Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1328

Nessun impedimento alla partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici può essere posto ad imprese sottoposte a concordato “in bianco” ex art. 161, comma 6, l. fall.

Nondimeno, in tanto la partecipazione dell’impresa in concordato con riserva di presentazione della proposta e del piano è consentita, in quanto l’autorizzazione del Tribunale fallimentare che accerti la capacità economica della stessa di eseguire l’appalto intervenga nel corso della procedura di gara.

Del resto, solo nella gara è concepibile che sia fatta quella «valutazione in concreto circa l’affidabilità dell’impresa» (prevista dal diritto euro-unitario sugli appalti pubblici, ed in particolare dall’art. 57, par. 4, secondo periodo, della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014), e non quando la procedura si è oramai conclusa.

Non è infatti in discussione l’equiparazione tra concordato con continuità aziendale e concordato con riserva di presentazione del piano di continuità aziendale, ai fini della possibilità di partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma il diverso profilo della tardività dell’autorizzazione del Tribunale fallimentare rispetto alla procedura di affidamento.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8645 del 2019, proposto da
Cicchetti Remo & Figlio s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore ed amministratore unico in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Laura Marras, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, corso Vittorio Emanuele II 18;

contro

Acea s.p.a., in persona del responsabile della direzione affari e servizi corporate giusta procura in atti, in proprio e in qualità di mandataria di Acea Ato 2 s.p.a., rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Grazzini, con domicilio digitale p.e.c. da registri di giustizia;
Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale I di Roma, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
Acea Ato2 a.p.a., non costituita in giudizio;

nei confronti

Ircop s.p.a. in proprio e quale capogruppo mandataria con Cebat - Costruzioni Elettriche Bassa Alta Tensione s.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Sede di Roma (Sezione Seconda) n. 9782/2019, resa tra le parti, concernente l’estromissione dell’impresa cooptata Cicchetti Remo & Figlio s.r.l. dalla procedura aperta per l’affidamento dell’accordo quadro avente ad oggetto lavori di manutenzione reti e servizi del ciclo idrico integrato di ACEA ATO2 s.p.a.;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Acea s.p.a. e dell’Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale I Roma;

Viste le memorie e tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2020 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Marras, Marchini per l’Avvocatura dello Stato e Grazzini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. La Cicchetti Remo & Figlio s.r.l. propone appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma in epigrafe, con cui è stato respinto il suo ricorso contro il provvedimento di estromissione dalla procedura di gara per l’affidamento dell’accordo quadro avente ad oggetto lavori di manutenzione delle reti idriche e fognarie inerenti al ciclo del servizio idrico integrato svolto da ACEA ATO2 s.p.a., indetta dalla capogruppo ACEA s.p.a. (con bando in data 22 giugno 2018), alla quale la ricorrente aveva partecipato in qualità di mandante cooptata ai sensi dell’art. 92, comma 5, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, del raggruppamento temporaneo di imprese con mandataria la Ircop s.p.a., dichiarato aggiudicatario.

2. L’estromissione, disposta con provvedimento di prot. n. 2756 del 27 marzo 2019, ed allegata relazione istruttoria, all’esito della verifica dei requisiti di partecipazione del raggruppamento temporaneo aggiudicatario, era fondata sul difetto dei requisiti di ordine generale consistenti nella regolarità fiscale e nel non essere sottoposto a procedure concorsuali, rispettivamente previsti dai commi 4 e 5, lett. b), dell’art. 80 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Nel procedimento di verifica dei requisiti era in particolare emerso che la mandante cooptata non aveva versato una rata di pagamento (con scadenza al 31 ottobre 2018) nell’ambito di una procedura di definizione agevolata delle pendenze tributarie, ai sensi del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, alla quale era stata precedentemente ammessa; ed inoltre si trovava sottoposta ad una procedura di concordato con riserva (c.d. “in bianco”), ai sensi dell’art. 161, comma 6, della legge fallimentare, in seguito al ricorso dalla stessa depositato al Tribunale di Roma in data 27 novembre 2018.

3. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito in primo grado ha ritenuto legittimi i presupposti a base dell’estromissione della Cicchetti Remo & Figlio s.r.l. dal raggruppamento temporaneo aggiudicatario della gara, che la stessa mandante cooptata torna a contestare con il presente appello, al quale resistono l’ente aggiudicatore ACEA s.p.a. e l’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale I di Roma.

DIRITTO

1. Con il primo motivo la Cicchetti Remo & Figlio contesta la tesi cui ha aderito il Tribunale amministrativo, secondo cui la presentazione della domanda di concordato “in bianco” è causa di esclusione dalle procedure di affidamento di contratti pubblici in base al sopra citato art. 80, comma 5, lett. b), del codice dei contratti di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016.

2. L’appellante premette in fatto di avere ottenuto nell’ambito della procedura concorsuale l’autorizzazione a partecipare alla gara indetta dall’ACEA del Tribunale fallimentare di Roma, con provvedimento del 3 aprile 2019, sulla base del motivato parere positivo del commissario giudiziale, a sua volta fondato sull’attestazione del professionista asseveratore della compatibilità della commessa con la situazione patrimoniale ed economica della società; quindi evidenzia l’errore di diritto da cui sarebbe inficiata la sentenza, laddove ha affermato il principio secondo cui l’autorizzazione del giudice fallimentare potrebbe consentire «la sola esecuzione del contratto e non anche la partecipazione alla gara». In contrario la medesima appellante sottolinea che la possibilità di partecipare anche in caso di autorizzazione sopravvenuta è ammessa dall’art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare, il quale nella versione ratione temporis applicabile - antecedente alle modifiche introdotte con il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (recante Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici; convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55) - prevede che «Successivamente al deposito del ricorso, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato; in mancanza di tale nomina, provvede il tribunale».

3. Secondo la Cicchetti Remo & Figlio sarebbe errata anche l’interpretazione del citato art. 186-bis, comma 4, l. fall. contenuta nella sentenza, per cui l’autorizzazione ottenuta in sede fallimentare potrebbe consentire la partecipazione dell’operatore economico alle sole procedure di affidamento «iniziate dopo la presentazione della domanda di concordato», e non anche quando la medesima autorizzazione interviene nel corso della procedura di gara. In contrario la medesima Cicchetti Remo & Figlio sottolinea che il procedimento concordatario «non è di istantanea definizione» e che in esso la causa ostativa alla partecipazione alle gare si concretizza solo con il suo esito negativo per l’impresa.

4. Ancora sul punto l’originaria ricorrente sottolinea che concordato preventivo con continuità e concordato in bianco condividono la stessa finalità di consentire ad imprese in crisi di concorrere all’affidamento di contratti pubblici, in deroga al divieto di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016, con l’unica variante che nel secondo questa deroga è operante anche se al momento della presentazione del ricorso non è stato ancora presentato il piano dimostrativo della capacità dell’impresa di continuare la propria attività, in virtù dell’effetto prenotativo del ricorso ex art. 161 della legge fallimentare. In entrambe le ipotesi – soggiunge la Cicchetti Remo & Figlio – le esigenze dell’amministrazione di contrarre con un soggetto affidabile sul piano economico e finanziario, sono comunque tutelate dall’autorizzazione prevista dall’art. 186-bis, comma 4, della medesima legge fallimentare.

5. Le censure così sintetizzate non sono fondate.

6. Può convenirsi con l’appellante in ordine al fatto che l’autorizzazione del tribunale fallimentare a partecipare «a procedure di affidamento di contratti pubblici», prevista dal più volte citato art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare nei confronti dell’impresa in concordato preventivo con continuità aziendale, può intervenire anche nel corso della procedura di gara. Lo si desume dalla formulazione letterale della disposizione in esame, in cui l’autorizzazione del tribunale fallimentare in essa prevista ha come presupposto proprio quello in cui sia pendente una procedura di concordato preventivo con continuità aziendale: ovvero «(s)uccessivamente al deposito del ricorso». L’assunto si può inoltre ricavare dalla più generale funzione del concordato con continuità aziendale, di assicurare che in vista della «prosecuzione dell’attività di impresa», nelle more della procedura la stessa impresa non incontri cesure, malgrado la situazione di crisi che ne ha dato origine.

7. Della funzione ora descritta partecipa anche la versione del concordato con riserva o “in bianco”, la cui introduzione nell’ambito delle procedure concorsuali risale al decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (recante Misure urgenti per la crescita del Paese; convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134). Rispetto al primo quest’ultimo si caratterizza per il fatto di prendere avvio da una domanda al tribunale incompleta (art. 161, comma 6, l. fall.), priva in particolare del piano di concordato prevedente la prosecuzione dell’attività di impresa e della proposta di pagamento dei creditori, ma che consente nondimeno all’imprenditore sin da quel momento di beneficiare degli effetti di carattere concorsuale derivanti dall’apertura della procedura. Essi consistono essenzialmente nell’interruzione delle azioni esecutive in corso, ai sensi dell’art. 168 l. fall., cui però si contrappone la soggezione dell’imprenditore dallo stesso momento al controllo giudiziale.

Nell’ambito di tale funzione di controllo spetta pertanto agli organi della procedura l’autorizzazione al compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, precisamente ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall., per la tutela degli interessi dei creditori concordatari.

8. Nella medesima funzione si iscrive il potere autorizzativo previsto dall’art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare (nella versione applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dal sopra citato decreto-legge n. 32 del 2019) per partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici in caso di concordato con continuità aziendale.

Quest’ultima autorizzazione contiene l’accertamento che tale partecipazione, in vista della successiva acquisizione della commessa pubblica, è conforme agli interessi dei creditori, perché tale da non pregiudicare la solvibilità dell’impresa in concordato, ma eventualmente in grado di produrre per il ceto creditorio un beneficio riveniente dall’acquisto di una nuova fonte di ricavi. Coerente con la natura di atto di accertamento è dunque la sua retroazione al momento in cui la valutazione si riferisce e non già a quella in cui essa è stata formalizzata nell’atto autorizzativo.

9. Quanto ora osservato implica che l’accertamento della capacità dell’impresa di assumere l’appalto pubblico e di portarlo ad esecuzione anche se intervenuto in corso della procedura di gara risale comunque al momento in cui quest’ultima ha presentato la domanda di concordato. Sotto il profilo ora evidenziato non si ravvisano dunque ostacoli ad ammettere che l’autorizzazione ex art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare intervenga nel corso della procedura di gara, anche nel caso del concordato in bianco finalizzato alla continuità aziendale. Come infatti sostiene l’appellante, in tale variante la procedura mantiene il suo carattere unitario, risalente all’epoca in cui è stato proposto il ricorso ex art. 161, comma 6, l. fall. (in questo senso Cass. civ. I, 29 maggio 2019, n. 14713, richiamata dall’appellante in memoria conclusionale). Ciò consente di fare risalire a tale momento, secondo lo schema dell’atto prenotativo, la deroga al divieto di partecipazione a procedure di affidamento per imprese sottoposte a procedure concorsuali ex art. 80, comma 5, lett. b), del codice dei contratti pubblici prevista per il caso di concordato con continuità aziendale.

10. Nel caso oggetto del presente giudizio l’autorizzazione è tuttavia giunta quando la gara si era già conclusa.

Come infatti deduce l’Acea, dopo la scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione alla gara, previsto per il 25 luglio 2018, la Cicchetti Remo & Figlio ha presentato domanda di concordato “in bianco” al Tribunale di Roma il 27 novembre 2018. La gara è stata quindi aggiudicata al raggruppamento temporaneo di cui l’appellante era mandante cooptata con provvedimento del 17 gennaio 2019; l’estromissione di quest’ultima dal raggruppamento temporaneo aggiudicatario è stata quindi disposta all’esito della verifica dei requisiti di partecipazione con il provvedimento del successivo 27 marzo 2019, impugnato nel presente giudizio.

11. A quel momento la Cicchetti Remo & Figlio non era stata ancora autorizzata a partecipare alla procedura di gara in contestazione, né tanto meno aveva presentato il piano di continuità aziendale ai sensi dell’art. 186-bis della legge fallimentare.

Più precisamente, come risulta infatti dai documenti prodotti in allegato al ricorso di primo grado, l’autorizzazione del tribunale fallimentare è infatti del 3 aprile 2019, in accoglimento dell’istanza dell’odierna appellante dell’8 febbraio precedente, su conforme parere del commissario giudiziale del 12 marzo 2019, reso dopo che la società aveva presentato la necessaria attestazione sulla «ragionevole capacità di adempimento» delle obbligazioni derivanti dal contratto d’appalto prevista dal comma 3 del medesimo art. 186-bis da parte del proprio professionista asseveratore (attestazione datata 27 febbraio 2019). Quindi, il piano di continuità è stato presentato il 10 giugno 2019, come viene dato atto nel decreto del Tribunale di Roma in data 16 ottobre 2019, di ammissione al concordato (prodotto in allegato all’appello).

12. Sulla base della documentazione finora esaminata deve ritenersi che la Cicchetti Remo & Figlio ha ottenuto la condizione di legge per partecipare alla procedura di affidamento oggetto del presente giudizio, quale impresa sottoposta a procedura concorsuale, quando la prima si era già conclusa, e dunque quando l’accertamento dell’esistenza di tale causa ostativa alla partecipazione era divenuto definitivo.

Infatti, con l’aggiudicazione definitiva e la successiva verifica dei requisiti di partecipazione del concorrente aggiudicatario, necessaria a rendere efficace il provvedimento conclusivo della fase ad evidenza pubblica, come previsto dall’art. 32, comma 7, cod. contratti pubblici, si realizzano le condizioni di legge per la conclusione del contratto con l’amministrazione aggiudicatrice, ai sensi del successivo comma 8 del medesimo art. 32 d.lgs. n. 50 del 2016. L’aggiudicazione definitiva segna pertanto la conclusione della fase di selezione del contraente privato e, fatta salva l’ulteriore verifica dei requisiti ai fini della relativa efficacia, il momento in cui l’operatore economico partecipante alla procedura di gara deve essere in possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.

13. In tanto può operare l’eccezione al principio di continuità dei requisiti - affermato in generale dalla costante giurisprudenza amministrativa (per tutti: Cons. Stato, Ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8) - di cui beneficiano le imprese in concordato con continuità aziendale in base al sopra citato art. 80, comma 5, lett. b), del codice dei contratti pubblici, in deroga al divieto per le altre procedure concorsuali (nella disciplina vigente all’epoca in cui la gara in contestazione nel presente giudizio è stata bandita), in quanto l’autorizzazione del tribunale fallimentare ai sensi del più volte richiamato art. 186-bis, comma 4, l. fall. intervenga dunque prima della conclusione della fase ad evidenza pubblica. Una volta definita quest’ultima restano invece irrilevanti per l’amministrazione le vicende intervenute nella sfera soggettiva dell’operatore economico.

14. La tesi opposta, su cui si fondano le censure della Cicchetti Remo & Figlio, conduce all’aporia di rendere instabile l’assetto di interessi venutosi a determinare all’esito della procedura selettiva, in contrasto con quanto previsto dal sopra richiamato art. 32, comma 8, cod. contratti pubblici e dunque incerta la posizione dell’amministrazione e del contraente selezionato. L’insostenibilità della tesi dell’appellante si coglie nell’ipotesi in cui il concorrente che ottenga tardivamente l’autorizzazione del tribunale fallimentare sia diverso rispetto all’aggiudicatario: in tale evenienza il primo potrebbe avanzare la pretesa a sovvertire gli esiti di una gara dalla quale è stato legittimamente escluso, ed alla quale abbia in ipotesi fatto seguito la stipula del contratto, in virtù di fatti sopravvenuti alla gara medesima.

15. Le conclusioni cui ora si è giunti non mutano nel caso di specie, in cui l’impresa esclusa era invece parte del raggruppamento temporaneo aggiudicatario, come mandante cooptata ai sensi dell’art. 92, comma 5, del regolamento di esecuzione di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, e dunque di operatore economico non qualificabile come concorrente alla procedura di gara secondo la giurisprudenza amministrativa, ma destinato ad intervenire nella successiva fase di esecuzione del contratto (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 17 marzo 2014, n. 1327, 27 agosto 2013, nn. 4277 e 4278, 10 settembre 2012, n. 4772, 16 settembre 2011, n. 5187). Il diverso ruolo assunto nell’ambito dell’associazione per cooptazione non esonera infatti la mandante cooptata dall’obbligo di qualificarsi per la parte di lavori assunta in proprio, in conformità al principio di carattere generale di buon andamento dell’attività amministrativa e di par condicio tra operatori economici, secondo quanto previsto dalla citata disposizione regolamentare (laddove si pone la condizione che «l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all’importo dei lavori che saranno ad essa affidati» (in questi termini: Cons. Stato, V, 17 marzo 2014, n. 1327, 10 settembre 2012, n. 4772, sopra richiamate). Dalla necessità che la mandante cooptata sia qualificata sul piano tecnico ed economico deriva l’altrettanto inderogabile esigenza che la stessa impresa sia in possesso dei requisiti di ordine generale, tra cui quello previsto dall’art. 80, comma 5, lett. b), del codice dei contratti pubblici di non essere sottoposto a procedure concorsuali, del resto riferito sul piano testuale anche ad un’altra figura non qualificabile come concorrente quale il subappaltatore.

16. Può ancora aggiungersi che in caso di partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici a composizione plurisoggettiva come consorzi ordinari o raggruppamenti temporanei di impresi consente di superare la perdita dei requisiti di partecipazione che colpisca uno dei partecipanti a tali formazioni attraverso una modifica della relativa composizione. La disciplina di tali ipotesi è contenuta nei commi da 17 a 19-ter dell’art. 48 del codice di cui al d.lgs. n. 50 del 2016. Deve tuttavia essere evidenziato sul punto che, ancora una volta, tali modifiche sono consentite qualora «si verifichino in fase di gara», secondo il poc’anzi richiamato comma 19-ter, mentre per i restanti commi le medesime modifiche possono intervenire per «proseguire il rapporto di appalto» (così in particolare il comma 17) o ancora per i «lavori o servizi o forniture ancora da eseguire» (commi 18 e 19). La deroga al principio di continuità dei requisiti di partecipazione è dunque ristretta all’ipotesi di gara ancora in corso o quando essa sia necessaria nell’interesse dell’amministrazione alla sollecita esecuzione del contratto da parte del concorrente aggiudicatario. La medesima deroga non può dunque essere estesa al caso in cui il concorrente sia invece già stato escluso o – come nel caso di specie – estromesso dal raggruppamento temporaneo aggiudicatario.

17. Infine, con riguardo all’esigenza di non fare gravare sull’impresa sottoposta a procedura di concordato i tempi di quest’ultima, ed in particolare quelli del procedimento di autorizzazione ex art. 186-bis, comma 4, l. fall., pure evidenziata l’appellante allorché essa fa riferimento al fatto che la procedura concorsuale «non è di istantanea definizione», va sottolineato in contrario che tanto meno eventuali dilazioni possono essere riversate sull’amministrazione. L’equo bilanciamento dei contrapposti interessi, in relazione al quale il dato fondamentale da tenere in considerazione è che si discute di un’impresa in stato di crisi che nondimeno aspira ad eseguire un appalto pubblico, in deroga alle regole generali sui requisiti di partecipazione alle relative gare, induce a ritenere che debbano essere posti a carico di quest’ultima i rischi connessi ai ritardi con cui sia rilasciata l’autorizzazione del tribunale fallimentare rispetto alla definizione del procedimento di gara e non già sull’amministrazione, estranea alla procedura concorsuale ed interessata a contrarre con un soggetto di cui si certa la capacità economica e finanziaria per aggiudicarsi un contratto.

Paradigmatico del rilievo ora svolto è la vicenda oggetto della presente controversia, in cui l’appellante ha chiesto l’autorizzazione dopo l’aggiudicazione della gara a favore del raggruppamento temporaneo di cui ha fatto parte, così esponendosi al rischio – poi concretizzatosi – che prima del provvedimento del tribunale fallimentare si concludesse la procedura di gara (e del resto nell’istanza autorizzativa l’odierna appellante non ha mancato di rilevare l’urgenza del provvedimento: urgenza tuttavia auto-procurata dalla stessa società).

18. La Cicchetti Remo & Figlio pone inoltre la questione di compatibilità dell’art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs n. 50 del 2016 con il diritto euro-unitario sugli appalti pubblici, ed in particolare con l’art. 57, par. 4, secondo periodo, della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 (sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE), il quale in deroga alla causa di esclusione facoltativa prevista dalla lett. b) del medesimo par. 4, relativa all’operatore economico sottoposto a procedura concorsuale, «pone la necessità di una valutazione in concreto circa l’affidabilità dell’impresa» (così nell’appello), laddove prevede che gli Stati membri possono imporre o consentire alle amministrazioni aggiudicatrici di non disporne l’esclusione qualora si accerti che l’operatore economico «sarà in grado di eseguire il contratto, tenendo conto delle norme e misure nazionali applicabili in relazione alla prosecuzione delle attività nelle situazioni di cui alla lettera b)». Secondo l’appellante sulla questione il Tribunale amministrativo avrebbe operato un non pertinente riferimento alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 28 marzo 2019 C-101/18 (Idi Srl), poiché tale pronuncia, nello stabilire che è compatibile con il diritto sovranazionale prevedere l’esclusione di un’impresa che ha chiesto il concordato preventivo con continuità aziendale con riserva di presentare il piano per la prosecuzione dell’attività, è stata resa con riferimento all’abrogata direttiva 2004/18/CE.

19. La questione va risolta nel senso che non vi è necessità che essa sia deferita alla Corte di giustizia ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Si è infatti affermato in precedenza che nessun impedimento alla partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici può essere posto ad imprese sottoposte a concordato “in bianco” ex art. 161, comma 6, l. fall.: ciò in linea con quanto afferma la stessa appellante e con quanto in effetti si ricava dal sopra citato art. 57, par. 4, secondo periodo, della direttiva 2014/24/UE. Sotto il profilo ora evidenziato deve dunque ritenersi che il diritto euro-unitario è chiaro e che non vi è necessità alcuna di provocare su di esso una pronuncia interpretativa del giudice ad esso preposto.

Nondimeno, si è del pari precisato che in tanto la partecipazione dell’impresa in concordato con riserva di presentazione della proposta e del piano è consentita, in quanto l’autorizzazione del Tribunale fallimentare che accerti la capacità economica della stessa di eseguire l’appalto intervenga nel corso della procedura di gara. La conclusione va ribadita ed anzi appare rafforzata dalla questione di conformità al diritto sovranazionale che la stessa Cicchetti Remo & Figlio pone, dal momento che solo nella gara è concepibile che sia fatta quella «valutazione in concreto circa l’affidabilità dell’impresa» invocata, e non quando la procedura si è orami conclusa.

20. Per la Cicchetti Remo & Figlio il medesimo art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs n. 50 del 2016 sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 41 e 117 della Costituzione, per l’«irragionevole disparità di trattamento di due situazioni e procedure sostanzialmente identiche, ossia quella dell’accesso immediato ovvero differito al concordato con continuità aziendale», e per le restrizioni conseguenti alla libertà di iniziativa economica e alla concorrenza nelle procedure di affidamento di contratti pubblici.

21. Le questioni sono irrilevanti nel presente giudizio e manifestamente infondate.

Va infatti ribadito che non è qui in discussione l’equiparazione tra concordato con continuità aziendale e concordato con riserva di presentazione del piano di continuità aziendale ex art. 161, comma 6, l. fall., ai fini della possibilità di partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma il diverso profilo, peculiare della presente vicenda contenziosa e dunque estraneo all’interpretazione di norme di legge, della tardività dell’autorizzazione del Tribunale fallimentare rispetto alla procedura di affidamento.

Per le medesime ragioni non è ravvisabile alcun contrasto con la libertà di impresa garantita dall’art. 41 Cost.; né tanto meno con il diritto euro-unitario, alla luce di quanto osservato sopra in relazione all’art. 57, par. 4, secondo periodo, della direttiva 2014/24/UE.

22. L’appello deve quindi essere respinto per l’assorbente infondatezza del primo motivo d’appello, senza necessità di esaminare le censure relative all’ulteriore causa di estromissione dalla gara della Cicchetti Remo & Figlio per irregolarità fiscale, rispetto alla quale quella per la sottoposizione della stessa a procedure concorsuali è autonoma, e le contrapposte eccezioni pregiudiziali sollevate da Acea.

Le spese del grado di giudizio possono nondimeno essere compensate per la complessità delle questioni controverse.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese di causa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2020 .

 

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

Con la sentenza in commento la Quinta Sezione del Consiglio di Stato interviene sulla vexata quaestio dell'ammissibilità alla partecipazione alle gare per l'affidamento di pubblici contratti dell'operatore economico che abbia presentato domanda di concordato c.d. “in bianco”. Più precisamente, per quest’ultima procedura concordataria, assume rilievo discriminante, ai fini della possibilità di partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici, la tempestività dell’autorizzazione ottenuta in sede fallimentare: essa deve infatti intervenire nel corso della procedura di gara, e non quando la procedura si è oramai conclusa.

Del resto, concordato preventivo con continuità e concordato “in bianco” condividono, secondo l’A.G.A., “la stessa finalità di consentire ad imprese in crisi di concorrere all’affidamento di contratti pubblici, in deroga al divieto di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016”. In entrambe le ipotesi, infatti, le esigenze dell’amministrazione di contrarre con un soggetto affidabile sul piano economico e finanziario sono tutelate dall’autorizzazione prevista dall’art. 186-bis, comma 4, della medesima legge fallimentare. L’elemento differenziale fra le due fattispecie deriverebbe invece dal fatto che, nel concordato “in bianco”, la deroga posta dal citato art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016, è operante anche se al momento della presentazione del ricorso non è stato ancora presentato il piano dimostrativo della capacità dell’impresa di continuare la propria attività, in virtù dell’effetto prenotativo del ricorso ex art. 161 della legge fallimentare.

Il beneficio degli effetti di carattere concorsuale derivanti dall’apertura della procedura concordataria deriverebbe dunque, anche per il concordato “in bianco”, dalla garanzia offerta ai creditori dalla soggezione dell’imprenditore al controllo giudiziale.

Ed è nell’ambito di tale funzione di controllo che si iscrive il potere autorizzativo previsto dall’art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare (nella versione applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dal sopra citato decreto-legge n. 32 del 2019) a partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici: l’autorizzazione in esame contiene l’accertamento che la partecipazione, in vista della successiva acquisizione della commessa pubblica, è conforme agli interessi dei creditori, perché tale da non pregiudicare la solvibilità dell’impresa in concordato, ma eventualmente in grado di produrre per il ceto creditorio un beneficio riveniente dall’acquisto di una nuova fonte di ricavi. Sicché, l’accertamento della capacità dell’impresa di assumere l’appalto pubblico e di portarlo ad esecuzione, anche se intervenuto in corso della procedura di gara, risale comunque al momento in cui quest’ultima ha presentato la domanda di concordato.

Per tale motivo, la presente pronuncia del Collegio non ravvisa ostacoli ad ammettere che l’autorizzazione ex art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare intervenga nel corso della procedura di gara, anche nel caso del concordato in bianco finalizzato alla continuità aziendale.

Occorre tuttavia circoscrivere l’ambito applicativo del presente assunto, in particolare sotto il profilo temporale. Ed infatti, se è vero che l’aggiudicazione definitiva segna la conclusione della fase di selezione del contraente privato, è pur vero che tale fase individua anche il momento in cui l’operatore economico deve essere in possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.

Di talché, in tanto può operare l’eccezione al principio di continuità dei requisiti - affermato in generale dalla costante giurisprudenza amministrativa (per tutti: Cons. Stato, Ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8) -, in quanto l’autorizzazione del tribunale fallimentare ai sensi del più volte richiamato art. 186-bis, comma 4, l. fall. intervenga prima della conclusione della fase ad evidenza pubblica.

D’altronde, gli effetti sfavorevoli derivanti dal protrarsi oltre il suddetto termine del procedimento di autorizzazione ex art. 186-bis, comma 4, l. fall., non possono essere riversati sull’amministrazione, che è “estranea” alla procedura concorsuale, ed è interessata a contrarre con un soggetto di cui sia certa la capacità economica e finanziaria. L’equo bilanciamento dei contrapposti interessi e, nondimeno, la circostanza che si versi comunque in un’ipotesi di deroga alle regole generali sui requisiti di partecipazione alle commesse pubbliche inducono a ritenere che debbano essere posti a carico dell’impresa i rischi connessi ai ritardi con cui sia rilasciata l’autorizzazione del tribunale fallimentare rispetto alla definizione del procedimento di gara.

La conclusione, cui l’A.G.A. perviene, garantisce anche la compatibilità dell’art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs n. 50 del 2016 con il diritto euro-unitario sugli appalti pubblici, ed in particolare con l’art. 57, par. 4, secondo periodo, della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 (sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE), nella misura in cui non contravviene alla soluzione prospettata dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 28 marzo 2019 C-101/18 (Idi Srl): difatti, solo nella gara è concepibile che sia fatta quella «valutazione in concreto circa l’affidabilità dell’impresa», e non quando la procedura si è oramai conclusa.

Da ultimo, va poi evidenziato che l’annosa questione giurisprudenziale, da cui questa breve guida ha preso le mosse, pare ormai risolta anche in via normativa, atteso che il legislatore, con il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, (c.d. Decreto sblocca cantieri), convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, - anticipando le modifiche apportate dal Codice della crisi d'impresa all'articolo 110 del Codice dei contratti pubblici, il cui “nuovo” quarto comma stabilisce, nel primo periodo, che «Alle imprese che hanno depositato la domanda di cui all'articolo 161, anche ai sensi del sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, si applica l'articolo 186-bis del predetto regio decreto» - ha stabilito ex lege l'assimilabilità dell'operatore economico che ha presentato la domanda di concordato c.d. “in bianco” a quello che ha proposto domanda di concordato con continuità aziendale.

La pronuncia del Collegio appena commentata continua, nondimeno, ad assumere rilievo per le procedure indette in epoca antecedente alla suddetta novella, delimitando in modo razionale, per queste, la deroga alle regole generali sui requisiti di partecipazione alle commesse pubbliche.