Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2020, n. 2836

Non v’è alcuno spazio per poter invocare il soccorso istruttorio in difetto d’una dichiarata volontà del concorrente di ricorrere all’avvalimento, atteso che il soccorso è utile a sanare carenze di elementi formali della domanda, nonché qualsivoglia mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo, ma certamente non è idoneo a sopperire alla mancata manifestazione d’una determinata volontà da parte dell’operatore.

Il soccorso istruttorio vale infatti a superare vizi, carenze e irregolarità di natura formale o documentale, ma non può essere rivolto alla sollecitazione di una dichiarazione di volontà non espressa dal concorrente, né tanto meno può consentirla.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 10240 del 2019, proposto da
Giator 82 Lavori s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Avilio Presutti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza San Salvatore in Lauro 10;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi D’Ottavi, con domicilio eletto presso gli uffici della propria avvocatura, in Roma, via del Tempio di Giove 21;

nei confronti

Ra.Vo. s.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - sede di Roma (sezione seconda) n. 10900/2019, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2020 tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020, con le modalità di cui al comma 6 dello stesso art. 84 come da verbale, il Cons. Alberto Urso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con lettera d’invito del 19 dicembre 2017 Roma Capitale indiceva procedura negoziata ex art. 36, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 per l’affidamento dei lavori di ripristino del calcestruzzo ammalorato sul ponte Tor di Quinto, sostituzione totale dei giunti e rifacimento impermeabilizzazione.

Risultava aggiudicatario della gara il raggruppamento temporaneo di imprese capeggiato dalla Giator 82 Lavori s.r.l.

2. Con determinazione dirigenziale del 10 settembre 2018 la stazione appaltante annullava tuttavia in autotutela l’aggiudicazione atteso che, da controlli eseguiti su piattaforma Anac, era emerso che al tempo della presentazione dell’offerta la Giator 82 aveva ceduto il proprio ramo d’azienda nel quale ricadeva una delle categorie Soa prescritte per la partecipazione alla gara.

3. Avverso il provvedimento d’annullamento, l’“aggiudicazione disposta in favore di RA.VO. s.r.l.”, gli atti correlati e conseguenti la Giator proponeva ricorso davanti al Tribunale amministrativo per il Lazio, integrandolo con motivi aggiunti con cui censurava anche la nota di rigetto dell’istanza di riesame frattanto proposta.

4. Il Tribunale amministrativo adìto, nella resistenza di Roma Capitale e della Ra.Vo. s.r.l., respingeva il ricorso e i motivi aggiunti.

5. Ha proposto appello avverso la sentenza la Giator 82 Lavori coi seguenti motivi:

I) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 83 e 89 d.lgs. n. 50 del 2016; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 56 e 63, par. 1, direttiva 2014/23/UE; violazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma; violazione del principio di massima concorrenzialità;

II) violazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 89 d.lgs. n. 50 del 2016; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 56 e 63, par. 1, direttiva 2014/23/UE; nullità della clausola di gara di divieto di avvalimento con conseguente violazione e/o falsa applicazione dell’art. 31, comma 4, Cod. proc. amm.;

III) carenza d’istruttoria; travisamento;

IV) violazione e/o falsa applicazione delle regole e del contradditorio procedimentali di cui agli artt. 7 ss. l. n. 241 del 1990;

V) omessa pronuncia in relazione ai motivi di doglianza formulati con motivi aggiunti, perciò qui integralmente riproposti.

6. S’è costituita in giudizio Roma Capitale per resistere all’appello, del quale ha chiesto la reiezione, mentre, nonostante regolare intimazione, non s’è costituita la Ra.Vo. s.r.l., in favore della quale - sulla base di quanto dedotto dall’appellante - è stato frattanto effettivamente aggiudicato l’appalto.

7. All’udienza del 21 aprile 2020 tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020, con le modalità di cui al comma 6 dello stesso art. 84, la causa è stata trattenuta in decisione senza discussione orale, sulla base degli atti depositati.

DIRITTO

1. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni di carattere preliminare, stante il rigetto nel merito dell’appello.

2. Col primo motivo l’appellante si duole del mancato accoglimento della censura con cui aveva lamentato in primo grado l’omessa attivazione del soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante, atteso che la Giator era ben provvista del requisito di qualificazione contestato, in specie grazie a un contratto d’avvalimento in essere con altro operatore economico.

Avendo omesso di attivare il soccorso istruttorio nei confronti dell’appellante, la stazione appaltante le avrebbe illegittimamente impedito di comprovare il possesso sostanziale del requisito e di sanare l’irregolarità documentale commessa, così di fatto dando luogo a un’esclusione dalla gara per ragioni di carattere esclusivamente formale, in violazione del principio della “prevalenza della sostanza sulla forma”.

Col secondo motivo l’appellante deduce la nullità della clausola della lex specialis che vietava il ricorso all’avvalimento, nonché afferma l’assenza di falsità nelle proprie dichiarazioni di gara, rilevando al contempo come l’omesso aggiornamento dei dati della piattaforma “Siproneg” utilizzata dalla stazione appaltante - in cui la Giator non aveva dato conto dell’intervenuta cessione del ramo d’azienda - fosse in sé irrilevante a fronte della permanenza sostanziale del requisito controverso, e comunque considerato il valore meramente dichiarativo dei dati esposti nella piattaforma; ribadisce inoltre il possesso sostanziale del requisito, sicché la sola mancanza commessa dall’appellante sarebbe consistita nel non produrre sin dall’origine il contratto d’avvalimento, ciò su cui l’amministrazione avrebbe dovuto consentire di porre rimedio attivando il soccorso istruttorio.

Con un terzo motivo di gravame l’appellante deduce che nessun comportamento scorretto o poco trasparente sia addebitabile alla Giator per aver dichiarato il possesso del requisito contestato, atteso che essa ne era effettivamente provvista; al contrario, la stessa Giator sarebbe stata in realtà pregiudicata, in specie dall’illegittima mancata attivazione del soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante.

2.1. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per via della loro stretta connessione, sono infondati.

2.1.1. Risulta dagli atti che nella domanda di partecipazione alla procedura, datata 5 gennaio 2018, la Giator dichiarava il possesso in proprio del requisito controverso (i.e., categoria “OG3”, prescritta dall’art. 1 della lettera d’invito) richiamando la corrispondente certificazione Soa posseduta (i.e., certificazione “Soa Consult”, n. 4110/63/01) e dichiarando di non voler far ricorso ad avvalimento.

Al di là dei profili afferenti alla dichiarazione in sé resa dall’operatore e al mancato aggiornamento dei dati sulla piattaforma “Siproneg”, rileva in questa sede che in realtà, alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, l’appellante era priva in proprio del suddetto requisito, avendo già provveduto a cedere il ramo d’azienda cui esso faceva capo: come risulta da estratto Anac in atti, l’organismo di attestazione Soa aveva infatti disposto la decadenza della Giator dalla suddetta attestazione n. 4110/63/01 a far data dal 6 ottobre 2017, proprio “a seguito di cessione del ramo d’azienda”.

In tale contesto, non può invocarsi il soccorso istruttorio - la cui omissione, secondo l’appellante, avrebbe illegittimamente impedito alla Giator di dare evidenza del perdurante possesso del requisito - ai fini della produzione del contratto di avvalimento vantato, e della conseguente dimostrazione del possesso requisito per il tramite di siffatto avvalimento.

Secondo le previsioni normative che definiscono e configurano l’istituto, l’avvalimento consiste infatti anzitutto in una manifestazione di volontà espressa dall’operatore, il quale dichiara in sede di gara «che vuole avvalersi delle capacità di altri soggetti» (cfr. art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016).

In tale prospettiva, il concorrente che voglia far ricorso all’avvalimento è tenuto a darne indicazione nell’ambito del Dgue (o, comunque, dei documenti di gara) fornendo le informazioni relative ai soggetti ausiliari (cfr. art. 85, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016; v., in specie, l’apposita sezione prevista dal Dgue presentato dall’appellante), nonché a produrre la corrispondente documentazione, costituita in primis dal contratto d’avvalimento e dalle dichiarazioni dell’ausiliaria sul possesso dei requisiti e l’assunzione degli obblighi verso il concorrente e la stazione appaltante (cfr. art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016).

Al fondamento del ricorso all’istituto si pone dunque la volontà del concorrente, liberamente maturata e chiaramente manifestata in sede di gara per il tramite di corrispondente dichiarazione.

A fronte di un siffatto presupposto non v’è alcuno spazio per poter invocare il soccorso istruttorio in difetto d’una dichiarata volontà del concorrente di ricorrere all’avvalimento, atteso che il soccorso è utile a sanare «carenze di (…) element[i] formal[i] della domanda», nonché qualsivoglia «mancanza, incompletezza e (…) ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo» (art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016), ma certamente non è idoneo a sopperire alla mancata manifestazione d’una determinata volontà da parte dell’operatore.

Il soccorso istruttorio vale infatti a superare vizi, carenze e irregolarità di natura formale o documentale, ma non può essere rivolto alla sollecitazione di una dichiarazione di volontà non espressa dal concorrente, né tanto meno può consentirla.

In caso contrario, da un lato risulterebbe violata la ratio dell’istituto, esteso - fuori dal perimetro delle irregolarità formali - alla manifestazione (tutt’altro che formale, bensì) di volontà del concorrente, che nondimeno quest’ultimo non ha reso; dall’altro sarebbe consentita una modifica sostanziale delle dichiarazioni di gara, incidente sulle stesse modalità di partecipazione (con conseguenze sul canone generale della par condicio tra i partecipanti alla procedura), nonché sull’esecuzione della prestazione da parte dell’operatore economico, e dunque sulla conformazione complessiva dell’offerta.

A conferma dell’inammissibilità del prospettato soccorso istruttorio emergono le evidenti difficoltà applicative dell’istituto nei termini invocati dall’appellante, atteso che la stazione appaltante non si trovava in alcun modo nelle condizioni di poter attivare il soccorso ipotizzato dalla Giator, non essendo in grado di figurarsi la sussistenza d’un vizio consistente nell’omessa manifestazione di una volontà che l’impresa avrebbe in realtà voluto esprimere: seguendo la prospettazione di parte appellante, dovrebbe ritenersi che l’amministrazione sia chiamata ad attivare il soccorso istruttorio in tutti i casi di riscontrata carenza dei requisiti in capo all’impresa, al fine di verificare se essa non abbia per errore omesso di manifestare la propria reale intenzione, consistente nel voler far ricorso all’avvalimento dei requisiti di altra impresa da indicare quale ausiliaria. A seguire gli assunti dell’appellante si dovrebbe pertanto ipotizzare un’applicazione indiscriminata ed “al buio” dell’istituto.

Di qui la palese infondatezza della doglianza formulata.

2.1.2. Alcun rilievo presenta, in tale contesto, la dedotta nullità della clausola di cui all’art. 1 dell’invito che vietava il ricorso all’avvalimento.

Al di là del merito della questione, tuttora dibattuta in giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, V, 17 marzo 2020, n. 1920, ord., che ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria; nonché Id., 23 agosto 2019, n. 5834, che afferma siffatta nullità), è assorbente rilevare come di detta eventuale nullità l’appellante non potrebbe in alcun modo giovarsi nel caso di specie, non avendo comunque fatto ricorso all’avvalimento mediante corrispondente dichiarazione resa in gara.

Considerando infatti che la lex specialis è qui censurata in via incidentale, funzionalmente all’annullamento del provvedimento di autotutela - non già in via principale, attraverso impugnativa diretta alla caducazione dell’invito in sé - di nessuna utilità sarebbe per l’appellante l’accertamento e dichiarazione della dedotta nullità, atteso che resterebbe comunque ferma la mancata dichiarazione resa in sede di gara di voler far ricorso all’avvalimento da parte della Giator, e su ciò non potrebbe intervenire alcuna sanatoria in conseguenza del (mero) accertamento incidentale di nullità della clausola interessata.

2.1.3. Parimenti irrilevanti risultano le doglianze formulate dall’appellante sulle affermazioni presenti nella sentenza in ordine alla scarsa trasparenza e correttezza della condotta tenuta dalla Giator in sede di gara, trattandosi di mero obiter dictum - che la stessa sentenza indica come enunciato “ad colorandum” - che involge comunque profili privi di rilievo ai fini del decidere, anche nella presente sede, stante il valore assorbente dell’insussistenza in sé del requisito di gara contestato.

3. Col quarto motivo di gravame l’appellante censura il rigetto della doglianza con cui aveva dedotto in primo grado la violazione del contraddittorio procedimentale, tramite il quale - nell’ambito dell’invocato soccorso istruttorio - la Giator avrebbe potuto chiarire il possesso del requisito contestato.

3.1. Neanche tale motivo è condivisibile.

3.1.1. S’è già posta in risalto l’irrilevanza nel caso di specie del soccorso istruttorio e la legittima omessa attivazione dello stesso da parte della stazione appaltante (cfr. retrosub § 2.1.1).

In tale contesto, del pari infondata è la doglianza con cui si deduce l’illegittimità dell’azione amministrativa per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di annullamento, atteso che la verifica sul possesso dei requisiti di gara e la conseguente espulsione in caso di loro difetto costituiscono in realtà atti dovuti da parte dell’amministrazione, anche in fase posteriore all’aggiudicazione (cfr., in termini generali, l’art. 32, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016).

In ragione di ciò, peraltro, proprio perché la verifica dei requisiti costituisce atto dovuto, e l’aggiudicazione presuppone del resto il possesso di detti requisiti, nessun legittimo affidamento l’appellante può invocare in relazione all’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione per riscontrata carenza dei requisiti di gara, essendo oltretutto la Giator ben consapevole dell’intervenuta cessione del ramo d’azienda (oltreché dell’omessa dichiarazione in gara di voler ricorrere all’avvalimento).

In tale contesto, l’elemento cui l’appellante fa riferimento per superare la carenza del requisito contestatagli, e che avrebbe addotto laddove fosse stata informata dell’avvio del procedimento, coincide con (l’inammissibile) soccorso istruttorio, sicché risulta confermato - alla luce della comprovata carenza del requisito - che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, con conseguente non annullabilità dello stesso ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990 (cfr. Cons. Stato, V, 25 febbraio 2019, n. 1247; 18 giugno 2018, n. 3721; 27 gennaio 2016, n. 275).

4. Con l’ultimo motivo l’appellante si duole dell’omessa pronuncia sulle censure proposte in primo grado con motivi aggiunti, corrispondenti a quelle già introdotte con ricorso e qui reiterate.

4.1. Il motivo è infondato.

4.1.1. La sentenza dà espressamente atto che “l’istante ha poi proposto motivi aggiunti, con i quali ha gravato il rigetto dell’istanza di autotutela, presentata in data 30 ottobre 2018 (espresso dall’amministrazione per mezzo della nota prot. n. 220257 del 14 novembre 2018…), reiterando sostanzialmente gli stessi motivi di diritto di cui all’atto introduttivo”.

Il rigetto della detta istanza di autotutela aveva in effetti contenuto meramente confermativo del provvedimento impugnato, non dando luogo - in difetto di nuova istruttoria o diversa motivazione - ad alcun rinnovo dell’esercizio del potere e limitandosi a ribadire quanto già disposto, salva la replica in diritto alle deduzioni dell’interessata in ordine alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento; per questo, le censure prospettate con motivi aggiunti coincidevano con quelle del ricorso, come l’appellante qui espressamente riconosce affermando che esse “in buona sostanza reitera(va)no quanto dedotto con il ricorso introduttivo”.

In ragione di ciò l’esame di tali censure è da ritenere ricompreso in quello dei motivi di ricorso - con cui nella sostanza esse coincidevano - come risulta anche dalla circostanza che, nella parte finale della motivazione (sub par. 4) e nel dispositivo la sentenza espressamente afferma di respingere il ricorso come “integrato da motivi aggiunti”.

Tra l’altro, proprio perché meramente confermativo, l’atto nulla aggiungeva sul piano contenutistico all’originario provvedimento gravato, perciò le doglianze dei motivi aggiunti coincidevano sostanzialmente con quelle del ricorso originario, trovando risposta nella sentenza di primo grado, né avrebbero peraltro potuto essere proposte in via autonoma avverso la nota di rigetto dell’istanza di autotutela proprio in quanto atto di mera conferma.

5. In conclusione, per tutte le suesposte ragioni, l’appello è infondato e va respinto.

5.1. Le spese sono poste a carico dell’appellante, secondo criterio di soccombenza, e liquidate nella misura di cui in dispositivo in favore dell’appellata costituita.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge;

Condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite, che liquida nella misura di € 6.000,00, oltre accessori di legge, in favore dell’appellata costituita.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

La V Sezione del Consiglio di Stato, nella pronuncia in oggetto, ha statuito perentoriamente che non è possibile invocare l’istituto del soccorso istruttorio (art. 83, comma 9, D.lgs. n. 50/2016) in difetto di una dichiarata volontà del concorrente di ricorrere all’avvalimento, atteso che il soccorso istruttorio ha il mero fine di sanare carenze di elementi formali della domanda, nonché qualsivoglia mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del Documento di Gara Unico Europeo (DGUE).

L’art. 83, comma 9, D.lgs. n. 50/2016 ha riproposto nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, seppur con una formulazione in parte differente, l’istituto del soccorso istruttorio cosiddetto “rinforzato”, introdotto con il comma 2 bis dell’art. 38 del D.lgs. n. 163/2006 dal D.l. n. 90/2014.

Tale disposizione conferma la scelta del legislatore di privilegiare l’aspetto sostanziale dell’effettivo possesso dei requisiti da parte degli operatori economici partecipanti alla gara rispetto al dato formalistico rappresentato dalla mera correttezza documentale delle dichiarazioni rese. Infatti, la ratio sottesa all’istituto de quo è quella di limitare le ipotesi di esclusione degli operatori economici dalle procedure di gara ai soli casi di carenze gravi e sostanziali dei requisiti di partecipazione alla gara, in ossequio al principio di massima partecipazione.

Con il soccorso istruttorio, si rende possibile la sanatoria degli elementi o dichiarazioni essenziali mancanti o irregolari, purché́ l’operatore economico da un lato sia in effettivo possesso, entro il termine ultimo di presentazione dell’offerta, dei requisiti richiesti per l’ammissione alla gara e, dall’altro, ottemperi alle richieste di integrazione della stazione appaltante entro il termine fissato dalla stessa che può essere superiore ai dieci giorni.

In fatto, nel caso in oggetto, la società ricorrente, già soccombente nel giudizio di primo grado, avrebbe omesso di dichiarare espressamente nel DGUE la volontà di ricorrere all’avvalimento. Di conseguenza, la stazione appaltante, in sede di esame della documentazione di gara, escludeva l’operatore economico dalla procedura di gara.

Il ricorrente, dunque, nel ricorso d’appello, censurava il mancato esperimento dell’istituto del soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante.

Il collegio, respingendo le censure mosse da parte ricorrente, ha sostenuto, che “il concorrente che voglia far ricorso all’avvalimento è tenuto a darne indicazione nell’ambito del Dgue (o, comunque, dei documenti di gara) fornendo le informazioni relative ai soggetti ausiliari (cfr. art. 85, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016; nonché a produrre la corrispondente documentazione, costituita in primis dal contratto d’avvalimento e dalle dichiarazioni dell’ausiliaria sul possesso dei requisiti e l’assunzione degli obblighi verso il concorrente e la stazione appaltante (cfr. art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016).

È opportuno sottolineare che l’avvalimento costituirebbe un’ipotesi eccezionale che richiederebbe un’espressa manifestazione di volontà da parte dell’operatore economico.

L’istituto dell’avvalimento, di matrice comunitaria, ha il fine di facilitare agli operatori economici l’accesso e la partecipazione alle gare pubbliche, consentendo alle imprese non munite dei requisiti partecipativi, di attingere alle capacità tecniche ed economico-finanziarie di altre imprese (Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2019 n. 2243; Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2015 n. 5396; Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2015 n. 257; Cons. Stato, sez. V, 13 marzo 2014 n. 1251).

L’avvalimento costituisce un’eccezione al generale principio che impone ai concorrenti di una gara pubblica di possedere personalmente i requisiti di qualificazione. Tale deroga è giustificata dal fine di garantire una più ampia concorrenza, in piena armonia con il principio del favor partecipationis, consentendo agli operatori economici di dimensioni ridotte (ad esempio le piccole e le medie imprese) di partecipare alle gare pubbliche.

Per i giudici di Palazzo Spada, “Il soccorso istruttorio vale infatti a superare vizi, carenze e irregolarità di natura formale o documentale, ma non può essere rivolto alla sollecitazione di una dichiarazione di volontà non espressa dal concorrente, né tanto meno può consentirla, attesa, dunque, la eccezionalità dell’istituto dell’avvalimento e la necessità di un’esplicita volontà di ricorrervi, non vi è alcuno spazio per poter invocare il soccorso istruttorio in mancanza di una dichiarata volontà del concorrente di ricorrere all’avvalimento.

Definitivamente, secondo il Consiglio di Stato, il soccorso istruttorio vale, a superare vizi, carenze e irregolarità di natura formale o documentale, ma non può essere rivolto alla sollecitazione di una dichiarazione di volontà non espressa dal concorrente, né tanto meno può consentirla.

Diversamente, in caso contrario, da un lato risulterebbe violata la ratio dell’istituto, il quale verrebbe esteso fuori dall’ambito delle irregolarità formali, dall’altro sarebbe concessa una modifica sostanziale delle dichiarazioni di gara, incidente sulle stesse modalità di partecipazione, nonché sullo svolgimento della prestazione da parte dell’operatore economico, e, conseguentemente, sulla conformazione complessiva dell’offerta.