TAR PUGLIA, LECCE, Sez. II, 7 marzo 2022, n. 379

Nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica, il rifiuto di stipulare il contratto di concessione di un pubblico servizio è un elemento che può giustificare la revoca dell’aggiudicazione per superiori motivi d’interesse pubblico, essendo fonte di un pregiudizio economico e patrimoniale per l’amministrazione pubblica.

Guida alla lettura

La pronuncia conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale è legittimo il provvedimento con il quale la P.A. appaltante revoca in autotutela l’aggiudicazione di una gara, motivando con riferimento al sostanziale, ripetuto ed ingiustificato rifiuto della ditta risultata vittoriosa di stipulare il contratto di appalto[1].

Infatti, tra i sopravvenuti motivi di pubblico interesse che giustificano l’adozione del provvedimento di revoca, ben possono rientrare anche i comportamenti scorretti dell’aggiudicatario che si siano manifestati successivamente all’aggiudicazione definitiva. In detti casi la revoca assume quella particolare connotazione di revoca-sanzione, poiché la caducazione degli effetti del provvedimento è giustificata da condotte non corrette del privato beneficiario di precedente provvedimento favorevole della P.A.

Si tratta pur sempre di motivi di pubblico interesse, successivi al provvedimento favorevole (o successivamente conosciuti dalla stazione appaltante, e per questo sopravvenuti) che giustificano la revoca. Pertanto, nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica, il rifiuto di stipulare il contratto di concessione di un pubblico servizio è un elemento che può giustificare la revoca dell’aggiudicazione per superiori motivi d’interesse pubblico, essendo fonte di un pregiudizio economico e patrimoniale per l’amministrazione pubblica.

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 07/03/2022

N. 00379/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01592/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1592 del 2021, proposto da
Soc. Semplice Studio di Consulenza Archeologica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Caputi Iambrenghi e Antonio Leonardo Deramo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Ugento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Lancieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Orione S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

- della determinazione del Responsabile del I Settore – Affari generali e istituzionali del Comune di Ugento n. 838 del 22.10.2021 notificata il 25.10.2021, avente ad oggetto “Procedura ristretta affidamento in concessione gestione dei beni museali e culturali consistenti nel Museo di Archeologia, Museo Colosso, Complesso monumentale, Cripta del Crocefisso e Chiesa della Madonna di Costantinopoli con annessa area archeologica, Castello, Palazzo Rovito (community library), Chiesa Santa Filomena. Importo di gara € 981.000,00. CIG 80666076AD. Revoca aggiudicazione e conseguente scorrimento della graduatoria”;

- dell’ordinanza del Responsabile del settore gestione del patrimonio del Comune di Ugento n. 112/2021 del 15.11.2021, avente ad oggetto “Ordinanza di sgombero beni culturali e museali per occupazione abusiva”;

- di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti, compresa la nota prot. 24984 del 24.9.2021 a firma del Responsabile Affari Generali e Istituzionali;

nonché per la declaratoria di inefficacia dell’ordinanza n. 112/2021 del 15.121.2021 del Responsabile del settore gestione del patrimonio in assenza di rituale notifica alla società destinataria;

e per il riconoscimento del risarcimento del danno ingiusto subito dalla ricorrente in ragione della illegittimità della revoca e, in generale, del comportamento tenuto dal Comune di Ugento nella complessiva vicenda.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ugento;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2022 il dott. Nino Dello Preite e uditi per le parti i difensori avv. F.sco Caputi Iambrenghi, anche in sostituzione dell’avv. A. L. Deramo, per la parte ricorrente e avv. M. Lancieri per la P.A.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La società Studio di Consulenza Archeologica ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati, con i quali l’Amministrazione resistente ha disposto nei suoi confronti la revoca dell’aggiudicazione della concessione per il servizio di gestione dei beni museali e culturali del Comune di Ugento, nonché lo sgombero di alcuni dei predetti beni per occupazione abusiva.

In sintesi, la ricorrente ha esposto che:

- dopo aver gestito il servizio suddetto in virtù di convenzione sottoscritta il 17.6.2011 e di successivi atti di proroga fino al 30.4.2020, è risultata aggiudicataria della nuova procedura di selezione del concessionario indetta dal Comune di Ugento, giusta provvedimento di conferma dell’aggiudicazione ai sensi dell’art. 32, comma 7, del D. Lgs. n. 50/2016, adottato con determinazione dirigenziale n. 470 del 29.7.2020;

- nonostante la determinazione del Dirigente del Settore affari generali n. 472/2020, con cui si disponeva l’affidamento in via di urgenza ex art. 32, comma 4, Cod. Appalti, l’invito alla stipulazione del contratto giungeva a distanza di oltre un anno dalla data di aggiudicazione;

- in particolare, a seguito della definizione della procedura di gara, si avviava formale interlocuzione tra le parti in merito alla necessità di predisporre da parte del Comune intimato un piano di misure anti-Covid e di individuare definitivamente i beni oggetto di concessione, avuto particolare riguardo a Palazzo Rovito e alla Collezione Archeologica Colosso;

- in data 23.7.2021, con nota prot. 20167, veniva invitata dall’Amministrazione comunale alla sottoscrizione del contratto per il 28.7.2021, giusta schema di contratto predisposto dalla stessa P.A.; in detta nota veniva comunicata la disponibilità di tutti i beni “facenti parte del sistema museale con la sola residua eccezione del Museo Colosso per il quale resta fermo quanto previsto allart. 7 dello schema di contratto allegato alla legge di gara”;

- avendo il legale rappresentante della stessa ricorrente comunicato la propria indisponibilità alla sottoscrizione per la suddetta data, il Responsabile degli affari generali del Comune resistente invitava lo stesso a comunicare entro il 6.8.2021 la data in cui si sarebbe potuto concludere il contratto di affidamento, rappresentando la necessità di riaprire al pubblico e preannunciando che, in difetto, l’Amministrazione avrebbe valutato ogni iniziativa di interesse, ivi compresa la revoca dell’affidamento;

- in assenza di riscontro, il Comune, con nota prot. 24984 del 24.9.2021, avviava la procedura di revoca dell’aggiudicazione, fondata sulla mancata disponibilità alla stipula;

- la società faceva pervenire le proprie controdeduzioni, lamentando l’inappropriatezza e la illegittimità del procedimento attivato, stante la perdurante indisponibilità di una parte dei beni ed il ritardo accumulato dall’Amministrazione rispetto all’aggiudicazione, nonché la necessità di predispone misure anti-Covid al fine di organizzare il servizio in modo conforme alla legge

- il Comune di Ugento, con determinazione n. 838 del 22.10.2021 del Responsabile degli affari generali, disattendendo le deduzioni della ricorrente, adottava il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione qui gravato, con incameramento della cauzione, e disponeva l’aggiudicazione della concessione de qua in favore della seconda graduata, Orione S.r.l.;

- con successiva ordinanza n. 112/2021 del 15.11.2021, il Responsabile della gestione del patrimonio comunale ordinava infine il rilascio del Nuovo Museo di Archeologia sito in Largo S. Antonio e del deposito sito in via Monsignor De Razza, in quanto detenuti sine titulo dalla società ex concessionaria.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

I) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 32 del D. L.vo 18.4.2016, n. 50 anche in relazione allart. 103 del medesimo decreto; principi generali in tema di mancata stipula del contratto a seguito di aggiudicazione);

II) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 165 del D. L.vo 18.4.2016, n. 50 anche in relazione agli artt. 3 e 108 del medesimo decreto; principi generali in tema di concessioni di servizi);

III) Violazione di legge (principi generali in materia di buona fede precontrattuale e contrattuale; principi di proporzionalità dellazione amministrativa e del c.d. minimo mezzo);

IV) Violazione e falsa applicazione di legge (principi generali in tema di ordinanze di sgombero). Eccesso di potere per difetto di presupposto valido ed efficace nonché per difetto di istruttoria. Ingiustizia manifesta. Illegittimità derivata.

La ricorrente ha chiesto la sospensione cautelare e l’annullamento degli atti gravati, nonché la declaratoria dell’obbligo del Comune di Ugento di stipulare il contratto di concessione del servizio, previo riallineamento delle condizioni economiche dello stesso; in subordine, ha chiesto che il Comune di Ugento sia condannato al risarcimento del danno ingiusto, da determinarsi in favore della istante nella misura del 10% del valore annuo della convenzione, ovvero nella somma ritenuta di giustizia, oltre spese e competenze di giudizio.

Si è costituito in giudizio per resistere il Comune intimato, il quale ha concluso per il rigetto dell’istanza cautelare e del ricorso, in quanto infondato, con ogni consequenziale statuizione in tema di spese ed onorari di lite.

Alla camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2021 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare.

Le parti hanno ribadito le proprie difese con memorie ex art. 73 c.p.a. in vista della trattazione di merito della causa.

Alla pubblica udienza del giorno 16 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente lamenta la violazione dell’art. 32 del D. Lgs n. 50/2016, sostenendo che la mancata stipulazione del contratto comporterebbe non la revoca dell’aggiudicazione, quale espressione del generale potere di autotutela, bensì la sua decadenza.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. Al riguardo, al fine di individuare la natura del potere esercitato nel caso di specie, occorre muovere dalla seguente ricostruzione dello svolgimento della vicenda relativa all’invito della P.A. di sottoscrivere il contratto, per come risultante dalle carte processuali:

- la ricorrente, a seguito del provvedimento di conferma dell’aggiudicazione in suo favore, con nota del 15.8.2020 segnalava al Comune che, a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19, si sarebbe reso necessario “strutturare un nuovo piano operativo per la sicurezza”, atteso che “allo stato attuale, i luoghi facenti parte del cd. sistema museale di Ugento, […] non sono adeguati alla fruizione in quanto non sussistono gli strumenti necessari ad adottare le misure del protocollo richiamato” [N.d.R. di attuazione delle misure anti-contagio]. Ciò al fine di consentire il concreto avvio dei servizi oggetto di concessione; con la medesima nota, la ricorrente chiedeva al Comune di precisare “quali tra i beni oggetto della procedura di gara siano effettivamente al momento disponibili e predisporre apposito verbale relativo alla consistenza e allo stato degli stessi, previo preliminare sopralluogo congiunto”;

- con nota del 18.8.2020, l’Ente civico riscontrava prontamente le richieste della società aggiudicataria, evidenziando che tutti i beni del sistema museale erano disponibili, ad eccezione del Palazzo Rovito, nel quale erano in corso di ultimazione lavori di restauro e di recupero, e del Museo Colosso, per il quale erano ancora in corso trattative con il proprietario, circostanze delle quali si era comunque data informazione negli atti indittivi di gara; nel contempo, la società aggiudicataria ed il Responsabile comunale, Ing. Pisanello, venivano invitati a “concordare, nel più breve tempo possibile, un sopralluogo congiunto al fine di stabilire le misure da attuare per il contenimento dellemergenza Covid-19”;

- con nota del 20.11.2020, la P.A. rappresentava alla società ricorrente che “essendo questo ufficio in attesa di formale riscontro in ordine allo stato dei lavori di manutenzione dei beni in questione, si provvederà alla relativa consegna a seguito della comunicazione da parte del competente settore LL.PP. sullo stato dei lavori medesimi”;

- con nota prot. n. 19217 del 15.7.2021 il Responsabile del Settore LL.PP. rappresentava “la sussistenza delle condizioni tecniche per lapertura e fruizione [] da parte degli utenti dei beni facenti parte del complesso museale”, compreso Palazzo Rovito, a partire dal 23/07/2021, con la sola eccezione del Museo Colosso;

- di conseguenza, con successiva nota prot. 20167 del 23.7.2021, il Responsabile del Settore AA.GG. comunicava alla ricorrente che “può procedersi alla consegna di tutti i beni facenti parte del sistema museale con la sola residua eccezione del Museo Colosso, per il quale resta fermo quanto previsto allart. 7 dello schema di contratto allegato alla legge di gara”; con la medesima nota, quindi, l’Ente invitava formalmente la società aggiudicataria alla stipula del contratto di affidamento fissando all’uopo la data del 28.7.2021, ore 10.30, presso la Casa Comunale;

- con nota acquisita al protocollo n. 20448 del 28.7.2021, la società aggiudicataria comunicava al Comune di Ugento l’indisponibilità a presentarsi per la sottoscrizione del contratto in considerazione di precedenti impegni assunti;

- pertanto, con nota prot. 20485 in pari data, l’Amministrazione, prendeva atto dell’indisponibilità dell’aggiudicataria a comparire per la data fissata, restando in attesa “di conoscere la Vostra disponibilità alla sottoscrizione del contratto…”;

- con successiva nota prot. n. 21113 del 4.8.2021, l’Ente reiterava nuovamente l’invito alla sottoscrizione del contratto, chiedendo all’aggiudicataria di comunicare entro le ore 12.00 del 6.8.2021 la data e l’ora in cui sottoscrivere il contratto di affidamento; con la stessa nota si evidenziava che, in difetto di riscontro ovvero in caso di manifestata indisponibilità alla sottoscrizione del contratto in tempo utile all’apertura dei beni entro la settimana successiva, l’Amministrazione riservava di valutare ogni iniziativa utile al perseguimento del primario interesse pubblico alla fruizione dei beni culturali posti a base di gara, ivi compresa la possibile revoca dell’aggiudicazione;

- in assenza di riscontro da parte della ricorrente, con nota del 24.9.2021, prot. n. 24984, il Responsabile del settore AA.GG. comunicava l’avvio del procedimento di revoca ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990, concedendo alla società ricorrente il termine di legge per presentare eventuali memorie o documenti, che venivano in seguito prodotte dalla parte.

2. Dalle evenienze fattuali sopra richiamate emerge l’ambiguità del contegno assunto dalla società Studio di Consulenza Archeologica, la quale, invitata a sottoscrivere il contratto, ha dapprima manifestato un’indisponibilità dovuta ad impegni precedentemente assunti e poi è rimasta inerte rispetto alla reiterazione dell’invito, in tal modo dimostrando disinteresse all’affidamento della concessione.

2.1. Peraltro, al contrario di quanto sostenuto dalla difesa attorea, la ricorrente nella propria memoria di partecipazione procedimentale del 4.10.2021 (come pure nella pregressa corrispondenza intrattenuta con la P.A.) non ha giammai chiesto un riequilibrio delle condizioni economico-finanziarie poste a base della sua offerta, chiedendo sic et simpliciter in detta memoria “larchiviazione del procedimento avviato”.

2.2. L’Amministrazione, quindi, si è legittimamente determinata all’adozione del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione, nell’esercizio del potere di autotutela “quale diretta ed esclusiva conseguenza del comportamento dellaggiudicatario che […] non si è reso ripetutamente disponibile alla sottoscrizione del contratto”; l’Ente ha infatti rilevato che “da parte dellaggiudicatario viene ulteriormente perpetrato, anche nel corso del presente procedimento, un contegno ambiguo e tale per cui per un verso non si fornisce un chiaro rifiuto (con le modalità ex lege previste) alla stipula del contratto, e per laltro si rassegnano una serie di doglianze relative alle vicende pregresse senza da esse trarre alcuna specifica conseguenza” (v. motivazioni del provvedimento n. 838 del 22.10.2021).

2.3. Detto potere di revoca è espressamente consentito dall’art. 32, comma 8, D. Lgs. n. 50/2016, il quale fa salvo l’esercizio dei poteri di autotutela della P.A. dopo che è divenuta efficace l’aggiudicazione, come avvenuto nella fattispecie all’esame.

2.4. A tal proposito, secondo condivisibile giurisprudenza, tra i “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” che giustificano l’adozione del provvedimento di revoca “ben possono rientrare anche comportamenti scorretti dellaggiudicatario che si siano manifestati successivamente allaggiudicazione definitiva. In detti casi la revoca assume quella particolare connotazione di revoca - sanzione, poiché la caducazione degli effetti del provvedimento è giustificata da condotte scorrette del privato beneficiario di precedente provvedimento favorevole dellamministrazione; tuttavia si tratta pur sempre di “motivi di pubblico interesse”, successivi al provvedimento favorevole (o successivamente conosciuti dalla stazione appaltante, e per questo “sopravvenuti”) che giustificano la revoca” (cfr. T.A.R. Sardegna, Sez. I, 3.1.2019, n. 2); è stato inoltre affermato – in una fattispecie di rifiuto espresso alla sottoscrizione del contratto – che “Nellambito di una procedura ad evidenza pubblica, il rifiuto di stipulare il contratto di concessione di un pubblico servizio è un elemento che può giustificare la revoca dellaggiudicazione per superiori motivi dinteresse pubblico essendo forte di un pregiudizio economico e patrimoniale per lamministrazione pubblica” (v. Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 5780 del 22 agosto 2019).

3. Con il secondo ordine di censure, la difesa attorea deduce, in sostanza, la violazione dell’art. 165, comma 6, del D. Lgs. n. 50/2016, sostenendo che il Comune, prima di addivenire alla sottoscrizione del contratto, avrebbe dovuto provvedere al riequilibrio del piano economico-finanziario della concessione, in ragione, da una parte, dell’indisponibilità di alcuni dei beni oggetto di concessione e, dall’altra, della crisi pandemica sopravvenuta all’aggiudicazione.

3.1. La specifica disposizione invocata dalla difesa attorea prevede che “Il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sullequilibrio del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. La revisione deve consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo alloperatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto. Ai fini della tutela della finanza pubblica strettamente connessa al mantenimento della predetta allocazione dei rischi, nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello Stato, la revisione è subordinata alla previa valutazione da parte del Nucleo di consulenza per lattuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS). Negli altri casi, è facoltà dellamministrazione aggiudicatrice sottoporre la revisione alla previa valutazione del NARS. In caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario, le parti possono recedere dal contratto. Al concessionario sono rimborsati gli importi di cui allarticolo 176, comma 4, lettere a) e b), ad esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse”.

3.2. Dalla piana interpretazione letterale della sopra trascritta disposizione normativa emerge che il meccanismo di revisione del piano economico-finanziario presuppone l’intervenuta costituzione del rapporto concessorio, sicché il Legislatore ha inteso disciplinare eventi che si verificano nel corso del predetto rapporto, e non prima del suo inizio, come invece sostenuto dalla ricorrente.

3.3. Come esattamente rilevato dall’Amministrazione resistente, la norma - riferendosi alla figura del concessionario- àncora con chiarezza la sua applicazione ad una delle parti di un contratto già sottoscritto, non potendosi definire tale il concorrente aggiudicatario della procedura di gara; in altre parole, il legislatore ha nettamente definito l’ambito applicativo dell’istituto giuridico in esame, che è, per l’appunto, quello decorrente dal momento della sottoscrizione del contratto, in cui l’operatore economico perde lo status di aggiudicatario ed assume quello di concessionario, fino alla sua scadenza.

3.4. Reputa il Collegio, peraltro, che la previsione di legge rappresenti un’eccezione al principio generale in base al quale i termini economici di un rapporto concessorio non possono essere modificati nel corso del suo svolgimento in quanto, altrimenti, verrebbe del tutto vanificato lo scopo del meccanismo concorrenziale di scelta del contraente. Ed è proprio il carattere eccezionale della richiamata disposizione normativa che in primo luogo osta alla sua estensione al di fuori delle ipotesi considerate (cfr. art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale), sicché la fattispecie all’esame non può farsi rientrare, neppure in via estensiva, nel raggio di azione della prefata disposizione, in quanto distonica rispetto a quella tipizzata dal legislatore, avuto riguardo, in particolare, alla circostanza del suo svolgersi nell’ambito di una fase successiva all’aggiudicazione ma, comunque, antecedente al cristallizzarsi del vincolo contrattuale.

3.5. Anche sul piano teleologico, la possibilità di apportare modifiche alle condizioni alla base del rapporto concessorio, si deve necessariamente collocare nell’ambito di un contratto già stipulato, allorquando le parti sono poste in condizioni di parità sul piano degli impegni reciprocamente già assunti, con conseguente necessità di garantire in concreto quell’equilibrio concordemente stabilito al momento della conclusione del contratto, evitando che il factum principis o le scelte dell’Amministrazione possano in qualche modo influenzare per il futuro la programmata redditività dell’operazione, anche tenuto conto della durata della concessione.

3.6. Al fine di corroborare le predette conclusioni, il Collegio ritiene che vada pure rimarcato come - al momento dell’aggiudicazione e fino alla sottoscrizione del contratto - non sussista ancora alcun obbligo giuridicamente vincolante per la stazione appaltante di procedere alla stipula del contratto.

3.7. L’art. 32, comma 6, del vigente Codice dei contratti pubblici sancisce il principio a tenore del quale l’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta, analogamente a quanto precedentemente stabilito dall’art. 11, comma 6, del D. Lgs. n. 163/2006 (che aveva invece superato l’opposta regola precedentemente fissata dall’art. 16, comma 4, dal R.D. n. 2440/1923 c.d. legge di contabilità dello Stato).

3.8. Dunque, in mancanza del predetto antecedente logico prima che temporale, nemmeno può dirsi sussistente quello che rappresenta necessariamente un posterius, ovvero l’asserito obbligo per il concedente di rivedere le condizioni economico-finanziarie, al verificarsi delle circostanze individuate dall’art. 165 del Codice dei contratti pubblici. Né va sottaciuto come l’articolato in parola subordini ogni ipotesi di revisione del piano economico-finanziario al verificarsi della variazione dei suoi presupposti e condizioni di base, così come preventivamente e necessariamente definiti nel contratto di concessione; contratto che nel caso di specie, per quanto esposto, non è stato sottoscritto.

3.9. In termini ancor più generali, nell’ambito delle gare pubbliche, la sopravvenuta scadenza del termine per la sottoscrizione del contratto di appalto o di concessione (termine stabilito dal bando ovvero, in mancanza di previsioni ad hoc, dall’art. 32 comma 8, del D. Lgs. n. 50/2016) determina, in capo all’aggiudicatario, la possibilità di disimpegnarsi da ogni vincolo negoziale senza incorrere in alcuna sanzione, ovvero di confermare anche tacitamente l’offerta stessa, accettando la stipula contrattuale; non sussiste, invece, alcun obbligo per l’Amministrazione di rivalutare l’offerta a suo tempo presentata dall’aggiudicatario mediante rinegoziazioni e/o adeguamenti di sorta, in contesti peraltro caratterizzati dal formalismo dell’evidenza pubblica e dalla conseguente cristallizzazione degli esiti della gara ormai ultimata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 giugno 2010, n. 4019; TAR Abruzzo, Sez. I, 31 maggio 2011, n. 299).

4. A ciò si deve aggiungere che parte ricorrente non si è fatta carico di allegare, né tampoco di dimostrare, in quali termini gli eventi dalla stessa accampati in questa sede possano ripercuotersi sull’equilibrio del piano già predisposto e, soprattutto, quali siano le variazioni negative degli elementi di costo/ricavo, tali da determinare un’alterazione del rischio di impresa presupposto al momento della formulazione dell’offerta.

4.1. In definitiva, il lasso di tempo trascorso prima dell’invito alla stipulazione del contratto (ed il conseguente mancato rispetto del termine previsto dall’art. 32, comma 8, del D. Lgs. n. 50 del 2016 ) non è idoneo ad inficiare gli esiti della procedura di evidenza pubblica conclusasi con l’aggiudicazione (che si colloca logicamente e cronologicamente in una fase antecedente), sicché l’asserita e - come detto - indimostrata sopravvenuta insostenibilità del piano economico-finanziario posto a base dell’offerta potrebbe consentire all’aggiudicatario, al più, di “sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto”, prevedendo la succitata norma che allo stesso “non spetta alcun indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate”.

4.2. Il mancato adempimento dell’obbligo di rinegoziazione, quindi, non integra, per espressa previsione normativa, un vizio di validità e/o efficacia del contratto da stipulare, ma può consentire a una delle parti, nel caso di mancato accordo, di recedere unilateralmente dal vincolo.

5. Ferme restando le dirimenti considerazioni sopra illustrate, per completezza osserva il Collegio che le circostanze addotte dalla parte non integrano comunque delle sopravvenienze, tali da poter innescare - a seguito della conclusione del contratto - la necessità di una revisione del piano economico-finanziario posto a base del rapporto concessorio.

5.1. Ed invero, la temporanea indisponibilità di alcuni degli immobili oggetto di concessione era già nota alla ricorrente al tempo in cui essa ha formulato la propria offerta (cfr. art. 3 del Capitolato, che - quanto alla Community Library presso Palazzo Rovito - fa salva la durata novennale della concessione a far data dalla consegna dei beni, mentre - quanto al Museo Colosso - precisa che la durata della concessione coinciderà con la durata indicata nel contratto di comodato d’uso con la proprietà, in corso di perfezionamento).

5.2. Dalle chiare disposizioni contenute nel capitolato posto a base di gara emerge che i concorrenti, ivi compresa la ricorrente, hanno avuto tempestiva conoscenza della situazione degli immobili oggetto di concessione, e sulla base di tali informazioni hanno potuto consapevolmente calibrare il proprio piano economico-finanziario.

5.3. È comprovato in atti, peraltro, che, in realtà, al momento dell’invito alla sottoscrizione del contratto, era sopravvenuto un elemento favorevole per l’economia dell’instaurando rapporto contrattuale, in quanto i lavori di ristrutturazione di Palazzo Rovito erano terminati, con conseguente possibilità per il futuro concessionario di acquisire immediatamente la disponibilità dell’immobile e di sfruttarne le potenzialità per l’intero periodo contrattuale.

5.4. Analogamente si deve osservare, quanto alle argomentazioni difensive di parte attrice in merito alla crisi pandemica, che il differimento della sottoscrizione del contratto ha, di fatto, preservato l’interesse del futuro concessionario, dandogli la possibilità di avviare la concessione in un momento (ossia nell’estate dell’anno 2021) in cui le misure governative per fronteggiare l’emergenza sanitaria avevano notoriamente subito un generale allentamento, consentendo la riapertura delle attività museali e culturali.

6. La ricorrente, dipoi, stigmatizza che la P.A. abbia illegittimamente operato la variazione delle condizioni contrattuali previste in sede di gara, attraverso l’inserimento nello schema di contratto di prestazioni estranee all’oggetto della concessione, correlate al rispetto delle misure di contenimento anti-COVID.

6.1. L’assunto è infondato, giacché è stata la stessa ricorrente, sia nella corrispondenza intrattenuta con la P.A. che nelle controdeduzioni prodotte in seno al procedimento di revoca dell’aggiudicazione, a sollecitare l’Amministrazione a “predisporre lesecuzione delle misure … così come riportate nel protocollo anti-contagio richiamato, al fine di garantire alla scrivente società un avvio concreto dei servizi di gestione”, ricevendo riscontro dal Comune con nota prot. n. 17088 del 18.8.2020 nel senso di “concordare, nel più breve tempo possibile, un sopralluogo congiunto al fine di stabilire le misure da attuare per il contenimento dellemergenza Covid -19”.

6.2. Parimenti infondato è il profilo di censura con cui si denuncia la carente motivazione del provvedimento impugnato rispetto alle osservazioni prodotte dall’interessata.

6.3. Il raffronto tra memoria procedimentale e provvedimento di revoca consente di apprezzare come quest’ultimo atto abbia puntualmente preso in considerazione ogni aspetto delle argomentazioni addotte dalla società aggiudicataria, ritenendo infine che nessuna di esse potesse giustificare il fatto oggettivo che la società ricorrente, nonostante ripetute convocazioni, si fosse sottratta alla conclusione del contratto inter partes.

6.4. Alla luce delle superiori considerazioni e della acclarata ingiustificata riluttanza alla stipula da parte della Soc. Studio di Consulenza Archeologica, l’atto di revoca, con conseguente aggiudicazione alla seconda graduata, non può che essere considerato legittimo.

7. Con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole del comportamento tenuto dal Comune di Ugento nella vicenda all’esame, a suo dire contrastante con i canoni di buona fede contrattuale e precontrattuale, che avrebbero imposto all’Amministrazione comunale di tenere in adeguata considerazione l’interesse dell’aggiudicataria e di salvaguardarlo in maniera appropriata, anche alla stregua dei principi fissati nella sentenza n. 5/2018 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

7.1. In particolare, la ricorrente stigmatizza il deficit istruttorio e la violazione dei principi di adeguatezza e di proporzionalità in cui sarebbe incorsa la P.A., avendo disatteso le sue istanze di revisione delle condizioni di equilibrio economico-finanziario, compromesse sia dalla indisponibilità di una parte degli immobili, sia dalla sopravvenuta emergenza epidemiologica.

7.2. Anche tali doglianze non colgono nel segno, perché, dalla disamina dei fatti come sopra ricostruiti, risulta che, al contrario di quanto sostenuto dalla difesa attorea, il Comune ha tenuto un comportamento improntato a correttezza e buona fede, fornendo puntuale riscontro alle richieste della ricorrente e comunicando con trasparenza e tempestività - fin dalla predisposizione del bando di gara e poi nel corso della interlocuzione intrattenuta dopo l’aggiudicazione - le circostanze rilevanti ai fini della reciproca utilità dell’instaurando rapporto concessorio.

7.3. Merita peraltro di essere evidenziato che - come rilevato dalla P.A. nel provvedimento gravato - “il lasso di tempo intercorso tra laggiudicazione e linvito alla stipula è stato, altresì, conseguenza della situazione pandemica da Covid – 19 e dei relativi provvedimenti con i quali, da marzo 2020, erano stati sospesi, su tutto il territorio nazionale, i servizi di apertura al pubblico degli istituti e luoghi della cultura, nonché gli spettacoli di qualsiasi natura, inclusi quelli teatrali e cinematografici; situazione, questa, perdurata, seppur con specifiche e limitate aperture, sino al mese di aprile 2021”.

7.4. Come già sopra rimarcato, la decisione di differire, in tale contesto storico, il momento di conclusione del contratto, si è rivelata, in realtà, misura idonea a preservare anche l’interesse dell’aggiudicataria, attivando la concessione nel momento in cui – anche in ragione dei provvedimenti governativi di riespansione delle attività museali – risultava concretamente attuabile la fruizione della quasi totalità degli immobili oggetto di concessione (con la sola eccezione, come detto, del Museo Colosso).

7.5. Anche in relazione alla perdurante indisponibilità del suddetto bene culturale, peraltro, il comportamento dell’Ente è stato trasparente, nel richiamare la possibilità del successivo riallineamento temporale della durata della concessione, ai sensi dell’art. 7 dello schema di contratto trasmesso il 21/05/2021 (ove era previsto che […] con riferimento al Museo Colosso, si precisa che... la durata della concessione dello stesso immobile coinciderà con la durata indicata nel contratto stesso”).

8. Con l’ultimo motivo di ricorso, la società ricorrente contesta il provvedimento con cui è stato ad essa intimato di rilasciare gli immobili di che trattasi, adducendo di detenere tali beni non in ragione dell’aggiudicazione oggetto di revoca, ma quale “prosecuzione in via di fatto del rapporto concessorio instauratosi nel giugno 2011”.

8.1. La censura è infondata in fatto, atteso che l’ultima proroga del pregresso rapporto concessorio è stata disposta fino alla data del 30 aprile 2020 (cfr. Det. n. 119/2020 del Resp. Affari Generali), sicché - successivamente a tale data - la ricorrente ha detenuto sine titulo i beni per cui vi è causa e legittimamente l’Amministrazione ne ha disposto l’immediato rilascio in suo favore, con ordinanza regolarmente notificata.

9. Dalle considerazioni che precedono deriva il rigetto della richiesta di prova testimoniale - in quanto irrilevante ai fini del decidere - e della domanda risarcitoria, formulata in via subordinata dalla ricorrente, per difetto dei relativi presupposti.

10. Conclusivamente, il ricorso va respinto, in quanto infondato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo a favore dell’Amministrazione resistente, mentre non vi è luogo a provvedere quanto alla società controinteressata, non costituita.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società ricorrente alla refusione delle spese di lite sostenute dal Comune di Ugento, che liquida nella complessiva somma di € 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre accessori di legge.

Nulla per le spese nei confronti della controinteressata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:

Antonella Mangia, Presidente

Roberto Michele Palmieri, Consigliere

Nino Dello Preite, Referendario, Estensore


[1] Cons. Stato, Sez. V, 22 agosto 2019, n. 5780; Tar Sardegna, Sez. I, 3 gennaio 2019, n. 2.