Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2020, n. 3365

        La scelta da parte della S.A. di affidare il contratto mediante una procedura ad evidenza pubblica determina un pregiudizio immediato all’interesse ad una proroga del precedente rapporto, per cui grava in capo al precedente titolare l’onere di immediata impugnazione del bando di gara, in applicazione dei consolidati principi della giurisprudenza secondo cui la contestazione dell’indizione della gara costituisce una delle tassative ipotesi di immediata lesività del bando di gara.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6651 del 2019, proposto da Irpiniambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Vincenzo De Nisco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Avella, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Donato Pennetta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Centrale Unica di Committenza Partenio-Valle del Lauro, non costituita in giudizio;

nei confronti

Cooperativa Sociale Ecovigilantes Onlus - Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Stefano Colucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania- sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), 21 giugno 2019, n. 1107, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Avella e della Cooperativa Sociale Ecovigilantes Onlus - Società Cooperativa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2020 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Nardone, in dichiarata delega di De Nisco, Pennetta e Colucci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La Centrale Unica di Committenza Partenio-Vallo di Lauro (di seguito “CUC”) indiceva, con determina n. 36 del 30 ottobre 2018, una procedura di gara per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio di gestione integrata dei rifiuti solidi urbani a ridotto impatto ambientale nel territorio del Comune di Avella, per l’importo complessivo di € 2.260.829, 45, comprensivi di € 40.111,50 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso.

Con determina n. 1 del 3 gennaio 2019 la gara veniva aggiudicata alla Ecovigilantes Onlus- Società Cooperativa Sociale (“Ecovigilantes”).

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo per la Campania- sezione staccata di Salerno, la Irpiniambiente s.p.a. (società interamente partecipata dall’Amministrazione provinciale di Avellino, costituita con delibera del Commissario delegato n. 2 del 23 dicembre 2009 in attuazione dell’articolo 11 del d.l. n. 195 del 30 dicembre 2009 conv. con modificazione in legge n. 26 del 26

febbraio 2010, la quale aveva gestito, a far data dal 1 gennaio 2010, il ciclo integrato dei rifiuti nei comuni della Provincia ed anche nel comune di Avella) chiedeva l’annullamento del predetto provvedimento di aggiudicazione definitiva, in uno con l’accertamento dell’inefficacia del contratto eventualmente stipulato, gravando altresì gli altri atti della procedura di gara e ogni altro “atto presupposto, conseguente e connesso”.

A sostegno dell’impugnativa lamentava: “1. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo 152/2006, della legge Regione Campania n. 4/2007, dell’art. 11 del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 195 conv. con modificazioni con legge 26 febbraio 2010, n. 26, della legge Regione Campania n. 14/2016; 2. Illegittima procedura di affidamento del “servizio di supporto alla raccolta dei rifiuti indifferenziati e differenziati”, servizio di competenza della provincia di Avellino e per essa di Irpiniambiente s.p.a.”.

Premessa una dettagliata ricostruzione della normativa, nazionale e regionale, in subiecta materia (e, in particolare, della disciplina per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella Regione Campania), la ricorrente assumeva l’illegittimità dell’indizione della gara da parte del Comune in quanto, in base all’art. 11 del d.l. 195 del 2009, conv., con modificazioni, dalla l. n. 26 del 2010, la competenza della gestione del ciclo integrato dei rifiuti spettava in via esclusiva alle sole Province, potendo i Comuni, nelle more della predisposizione da parte delle prime di un’adeguata struttura organizzativa, soltanto continuare a gestire “l’attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento e recupero inerenti alla raccolta differenziata (…) secondo le attuali modalità e forme procedimentali”.

A suo avviso, in definitiva, il Comune non avrebbe potuto indire la gara de qua per la gestione del ciclo del rifiuti, in quanto la gestione del servizio nel territorio comunale le spettava ex lege e non avrebbe potuto esserle sottratta fino all’indizione della gara da parte dell’Ente d’Ambito ovvero dai Comuni già costituiti in SAD o in

forma associata mediante unione oppure convenzione (ai sensi della Legge Regionale Campania 26 maggio 2016, n. 14, “Norme di attuazione della disciplina europea e nazionale in materia di rifiuti”), fattispecie entrambe non ricorrenti nel caso di specie.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione comunale che eccepiva, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso, per mancata impugnazione del bando di gara da parte della società provinciale, e nel merito ne contestava la fondatezza, insistendo per il suo rigetto.

Si costituiva altresì la cooperativa controinteressata Ecovigilantes, contestando negli stessi termini l’inammissibilità del ricorso e argomentandone l’infondatezza.

3. L’adito tribunale con la sentenza indicata in epigrafe dichiarava l’inammissibilità del ricorso proposto.

4. Contro tale sentenza ha interposto appello Irpiniambiente, lamentando anzitutto “erronea e travisata ricostruzione della fattispecie ed altrettanto erronea sua valutazione in fatto e in diritto” e riproponendo altresì, ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., i motivi di censura sollevati in primo grado e non esaminati.

Ha resistito all’appello il Comune di Avella, argomentandone l’infondatezza e insistendo per il suo rigetto.

Si è costituita altresì la Cooperativa Sociale Ecovigilantes, domandando l’integrale conferma della sentenza impugnata e la reiezione dell’appello.

5. Abbinata al merito su accordo delle parti la trattazione dell’istanza cautelare incidentalmente formulata dall’appellante, all’udienza del 13 febbraio 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. Come accennato in precedenza, Irpiniambiente, società interamente partecipata dalla Provincia di Avellino ed affidataria sin dal gennaio 2010 del servizio di gestione del ciclo di raccolta dei rifiuti anche nell’ambito del territorio del Comune di Avella, sostiene – in estrema sintesi- che l’ente non avrebbe potuto indire la gara de qua per

la gestione del ciclo dei rifiuti, in quanto la gestione del servizio nel territorio comunale e non avrebbe potuto esserle sottratta fino all’indizione della gara da parte dell’Ente d’Ambito ovvero dai comuni già costituiti in SAD o in forma associata mediante unione oppure convenzione (ai sensi della legge regionale della Campania 26 maggio 2016, n. 14, “Norme di attuazione della disciplina europea e nazionale in materia di rifiuti”), fattispecie tutte non ricorrenti nel caso di specie.

Di conseguenza avrebbe errato il Tribunale a dichiarare inammissibile l’impugnazione proposta solo avverso l’aggiudicazione e non anche verso il bando di gara, dal momento che solo dall’aggiudicazione le sarebbe derivata la lesione, concreta e attuale della propria posizione giuridica, tanto più che nel caso di specie non sarebbero venute in considerazione clausole immediatamente escludenti e perciò da impugnare immediatamente.

Secondo l’appellante , in ogni caso poi il Tribunale non avrebbe tenuto conto che l’impugnazione proposta, ancorché diretta principalmente nei confronti dell’aggiudicazione, era stata effettivamente estesa anche agli atti indittivi della gara, non potendo qualificarsi una mera clausola di stile la frase “impugnazione di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso” (posto che tra gli atti presupposti rientra certamente il bando di gara); inoltre, alcun onere di immediata impugnativa del bando di gara poteva esserle imputato, non avendo avuto tempestiva ed effettiva notizia dell’indizione della gara ed essendo nell’impossibilità di controllare tutti i bandi aventi ad oggetto il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottati dai comuni della Provincia di Avellino. In relazione a quest’ultimo profilo l’appellante invoca a sostegno della propria tesi l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui le norme in tema di pubblicazione telematica degli atti devono essere applicate con particolare cautela e quindi sottostare ad un canone di interpretazione restrittiva, specie allorquando si devono determinare gli effetti di conoscenza legale associabili a siffatta tipologia di esternazione comunicativa, aggiungendo che in difetto della

comunicazione dell’atto il termine per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi decorre dal momento dell’avvenuta conoscenza degli stessi ed evidenziando che nel caso di specie le sarebbero state comunicate soltanto l’avvenuta aggiudicazione e la consegna del servizio (all’aggiudicataria).

7. Ai fini della decisione della controversia in esame è necessario premettere quanto segue.

7.1. Il decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (“Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”), convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2020, n. 122, all’art. 14 (rubricato “Patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli enti territoriali”), dopo aver affermato al comma 26 che “l’esercizio delle funzioni fondamentali dei Comuni è obbligatorio per l’ente titolare”, al successivo comma 27 enumera, “ferme restando le funzioni di programmazione e coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all’art. 117, commi terzo e quarto della Costituzione e le funzioni esercitate ai sensi dell’art. 118 della Costituzione”, le funzioni fondamentali dei Comuni, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. p), della Costituzione, ricomprendendovi espressamente alla lettera f) “l’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi”.

7.2. L’art. 1, comma 1, del decreto legge 14 gennaio 2013, n. 1 (“Misure urgenti per il superamento di situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti e di taluni fenomeni di inquinamento ambientale”), convertito con modificazioni dalla legge 1° febbraio 2013, 11, ha previsto che “Il termine di cui al comma 2 ter dell’art. 11 del d.l. 30.12.2019, n. 195, conv. con modd. l. 26.2.2010, n. 25 è differito al 31 dicembre 2015. A partire dalla scadenza del termine di cui al primo periodo si applicano le disposizioni dell’art. 17, comma 27, lett. f), del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni”.

7.3. In tale quadro di riferimento delineato dalla normativa nazionale devono essere collocate sistematicamente le disposizioni della legge regionale della Campania 26

maggio 2016, n. 14 (“Norme di attuazione della disciplina europea e nazionale in materia di rifiuti e dell’economia circolare”) che:

- all’art. 10 (“Competenze dei Comuni”), comma 1, stabilisce che “Le funzioni di organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani spettano ai Comuni che le esercitano in forma associata nel rispetto delle norme di cui al titolo III”;

- all’art. 23 individua gli ambiti territoriali ottimali di gestione del servizio e all’art. 26 individua negli istituendi enti d’ambito gli organi di governo degli ATO, stabilendo al comma 1 che “Per ciascun ATO l’Ente d’Ambito….(lett. c) individua il soggetto gestore del servizio di gestione integrata dei rifiuti all’interno dell’ATO o di ciascun Sub Ambito Distrettuale e affida il servizio ai sensi dell’art. 202 del decreto legislativo 152/2006, utilizzando per la predisposizione degli atti di gara le linee guida e gli schemi tipo predisposti dalla Regione in conformità alle norme vigenti”;

- all’art. 40 (“Regime transitorio dei contratti di servizio”), nel testo in vigore al momento in cui è stato pubblicato il bando relativo alla gara per cui è causa, così disponeva “1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge è consentito di indire procedure di affidamento dei servizi a condizione che siano conformi a quanto disposto dalla presente legge e che prevedano la cessazione espressa ed automatica dell’affidamento a seguito dell’individuazione del nuovo gestore del servizio integrato da parte dell’Ente d’Ambito. 2. In attesa della scadenza dei rapporti in corso, l’Ente d’ambito procede agli affidamenti dei servizi secondo le procedure previste in materia dalle leggi nazionali e comunitarie e prevede che le gestioni relative alle porzioni di territorio coperte da contratti in essere sono acquisite alle ulteriori scadenza. Nella fase transitoria di coesistenza di più soggetti affidatari l’Ente d’Ambito disciplina le opportuna differenziazioni transitorie. 3. Le società provinciali, istituite ai sensi del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 195…continuano a svolgere le funzioni assegnate fino alla data dell’effettivo avvio di esercizio da parte del nuovo soggetto gestore individuato ai sensi della presente legge”.

8.4. Da tanto si ricava agevolmente in sintesi che alla data del 31 dicembre 2015:

a) era da considerare cessata la situazione di emergenza in materia di rifiuti della Regione Campania (di cui al decreto legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n, 26) per effetto del quale (ex art. 11) la competenza esclusiva della gestione del ciclo integrato dei rifiuti era stata attribuito alle Province;

b) solo ai Comuni spettava l’esercizio della funzione fondamentale dell’organizzazione e della gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi (art. 14, commi 26 e 27 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla l. 30 luglio 2010, n. 122; art. 1, comma 3, d.l. 14 gennaio 2013, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 1° febbraio 2013, n. 11);

c) nella Regione Campania dall’entrata in vigore della legge regionale 26 maggio 2016, n. 14, fermo restando che le funzioni di organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani spettano ai Comuni che la esercitano in forma associata, nelle more dell’individuazione del nuovo soggetto gestore da parte dell’istituendo Ente d’Ambito era consentito indire nuove procedure di affidamento dei servizi a condizione che fossero conformi alle previsioni della predetta legge, prevedendo la cessazione espressa e automatica dell’affidamento a seguito dell’individuazione del nuovo gestore del servizio integrato da parte dell’Ente d’Ambito, mentre le società provinciali, istituite ai sensi del citato decreto legge n. 195 del 2009, avrebbero continuato a svolgere le loro funzioni fino alla data dell’effettivo avvio di esercizio a parte del nuovo soggetto gestore individuato ai sensi della citata legge regionale.

9. Ciò posto l’appello è infondato.

9.1. Anche a voler ammettere, come prospetta l’appellante, che la disposizione di cui al terzo comma dell’art. 40 della legge regionale della Campania 26 maggio 2016, n. 14 dovesse interpretarsi nel senso di legittimare la gestione del ciclo integrato rifiuto da parte della società provinciale – nel caso di specie Irpiambiente, istituita in

attuazione dell’art. 11 del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26 – fino alla individuazione del nuovo gestore da parte dell’Ente d’Ambito (prospettazione che non convince la Sezione perché implicherebbe l’inutilità della disposizione contenuta nel primo comma e porrebbe gravi problemi sia di compatibilità costituzionale con riguardo alla previsione delle funzioni fondamentali dei comuni ed alla loro gestione, sia di compatibilità comunitaria), deve convenirsi con la conclusione cui è giunto il primo giudice in ordine al fatto che nel caso di specie risulta impugnato soltanto il provvedimento finale della gara indetta dal Comune di Avella, cioè la determina di aggiudicazione n. 1 del 3 gennaio 2019, e non anche, come dovuto, il bando di gara e gli atti prodromici di indizione della gara (determina dirigenziale n.589 del 6 agosto 2018).

Il vulnus alla posizione giuridica dell’appellante non può dirsi derivato pertanto dall’aggiudicazione, bensì proprio dal bando di gara, le cui finalità ed il cui fondamento giuridico erano evidentemente incompatibili con la pretesa di Iripiniambiente di essere il solo gestore del ciclo integrato dei rifiuti secondo la ricordata normativa, nazionale e regionale.

Come bene rilevato dalla sentenza appellata, di fronte alla scelta di affidare il contratto mediante una procedura ad evidenza pubblica, viene immediatamente pregiudicato l’interesse ad una proroga del precedente rapporto, per cui il precedente titolare è posto nell’alternativa di partecipare alla nuova gara o appunto impugnare quest’ultima (Cons. di Stato, V, 27 marzo 2019, n. 2020).

Sussisteva pertanto in capo alla società appellante l’obbligo di immediata impugnazione del bando di gara, in applicazione dei consolidati principi della giurisprudenza puntualmente richiamati dal primo giudice secondo cui la contestazione dell’indizione della gara per l’affidamento in concessione di un bene o di un servizio costituisce una delle tassative ipotesi di immediata lesività del bando

di gara che deve essere impugnato nel termine di trenta giorni (Cons. di Stato, V, 27 marzo 2019, n. 2020; Ad. Plen. 26 aprile 2018, n. 4).

Solo l’eventuale annullamento del bando di gara, ove tempestivamente impugnato, avrebbe poi travolto automaticamente il provvedimento di aggiudicazione, la cui mancata impugnazione non avrebbe dato luogo all’improcedibilità del ricorso.

9.2. Né può trovare favorevole considerazione la deduzione dell’appellante secondo cui la mancata tempestiva impugnazione del bando di gara sarebbe dipesa dalla mancata tempestiva – incolpevole - conoscenza del bando di gara.

Al riguardo è sufficiente osservare che, come eccepito, senza alcuna contestazione sul punto, dal Comune di Avella e dalla controinteressata, il bando della gara di cui si discute è stato pubblicato sull’albo pretorio, così che, indipendentemente da ogni altra considerazione circa le modalità di pubblicazione (profilo che non è oggetto di specifica contestazione da parte dell’appellante), la dedotta mera difficoltà o impossibilità (peraltro meramente soggettiva, non essendo stato fornito alcun elemento per dimostrare una situazione di impossibilità di natura oggettiva) di verificare la pubblicazione di tutti i bandi gara a cui poter partecipare non può costituire causa di giustificazione della omessa impugnazione del bando (ai fini di un eventuale riconoscimento di errore scusabile e rimessione in termini).

Ciò senza contare che com’è noto gli atti di indizione delle gare pubbliche e i relativi bandi non sono soggetti a notifica individuale, ma al generale regime di pubblicità prescritto dagli artt. 72 e 73 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (di cui non è stata neppure contestata l’omissione), mentre nessun obbligo specifico di comunicazione dei bandi di gara era eccezionalmente previsto dalla legge in favore dell’appellante per la sua qualità di società provinciale ex art. 11 del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26

9.3. E’ appena il caso di aggiungere che non può ritenersi satisfattivo dell’onere di tempestiva impugnazione del bando di gara il semplice richiamo della clausola di

chiusura del ricorso di estensione dell’impugnativa anche “agli altri atti della procedura di gara e ad ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso”.

Si tratta, invero, di mera clausola di stile, di per sé inidonea e insufficiente per estendere gli effetti del ricorso contro la determina presupposta di indizione della gara ed il bando, in assenza di un’espressa e tempestiva impugnativa di tali atti.

Ciò in applicazione dei consolidati principi della giurisprudenza secondo i quali “il generico richiamo, nell’epigrafe del ricorso, alla richiesta di annullamento degli atti presupposti, connessi e conseguenti, o la mera citazione di un atto nel corpo del ricorso stesso non sono sufficienti a radicarne l’impugnazione, in quanto i provvedimenti impugnati devono essere puntualmente inseriti nell’oggetto della domanda ed a questi devono essere direttamente collegate le specifiche censure; ciò perché solo l’inequivoca indicazione del petitum consente alle controparti la piena esplicazione del diritto di difesa” (cfr. ex multis Cons. di Stato, VI, 3 ottobre 2018, n. 5672; V, 29 novembre 2017, n. 5609).

9.4. Infine per completezza è da ricordare che pacificamente dal 1 gennaio 2016 i Comuni rientravano nel potere/dovere di esercitare proprio quella funzione di programmazione e organizzazione della gestione del ciclo dei rifiuti solidi urbani e tanto esclude in radice che possa postularsi, come pure suggestivamente adombra l’appellante, la nullità del bando di gara, ai sensi dell’art. 21 septies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

10. In conclusione alla stregua delle osservazioni svolte l’appello deve essere respinto.

11. Le spese sono poste a carico dell’appellante secondo il principio di soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante Irpiniambiente s.p.a. alla rifusione delle spese di giudizio a favore del Comune di Avella e della Cooperativa Sociale Ecovigilantes Onlus- Società Cooperativa che liquida forfettariamente in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00) per ciascuna appellata costituita, oltre oneri e accessori se per legge dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2020.

 

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia in esame, il Consiglio di Stato ha chiarito che, secondo i consolidati principi giurisprudenziali, di fronte alla scelta di affidare il contratto mediante una procedura ad evidenza pubblica, viene immediatamente pregiudicato l'interesse del soggetto interessato ad una proroga del precedente rapporto, con conseguente obbligo, in capo a quest'ultimo, di immediata impugnazione del bando di gara.

Giova premettere, per ragioni di chiarezza espositiva, che la controversia in oggetto nasce dall’appello proposto da una società partecipata dalla Provincia di Avellino – affidataria, dal 2010, del servizio di gestione del ciclo di raccolta dei rifiuti – avverso la sentenza del TAR Campania (Salerno, n. 1107/2019) che aveva respinto il suo ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva, in favore dell’operatore economico controinteressato, del servizio di gestione integrata dei rifiuti solidi urbani nel territorio del Comune di Avella. Secondo l’appellante, infatti, il Comune non avrebbe potuto indire la gara de qua in quanto, alla luce della disciplina nazionale e regionale, la gestione del servizio nel territorio comunale le sarebbe spettata ex lege.

Alla luce di quanto sopra, il Consiglio di Stato ha condiviso la conclusione cui è giunto il giudice di prime cure riguardo l'omessa impugnazione del bando di gara, dal momento che la società appellante si era limitata a gravare solo ed esclusivamente il provvedimento finale della gara indetta dal Comune.

Ciò posto, dunque, secondo i giudici di Palazzo Spada, il vulnus alla posizione giuridica dell’appellante “non può dirsi derivato pertanto dall’aggiudicazione, bensì proprio dal bando di gara”, le cui finalità ed il cui fondamento giuridico erano evidentemente incompatibili con la pretesa dell’appellante di essere il solo gestore del ciclo integrato dei rifiuti secondo la normativa, nazionale e regionale in materia.

Come rilevato dalla sentenza de qua, di fronte alla scelta di affidare il contratto mediante una procedura ad evidenza pubblica, viene immediatamente pregiudicato l’interesse ad una proroga del precedente rapporto, per cui il precedente titolare è posto “nell’alternativa di partecipare alla nuova gara o appunto impugnare quest’ultima” (ex aliis, Cons. St., sez. V, 27 marzo 2019, n. 2020).

Come noto, infatti, la giurisprudenza amministrativa ha elaborato tre ipotesi in cui vige la “speciale” deroga al principio per cui la legittimazione ad impugnare atti di procedure di affidamento di contratti pubblici postula necessariamente che ad esse si sia partecipato e cioè: (i) laddove si contesti in radice l’indizione della gara; (ii) all’inverso, si contesti che una gara sia mancata; o (iii) si impugnino clausole immediatamente escludenti (ex multis, si veda, Cons. St., A.P., sentenze 29 gennaio 2003, n. 1; 07 aprile 2011, n. 4; 25 febbraio 2014, n. 9; 26 aprile 2018, n. 4). Nella casistica così delineata, i giudici amministrativi fanno rientrare nell’ipotesi di contestazione immediata del bando di gara – cui è stata ricondotta la fattispecie in esame – l’ipotesi del titolare di una posizione contrattuale con la stessa amministrazione che ha indetto la nuova gara incompatibile con quest’ultima. Diversa è invece la posizione in cui si trovano i titolari di contratti con pubbliche amministrazioni diverse da quella che ha indetto la nuova gara e che per effetto di quest’ultima verrebbero a trovarsi a competere con un altro operatore economico. Per questa categoria di soggetti la lesione non deriva dalla nuova gara in sé, rispetto alla cui partecipazione sono indifferenti, ma dal relativo esito, con la selezione del nuovo competitore. Pertanto, solo in questo – diverso – non sarebbe ravvisabile un onere di immediata impugnazione del bando di gara.

Alla luce di quanto sopra, dunque, sussisteva in capo alla società appellante l’obbligo di immediata impugnazione del bando di gara, in applicazione dei consolidati principi della giurisprudenza puntualmente richiamati dai giudici amministrativi secondo cui “la contestazione dell’indizione della gara per l’affidamento in concessione di un bene o di un servizio costituisce una delle tassative ipotesi di immediata lesività del bando

di gara che deve essere impugnato nel termine di trenta giorni”. In conclusione, solo l’eventuale annullamento del bando di gara, ove tempestivamente impugnato, avrebbe travolto automaticamente il provvedimento di aggiudicazione, la cui mancata impugnazione non avrebbe dato luogo all'improcedibilità del ricorso.

Infine, per quanto qui di interesse, il giudice di seconde cure ha altresì chiarito che non può ritenersi satisfattivo dell’onere di tempestiva impugnazione del bando di gara il semplice richiamo della clausola di chiusura standard del ricorso di primo grado, vale a dire la clausola di estensione dell’impugnativa anche agli altri atti della procedura di gara e ad ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso. Come rilevato dal Consiglio di Stato, si tratta di mera clausola di stile, di per sé inidonea e insufficiente per estendere gli effetti del ricorso contro la determina presupposta di indizione della gara ed il bando, in assenza di un’espressa e tempestiva impugnativa di tali atti. Ciò in applicazione dei consolidati principi della giurisprudenza (cfr. Cons. St., sez. VI, 03 ottobre 2018, n. 5672; sez. V, 29 novembre 2017, n. 5609) secondo cui “il generico richiamo, nell’epigrafe del ricorso, alla richiesta di annullamento degli atti presupposti, connessi e conseguenti, o la mera citazione di un atto nel corpo del ricorso stesso non sono sufficienti a radicarne l’impugnazione, in quanto i provvedimenti impugnati devono essere puntualmente inseriti nell’oggetto della domanda ed a questi devono essere direttamente collegate le specifiche censure”; ciò in quanto solo l’inequivoca indicazione del petitum consente alle controparti la piena esplicazione del diritto di difesa.