Cons. St., sez. V, 17 marzo 2020, n. 1920

E’ rimessa all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la questione se rientrino nel divieto di clausole di esclusione c.d. atipiche, di cui all’art. 83, comma 8, ultimo inciso,  d.lgs. n. 50 del 2016, le prescrizioni dei bandi o delle lettere d’invito con le quali la stazione appaltante, limitando o vietando, a pena di esclusione, il ricorso all’avvalimento al di fuori delle ipotesi consentite dall’art. 89, d.lgs. n. 50 del 2016, precluda, di fatto, la partecipazione alla gara degli operatori economici che siano privi dei corrispondenti requisiti di carattere economico-finanziario o tecnico-professionale; in particolare, se possa reputarsi nulla la clausola con la quale, nel caso di appalti di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, sia consentito il ricorso all’avvalimento dell’attestazione SOA soltanto da parte di soggetti che posseggono una propria attestazione SOA.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 3073 del 2019, proposto da

C.G.M. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Galante, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia.

contro

Ministero della Difesa, non costituito in giudizio;

Real Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Caliendo, Paolo Cantile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 00356/2019, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Real Costruzioni S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2019 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Galante e Caliendo;

Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.La Real Costruzioni s.r.l., in proprio e quale capogruppo mandataria del R.t.i. Real Costruzioni s.r.l./Elettro Service Group s.r.l., partecipava ad una procedura di gara indetta dal Ministero della Difesa - Aeronautica Militare - 2° Reparto Genio A.M. avente ad oggetto “ampliamento capacità di base deposito carburanti”, dichiarando nella propria offerta tecnica di avvalersi della SOA di impresa ausiliaria.

In data 24 ottobre 2018, però, l’amministrazione ne disponeva l’esclusione per “[…] mancanza attestato SOA della ditta ausiliata”.

All’esito delle operazioni di gara risultava aggiudicatario il R.t.i. concorrente CGM s.r.l./S.P.E.L. s.r.l., a seguito della determinazione della soglia di anomalia pari a 31,785%, con offerta da parte dell’aggiudicatario di un ribasso del 31,707%.

1.1.Avverso la propria esclusione, la lex specialis di gara ed il provvedimento di aggiudicazione in favore del controinteressato, la Real Costruzioni s.r.l. ricorreva al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, facendo presente di avere presentato istanza di riammissione alla gara rimasta senza esito e di avere offerto un prezzo con ribasso del 31,721 %- sicché l’eventuale riammissione in gara avrebbe comportato l’aggiudicazione in suo favore- e chiedendo l’annullamento degli atti impugnati.

I motivi di ricorso sono riassunti come segue nella sentenza gravata:

“-con il primo motivo parte ricorrente contrasta la tesi secondo cui un determinato operatore economico per poter ricorrere all’avvalimento di una SOA debba possedere già una SOA, proponendo una lettura in senso opposto anche dell’art. 20 del disciplinare; con l’avvalimento della SOA, l’operatore sopperisce alla mancanza delle qualificazioni professionali e tecniche ad eseguire il lavoro; deve, ovviamente, essere in possesso degli altri requisiti soggettivi che sono “l’idoneità professionale” e tutti i requisiti dell’art. 80 del codice (che per l’appunto non si dimostrano con la SOA);

- con il secondo motivo si ribadisce che deve essere consentito alle imprese sprovviste dei requisiti tecnici (nella specie la Real Costruzioni è sprovvista di SOA) di poter partecipare alla gara attraverso l’istituto dell’avvalimento, in caso contrario, le piccole e medie imprese si troverebbero nell’impossibilità di partecipare perché sprovviste di SOA e quindi nell’impossibilità di concorrere per acquisire appalti di lavori pubblici; è, dunque, affetta da nullità assoluta la previsione di lex specialis nella parte in cui imporrebbe a tutti i partecipanti di possedere la SOA autonomamente per poter accedere all’istituto dell’avvalimento; limiti per poter adoperare l’avvalimento sono solo quelli tassativamente previsti dai comma 10 e 11 dell’art. 89 del codice, e per l’effetto l’art. 20 del disciplinare nell’introdurre ulteriori limiti è illegittimo/nullo e va disapplicato dal TAR adito.”.

1.2. Costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, il Ministero della Difesa e la controinteressata CGM s.r.l., quest’ultima eccepiva preliminarmente la tardiva impugnazione della lex specialis. Inoltre, proponeva ricorso incidentale, rilevando che la ricorrente principale avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara anche per altro motivo, rappresentato dalla violazione dell’art. 83, comma 1, lett. a) e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, mancando la dimostrazione del requisito dell’idoneità professionale coerente con l’oggetto della gara.

1.3. Con la sentenza indicata in epigrafe, resa in forma semplificata, il giudice adito respingeva il ricorso incidentale e, respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale, ne accoglieva il secondo motivo, dichiarando la nullità della clausola dell’art. 20 del disciplinare di gara e conseguentemente annullando il provvedimento di esclusione della società ricorrente e tutti i successivi atti del procedimento di gara, compresa l’aggiudicazione in favore del R.t.i. CGM s.r.l./S.P.E.I. s.r.l..

2. La società CGM s.r.l., in proprio e quale capogruppo del detto R.t.i., ha avanzato appello con due motivi, con i quali sono riproposti l’unico motivo del ricorso incidentale e l’eccezione di “inammissibilità ed improcedibilità del ricorso introduttivo per tardiva impugnazione delle clausole direttamente escludenti, immediatamente lesive, del Bando di gara e del Disciplinare”.

2.1. Costituitasi in giudizio, la Real Costruzioni s.r.l., in proprio e quale capogruppo del R.t.i. con Elettro Service Group s.r.l., ha concluso per l’infondatezza del gravame, chiedendo che fosse respinto.

2.2. Il Ministero della Difesa non si è costituito in appello.

2.3. Con ordinanza cautelare n. 2993 del 14 giugno 2019 è stata sospesa l’esecutività della sentenza di primo grado, richiamando analogo precedente cautelare di cui all’ordinanza della Sezione, 25 gennaio 2019, n. 344.

2.4. All’udienza del 17 dicembre 2019, previo deposito di memorie delle parti costituite, la causa è stata trattenuta in decisione.

3. L’appello è infondato quanto al motivo col quale si ripropone il ricorso incidentale.

3.1. Invece, quanto al motivo col quale si censura il rigetto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso principale e la decisione di accoglimento, gli atti vanno rimessi all’Adunanza Plenaria, sia perché il punto di diritto sollevato potrebbe dare luogo a contrasti con la recente decisione di questa sezione V, 23 agosto 2019, n. 5834, richiamata nella memoria conclusiva dell’appellata, sia perché involge altra questione di massima di particolare importanza concernente l’interpretazione dell’art. 83, comma 8, ultimo inciso, del d.lgs. n. 50 del 2016.

4. Come anticipato, non è meritevole di accoglimento il motivo di gravame col quale si censura il capo della sentenza che ha respinto il ricorso incidentale.

4.1. Con l’unico motivo di tale ricorso (Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 83, commi 1, lett. a), e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016), CGM s.r.l. ha sostenuto che il R.t.i. Real Costruzioni srl – Elettra Service Group srl andava escluso dalla gara perché:

- nell’impostazione del nuovo codice appalti l’iscrizione camerale è assurta a requisito di idoneità professionale, sicché s’impone una congruenza contenutistica, tendenzialmente completa, tra le risultanze descrittive della professionalità dell’impresa, come riportate nell’iscrizione alla Camera di Commercio, e l’oggetto del contratto di appalto, evincibile dal complesso delle prestazioni in esso previste, come da giurisprudenza richiamata in ricorso (Cons. Stato, III, 10 novembre 2017, n. 5182);

- la Real Costruzioni s.r.l. è iscritta alla CCIAA di Benevento, ma per “lavori edili in genere”, classificazione ATECORI 2007 dell’attività prevalente Codice: 41.2 – Costruzione di edifici residenziali e non residenziali, attività primaria Registro imprese;

- tale attività non è pertinente rispetto a quella oggetto di appalto, alla stregua della giurisprudenza per la quale attività inerente all’oggetto dell’appalto non potrebbe che essere quella “prevalente” svolta dall’impresa, in quanto qualificante ai fini dell’iscrizione nel Registro delle imprese.

4.2. Il motivo è stato respinto osservando che “diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente incidentale, l’esame dell’oggetto sociale della ricorrente principale, come risulta dalla certificazione camerale, mostra come la stessa sia costituita per lo svolgimento di attività coerente con l’opera messa a gara, se è vero che nel suo oggetto sociale rientra l’attività di costruzione, sistemazioni e manutenzioni di gasdotti, oleodotti, ivi compresi impianti e serbatoi;

- la giurisprudenza ha peraltro chiarito che l’identificazione del settore di operatività dell’impresa non possa essere condotta sulla base del codice ATECO, dato di carattere statistico attribuito all’impresa in sede di iscrizione alla Camera di Commercio (Cons. Stato, sez. V, 11 febbraio 2019, n. 985; id., 21 maggio 2018, n. 3035; id., 17 gennaio 2018, n. 262; Cons. Stato, sez. III, 2 luglio 2015, n. 3285)”.

4.3. L’appellante critica la decisione, riproponendo gli argomenti di cui sopra e svalutando la portata dell’oggetto sociale ai fini della sussistenza del requisito di idoneità professionale, sia in generale, sia nel caso specifico, perché la stazione appaltante non ha indicato quale categoria di lavori prevalente la OG1, bensì, per la peculiarità dei lavori oggetto di affidamento (realizzazione di un locale deposito di carburanti per aeromobili), la categoria più specialistica quale la OG6, identificativa di lavori aventi ad oggetto la realizzazione di gasdotti, oleodotti, vie di fuga ecc.

4.4. Il motivo è infondato.

Dalla certificazione camerale e dall’atto costitutivo di Real Costruzioni s.r.l. risulta che nel suo oggetto sociale vi sono diverse attività rientranti nella categoria OG 6, tra cui quelle già riportata nella sentenza di primo grado, da considerare inerenti all’oggetto dell’appalto.

4.4.1. Tale inerenza non può essere esclusa in astratto solo sulla base del codice ATECO attribuito al momento dell’iscrizione camerale, sia perché la legge di gara non richiedeva l’attivazione di un codice appartenente ad un determinato settore merceologico, sia perché, più in generale, si condivide e ribadisce l’orientamento giurisprudenziale richiamato dal primo giudice, il codice risultante dall’iscrizione camerale ha solo funzione di classificazione delle attività economiche di carattere statistico e pertanto non ha rilievo decisivo ai fini della verifica del requisito di idoneità professionale (cfr., oltre ai precedenti citati nella sentenza appellata, Cons. Stato, V, 29 maggio 2018, n. 3216 e diversi altri).

4.4.2. L’inerenza dell’attività professionale della Real Costruzioni s.r.l. all’oggetto dell’appalto non può essere esclusa nemmeno in ragione del fatto che come categoria di lavori prevalente sia stata indicata non la OG1, ma la OG6, per la peculiarità dell’opera da realizzare: sia perché, come detto, l’oggetto sociale della Real Costruzioni comprende attività rientranti nella categoria OG6, sia perché l’indicazione di quest’ultima è funzionale alla richiesta di attestazione di qualificazione SOA ed il requisito di idoneità professionale, contemplato dall’art. 83, comma 1, lett. a), e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto volto a selezionare tutti gli operatori operanti nel settore economico di riferimento dell’oggetto dell’appalto, va tenuto distinto dai requisiti attinenti la qualificazione delle imprese partecipanti alla procedura, di cui allo stesso art. 83, comma 1, lett. b) e c), e commi 4-6.

4.5. Il primo motivo di appello va respinto.

5. Con il secondo motivo viene dedotto che l’illegittimità della clausola dell’art. 20 del disciplinare, in applicazione della quale è stata disposta l’esclusione di Real Costruzioni s.r.l., erroneamente sarebbe stata qualificata dal primo giudice in termini di nullità, con conseguente sua rilevabilità d’ufficio ed ammissibilità del ricorso malgrado la mancata tempestiva impugnazione della legge di gara.

5.1. Orbene, con la sentenza appellata si è ritenuta la nullità della clausola – a mente della quale “i concorrenti possono soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale richiesti nel presente disciplinare di gara, avvalendosi dell'attestazione SOA di altro soggetto ad esclusione delle categorie di cui all’art.2, comma 1 del Decreto ministeriale 10 novembre 2016, n. 248, ai sensi del comma 11 dell’art. 89 del Codice. Ai sensi del combinato disposto degli articoli 84 e 89, comma 1 del Codice i concorrenti che ricorrono all'istituto dell'avvalimento devono, pena esclusione, essere in possesso di propria attestazione SOA da attestare secondo le modalità indicate nel precedente punto 17 […]”- perché imporrebbe un requisito a pena di esclusione ulteriore rispetto a quelli previsti dalla legge, in violazione dell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui “i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.

Il primo giudice è pervenuto a siffatta conclusione prendendo le mosse dall’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, che, come detto in motivazione, “conferisce massima ampiezza all’istituto dell’avvalimento, come imposto dalle norme europee” e “può riguardare anche il possesso dell’attestazione SOA”, senza che sia consentito “alle stazioni appaltanti di porre limitazioni all’utilizzo dell’avvalimento o di conformare il suo utilizzo, se non nei limiti di cui alle previsioni dei commi 3 e 4 del medesimo art. 89 cit.”; da ciò la conseguenza che “la pretesa dell’Amministrazione che l’impresa partecipante alla gara, che utilizza l’avvalimento della SOA di altra impresa, sia in possesso essa stessa di SOA, risulta illegittima” e che la diversa opzione interpretativa espressa dal precedente cautelare di questo Consiglio di Stato, V, 25 gennaio 2019 n. 344 (secondo cui “la contestata clausola del bando che limita l’avvalimento non appare affetta da nullità, in quanto, da un lato, è espressione di un potere amministrativo in astratto esistente (quello di disciplinare le modalità dell’avvalimento in corso di gara) e, dall’altro, non può essere qualificata come causa di esclusione <atipica>”) non fosse condivisibile perché “non pare che la stazione appaltante abbia un potere di condizionare l’avvalimento di un certo requisito (pena la contrarietà alla disciplina europea), con l’effetto che quella proposta in gara appare proprio causa di esclusione diversa dalle cause di esclusione contemplate dalla legge”.

5.2. Nel censurare tali statuizioni la CGM s.r.l. rileva, in primo luogo, che l’art. 20 della legge di gara sarebbe in linea con le disposizioni di cui agli artt. 83, 84 e 89 del codice dei contratti pubblici, non rappresentando una clausola “atipica” di esclusione della gara, ma piuttosto la rigida applicazione delle dette disposizioni e, come precisato in memoria, l’espressione della facoltà della stazione appaltante di integrare i requisiti di partecipazione; in secondo luogo, che l’art. 89 riguarda i casi e le modalità di ricorso all’istituto dell’avvalimento, restando in capo alla p.a. il potere di disciplinarne “le modalità di utilizzazione” nella singola gara e, come precisato in memoria, la clausola in contestazione non rappresenterebbe nemmeno una limitazione della facoltà dell’avvalimento, ma un ulteriore requisito di partecipazione determinato con proporzionalità e non discriminazione, considerata la particolare tipologia di opera da realizzare.

L’appellante conclude, quindi, per la legittimità della clausola (come da precedente indicato in memoria, di cui a Cons. Stato, V, n. 1772/13) e, comunque, per la sua impugnabilità nei termini di legge dalla pubblicazione del bando, in quanto immediatamente lesiva.

A supporto delle proprie deduzioni e conclusioni l’appellante richiama l’ordinanza di questa sezione V, 25 gennaio 2019, n. 344, sopra citata.

5.3. L’appellata Real Costruzioni s.r.l. ribadisce le argomentazioni del primo giudice, sostenendo che condizionare il ricorso all’avvalimento al possesso di una SOA sarebbe una “contraddizione in termini” in quanto l’istituto è finalizzato proprio a conseguire quei requisiti di qualificazione che sono certificati dalla SOA e dei quali l’operatore economico è privo; si avrebbe perciò la nullità della clausola perché il “divieto di avvalimento” comporterebbe il “divieto di partecipazione” al di fuori dei casi prescritti dal codice dei contratti pubblici e quindi la violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione. Aggiunge l’esponente che quest’ultimo principio sottrarrebbe all’amministrazione il potere di fissare cause di esclusione non previste e quindi l’operato della stazione appaltante, nel caso in esame, sarebbe esercitato praeter legem, cioè, secondo la tradizionale impostazione dicotomica, in carenza di potere e non nel cattivo esercizio del potere, di modo che il vizio della clausola non sarebbe di annullabilità, bensì di nullità.

Alla medesima conclusione l’appellata giunge, per altra via, esplicitando il ragionamento che sta a base della sentenza gravata e che fa leva sull’istituto dell’avvalimento, come disciplinato dall’art. 89 del codice dei contratti pubblici, e sul divieto di restrizione del suo ambito di applicazione, oltre i casi espressamente previsti dai commi 4, 10 e 11 della disposizione; ciò, anche in ragione del fatto che -contrariamente a quanto si desume essere l’opinione espressa nel primo grado di giudizio dall’Avvocatura dello Stato, per il Ministero della Difesa- il possesso della SOA non può essere equiparato ad un requisito di idoneità professionale dell’operatore economico, per il quale soltanto non è consentito il ricorso all’avvalimento.

Con le memorie depositate dopo la pubblicazione dell’ordinanza cautelare n. 2993 del 14 giugno 2019, di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado, l’appellata contesta che sia pertinente la decisione di questo Consiglio di Stato, V, n. 1772/2013, emessa nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, richiamata dall’appellante, e fa presente che, nelle more, è intervenuta la sentenza della stessa Sezione V, 23 agosto 2019, n. 5834, che ha ribaltato l’orientamento espresso con l’ordinanza cautelare 25 gennaio 2019, n. 344.

6. Come anticipato, si ritiene che la questione oggetto delle contrapposte argomentazioni delle parti debba essere rimessa all’Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99 Cod. proc. amm., intanto, perché potrebbe dare luogo a contrasti giurisprudenziali con la sentenza da ultimo citata.

I termini del contrasto sono quelli che risultano dalle posizioni espresse, da un lato, da tale sentenza (n.5834/2019) e dal T.a.r. per la Toscana nella sentenza gravata (conforme a quelle del T.a.r. della Campania Napoli, 19 novembre 2018, n. 6691, quest’ultima confermata in appello dalla sentenza n. 5834/2019) e, dall’altro, dalle ordinanze cautelari di questo Consiglio di Stato, V, n. 344/2019 e n.2993/2019.

6.1. Giova premettere che la sentenza n. 5834/2019 si è pronunciata su una clausola di un bando di gara del Ministero della Difesa in tutto coincidente con la clausola n. 20 del disciplinare di gara qui in contestazione e sopra testualmente riportata, esprimendo il convincimento che la disposizione “non tanto si limiti a disciplinare la modalità di esercizio dell’avvalimento, ma direttamente ne limiti il ricorso”.

Muovendo dalla ratio dell’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, interpretato alla luce della giurisprudenza amministrativa ed euro unitaria (secondo quanto già affermato dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, 4 novembre 2016, n. 23), come strumentale a garantire la più ampia partecipazione delle imprese alle gare pubbliche, si è escluso che il divieto oggetto della presente controversia riguardi l’avvalimento in relazione ad attività ed a compiti specifici (ai sensi dell’art. 89, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016) e si è piuttosto ritenuto che ponga di fatto in essere “un limite generale al suo ricorso”, al di fuori dei limiti all’avvalimento consentiti alle stazioni appaltanti.

Constatato, quindi, che “la lex specialis di gara – interpretata come fatto dalla stazione appaltante – in sostanza prescriveva che, per poter partecipare alla procedura competitiva fosse necessario disporre comunque di un’attestazione SOA, tant’è che i concorrenti, per potersi eventualmente avvalere di quella di un altro operatore economico, avrebbero in ogni caso dovuto possederne una in proprio”, ha concluso per la nullità della clausola, perché “quella delineata dall’art. 20 del bando non era una disciplina, sia pur restrittiva, delle “modalità” con cui ricorrere all’avvalimento, ma un vero e proprio divieto (di fatto) di ricorrere a tale istituto, incompatibile con la norma cogente attualmente prevista all’art. 89 del Codice dei contratti pubblici” e perché “si è evidentemente in presenza di un potere esercitato (dalla stazione appaltante) praeter legem, nel richiedere dei requisiti non contemplati dalla norma codicistica ed il cui effetto sarebbe quello di vanificare la stessa ratio applicativa di quest’ultima”.

Coerentemente, si è fatta applicazione della speciale disciplina processuale dell’all’art. 31, comma 4 Cod. proc. amm., per cui “la domanda volta all'accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni. La nullità dell'atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d'ufficio dal giudice […]”, trattandosi di azione non costitutiva, bensì di mero accertamento.

6.2. L’ordinanza cautelare n. 344/2019, emessa nell’ambito dello stesso giudizio concluso con la sentenza appena detta, aveva, sia pure nei termini sintetici propri del provvedimento cautelare, espresso l’orientamento contrapposto sia quanto al rapporto con la previsione dell’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 e succ. mod., affermando che la clausola impugnata fosse espressione di un potere amministrativo in astratto esistente , quale è quello di disciplinare le modalità dell’avvalimento in corso di gara, sia quanto al rapporto con l’art. 83, comma 8, ultimo inciso, affermando che non potesse essere qualificata come causa di esclusione <atipica>.

7. Così riassunti i termini del contrasto, si ritiene che non siano affatto decisivi -onde pervenire alla qualificazione del vizio della clausola come di nullità piuttosto che di annullabilità- gli argomenti fondati sull’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, anche dopo l’eliminazione dal primo comma del riferimento che era fatto ai “requisiti di qualificazione di cui all’art. 84”, effettuata col d.lgs. n. 56 del 2017.

Non è in contestazione che l’avvalimento sia consentito per soddisfare la richiesta relativa al possesso di tutti i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’art. 83, lettere b) e c), compreso il caso in cui per la prova del possesso di tali requisiti di qualificazione sia richiesta, ai sensi dell’art. 84, l’attestazione da parte degli appositi organismi di diritto privato (SOA) autorizzati dall’ANAC; così come non è in contestazione che l’avvalimento della SOA di altra impresa sia consentito anche da parte di impresa che ne sia del tutto priva, purché operante nel settore economico di riferimento, quindi fornita del corrispondente requisito di idoneità professionale di cui all’art. 83, comma 1, lett. a).

Parimenti, è dato incontroverso ricavabile già dal testo dell’art. 89, considerato nella sua interezza, che la stazione appaltante abbia il potere di limitare il ricorso all’avvalimento, ma soltanto a determinate condizioni (in specie, delineate dal comma 4) ed inoltre che (fermo restando che ciascun concorrente deve possedere in proprio i requisiti di idoneità professionale e non trovarsi nelle cause di esclusione dell’art. 80) l’avvalimento sia istituto di generale applicazione per conseguire il possesso dei requisiti di partecipazione, potendo essere escluso soltanto nelle ipotesi tipizzate dal legislatore (in specie ai comma 10 e 11 dell’art. 89).

Pertanto, non vi è dubbio che l’esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante al di fuori delle ipotesi consentite o l’introduzione di cause di inammissibilità o di divieto di avvalimento diverse da quelle previste per legge vizia la corrispondente previsione della legge di gara.

7.1. Tuttavia, si ha che la stazione appaltante esercita contra legem detto suo potere, sia nel caso in cui regoli le modalità dell’avvalimento in violazione della norma che lo prevede, sia nel caso in cui limiti o vieti l’avvalimento nei casi non consentiti. In tutti tali casi, il vizio delle corrispondenti clausole della legge di gara, andrebbe qualificato come di annullabilità, alla stregua della tradizionale impostazione dicotomica tra cattivo esercizio del potere e carenza di potere, avuto riguardo a quanto previsto dall’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016.

7.2. Passando però a considerare l’effetto prodotto da tale vizio sulla procedura di gara, si ha altresì che -illegittimamente limitando od escludendo il ricorso all’avvalimento, cioè all’istituto destinato a garantire la partecipazione alla gara di operatori economici che, per definizione, non vi potrebbero altrimenti accedere- esso finisce per comportare, di regola, l’esclusione dalla (partecipazione alla) gara di tutti coloro cui si è illegittimamente impedito il ricorso all’avvalimento.

La clausola corrispondente, perciò, pur non prevedendo direttamente l’esclusione dalla gara se non in possesso di un particolare requisito, finisce per avere il medesimo effetto escludente, che viene raggiunto prevedendo un requisito di partecipazione per il quale non è consentito l’avvalimento.

8. La questione posta dal ricorso allora involge quella, da ritenersi di massima di particolare importanza, dell’interpretazione dell’art. 83, comma 8, ultimo inciso, del Codice dei contratti pubblici, laddove, in applicazione del principio della tassatività delle clausole di esclusione, sancisce la nullità testuale delle ulteriori prescrizioni contenute nei bandi o nelle lettere di invito a pena di esclusione rispetto a quelle previste dallo stesso codice e da altre disposizioni di legge vigenti.

8.1. E’ noto che, come sottolinea l’appellante, le clausole del bando di gara riguardanti i requisiti di partecipazione alle procedure selettive vanno tempestivamente impugnate allorché, contenendo clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione, si configurino come escludenti, quindi idonee a generare una lesione immediata, diretta ed attuale, nella situazione soggettiva dell’interessato, dal momento che la loro asserita lesività non si manifesta e non opera per la prima volta con l’aggiudicazione, bensì nel momento anteriore nel quale i requisiti di partecipazione sono stati assunti come regole per l’amministrazione; tali sono tipicamente quelle legate a situazioni e qualità del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara, esattamente e storicamente identificate, preesistenti alla gara stessa, e non condizionate dal suo svolgimento (cfr. già Cons. Stato, Ad. Plen. 29 gennaio 2003, n. 1 e, da ultimo, id., Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4).

La regola è stata recepita dal d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, all’art. 120, comma 5, laddove sancisce l’onere della tempestiva impugnazione, nel termine di trenta giorni, decorrente dalla pubblicazione, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, qualora siano “autonomamente lesivi”.

8.2. La previsione della nullità testuale dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 impone tuttavia il coordinamento, sul piano processuale, dell’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm. con l’art. 31, comma 4, dello stesso Codice, ponendo perciò la questione della prevalenza di quest’ultima disposizione ogniqualvolta la prescrizione della legge di gara, pur autonomamente ed immediatamente lesiva, in quanto riguardante requisiti soggettivi, sia riconducibile alla fattispecie di divieto di cause di esclusione atipiche.

8.3. Ancora, va considerato che lo stesso comma 8 dell’art. 83 del d.lgs. n. 50 del 2016 assegna alle stazioni appaltanti il compito di indicare le condizioni di partecipazione richieste, con la facoltà di esprimerle come livelli minimi di capacità, tra cui rientra a pieno titolo il possesso di attestazione SOA.

8.4. Nel caso in esame è quindi richiesto un requisito di partecipazione in astratto proporzionato e congruente con l’oggetto e il valore dell’appalto e con la tipologia dei lavori da eseguire.

Tuttavia, la clausola n. 20 del disciplinare di gara è stata interpretata sia dalla stazione appaltante sia dalla sentenza di primo grado (disattendendo il primo motivo di appello che ne proponeva una diversa interpretazione, tuttavia non riproposta dall’appellata ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.) nel senso che il possesso in proprio di un’attestazione SOA fosse condizione per accedere, a pena di esclusione, all’istituto dell’avvalimento. Così interpretata, la lex specialis, per un verso, ha limitato il ricorso a quest’ultimo, per altro verso ha impedito che gli operatori economici, come la ricorrente principale in primo grado, sprovvisti del tutto di qualificazione SOA potessero partecipare alla gara, pur essendo in possesso di idoneità professionale.

9. Riguardo a tale ultima questione va peraltro segnalato che, come già obiettato dal Ministero in primo grado e dall’appellante nel presente, non è chiaramente delineata la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in punto di (il)legittimità delle clausole che impongono, per i contratti di appalto di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, ai concorrenti che vogliono stipulare un avvalimento per il possesso dell’attestazione SOA di averne almeno una in proprio (ragionevolmente, per categorie e classifiche diverse da quelle richieste per i lavori da appaltare).

In proposito, occorre sottolineare che l’orientamento espresso, sia pure nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, dalla sentenza di questo Consiglio di Stato, V, 27 marzo 2013, n. 1772 (che ha ritenuto legittima una limitazione nel senso anzidetto purché espressamente contenuta dalla lex specialis), citata negli scritti di parte, non ha ricevuto, dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, una netta smentita; né risultano interventi giurisprudenziali ex professo volti sia a precisare se vi siano ancora spazi per il corrispondente esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante, anche in relazione a quanto attualmente previsto dall’art. 89, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, sia ad individuare la tipologia di vizio che eventualmente inficerebbe una prescrizione della legge di gara come sopra congegnata.

10. In conclusione risultano rilevanti ai fini della decisione del presente gravame, le risposte ai quesiti che seguono:

a) se rientrino nel divieto di clausole di esclusione c.d. atipiche, di cui all’art. 83, comma 8, ultimo inciso, del d.lgs. n. 50 del 2016, le prescrizioni dei bandi o delle lettere d’invito con le quali la stazione appaltante, limitando o vietando, a pena di esclusione, il ricorso all’avvalimento al di fuori delle ipotesi consentite dall’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, precluda, di fatto, la partecipazione alla gara degli operatori economici che siano privi dei corrispondenti requisiti di carattere economico-finanziario o tecnico-professionale;

b) in particolare, se possa reputarsi nulla la clausola con la quale, nel caso di appalti di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, sia consentito il ricorso all’avvalimento dell’attestazione SOA soltanto da parte di soggetti che posseggono una propria attestazione SOA.

11. La decisione sui detti quesiti è rilevante perché, in caso di ritenuta nullità ai sensi dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016, il regime processuale applicabile sarebbe quello dell’art. 31, comma 4, Cod. proc. amm.; in caso di ritenuta annullabilità, sarebbe applicabile l’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm.: ciò, che -essendo stato il bando pubblicato il 21 settembre 2018 ed il ricorso proposto il 15 novembre 2018- comporterebbe il rigetto dell’appello, nella prima eventualità, e l’accoglimento, nella seconda.

12. Si dispone quindi il deferimento all’Adunanza Plenaria ai sensi dell’art. 99 Cod. proc. amm., con riserva di ogni decisione, anche in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, così provvede:

1) respinge l’appello nei limiti indicati in parte motiva;

2) dispone il deferimento all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato rispetto alle questioni per come precisate nei quesiti sopra formulati;

3) riserva ogni ulteriore decisione, anche in ordine alle spese.

Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al Segretario incaricato di assistere all'Adunanza Plenaria

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2019.

 

GUIDA ALLA LETTURA

Con la sentenza in commento la Quinta Sezione del Consiglio di Stato rimette all’Adunanza Plenaria un quesito di diritto che attiene, da un lato, alla sussistenza (o all’estensione) del potere della stazione appaltante di limitare il ricorso all’avvalimento da parte degli operatori economici e, dall’altro, alla tipologia del vizio che eventualmente inficerebbe tale prescrizione.

La questione appare di centrale rilevanza nella materia della contrattualistica pubblica, poiché involge istituti e categorie giuridiche che presentano significative ricadute sotto il profilo processuale e, più in generale, giurisdizionale.

Al riguardo è necessario enucleare le due distinte posizioni su cui si fonda il contrasto interpretativo.

Quanto alla prima (esemplificativamente espressa nella sentenza n.5834/2019 della Sezione V del Consiglio di Stato), essa valorizza la funzione dell’avvalimento, riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa ed euro-unitaria, come istituto volto a garantire la più ampia partecipazione delle imprese alle gare pubbliche: secondo tale tesi, le clausole restrittive contenute nel bando pongono di fatto in essere “un limite generale” al ricorso dell’avvalimento, essendo poste al di fuori dei limiti consentiti alle stazioni appaltanti dall’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, e perciò non espressive di un potere riconoscibile in capo alla P.A.; si tratterebbe, in altri termini, di prescrizioni adottate in carenza assoluta di potere.

Ne consegue, quale esito applicativo, la nullità di siffatte clausole, e ciò perché la prescrizione contenuta nella lex specialis non rappresenta una disciplina, sia pur restrittiva, delle “modalità” con cui ricorrere all’avvalimento, ma un vero e proprio divieto (di fatto) di ricorrere a tale istituto; il che risulta, appunto, incompatibile con la norma cogente attualmente prevista all’art. 89 del Codice dei contratti pubblici, e inoltre perché “si è evidentemente in presenza di un potere esercitato (dalla stazione appaltante) praeter legem, nel richiedere dei requisiti non contemplati dalla norma codicistica ed il cui effetto sarebbe quello di vanificare la stessa ratio applicativa di quest’ultima”.

In modo coerente, da tale esito interpretativo deriva anche, sotto il profilo della disciplina processuale, l’applicazione della previsione di cui all’art. 31, comma 4, Cod. proc. amm. e del relativo regime giuridico; sicché, “la domanda […] si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni”. Nondimeno, “la nullità dell'atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d'ufficio dal giudice […]”, trattandosi di azione non costitutiva, bensì di mero accertamento.

Il secondo orientamento - offerto dalle ordinanze cautelari della stessa Sez. V del Consiglio di Stato, n. 344/2019 e n.2993/2019 - giunge invece ad esiti interpretativi contrapposti, sia quanto al rapporto con la previsione dell’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 e succ. mod. (poiché si afferma che la clausola impugnata è espressione di un potere amministrativo in astratto esistente, quale è quello di disciplinare le modalità dell’avvalimento in corso di gara), sia quanto al rapporto con l’art. 83, comma 8, ultimo inciso (giacché si reputa che tale clausola non può essere qualificata come causa di esclusione “atipica”).

Tale soluzione comporta quale effetto, più che la nullità, l’annullabilità della prescrizione restrittiva contenuta nel bando. In altri termini, il vizio delle corrispondenti clausole della legge di gara andrebbe qualificato come vizio comportante l’annullabilità “alla stregua della tradizionale impostazione dicotomica tra cattivo esercizio del potere e carenza di potere, avuto riguardo a quanto previsto dall’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016”. Vi sarebbe in tal caso anche un’altra importante conseguenza. Infatti, l’effetto prodotto da tale vizio sulla procedura di gara è, di regola, quello di comportare l’esclusione dalla gara di tutti coloro cui si è illegittimamente impedito il ricorso all’avvalimento, cioè “il medesimo effetto escludente, che viene raggiunto prevedendo un requisito di partecipazione per il quale non è consentito l’avvalimento”.

La questione - da ritenersi di massima di particolare importanza, secondo il Collegio - riguarda allora l’interpretazione dell’art. 83, comma 8, ultimo inciso, del Codice dei contratti pubblici, laddove, in applicazione del principio della tassatività delle clausole di esclusione, sancisce la nullità testuale delle ulteriori prescrizioni contenute nei bandi o nelle lettere di invito a pena di esclusione rispetto a quelle previste dallo stesso codice e da altre disposizioni di legge vigenti.

Sicché, in tal caso, le clausole del bando di gara contenenti clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione, da ritenersi quindi “escludenti”, vanno tempestivamente impugnate: esse sono, infatti, idonee a generare una lesione immediata, diretta ed attuale, nella situazione soggettiva dell’interessato; ovvero, la loro asserita lesività non si manifesta e non opera per la prima volta con l’aggiudicazione, bensì nel momento anteriore nel quale i requisiti di partecipazione sono stati assunti come regole per l’amministrazione; tali sono tipicamente quelle legate a situazioni e qualità del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara, esattamente e storicamente identificate, preesistenti alla gara stessa, e non condizionate dal suo svolgimento (cfr. già Cons. Stato, Ad. Plen. 29 gennaio 2003, n. 1 e, da ultimo, id., Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4).

Come osserva il Collegio, la regola è stata recepita dall’art. 120, comma 5, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, e comporta quindi l’applicazione dello speciale regime impugnatorio “accelerato”, ivi contemplato.

Alla luce dei sopra evidenziati rilievi, risultano pertanto definiti i termini della questione sottoposta all’Adunanza Plenaria: si perviene così al secondo quesito sottoposto all’esame dell’Adunanza Plenaria, più specifico, e in certo qual modo correlato alla soluzione offerta al primo, costituendone diretta promanazione. Al riguardo, il Collegio ritiene che non sia neppure “chiaramente delineata” la giurisprudenza in punto di (il)legittimità delle clausole che impongono, per i contratti di appalto di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, ai concorrenti che vogliono stipulare un avvalimento per il possesso dell’attestazione SOA di averne almeno una in proprio. Infatti, l’orientamento espresso dalla sentenza di questo Consiglio di Stato (sent. V, 27 marzo 2013, n. 1772), che ha ritenuto legittima una limitazione nel senso anzidetto, non ha ricevuto, dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, una netta smentita; né risultano interventi giurisprudenziali successivi volti a comporre, sul punto, il contrasto giurisprudenziale.