Consiglio di Stato, sez. V, 31 gennaio 2023, n.1065

Questa Sezione ha sottolineato che la procedura di project financing (prima disciplinata dagli artt. 37-bis e ss. della l. 109/1994 e successivamente dagli artt. 153 e ss. del d.lgs. 163/2006), individua due serie procedimentali strutturalmente autonome, ma biunivocamente interdipendenti sotto il profilo funzionale, la prima di selezione del progetto di pubblico interesse, la seconda di gara di evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità, quest'ultima a sua volta distinta nelle subfasi di individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa e di eventuale esercizio da parte del promotore del diritto di prelazione (Cons. Stato, V, 19 giugno 2019, n. 4186).

In tale ambito, la giurisprudenza ha ripetutamente riconosciuto: che la fase preliminare di individuazione del promotore, ancorché procedimentalizzata, è connotata da amplissima  discrezionalità amministrativa, tale da non potere essere resa coercibile nel giudizio amministrativo di legittimità (Cons. Stato, III, 20 marzo 2014, n. 1365; III, 30 luglio 2013, n. 4026; 24 maggio 2013, n. 2838; V, 6 maggio 2013, n. 2418), essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l'accoglimento della proposta formulata dall'aspirante promotore (Cons. Stato, V, 31 agosto 2015, n. 4035); che lo scopo finale dell'intera procedura, interdipendente dalla fase prodromica di individuazione del promotore, è l'aggiudicazione della concessione in base al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (Cons. Stato, V, 14 aprile 2015, n. 1872; VI, 5 marzo 2013, n. 1315)”.

Condivisibile, pertanto, si rivela sul punto l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui, in particolare: “In ragione dell’ampia discrezionalità di cui gode in fase di valutazione delle proposte di progetto, l’amministrazione non è tenuta a fornire una risposta su quale sia tecnicamente la migliore tra la pluralità delle offerte, bensì quale di questa sia più rispondente all’interesse pubblico che giustifichi l’inserimento di un determinato progetto nelle proprie attività di programmazione”.

Ebbene, come già largamente anticipato l’ampia discrezionalità di cui gode la PA in questa particolare fase comporta che la valutazione circa la maggiore rispondenza all’interesse pubblico di una proposta progettuale rispetto ad un’altra, ossia la comparazione tra due proposte progettuali alternative, debba essere condotta in termini necessariamente globali e sintetici, senza per questo consentire l’ingresso alla ricerca di specifiche e singole inesattezze.

La preferenza di un progetto rispetto ad un altro va allora accordata valutando il medesimo nel suo complesso senza necessariamente soffermarsi, in modo parcellizzato, sui suoi singoli aspetti.

Il project financing (finanza di progetto) è l’istituto che rappresenta nel miglior modo l’incontro tra soggetto pubblico e parte privata nella realizzazione delle opere, soprattutto pubbliche e rilevanti dal punto di vista strategico.

Il dialogo tra le parti che si instaura in tale contesto, in un’ottica di piena collaborazione tra gli interessati, tende a portare al soddisfacimento delle aspettative di entrambi, l’ottenimento del bene della vita per l’operatore economico, da un lato, il rispetto del fine pubblico per l’amministrazione, dall’altro.

Già il vigente codice dei contratti pubblici D.lgs. 18/04/2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), all’articolo 183 (Finanza di progetto), disciplina dettagliatamente la figura in argomento. 

Anche il nuovo schema di codice, attualmente in fase parlamentare (A.G. 19) disciplina la suindicata finanza di progetto in modo particolarmente dettagliato, alla luce del favore verso questo istituto da parte delle Istituzioni europee, palesato nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Quanto sopra rappresentato assume rilievo anche in considerazione della recente approvazione, ad opera del  Governo, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13 recante “Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l'attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune” (A.S.564).

Come sopra rammentato lo schema di codice dei contratti pubblici interviene, innovando, il project financing. in un’ottica di semplificazione dei processi e di aumento delle forme di partenariato pubblico-privato (PPP).

Infatti lo schema in argomento cerca di fare in modo che tale innovativo istituto, visto talvolta con cautela da parte degli operatori per la sua reale effettiva operatività, possa diventare più attrattivo per amministrazioni e soggetti privati.

Nello specifico il testo tende a chiarire la delicata fase della ripartizione dei rischi, cercando di qualificare ancor di più gli enti che attribuiscono la concessione.

In tale momento quest’ultimi possono avvalersi di pareri, di natura consultiva. In particolare il Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, può fornire la propria qualificata opinione nell’ottica di una semplificazione di tutte le fasi procedimentali e, in primis, della successiva esecuzione del progetto.

 

 

La pronuncia in argomento introduce un indirizzo interpretativo altamente innovativo, in quanto flessibile e non rigido, sulle norme che disciplinano il settore degli appalti; tale atteggiamento del Consiglio di Stato può essere visto come un anticipato apprezzamento dei principi che regnano nel suddetto schema dei contratti, in particolar modo di quello relativo alla fiducia, previsto dall’articolo 2.

Nello specifico il Collegio, soffermando l’attenzione sul sopra indicato d.lgs.50/2016, rileva che le disposizioni in esso contenute non devono essere applicate in modo rigoroso dall’amministrazione competente. Al contrario quest’ultima, proprio in base all’ampia discrezionalità che la stessa p.a. gode in tale contesto, deve agire nel rispetto dei noti principi del buon andamento e dell’imparzialità della medesima azione amministrativa.

In particolare il supremo Consesso di giustizia amministrativa, nel ricordare che la procedura di project financing consiste in due stati procedimentali autonomi (il primo concernente la selezione del progetto rilevante dal punto di vista pubblico, il secondo relativo all’assegnazione del medesimo progetto alla migliore aggiudicataria) ma, nello stesso tempo, funzionalmente interdipendenti. Peraltro la Sezione rammenta come la pubblica amministrazione possa ricorrere, nel momento in cui viene individuato il promotore, all’esercizio di ampi poteri discrezionali.

È in questo momento che i magistrati indicano il fulcro centrale di tutta la procedura: in sostanza l’operatore economico non deve essere il portatore della soluzione tecnicamente e ed economicamente migliore, ma lo stesso deve poter realizzare un progetto che, nell’ambito della programmazione delle opere infrastrutturali, possa soddisfare appieno l’interesse pubblico primario.

In particolare la Sezione afferma che la scelta compiuta dalla stazione appaltante, relativamente alle due alternative soluzioni, risiede nel fatto che l’amministrazione, nell’individuare la decisiva proposta, deve compiere una valutazione in modo complessivo e generale.

In sostanza la stessa p.a. non deve addentrarsi in un farraginoso meccanismo, teso a rilevare determinate inesattezze, che possono rallentare l’azione amministrativa; infatti tali allungamenti e rinvii sono potenzialmente in grado di aggravare l’iter procedimentale.

In conclusione solo una valutazione complessiva della proposta, e non un esame frammentato dei singoli aspetti di quanto offerto dall’operatore economico, può far sì che sia effettuata dalla stazione appaltante la scelta più vicina, come ricordato, al perseguimento del primario interesse pubblico. 

Tutto questo anche a scapito di una offerta che, come detto, può presentarsi come tecnicamente od economicamente migliore, ma ben lontana dal raggiungimento di quell’interesse pubblico che, soprattutto alla luce dei criteri rappresentati nel succitato PNRR, risulta di primaria importanza.   

 

 

LEGGI LA SENTENZA

 

 Pubblicato il 31/01/2023

N. 01065/2023REG.PROV.COLL.

N. 04771/2022 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4771 del 2022, proposto da
Publiparking S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carmine Cesarano, Filippo Pacciani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo di essi in Roma, via di San Nicola Da Tolentino n. 67;

contro

Comune di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Nardone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

K City S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Daniele Marrama, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 03179/2022, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Caserta e K City S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2022 il Cons. Massimo Santini e uditi per le parti gli avvocati Cesarano, Coleine su delega di Nardone, Marrama;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. Si controverte su un affidamento in concessione mediante project financing del sistema integrato della mobilità del Comune di Caserta. In sostanza: concessione del servizio parcheggi a pagamento, (supporto alla) gestione delle sanzioni relative al codice della strada nonché manutenzione del fondo stradale.

La società appellante lamenta che il Comune di Caserta avrebbe erroneamente ritenuto preferibile, sul piano del maggior interesse pubblico, la proposta progettuale di K-CITY quale promotore. Oltre alla approvazione del progetto di K-CITY (la precedente delibera n. 91 del 27 maggio 2021, impugnata con ricorso introduttivo, è stata poi superata dalla successiva delibera di approvazione n. 133 del 28 giugno 2021, a sua volta impugnata con primi motivi aggiunti: di qui la incontestata declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo) vengono altresì impugnate (rispettivamente con secondi e terzi motivi aggiunti) le due gare (la prima andata deserta) successivamente bandite sulla base del progetto prescelto.

2. Più in particolare il TAR Campania ha ritenuto in estrema sintesi che:

2.1. La scelta del promotore, all’interno del c.d. project financing, è segnata da amplissima discrezionalità e non comporta la pedissequa applicazione delle regole sull’evidenza pubblica. In questa stessa direzione, le censure formulate dalla ricorrente non evidenziano profili di macroscopica irragionevolezza o di palese erroneità in capo alla scelta della PA;

2.2. Un più articolato contraddittorio procedimentale, anche rispetto al progetto di Publiparking, non era possibile in quanto quest’ultima aveva formulato la propria relativa proposta alquanto più tardi rispetto a K-CITY e comunque e breve distanza dalla scadenza della concessione in essere;

2.3. In seguito alle modifiche progettuali richiese dall’amministrazione, il promotore ha l’obbligo di recepire tali modifiche ma non anche quello di elaborare un nuovo piano economico finanziario (PEF). Nuovo piano che, nella prospettiva di parte ricorrente, sarebbe stato vieppiù necessario in quanto era stato modificato, proprio su richiesta dell’amministrazione, l’aggio applicato sulle sanzioni al codice della strada (dal 60% al 55%);

2.4. Quanto alla successiva fase di gara, alcun obbligo di iscrizione all’albo separato dei soggetti abilitati a simili attività (supporto alla gestione dei tributi comunali) poteva al momento sussistere in quanto il propedeutico decreto ministeriale, previsto espressamente dall’art. 1, comma 805, della legge n. 160 del 2019, non era ancora stato adottato al momento della indizione della gara stessa (né tanto meno al momento della delibera recante la approvazione del progetto di K-CITY);

2.5. Ancora in relazione alla gara, lo specifico requisito tecnico di avere gestito, nell’ultimo triennio, almeno una città con 73 mila abitanti è ascrivibile all’ampia discrezionalità di cui la SA gode nella formulazione dei criteri e dei requisiti di gara;

2.6. Non sussistono ostacoli alla decisione della SA di bandire una seconda gara su identico progetto della prima allorché quest’ultima sia andata deserta.

3. La sentenza di primo grado formava oggetto di appello per i motivi di seguito sintetizzati:

3.1. Error in iudicando nella parte in cui non sarebbe stato considerato che la mancata iscrizione di K-CITY all’albo di cui all’art. 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 avrebbe impedito a K-CITY di assumere la qualifica di promotore, prima ancora che di partecipante alla successiva gara. Ciò anche in considerazione della risoluzione MEF del 13 aprile 2021 con cui si era previsto che, nelle more del decreto attuativo di cui alla legge n. 160 del 2019, allo scopo di partecipare a talune gare ci si poteva provvisoriamente iscrivere all’unica sezione operante in seno all’albo stesso (quella ossia prevista per la “gestione” in senso stretto dei tributi locali);

3.2. Error in iudicando nella parte in cui non sarebbe stato considerato che, a seguito della richiesta di modifiche al progetto avanzate dal Comune, l’aspirante promotore K-City avrebbe dovuto rimodulare anche il PEF (piano economico finanziario) e ciò dal momento che, tra le modifiche richieste, vi era anche quella relativa alla riduzione dell’aggio dovuto sulle sanzioni al codice della strada dal 60% al 55%;

3.3. Error in iudicando nella parte in cui non sarebbe stato considerato che K-City avrebbe un capitale sociale inferiore a quello prescritto per legge;

3.4. Error in iudicando nella parte in cui non sarebbe stato considerato che la garanzia fideiussoria prodotta in sede di gara da K-City sarebbe stata rilasciata da soggetto a tal fine non abilitato;

3.5. Error in iudicando nella parte in cui non sarebbe stato considerato che la “matrice dei rischi” non sarebbe mai stata prodotta in sede di gara;

3.6. Error in iudicando nella parte in cui K-City non avrebbe fornito una sufficiente “specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione”, e ciò in aperto dispregio a quanto espressamente previsto dall’art. 183, comma 15, secondo periodo, del decreto legislativo n. 50 del 2016;

3.7. Error in iudicando nella parte in cui non è stato rilevato che K-CITY avrebbe ingiustamente goduto, con conseguente disparità di trattamento, di un tempo maggiore onde interloquire più a lungo con la PA e dunque per apportare migliorie alla propria piattaforma progettuale;

3.8. Error in iudicando nella parte in cui non è stata rilevato il difetto di istruttoria nonché la disparità di trattamento anche sotto il profilo della erronea valutazione comparativa tra le due proposte progettuali di K-CITY e della appellante Publiparking, la quale avrebbe formulato una proposta del tutto analoga e sovrapponibile a quello che è poi stato scelto come promotore dell’iniziativa (K-CITY);

3.9. Error in iudicando nella parte in cui non è stato considerato che, una volta andata deserta la prima gara, non poteva essere indetta una seconda gara sulla base dello stesso progetto.

4. Si costituivano in giudizio il Comune di Caserta e K-CITY per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione.

5. Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2022, le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni e la causa veniva infine trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. Tutto ciò premesso, la sentenza del TAR Campania si rivela pienamente condivisibile sulla base delle seguenti considerazioni:

6.1. Quanto al primo motivo di appello, con cui si denunzia la mancata osservanza da parte di K-CITY circa l’obbligo di iscrizione separata in apposito albo dei soggetti deputati al “supporto alla gestione” e riscossione di entrate extra tributarie (questione ammissibile in quanto già sostanzialmente proposta con atto di primi motivi aggiunti, cfr. pag. 17, formulato avverso la delibera n. 133 del 28 giugno 2021), osserva preliminarmente il collegio come tale obbligo scattava al momento in cui sarebbe stato effettivamente adottato il decreto MEF di intesa con la Conferenza Unificata, secondo quanto prescritto dall’art. 1, comma 805, della legge n. 160 del 2019.

Sul punto, la difesa di parte appellante insiste nel sostenere che la risoluzione MEF del 13 aprile 2021 ha espressamente affermato che, “nelle more dell’emanazione del regolamento ministeriale in base al quale sono stabiliti i criteri di iscrizione obbligatoria nella predetta sezione” (id est: sezione separata per l’attività di “supporto alla gestione” delle entrate degli enti locali), “i soggetti interessati possano richiedere l’iscrizione provvisoria nell’albo di cui all’art. 53 del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446” (dimostrando tra l’altro il possesso degli identici requisiti prescritti per l’iscrizione alla “sezione ordinaria” ossia per l’attività di “gestione” in senso stretto) e che: “Una volta ottenuta tale iscrizione provvisoria, le società in discorso potranno partecipare alle gare bandite dagli enti locali per l’affidamento delle attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate locali”. Tale impostazione risulta essere stata suffragata anche da ANAC con delibera n. 149 del 30 marzo 2022.

Evidenzia in via preliminare il collegio che, accanto alla già esistente “sezione ordinaria” di cui all’art. 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 (relativa all’attività di gestione dell’accertamento riscossione dei tributi degli enti locali), la citata legge di stabilità per il 2020 ha introdotto anche la “sezione separata” relativa all’attività di supporto alla gestione dell’accertamento e della riscossione.

L’operatività di tale sezione separata risulta comunque condizionata – giova ripetere – dalla adozione di uno specifico decreto ministeriale. Ciò ai sensi del citato art. 1, comma 805, della legge n. 160 del 2019, a norma del quale: “Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo le procedure di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le disposizioni generali in ordine alla definizione dei criteri di iscrizione obbligatoria in sezione separata dell'albo di cui al medesimo articolo 53 per i soggetti che svolgono esclusivamente le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate”.

Orbene, è pacifico che tale decreto sino al momento degli atti impugnati non era stato ancora adottato (sarebbe infatti stato adottato solo con DM del 13 aprile 2022).

A ciò si aggiunga che, sulla natura integrativa-attuativa di tale stesso decreto, si concorda con il giudice di primo grado dal momento che esso contribuisce specificamente alla definizione dei criteri di iscrizione alla suddetta “sezione separata”. Trattasi in altre parole di disposizioni che, seppure di livello secondario, comunque rendono effettiva la applicazione delle norme primarie di cui integrano e completano, per l’appunto, contenuto e portata precettiva (di qui anche la particolare forza innovativa di simili disposizioni secondarie). Ne consegue che, in assenza di tali norme attuative, la norma primaria non potrebbe giammai essere dotata di diretta ed immediata operatività.

Di qui ancora la impossibilità che un simile onere (c.d. “iscrizione provvisoria” presso l’unica sezione ordinaria dell’albo ex art. 53 a quel preciso momento effettivamente operante) possa essere introdotto con semplice risoluzione MEF o delibera ANAC, e ciò dal momento che l’unica fonte tipizzata è quella sopra descritta (decreto ministeriale da adottare di intesa con la Conferenza Unificata). La risoluzione MEF e la delibera ANAC si rivelano, in altre parole, alla stregua di fonti inidonee allo scopo voluto dal legislatore del 2019.

Del resto: il legislatore ha stabilito che simili valutazioni (requisiti ai fini della iscrizione in sezione separata albo ex art. 53) siano riservate alla sola sfera politico-amministrativa (decreto ministro) e non soltanto a quella strettamente amministrativa (MEF o ANAC).

Inoltre, simili limitazioni alla libertà di concorrenza possono essere imposte soltanto da fonti “tipizzate” e non da fonti (risoluzione ministeriali o di autorità come ANAC) a ciò non espressamente autorizzate.

Infine, si consideri che la soluzione provvisoria concepita dalle suddette risoluzioni ministeriali (iscrizione provvisoria presso unica sezione dell’albo ex art. 53 effettivamente operante) si rivela pure adottata contra legem: ciò in quanto la norma primaria prevede una specifica “sezione separata” con requisiti giocoforza differenti, trattandosi l’una di attività di “gestione” in senso stretto (sezione ordinaria) e l’altra di attività di “supporto alla gestione” (sezione separata), laddove le risoluzione ministeriale suddetta indifferentemente riteneva applicabili, alle due tipologie di attività, gli stessi requisiti pur se al netto di quelli finanziari.

Sul punto la difesa di parte appellante deduce altresì che i requisiti finanziari sarebbero comunque stati indicati, per quanto attiene alle attività di “supporto alla gestione”, dal comma 807 dell’art. 1 della stessa Legge n. 160 del 2019 (cfr. memoria in data 29 novembre 2022). Trattasi comunque di una visione parziale della fattispecie nel suo complesso, ad avviso del collegio, atteso che il suddetto decreto ministeriale deve occuparsi di indicare non solo i requisiti finanziari ma anche quelli di natura soggettiva (assetto societario e imprenditoriale, nonché requisiti di onorabilità e professionalità) e di matrice tecnica (apparato organizzativo e informativo). Dunque, anche a voler ritenere autoapplicativi i requisiti finanziari indicati al suddetto comma 807, l’iscrizione alla sezione separata non avrebbe comunque potuto essere concretamente effettuata, né tanto meno pretesa dalle stazioni appaltanti, per la mancata indicazione dei suddetti requisiti tecnici, soggettivi ed organizzativi.

Si vedano allo stesso proposito, tra l’altro, le conclusioni di questa stessa sezione (sentenza 28 febbraio 2022, n. 1421) allorché si è affermato che: “la diversa iscrizione prevista dall’art. 1, comma 805, l. n. 160 del 2019 per le attività di supporto … presuppone l’introduzione di apposito decreto ministeriale per la disciplina della sezione dell’albo per tali attività”. Ed ancora che: “la detta iscrizione provvisoria (quella ossia ipotizzata dal MEF nella ridetta risoluzione) non è espressamente regolata dalla legge”.

Da quanto sopra detto consegue la legittimità dell’operato dell’amministrazione appellata, nel senso di non richiedere tale iscrizione in quanto non ancora possibile, e dunque il rigetto dello specifico motivo di appello.

6.2. Con il motivo sub. 3.2. si lamenta che, a seguito delle modifiche richieste dall’amministrazione circa l’iniziale proposta di K-CITY (anche con riguardo alla misura dell’aggio dovuto sulle sanzioni del CDS), si sarebbe modificato solo il progetto di fattibilità e non anche il piano economico finanziario (PEF) affinché si potesse confermare la sussistenza di un equilibrio in tal senso.

Si osserva tuttavia che la norma di cui all’art. 183, comma 15, del Codice dei contratti prevede espressamente, dopo le richieste di modifica dell’amministrazione, soltanto una rimodulazione del progetto di fattibilità e non anche del PEF.

Il fatto che il PEF non sia stato rimodulato non equivale a condizionare e ad alterare gli esiti della gara, come adombrato dalla difesa di parte appellante nella memoria in data 29 novembre 2022, atteso che ogni singolo PEF (di ogni singolo concorrente) dovrà essere giocoforza calibrato sulle opzioni e sulle caratteristiche che la rispettiva offerta presenterà sul piano tecnico ed economico.

Inoltre la società appellante non ha fornito il benché minimo principio di prova in ordine alla eventuale assenza di equilibrio economico finanziario del piano rimodulato da K-CITY a seguito delle modifiche richieste dal Comune, essendosi la stessa limitata ad affermare che: “il PEF può presentare dati distonici rispetto a quelli della concessione” (cfr. pag. 10 memoria in data 29 novembre 2022).

Da quanto complessivamente detto consegue il rigetto della specifica censura.

6.3. Con il terzo motivo di appello si lamenta che il TAR non avrebbe considerato che K-City ha un capitale sociale inferiore a quello prescritto per legge (ossia un ventesimo del valore dell’intervento). Il motivo è palesemente infondato ove soltanto si consideri che: a) il requisito del ventesimo del valore dell’investimento previsto per l’intervento è contemplato unicamente dall’art. 95 del DPR n. 207 del 2010, il quale riguarda tuttavia – come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado – il settore dei lavori pubblici (in particolare: i “Requisiti del concessionario” nell’ambito dei “Soggetti abilitati ad assumere lavori” di cui al Capo IV del Titolo III del Codice dei Contratti); b) nel caso di specie, al contrario, la procedura ha ad oggetto la prestazione di servizi e non la esecuzione di lavori; c) di conseguenza, i requisiti a tal fine contemplati dall’art. 183, comma 8, del Codice dei contratti (allorché si afferma che: “Alla procedura sono ammessi solo i soggetti in possesso dei requisiti per i concessionari”, laddove per procedura si intende ovviamente quella relativa alla “finanza di progetto” o project financing) debbono intendersi riferiti – almeno nel caso di specie – unicamente a quelli previsti dall’art. 170 dello stesso Codice (il quale è inserito nella Parte III specificamente dedicata ai “Contratti di concessione”), a norma del quale: “I requisiti tecnici e funzionali dei lavori da eseguire o dei servizi da fornire oggetto della concessione sono definiti nei documenti di gara”. Disposizione questa che non prevede in alcuna parte il requisito circa il capitale pari ad almeno un ventesimo dell’investimento (requisito questo previsto – giova ripetere – unicamente per i “concessionari di lavori” e non anche per i “concessionari di servizi”).

Il motivo, si ripete, è dunque infondato e deve essere rigettato.

6.4. Quanto alla ritenuta invalidità della garanzia fideiussoria prodotta da K-CITY, la difesa di parte appellante insiste anche in questa sede nel ritenere che l’invocata invalidità derivi dalla assenza di abilitazione in capo da parte del fideiussore. Osserva al riguardo il collegio come debba giocoforza trovare applicazione quel dato orientamento secondo cui eventuali “vizi della cauzione provvisoria non sono sanzionabili con l'esclusione dalla gara, ma emendabili mediante il ricorso al cd. soccorso istruttorio” (Cons. Stato, sez. III, 6 novembre 2019, n. 7580). E ciò a fortiori – come correttamente evidenziato dal giudice di prime cure – allorché le ragioni dell’invalidità risultino “peraltro non imputabili alla società proponente bensì all'istituto garante”.

Né potrebbe essere richiamato il procedente di questa stessa sezione, appositamente invocato dalla difesa di parte appellante (Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 2022, n. 5347), vuoi perché in quella sentenza si era in fase di gara e dunque si trattava di offerta in senso proprio (laddove nel caso di specie si tratta di “proposta”), vuoi perché in quella fattispecie ostava al soccorso istruttorio una disposizione del Disciplinare di gara a norma del quale: "Non è sanabile - e quindi è causa di esclusione - la sottoscrizione della garanzia provvisoria da parte di un soggetto non legittimato a rilasciare la garanzia o non autorizzato ad impegnare il garante".

Di qui il rigetto della specifica censura.

6.5. Con il quinto motivo si lamenta che la “matrice dei rischi” non sarebbe mai stata prodotta in sede di gara.

Si richiama espressamente, al riguardo, la sentenza di primo grado nella parte in cui si afferma in modo del tutto esaustivo che: “Riguardo alla matrice dei rischi, il relativo elaborato è stato regolarmente prodotto e protocollato col numero 26278 del 10 marzo 2021 come allegato numero 3 alla bozza di convenzione presentata unitamente alla proposta originaria. Dal documento emerge la rappresentazione in dettaglio di ogni tipologia di rischio, con relativa descrizione ed effetti, allocazione soggettiva, tutti aspetti sui quali l’amministrazione ha avuto modo di valutarne la convenienza”.

Tale affermazione trova piena conferma nell’allegato 2 della produzione documentale del Comune di Caserta, depositata in data 20 settembre 2021 agli atti del fascicolo telematico di primo grado.

Il tutto senza che sul punto la difesa di parte appellante abbia mosso più specifiche eccezioni, essendosi la stessa limitata ad affermare la assenza di un documento che, da quanto emerge dagli atti prodotti in giudizio, risulta al contrario – giova ripetere – essere stato regolarmente prodotto (ed il fatto che non fosse allegato alle delibere n. 91 e n. 133 non equivale a sostenere che il suddetto documento non fosse presente agli atti del procedimento comunque depositati).

Di qui il rigetto altresì di tale specifica censura.

6.6. Con il motivo sub 3.6. si lamenta che K-City non avrebbe fornito una sufficiente “specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione”, e ciò in aperto dispregio a quanto espressamente previsto dall’art. 183, comma 15, secondo periodo, del decreto legislativo n. 50 del 2016.

La censura si rivela alquanto generica e dunque inammissibile dal momento che, pur a fronte del potere della SA caratterizzato, come noto, da un certo livello di discrezionalità tecnica, la difesa di parte appellante si è limitata ad affermare che K-CITY avrebbe prodotto, in sede di gara: “un documento improntato ad una logica di promozione commerciale, certamente non un “capitolato prestazionale” da porre a base di gara” (pag. 18 atto di appello, con espressioni poi sostanzialmente riprese nella memoria in data 29 novembre 2022).

Dalla accennata genericità di tale affermazione consegue inevitabilmente il rigetto, altresì, della specifica censura.

6.7. Con il motivo sub 3.7. si lamenta che K-CITY avrebbe inoltre goduto, ingiustamente, di una più ampia negoziazione. Di qui la invocata disparità di trattamento.

Quanto alla brevità del lasso di tempo dedicato alla interlocuzione con Publiparking, premesso che simili valutazioni comparative non debbono pedissequamente osservare regole e criteri delle procedure di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2020, n. 1005, sui cui più avanti si avrà modo di soffermarsi), va rilevato ad ogni buon conto che:

a) il rapporto concessionario in essere del servizio era “prossimo alla scadenza” (cfr. terza premessa della delibera n. 133 del 28 giugno 2921). Fattore questo contestato, dalla difesa di parte appellante, unicamente in merito alla considerazione che, nelle more del giudizio di primo grado, il servizio ha continuato ad essere garantito in regime di proroga: di qui la ritenuta insussistenza di ogni possibile urgenza nel provvedere. Tale considerazione, osserva il collegio, non tiene sicuramente in debito conto il fatto che la “proroga tecnica” è istituto del tutto eccezionale, e ciò in ragione del diritto/dovere della PA di evitare il più possibile una simile precaria soluzione (proroga del servizio sic et simpliciter) vuoi per ragioni di legalità (i termini contrattuali vanno rispettati, soprattutto dalle pubbliche amministrazioni), vuoi per ragioni di rispetto dei principi di concorrenzialità e di gestione prudente ed accorta delle risorse finanziarie (dati i vantaggi ottenibili sul piano qualitativo e quantitativo dalla aggiudicazione di una nuova commessa);

b) il progetto alternativo di Publiparking è stato presentato alquanto più tardi (24 maggio 2021) rispetto a K-City (10 marzo 2021) e comunque 18 giorni prima della scadenza del termine perentorio relativo alla proposta K-CITY (8 giugno 2021) nonché a tre giorni dalla riunione di giunta per la valutazione del progetto K-CITY. Si rammenta a tal fine, ed in modo piuttosto dirimente nell’economia delle presenti argomentazioni, che il termine di tre mesi assegnato dall’art. 183, comma 15, sesto periodo, per la valutazione dell’amministrazione circa la fattibilità della proposta riveste espressa natura perentoria. E ciò anche a garanzia delle “esigenze di certezza dell’operatore economico autore della proposta e in funzione della stabilità della proposta stessa” (cfr. TAR Toscana, sez. I, 28 febbraio 2018, n. 328);

c) la scelta di presentare il progetto in prossimità della scadenza del contratto in essere, nonché nell’imminenza dello scadere del termine perentorio per la valutazione del progetto di K.CITY, ha inevitabilmente determinato un minor spazio di valutazione a scapito di Publiparking, la quale non può lamentare eventuali disparità di trattamento anche in forza del principio di autoresponsabilità che, in tale settore, va tenuto in particolare considerazione a cagione della elevata qualificazione professionale dei soggetti che normalmente vi operano;

d) esigenze di celerità dell’azione amministrativa hanno dunque giocoforza indotto la PA ad una valutazione in tempi stretti: in tale direzione 45 giorni di differenza, nella presentazione dei rispettivi progetti, sono stati pressoché determinanti per concedere, obiettivamente e ineludibilmente, più ampi spazi di negoziazione a K-CITY;

e) la valutazione comparativa è stata comunque effettuata, anche in modo sufficientemente circostanziato come sopra evidenziato (cfr. relazione delibera n. 133), tanto che la delibera n. 91 del 27 maggio 2021 è stata annullata dalla suddetta delibera n. 133 del 28 giugno 2021 proprio per consentire una certa comparazione tra le due proposte progettuali.

Nei termini suddetti la lamentata disparità di trattamento non sussiste atteso che le due situazioni di K-CITY e Publiparking sono notevolmente differenti: ed infatti la diversità in termini temporali delle due proposte (10 marzo per K-CITY; 24 maggio per Publiparking) ha fatto sì che vi fosse, inevitabilmente, anche una differenza in termini di approfondimento istruttorio rispettivamente dedicato alle due ridette società. Di qui la possibilità, per l’amministrazione, di modulare diversamente e ragionevolmente l’istruttoria nel suo complesso.

Da quanto sopra detto consegue il rigetto della specifica censura.

6.8. Con il motivo sub 3.8. si lamenta la mancata considerazione della disparità di trattamento, perpetrata dal Comune di Caserta, anche sotto l’ulteriore profilo della valutazione comparativa, sul piano sostanziale, tra le due proposte progettuali di K-CITY e della appellante Publiparking: quest’ultima, nella prospettiva della difesa di parte appellante, avrebbe infatti formulato una proposta del tutto analoga e sovrapponibile a quella che è poi stata scelta (K-CITY).

Osserva in via preliminare il collegio che, in tema di project financing, allorché si pongano a confronto due o più proposte progettuali (nel caso di specie: le due proposte di K-CITY e della appellante Publiparking) l’amministrazione non è tenuta a conformarsi rigidamente alle regole del codice dei contratti ma, piuttosto, a quelle del buon andamento e della imparzialità secondo criteri di ampia discrezionalità.

Si veda sul punto la decisione di questa stessa sezione n. 1005 del 10 febbraio 2020 nella parte in cui si afferma che:

“Questa Sezione ha sottolineato che la procedura di project financing (prima disciplinata dagli artt. 37-bis e ss. della l. 109/1994 e successivamente dagli artt. 153 e ss. del d.lgs. 163/2006), individua due serie procedimentali strutturalmente autonome, ma biunivocamente interdipendenti sotto il profilo funzionale, la prima di selezione del progetto di pubblico interesse, la seconda di gara di evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità, quest'ultima a sua volta distinta nelle subfasi di individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa e di eventuale esercizio da parte del promotore del diritto di prelazione (Cons. Stato, V, 19 giugno 2019, n. 4186).

In tale ambito, la giurisprudenza ha ripetutamente riconosciuto: che la fase preliminare di individuazione del promotore, ancorché procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, tale da non potere essere resa coercibile nel giudizio amministrativo di legittimità (Cons. Stato, III, 20 marzo 2014, n. 1365; III, 30 luglio 2013, n. 4026; 24 maggio 2013, n. 2838; V, 6 maggio 2013, n. 2418), essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l'accoglimento della proposta formulata dall'aspirante promotore (Cons. Stato, V, 31 agosto 2015, n. 4035); che lo scopo finale dell'intera procedura, interdipendente dalla fase prodromica di individuazione del promotore, è l'aggiudicazione della concessione in base al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (Cons. Stato, V, 14 aprile 2015, n. 1872; VI, 5 marzo 2013, n. 1315)”.

Condivisibile, pertanto, si rivela sul punto l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui, in particolare: “In ragione dell’ampia discrezionalità di cui gode in fase di valutazione delle proposte di progetto, l’amministrazione non è tenuta a fornire una risposta su quale sia tecnicamente la migliore tra la pluralità delle offerte, bensì quale di questa sia più rispondente all’interesse pubblico che giustifichi l’inserimento di un determinato progetto nelle proprie attività di programmazione”.

Ebbene, nel caso di specie non si ravvisa la violazione di tali principi o meglio la parte appellante non ha evidenziato profili di sicura inattendibilità del giudizio espresso dalla intimata amministrazione comunale.

Del resto, la relazione tecnica allegata alla deliberazione della giunta comunale n. 133 del 2021 reca una analisi comparativa piuttosto analitica tra i due progetti di KCITY e Publiparking, per singole linee di intervento, affermando di volta in volta la superiorità qualitativa e quantitativa del primo (società intimata controinteressata in primo grado) rispetto al secondo (società appellante).

Quanto poi alla censura qui riproposta nelle sue varie articolazioni, la difesa di parte appellante deduce l’erroneità e l’incongruità del giudizio relativo alle seguenti singole voci delle due proposte progettuali: a) modalità di gestione smart; b) modalità di gestione del servizio a pagamento; c) gestione del sistema sanzionatorio delle violazioni del codice della strada; d) rete di telecamere intelligenti; e) servizio di rimozione forzata; f) messa in sicurezza delle strade.

Ebbene, come già largamente anticipato l’ampia discrezionalità di cui gode la PA in questa particolare fase comporta che la valutazione circa la maggiore rispondenza all’interesse pubblico di una proposta progettuale rispetto ad un’altra, ossia la comparazione tra due proposte progettuali alternative, debba essere condotta in termini necessariamente globali e sintetici, senza per questo consentire l’ingresso alla ricerca di specifiche e singole inesattezze.

La preferenza di un progetto rispetto ad un altro va allora accordata valutando il medesimo nel suo complesso senza necessariamente soffermarsi, in modo parcellizzato, sui suoi singoli aspetti.

Peraltro nel caso di specie la appellata PA, si ripete, ha effettuato una analisi di superiorità tanto globale (nella parte in cui ha sinteticamente e sufficientemente ritenuto, per il tramite della relazione tecnica di servizio, che il progetto di K-CITY è superiore per valore dell’investimento, numero di addetti impiegati, qualità degli strumenti informatici, beni strumentali messi a disposizione e quantità di servizi offerti) quanto sintetica e parcellizzata (si vedano le pagg. 2 – 7 della relazione tecnica citata, laddove si effettua una ponderazione per singole voci). Analisi quest’ultima non strettamente necessaria ma comunque effettuata per una apprezzabile attenzione a principi di buon andamento ed imparzialità della PA.

A ciò si aggiunga che in taluni passaggi (cfr. sulla gestione smart) la parte appellante spiega una difesa largamente improntata a dimostrare la superiorità del proprio sistema rispetto a quello di K-CITY, dunque con valutazione ampiamente sovrapponibile rispetto a quella espressa dalla SA, il che dovrebbe indurre questo giudice amministrativo, in caso di accoglimento delle suddette tesi, a sostituirsi inammissibilmente alla stessa amministrazione.

Nei termini suddetti le censure della difesa di parte appellante non possono dunque trovare ingresso, in questa sede, dal momento che il loro tenore è propriamente relativo non ad una comparazione del tipo sopra evidenziato (maggiore rispondenza interesse pubblico) ma, piuttosto, ad una gara in senso stretto che nella specie non è ancora stata concretamente svolta.

Di qui il rigetto delle specifiche ed articolate censure.

6.9. Quanto all’ultimo motivo di appello, il fatto che la prima gara (avente ad oggetto il progetto di K-CITY) sia andata deserta non poteva impedire alla PA di indire una nuova gara con lo stesso progetto (circostanza questa contestata dalla parte appellante). E ciò sia per la assenza di una contraria previsione normativa in tal senso, sia per esigenze di buon andamento della PA nonché di economicità dell’azione amministrativa dal momento che una sì intensa attività non potrebbe giammai formare, sin da subito, oggetto di “spreco” progettuale e procedimentale. Ciò soprattutto ove il lasso di tempo intercorso tra la prima e la seconda gara sia piuttosto breve, e tanto implicitamente a conferma della permanenza di un certo interesse pubblico su quell’identico progetto.

In ogni caso tale motivo è inammissibile in quanto la odierna appellante non ha formulato rituale istanza di partecipazione alla gara. Si vedano sul punto le conclusioni della Adunanza plenaria n. 4 del 26 aprile 2018 secondo cui, in particolare: i soggetti legittimati ad impugnare le clausole del bando di gara non aventi portata escludente sono soltanto gli operatori economici che hanno partecipato o, almeno, hanno manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura di gara; ai fini della legittimità dell'opposizione, inoltre, simili clausole devono essere necessariamente impugnate insieme al provvedimento lesivo. Dunque occorre sia la necessaria partecipazione alla gara, quale condizione legittimante la impugnativa della lex specialis, sia la sussistenza di un atto che decreti l’esito della procedura stessa, ove le clausole impugnate non rivestano natura escludente. Ebbene nel caso di specie difetta sia la domanda di partecipazione (né è stata rilevata l’eventuale presenza di clausole o di requisiti che potessero concretamente impedire la suddetta partecipazione), sia l’impugnazione dell’atto concretamente lesivo che nella specie (atto di aggiudicazione della gara) non è stato neppure adottato – a quanto consta dagli atti del giudizio – proprio in quanto la gara è andata deserta. Aspetti questi su cui la parte appellante non ha svolto alcuna difesa (cfr. memoria in data 29 novembre 2022).

Da quanto sopra detto consegue l’inevitabile inammissibilità dello specifico motivo di appello.

7. In conclusione, le ragioni su cui si basa l’appello si rivelano inidonee a superare le condivisibili statuizioni del giudice di primo grado. Di qui la sua integrale infondatezza.

8. Le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti costituite in giudizio stante la complessità e la parziale novità delle esaminate questioni.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere

Massimo Santini, Consigliere, Estensore