Cons. Stato, sez. III, 8 luglio 2020, n. 4372

Ai fini dell’adozione dell’interdittiva antimafia, in presenza di pericolo infiltrativo al quale una società risulta esposta, l’estraneità formale degli organi direttivi della società od impresa a vicende, anche prive di accertato rilievo penale, ma comunque fortemente indizianti ai fini della prevenzione antimafia, non può da sola bastare a ritenere la stessa società od impresa fuori dal “giro” e cioè dal pericoloso circuito attrattivo o condizionante, che la criminalità mafiosa costituisce laddove individua possibilità di profitto.

[…] Il condizionamento mafioso, essenziale al fine del controllo del territorio, può ben derivare dalla presenza di soggetti controindicati nell’impresa interessata, in ruoli comprensibilmente defilati rispetto a quella che appare, formalmente ed al pubblico, la gestione della stessa.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 215 del 2020, proposto dalla -OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gian Luca Lemmo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

U.T.G. - Prefettura di Napoli, Ministero della Difesa, Comando Generale Arma Carabinieri, DIA di Napoli, Gruppo Ispettivo Antimafia, U.T.G. - Prefettura di Salerno, Comando Provinciale dei Carabinieri di Campobasso, non costituiti in giudizio;
Ministero dell'Interno, ANAC - Autorita' Nazionale Anticorruzione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente una informativa di interdittiva antimafia;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Autorita' Nazionale Anticorruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza con modalità telematiche del giorno 25 giugno 2020 il Pres. Franco Frattini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La società appellante, attiva nel settore degli appalti pubblici e privati dal 1993, veniva attinta in data 28 novembre 2018 dall’interdittiva antimafia Area I ter OSP Antimafia -OMISSIS-, con la quale la Prefettura di Napoli informava circa la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata nei confronti della società -OMISSIS-

2. L’odierna appellante proponeva ricorso dinanzi al Tar per la Campania, chiedendo l’annullamento:

a) della predetta nota interdittiva Area I Ter OSP Antimafia --OMISSIS-

b) della nota del Ministero dell'Interno, Struttura di Missione Prevenzione e Contrasto Antimafia Sisma -OMISSIS-di revoca di iscrizione e cancellazione della ricorrente dall'Anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall'art. 30, comma 6, del D.L. 189/2016 conv. in L. 229/2016;

c) di ogni altro atto collegato, connesso e conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi della ricorrente, ivi compreso e per quanto di ragione, i rapporti informativi delle FF.OO. ed in particolare della DIA di Napoli del 19.07.2018, la relazione Gruppo Interforze nominata dal Prefetto di Salerno con decreto -OMISSIS-, la nota -OMISSIS- del Comando Provinciale di Campobasso, dal verbale GIA -OMISSIS-, la nota del -OMISSIS-di Napoli, la nota della Prefettura Area I Ter OSP -OMISSIS-, la nota dell'Autorità Nazionale Anticorruzione prot. n. 4083 del 17.01.2019 recante comunicazione di inserimento della società nel casellario informatico dell'Autorità.

A seguito del deposito degli atti e documenti posti a fondamento dell’interdittiva da parte della Prefettura, in ottemperanza all’ordinanza presidenziale -OMISSIS-, l’odierno appellante proponeva ricorso per motivi aggiunti avverso:

d) la nota del Nucleo di Polizia Tributaria, Gico, Guardia di Finanza, Napoli, prot. -OMISSIS-; 


e) la nota prefettizia -OMISSIS-di comunicazione di avvio del procedimento di applicazione delle misure straordinarie ex art. 32, comma 10, della L. 114/2017; 


f) la nota della DIA prot. n. 17108 di Napoli del 19.7.18, la relazione del Gruppo Interforze di accesso nominato dalla Prefettura di Salerno con Decreto n. 11869 del 3.2.16, la nota n. 42683/2-3 “P” del 13.4.18 del Rapporto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Campobasso, la nota del 9.10.17 del Centro Operativo DIA di Napoli, la nota della Prefettura di Napoli Area 1/Ter/OSP -OMISSIS-; 


g) i verbali del Gruppo Ispettivo Antimafia del -OMISSIS-. 


3. Con la sentenza -OMISSIS- qui gravata, il Giudice di prime cure respingeva il ricorso.

4. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, l’appellante chiede l’annullamento e/o la riforma della pronuncia.

5. Resistono in giudizio la Prefettura – U.T.G. di Napoli, il Ministero dell’Interno e l’Autorità Nazionale Anticorruzione, chiedendo la conferma della decisione appellata.

6. All’udienza del 25 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con l’unico motivo di appello l’appellante denuncia “Error in judicando in relazione alla violazione - (art. 84 co. IV e 91 co. V d.lgs. n. 159/2011) – Difetto assoluto di motivazione e del presupposto – Travisamento – Illogicità manifesta – Arbitrarietà – Contraddittorietà – Assenza totale del requisito di attualità- Violazione della l. 241/90 s.m.i. Difetto assoluto di istruttoria”.

Riferisce l’appellante che il provvedimento prefettizio per cui è causa si fonderebbe esclusivamente sull’avvenuto riscontro di rapporti di cointeressenza e di frequentazione tra -OMISSIS-ed esponenti di famiglie criminali della zona, segnatamente -OMISSIS- difetterebbero quindi i presupposti di emissione dell’interdittiva, dal momento che i predetti rapporti non riguarderebbero direttamente la società appellante ed il suo amministratore, bensì dei parenti estranei alla compagine sociale. Inoltre, pur essendo vero che -OMISSIS-figurava quale dipendente della -OMISSIS- dal 2013 al 2014, l’appellante sottolinea che in costanza di rapporto lavorativo era del tutto ignota l’affiliazione del predetto al -OMISSIS-, e che comunque tale presenza lavorativa non aveva impedito alla società di aggiudicarsi numerose commesse pubbliche ed anche di essere iscritta alla White list ed all’elenco del Ministero dell’Interno.

Peraltro, l’operato della Prefettura di Napoli sarebbe contraddittorio in quanto l’interdittiva sarebbe giunta a distanza di pochi mesi da valutazioni positive, compiute dalla Prefettura di Salerno in sede di iscrizione della -OMISSIS- all’Anagrafe Antimafia degli esecutori di cui alla L. 229/2016 ed alla White list, senza che risultasse l’esistenza di fatti nuovi verificatisi medio tempore. In particolare, non sarebbero tali i verbali del GIA del 24 luglio e del 14 settembre 2018 in quanto essi, pur essendo stati adottati successivamente all’iscrizione della società nella White list (avvenuta il 19 luglio 2018), non conterrebbero alcun fatto nuovo rispetto a quelli già valutati dalla Prefettura.

Conclusivamente, mancherebbero di sostanza i riferimenti della Prefettura ai rapporti personali e di cointeressenza economica in grado di condizionare le scelte gestionali della società appellante, non riguardando essi in alcun modo la persona del -OMISSIS-

2. Resistono in giudizio le intimate Amministrazioni, le quali hanno prodotto una memoria in vista dell’odierna udienza pubblica, nella quale hanno ribadito la completezza del quadro indiziario posto a fondamento dell’interdittiva e la validità delle valutazioni discrezionali operate dalla Prefettura in ordine alla ritenuta prossimità dell’appellante a contesti criminali.

3. L’appello è infondato e va respinto.

4. Giova ripercorrere brevemente i fatti di causa nonché gli elementi posti a fondamento dell’impugnata interdittiva.

4.1. La società appellante, -OMISSIS-, risulta costituita nel 1993 ed il suo capitale attualmente detenuto da -OMISSIS-, il quale ricopre altresì la carica di amministratore unico.

Il predetto -OMISSIS- affiliato al -OMISSIS- e già destinatario di un provvedimento di sequestro, emesso dal Tribunale di Napoli il 24 aprile 2013, in quanto indagato per i reati di cui agli artt. 81 cpv, 110 c.p., 12 quinquies d.l. 306/92 con l’aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91 per aver agevolato l’attività del clan; nonché di ulteriore provvedimento di sequestro emesso dal medesimo Tribunale e riferito al medesimo procedimento, in esito al quale è stato sequestrato l’intero capitale della società -OMISSIS-; infine, rinviato a giudizio per il reato di cui all’art. 12 quinquies L. 356/92 e art. 7 L. 203/91.

4.2. Dai rapporti delle Forze di Polizia, emergeva l’esistenza dei seguenti rapporti e cointeressenze societarie ed economiche tra -OMISSIS-:

a) dal -OMISSIS-;

b) dal -OMISSIS--;

c) dal -OMISSIS-;

d) nei mesi di luglio e novembre 2015 per la società -OMISSIS-

4.3. Risultava, inoltre, che la residenza anagrafica di -OMISSIS-, coincideva con l’indirizzo delle unità locali delle società --OMISSIS-.

4.4. Il -OMISSIS-per il reato di cui all’art. 575 c.p., arrestato nel 2010 dalla Squadra Mobile di Latina per il reato di cui agli artt. 416 bis c.p. e 12 quinquies d.l. 306/92, segnalato nel 2011 per il reato di cui all’art. 12 quinquies d.l. 306/92 in quanto collegato al clan camorristico -OMISSIS-

4.5. Quanto alle relazioni intercorrenti tra le sopra citate società, nella relazione del Gruppo Interforze di accesso, nominato dal Prefetto di Salerno con decreto del 3 febbraio 2016, si legge che -OMISSIS- fa parte della società di progetto -OMISSIS-costituita per la realizzazione del Centro Integrato di Interscambio di -OMISSIS-

In relazione alle società -OMISSIS--, il Gruppo Interforze segnalava l’emersione di elementi di interesse ai fini antimafia: per la -OMISSIS-infine, la residenza del-OMISSIS-alla contrada -OMISSIS- coincideva con l’indirizzo delle unità locali delle società -OMISSIS-

4.6. Ulteriore collegamento tra il -OMISSIS-per i reati di cui agli artt. 416 bis c.p. e 648 bis c.p., poi archiviati; arrestato nel 2008 per il reato di cui all’art. 648 bis c.p. e successivamente assolto; condannato nel -OMISSIS-per i reati di cui agli artt. 629, c. 1, c.p., 628, c. 3, cp 3, c.p. e 8 L. 203/91. Il -OMISSIS-, “soggetto assolutamente non alieno da saldi contatti (che ne hanno determinato anche il coinvolgimento in vari procedimenti penali) con gli ambienti della criminalità organizzata di stampo camorristico” (si legge nell’ordinanza del Tribunale di Napoli di applicazione di misura cautelare personale e reale), inoltre, risulta aver intrattenuto rapporti commerciali con -OMISSIS-”.

5. Dalla valutazione delle risultanze fattuali emerse, la Prefettura ha quindi ritenuto sussistente e concreto il qualificato pericolo di ingerenza mafiosa nella gestione della società -OMISSIS-, stante la serie di intrecci familiari e societari che legano le diverse società sopra menzionate e le famiglie che le amministrano. Nello specifico, è stata ritenuta altamente probabile e di facile realizzazione l’ingerenza delle consorterie criminali di tipo mafioso nelle scelte e nell’indirizzo gestionale della società -OMISSIS-, esposta a tale rischio in virtù delle relazioni che legano la famiglia -OMISSIS-

6. Le censure dell’appellante si fondano essenzialmente sulla ritenuta mancanza dei presupposti di emissione dell’informativa interdittiva antimafia, in quanto gli elementi di pericolo addotti dalla Prefettura interesserebbero solo in via mediata la società -OMISSIS-, la quale, pertanto, sarebbe stata attinta dal predetto provvedimento di rigore solo per il legame di affinità che lega il suo amministratore, -OMISSIS-e quindi ben prima che emergessero i rilievi d’interesse antimafia sulla sua persona: con l’ulteriore precisazione che -OMISSIS-risulterebbe coinvolto in un procedimento penale per errore, o meglio in seguito ad una sostituzione di persona che i suoi coindagati avrebbero operato, al fine di farlo risultare coinvolto in un’operazione criminale della quale era, al contrario, ignaro.

7. Orbene, tralasciando l’ultima suggestione, dell’accertamento della cui veridicità sarà incaricata la competente magistratura (la quale, comunque, ha già disposto il rinvio a giudizio per -OMISSIS-) ritiene il Collegio che rilevanti elementi della vicenda, inducano, in linea con le valutazioni correttamente operate dalla Prefettura e dal Tar, a ritenere che il pericolo infiltrativo al quale la società -OMISSIS- risulta esposta è palpabile.

8. Come questo Consiglio di Stato ha più volte sottolineato, infatti, l’estraneità formale degli organi direttivi della società od impresa a vicende, anche prive di accertato rilievo penale, ma comunque fortemente indizianti ai fini della prevenzione antimafia, non può da sola bastare a ritenere la stessa società od impresa fuori dal “giro” e cioè dal pericoloso circuito attrattivo o condizionante, che la criminalità mafiosa costituisce laddove individua possibilità di profitto. La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha, infatti, da tempo chiarito che il condizionamento mafioso, essenziale al fine del controllo del territorio, può ben derivare dalla presenza di soggetti controindicati nell’impresa interessata, in ruoli comprensibilmente defilati rispetto a quella che appare, formalmente ed al pubblico, la gestione della stessa: il tutto al fine di consentire alle consorterie criminali, per il tramite di propri uomini di fiducia inseriti quali meri dipendenti o esecutori nell’assetto societario, di dettare dall’esterno gli obiettivi e le iniziative che l’impresa dovrà seguire. Il che è tanto più vero in quanto emergano, come nel caso di specie, situazioni, rapporti, frequentazioni e legami ambigui, che lascino intendere o comunque ragionevolmente ipotizzare la disponibilità dell’impresa e dei suoi gestori a far entrare, nelle valutazioni di gestione, logiche criminali.

8.1. Costituisce oramai un fatto accertato in più occasioni che vi sia stato, e vi sia tuttora, una evoluzione o ri-direzionamento di metodi e ambizioni delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, le quali non paiono più considerare quale primo obiettivo gli attacchi frontali allo Stato ed ai suoi rappresentanti, per infiltrare invece i tentacoli in azioni e progetti per occupare o condizionare settori dell’economia, della gestione dei rifiuti, della politica, non di rado riuscendovi per il tramite di personalità deviate o di personaggi compiacenti, che si pongono sulla labile linea di confine tra legalità ed illegalità (da ultimo, v. Cons. St., Sez. III, 11 maggio 2020, n. 2962).

L’attenzione dell’ordinamento per i fenomeni illeciti che possono interessare lo svolgimento dell’attività imprenditoriale, specialmente nel delicato settore delle commesse pubbliche, è, pertanto, massima, in ragione del disvalore sociale e del notevole danno che l’infiltrazione di soggetti portatori di interessi contrastanti con gli interessi dello Stato-comunità comporta. Ciò giustifica il conferimento, all’Autorità di Pubblica Sicurezza preposta, di un’ampia gamma di poteri da esercitarsi in una fase preventiva rispetto alla causazione del danno.

8.2. Com’è noto, infatti, gli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011 disegnano l’informativa antimafia come un provvedimento a carattere preventivo, finalizzato ad attestare la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi gestionali della società od impresa interessata, e che il Prefetto, nelle proprie valutazioni discrezionali di competenza, può desumere da “provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”.

Pertanto, come anche di recente ribadito da questa Sezione (si vedano, per tutte, le sentt. 2 maggio 2019, n. 2855; 27 novembre 2018, n. 6707; 28 ottobre 2016, n. 4555), la finalità preventiva ed anticipatoria che permea l’istituto in esame giustifica l’attivazione dei poteri inibitori di cui è titolare l’Autorità di Pubblica Sicurezza in uno stadio assolutamente preliminare del procedimento penale, ed anche in presenza di condotte non penalmente rilevanti e persino nell’ipotesi in cui il procedimento penale si sia concluso con un’archiviazione o un’assoluzione: la ratio di anticipazione della tutela nel settore del contrasto alla criminalità organizzata impone al Prefetto di attestare la sussistenza del rischio infiltrativo siccome desunto dalla lettura integrata degli elementi fattuali rilevanti nella vicenda, i quali possono infatti risultare significativi ai fini antimafia pur se non assistiti da un’evidenza tale da ritenere raggiunta la relativa prova “oltre ogni ragionevole dubbio” nell’ambito penale.

8.3. Ed infatti, non si richiede – alla Prefettura come al Giudice amministrativo – di pervenire ad un grado di convincimento che resista ad ogni ragionevole dubbio. È sufficiente, ai fini dell’emissione di un’informativa interdittiva antimafia e della valutazione in sede giurisdizionale in ordine alla sua legittimità, l’essere ragionevolmente persuasi della ricorrenza, nel caso che viene in rilievo, di indici fortemente sintomatici di contiguità, connivenza o comunque condivisione di intenti criminali. Il metro di valutazione è, come noto, quello del “più probabile che non”, dove appunto la probabilità cruciale che il pericolo infiltrativo sussista esclude ogni ipotesi di segno diverso.

9. L’impianto motivazionale dell’informativa deve, quindi, rappresentare compiutamente il quadro degli elementi indiziari in base ai quali l’Autorità abbia ritenuto attuale e concreto il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso all’interno della società od impresa interessata, evidenziando in particolar modo gli elementi di permeabilità criminale che possono influire anche indirettamente sull'attività dell'impresa, la quale si viene a trovare in una condizione di potenziale asservimento - o comunque di condizionamento - rispetto alle iniziative della criminalità organizzata di stampo mafioso (ovvero "comunque localmente denominata”) (si veda, per tutte, la sentenza Cons. St., Sez. III, 11 maggio 2020, n. 2962, già citata).

In particolare, laddove il nucleo forte della motivazione del provvedimento prefettizio consista nella valorizzazione dei legami affettivi o parentali intercorrenti tra esponenti della compagine sociale e soggetti affiliati o vicini alle consorterie criminali, dovranno con chiarezza emergere gli elementi concreti che abbiano indotto l’Autorità a ritenere il predetto legame affettivo o parentale una via d’accesso agevolata alla gestione dell’impresa. A tal proposito, questo Collegio condivide e ribadisce le posizioni da tempo raggiunte nella giurisprudenza, nel senso che non può dedursi, dal mero vincolo parentale con un soggetto controindicato, non supportato da ulteriori elementi validi, la vocazione criminale del parente stesso: tuttavia, è anche vero che, se non si può scegliere la propria parentela, si può cionondimeno scegliere di prendere le definitive distanze da essa, ove ponga in essere attività non accettabili. Detto altrimenti, ben può il parente di un soggetto riconosciuto affiliato alle consorterie mafiose svolgere attività imprenditoriale, anche interfacciandosi con la committenza pubblica: a condizione, però, che sia chiara la sua distanza concreta e certa dal metodo e dal mondo criminale.

Il che, evidentemente, non può dirsi avvenuto nel caso di specie.

10. L’intreccio di legami ed interessi tra la -OMISSIS- e le famiglie criminali locali è evidente se solo si considera la quantità e la frequenza delle commistioni rilevate all’interno, sostanzialmente, di poche famiglie, le quali hanno ampliato il proprio raggio d’azione nel mondo dell’imprenditoria, servendosi di propaggini familiari e di rapporti di parentela e d’affari così intensi da giustificare pienamente le valutazioni operate dalla Prefettura. Il quadro che emerge rimanda l’immagine classica dell’organizzazione mafiosa a base clanica, la quale finisce per creare un reticolo di rapporti così fitto da inviluppare chiunque si ritrovi ad orbitare nella sua sfera d’attrazione, e contestualmente si dirama all’esterno per conquistare nuove porzioni di territorio e nuovi affari, arrivando, grazie a soggetti che fanno da tramite, ad arruolare nuovi soggetti, ad ottenere nuove risorse, a governare nuove società.

10.1. La società -OMISSIS- è formalmente “pulita”: opera da oltre vent’anni nel settore, ha ottenuto svariate commesse pubbliche, i suoi dipendenti ed amministratori non risultano condannati. E tuttavia, all’interno della famiglia-OMISSIS-e ritenuto dalla Prefettura l’anello di congiunzione tra eventuali direttive provenienti dalla consorteria criminale e l’azione posta in essere dalla -OMISSIS- stessa.

10.2. Nella tesi di parte appellante, l’informativa sarebbe illegittima in quanto si fonderebbe esclusivamente sulle condotte contestate al predetto -OMISSIS-, senza che alcuna censura venga mossa all’operato della -OMISSIS- o dei suoi amministratori: il che non può essere condiviso, dal momento che gli elementi di pericolo che emergono con evidenza in capo al -OMISSIS- illuminano, di riflesso, la natura dell’atteggiamento tenuto dalla -OMISSIS- e, in generale, dalla famiglia -OMISSIS-

Né i genitori,-OMISSIS- e, a maggior ragione, la moglie del --OMISSIS-, hanno mostrato di ripudiare tutto quello che rappresentava il -OMISSIS- stesso, le sue frequentazioni, le sue ulteriori parentele. Al contrario, risulta dagli atti che i personaggi frequentati da quest’ultimo sono entrati, in veste di socio o dipendente, nelle imprese della famiglia -OMISSIS-: basti fare riferimento, per tutti, alla figura di -OMISSIS-- vanta una conoscenza ed una frequentazione pluridecennale.

Risulta, infatti, che -OMISSIS-ha lavorato dal 2004 al 2012 presso le società --OMISSIS-, riconducibili entrambe al -OMISSIS-, per poi passare alle dipendenze della -OMISSIS- dal 2013 al 2014 ed alla società -OMISSIS-, società quest’ultima amministrata in quel periodo da -OMISSIS--. Né può ritenersi che i rapporti tra -OMISSIS-- siano risalenti e rimasti isolati al predetto periodo, in cui – a detta dell’appellante – si ignoravano le operazioni criminali e le conoscenze del-OMISSIS-medesimo: al contrario, la tempistica degli incontri e delle relazioni che emergono dai rapporti delle Forze di Polizia dimostra la familiarità che legava la stessa famiglia -OMISSIS- al-OMISSIS-.

Infatti, nel periodo (2004 – 2012) in cui prestava servizio presso le società del --OMISSIS-frequentava già la famiglia -OMISSIS-, tanto che, nel 2013, -OMISSIS-transita dalle società del -OMISSIS- alla -OMISSIS-, dove rimane per un anno prima di approdare, dal 2014 al 2016, alla -OMISSIS-

10.3. I rapporti, quindi, non solo non sono mai stati interrotti, ma si sono addirittura intensificati e permangono nel periodo attuale (dal momento che la residenza anagrafica del-OMISSIS-coincide con le sedi delle unità locali in Molise delle società -OMISSIS-, -OMISSIS-quindi, contrariamente a quanto sostiene l’appellante, in un arco temporale nel quale l’attitudine criminale del-OMISSIS-e la sua affiliazione al -OMISSIS- era già nota, per essere stata consacrata in un provvedimento di sequestro, emesso dal Tribunale di Napoli il 24 aprile 2013, nell’ambito di un’indagine per i reati di cui agli artt. 81 cpv, 110 c.p., 12 quinquies d.l. 306/92 con l’aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91 per aver agevolato l’attività del clan; nonché di ulteriore provvedimento di sequestro emesso dal medesimo Tribunale e riferito al medesimo procedimento, in esito al quale è stato sequestrato l’intero capitale della società -OMISSIS-. A tal proposito, come detto, -OMISSIS-sostiene di essere stato vittima di uno scambio di persona e di essere stato trascinato in un’operazione criminale che non avrebbe, in realtà, mai compiuto: sarà la magistratura competente a vagliare la fondatezza di tale ricostruzione, nel procedimento penale in corso nel quale, peraltro, -OMISSIS-risulta rinviato a giudizio per il reato di cui all’art. 12 quinquies L. 356/92 e art. 7 L. 203/91.

10.4. Non vi era, e non vi è, tuttora, una certezza “oltre ogni ragionevole dubbio”, per essere il predetto procedimento ancora in corso, ma l’interessamento delle Procure alla persona del-OMISSIS-, con indagini avviate già prima del 2013, doveva rappresentare, per la -OMISSIS-, un campanello d’allarme che avrebbe dovuto consigliarle quantomeno di attendere l’esito favorevole del procedimento, prima di assumere -OMISSIS-. L’aver assunto un soggetto in capo alla cui affidabilità era lecito nutrire dubbi, getta legittimi sospetti anche sull’impresa interessata e, soprattutto, sui soggetti che hanno disposto l’inserimento lavorativo (i -OMISSIS-, padre e figlio) e su chi (il -OMISSIS-) ha introdotto -OMISSIS-nell’impresa, soprattutto se si pone mente alla circostanza per la quale la residenza del-OMISSIS-tuttora coincide con le sedi delle unità locali della -OMISSIS- in Molise, tra le altre: con la conseguenza che viene a mancare il requisito di assoluta affidabilità che la Pubblica Amministrazione pretende dalla propria controparte contrattuale, e l’Autorità di Pubblica Sicurezza preposta è tenuta a darne atto e notizia mediante l’emissione dell’informativa.

11. Da quanto sinora detto, emerge chiaramente che i predetti elementi, tutti presi in considerazione dalla Prefettura, interessano la -OMISSIS- in via diretta e non solo mediata – come sostiene l’appellante - e sarebbero già di per sé soli sufficienti a giustificare l’emissione del provvedimento di rigore per cui è causa. Tuttavia, la Prefettura ha fornito un quadro indiziario completo ed esauriente, che ricostruisce il profilo della -OMISSIS- e del suo amministratore non solo dall’interno, ma anche inquadrandoli nel contesto in cui si trovano ad operare.

11.1. Il -OMISSIS-, infatti, non solo ha consentito l’ingresso nelle società della famiglia -OMISSIS- del conoscente, affiliato al -OMISSIS-, -OMISSIS- ma ha altresì portato i -OMISSIS- pericolosamente vicini ad un’altra famiglia, con la quale è imparentato, i -OMISSIS-, che a loro volta conducono ad altri individui noti alle Forze dell’Ordine, in uno schema reticolare in cui i rapporti e gli interessi si confondono per la loro quantità e frequenza.

Il -OMISSIS- appare essere, in sostanza, l’anello di congiunzione tra la famiglia -OMISSIS- e, da un lato, il -OMISSIS-, dall’altro, i -OMISSIS-

11.2. Quanto al primo versante, oltre alla vicinanza con -OMISSIS-, sono emerse dagli atti ulteriori conoscenze ed operazioni societarie poste in essere dal -OMISSIS- sin dal 2000 con esponenti del clan: egli, infatti, ha fatto parte dal 2004 della -OMISSIS-, il quale risulta denunciato nel 1986 per il reato di cui all’art. 575 c.p., arrestato nel 2010 dalla Squadra Mobile di Latina per il reato di cui agli artt. 416 bis c.p. e 12 quinquies d.l. 306/92, segnalato nel 2011 per il reato di cui all’art. 12 quinquies d.l. 306/92 in quanto collegato al clan camorristico -OMISSIS-alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di P.S. per mafia con obbligo di soggiorno per cinque anni e reso destinatario, sempre nel 2013, di provvedimento di sequestro dei beni connesso a misura di prevenzione, poi confiscati nel 2014.

11.3. Ma la famiglia -OMISSIS- condivide interessi economici evidenti anche con la famiglia -OMISSIS-, il loro coinvolgimento di fatto nell’operazione emerge con forza se solo si pone mente al fatto che, dal dicembre 2013 al dicembre 2015, nella predetta società di progetto ha rivestito la carica di consigliere proprio -OMISSIS.

Della -OMISSIS-.

I cugini del --OMISSIS--, denunciato nel 1996 per i reati di cui agli artt. 416 bis c.p. e 648 bis c.p., poi archiviati; arrestato nel 2008 per il reato di cui all’art. 648 bis c.p. e successivamente assolto; condannato nel -OMISSIS-per i reati di cui agli artt. 629, c. 1, c.p., 628, c. 3, cp 3, c.p. e 8 L. 203/91. Il -OMISSIS-, si legge nell’ordinanza del Tribunale di Napoli di applicazione di misura cautelare personale e reale, è “soggetto assolutamente non alieno da saldi contatti (che ne hanno determinato anche il coinvolgimento in vari procedimenti penali) con gli ambienti della criminalità organizzata di stampo camorristico”.

Ma anche con riferimento al -OMISSIS-, il coinvolgimento della famiglia -OMISSIS- non è mediato dalla figura del -OMISSIS- ma appare, nuovamente, diretto ed immediato: il -OMISSIS-, infatti, risulta aver intrattenuto rapporti commerciali con -OMISSIS-- già nel 1999, con il quale diveniva socio quando il -OMISSIS- cedeva le proprie quote della -OMISSIS-tra gli altri, al -OMISSIS- nonché a -OMISSIS-, per il reato di cui all’art. 648 bis c.p. connesso ad attività mafiosa). Stando, poi, alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia -OMISSIS- “è un imprenditore del -OMISSIS- e che acquisisce commesse di lavoro sia in Campania che nelle altre regioni attraverso il -OMISSIS-”.

Né è di poco momento l’emersione di un’altra circostanza fattuale: e cioè la coincidenza, già riferita, tra la residenza anagrafica di -OMISSIS- con l’indirizzo delle unità locali delle società --OMISSIS-. Il reticolo è dunque ampio, ed include influenze endofamiliari e tra famiglie con interessi economici convergenti. Ciò esclude la possibilità che una ricostruzione atomistica quale quella proposta dall’appellante riesca a ridurre o eliminare le risultanze della istruttoria prefettizia.

12. La -OMISSIS-, in sintesi, è accerchiata da soggetti controindicati e compartecipe con essi per profili molteplici:: il -OMISSIS-, in primis, strumento rivelatosi efficace per l’ingresso nella società del-OMISSIS-, e tramite lui del -OMISSIS-, come pure dei -OMISSIS-, a loro volta anelli di congiunzione con il -OMISSIS- ed evidentemente vicini allo stesso Iodice, presso la cui residenza hanno infatti fissato la sede di una delle loro società; il pericolo infiltrativo, in tale quadro, ha il richiesto carattere della probabilità cruciale, cui il Consiglio di Stato fa costante riferimento.

Questo Collegio, pertanto, non può che condividere l’operato delle intimate Amministrazioni e confermare le valutazioni compiute dal Giudice di prime cure in punto di legittimità dell’informativa interdittiva antimafia oggetto del giudizio.

13. Per le ragioni sopra esposte, l’appello deve essere respinto perché infondato, con conseguente integrale conferma della sentenza del Tar Campania (Sezione Prima) -OMISSIS-

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante alla rifusione in favore di parte resistente delle spese di lite, che liquida nella misura di euro 6.000 (seimila) oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.

 

Guida alla lettura

La presente pronuncia della Quinta Sezione del Consiglio di Stato ritorna sul tema, piuttosto dibattuto, della rilevanza del vincolo parentale con un affiliato alle consorterie mafiose ai fini dell’adozione, da parte dell’autorità prefettizia, dell’interdittiva antimafia. Tale profilo, del resto, rileva ai fini del vaglio di legittimità del Giudice Amministrativo.

Sul piano fattuale, ha evidenziato la Sezione che le consorterie criminali, per il tramite di propri uomini di fiducia inseriti quali meri dipendenti o esecutori nell’assetto societario, sono in grado di dettare dall’esterno gli obiettivi e le iniziative che l’impresa dovrà seguire. E ciò è tanto più vero, secondo la Corte, allorché emergano rapporti e legami ambigui, che lascino intendere - o comunque ragionevolmente ipotizzare - la disponibilità dell’impresa e dei suoi gestori a far entrare, nelle valutazioni di gestione, logiche criminali.

D’altronde, appare evidente, come chiarito nella pronuncia in esame, che vi sia “un’evoluzione o ri-direzionamento di metodi e ambizioni delle organizzazioni criminali di tipo mafioso”, tale per cui, escludendosi come obiettivo primario l’attacco frontale allo Stato e ai suoi rappresentanti, vengono privilegiati metodi “indiretti” per occupare o condizionare settori dell’economia, della gestione dei rifiuti, della politica; e ciò si realizza anche “per il tramite di personalità deviate o di personaggi compiacenti, che si pongono sulla labile linea di confine tra legalità ed illegalità” (Cons. St., Sez. III, 11 maggio 2020, n. 2962).

Ciò, invero, giustifica il conferimento, all’Autorità di Pubblica Sicurezza preposta, diun’ampia gamma di poteri da esercitarsi in una fase preventiva rispetto alla causazione del danno.

Com’è noto, infatti, gli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011 disegnano l’informativa antimafia come un provvedimento a carattere preventivo; il Prefetto, dal canto suo, nelle proprie valutazioni discrezionali di competenza, può desumere da “provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”.

Pertanto, la finalità preventiva ed anticipatoria che permea l’istituto in esame giustifica l’attivazione dei poteri inibitori di cui è titolare l’Autorità di Pubblica Sicurezza in uno stadio assolutamente preliminare del procedimento penale.

La ratiodi anticipazione della tutela nel settore del contrasto alla criminalità organizzata impone al Prefetto di attestare la sussistenza del rischio infiltrativo siccome desunto dalla lettura integrata degli elementi fattuali rilevanti nella vicenda, i quali possono anche non essere assistiti da un’evidenza tale da ritenere raggiunta la relativa prova “oltre ogni ragionevole dubbio” nell’ambito penale.

E infatti è sufficiente, ai fini dell’emissione di un’informativa interdittiva antimafia e della valutazione in sede giurisdizionale in ordine alla sua legittimità, secondo la soluzione accordata dalla Sezione, l’essere ragionevolmente persuasi della ricorrenza di “indici fortemente sintomatici di contiguità, connivenza o comunque condivisione di intenti criminali”. Il metro di valutazione è, pertanto, quello del “più probabile che non”.  

L’impianto motivazionale dell’informativa deve, quindi, rappresentare compiutamente il quadro degli elementi indiziari in base ai quali l’Autorità abbia ritenuto attuale e concreto il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso all’interno della società od impresa interessata; rileva, dunque, in questi casi, una condizione di potenziale asservimento - o comunque di condizionamento - rispetto alle iniziative della criminalità organizzata di stampo mafioso (ovvero "comunque localmente denominata”) (Cons. St., sez. III, 11 maggio 2020, n. 2962). (2 maggio 2019, n. 2855; 27 novembre 2018, n. 6707; 28 ottobre 2016, n. 4555).

In particolare, il Collegio precisa che dovranno – nell’impianto motivazionale dell’interdittiva, quale condizione della sua legittimità – emergere con chiarezza “gli elementi concreti che abbiano indotto l’Autorità a ritenere il predetto legame affettivo o parentale una via d’accesso agevolata alla gestione dell’impresa”.A tal proposito, il Collegio condivide e ribadisce le posizioni da tempo raggiunte nella giurisprudenza, nel senso che non può dedursi, dal mero vincolo parentale con un soggetto controindicato, non supportato da ulteriori elementi validi, la vocazione criminale del parente stesso.

La corte, in altri termini, conclude che “ben può il parente di un soggetto riconosciuto affiliato alle consorterie mafiose svolgere attività imprenditoriale, anche interfacciandosi con la committenza pubblica: a condizione, però, che sia chiara la sua distanza concreta e certa dal metodo e dal mondo criminale”.

Sicché, come il Consiglio di Stato ha più volte sottolineato, “l’estraneità formale degli organi direttivi della società od impresa a vicende, anche prive di accertato rilievo penale, ma comunque fortemente indizianti ai fini della prevenzione antimafia, non può da sola bastare a ritenere la stessa società od impresa fuori dal “giro” e cioè dal pericoloso circuito attrattivo o condizionante, che la criminalità mafiosa costituisce laddove individua possibilità di profitto”.