vantaggio (indipendentemente dal concreto realizzarsi di questo) e quindi di squilibrio nei confronti degli altri concorrenti.

 

7. Le considerazioni sin qui svolte sul piano generale dell’interpretazione dell’art. 68 del d. lgs. n. 163/2006 rendono non condivisibili le conclusioni alle quali perviene la sentenza impugnata.

Questo Collegio, già con la propria ordinanza 22 marzo 2011 n. 1318, relativa al caso di specie, aveva affermato che “in linea generale, se esattamente le specifiche tecniche indicate sono state definite al Tar come “minime”, nondimeno l’adozione di determinati requisiti tecnici – che quindi come tali sono “irrinunciabili”-- per l’identificazione del livello base della qualità dei prodotti in una gara d’appalto, non deve essere tale da influenzare le normali dinamiche della concorrenza; che, l’aver utilizzato un campione di un’altra impresa partecipante come standard “minimo”, se di per sé è un fattore neutro, qui si è risolto comunque nella fissazione di standard tale da finire in concreto per costituire un’indebita restrizione nel mercato.

Orbene, è certamente condivisibile che le specifiche tecniche “debbono essere coerenti con l’oggetto dell’appalto e con il principio di proporzionalità . . . e tali da non creare ostacoli ingiustificati alla concorrenza; in sostanza sono ammissibili specifiche non discriminatorie e rispondenti ad un interesse oggettivo della stazione appaltante”.

Non può essere, invece, altrettanto condivisa l’affermazione secondo la quale l’utilizzo di un campione al fine dell’individuazione dell’oggetto dell’offerta risulta legittimo “purchè risponda ad un’apprezzabile esigenza dell’amministrazione e non sia discriminatorio nei confronti degli altri partecipanti”.

Ed infatti, come si è già avuto modo di chiarire, l’utilizzo di un campione in tanto è consentito in via eccezionale dal comma 13 dell’art. 68 non già quando ciò sia, in via generica, il frutto di una “apprezzabile esigenza dell’amministrazione” (come afferma la sentenza impugnata), bensì solo nel caso in cui “una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto non sia possibile applicando i commi 3 e 4” (come espressamente ed in via eccezionale richiede il comma 13).

L’avere interpretato in modo non condivisibile l’art. 68 del Codice dei contratti (ed in particolare il suo comma 13), tralasciando inoltre che quest’ultimo deve essere necessariamente letto alla luce del comma 2 (e quindi della necessità che “le specifiche tecniche devono consentire pari accesso agli offerenti”), ha comportato che il primo giudice ha proceduto, anche per il tramite di verificazione, ad un accertamento in concreto sulle specifiche tecniche, al fine di verificare e quindi affermare che le stesse, come “individuate dalla stazione appaltante non violano i limiti di continenza., pertinenza e proporzionalità”, previsti dagli artt. 68 e 69 d. lgs. n. 163/2006.

Ma, ciò facendo, si è tralasciato di considerare che l’utilizzo di un campione di tessuto appartenente ad una fornitura già in essere, effettuata da una impresa concorrente alla gara medesima, costituisce ex se violazione della par condicio della concorrenza, e dunque dell’art. 68 citato, con particolare riferimento ai suoi commi 2 e 13.

Né può essere condivisa la considerazione secondo la quale “il prospettato utilizzo di un campione proveniente dalla fornitura in essere con La Griffe s.r.l. potrebbe essere ragionevolmente dettato dalla necessità di acquisire una tipologia di prodotto il cui grado di soddisfacimento è stato già positivamente testato dalla stazione appaltante e, pertanto, risulta oggettivamente giustificato e non discriminatorio tenuto conto della logicità dei parametri richiesti” (tali considerazioni sono inoltre presenti nella memoria della soc. La Griffe, pagg. 24 – 27).

Ed infatti, come si è più volte ribadito, ciò che consente all’amministrazione l’utilizzo di un campione specifico è solo ed in via eccezionale l’ipotesi che “una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto non sia possibile applicando i commi 3 e 4”.

Ciò comporta che l’esigenza illustrata in sentenza (peraltro non altrettanto evidenziata nel bando dall’amministrazione) avrebbe dovuto costituire esplicitazione descrittiva e generale dell’oggetto della fornitura, ma essa non può essere assunta (ex post) a possibile giustificazione di un utilizzo di campione specifico, che l’art. 68, co. 13 espressamente esclude.

Le conclusioni alle quali si è pervenuti nella presente sede non risultano poste in dubbio nemmeno dalla considerazione, presente nella sentenza impugnata, secondo la quale “il campione utilizzato non risulta, in concreto, aver limitato la concorrenza anche perché la stessa lex specialis prevedeva la possibilità di presentare campioni con migliorie di funzionalità e confort”.

In disparte ogni considerazioni in ordine al valore da attribuire alla citata possibilità di presentare campioni “con migliorie di funzionalità e confort”, appare evidente che la possibilità di presentare offerte equivalenti costituisce clausola ulteriore di limitazione della portata dell’eccezione. Ma essa non è utile a qualificare come legittimo l’utilizzo di un campione specifico, laddove – come nel caso di specie - manchi il presupposto perché la norma eccezionale di deroga possa trovare applicazione.

 

8. Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello della soc. Stefanel deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza appellata ed annullamento degli atti impugnati con il ricorso instaurativo del giudizio di I grado, ed in particolare del bando di gara e del conseguente provvedimento di aggiudicazione in favore della soc. La Griffe.

L’accoglimento dell’appello della soc. Stefanel e, dunque, del suo ricorso originario, stante l’effetto di annullamento del bando di gara, rende improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso proposto dalla soc. CAR abbigliamento s.r.l. in I grado.

Per ragioni analoghe, l’accoglimento dell’appello della soc. Stefanel rende improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse l’appello proposto dalla soc. La Griffe s.r.l..

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sugli appelli proposti da La Griffe s.r.l. (n. 323/2012 r.g.) e da Stefanel s.p.a. (n. 892/2012 r.g.):

a) riunisce gli appelli;

b) accoglie l’appello proposto da Stefanel s.p.a. e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso instaurativo del giudizio di I grado e, di conseguenza, annulla gli atti con il medesimo impugnati;

c) dichiara improcedibile il ricorso proposto in I grado da CAR abbigliamento s.r.l.;

d) dichiara improcedibile l’appello proposto da La Griffe s.r.l.;

e) compensa tra le parti spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Gaetano Trotta, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore