Cons. Stato, Sez. V, 22 aprile 2020, n. 2553

Le prestazioni oggetto di contratti di cooperazione, servizio e/o fornitura, così espressamente definite dall’art. 105, comma 3, lett. c-bis) del Codice dei contratti pubblici, sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico, e non invece direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (cfr. Cons. di Stato, V, 27 dicembre 2018, n. 7256). L’istituto de quo, proprio perché si configura come derogatorio rispetto alla generale disciplina del subappalto, è evidentemente ancorato ai medesimi presupposti applicativi, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa “convenzionata” (in tal senso Cons. di Stato, III, 18 luglio 2019, n. 5068). 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
Il Consiglio di Stato 
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) 


ha pronunciato la presente 

 

SENTENZA

 

sul ricorso in appello numero di registro generale 5441 del 2019, proposto da
OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Lalli e Pierluigi Piselli, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pierluigi Piselli in Roma, alla via Giuseppe Mercalli, n. 13; 


contro 


OMISSIS S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonello Rossi, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabio Trinca in Roma, alla via Portuense, n. 104; 

 

nei confronti

 
OMISSIS, in proprio e quale capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con OMISSIS S.r.l., non costituita in giudizio; 


per la riforma 


della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, sez. I, n. 414/2019, resa tra le parti; 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
Visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS S.p.A.; 
Visti tutti gli atti della causa; 
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2020 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Lalli e Rossi; 
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 

FATTO

1.- Con bando di gara pubblicato il 28 marzo 2014, OMISSIS s.p.a. indiceva una procedura aperta, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dell’appalto integrato di “Progettazione definitiva ed esecutiva e successiva esecuzione dei lavori di riordino e razionalizzazione della fascia costiera di Quartu Sant’Elena – lotto di completamento estendimento rete da Terra Mala a Capitana ID 2011-024”. 
Con determinazione in data 8 luglio 2014 la gara veniva aggiudicata definitivamente all’OMISSIS s.r.l. 
2.- Dopo un primo contenzioso conclusosi a favore dell’appellante, con nuovo ricorso ritualmente proposto dinanzi al TAR per la Sardegna, la concorrente Soc. Coop. Braccianti Riminese impugnava gli esiti della procedura, sull’assunto che l’aggiudicataria avesse perduto i requisiti di qualificazione nelle more della stipula del contratto, per effetto delle dimissioni presentate da parte del direttore tecnico di una delle società mandanti facente parte del costituendo raggruppamento di imprese, di tal che le verifiche di legge avrebbero dovuto concludersi con l’estromissione della controinteressata. 
3.- Con sentenza n. 172/2017, resa nel contraddittorio delle parti, il TAR adito respingeva il ricorso, ma, su gravame della Cooperativa Braccianti Riminese, la sentenza veniva integralmente riformata da Cons. Stato, V, 18 dicembre 2017, n. 5944, che – per l’effetto – disponeva l’annullamento dell’aggiudicazione. 
4.- Con determinazione n. 78 del 13 febbraio 2018 la stazione appaltante: a) prendeva atto della citata sentenza n. 5944/2017 e della estromissione della aggiudicataria dalla gara; b) procedeva alla consequenziale revisione della graduatoria finale, individuazione nel raggruppamento capeggiato dalla Cooperativa Braccianti Riminese il nuovo aggiudicatario; c) disponeva procedersi all’escussione della cauzione provvisoria prestata dall’OMISSIS s.r.l. 
Con nota prot. n. 10339 del 21 febbraio 2018 OMISSIS s.p.a sollecitava il versamento della cauzione provvisoria per un importo di € 73.696,00. 
5.- Avverso la ridetta sentenza n. 5944/2017 l’odierna appellante proponeva ricorso per revocazione (che veniva dichiarato inammissibile da Cons. Stato, V, 2 agosto 2018, n. 4786) e ricorso per cassazione (dichiarato parimenti inammissibile da Cass., SS.UU. [ord.] 9 dicembre 2019, n. 32114). 
La Pellegrini inoltre impugnava con nuovo ricorso dinanzi al TAR per la Sardegna anche la nota con la quale le era stato ingiunto il versamento della cauzione provvisoria, invocando altresì condanna di OMISSIS S.p.A. al risarcimento dei danni per lesione dell’incolpevole affidamento da essa riposto nell’esecuzione della commessa. 
6.- Con la sentenza in epigrafe il primo giudice respingeva il ricorso, sul complessivo ed argomentato assunto: 
a) che il ritiro in autotutela della prima aggiudicazione fosse, in realtà, esito doveroso e vincolato della ritenuta illegittimità della ammissione in gara, quale accertata con sentenza passata in cosa giudicata; 
b) che non sussistesse alcuna affidamento meritevole di tutela, posto che l’esito della procedura era stato determinato non già da un errore di valutazione della stazione appaltante, ma dalla perdita, sopravvenuta alla legittima aggiudicazione, di un requisito per la stipula del contratto, ascrivibile come tale alla sfera di controllo della parte; 
c) che – per quanto la sentenza n. 5499/2017 del Consiglio di Stato nulla avesse disposto in ordine alla sorte della cauzione provvisoria – l’incameramento della stessa dovesse discendere automaticamente, senza necessità di specifica motivazione, dalla mancata sottoscrizione del contratto imputabile alla parte 
7.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, l’Impresa Pellegrini impugna la ridetta statuizione, di cui lamenta la complessiva erroneità ed ingiustizia, auspicandone l’integrale riforma. 
Si è costituita in giudizio per resistere al gravame OMISSIS s.p.a. 
Nel rituale contraddittorio delle parti, alla pubblica udienza del 13 febbraio 2020, sulle reiterate conclusioni dei difensori, la causa è stata riservata per la decisione. 

DIRITTO

1.- L’appello non è fondato e va respinto. 
2.- Con il primo motivo di censura l’appellante lamenta violazione degli artt. 48 e 75 del d. lgs. n. 163/2006, in una ad eccesso di potere sotto plurimo profilo, e si duole della erroneità della sentenza impugnata, nella pare in cui ha respinto la domanda di annullamento della richiesta di escussione della polizza fideiussoria. 
A suo dire: a) la vicenda in esame sarebbe connotata di obiettive peculiarità, posto che la perdita del requisito di partecipazione era sopravvenuta a distanza di anni rispetto all’emissione della polizza fideiussoria e alla dichiarazione in sede di offerta; b) la sentenza del Consiglio di Stato n. 5944/2017 non aveva ordinato all’Amministrazione di procedere all’escussione, di tal che la relativa decisione avrebbe dovuto essere supportata da adeguata motivazione, trattandosi di valutazione ampiamente discrezionale; c) l’art. 75, comma 6, del d. lgs. 163/2006 prevederebbe l’automatismo dell’incameramento della garanzia provvisoria solo ove non fosse possibile addivenire alla stipula del contratto per un fatto ascrivibile all’aggiudicatario, mentre nel caso in esame l’appellante aveva sempre tenuto un atteggiamento diligente e “costantemente collaborativo” nei confronti della stazione appaltante; d) peraltro, l’impossibilità di addivenire alla stipula era, nella specie, dovuta non già alla mancata o insufficiente dimostrazione dei requisiti dichiarati in sede di gara, ma ad una ipotesi, asseritamente distinta, di temporanea perdita sopravvenuta
2.1.- Il motivo non ha pregio. 
L’art. 75 del d. lgs. n. 163/2016, applicabile ratione temporis acti, prevede la prestazione di una garanzia “a corredo dell’offerta”, destinata a coprire “la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario” (comma 6) e destinata ad essere “svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo”. 
Analoga previsione è oggi scolpita all’art. 93 del d. lgs. n. 50/2016, che aggiunge la positiva denominazione di “garanzia provvisoria” e puntualizza – recependo, con formula linguistica più comprensiva, la consolidata elaborazione giurisprudenziale – che la copertura riguarda “ogni fatto riconducibile all’aggiudicatario”. 
La funzione di siffatta garanzia è, infatti, quella, per un verso, di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese in sede di gara e di garantire la serietà e l'affidabilità dell'offerta e, per altro verso, di precostituire una forma di tutela, a favore della stazione appaltante, per l’eventualità che – per fatto (anche successivo alla formulazione dell’offerta) comunque imputabile alla concorrente risultata aggiudicataria – non si addivenga alla stipula del contratto. 
L’escussione della cauzione provvisoria non concreta una sanzione in senso tecnico che colpisca il concorrente per il comportamento tenuto, ma una rappresenta una obiettiva garanzia per il corretto adempimento degli obblighi assunti dagli operatori economici in relazione ad una partecipazione ad una gara di appalto, ivi compresa la dimostrazione del possesso, originario e continuato, dei requisiti dichiarati in sede di offerta e per i quali è avvenuta la ammissione alla gara (Cons. Stato, sez. V, 16 maggio 2018, n. 2896). 
Per l’effetto, l'incameramento è conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, e, come tale, non suscettibile di valutazioni discrezionali da parte dell'amministrazione in relazione ai singoli casi concreti: in particolare, è insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che abbia dato causa all'esclusione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2019, n. 589; Id., sez. V, 24 giugno 2019 n. 4328; Id., sez. V, 17 settembre 2018, n. 5424; Id., ad. plen. 29 febbraio 2016, n. 5; Id., sez. V, 13 giugno 2016, n. 2531). 
Nel caso di specie, i requisiti per la stipula del contratto, ancorché effettivamente posseduti in sede di gara, sono venuti meno nelle more della stipula del contratto, precludendone la stipula per fatto non imputabile alla stazione appaltante e rientrante nel dominio della parte, che avrebbe dovuto garantirne le necessaria continuità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2014, n. 6455). 
Ne discende la correttezza dell’operato della stazione appaltante e l’infondatezza delle formalizzate ragioni di doglianza. 
3.- Con il secondo motivo di appello l’Impresa Pellegrini ha contestato la reiezione della domanda risarcitoria. 
A suo dire, il primo giudice avrebbe trascurato di considerare e valorizzare che, a suo favore, era maturato un legittimo ed incolpevole affidamento sulla realizzazione della commessa, fondato sulle seguenti circostanze fattuali: a) lo svolgimento di una procedura ad evidenza pubblica favorevolmente definita in suo favore con provvedimento di aggiudicazione definitiva dell’8.7.2014; b) l’esito vittorioso, con sentenze passate in giudicato, di entrambi i gradi del contenzioso azionato, in prima battuta, dalla controinteressata avverso gli esiti della procedura di gara aggiudicata in suo favore; c) il conseguente inizio dell’esecuzione dell’appalto, non più tardi del 2.11.2015, consistita nello svolgimento delle attività volte all’elaborazione della progettazione definitiva ed esecutiva; d) le esplicite richieste della stazione appaltante volte alla integrazione e modifica dei progetti onde adeguarli alle proprie esigenze; e) il decorso di un apprezzabile lasso di tempo (oltre due anni), tra l’aggiudicazione in suo favore, l’esito vittorioso dei primi due gradi di giudizio (28.11.2015), il rigetto da parte della stessa OMISSIS dell’istanza in autotutela proposta dalla controinteressata (10.8.2016), l’avvio della seconda vicenda processuale (5.10.2016) e, infine, l’esito al Consiglio di Stato della seconda vicenda processuale (18.12.2017); f) il contegno processuale della stessa OMISSIS s.p.a. che, tanto nella prima vicenda processuale quanto nella seconda (vicende durate in totale più di quattro anni), aveva sempre sostenuto in giudizio argomentazioni contrarie alle tesi della controinteressata. 
3.1.- Il motivo non è persuasivo. 
Di là dalla lunga ed articolata vicenda processuale la istanza risarcitoria trae fondamento sulla asserita lesione, imputabile alla stazione appaltante, dell’affidamento maturato in ordine agli esiti della procedura evidenziale, con ordinato seguito aggiudicatorio e rituale stipula del contratto. 
Sta di fatto che l’annullamento dell’aggiudicazione – disposto in sede giudiziale su ricorso della controinteressata – è dipeso proprio, giusta la narrativa che precede, dalla impossibilità di procedere alla stipula del contratto in forza del venir meno, per fatto imputabile all’appellante, della continuità dei requisiti dichiarati in sede di offerta
Non sussiste, dunque, come esattamente ritenuto dal primo giudice, alcun legittimo affidamento, meritevole di tutela che possa costituire oggetto di pretesa risarcitoria. 
4.- L’appello deve, in definitiva, essere integralmente respinto. 
Sussistono giustificate ragioni, in considerazione delle particolarità della vicenda, per disporre, tra le parti costituite, l’integrale compensazione di spese e competenze di lite. 

P.Q.M. 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. 
Spese compensate. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2020.

 

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

Nella vicenda sottoposta all’esame del Consiglio di Stato l’appellante deduceva, innanzitutto, di avere comprovato l’esistenza di “un contratto continuativo di servizio di gestione, conduzione e manutenzione ordinaria dell’impianto sito in Albairate, sottoscritto in epoca anteriore all’indizione della procedura finalizzata all’aggiudicazione dell’appalto”, in conformità con quanto prescritto dall’art. 105, comma 3, lett. c-bis del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. 
Quest’ultima disposizione (inserita dall’art. 69, comma 1, lett. c) d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56) prevede, invero, che “le seguenti categorie di forniture o servizi, per la loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto: (…) le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto.”
Come è stato chiarito dalla giurisprudenza le prestazioni oggetto di siffatti contratti di cooperazione, servizio e/o fornitura, così espressamente definite dall’art. 105, comma 3, lett. c-bis) del Codice dei contratti pubblici “sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico, e non invece direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (cfr. Cons. di Stato, V, 27 dicembre 2018, n. 7256)”.

È stato, altresì, affermato che “l’istituto de quo, proprio perché si configura come derogatorio rispetto alla generale disciplina del subappalto, è evidentemente ancorato ai medesimi presupposti applicativi, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa “convenzionata”. (cfr. Cons. di Stato, III, 18 luglio 2019, n. 5068). 
Ebbene, secondo il Giudice Amministrativo, non è possibile “valutare l’effettiva disponibilità in capo all’impresa aggiudicataria di un impianto di trattamento o smaltimento capace di ricevere i rifiuti con codice C.E.R. oggetto della presente procedura e situato ad una distanza stradale massima di 90 km (come richiesto dalla legge di gara: cfr. art. 8 del Capitolato Speciale Descrittivo e Prestazionale)” poiché “- anche a voler ammettere in ipotesi, secondo la prospettazione della stessa ricorrente, che l’accordo fosse stato rinnovato per fatti concludenti (tralasciando dunque anche le problematiche concrete che una siffatta modalità di conclusione avrebbe posto alla stazione appaltante ai fini della comprova del requisito di partecipazione)- il contenuto di quel contratto non consentiva di ritenere soddisfatta la prescrizione della legge di gara.”
Invero, secondo il Collegio “tale contratto non poteva ritenersi caratterizzato dai requisiti della generalità, stabilità, continuatività ed anteriorità (connotanti il rapporto di cooperazione in base al paradigma normativo) poiché esso “da un lato era destinato ad esaurire i suoi effetti all’esito della realizzazione dell’impianto o, al più, del decorso del periodo di esercizio provvisorio, dall’altro mancava dei contenuti gestionali, continuativi e generali, che erano stati dichiarati dalla concorrente in sede di gara.”

In definitiva, per il Collegio “il contratto stipulato dall’odierna appellante non configurava un contratto continuativo di servizio di gestione, conduzione e manutenzione ordinaria dell’impianto, in conformità alle prescrizioni di cui all’art. 105, comma 3, lett. c-bis del d.lgs. n. 50 del 2016 e che, pertanto, non legittimasse l’affidamento di prestazioni in appalto dalla prima alla seconda, deve pertanto ritenersi legittima la revoca dell’aggiudicazione disposta per la mancata dimostrazione della sussistenza dei requisiti e delle condizioni necessarie a confermare le dichiarazioni rese in sede di gara dall’operatore”.

Ciò con il corollario che l’appellante non poteva ottenere l’affidamento del contratto, poiché aveva presentato un’offerta in gara senza avere le capacità per eseguire direttamente nei confronti della stazione appaltante le prestazioni di servizi oggetto dell’appalto.