TAR Veneto, Sez. III, 7 marzo 2024 n. 419

Una gara divisa in lotti è potenzialmente caratterizzata da una pluralità di procedure autonome, ancorché non del tutto indipendenti tra loro, salvo i casi in cui, i singoli lotti, sulla scorta della presenza di una serie di indici oggettivi e soggettivi, vengano ad essere strettamente correlati tra loro sul piano strutturale, funzionale e, in prospettiva del contratto pubblico da stipulare, negoziale.

Sulla base del diritto interno, certamente è possibile che strutturalmente un appalto diviso in lotti di gara abbia natura unitaria tanto che i singoli lotti simul stabunt simul cadent; ma è altrettanto possibile che la suddivisione in lotti non riguardi un unico appalto, ma un insieme di contratti di appalto ciascuno autonomo, sul piano soggettivo, causale e/o strutturale rispetto agli altri, la cui gestione nella fase di evidenza pubblica venga semplicemente accentrata.

Anche l’esame del diritto europeo dei contratti pubblici non pare condurre a soluzioni differenti da quella sopra esposta.

L’art. 46 della direttiva 2014/24/UE (e similmente l’art. 65 dir. 2014/25/UE, per i settori dell’acqua,

Le disposizioni europee, così come quelle interne, si limitano a disporre una serie di previsioni a tutela della concorrenza le quali, rispetto al problema dell’unicità o meno dell’appalto diviso in lotti, a bene vedere, sono del tutto “neutre”, perché, per un verso, possono trovare applicazione tanto nelle gare “unitarie” nel senso sopra esposto, quanto nella gara divisa in lotti perché mera aggregazione di appalti diversi, ove l’utilità dell’accentramento e la gestione unitaria di una potenziale pluralità di procedure ad evidenza pubblica consente, proprio attraverso il meccanismo dei lotti e dei vincoli di aggiudicazione, di tutelare la concorrenza e le piccole e medie imprese

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1221 del 2023, proposto da
Guerrato S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG N.D., rappresentata e difesa dagli avvocati Sonia Macchia, Stefano Vinti, Roberto Milia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Azienda Zero della Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Garofalo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Gemmo S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Calegari, Paolo Pettinelli, Edoardo Furlan, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Siram S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Biagini, Andrea Giuman, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Enenso S.r.l., Consorzio Stabile Cmf, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

della deliberazione n. 613 del 4 ottobre 2023 assunta dal Direttore Generale di Azienda Zero, avente ad oggetto “Procedura aperta telematica per la Gestione Energetica e Tecnologica Integrata degli Impianti delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto (GETIS). Conclusione del procedimento avviato con nota prot. n. 21089 del 2 agosto 2023”, con cui si è deliberato di “rigettare le istanze di Guerrato s.p.a.”, comunicata all''odierna ricorrente con nota prot. n. 25944 del 6 ottobre 2023.


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Gemmo S.p.A., di Siram S.p.A. e di Azienda Zero della Regione Veneto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2024 il dott. Paolo Nasini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

Con Deliberazione del Direttore Generale n. 282 del 12 agosto 2019, Azienda Zero ha indetto una procedura aperta telematica suddivisa in 5 lotti, finalizzata alla stipula di una Convenzione quadro per l’affidamento del servizio di Gestione Energetica e Tecnologica Integrata degli Impianti delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto (“GETIS”), per la durata di quattro anni.

La gara è stata aggiudicata ai seguenti operatori economici: - Lotto 1: Gemmo S.p.A.; - Lotto 2: Siram S.p.A.; - Lotto 3, Lotto 4, Lotto 5: Consorzio Stabile CMF.

Guerrato S.p.A. (d’ora in poi Guerrato) ha partecipato alla gara per l’aggiudicazione dei lotti n. 1 e 2, graduandosi in terza posizione per entrambi i lotti.

Con le sentenze nn. 2795 e 2799 del 16 marzo 2023, la III Sezione del Consiglio di Stato ha annullato, in accoglimento dei ricorsi proposti dalla società Carbotermo spa, il bando della procedura di gara su indicata, dal momento che la Centrale di Committenza aveva omesso di allegare al bando le diagnosi energetiche relative agli edifici ubicati negli ambiti territoriali di riferimento, in violazione dell’art. 34, d.lgs. n. 50/2016 e del d.m. 7 marzo 2012 (c.d. “decreto CAM”) ed aveva scelto di indire una procedura finalizzata alla stipula di una convenzione quadro con un solo operatore economico, pur in presenza di condizioni di gara non complete per la mancata allegazione dei CAM, nonostante l’affidamento avesse a oggetto prestazioni rientranti nel d.m. 7 marzo 2012.

Con la successiva sentenza n. 4831 del 15 maggio 2023, la III Sezione del Consiglio di Stato, nel vagliare il ricorso proposto da Engie Servizi e volto all’annullamento degli atti di cui al Lotto 3, ha dichiarato improcedibile il ricorso originario, in quanto “gli atti impugnati sono stati già rimossi dalla realtà giuridica con effetto ex tunc”, dalle richiamate sentenze n. 2795 e 2799 del 16 marzo 2023.

Con nota del 18 maggio 2023, Guerrato S.p.A. ha inoltrato istanza di autotutela diffidando Azienda Zero: (i) a riconoscere l’illegittimità dell’aggiudicazione di tutti i lotti di cui alla gara; (ii) a non procedere alla stipula dei relativi contratti; (iii) a provvedere, per l’effetto, alla pubblicazione di un nuovo bando emendato. La P.a, con delibera del 4 ottobre 2023, ha respinto l’istanza, escludendo la possibilità di applicare il principio della caducazione automatica dei provvedimenti relativi ai lotti nn. 1 e 2 quale effetto dell’intervenuto annullamento del bando.

Con ricorso depositato in data 9 novembre 2023 la società odierna ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato indicato in epigrafe e, in tutti i casi, di accertare che l’intervenuto annullamento del bando di gara disposto dal Consiglio di Stato con le sentenze n. 2795 e 2799 del 2023 riverbera i propri effetti anche nel presente giudizio, con riferimento ai lotti nn. 1 e 2 della “Gara GETIS”.

A fondamento del ricorso Guerrato s.p.a. ha dedotto i seguenti motivi:

1. la P.a. non avrebbe considerato la natura di atto generale del bando né la natura dei vizi riscontrati, che riguardano l’impostazione a monte dell’intera procedura, come già stabilito dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4831/2023; in tal senso, la determina impugnata in questa sede sarebbe nulla per violazione del giudicato (e conseguente violazione dell’art. 21 septies, l. n. 241 del 1990) di cui alle sentenze del Consiglio di Stato nn. 2795, 2799 e 4831 del 2023;

2. In ogni caso, la P.a. avrebbe dovuto riconoscere l’attitudine delle pronunce rese dal Consiglio di Stato relativamente ai lotti 3, 4 e 5 a formare il giudicato amministrativo sostanziale rispetto alle questioni di fatto e di diritto fatte valere con i ricorsi che le hanno occasionate, nonché rispetto a quelle questioni che ne costituiscono il presupposto logico e indefettibile, con valenza ultra partes del predetto giudicato, sì che la P.a. avrebbe dovuto intervenire in autotutela ripristinando la situazione di legalità;

3. il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per erroneità della motivazione e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto poiché a) le argomentazioni della sentenza n. 4831 del 2023 circa la caducazione automatica non sono meri obiter dicta; b) gli elementi che permetterebbero di differenziare i lotti, costituiscono aspetti meramente formali non in grado di dimostrare che si tratta di gare distinte e non consentono di superare l’attitudine dei vizi riscontrati dal Consiglio di Stato nel bando unico pubblicato dalla Stazione appaltante ad investire tutti i lotti in ragione della loro intrinseca trasversalità rispetto alle prestazioni richieste agli appaltatori; non vi sarebbe alcun legittimo affidamento da tutelare;

4. l’aggiudicazione da ultimo confermata risulta assunta in violazione delle disposizioni del Codice dei contratti e della normativa comunitaria, che non consentono di ricorrere ad affidamenti diretti, ma impongono, per importi quali quelli di cui all’aggiudicazione dei lotti 1 e 2, la pubblicazione di un bando per procedere ai relativi affidamenti (cfr. artt. 59 e ss. del D.Lgs. n. 50/2016 e della parte IV del D.lgs. n. 36/2023).

Si sono costituiti in giudizio Azienda Zero, Siram spa e Gemmo spa, contestando l’ammissibilità e fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

Le parti hanno depositato memorie difensive.

All’esito dell’udienza del 21 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Sulle eccezioni preliminari.

1.1. In primo luogo, è stata eccepita l’inammissibilità del ricorso per asserita erroneità dello strumento processuale prescelto: in tesi, avendo Guerrato lamentato le modalità con cui Azienda Zero ha dato esecuzione alle sentenze del Consiglio di Stato (nn. 2795 e 2799/23, nonché n. 4831/23, citate nella parte in fatto che precede) avrebbe dovuto esperire l’azione di nullità per violazione o elusione del giudicato nelle forme dell’ottemperanza, sì che il giudice competente ad emettere il provvedimento ex art. 113, comma 1, c.p.a. non potrebbe che essere il Consiglio di Stato. Quindi, si avrebbe sia il vizio relativo al rito (ottemperanza anziché giudizio ordinario), non convertibile, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, sia al giudice competente (Consiglio di Stato, anziché TAR).

Al riguardo, va rilevato come l’eccezione sia solo parzialmente fondata.

Infatti, è solo con il primo motivo di ricorso che Guerrato fa specificamente valere una nullità per violazione o elusione del giudicato, con conseguente inammissibilità del motivo e della domanda in parte qua, sia in ragione del fatto che è stata esperita un’azione di ottemperanza con il rito “ordinario”, sia in quanto, essendo le sentenze di riferimento state emesse dal Consiglio di Stato, la contestazione avrebbe dovuto essere rivolta nei confronti di quest’ultimo, con conseguente non convertibilità del rito ordinario così esperito.

Si rammentano gli insegnamenti giurisprudenziali rilevanti al proposito: ‹‹quando l'Amministrazione rinnova l'esercizio delle sue funzioni dopo l'annullamento di un atto operato dal giudice amministrativo, l'interessato che si duole (anche) delle nuove conclusioni raggiunte dall'amministrazione può proporre un unico giudizio davanti al giudice dell'ottemperanza lamentando la violazione o elusione del giudicato ovvero la presenza di nuovi vizi di legittimità nella rinnovata determinazione; il giudice dell'ottemperanza è quindi chiamato, in primo luogo, a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all'ottemperanza da quelle che invece hanno a che fare con il prosieguo dell'azione amministrativa, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori; nel caso in cui il giudice dell'ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato dall'amministrazione costituisca violazione ovvero elusione del giudicato, ne dichiara la nullità, con la conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda (quella cioè volta a sollecitare un giudizio sulla illegittimità dell'atto gravato).Viceversa, in caso di rigetto della domanda di nullità, il giudice dispone la conversione dell'azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione, ai sensi dell'art. 32, comma 2, del c.p."; ed inoltre, "ove ne sussistano i presupposti processuali, tale azione sia proposta non già entro il termine proprio dell'actio iudicati (dieci anni, ex art. 114, co. 1, cui rinvia l'art. 31, co. 4, cpa), bensì entro il termine di decadenza previsto dall'art. 41 cpa›› (Cons. Stato, sez. IV, 30 agosto 2023, n. 8050).

D’altronde, come sottolineato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 15 gennaio 2013 n. 2, ‹‹la conversione dell’azione può essere disposta dal giudice dell’ottemperanza e non viceversa, perché solo questo giudice, per effetto degli articoli 21 septies l. 7 agosto 1990, n. 241 e 114, co. 4, lett. b), cpa, è competente, in relazione ai provvedimenti emanati dall’amministrazione per l’adeguamento dell’attività amministrativa a seguito di sentenza passata in giudicato, per l’accertamento della nullità di detti atti per violazione o elusione del giudicato, e dunque – come si è già evidenziato – della più grave delle patologie delle quali gli atti suddetti possono essere affetti››.

Sotto altro profilo, anche recentemente è stato ribadito che qualora, come nel caso di specie, ‹‹il dispositivo in appello contenga statuizioni che evidenzino uno scollamento dal percorso motivazionale e, conseguentemente, dal dispositivo della decisione di primo grado gravata e, quindi, nei casi in cui emergano formule come " respinto con diversa motivazione ", allora la competenza per il giudizio di ottemperanza si radica presso il Consiglio di Stato›› (Cons. Stato, sez. VI, 28 aprile 2023, n. 4267).

Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile limitatamente al primo motivo di impugnazione.

Gli ulteriori motivi di impugnazione, per converso, come si dirà meglio anche nel prosieguo, non sono fondati sulla violazione o elusione del giudicato, ma sull’estensione degli effetti automaticamente caducanti derivanti dalle sentenze del Consiglio di Stato, relative ai lotti 3, 4 e 5, sugli atti dei lotti 1 e 2, come conseguenza, in particolare, dell’annullamento del bando di gara, in ragione dell’asserita unicità della stessa, sì che l’azione esercitata da parte ricorrente – alla quale si riferiscono i motivi di impugnazione successivi al primo – ha natura meramente dichiarativa di accertamento, cui è correlata l’impugnazione della delibera indicata in epigrafe, rispetto alla quale l’azione esperita può essere considerata caducatoria o parimenti meramente dichiarativa (di accertamento) a seconda del vizio (illegittimità, nullità, inefficacia) che si ritiene derivare dall’inefficacia predetta.

Ciò correttamente, perché nel caso di specie non sussiste un giudicato afferente in modo specifico agli atti della procedura, successivi al bando di gara, relativi ai lotti 1 e 2, gli stessi non avendo formato oggetto di alcuna pronuncia di annullamento o dichiarativa di inefficacia: le sentenze sopra richiamate hanno, infatti, riguardato – al di là dell’annullamento del bando di gara, sul cui effetto si dirà in seguito – i soli successivi atti relativi ai lotti 3, 4 e 5.

Nella prospettazione di parte ricorrente - fondata sull’asserita automatica caducazione “riflessa” degli atti di cui ai lotti 1 e 2 - è evidente che l’unica azione esperibile (non potendosi annullare ciò che è già venuto meno, né dichiarare nullo – trattandosi di fattispecie diversa da quella di cui all’art. 21 septies, l. n. 241 del 1990), non potesse che essere quella di accertamento mero, cui si correla poi l’impugnazione della specifica delibera da ultimo adottata dalla P.a.

Quanto precede, consente, quindi, di applicare il principio giurisprudenziale secondo il quale ‹‹l’azione di accertamento nel processo amministrativo viene, in realtà, ammessa anche in giurisprudenza solo eccezionalmente, in diretta applicazione del principio di effettività della tutela, là dove manchino nel sistema strumenti di tutela giurisdizionale di interessi certamente riconosciuti dall'ordinamento›› (Cons. Stato, sez. III, 26 maggio 2023, n. 5207).

1.2. Azienda Zero ha contestato l’inammissibilità del ricorso anche perché Guerrato aveva presentato la propria offerta in entrambi i lotti, classificandosi nelle graduatorie senza però aver impugnato le relative aggiudicazioni: secondo la P.a., quindi, la ricorrente non potrebbe vantare un interesse a ricorrere meritevole di tutela.

Secondo il Collegio è dirimente la circostanza per cui, nel caso di specie – al di là del problema della qualificazione dell’eventuale vizio della delibera impugnata (mera illegittimità, inefficacia derivata o nullità per mancanza di oggetto) – il fondamento della pretesa sostanziale di parte ricorrente è dato dall’asserita “inefficacia” ovvero dall’automatica caducazione, in tesi già intervenuta per effetto delle citate sentenze del Consiglio di Stato, degli atti della procedura di cui ai lotti nn. 1 e 2, sì che l’azione in concreto esercitata da Guerrato, con riferimento a questi ultimi, è sostanzialmente un’azione di accertamento volta a far dichiarare che tutti gli atti, anche dei lotti 1 e 2, sono ormai tamquam non essent, con conseguente impossibilità della p.a. di confermare atti ormai “inesistenti”.

Rispetto ad una tipologia di azione come quella sopra descritta il Collegio ritiene che la latitudine del concetto di attualità e concretezza dell’interesse a ricorrere possa certamente essere ampliata fino a ricomprendere anche la posizione di chi, come Guerrato, non abbia tempestivamente impugnato gli atti di gara.

La definitività di questi ultimi, infatti, non osta all’ammissibilità dell’azione esperita in quanto l’interesse all’accertamento per il quale è causa, è correlato ad una situazione giuridica fatta valere da parte ricorrente differente rispetto a quella del partecipante alla gara che intende ottenere l’annullamento degli atti della procedura: Guerrato in questa sede agisce quale operatore del settore che, a fronte di una – si ripete, secondo la tesi della ricorrente – sopravvenuta e già intervenuta caducazione della gara – vuole esclusivamente evitare che venga affidato il servizio ad altro operatore “concorrente sul mercato” in assenza di un’aggiudicazione non solo efficace, ma, addirittura, esistente, per così soddisfare un interesse strumentale, in senso ampio, alla rinnovazione della procedura di gara per i lotti nn. 1 e 2, i cui atti sono oramai tamquam non essent.

Pertanto, l’eccezione deve essere respinta.

1.3. In ordine all’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata da Azienda Zero.

Azienda Zero con deliberazione n. 730 del 2023, in conseguenza delle sentenze del Consiglio di Stato nn. 2795/23, 2799/23, 4829/23, 4830/23, 4831/23 ha indetto una nuova gara per la “Gestione dei Vettori energetici delle Aziende Sanitarie della Regione Veneto” con riferimento ai lotti nn. 3, 4 e 5 cioè per le Aziende Sanitarie nell’ambito delle Province di Padova, Vicenza e Verona, escludendo i lotti nn. 1 e 2.

Secondo l’Amministrazione questa delibera avrebbe determinato la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso, posto che la stessa non è stata impugnata e che con essa la P.a. avrebbe esaurito il potere di esprimersi sulla sorte delle aggiudicazioni dei lotti nn. 1 e 2.

L’eccezione è infondata.

La delibera in questione non considera in alcun modo i lotti nn. 1 e 2, ma ha ad oggetto specifico ed esclusivo i lotti nn. 3, 4 e 5, rispetto ai quali dispone la riedizione della gara.

In tal senso, in mancanza di elementi puntuali e precisi non è possibile inferire un’implicita ed inequivoca conferma del provvedimento impugnato con il ricorso principale, fermo restando che, peraltro, quand’anche si potesse desumere un riferimento della delibera ai lotti nn. 1 e 2, la delibera medesima, in parte qua, sarebbe meramente confermativa del suddetto provvedimento impugnato, sì che, comunque, la mancata impugnazione della stessa non potrebbe condurre ad una pronuncia di improcedibilità.

Non condivisibile, poi, è, tanto l’argomentazione relativa all’”esaurimento” del potere in capo alla P.a. resistente, quanto il richiamo al c.d. “one shot temperato”.

A tal proposito, è evidente che, laddove fosse accolta la tesi di controparte relativamente alla già intervenuta caducazione degli atti di gara relativi ai lotti nn. 1 e 2, rimarrebbe pienamente integro il potere della P.a. di rieditare la gara, così come avvenuto per i lotti nn. 3, 4 e 5; oltre al fatto che l’istituto del c.d. “one shot temperato” è finalizzato a limitare il riesercizio del potere in senso negativo al titolare dell’interesse legittimo fatto valere, e non a porre un limite alla tutela di quest’ultimo.

Pertanto, l’eccezione deve essere respinta.

2. Nel merito.

Le domande tutte formulate da parte ricorrente e i motivi di ricorso, successivi al primo, possono essere esaminati congiuntamente.

2.1. La definizione della presente controversia involge l’esame di una pluralità di profili ed istituti giuridici che si cercherà di ridurre a sistema.

2.2. Prima di tutto è bene chiarire se e in che misura possano venire in rilievo una serie di istituti in diverso modo richiamati dalle parti a fondamento delle rispettive difese, ma la cui applicazione, come si vedrà, non rappresenta il “fulcro” del problema decisionale.

Per un verso, non è dirimente – nel senso che può rilevare, ma solo dopo aver risolto il “vero” problema decisionale - l’applicabilità dell’istituto della c.d. invalidità caducante.

Infatti, pur dando per condiviso l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale ‹‹in caso di impugnazione del bando di gara non è necessaria a pena di improcedibilità anche l'impugnazione del successivo provvedimento di aggiudicazione, in quanto l'interesse strumentale alla ripetizione della procedura che assiste l'originaria impugnazione fa sì che un eventuale annullamento della lex specialis produca un effetto caducante sui successivi atti della procedura medesima, compresa l'aggiudicazione›› (ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 14 ottobre 2022, n. 8772), è evidente che la teoria dell’invalidità con effetto caducante impatta in modo rilevante sul piano “verticale” della specifica sequenza procedimentale “bando – procedura – aggiudicazione”, ma non spiega di per sé il meccanismo giuridico “orizzontale” per cui, impugnato un bando in funzione dell’annullamento degli atti di gara relativi alla procedura conclusa con l’adozione di un provvedimento di aggiudicazione per il lotto “A”, l’annullamento del predetto bando, in parte qua, dovrebbe in ogni caso condurre all’annullamento (o per meglio dire alla conseguenziale e immediata inefficacia) degli atti e dell’aggiudicazione del lotto “B” non impugnati, ovvero impugnati, ma per motivi diversi da quelli che hanno condotto all’annullamento dell’altra procedura, e non annullati.

In questo senso, l’istituto dell’efficacia caducante potrà trovare applicazione se e nella misura in cui si ritenga fondata l’argomentazione per cui l’annullamento di un bando di una gara divisa in lotti oggetto di annullamento in un giudizio inerente alcuni soltanto dei suddetti lotti, “estende” - nel senso che produce di riflesso - i suoi effetti anche ai lotti non oggetto di impugnazione.

Non rilevano, poi, gli insegnamenti dell’Adunanza Plenaria nn. 4 e 5 del 2019, il cui apparato motivazionale è correlato ad una fattispecie nella quale il problema dell’estensione degli effetti di un giudicato di annullamento e conformativo, pur a fronte di un atto plurimo scindibile sul piano soggettivo (la graduatoria), è limitato ad un'unica procedura (tronco procedurale) concorsuale e quindi “interno” alla stessa.

Infine, occorre sottolineare come, seguendo la prospettazione di parte ricorrente, il “ruolo centrale”, in termini di effetti prodotti, rispetto agli atti dei lotti 1 e 2 per i quali è causa, non è ricollegabile alla pronuncia n. 4831 del 2023, ma alle precedenti sentenze del Consiglio di Stato nn. 2795 e 2799/23.

Sono queste ultime, infatti, che, nell’annullare, non solo tutti gli atti di gara dei lotti 4 e 5, ma anche il bando a monte, hanno posto il problema della possibilità di ritenere, sul piano interpretativo, che questo annullamento del bando abbia provocato effetti “riflessi” sugli atti successivi di tutti i lotti in gara, con conseguente automatica caducazione degli stessi in ragione della ricordata giurisprudenza che ammette la configurazione dell’invalidità caducante.

La successiva sentenza del Consiglio di Stato n. 4831 del 2023, nel definire il ricorso in appello relativamente al lotto 3 con una pronuncia, in rito, di improcedibilità, si è limitata a prendere atto dell’effetto di annullamento conseguente alle precedenti richiamate sentenze, affermando che ‹‹l’annullamento del bando, atto logicamente e cronologicamente preesistente rispetto alla suddivisione in lotti della procedura e destinato a dettarne la regolamentazione in modo unitario, non può che produrre i propri effetti in relazione a tutti i lotti in questione; quanto alla sorte degli atti della procedura relativi al lotto per cui qui è causa, pur non coinvolti dall’annullamento disposto dalle due sentenze più volte citate, il venir meno del bando non può non determinarne la caducazione automatica per illegittimità derivata››.

Ciò in quanto ‹‹una gara che ha il medesimo bando per tutti e cinque i lotti e per tutte le prestazioni, assegnate a ciascun concorrente distinte, sebbene tutte dirette alla realizzazione del multiservizio integrato meglio indicato nell’art. 1 del Disciplinare››; secondo il Consiglio di Stato ‹‹d’altra parte, sarebbe diversamente alquanto curioso che un segmento della procedura di gara - ancorché relativo a lotto e destinatari diversi ed in assenza di controinteressati - sopravviva a fronte dell’annullamento di un bando che rappresenta, come detto, un tronco unitario per tutti i lotti››.

È evidente come il dictum della sentenza n. 4831 del 2023 possa rilevare solo nei limiti della “condivisibilità” delle argomentazioni in diritto spese dal Consiglio di Stato, quest’ultimo essendosi limitato sostanzialmente a prendere atto di un effetto conseguente alle sentenze nn. 2795 e 2799/23 e ritenuto, come visto, “esteso” anche al lotto n. 3.

L’argomentazione giuridica in questione, quindi, non vincola - in senso strettamente processuale - il giudice nel presente giudizio, ancorchè il Collegio, certamente, non possa non confrontarsi con l’approdo ermeneutico cui è giunto il Consiglio di Stato in quella sede, per la semplice ragione che su quelle argomentazioni può dirsi essere fondato il ricorso per il quale è causa.

Per chiarire meglio il concetto: il dato fattuale incontrovertibile (il c.d. fatto storico, più volte sottolineato da parte ricorrente in atti, e citato dal Consiglio di Stato n. 4831 del 2023) è l’avvenuto annullamento del bando e degli atti di gara nei giudizi afferenti ai lotti 4 e 5 da parte delle decisioni del Supremo Consesso amministrativo nn. 2795 e 2799 del 2023; l’aspetto del tutto controvertibile e che costituisce il “fulcro” della questione oggetto di causa è se sia accoglibile - si badi, con particolare riguardo al caso di specie – l’assunto per cui l’annullamento del bando di gara divisa in lotti, seppure pronunciato in un giudizio afferente i soli lotti 4 e 5, possa aver avuto un’automatica ripercussione anche sui lotti 1 e 2, così come ritenuto, interpretativamente, dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4831 del 2023 per il lotto 3.

2.3. Cercando, quindi, di andare alla “radice” della questione, occorre, per prima cosa, comprendere quale sia la natura di una gara “divisa in lotti”: in particolare, possono astrattamente darsi tre possibilità, 1) è sempre e comunque una gara “unica”, sì che anche il bando è, quindi, sempre unico; 2) è sempre e comunque un insieme di gare autonome, sì che il bando, per quanto formalmente e documentalmente “comune”, non è unico, ma è come se vi fossero “tanti bandi” per ciascun lotto, quale atto “ad oggetto plurimo”; 3) è potenzialmente caratterizzata da una pluralità di procedure autonome, ancorché non del tutto indipendenti tra loro, salvo i casi in cui, i singoli lotti, sulla scorta della presenza di una serie di indici oggettivi e soggettivi, vengano ad essere strettamente correlati tra loro sul piano strutturale, funzionale e, in prospettiva (del contratto pubblico da stipulare), negoziale.

Il Collegio propende per quest’ultima soluzione.

2.3.1. Occorre, al riguardo, premettere un dato molto importante: la decisione in relazione ad una tematica quale quella in oggetto deve muovere da un punto di osservazione il più possibile “globale” della procedura di gara, nel senso che occorre guardare non solo all’origine (il bando) e al momento centrale (la procedura di gara), ma anche, a valle, alla finalità della procedura ad evidenza pubblica, ovvero la scelta di un operatore economico per la specifica stipulazione di un contratto pubblico.

La gara, evidentemente, è solo uno strumento di scelta del contraente in funzione della stipula di uno specifico contratto, sì che per rispondere al quesito che precede l’interprete deve verificare se l’Amministrazione, pur nell’ambito di una formalmente complessa procedura, intenda stipulare uno o più contratti, con uno o più potenziali contraenti, e, in caso di pluralità dei contratti, se gli stessi contratti siano così strettamente collegati tra loro sul piano causale e funzionale da dar luogo ad un “unico” contratto di lavori, servizi, fornitura o anche misto.

2.3.2. Partiamo dal dato normativo “interno”, con riguardo al codice vigente al momento dei fatti (il d.lgs. n. 50 del 2016).

In primo luogo, consideriamo l’apparato definitorio (art. 3, d.lgs. n. 50 del 2016):

- la centrale di committenza (che nel caso di specie è Azienda Zero) è un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore che fornisce attività di centralizzazione delle committenze e, se del caso, attività di committenza ausiliarie;

- le attività di centralizzazione delle committenze sono le attività svolte su base permanente riguardanti, 1. l’acquisizione di forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti; 2. l’aggiudicazione di appalti o la conclusione di accordi quadro per lavori, forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti;

- i contratti pubblici, sono i contratti di appalto, o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi o forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioni appaltanti;

- lotti funzionali: uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, ovvero parti di un lavoro o servizio generale la cui progettazione e realizzazione sia tale da assicurarne funzionalità, fruibilità e fattibilità indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti;

- lotti prestazionali: uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, definito su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti o in conformità alle diverse fasi successive del progetto.

L’art. 37, poi, disciplina l’aggregazione e centralizzazione delle committenze, consentendo alle stazioni appaltanti, specie laddove non possiedano i requisiti per procedere autonomamente all’acquisizione di forniture, servizi e lavori, di acquisirli “mediante impiego di una centrale di committenza qualificata”.

Le centrali di committenza, in particolare, possono, ai sensi del comma 7, per quanto in questa sede di interesse, a) aggiudicare appalti, stipulare ed eseguire i contratti per conto delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori; b) stipulare accordi quadro ai quali le stazioni appaltanti qualificate possono ricorrere per l’aggiudicazione dei propri appalti.

Il comma 9, dopo aver stabilito che la stazione appaltante, nell’ambito delle procedure gestite dalla centrale di committenza di cui fa parte, è responsabile del rispetto del presente codice per le attività ad essa direttamente imputabili, al secondo capoverso, precisa che ‹‹la centrale di committenza che svolge esclusivamente attività di centralizzazione delle procedure di affidamento per conto di altre amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori è tenuta al rispetto delle disposizioni di cui al presente codice e ne è direttamente responsabile››.

Sul piano, invece, “oggettivo”, l’art. 51, d.lgs. n. 50 del 2016, prevede, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, che sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali ovvero in lotti prestazionali in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell'appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese. È fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti. Le stazioni appaltanti indicano, altresì, nel bando di gara o nella lettera di invito, se le offerte possono essere presentate per un solo lotto, per alcuni lotti o per tutti. Le stazioni appaltanti possono, anche ove esista la possibilità di presentare offerte per alcuni o per tutti i lotti, limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare. Nei medesimi documenti di gara indicano, altresì, le regole o i criteri oggettivi e non discriminatori che intendono applicare per determinare quali lotti saranno aggiudicati, qualora l'applicazione dei criteri di aggiudicazione comporti l'aggiudicazione ad un solo offerente di un numero di lotti superiore al numero massimo. Le stazioni appaltanti possono aggiudicare appalti che associano alcuni o tutti i lotti al medesimo offerente, qualora abbiano specificato, nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse, che si riservano tale possibilità e indichino i lotti o gruppi di lotti che possono essere associati, nonché le modalità mediante cui effettuare la valutazione comparativa tra le offerte sui singoli lotti e le offerte sulle associazioni di lotti.

Interpretando sistematicamente le disposizioni che precedono emerge chiaramente come la divisione in lotti possa concernere tanto un appalto “unico”, sul piano oggettivo e/o soggettivo, quanto una gara bandita da una centrale di committenza in favore di una pluralità di stazioni appaltanti, ognuna delle quali destinata a stipulare un contratto autonomo con il contraente vincitore di un determinato “lotto”.

Si pensi, ad es., ad una gara indetta da una specifica stazione appaltante (ad es., la stessa Azienda Zero per “se stessa”) e finalizzata all’acquisizione di una pluralità di servizi tra loro correlati, ancorché oggetto, ciascuno di essi, di un lotto, o alla stipula di un contratto misto con suddivisione in lotti in ragione delle diverse prestazioni che lo caratterizzano: in tal caso, in ragione della stretta correlazione, sul piano soggettivo, ma in particolare su quello oggettivo, esistente tra i lotti, si può astrattamente ipotizzare una strutturale unicità della procedura di gara, sì che i lotti, funzionali alla conclusione di un unico contratto o di contratti comunque tra loro collegati, possano essere talmente dipendenti tra loro che simul stabunt simul cadent.

Dall’altra parte, però, la normativa consente anche la mera aggregazione e centralizzazione di una pluralità di procedure ad evidenza pubblica finalizzate alla conclusione di contratti di appalto diversi, eventualmente anche da parte di amministrazioni aggiudicatrici diverse, privi di alcun collegamento negoziale tra loro.

Dalla generale previsione dell’art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016, finalizzata, peraltro, a garantire la tutela della concorrenza nell’ambito della gestione delle procedure ad evidenza pubblica, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, non è possibile evincere, anche solo implicitamente, la regola dell’unicità della gara laddove la procedura, ad esempio, sia indetta da una centrale di committenza in favore di più stazioni appaltanti, destinate ciascuna a stipulare un contratto, avente ad oggetto non “lo stesso”, ma “la stessa tipologia” di servizio e/o fornitura, e in relazione alla quale la suddivisione in lotti corrisponde sostanzialmente ai diversi soggetti pubblici contraenti.

In questo caso viene in rilievo non tanto la suddivisione in lotti di un unico appalto, ma l’aggregazione in una procedura accentrata di una pluralità di appalti autonomi ciascuno corrispondente ad un lotto.

Per essere estremamente esemplificativi, non è un “servizio” o “una fornitura” divisa in lotti, ma sono tanti contratti di servizio o fornitura, ciascuno corrispondente ad un lotto di gara (che potrebbe costituire una gara autonoma), la cui gestione, nella fase di evidenza pubblica, per la scelta del contraente, viene effettuata, in modo accentrato, dalla centrale di committenza.

Sulla base del diritto interno, in altre parole, certamente è possibile che strutturalmente un appalto diviso in lotti di gara abbia natura unitaria tanto che i singoli lotti simul stabunt simul cadent; ma è altrettanto possibile che la suddivisione in lotti non riguardi un unico appalto, ma un insieme di contratti di appalto ciascuno autonomo, sul piano soggettivo, causale e/o strutturale rispetto agli altri, la cui gestione nella fase di evidenza pubblica venga semplicemente accentrata.

Né, in senso contrario, può valorizzarsi il fatto che sia possibile inserire un limite all’aggiudicazione dei lotti da parte di uno stesso concorrente, perché lo strumento in questione non rende unitario ciò che è strutturalmente separato nel senso sopra chiarito, ma opera a valle della procedura di gara e a prescindere dall’oggetto del contratto, al fine esclusivamente di tutelare la concorrenza e, in particolare, le piccole e medie imprese.

Parimenti, non è decisiva nemmeno la previsione contenuta nel comma 4 dell’art. 51 che, come ricordato, consente alle stazioni appaltanti di aggiudicare appalti che associano alcuni o tutti i lotti al medesimo offerente, qualora abbiano specificato, nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse, che si riservano tale possibilità e indichino i lotti o gruppi di lotti che possono essere associati, nonché le modalità mediante cui effettuare la valutazione comparativa tra le offerte sui singoli lotti e le offerte sulle associazioni di lotti.

Oltre al fatto che nel caso di specie questa facoltà non è stata in concreto esercitata, in linea generale sembra di potersi dire che rispetto alle argomentazioni sopra svolte la disposizione in questione dimostri esattamente l’opposto di quello che parte ricorrente ritiene, perché evidentemente l’avere il legislatore specificato che sussiste e, a quali condizioni, la possibilità di “associare” lotti o gruppi di lotti, dimostra, quantomeno, che vi possono essere gare con più lotti del tutto autonomi e indipendenti tra loro nel senso sopra chiarito.

2.3.3. Anche l’esame del diritto europeo dei contratti pubblici non pare condurre a soluzioni differenti da quella sopra esposta.

L’art. 46 della direttiva 2014/24/UE (e similmente l’art. 65 dir. 2014/25/UE, per i settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali), afferma, al comma 1, semplicemente, che le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di aggiudicare un appalto sotto forma di lotti separati e possono determinare le dimensioni e l’oggetto di tali lotti. La disposizione quindi mantiene ferma la discrezionalità in capo ad una singola amministrazione aggiudicatrice di “modellare” la gara relativa ad un contratto di appalto attraverso anche la suddivisione in lotti, con la precisazione che, tranne per gli appalti la cui suddivisione sia stata resa obbligatoria a norma del par. 4 del medesimo articolo, le amministrazioni aggiudicatrici indicano i motivi principali della loro decisione di non suddividere in lotti. Quindi, in caso di divisione della gara in più lotti, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse se le offerte possono essere presentate per un solo lotto, per alcuni lotti o per tutti. Le amministrazioni aggiudicatrici possono, anche ove esista la possibilità di presentare offerte per alcuni o per tutti i lotti, limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse. Le amministrazioni aggiudicatrici indicano nei documenti di gara le regole o i criteri oggettivi e non discriminatori che intendono applicare per determinare quali lotti saranno aggiudicati qualora l’applicazione dei criteri di aggiudicazione comporti l’aggiudicazione ad un solo offerente di un numero di lotti superiore al numero massimo. Gli Stati membri possono prevedere che, nei casi in cui al medesimo offerente possa essere aggiudicato più di un lotto, le amministrazioni aggiudicatrici possano aggiudicare appalti che associano alcuni o tutti i lotti, qualora abbiano specificato, nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse, che si riservano tale possibilità e indichino i lotti o gruppi di lotti che possono essere associati. Gli Stati membri possono attuare il secondo comma del paragrafo 1 rendendo obbligatorio aggiudicare un appalto sotto forma di lotti separati a condizioni da definire conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell’Unione.

Per contro, l’art. 37, dir. 2014/24/UE (corrispondente all’art. 55, dir. 2014/25/UE) prevede, similmente a quanto sopra visto per il diritto interno, che gli Stati membri possono prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di acquistare forniture e/o servizi da una centrale di committenza che offre l’attività di centralizzazione delle committenze di cui all’art. 2, par. 1, punto 14, lett. a). Gli Stati membri possono altresì prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di acquistare lavori, forniture e servizi mediante contratti aggiudicati da una centrale di committenza, mediante sistemi dinamici di acquisizione gestiti da una centrale di committenza oppure, nella misura stabilita all’art. 33, par. 2, secondo comma, mediante un accordo quadro concluso da una centrale di committenza che offre l’attività di centralizzazione delle committenze di cui all’art. 2, par. 1, punto 14, lett. b). Qualora un sistema dinamico di acquisizione gestito da una centrale di committenza possa essere utilizzato da altre amministrazioni aggiudicatrici, ciò viene indicato nell’avviso di indizione di gara per l’istituzione di tale sistema dinamico di acquisizione. In relazione al primo e al secondo comma, gli Stati membri possono prevedere che determinati appalti siano realizzati mediante ricorso alle centrali di committenza o a una o più centrali di committenza specifiche.

Un’interpretazione testuale, sistematica e teleologica, delle norme che precedono non consente in alcun modo di ricavare un principio di necessaria o “ordinaria” unicità della gara divisa in lotti.

Le disposizioni europee, così come quelle interne, si limitano a disporre una serie di previsioni a tutela della concorrenza le quali, rispetto al problema dell’unicità o meno dell’appalto diviso in lotti, a bene vedere, sono del tutto “neutre”, perché, per un verso, possono trovare applicazione tanto nelle gare “unitarie” nel senso sopra esposto, quanto nella gara divisa in lotti perché mera aggregazione di appalti diversi, ove l’utilità dell’accentramento e la gestione unitaria di una potenziale pluralità di procedure ad evidenza pubblica consente, proprio attraverso il meccanismo dei lotti e dei vincoli di aggiudicazione, di tutelare la concorrenza e le piccole e medie imprese.

Né spunti di riflessione in senso opposto possono evincersi dai considerando della direttiva richiamati da parte ricorrente.

Più precisamente, quest’ultima ha fatto riferimento al considerando 79 della direttiva 2014/24/UE (corrispondente al considerando 88 della dir. 2014/25/UE), ma è bene partire con l’esame del considerando 78 (corrispondente al considerando 87 della dir. 2014/25/UE).

Quest’ultimo, dopo aver sottolineato l’opportunità che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle PMI, precisa che le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero in particolare essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti. Tale suddivisione potrebbe essere effettuata su base quantitativa, facendo in modo che l’entità dei singoli appalti corrisponda meglio alla capacità delle PMI, o su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti, per adattare meglio il contenuto dei singoli appalti ai settori specializzati delle PMI o in conformità alle diverse fasi successive del progetto. L’entità e l’oggetto dei lotti, d’altronde, dovrebbero essere determinati liberamente dall’amministrazione aggiudicatrice che, in conformità delle pertinenti norme sul calcolo del valore stimato dell’appalto, dovrebbe anche avere la facoltà di aggiudicare alcuni dei lotti senza applicare le procedure previste dalla direttiva. L’amministrazione aggiudicatrice dovrebbe avere il dovere di esaminare se sia appropriato suddividere gli appalti in lotti mantenendo la facoltà di decidere autonomamente sulla base di qualsiasi motivo ritenga rilevante, senza essere soggetta a supervisione amministrativa o giudiziaria. Se l’amministrazione aggiudicatrice decide che non è appropriato suddividere l’appalto in lotti, la relazione individuale o i documenti di gara dovrebbero contenere un’indicazione dei principali motivi della scelta dell’amministrazione aggiudicatrice. Tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto.

Nel considerando 79, poi, si afferma che se l’appalto è suddiviso in lotti, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero avere la facoltà di limitare il numero dei lotti per i quali un operatore economico può presentare un’offerta, ad esempio allo scopo di salvaguardare la concorrenza o per garantire l’affidabilità dell’approvvigionamento; dovrebbero altresì avere la facoltà di limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a uno stesso offerente. Tuttavia, l’obiettivo di facilitare un maggiore accesso agli appalti pubblici da parte delle PMI potrebbe essere ostacolato se le amministrazioni aggiudicatrici fossero obbligate ad aggiudicare un appalto lotto per lotto anche se ciò implicasse dover accettare soluzioni sostanzialmente meno vantaggiose rispetto a quella di un’aggiudicazione che raggruppi più lotti o tutti i lotti. Pertanto, qualora la possibilità di applicare tale metodo sia stata chiaramente indicata in precedenza, dovrebbe essere possibile per le

amministrazioni aggiudicatrici effettuare una valutazione comparativa delle offerte per stabilire se quelle presentate da un particolare offerente per una specifica associazione di lotti rispondano meglio, nel loro complesso, ai criteri di aggiudicazione stabiliti in conformità della presente direttiva in relazione a tali lotti rispetto alle offerte per i singoli lotti in questione, prese isolatamente. In tal caso, all’amministrazione aggiudicatrice dovrebbe essere consentito aggiudicare un appalto che associ i lotti in questione all’offerente interessato. Occorre chiarire che le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero effettuare tale valutazione comparativa determinando prima quali offerte rispondano meglio ai criteri di aggiudicazione stabiliti per ogni singolo lotto per poi compararle, nel loro complesso, a quelle presentate da un particolare offerente per una specifica associazione di lotti.

Come si può notare, il diritto europeo non entra ed è neutro rispetto alla struttura e alla natura dell’appalto oggetto di gara, ma si limita a incentivare forme e strutture procedurali idonee a garantire la più ampia concorrenza possibile, nel rispetto, d’altronde, delle esigenze delle amministrazioni aggiudicatrici.

2.3.4. Escluso che dalla normativa, sia interna che europea, sia possibile evincere, nei limiti e ai fini che qui interessano, una regola generale in termini di necessaria o ordinaria unicità della gara divisa in lotti, ne consegue il carattere necessariamente relativo e casistico della valutazione che di volta in volta l’interprete deve effettuare nell’esaminare l’oggetto, la finalità e la struttura del bando di gara.

Questa relativizzazione, quindi, esclude di poter censurare in termini assoluti l’insegnamento, consolidato nella giurisprudenza amministrativa, secondo il quale la gara suddivisa in più lotti, di regola, non costituisce un’unica procedura, ma tante gare autonome e distinte quanti sono i lotti, sì che, pur essendo, la procedura disciplinata dalla medesima lex specialis (bando, capitolato e disciplinare), a ciascun lotto corrisponde una distinta gara, potendo i concorrenti partecipare a tutti, o a uno solo, o ad alcuni dei lotti, con conseguente distinta aggiudicabilità degli stessi previa autonoma procedura valutativa delle offerte presentate per ciascuno di essi (in questo senso, ad es., Cons. Stato, sez. III, 31 dicembre 2021, n. 8749).

In questo senso, è stato affermato, il provvedimento di indizione della gara, che la stazione appaltante adotta con riferimento a tutti i lotti, costituisce atto ad oggetto plurimo disciplinante un numero di gare corrispondente al numero dei lotti da aggiudicare, sia nel senso che contiene le disposizioni per lo svolgimento non di un'unica gara finalizzata all'affidamento di un unico contratto, bensì quelle per l'indizione e la realizzazione di tante gare contestuali quanti sono i lotti cui sono connessi i contratti da aggiudicare; sia nel senso che gli atti di gara (intesi non in senso cartolare) relativi al contenuto dei contratti da aggiudicare devono essere necessariamente differenziati per ciascun lotto e devono essere tanti quanti sono i contratti da aggiudicare (Cons. St., sez. V, 20 settembre 2021, n. 6402).

In questi casi, quindi, il bando è “comune”, ma non è “unitario”; è proceduralmente e formalmente unico, ma sostanzialmente plurimo (“ad oggetto plurimo”), tanti quanti sono i lotti, perché ciascun lotto autonomo è correlato ad un contratto che verrà stipulato da una specifica amministrazione aggiudicatrice con l’aggiudicatario del singolo lotto di riferimento.

2.3.5. Tale approdo ermeneutico non appare in contrasto con la c.d. direttiva ricorsi (dir. 89/665/CEE).

È vero, infatti, che l'art. 19, par. 1, secondo comma, TUE obbliga gli Stati membri a stabilire i rimedi giurisdizionali necessari ad assicurare ai singoli, nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione, il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Lowicz e Prokurator Generalny, C-558/18 e C-563/18, EU:C:2020:234, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

D’altronde, fatta salva l'esistenza di norme dell'Unione in materia, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in forza del principio dell'autonomia procedurale, stabilire le modalità processuali di tali rimedi giurisdizionali, a condizione, tuttavia, che tali modalità, nelle situazioni disciplinate dal diritto dell'Unione, non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe disciplinate dal diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'Unione (principio di effettività) (sentenza del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C-497/20, EU:C:2021:1037, punto 58).

Per quanto riguarda il principio di effettività, poi, occorre ricordare che il diritto dell'Unione non produce l'effetto di obbligare gli Stati membri a istituire mezzi di ricorso diversi da quelli già contemplati dal diritto interno, a meno che, tuttavia, dall'impianto sistematico dell'ordinamento giuridico nazionale in questione risulti che non esiste alcun rimedio giurisdizionale che permetta, anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell'Unione, o che l'unico modo per poter adire un giudice da parte di un singolo sia quello di commettere violazioni del diritto (v., in particolare, sentenze del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Foigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C-924/19 PPU e C-925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 143, e del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C-497/20, EU:C:2021:1037, punto 62).

2.3.6. Non assume rilievo nemmeno il principio di affidamento, inteso quale corollario del principio di certezza del diritto e con rango di principio generale del diritto dell’Unione (C-205/82 a C-215/82, Deutsche Milchkontor GmbH e altri c. Repubblica federale di Germania), in quanto tale idoneo a vincolare l’attività normativa, amministrativa e giurisdizionale degli Stati membri (C-74/74, CNTA c. Commissione; C-112/77, Töpfer/Commissione).

Nel caso di specie, l’istituto del legittimo affidamento, che può e deve, come insegnato dalla CGUE e dalla giurisprudenza amministrativa nazionale, fungere certamente da parametro di validità dell’azione amministrativa, rispetto alle censure dedotte da parte ricorrente non pare poter trovare applicazione utile.

Premesso, infatti, che la produzione di effetti caducanti non è e non può essere oggetto di una determinazione autonoma della P.a., ma è un dato oggettivo, che può sussistere o meno a seconda che si verifichino i presupposti previsti dall’ordinamento, laddove vi siano lotti del tutto autonomi, nel senso sopra inteso, l’effetto caducante non può in alcun modo prodursi e non è nemmeno ravvisabile un legittimo affidamento al riguardo, né quest’ultimo potrebbe comunque ritenersi sussistere ai fini dell’annullamento in autotutela degli atti di gara.

2.3.7. La soluzione contraria “integralista”, del resto, oltreché non corretta sul piano del diritto sostanziale - perché oblitera la distinzione, non vietata dall’ordinamento interno ed europeo, tra appalto unico diviso in lotti e pluralità di appalti autonomi accentrati in una sola gara divisa in lotti e composta da atti o fasi “comuni” - è anche evidentemente problematica sul piano processuale.

Da un lato, infatti, ammettere in via generale un’efficacia “esterna” e “orizzontale” - estesa, cioè, ad atti diversi da quelli specificamente oggetto della tutela giurisdizionale richiesta da un ricorrente nello specifico giudizio instaurato - dell’annullamento di atti e provvedimenti amministrativi ancorché “presupposti”, pone delle serie criticità rispetto al principio della domanda, della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e dell’interesse ad impugnare, di cui al combinato disposto degli artt. 39 c.p.a., 99, 100 e 112 c.p.c.,: infatti, la pronuncia giudiziale di annullamento in questo modo finisce per produrre, in via diretta e non meramente indiretta, effetti (la caducazione degli atti di altro lotto) rispetto ai quali potrebbe non sussistere l’interesse e la legittimazione del ricorrente, ampliando in modo implicito, ma inevitabile, l’oggetto del dictum e del decisum giudiziale.

Dall’altro lato, e di conseguenza, questa impostazione comporterebbe la necessità sempre e comunque, quando viene impugnata una clausola di un bando posto “al vertice” di una gara divisa in lotti, lamentando l’invalidità derivata di tutti gli atti a seguire, di garantire il contraddittorio anche nei confronti degli aggiudicatari di tutti i lotti, compresi quelli rispetto ai quali il ricorrente non ha alcun interesse all’aggiudicazione, costituendo così un rapporto processuale necessario a fronte di situazioni giuridiche attive (il ricorrente) e passive (l’aggiudicatario del lotto diverso da quello oggetto delle pretese del ricorrente) tra loro non in contrasto.

È evidente, quindi, che l’unicità della gara, tale da giustificare gli effetti dedotti da parte ricorrente e da essere sostanzialmente compatibile con i principi processuali sopra esposti - fermo il rispetto del principio del contraddittorio - può riscontrarsi solo laddove vi siano gli elementi concreti - in ragione, tra le altre cose, della natura dell’appalto e del contratto stipulando, del numero della Amministrazioni aggiudicatrici beneficiarie della procedura ad evidenza pubblica e del rapporto e collegamento strutturale e funzionale sussistente tra gli oggetti dei diversi lotti, sempre alla luce della regolamentazione contrattuale “finale” – per ritenere che la procedura, pur divisa in lotti, afferisca ad un unico appalto, sì che tutti gli atti della procedura, quando in particolare viene ad essere annullato il bando, simul stabunt simul cadent.

2.3.8. Nel caso di specie, sussistono i presupposti per poter affermare la suddetta unicità dell’appalto.

Occorre, al riguardo, partire dalla delibera D.G. n. 282 del 12 giugno 2019, recante la deliberazione a contrarre della procedura aperta telematica per la Gestione Energetica e Tecnologica Integrata

degli impianti delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto (GETIS), per la quale è causa.

Nella delibera in questione viene precisato che l’appalto è finalizzato alla stipula di una Convenzione quadro (contratto normativo), ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. cccc) e dell’art. 58, comma 8 del Codice, a cui le Aziende Sanitarie del Veneto potranno aderire tramite successivi Ordinativi di Fornitura (contratti attuativi).

La delibera prevede, poi, che nel corso del periodo di validità della Convenzione le Aziende Sanitarie, potranno aderirvi stipulando i contratti specifici (Ordinativi di Fornitura), che avranno una durata massima di 9 anni.

La delibera precisa che ‹‹la scelta di pervenire ad una Convenzione quadro è stata determinata principalmente dalla impossibilità di determinare l’esatta misura/quantità oggetto dell’appalto e dalla necessità di semplificare il processo di acquisto e di ridurne i tempi di espletamento, rinviando ad una fase successiva alla stipula della Convenzione, comunque prodromica alla stipula degli Ordinativi di Fornitura, attività specifiche quali ad esempio la misurazione dello stato di consistenza del patrimonio immobiliare e l’effettuazione dei sopralluoghi››.

Quindi, la delibera stabilisce che la fornitura è stata suddivisa in cinque lotti, aggiudicabili separatamente, individuati sulla base di un criterio logico-territoriale, ossia dettato dalla collocazione tanto geografica quanto dimensionale delle Aziende e dei presidi ospedalieri ricompresi al loro interno.

A tale ultimo proposito, nel disciplinare di gara si precisa che ‹‹nell’ottica di ottimizzare le risorse ed omogeneizzare i costi della logistica, è stata prevista la suddivisione dell’appalto in tali cinque lotti, sulla base di un criterio logico-territoriale, ossia dettato dalla collocazione tanto geografica quanto dimensionale delle Aziende e dei presidi ospedalieri ricompresi al loro interno. In particolare, l’individuazione dei confini dei lotti è stata guidata da specifici indicatori quali la correlazione geografica, il volume/superficie del patrimonio immobiliare da gestire e la valorizzazione economica dei contratti da attivare in adesione alla Convenzione, tenuto conto delle disomogenee date di scadenza dei contratti in essere presso le singole Aziende Sanitarie, nonché dei numerosi presidi ospedalieri gestiti con contratti di Project Financing, esclusi dalla Convenzione. Questa suddivisione corrisponde a consolidate scelte di pianificazione strategica adottate dalla Regione del Veneto sin dal 2004. Infatti già con DGR n. 3456 del 5 novembre 2004 - avente ad oggetto Linee di indirizzo per la costituzione dell’area vasta – venivano individuati ambiti di collaborazione tra Aziende ULSS limitrofe, con l’obiettivo di ridurre il consumo di risorse e di ottimizzarne l’utilizzo attraverso la condivisione di processi gestionali anche in ambito tecnico-amministrativo. Successivamente, nello specifico settore della gestione del servizio energia, si è confermato che l’ambito territoriale ritenuto ottimale era quello provinciale, stabilendo pur tuttavia l’accorpamento funzionale delle province di Belluno e Rovigo, in ragione della minore popolazione, a quelle – rispettivamente – di Treviso e di Venezia (gara calore 2008). Inoltre, al fine di accertare il rispetto nel presente appalto del principio generale della concorrenza e di verificare che fosse garantita la massima partecipazione, è stata effettuata un’analisi del mercato di riferimento, valutando in particolare le dimensioni delle potenziali ditte concorrenti, presenti alle due consultazioni di mercato effettuate da Azienda Zero nel corso dell’anno 2018, ai sensi dell’art. 66 del Codice. Tale analisi ha dimostrato che il dimensionamento dei lotti prescelto, di importo variabile dai 219 ai 362 milioni di euro per tutta la durata contrattuale, è ragionevole e proporzionato rispetto ad un mercato dove almeno dieci potenziali concorrenti hanno una dimensione, in termini di fatturato e di dipendenti, che li colloca nella fascia delle Aziende di grandi dimensioni, con fatturati superiori a 50 milioni di euro annui e con un numero di dipendenti superiore ai 250. Tali concorrenti vantano in particolare fatturati variabili da 67 milioni a quasi 700 milioni di euro/anno››.

Nell’individuare i riferimenti normativi applicabili alla fattispecie, la P.a. nella suddetta delibera ha richiamato la fattispecie di cui all’art. 3, comma 1, lett. cccc, d.lgs. n. 50 del 2016, recante, tra gli strumenti di acquisto, le cc.dd. ‹‹convenzioni quadro di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stipulate, ai sensi della normativa vigente, da CONSIP S.p.A. e dai soggetti aggregatori››.

Si tratta delle convenzioni, ai sensi dell’art. 26 richiamato, con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi.

Non interessa, in questa sede, se si tratti effettivamente di una convenzione quadro o sia, piuttosto, qualificabile in termini di accordo quadro (irrilevante essendo, altresì, ai fini che qui interessano, la qualificazione in termini di accordo quadro completo o incompleto ex art. 54, d.lgs. n. 50 del 2016, della convenzione in esame).

Infatti, pur ammettendosi la sussistenza di differenze, sul piano della disciplina e della struttura, rispetto all’istituto del c.d. accordo quadro (di cui agli artt. 3, comma 1, lett.iii, e 54, d.lgs. n.50/2016, e all’art. 33 della Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 sui settori ordinari e all’art. 51 della Direttiva 2014/25/UE del 26 febbraio 2014), la convenzione quadro ex art. 26, l. n. 488 del 1999, è finalizzata anch’essa a stabilire le caratteristiche vincolanti dell'oggetto dei successivi contratti applicativi.

In entrambi i casi si tratta di un contratto normativo o programmatico, che disciplina le condizioni generali dei futuri contratti, e che necessita di essere attuato mediante ulteriori e distinti accordi negoziali, che mano a mano saranno conclusi tra le singole Aziende sanitarie contraenti ed il fornitore - aggiudicatario a mezzo di Ordinativi (Cons. Stato, sez. III, 23 novembre 2011, n. 6181).

La convenzione quadro – così come l’accordo quadro, sotto questo profilo – è, quindi, caratterizzata per una peculiare unitarietà sostanziale e funzionale, perché gli accordi specifici tra le singole amministrazioni interessate e l’operatore o gli operatori economici interessati rappresentano, rispetto ad essa e alla procedura di gara, un posterius che non incide sull’oggetto specifico di quest’ultima, finalizzata alla stipula della convenzione medesima.

Nel caso di specie, quindi, tenuto conto della natura in sé unitaria della convenzione quadro e, con sguardo al caso concreto, della chiara indicazione, nella richiamata delibera di indizione della gara, della sostanziale unicità della Convenzione “stipulanda” (come anche emerge dal testo dello schema di Convenzione allegato tra gli atti della procedura), in ragione della già sottolineata “impossibilità di determinare l’esatta misura/quantità oggetto dell’appalto”, deve concludersi che la suddivisione in lotti non si correli in modo specifico ad una pluralità di appalti autonomi e indipendenti sul piano negoziale, strutturale e funzionale, ma sia solo strumentale, come dato conto nel disciplinare di gara, a garantire una più efficace concorrenzialità della procedura.

Del resto, occorre sottolineare come i lotti non siano strutturati in modo da prevedere ciascuno un rapporto negoziale specifico con una singola amministrazioni, ogni lotto associando più Amministrazioni di riferimento: tale dato, di per sé non dirimente in modo assoluto, se però lo si valuta alla luce dello specifico oggetto della gara in esame (una Convenzione quadro identica per tutti) concorre inevitabilmente a far propendere per una valutazione in termini di unicità dell’appalto.

Né si potrebbe utilmente accedere alla tesi che oggetto della procedura siano tante Convenzioni quadro quanti sono i lotti, perché a fronte di un dato testuale chiaro circa la funzione e struttura sostanzialmente unitaria della Convenzione quadro, l’argomento in questione appare privo di elementi idonei a sorreggerlo.

Anche “guardando” ai contratti “a valle”, stipulati mediante gli ordinativi, non può non valorizzarsi, da un lato, il fondamentale collegamento negoziale degli stessi con la Convenzione quadro quale atto normativo unico per ciascuno di essi e dall’altro lato, il fatto che l’oggetto diretto ed immediato della gara è solo quest’ultima Convenzione.

Accertata l’unità strutturale e funzionale della procedura nei termini sopra esposti, deve essere sottolineato come le sentenze nn. 2795 e 2799/23 abbiano annullato il bando di gara per una ragione sostanziale e direttamente afferente il contenuto anche contrattuale dell’appalto in oggetto: la mancanza dei criteri ambientali minimi di cui al d.m. 7 marzo 2012.

L’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, infatti, prevede che ‹‹le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all’acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto nell’articolo 144››.

Come rilevato dal Consiglio di Stato, non vi è dubbio che ‹‹i criteri ambientali minimi debbano ab origine essere contenuti nei bandi di gara, data la natura cogente delle disposizioni che ne impongono l’introduzione››; ‹‹le disposizioni in materia di C.A.M., “lungi dal risolversi in mere norme programmatiche, costituiscono in realtà obblighi immediatamente cogenti per le stazioni appaltanti, come si desume plasticamente dal terzo comma dell’art. 34, il quale sancisce che “L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell'ambito del citato Piano d’azione”” e che “la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, “circolari” e nel diffondere l’occupazione “verde”” (Consiglio di Stato, Sezione V, 5 agosto 2022, n. 6934)››.

Il rispetto dei CAM, in tal senso, assume rilievo proprio in relazione alla stipula e all’esecuzione dei contratti pubblici, imponendosi quale elemento conformativo del contenuto degli stessi.

Non solo, ma il Consiglio di Stato ha anche censurato il fatto - al quale si correla un vizio radicale della procedura – per cui Azienda Zero ha scelto di indire una procedura finalizzata alla stipula di una convenzione quadro con un solo operatore economico, pur in presenza di condizioni di gara non complete per la mancata allegazione dei CAM, nonostante l’affidamento avesse a oggetto prestazioni rientranti nel d.m. 7 marzo 2012.

Tenuto conto di quanto precede, il fatto che sussistano gli indici “formali” per la qualificazione di ogni lotto come gara autonoma (assegnazione di un distinto CIG per ciascun lotto; necessità per gli operatori economici di presentare l’offerta tecnica ed economica per ciascun lotto a cui si intende partecipare; diversità del servizio da svolgere concretamente nell’ambito di ciascun lotto), così come valorizzati in alcune decisioni del Consiglio di Stato (ex multis Cons. Stato, sez. III, 31 dicembre 2021, n. 8749), non assume rilievo decisivo, perché, non scalfisce il nucleo inevitabilmente unitario correlato al contratto normativo unico cui è destinata l’intera procedura di gara.

Non vale, infine, ad escludere l’unitarietà sopra evidenziata il fatto che gli impianti di ciascuna Amministrazione interessata sarebbero differenti con conseguente differenza delle offerte tecniche per ciascun lotto.

Infatti, sebbene certamente la procedura nel suo complesso riguardi lo svolgimento di un servizio integrato per la conduzione e gestione degli impianti tecnologici, elettrici e speciali di ciascuna delle Aziende sanitarie aderenti, compresa la produzione e la fornitura del calore, la fornitura di

energia elettrica, la fornitura di acqua, la realizzazione di interventi di manutenzione sugli impianti

e sulle apparecchiature, l’aspetto che assume valore dirimente, nei termini sopra esposti, è il fatto che la procedura era finalizzata alla individuazione degli operatori economici per la stipula non di singoli contratti per ciascuna della Amministrazioni aderenti, ma la stipula di un unico contratto normativo rispetto al quale i successivi contratti stipulandi dalle singole Amministrazioni interessate con gli aggiudicatari, pur nella loro autonomia, si caratterizzano per un unitario e necessario collegamento negoziale con il suddetto contratto normativo, che incide parimenti in modo unitario sul regolamento negoziale afferente a ciascun rapporto contrattuale “attuativo”.

2.3.9. Ritenuta l’unità sostanziale della procedura di gara in esame, è evidente come il bando di gara non sia meramente un “tronco comune” dei cinque lotti, ma l’atto generale unico posto a fondamento degli stessi.

Ne consegue che intervenuto l’annullamento dello stesso – si ripete, peraltro, per un vizio sostanziale e radicale come la mancanza dei CAM -, non può non derivare, alla luce della giurisprudenza del Consiglio di Stato più sopra ricordata, un effetto automaticamente caducante con riguardo a tutti gli atti di tutti i lotti in gara, i quali, sotto il profilo in questione, simul stabunt simul cadent, perché tutti dipendenti quale atto presupposto essenziale dal bando “unico” nel senso precisato.

In senso contrario non può essere valorizzato l’eventuale vulnus del diritto di difesa eventualmente patito, nel caso concreto, da Gemmo spa e Siram spa (aggiudicatarie dei lotti in contestazione nn. 1 e 2) per non essere state chiamate nei giudizi di cui alle sentenze nn. 2795 e 2799/23.

Infatti, per un verso, trattandosi di un vizio eventualmente concernente queste due decisioni le società controinteressate potrebbero e dovrebbero al più esperire gli strumenti a ciò preposti dall’ordinamento processuale (opposizione di terzo); per altro verso, dalla lettura di entrambe le predette decisioni e dall’esame delle decisioni di primo grado dell’intestato TAR - poi dalle prime riformate - risulta come in concreto sia Gemmo spa, che Siram spa, abbiano partecipato ad entrambi i giudizi.

2.4. Pertanto, deve essere dichiarata l’intervenuta inefficacia di tutti gli atti relativi alla procedura di gara relativamente ai lotti nn. 1 e 2.

In ordine alla delibera n. 613 del 4 ottobre 2023, la stessa, recando, sostanzialmente, un diniego di autotutela, così come richiesto da Guerrato, deve ritenersi illegittima e va annullata, essendo la motivazione errata in punto sia di fatto che di diritto alla luce delle considerazioni sopra esposte.

3. In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei limiti e per le ragioni che precedono e, per l’effetto, deve essere dichiarata l’intervenuta inefficacia di tutti gli atti relativi alla procedura di gara relativamente ai lotti nn. 1 e 2 e deve essere annullata la delibera n. 613 del 4 ottobre 2023.

Le spese di lite devono essere integralmente compensate attesa la particolarità della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e per le ragioni indicate in parte motiva e, per l’effetto:

1. dichiara l’intervenuta inefficacia di tutti gli atti relativi alla procedura di gara relativamente ai lotti nn. 1 e 2;

2. annulla la delibera di Azienda Zero n. 613 del 4 ottobre 2023;

3. compensa integralmente le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Alessandra Farina, Presidente

Paolo Nasini, Primo Referendario, Estensore

Massimo Zampicinini, Referendario

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento affronta il tema della natura giuridica della procedura ad evidenza pubblica suddivisa in lotti, che assume particolare rilievo in caso di annullamento del bando di gara. Il quesito interpretativo, in particolare, concerne l’estensione dell’effetto caducante derivante dal predetto annullamento.

Nella fattispecie concreta, infatti, il Consiglio di Stato aveva annullato il bando pubblicato per la stipula di una Convenzione quadro per l’affidamento del servizio di Gestione energetica e Tecnologica Integrata degli Impianti delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto, accogliendo il ricorso proposto con riferimento ai lotti 3, 4 e 5. La Stazione Appaltante, però, riteneva che l’effetto invalidante non potesse riguardare anche lotti distinti, giacché essi dovevano ritenersi appalti diversi e autonomi.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto nel dirimere la controversia ha osservato che la soluzione della questione ermeneutica in commento impone di evitare un atteggiamento integralista. Mutuando una locuzione ampiamente utilizzata in tema di società pubbliche, è possibile sostenere che sia necessario assumere un approccio a “geometrie variabili”, atteso che la risposta al dubbio interpretativo in oggetto postula una scrupolosa analisi delle caratteristiche della procedura e delle sue finalità.

Occorre, infatti, non solo soffermarsi sull’atto di indizione della gara e sull’iter procedurale che ne consegue, ma anche sullo scopo perseguito dall’Amministrazione; in specie, va appurato se essa intenda stipulare uno o più contratti, con uno o più contraenti, e in caso affermativo, se essi siano così strettamente collegati sul piano causale e funzionale da dar luogo a un unico contratto.

Il diritto interno, infatti assume un approccio neutro, rimettendo alla discrezionalità della p.a. la scelta di affidare, mediante una procedura suddivisa in lotti, un unico appalto o più appalti. Medesima logica innerva anche il diritto unionale. L’art. 46 della direttiva 2014/24/UE statuisce, analogamente quanto stabilito dall’art. 65 dir. 2014/25/UE per i settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, che le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di aggiudicare un appalto sotto forma di lotti separati e possono determinare le dimensioni e l’oggetto degli stessi.

Neanche a livello sovranazionale, pertanto, è possibile ravvisare un principio di necessaria e ordinaria unicità della gara divisa in lotti, spettando, dunque, al giudice verificare case by case se essa sottenda un unico affidamento o una pluralità di affidamenti.

La natura giuridica della singola gara si riverbera, naturalmente, sulle conseguenze dell’annullamento del bando.

Se essa, come nella fattispecie vagliata dal TAR Veneto, implica un’unica procedura, giacché i singoli lotti, sulla scorta della presenza di una serie di indici oggettivi e soggettivi, sono intrinsecamente correlati tra loro sul piano strutturale, funzionale e, in prospettiva del contratto pubblico da stipulare, negoziale, l’invalidità del bando avrà un effetto caducante automatico su tutti i lotti.

A diverse conclusioni si deve pervenire, invece, se la suddivisione sottende tante gare autonome; in tale ipotesi, infatti, il bando, pur tradottosi in un solo documento, non è unico, ma, di fatto, sussistono tanti bandi quanti sono i lotti da affidare. L’annullamento, quindi, non determinerà la caducazione automatica dei provvedimenti adottati nell’ambito di lotti diversi rispetto a quello (o a quelli) oggetto del giudizio conclusosi con la pronuncia costitutiva ex art. 34, comma I, lett. a) C.p.a. e, di conseguenza, il soggetto interessato dovrà promuovere una distinta azione al fine di ottenere l’annullamento di atti provvedimentali emanati nelle – distinte- procedure riguardanti gli altri lotti.