Cons. di Stato, Ad. Plen., 24 aprile 2024, n. 7

I) Il concorrente che partecipa a una procedura a evidenza pubblica deve possedere, continuativamente, i necessari requisiti di ammissione e ha l’onere di dichiarare, sin dalla presentazione dell’offerta, l’eventuale carenza di uno qualunque dei requisiti e di informare, tempestivamente, la stazione appaltante di qualsivoglia sopravvenienza tale da privarlo degli stessi.

II) I certificati rilasciati dalle autorità competenti, in ordine alla regolarità fiscale o contributiva del concorrente, hanno natura di dichiarazioni di scienza e si collocano fra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso, per cui si impongono alla stazione appaltante, esonerandola da ulteriori accertamenti: tale orientamento riguarda, unicamente, il profilo della prova circa la sussistenza del requisito e degli accertamenti richiesti al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni all’uopo rese dal concorrente in sede di gara.

III) Poiché i requisiti di partecipazione devono sussistere per tutta la durata della gara e sino alla stipula del contratto (e poi ancora fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali), discende, de plano, il dovere della stazione appaltante di compiere i relativi accertamenti con riguardo all’intero periodo.

IV) Indipendentemente dalle verifiche compiute dalla stazione appaltante, il concorrente che impugna l’aggiudicazione può sempre dimostrare, con qualunque mezzo idoneo allo scopo, sia che l’aggiudicatario fosse privo, ab origine, della regolarità fiscale, sia che egli abbia perso quest’ultima in corso di gara.

V) Per quanto riguarda la certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, ovvero dagli enti previdenziali e assistenziali (DURC), per la consolidata giurisprudenza compete al giudice amministrativo accertare, in via incidentale (ossia senza efficacia di giudicato nel rapporto tributario o previdenziale/assistenziale), nell’ambito del giudizio relativo all’affidamento del contratto pubblico, la idoneità e la completezza della certificazione presa in considerazione, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal concorrente

 


N. 00007/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00001/2024 REG.RIC.A.P.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

 ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1 del 2024 dell’Adunanza Plenaria (n.r.g. 5564 del 2023), proposto da Markas s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 88175708F2, rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Adami, con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, corso d'Italia, n. 97;

contro

ARIA - Azienda Regionale per l'Innovazione e gli Acquisti s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Piera Pujatti, con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Cristiano Bosin, in Roma, viale delle Milizie, n. 34;

nei confronti

Dussmann Service s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Morbidelli, Orsola Cortesini e Matteo Anastasio, con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia;
la Regione Lombardia e l’ASST Fatebenefratelli Sacco, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sede di Milano (Sezione Prima), n. 1403/2023, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di ARIA - Azienda Regionale per l'Innovazione e gli Acquisti s.p.a. e di Dussmann Service s.r.l.;

Visto l’appello incidentale da quest’ultima proposto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2024 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Pietro Adami, Piera Pujatti, Orsola Cortesini, Giuseppe Morbidelli e Matteo Anastasio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con determinazione 21 luglio 2021, n. 650, l’Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti (ARIA) s.p.a. ha indetto una procedura a evidenza pubblica, suddivisa in lotti, avente a oggetto l’affidamento, per 36 mesi, del servizio di pulizia e disinfezione di ambienti sanitari, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

All’esito delle operazioni di gara, l’ARIA ha adottato la determina 6 febbraio 2023, n. 116, con la quale ha aggiudicato il lotto 1 (CIG 88175708F2): ASST Fatebenefratelli Sacco, alla Dussmann Service s.r.l.

2. Ritenendo l’aggiudicazione illegittima, la Markas s.r.l., seconda classificata, l’ha impugnata con ricorso al T.A.R. Lombardia – Sede di Milano, con il quale ha, tra l’altro, lamentato che si sarebbe dovuta escludere l’aggiudicataria dalla gara, ai sensi dell’art. 80 del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, sia perché priva del requisito della regolarità fiscale, sia per non aver dichiarato tale carenza.

In particolare, in relazione a un precedente giudizio davanti al Consiglio di Stato (r.g. 202005062), promosso dalla Dussmann, unitamente ad altra impresa (Formula Servizi soc. coop.), non sarebbe stato tempestivamente versato il contributo unificato, per cui la Segreteria della Sezione del Consiglio di Stato avrebbe notificato, alle due suddette società, l’invito di pagamento, con l’indicazione delle sanzioni dovute per il caso di ulteriori ritardi nell’adempiere.

Al momento della presentazione dell’offerta relativa alla gara per cui è causa, sarebbe stato corrisposto il contributo unificato, ma non le sanzioni, pari a € 18.000, dovute per il ritardato pagamento.

Tale irregolarità fiscale, definitivamente accertata, avrebbe, quindi, dovuto comportare l’esclusione.

La Dussmann, costituitasi per resistere al gravame principale, a sua volta ha proposto ricorso incidentale.

3. L’adito Tribunale ha definito il giudizio con sentenza 5 giugno 2023, n. 1403, con la quale ha respinto il ricorso principale, rilevando, con riguardo alla dedotta assenza del requisito della regolarità fiscale, che l’importo del contributo unificato non sarebbe “stato notificato all’impresa” e che lo stesso sarebbe stato da quest’ultima “conosciuto a gara avviata e puntualmente corrisposto”.

In conseguenza della reiezione del ricorso principale, il TAR ha, poi, dichiarato improcedibile quello incidentale.

4. Avverso la sentenza ha proposto appello la Markas, la quale ha, in particolare, lamentato (con il primo motivo) l’errore commesso dal giudice di prime cure nel disconoscere la sussistenza della prospettata causa di esclusione dalla gara e nell’aver ignorato la mancata sua dichiarazione da parte dell’aggiudicataria.

Per resistere al ricorso, si sono costituite in giudizio l’ARIA e la Dussmann, la quale ha anche proposto appello incidentale.

Con successive memorie, le parti hanno ulteriormente argomentato le rispettive tesi difensive.

5. Passata in decisione la causa, la Terza Sezione di questo Consiglio di Stato, presso cui pendeva il gravame, ha adottato l’ordinanza 4 gennaio 2024, n. 161, con la quale, respinte alcune eccezioni, reciprocamente sollevate dall’appellante principale e da quella incidentale, è passata ad affrontare il merito della questione prospettata col primo motivo dell’appello principale.

La Sezione ha, nello specifico, rilevato che: <<l’appellante principale Markas, invocando la generale regola della necessaria continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione per tutta la durata della procedura di gara, assume che nella specie Dussmann avrebbe conclamatamente perduto il requisito della regolarità fiscale in corso di gara, senza che la stazione appaltante ne abbia preso atto e assunto le necessarie determinazioni in punto di esclusione della stessa Dussmann dalla procedura selettiva.

In contrario, Dussmann e ARIA S.p.a. richiamano in prima battuta il consolidato indirizzo giurisprudenziale che esclude ogni facoltà per la stazione appaltante di sindacare le risultanze delle certificazioni rilasciate dalle autorità competenti (nella specie, l’Agenzia delle Entrate), le quali fanno fede della regolarità dell’operatore economico sotto il profilo fiscale: nella specie, l’assenza di irregolarità rilevanti sarebbe stata accertata – per l’appunto – attraverso le anzi dette certificazioni, acquisite dalla stazione appaltante in plurimi momenti della procedura (e, da ultimo, in sede di verifica sul possesso dei requisiti prima dell’aggiudicazione)”.

8.1 Più specificamente, Dussmann si richiama al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, nelle gare pubbliche, le certificazioni relative alla regolarità contributiva e tributaria delle imprese partecipanti, emanate dagli organi preposti, si impongono alle stazioni appaltanti che non possono in alcun modo sindacarne il contenuto, non residuando alle stesse alcun potere valutativo sul contenuto o sui presupposti di tali certificazioni; spetta, infatti, in via esclusiva all’Agenzia delle entrate il compito di dare un giudizio sulla regolarità fiscale dei partecipanti a gara pubblica, non disponendo la stazione appaltante di alcun potere di autonomo apprezzamento del contenuto delle certificazioni di regolarità tributaria, ciò al pari della valutazione circa la gravità o meno della infrazione previdenziale, riservata agli enti previdenziali” (cfr. Cons. Stato, A.P., 4 maggio 2012, n. 8; Sez. III, 18 dicembre 2020, n. 8148; Sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682).

8.2. Ma, a fronte di tale consolidato orientamento, è vero che la giurisprudenza ha enunciato un ulteriore consolidato principio (dall’Adunanza plenaria nella sent. 20 luglio 2015, n. 8), riveniente dalla richiamata regola – invocata dall’appellante principale Markas - secondo cui, “proprio perché la verifica può avvenire in tutti i momenti della procedura (a tutela dell’interesse costante dell’Amministrazione ad interloquire con operatori in via permanente affidabili, capaci e qualificati), allora in qualsiasi momento della stessa deve ritenersi richiesto il costante possesso dei detti requisiti di ammissione; tanto, vale la pena di sottolineare, non in virtù di un astratto e vacuo formalismo procedimentale, quanto piuttosto a garanzia della permanenza della serietà e della volontà dell’impresa di presentare un’offerta credibile e dunque della sicurezza per la stazione appaltante dell’instaurazione di un rapporto con un soggetto, che, dalla candidatura in sede di gara fino alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale, sia provvisto di tutti i requisiti di ordine generale e tecnico-economico-professionale necessari per contrattare con la P.A (…). E tale specifico onere di continuità in corso di gara del possesso dei requisiti, è appena il caso di rilevarlo, non solo è del tutto ragionevole, siccome posto a presidio dell’esigenza della stazione appaltante di conoscere in ogni tempo dell’affidabilità del suo interlocutore “operatore economico” (e dunque di poter monitorare stabilmente la perdurante idoneità tecnica ed economica del concorrente ), ma è altresì non sproporzionato, essendo assolvibile da quest’ultimo in modo del tutto agevole, mediante ricorso all’ordinaria diligenza, che gli operatori professionali devono tenere al fine di poter correttamente insistere e gareggiare nel concorrenziale mercato degli appalti pubblici; il che significa, per quanto qui ne occupa, garantire costantemente la qualificazione loro richiesta e la possibilità concreta della sua dimostrazione e verifica (…)”>>.

6. Ravvisando, tra i riferiti orientamenti interpretativi un possibile contrasto giurisprudenziale, la Sezione ha ritenuto di dover rimettere a questa Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:

<< i) se, fermo restando il principio della insussistenza di un potere della stazione appaltante di sindacare le risultanze delle certificazioni dell’Agenzia delle entrate attestanti l’assenza di irregolarità fiscali a carico dei partecipanti a una gara pubblica, le quali si impongono alla stessa amministrazione, il principio della necessaria continuità del possesso in capo ai concorrenti dei requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure selettive comporti sempre il dovere di ciascun concorrente di informare tempestivamente la stazione appaltante di qualsiasi irregolarità che dovesse sopravvenire in corso di gara;

ii) se, correlativamente, sussista a carico della stazione appaltante, ferma restando la richiamata regola della sufficienza delle certificazioni rilasciate dalle Autorità competenti, il dovere di estendere la verifica circa l’assenza di irregolarità in capo all’aggiudicatario della procedura in relazione all’intera durata di essa, se del caso attraverso l’acquisizione di certificazioni estese all’intero periodo dalla presentazione dell’offerta fino all’aggiudicazione;

iii) se, in ogni caso e a prescindere dalla sufficienza o meno delle verifiche condotte dalla stazione appaltante, il concorrente che impugni l’aggiudicazione possa dimostrare, e con quali mezzi, che in un qualsiasi momento della procedura di gara l’aggiudicataria ha perso il requisito dell’assenza di irregolarità con il conseguente obbligo dell’amministrazione di escluderlo dalla procedura stessa>>.

7. Successivamente alla ordinanza di rimessione, le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi.

Alla pubblica udienza del 21 febbraio 2024, dopo ampia discussione, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. Occorre partire dall’esame delle questioni sottoposte con l’ordinanza di rimessione.

2. Il Collegio non ravvisa, innanzitutto, l’ipotizzato contrasto giurisprudenziale posto a fondamento del primo quesito.

E invero, va ribadito l’orientamento per il quale i certificati rilasciati dalle autorità competenti, in ordine alla regolarità fiscale o contributiva del concorrente, hanno natura di dichiarazioni di scienza e si collocano fra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso, per cui si impongono alla stazione appaltante, esonerandola da ulteriori accertamenti: tale orientamento riguarda, unicamente, il profilo della prova circa la sussistenza del requisito e degli accertamenti richiesti al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni all’uopo rese dal concorrente in sede di gara, come si desume dall’art. 86, comma 2, del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 80, applicabile alla fattispecie ratione temporis (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; 4 maggio 2012, n. 8; Sez. III, 18 dicembre 2020 n. 8148; Sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682).

L’ulteriore orientamento, anch’esso da ribadire, che secondo la Sezione remittente si contrapporrebbe al primo, fa, invece, riferimento al regime sostanziale dei requisiti di ammissione previsti dalla lex specialis, affermando la necessità che gli stessi siano posseduti dal concorrente a partire dal momento della presentazione dell’offerta e sino alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale (ex plurimis, Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8; Sez. V, 2 maggio 2022, n. 3439; 12 febbraio 2018, n. 856; Sez. IV, 1° aprile 2019, n. 2113).

Il concorrente che partecipa a una procedura a evidenza pubblica deve possedere, continuativamente, i necessari requisiti di ammissione e ha l’onere di dichiarare, sin dalla presentazione dell’offerta, l’eventuale carenza di uno qualunque dei requisiti e di informare, tempestivamente, la stazione appaltante di qualsivoglia sopravvenienza tale da privarlo degli stessi.

L’art. 85, comma 1, del D. Lgs. n. 50 del 2016 dispone che il concorrente, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, autodichiari, attraverso il documento di gara unico europeo (DGUE), l’assenza di cause di esclusione di cui al precedente art. 80.

Pur se l’art. 85 non prevede espressamente il dovere di comunicare alla stazione appaltante le eventuali cause di esclusione dalla gara verificatesi in un momento successivo alla presentazione dell’offerta, il relativo onere dichiarativo deve ricollegarsi, alla necessità, sancita dall’art. 1, comma 2-bis, della L. 7 agosto 1990, n. 241, che: “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione (siano) improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”.

Tale disposizione, infatti, ha posto un principio generale sull’attività amministrativa e si estende indubbiamente anche allo specifico settore dei contratti pubblici (Cons. Stato, Sez. III, 19 febbraio 2024, n. 1591; Sez. V, 16 agosto 2021, n. 5882).

Poiché i requisiti di partecipazione devono sussistere per tutta la durata della gara e sino alla stipula del contratto (e poi ancora fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali), discende, de plano, il dovere della stazione appaltante di compiere i relativi accertamenti con riguardo all’intero periodo (Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8; 25 febbraio 2014, n. 10; Sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2231; Sez. III, 10 novembre 2021, n. 7482).

La regola si desume anche dall’art. 80, comma 6, del D. Lgs. n. 50 del 2016, il quale stabilisce che: “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5”.

A tal fine, con specifico riguardo al requisito concernente l’assenza di debiti tributari, la certificazione rilasciata dall’amministrazione fiscale competente (Agenzie delle Entrate o eventualmente altra amministrazione titolare di poteri impositivi), ai sensi dell’art. 86, comma 2, lett. b), del D. Lgs. n. 50/2016, deve coprire l’intero lasso temporale rilevante, ovvero quello che va dal momento di presentazione dell’offerta sino alla stipula del contratto.

In tal senso è, dunque, la risposta ai primi due quesiti posti con l’ordinanza di rimessione.

3. Con riferimento all’ultimo quesito prospettato, va, infine, puntualizzato che, indipendentemente dalle verifiche compiute dalla stazione appaltante, il concorrente che impugna l’aggiudicazione può sempre dimostrare, con qualunque mezzo idoneo allo scopo, sia che l’aggiudicatario fosse privo, ab origine, della regolarità fiscale, sia che egli abbia perso quest’ultima in corso di gara.

Per quanto riguarda la certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, ovvero dagli enti previdenziali e assistenziali (DURC), per la consolidata giurisprudenza compete al giudice amministrativo accertare, in via incidentale (ossia senza efficacia di giudicato nel rapporto tributario o previdenziale/assistenziale), nell’ambito del giudizio relativo all’affidamento del contratto pubblico, la idoneità e la completezza della certificazione presa in considerazione, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal concorrente (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; Sez. V, 9 febbraio 2024, n. 1339; 26 aprile 2021, n. 3366; 14 giugno 2019, n. 4023).

4. Alla luce degli enunciati principi di diritto, è ora possibile passare ad affrontare, partitamente, le questioni oggetto del contendere.

5. Col primo motivo dell’appello principale, la Markas lamenta, in sostanza, che la Dussmann doveva essere esclusa dalla gara perché priva, al momento della presentazione dell’offerta, della regolarità fiscale, in conseguenza di un debito, grave e definitivamente accertato, col Segretariato Generale della Giustizia amministrativa, derivante dal mancato pagamento di una sanzione pari a 18.000 euro, irrogata in conseguenza del ritardato pagamento del contributo unificato dovuto per l’iscrizione a ruolo del ricorso in appello r.g. 202005062.

Da qui l’errore del Tribunale nell’aver ritenuto insussistente la prospettata carenza del requisito in parola e la violazione del conseguente onere dichiarativo gravante sull’aggiudicataria.

La doglianza va esaminata congiuntamente al primo motivo dell’appello incidentale.

Con esso si deduce che il giudice di prime cure, invece, che respingere il motivo concernente l’asserita mancanza della regolarità fiscale, avrebbe dovuto dichiararlo inammissibile, in quanto né alla data della presentazione dell’offerta, né a quella dell’aggiudicazione, sarebbero emerse, a carico della Dussmann, violazioni fiscali gravi, definitivamente accertate, idonee a integrare la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50/2016, come risulterebbe dalle certificazioni rilasciate dall’Agenzia delle Entrate e dell’ANAC (AVCPASS), facenti fede fini a querela di falso.

Del resto, al momento della presentazione dell’offerta, non sarebbe emersa, dall’esame del ‘cassetto fiscale’ della Dussmann, l’esistenza di alcun debito.

Solo successivamente, nel ‘cassetto’ sarebbero state inserite alcune cartelle di pagamento, una delle quali, tra l’altro, concernente il debito di 18.000 euro di cui sopra, estinto, in corso di gara, prima della notifica della relativa cartella esattoriale.

L’appellante principale, dal canto suo, non avrebbe prodotto a sostegno della propria censura alcuna documentazione, avendo desunto la dedotta carenza della regolarità fiscale, unicamente da una dichiarazione resa dalla Dussmann, per mero scrupolo, in altra gara.

In ogni caso, il debito di che trattasi non avrebbe natura tributaria, costituendo una mera “spesa del processo”, versata direttamente all’ufficio giudiziario.

6. I due contrapposti motivi, più sopra sinteticamente riassunti, ruotando, sostanzialmente, attorno a una medesima questione, si prestano a una trattazione congiunta.

Il motivo dell’appello principale è fondato, mentre non lo è quello dell’impugnazione incidentale.

Occorre preliminarmente rilevare che, come già evidenziato dalla Sezione remittente, il contributo unificato va ascritto alla categoria delle entrate tributarie, delle quali condivide tutte le caratteristiche essenziali, “quali la doverosità della prestazione e il collegamento della stessa ad una pubblica spesa, cioè quella per il servizio giudiziario, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante” (cfr. Corte Cost., 7 febbraio 2005, n. 73; Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2020, n. 2785; Cass. Civ., Sez. Un., 5 maggio 2011, n. 9840).

Identica natura fiscale va riconosciuta alle sanzioni pecuniarie conseguenti al mancato o al ritardato pagamento del contributo unificato, trattandosi di obbligazioni accessorie che hanno fondamento in un rapporto di tipo tributario (si veda l’art. 2, comma 1, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che, infatti, attribuisce la giurisdizione sulle sanzioni in parola al Giudice Tributario).

Il mancato pagamento delle sanzioni irrogate a seguito del mancato versamento del contributo unificato nei tempi previsti integra la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50 del 2016, laddove la violazione sia grave e definitivamente accertata.

Ciò posto, nel caso di specie la Dussmann risultava priva del requisito della regolarità fiscale.

Come correttamente dedotto dall’appellante principale, al momento della presentazione dell’offerta, l’aggiudicataria risultava, infatti, in debito, col Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, della somma di 18.000 euro, quale sanzione per il mancato tempestivo versamento del contributo unificato dovuto per l’iscrizione a ruolo del ricorso in appello r.g. 202005062.

La violazione della detta obbligazione tributaria era grave e definitivamente accertata: ‘grave’, in quanto superiore alla soglia di 5.000 euro, fissata dall’art. 48-bis, commi 1 e 2-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, espressamente richiamato dall’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50/2016, nonché ‘definitivamente accertata’, poiché, l’invito di pagamento, valevole quale atto di accertamento della debenza, sia in relazione al contributo unificato dovuto, sia, ai sensi dell’art. 17, comma 1, della L. 18 dicembre 1997, n. 472, con riguardo alle sanzioni pecuniarie da corrispondere per il caso di mancato o ritardato versamento dello stesso, era stato, correttamente, notificato alla Dussmann all’indirizzo del difensore presso il quale aveva eletto domicilio (si vedano le dichiarazioni in tal senso rese dalla detta società), così come, espressamente, previsto dall’art. 248, comma 2, del D.P.R. n. 115 del 2002.

Tale disposizione, peraltro, è stata ritenuta conforme alla Costituzione dalla Corte Costituzionale, che, con la sentenza 29 marzo 2019, n. 67, ha affermato che “la notifica al domicilio eletto non viola il «fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l'ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell'atto e l'oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti» (sentenza n. 346 del 1998).

[…].

D’altronde l'onere di diligenza e cooperazione che si richiede in capo al destinatario si concretizza nell'onere di acquisire informazioni dal domiciliatario in ordine al processo e alle incombenze ad esso connesse (compreso dunque l'obbligo di pagare il contributo)”.

L’invito di pagamento non è stato impugnato, con conseguente cristallizzazione della obbligazione concernente tanto il contributo unificato, quanto la sanzione pecuniaria (Cons. Stato, Sez. V, 2 maggio 2022, n. 3439; idem 14 aprile 2020, n. 2397; Cass. Civ., Sez. Trib., 7 luglio 2022, n. 21538).

La circostanza, addotta dall’appellante incidentale, che il proprio difensore non le avesse comunicato l’avvenuta notifica dell’invito di pagamento, è, poi, ininfluente ai fini di causa, risultando incontroversa la sussistenza del debito.

D’altra parte, l’art. 14, comma 1, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, stabilisce che la parte “che deposita il ricorso introduttivo … è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato”, per cui la Dussmann rispondeva a suo tempo del debito, pur se – per quanto è stato dedotto - si era impegnata al pagamento l’altra società congiuntamente alla quale aveva proposto l’appello r.g. 202005062 (la Futura Servizi).

A parte ogni considerazione sulla prova di tale circostanza va rilevato che l’obbligazione tributaria in questione gravava a suo tempo su entrambe le parti appellanti, ai sensi dell’art. 14 sopra citato.

Diversamente da quanto sostiene la Dussmann, nessuna rilevanza ha, poi, ai fini di causa, la disposizione contenuta nell’art. 13, comma 6-bis.1, del D.P.R. n. 115 del 2002, secondo cui: “L'onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio. Ai fini predetti, la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza”.

La disposizione, infatti, si limita a individuare la parte su cui debba gravare l’onere economico del contributo unificato, una volta passata in giudicato la sentenza che definisce il giudizio, ma non incide sull’identificazione del soggetto passivo del tributo.

Nel descritto contesto, non rileva il fatto che al momento della presentazione dell’offerta nel cassetto fiscale della Dussmann non risultassero pendenze tributarie o che la regolarità fiscale fosse stata accertata dall’Agenzia delle Entrate e dall’ANAC tramite l’AVCPASS.

Infatti, il contributo unificato non rientra tra le imposte amministrate dall’Agenzia delle Entrate, per cui i debiti a esso relativi non vengono iscritti nel ‘cassetto fiscale’.

Solo a seguito dell’emissione del ruolo e della sua consegna all’Agenzia delle Entrate – Riscossione per la procedura esattoriale, l’esistenza del debito è comparsa, attraverso l’indicazione della relativa cartella, nel ‘cassetto fiscale’, ma senza alcuna influenza sulla regolarità fiscale della Dussmann, ormai già insussistente.

Analoghe considerazioni vanno svolte quanto al certificato rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, il quale attesta la situazione fiscale del contribuente unicamente con riguardo alle imposte gestite dal detto ufficio, mentre non rileva per i tributi gestiti da altre amministrazioni, come per l’appunto il contributo unificato.

Altrettanto irrilevante, ai fini di causa, deve ritenersi il documento acquisito tramite il sistema AVCPASS.

Tale documento non reca alcuna indicazione in ordine a eventuali debiti derivanti dal mancato o ritardato pagamento del contributo unificato e delle relative sanzioni, come si ricava dalla delibera 20 dicembre 2012, n. 111, e succ. mod. e integr., con cui l’ANAC, in attuazione di quanto previsto dall’art. 6-bis del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ha istituito tale sistema.

Difatti, l’art. 5 della delibera n. 111 del 2012, che elenca gli enti certificanti tenuti a mettere a disposizione la documentazione e i dati in proprio possesso, relativi ai requisiti di carattere generale per la partecipazione alle gare, non individua, tra di essi, il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, per cui, l’esistenza dei eventuali debiti fiscali nei confronti di quest’ultimo non emerge dal documento rilasciato dall’ANAC.

In ogni caso, come più sopra rilevato, nell’ambito del giudizio contro il provvedimento di aggiudicazione di una gara, il giudice ha sempre il potere di accertare la idoneità e la completezza delle certificazioni rilasciate dalle competenti amministrazioni in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione.

Deve, infine, escludersi che l’appellante principale non abbia provato la sussistenza dell’invocata causa di esclusione dalla gara.

In primo grado ha, infatti, ritualmente depositato la dichiarazione, datata 13 aprile 2022, resa dalla stessa Dussmann in altra procedura selettiva, da cui emerge inequivocabilmente la sussistenza del debito fiscale di che trattasi.

Va pertanto respinta l’eccezione – già ritenuta infondata dalla Sezione rimettente - con cui la Dussmann lamenta che, solo in appello, la Markas avrebbe prodotto, in violazione degli artt. 101 e 104 c.p.a., la certificazione rilasciata dalla Segreteria della Sezione del Consiglio di Stato, attestante l’esistenza del debito tributario in questione sino al 29 giugno 2022, data in cui il relativo importo è stato pagato.

7. In definitiva, la domanda impugnatoria proposta con l’appello principale va accolta.

In riforma della sentenza impugnata, ed in accoglimento delle censure dell’appellante principale, vanno annullati l’atto di ammissione alla gara della società Dussmann e la conseguente aggiudicazione.

8. Ai sensi dell’art. 122 del codice del processo amministrativo, trattandosi di un appalto di servizi, va altresì dichiarata, in accoglimento della domanda all’uopo proposta dall’appellante principale, l’inefficacia del contratto stipulato con l’aggiudicataria, dopo il decorso del termine di cinquanta giorni (che si fissa per ragioni di carattere organizzativo), decorrente dalla data di pubblicazione della presente sentenza.

Con la medesima decorrenza, va disposto il subentro nel contratto della Markas, previo riscontro, da parte della stazione appaltante, del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.

Non è stata, infatti, prospettata dall’Amministrazione appellata la sussistenza di ostacoli alla dichiarazione di inefficacia del contratto concluso con l’aggiudicataria e alla condanna al subentro nel contratto, in favore dell’appellante.

Va, invece, respinto l’appello incidentale.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

9. Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari dei due gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello principale e su quello incidentale, come in epigrafe proposti, così dispone:

a) accoglie l’appello principale e per l'effetto, in riforma della gravata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado e conseguentemente annulla l’atto di ammissione alla gara della società Dussmann ed il conseguente provvedimento di aggiudicazione;

b) dichiara l’inefficacia del contratto stipulato con la Dussmann, dopo il decorso del termine di cinquanta giorni dalla data di pubblicazione della presente sentenza, disponendo, inoltre, con la medesima decorrenza, il subentro nel contratto dell’appellante principale, previo accertamento, da parte della stazione appaltante, del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara da parte della società Markas;

c) respinge l’appello incidentale;

d) compensa tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del giorno 21 febbraio e 20 marzo 2024, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Carmine Volpe, Presidente

Mario Luigi Torsello, Presidente

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Luigi Carbone, Presidente

Rosanna De Nictolis, Presidente

Marco Lipari, Presidente

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore

Dario Simeoli, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere

 

Guida alla lettura

Un operatore economico impugnava l'aggiudicazione disposta da una stazione appaltante deducendo che l'aggiudicatario andava escluso dalla gara per irregolarità fiscali rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 4, del D.Lgs. n. 50/2016. Più precisamente, si lamentava il mancato pagamento di alcuni contributi unificati relativi ad altri giudizi amministrativi, per un importo superiore alla soglia di gravità stabilita dall’art. 48-bis, commi 1 e 2-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

Il Tar respingeva il ricorso ritenendo che tali pendenze non avrebbero configurato cause di esclusione obbligatoria dalla procedura, in quanto non ritualmente notificate e comunque sanate prima dell’aggiudicazione.

La parte soccombente proponeva appello al Consiglio di Stato:

- invocando la generale regola della necessaria continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione per tutta la durata della procedura di gara;

- e assumendo che nella specie l'aggiudicataria avrebbe perduto il requisito della regolarità fiscale in corso di gara, senza che la stazione appaltante ne abbia preso atto e assunto le necessarie determinazioni in punto di esclusione dalla procedura selettiva.

In contrario, la stessa aggiudicataria e l'amministrazione resistente richiamano il consolidato indirizzo giurisprudenziale che esclude ogni facoltà per la stazione appaltante di sindacare le risultanze delle certificazioni rilasciate dalle autorità competenti (nella specie, l’Agenzia delle Entrate), le quali fanno fede della regolarità dell’operatore economico sotto il profilo fiscale (che nel caso in esame avrebbero dimostrato l’assenza di irregolarità rilevanti).

Secondo il Consiglio le diverse posizioni mettono in evidenza un possibile punto di frizione applicativa tra i ricordati orientamenti interpretativi, tale da indurre a sollecitare l’intervento dell’Adunanza plenaria. Nel dettaglio:

- non è anzitutto chiaro se esista sempre un obbligo del concorrente di informarsi, e soprattutto di informare tempestivamente la stazione appaltante, su tutte le situazioni di irregolarità fiscale o contributiva che dovessero sopravvenire in corso di gara; e se, per converso, sussista ininterrottamente un obbligo per la stazione appaltante di verificare l’eventuale esistenza di irregolarità (mediante l’acquisizione di certificazioni dell’Agenzia delle entrate anche riflettenti la posizione “storica” dell’operatore), in ogni fase della procedura di gara, atteso che l’affermazione giurisprudenziale secondo cui la verifica “può” avvenire in ogni momento della procedura di gara non implica necessariamente che la stessa “debba” essere condotta in relazione ad ogni momento e con le richiamate modalità;

- e nell’ipotesi in cui dovesse riaffermarsi la sufficienza di un accertamento “puntuale” eseguito dalla stazione appaltante mediante l’acquisizione della certificazione in un determinato momento della procedura, emerge il tema processuale se sia consentito al concorrente, il quale impugni l’aggiudicazione, di andare al di là di quanto è sufficiente per la stazione appaltante, e quindi documentare la sussistenza di irregolarità “escludenti” in un qualsiasi momento della procedura di gara diverso da quello in cui quest’ultima ha condotto le proprie verifiche, con il conseguente dovere del giudice di accertare l’illegittimità dell’aggiudicazione e annullarla.

Per tale ragione il medesimo Cons. Stato, sez. III, con l'ordinanza 4 gennaio 2024, n. 161, ha rimesso all’Adunanza plenaria i seguenti quesiti:

"i) se, fermo restando il principio della insussistenza di un potere della stazione appaltante di sindacare le risultanze delle certificazioni dell’Agenzia delle entrate attestanti l’assenza di irregolarità fiscali a carico dei partecipanti a una gara pubblica, le quali si impongono alla stessa amministrazione, il principio della necessaria continuità del possesso in capo ai concorrenti dei requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure selettive comporti sempre il dovere di ciascun concorrente di informare tempestivamente la stazione appaltante di qualsiasi irregolarità che dovesse sopravvenire in corso di gara;

ii) se, correlativamente, sussista a carico della stazione appaltante, ferma restando la richiamata regola della sufficienza delle certificazioni rilasciate dalle Autorità competenti, il dovere di estendere la verifica circa l’assenza di irregolarità in capo all’aggiudicatario della procedura in relazione all’intera durata di essa, se del caso attraverso l’acquisizione di certificazioni estese all’intero periodo dalla presentazione dell’offerta fino all’aggiudicazione;

iii) se, in ogni caso e a prescindere dalla sufficienza o meno delle verifiche condotte dalla stazione appaltante, il concorrente che impugni l’aggiudicazione possa dimostrare, e con quali mezzi, che in un qualsiasi momento della procedura di gara l’aggiudicataria ha perso il requisito dell’assenza di irregolarità con il conseguente obbligo dell’amministrazione di escluderlo dalla procedura stessa".

La risposta del massimo organo della Giustizia amministrativa non si è fatta attendere ed è arrivata con la sentenza del 24 aprile n. 7 (che contestualmente ha pure definito il giudizio "a quo"), che ha così provveduto.

-I) Sul primo quesito.

-a) Innanzitutto, la stessa Adunanza Plenaria ha ritenuto che sia non sussistente il contrasto giurisprudenziale ipotizzato dal giudice rimettente. Al riguardo si è ribadito l’orientamento in forza del quale "i certificati rilasciati dalle autorità competenti in ordine alla regolarità fiscale o contributiva del concorrente hanno natura di dichiarazioni di scienza e si collocano fra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso, per cui si impongono alla stazione appaltante, esonerandola da ulteriori accertamenti". Con la precisazione che "tale orientamento riguarda, unicamente, il profilo della prova circa la sussistenza del requisito e degli accertamenti richiesti al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni all’uopo rese dal concorrente in sede di gara, come si desume dall’art. 86, comma 2, del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 80, applicabile alla fattispecie ratione temporis (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; 4 maggio 2012, n. 8; Sez. III, 18 dicembre 2020 n. 8148; Sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682)".

-b) Contestualmente la Plenaria ha escluso che - a differenza di quanto indicato dal medesimo giudice remittente - vi sia un contrasto tra il richiamato orientamento e quello (anch'esso da confermare) secondo cui la necessità che i requisiti di ammissione previsti dalla lex specialis siano posseduti dal concorrente a partire dal momento della presentazione dell’offerta e sino alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale (ex plurimis, Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8; Sez. V, 2 maggio 2022, n. 3439; 12 febbraio 2018, n. 856; Sez. IV, 1° aprile 2019, n. 2113). Questa giurisprudenza, infatti, attiene al regime sostanziale dei richiamati requisiti di ammissione. Per quanto qui rileva, la sentenza in commento ha chiarito - una volta per tutte - che "il concorrente che partecipa a una procedura a evidenza pubblica deve possedere, continuativamente, i necessari requisiti di ammissione e ha l’onere di dichiarare, sin dalla presentazione dell’offerta, l’eventuale carenza di uno qualunque dei requisiti e di informare, tempestivamente, la stazione appaltante di qualsivoglia sopravvenienza tale da privarlo degli stessi".

Detto questo, è particolarmente interessante il ragionamento seguito dalla Plenaria per arrivare a tale conclusione. Invero il Supremo Collegio ha effettuato un'analisi letterale e sistematica delle norme di riferimento e ha rilevato che il suddetto obbligo di aggiornamento gravante sul concorrente è espressione dei generali doveri di buona fede e di leale collaborazione tra le parti. Più precisamente, si è evidenziato che:

- l’art. 85, comma 1, D. Lgs. n. 50 del 2016 dispone che il concorrente, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, autodichiari nel DGUE l’assenza di cause di esclusione di cui all'art. 80;

- nonostante l’art. 85 non preveda espressamente il dovere di comunicare alla stazione appaltante le eventuali cause di esclusione sopravvenute, il relativo onere deve ricollegarsi, alla necessità, sancita dall’art. 1, comma 2-bis, della L. 7 agosto 1990, n. 241 (a mente del quale "I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”). Essi costituiscono infatti princìpi generali dell’attività amministrativa e si estendono anche allo specifico settore della contrattualistica pubblica (Cons. Stato, Sez. III, 19 febbraio 2024, n. 1591; Sez. V, 16 agosto 2021, n. 5882).

-II) Sul secondo quesito.

-a) A fronte delle conclusioni sopra indicate - e segnatamente poiché i requisiti di partecipazione devono sussistere per tutta la durata della gara e sino alla stipula del contratto (e poi ancora fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali) - la Plenaria ha affermato che vi è il dovere della stazione appaltante di compiere i relativi accertamenti con riguardo all’intero periodo (questo in conformità alle precedenti decisioni assunte da Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8; 25 febbraio 2014, n. 10; Sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2231; Sez. III, 10 novembre 2021, n. 7482).

Sul punto si è evidenziato che la regola in questione si desume anche dall’art. 80, comma 6, del D. Lgs. n. 50 del 2016. Invero questa norma dispone espressamente che: “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5”.

-b) Operativamente, con specifico riguardo al requisito dell’assenza di debiti tributari, la certificazione rilasciata dall’amministrazione fiscale competente (Agenzie delle Entrate o eventualmente altra amministrazione titolare di poteri impositivi) deve coprire l’intero lasso temporale rilevante, ossia dalla presentazione dell’offerta sino alla stipula del contratto. In questi termini va dunque intesa la perduranza/continuità della richiesta regolarità fiscale.

-III) Sul terzo quesito.

Infine la Plenaria ha precisato che - a prescindere dalle verifiche compiute dalla stazione appaltante - il concorrente che impugna l’aggiudicazione può sempre dimostrare, con qualunque mezzo, che l’aggiudicatario:

- era privo, ab origine, della regolarità fiscale;

- e/o che l'abbia persa in corso di gara.

Agganciandosi a questo argomento la Plenaria ha colto l'occasione per rafforzare il principio, consolidato in giurisprudenza (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; Sez. V, 9 febbraio 2024, n. 1339; 26 aprile 2021, n. 3366; 14 giugno 2019, n. 4023), in forza del quale nell’ambito del giudizio relativo all’affidamento del contratto pubblico il giudice amministrativo ha il potere di accertare - sia pure incidentalmente (cioè senza efficacia di giudicato nel rapporto tributario o previdenziale/assistenziale) - l'idoneità e la completezza delle certificazioni rilasciate dall’Agenzia delle Entrate o dagli enti previdenziali e assistenziali (DURC).

-IV) La soluzione del caso concreto.

Alla luce degli enunciati principi di diritto l'Adunanza Plenaria ha poi definitivamente deciso il contenzioso, senza cioè rimettere la causa alla Sezione che aveva deferito i quesiti a cui si è data risposta.

Per quanto qui rileva, il Consesso ha rilevato che sia il contributo unificato, sia le relative sanzioni pecuniarie da mancato o ritardato pagamento rientrano nella categoria delle entrate tributarie (delle quali condividono tutte le caratteristiche essenziali) e hanno natura fiscale (come si desume dalla circostanza che l’art. 2, comma 1, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, attribuisce la giurisdizione sulle sanzioni in parola al Giudice Tributario). Pertanto il mancato pagamento delle sanzioni irrogate a seguito del mancato versamento del contributo unificato nei tempi previsti integra la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50/2016, laddove la violazione sia grave e definitivamente accertata. E poiché l'aggiudicataria versava in questa situazione al momento della presentazione dell’offerta, essa doveva essere esclusa dalla gara.

Nel rinviare alla lettura integrale della decisione per gli opportuni approfondimenti di merito - ricchi di spunti interdisciplinari con il diritto tributario - in questa sede si evidenzia in ogni caso un ulteriore principio dettato dalla Plenaria. E cioè che l'accertamento del cassetto fiscale e del certificato dell’Agenzia delle Entrate non sono sufficienti. Nel dettaglio il Collegio ha ritenuto non rilevante il fatto che al momento della presentazione dell’offerta nel cassetto fiscale dell'aggiudicataria non risultassero pendenze tributarie o che la regolarità fiscale fosse stata accertata dall’Agenzia delle Entrate e dall’ANAC tramite l’AVCPASS. Infatti, il contributo unificato non rientra tra le imposte amministrate dall’Agenzia delle Entrate, per cui i debiti a esso relativi non vengono iscritti nel "cassetto fiscale". Solo a seguito dell’emissione del ruolo e della sua consegna all’Agenzia delle Entrate – Riscossione per la procedura esattoriale, l’esistenza del debito è comparsa, attraverso l’indicazione della relativa cartella, nel "cassetto fiscale", ma senza alcuna influenza sulla regolarità fiscale dell'aggiudicataria medesima, ormai già insussistente.

Analoghe considerazioni sono state svolte quanto al certificato rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, nel quale si attesta la situazione fiscale del contribuente unicamente con riguardo alle imposte gestite dal detto ufficio, mentre non rileva per i tributi gestiti da altre amministrazioni, come per l’appunto il contributo unificato.

Altrettanto irrilevante è stato infine ritenuto il documento acquisito tramite il sistema AVCPASS, in quanto esso non contiene indicazioni sugli eventuali debiti derivanti dal mancato o ritardato pagamento del contributo unificato e delle relative sanzioni (v. l'art. 5 della delibera ANAC 20 dicembre 2012, n. 111, come successivamente modificata e integrata).