Cons. Stato, sez. V, 13 marzo 2020, n. 1818

Il legislatore non ha ritenuto sempre dovuta la verifica di anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, la cui attivazione ha rimesso ad un preciso presupposto fattuale, come pure non ha imposto che, prima dell’aggiudicazione, si proceda sempre ad accertamento della congruità dei costi per la sicurezza indicati in offerta, per aver imposto tale accertamento solo in relaziona ai costi della manodopera (cfr. Cons. Stato, sez. III, 24 giugno 2019, n. 4317sez. III, 1 agosto 2018, n. 4763).

L’indicazione obbligatoria in offerta degli oneri per la sicurezza, imposta dal citato art. 95, comma 10, rafforza il meccanismo congegnato dal legislatore, con l’effetto di spingere la commissione giudicatrice a soffermarsi in ogni caso sugli oneri per la sicurezza indicati e a far emergere prima facie l’eventuale anomalia dell’offerta se manifestamente incongrui. (…)
L’operato della stazione appaltante ed in particolare la scelta di non sottoporre l’offerta dell’aggiudicataria a verifica di anomalia in relazione agli oneri per la sicurezza indicati in offerta, si sottrae in definitiva alle censure sollevate
.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3596 del 2019, proposto da
Coopservice società cooperativa per azioni, in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con Sicuritalia s.p.a. quale mandante, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Colarizi e Paolo Coli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Massimo Colarizi in Roma, via Giovanni Antonelli, n. 49;

contro

Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale - La Spezia, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Provincia della Spezia, non costituita in giudizio;

nei confronti

G.I.VI. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Corrado Mauceri e Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gianluigi Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, n. 11;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 00307/2019, resa tra le parti;


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale - La Spezia e di G.I.VI. s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Massimo Colarizi e Gianluigi Pellegrino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con bando di gara del 26 giugno 2018 (pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 27 giugno 2018) l’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Orientale indiceva una procedura di gara, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento di un “Accordo quadro per servizi di vigilanza armata nell’ambito di competenza dell’Autorità di sistema portuale”, della durata di quattro e relativo alle aree del porto de La Spezia.

1.1. Alla procedura di gara partecipavano G.I.VI. s.r.l. e il r.t.i. tra Coopservice s.c.p.a., mandataria, e Sicuritalia s.p.a., mandante; la prima era proposta quale aggiudicataria per aver riportato, all’esito della valutazione delle offerte tecniche e di quelle economiche, il punteggio più alto (80,625 punti a fronte dei 76,854 punti del r.t.i. secondo graduato).

1.2.La stazione appaltante, con nota 11 settembre 2018, richiedeva alla G.I.VI. s.r.l. di fornire giustificativi in merito al rispetto, quanto al costo della manodopera dichiarata in sede di offerta, dei “minimi salariali retributivi”, come richiesto dall’art. 97, comma 5, lett. d) d.lgs. n. 50.

Fornita tale documentazione, la stazione appaltante riscontrava l’ “esatta rispondenza con gli elementi retributivi annui indicati nelle allegate Tabelle del personale dipendente da istituti di vigilanza privata e servizi fiduciari del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui all’articolo 23, comma 16, del D.Lvo n° 50/2016”, anche per aver il decreto ministeriale 21 marzo 2016, di approvazione delle predette tabelle, ammesso eventuali oscillazioni del costo del lavoro in relazione ad alcuni benefici/oneri. In conclusione, secondo la stazione appaltante, il costo del personale dell’impresa non era inferiore ai minimi salariali retributivi stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.

1.3. Su richiesta della seconda graduata il R.u.p. con nota 19 settembre 2018 precisava che non era necessario procedere a verifica di anomalia dell’offerta, non essendosi verificata la condizione di cui all’art. 97, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (vale a dire aver ricevuto un punteggio pari o superiore ai quattro/quinti dei punteggi massimi previsti dal bando di gara per il prezzo e per gli altri elementi di valutazione tra loro sommati).

1.4. Con provvedimento 10 ottobre 2018, n. 165 la procedura di gara era definitivamente aggiudicata a G.I.VI s.r.l..

2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria con la sentenza segnata in epigrafe, nella resistenza dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Orientale e della controinteressata G.I.VI. s.r.l., respingeva il ricorso proposto da Coopservice s.c.p.a. avverso quell’aggiudicazione, ritenendo infondati i cinque motivi di censura sollevati.

3. Propone appello Coopservice s.c.p.a. nella qualità in epigrafe; resistono al gravame G.I.VI. s.r.l. e l’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure orientale; le parti hanno presentato memorie ex art. 73 Cod. proc. amm., cui sono seguite rituali repliche.

4. All’udienza pubblica del 5 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. Si ritiene di poter prescindere dall’esame dell’eccezione di sopravvenuta improcedibilità dell’appello, in quanto lo stesso è infondato nel merito e va respinto.

5.1.Con il primo motivo di appello si sostiene l’erroneità della sentenza per aver respinto il primo motivo di ricorso diretto a contestare l’operato della stazione appaltante per non aver eseguito la verifica del rispetto degli oneri per la sicurezza, come richiesto dall’art. 95, comma 10, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, prima di procedere all’aggiudicazione del contratto, sull’assunto che, se tale verifica fosse stata effettivamente eseguita, si sarebbe potuto accertare la previsione, nell’offerta dell’aggiudicatario, di un costo degli oneri per la sicurezza inferiore di quasi il 70% al costo minimo non derogabile per la sicurezza e di oltre il 75% agli oneri tabellari per la sicurezza indicati dal decreto ministeriale 21 marzo 2016; la stazione appaltante avrebbe dovuto pertanto dichiarare incongrua e inaffidabile l’offerta di G.I.VI. s.r.l..

5.1.1. Il tribunale ha respinto tale censura ritenendo corretto l’operato dell’amministrazione appaltante in quanto, in caso di offerta non sospettata di anomalia, la stazione appaltante non è tenuta ad effettuare la verifica di congruità e può arrestarsi, giusta la previsione dell’art. 95, comma 10, secondo periodo, d.lgs. n. 50 cit., alla sola verifica del rispetto dei minimi salariali retributivi indicati nelle tabelle ministeriali.

5.1.2. L’appellante deduce l’erroneità di tale conclusione sia “sotto il profilo del corretto inserimento dell’istituto all’interno delle coordinate che, nella materia, orientano il sistema normativa, sia sotto il profilo della corretta interpretazione delle norme, sia sotto il profilo di fatto, non tenendo esso conto dell’esatto tenore né delle richieste formulate da AdSP né della giustificazioni presentate da G.I.VI. s.r.l.”, richiamando innanzitutto le pronunce dell’Adunanza plenaria 24 gennaio 2019, nn. 1, 2 e 3 che, nel rimettere alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la questione della possibilità di esercitare il soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione degli oneri per la sicurezza, hanno precisato che l’obbligo di indicare i costi della manodopera e quelli per la sicurezza dei lavoratori risponde all’esigenza di rafforzare gli strumenti di tutela dei lavoratori, di responsabilizzare gli operatori economici e di rendere più agevoli ed efficaci gli strumenti di vigilanza e controllo da parte delle amministrazioni; non sarebbe pertanto ammissibile procedere a verifica di anomalia solo in presenza di un presupposto, del tutto casuale e statisticamente non frequente, quale il fatto che l’offerta abbia raggiunto i 4/5 del punteggio massimo per entrambe le componenti, qualitativa e quantitativa.

Secondo l’appellante la necessità di procedere sempre alla verifica della congruità degli oneri per la sicurezza aziendale indicati in offerta, unitamente al rispetto dei costi minimi tabellari, troverebbe sicuro fondamento nell’interpretazione sistematica degli articoli 95, comma 10 e 97, comma 5, lett. d) d.lgs. n. 50 cit., poiché la prima disposizione, imponendo la verifica di congruità nei limiti di quanto previsto dalla seconda norma (cioè in relazione “al costo del personale” per accertare che esso “non sia inferire ai minimi salariali retributivi indicati nella apposita tabella di cui all’articolo 23 comma 16 del Codice”), rimanda alle tabelle ministeriali, le quali indicano il “costo medio orario del lavoro”, nel quale sono inseriti (secondo l’indicazione dell’art. 2 del d.m. 21 marzo 2016) anche “gli oneri derivanti da interventi relativi a infrastrutture, attrezzature, macchinari, mezzi connessi all’applicazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni”, ossia, in definitiva, agli oneri per la sicurezza. In definitiva dal coacervo sistematico di tali disposizioni, correttamente e coerentemente interpretate, si ricaverebbe che è sempre dovuta la verifica della congruità dei costi per la sicurezza aziendale, al pari di quella del rispetto dei minimi salariali.

Aggiunge l’appellante che nel caso di specie la verifica sui costi per la sicurezza sarebbe stata effettivamente eseguita, ma in maniera del tutto approssimativa e superficiale, senza avvedersi proprio degli scostamenti percentuali dettagliatamente esposti nel motivo di ricorso.

5.1.3. Il motivo è infondato.

5.1.3.1. Occorre principiare l’esame del motivo di appello dall’ultima argomentazione esposta; la documentazione versata in atti consente di affermare che l’amministrazione non abbia espletato il giudizio di anomalia dell’offerta della Coopservice, ma si sia limitata ad accertare il rispetto dei minimi salariali tabellari in relazione al costo della manodopera indicato dalla controinteressata.

Infatti è vero che Coopservice, nelle tabelle del costo del lavoro, si è data carico di indicare per ognuno dei singoli livelli di appartenenza dei dipendenti impiegati, anche gli “oneri sicurezza”, ma è altrettanto evidente, proprio dalla lettura dei documenti redatti dalla stazione appaltante (segnatamente dal “verbale verifica requisiti e costo manodopera” del 7 ottobre 2018, il cui contenuto dispositivo, con la relativa motivazione, è stato descritto nella parte in fatto), che la stazione appaltante ha limitato il proprio accertamento al rispetto dei minimi salariali retributivi stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate.

5.1.3.2. Punto centrale dell’odierna controversia è, allora, stabilire se la stazione appaltante fosse tenuta alla verifica di congruità degli oneri per la sicurezza aziendale indicati dall’aggiudicataria, anche in assenza delle condizioni per procedere alla verifica di anomalia dell’offerta previste dall’art. 97, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n.50.

Quest’ultimo stabilisce che “Quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara”. Il successivo comma 6 specifica che “La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.

E’ da aggiungere che l’offerta anormalmente bassa è quella che non corrisponde ad un giudizio tecnico di “congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità” (art. 97, comma 1, d.lgs. n. 50 cit.).

5.1.3.3. La lettura combinata di dette disposizioni porta a ritenere che, in caso aggiudicazione col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante è tenuta ad effettuare il giudizio di anomalia per quelle offerte che risultino aver superato i quattro/quinti del punteggio massimo previsto dal bando per i criteri quantitativi e qualitativi, mentre è rimessa alla sua discrezionalità se procedere al giudizio di anomalia qualora elementi specifici inducano a ritenere che l’offerta non sia congrua, seria, sostenibile e realizzabile.

In ogni caso, secondo l’art. 95, comma 10, del citato d.lgs. n. 50 del 2016, è sempre necessario, prima di procedere all’aggiudicazione, “verificare il rispetto di quanto previsto dall’art. 97, comma 5, lett. d)” vale a dire che “il costo del personale (non, n.d.s.) è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 6”.

Ne consegue che il legislatore non ha ritenuto sempre dovuta la verifica di anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, la cui attivazione ha rimesso ad un preciso presupposto fattuale, come pure non ha imposto che, prima dell’aggiudicazione, si proceda sempre ad accertamento della congruità dei costi per la sicurezza indicati in offerta, per aver imposto tale accertamento solo in relaziona ai costi della manodopera (cfr. Cons. Stato, sez. III, 24 giugno 2019, n. 4317; III, 1 agosto 2018, n. 4763.

5.1.3.4. Le suggestive prospettazioni dell’appellante sono pertanto precluse dal tenore letterale delle disposizioni codicistiche; resta solo da chiedersi se il microsistema così delineato sia di per sé ragionevole ovvero se non comporti per la stazione appaltante un’inammissibile rinuncia alla verifica della giusta determinazione dei costi per la sicurezza aziendale, che il legislatore stesso ha percepito come essenziale nella formulazione dell’offerta in gara.

Al riguardo deve osservarsi che se valutata in applicazione di criteri non solo quantitativi, ma anche qualitativi (come dovuto nel caso in cui sia adottato il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa), un’offerta è di regola oggetto di apprezzamento ampio e completo da parte della commissione giudicatrice che, a differenza di quanto avviene nel caso di scelta con il criterio del prezzo più basso, ha la possibilità di cogliere subito eventuali profili di criticità in punto di serietà, congruità ed affidabilità della stessa. È allora non irragionevole, né irrazionale, la scelta del legislatore di limitare l’obbligo di procedere alla verifica di anomalia a quei soli casi in cui ricorre un sospetto di anomalia per la particolare rilevanza del punteggio attribuito (quattro/quinti del punteggio massima previsto dal bando per i criteri quantitativi e qualitativi), rimettendo, per il resto, alla stazione appaltante la decisione, in ragione di quanto percepito nella valutazione dell’offerta, di espletare la verifica di anomalia.

L’indicazione obbligatoria in offerta degli oneri per la sicurezza, imposta dal citato art. 95, comma 10, rafforza il meccanismo congegnato dal legislatore, con l’effetto di spingere la commissione giudicatrice a soffermarsi in ogni caso sugli oneri per la sicurezza indicati e a far emergere prima facie l’eventuale anomalia dell’offerta se manifestamente incongrui.

Nel caso di specie, peraltro, non v’erano ragioni per sospettare dell’anomalia dell’offerta di G.I.VI. s.r.l. alla luce degli oneri per la sicurezza indicati in sede di offerta economica, pari ad € 13.106,00, tant’è che la stessa appellante giunge a dubitarne la congruità solo attraverso una complessa ed elaborata ricostruzione (convincentemente replicata dall’aggiudicataria).

5.1.4. L’operato della stazione appaltante ed in particolare la scelta di non sottoporre l’offerta dell’aggiudicataria a verifica di anomalia in relazione agli oneri per la sicurezza indicati in offerta, si sottrae in definitiva alle censure sollevate.

5.2. Con il secondo motivo di gravame Coopservice si duole che il giudice di primo grado abbia ritenuto irricevibile in quanto tardivamente proposto il secondo motivo di ricorso rivolto a contestare l’ammissione di G.I.VI. s.r.l. alla procedura di gara per violazione dell’art. 3 (Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva) l. 12 marzo 1999, n. 68, (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) in quanto, pur disponendo di un organico ampiamente superiore alle 15 unità, non aveva ottemperato all’obbligo di assunzione delle categorie protette (di cui all’art. 1 della medesima legge).

5.2.1. Il giudice di primo grado ha ritenuto la censura de qua tardivamente proposta poiché, in quanto rivolta a contestare la mancanza di requisiti generali di partecipazione, ai sensi dell’art. 120, comma 2 – bis cod. proc. amm., avrebbe dovuto essere proposta entro trenta giorni dalla pubblicazione del verbale di ammissione sul sito della stazione appaltante, avvenuta il 9 agosto 2018; ciò senza contare, secondo il tribunale, che il legale rappresentante della ricorrente era stato presente alla seduta dell’8 agosto 2018, di ammissione alla procedura, e sarebbe stato in condizione di conoscere il profilo di illegittimità dell’ammissione.

5.2.2. L’appellante per contro sostiene che: a) la giurisprudenza amministrativa ha, con orientamento consolidato, ritenuto irrilevante, ai fini del decorso del termine di impugnazione dell’ammissione, la presenza del legale rappresentante dell’impresa alla seduta in cui sono disposte ammissioni ed esclusioni dei concorrenti; b) la pubblicazione del verbale della seduta dell’8 agosto 2018 non era avvenuta con le forme richieste dall’art. 29 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per l’assenza di una specifica relazione sui motivi inerenti le disposte ammissioni, onde non era stata posta in condizione di avvedersi del profilo di illegittimità poi censurato; c) la stazione appaltante aveva differito l’accesso ai documenti, per il quale aveva prestato istanza il 17 settembre 2018 al 19 ottobre 2018 e solo in quel momento aveva avuto la disponibilità degli atti e dei documenti relativi ai provvedimenti di ammissione.

5.2.3. Il motivo è infondato.

5.2.3.1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo formulata dall’aggiudicataria per la mancata riproposizione delle ragioni ad esso sottese, in quanto l’appellante non si è limitata alla critica delle statuizioni contenute in sentenza, ma, in apertura della trattazione riservata al secondo motivo di appello, ha integralmente riportato le argomentazioni esposte nel motivo di ricorso.

5.2.3.2. Ciò chiarito, si osserva che, se è vero che nella vigenza del rito c.d. super – accelerato di cui all’art. 120, comma 2 – bis Cod. proc. amm., per l’impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione alla procedura di gara, ratione temporis applicabile, la giurisprudenza amministrativa si è orientata nel senso di ritenere irrilevante, ai fini del decorso del termine di impugnazione, la presenza di rappresentante dell’impresa alla seduta in cui sono disposte le ammissioni ed esclusioni (cfr. per l’esposizione delle ragioni, Cons. Stato, sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7256 e le pronunce ivi richiamate), è anche vero che la stessa giurisprudenza ha affermato che, nel caso di provvedimento di ammissione, a differenza di quanto accade per il provvedimento di esclusione, non essendo richiesta, di regola, una particolare motivazione, per essere l’ammissione conseguenza diretta del riscontro dell’assenza di motivi di esclusione di cui all’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, l’obbligo di rendere in concreto disponibili gli atti, imposto dall’art. 29 dello stesso citato d.lgs. n. 50 del 2016, è assolto con la pubblicazione del verbale contenente la disposta ammissione sul sito internet della stazione appaltante, così che da quel momento comincia a decorrere il termine di trenta giorni per l’impugnazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 ottobre 2018, n. 6187).

5.2.3.3. Non conduce a diversa conclusione la circostanza, su cui insiste l’appellante, di aver ottenuto la documentazione inerente l’ammissione dell’aggiudicataria (in tesi decisiva per poter cogliere il profilo di illegittimità dedotto) solamente quando la stazione appaltante ha concesso l’accesso agli atti di gara ovvero solo a partire dal 19 ottobre 2018, poiché, rispetto alla disposta ammissione (avvenuta l’8 agosto 2018), l’istanza di accesso, formulata il 17 settembre 2018, era già stata tardivamente proposta ed è stata proprio tale lenta attivazione dell’operatore ad impedire il rispetto del termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’ammissione (su tale questione, cfr. Cons. Stato, sez. V, 1 agosto 2018, n. 4766, ove è precisato che solo la tempestiva attivazione dell’istanza di accesso ai documenti impone di vagliare se la stazione appaltante abbia tempestivamente consentito l’ostensione).

5.2.4. La sentenza in punto di irricevibilità del motivo di censura in questione va confermata.

5.3. Con il terzo motivo di appello è censurata la sentenza per aver respinto il terzo motivo di ricorso diretto a contestare la congruità ed attendibilità dell’offerta dell’aggiudicataria per non aver inserito, nell’ambito dei costi di manodopera, il costo delle guardie giurate impiegate nella conduzione della Centrale operativa.

Secondo la ricorrente nei giustificativi presentati dall’aggiudicataria il costo della manodopera era stato calcolato, in conformità alle tabelle ministeriali, sommando una serie di voci distinte (“Elementi retributivi annui”, “Oneri aggiuntivi”, “Oneri previdenziali e assistenziali” nonché, infine, “Costi derivanti da disposizioni di legge”) e, tuttavia, nel formare il dettaglio dei “costi derivanti da disposizioni di legge” non aveva effettuato alcun riferimento al costo per la Centrale operativa, il quale, invece, doveva ritenersi rientrante in siffatta categoria per essere previsto, ai sensi dell’art. 134 T.U.L.P.S. – Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, come elemento indispensabile per la concessione della licenza di pubblica sicurezza agli istituti di vigilanza.

5.3.1. Il tribunale ha respinto il motivo aderendo alle difese della controinteressata, secondo cui in sintesi per il d.m. 21 marzo 2016, a differenza di quanto previsto dal d.m. 8 luglio 2009, la gestione della Centrale operativa non costituiva più un “costo obbligatorio per legge”, onde correttamente non era stato inserito tra questi, ma, seguendo l’indicazione proveniente dal decreto ministeriale, era stato “spalmato” sulle altre voci di costo.

5.3.2. L’appellante insiste, però, sul fatto che i “costi derivanti da disposizioni di legge” sono proprio quelli che derivano dall’impiego di servizi o mezzi considerati obbligatori dalla legge e che, comunque, quale che sia la voce pertinente alla loro allocazione, essi sono cospicui e sono stati completamente obliati dall’aggiudicatario.

5.3.3. Il motivo è infondato.

5.3.3.1. Dal raffronto tra il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 21 marzo 2016 con il decreto del medesimi Ministro dell’8 luglio 2009 non si trae, invero, che nell’ambito della voce “costi derivanti da disposizioni di legge” fossero compresi prima ed espunti dopo i costi relativi alla gestione della Centrale operativa, poiché nelle tabelle allegate ad entrambi i decreti ministeriali risulta mancante l’indicazione dettagliata delle varie componenti di siffatta voce di costo.

Ciò trova riscontro nella documentazione in atti e segnatamente nella nota dell’8 luglio 2016 dell’A.I.V.S.F che, richiesta del dettaglio degli elementi costituenti i “costi derivanti da disposizioni di legge”, afferma che non è possibile dar riscontro alla richiesta poiché tale voce risulta essere stata elaborata tenendo conto della media dei costi forniti dagli istituti aderenti all’associazione ed approvata dalle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto.

In sostanza ciascun istituto di vigilanza intende in modo proprio tale voce del costo della manodopera e la media è servita per definire il dato da riportare all’interno delle tabelle ministeriali, anche se, a quanto è dato apprendere dalla stessa Associazione, tra i costi indicati dagli istituti, normalmente non v’è anche quello della gestione della Centrale operativa.

5.3.3.2. A tanto però non consegue la fondatezza della tesi dell’appellante.

Deve infatti osservarsi che l’organizzazione di una Centrale operativa, cui destinare personale specificamente addetto, può essere intesa come “costo derivante da disposizione di legge” solo in senso lato, vale a dire solo nel senso che la legge impone agli istituti di vigilanza, per ottenere la licenza di pubblica sicurezza, di dotarsi di tale strumento operativo; tale qualificazione, però, non comporta in modo automatico l’inserimento del costo dei dipendenti addetti nella corrispondente voce delle tabelle sul costo del lavoro.

È invero più ragionevole ritenere – ed è la ragione decisiva che induce a confermare la sentenza di primo grado, sia pur con diversa motivazione – che altra sia la collocazione di tale costo, ovvero, in parte – quanto ai dipendenti addetti – nel costo del singolo dipendente e, in altra parte – quanto alla struttura ove la Centrale viene situata – nell’ambito dei “costi generali” ovvero dei “mezzi per l’esecuzione dell’appalto”.

Di ciò, d’altronde, è consapevole la stessa appellante secondo cui, quale che sia la collocazione della Centrale operativa, i costi del personale alla stessa addetta sono stati “completamente obliati” dall’aggiudicataria.

Sennonché in tal modo la censura risulta del tutto generica, per non aver fornito specificazione alcuna dei dati/calcoli/conteggi dai quali avrebbe potuto trarsi la conclusione che il costo dei dipendenti addetti alla Centrale operativa non fosse stato affatto considerato dall’aggiudicataria.

5.4. Con il quarto motivo di censura è contestata la sentenza di primo grado per aver respinto il (quarto) motivo di ricorso diretto a dimostrare l’inattendibilità dell’offerta dell’aggiudicataria sotto vari profili, in particolare: a) per aver dichiarato di non utilizzare ore di lavoro delle proprie guardie giurate per il servizio “S06 b Servizio di videosorveglianza e pronto intervento in caso di allarme”, benchè previsto dalla lex specialis di gara con modalità tali da implicare l’allestimento di una organizzazione permanente ed operativa h24; b) per aver indicato un numero di guardie giurante necessarie all’espletamento del servizio sottostimato e comunque in contrasto con quanto esposto nelle tabelle di costo orario allegate ai giustificativi, in quanto, in ragione del numero di ore lavoratore esposte nei giustificativi, avrebbe dovuto impiegare almeno 24 guardie giurate; c) per aver previsto il costo del portiere in misura tale da impiegare un unico portiere; d) per non aver inserito, nella tabella esplicativa dei diversi livelli di personale – che si conclude con un impiegato di IV livello ex IV super – talune figure dirigenziali, di livello superiore, che avrebbero determinato un maggior costo, benché le stesse fossero state considerate nella redazione dell’offerta tecnica come componenti essenziali per l’esecuzione dell’appalto.

5.4.1. Il motivo è infondato.

5.4.1.1. Le censure sollevate in primo grado sono state respinte dal tribunale in quanto, in sintesi: a) per il servizio di videosorveglianza e pronto intervento in caso di allarme, l’aggiudicataria aveva dimostrato di potersi avvalere di economie di scala, tra le quali, in particolare, il numero di pattuglie e la prossimità rispetto alla infrastruttura portuale che le consentono un intervento con tempi medi inferiori a quelli richiesti dal capitolato; b) la censura, relativa al numero di guardie giurate impiegate, era inammissibile perché attinente all’offerta e non alla giustificazione della stessa e, comunque, per non essere dimostrato il mancato rispetto dei minimi salariali obbligatori previsti dal CCNL; c) per essere le figure dirigenziali indicate nell’offerta tecnica – senior security manager, port facility security officier e il responsabile dell’innovazione tecnologia – impiegate nella redazione del piano di sicurezza a corredo dell’offerta e non per l’esecuzione dell’appalto.

5.4.1.2. Le avverse argomentazioni non sono meritevoli di favorevole apprezzamento risolvendosi in definitiva in un inammissibile dissenso all’operato dell’amministrazione appaltante, a sua volta imperniato su un altrettanto inammissibile apprezzamento sul merito delle valutazioni amministrative, valutazione che notoriamente sfuggono al sindacato giurisdizionale di legittimità salve le ipotesi di macroscopica irrazionalità, irragionevolezza, illogicità, arbitrarietà o travisamento dei fatti che neppure sono stati esplicitamente dedotti dall’appellante e di cui peraltro non vi è manifesta traccia.

5.4.1.3.Resta da aggiungere per completezza che nel caso in cui la stazione appaltante abbia ritenuto di non sottoporre a giudizio di anomalia l’offerta dell’aggiudicataria, non essendo a ciò vincolata, il giudice non potrebbe in ogni caso far altro che valutare se tale scelta sia stata illogica, manifestamente irragionevole, arbitraria e, nel caso in cui giunga a tale conclusione, rimettere alla stazione appaltante di espletare il giudizio di anomalia, ingiustamente mancato.

E’ ancora da aggiungere che in ogni caso le censure esposte dalla Coopservice si scontrano con il consolidato orientamento giurisprudenziale a mente del quale l’operatore economico può sempre, mediante l’organizzazione della sua impresa, realizzare economie di scala (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 2018, n. 2951), che rendono il costo del lavoro offerto inferiore a quello di altro operatore pur a parità di ore lavorate.

Il costo del lavoro, pertanto, ove non risulti inferiore ai minimi retributivi tabellari – circostanza che non è contestata nel presente giudizio – non può essere indicativo dell’inattendibilità dell’offerta dell’operatore economico, e, d’altra parte, un’organizzazione aziendale, di rilevante entità, come quella dell’aggiudicataria, è in grado di far fronte alle richieste della stazione appaltante servendosi, a turno, dei lavoratori già impiegati nell’esecuzione di altre commesse (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7248).

Ciò vale ad escludere la fondatezza di tutte quelle censure dirette a sostenere che l’impresa aggiudicataria non potrebbe rendere il servizio per non aver previsto, nelle ore lavorative conteggiate, come anche nel costo del lavoro, lavoratori da impiegare nell’espletamento di quelle specifiche funzioni; quei lavoratori, infatti, a turno potranno essere anche impiegati per le predette attività (di videosorveglianza, portierato, dirigenziali in genere).

5.5. Con l’ultimo motivo di appello è contestata la sentenza di primo grado per aver respinto il quinto motivo diretto a sostenere l’illegittimità del bando, e di conseguenza l’attribuzione dei punteggi assegnati dalla commissione aggiudicatrice alle offerte economiche, per aver stabilito che all’offerta economica era riservato il 30% del punteggio complessivamente attribuibile, così snaturando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggioso e trasformando in concreto il criterio di affidamento in quello al prezzo più basso dal momento che tutti gli altri elementi di valutazione dell’offerta avevano un peso inferiore al 30%.

Anche tale motivo è da respingere.

E’ sufficiente osservare che la scelta del bando di gara di prevedere l’attribuzione di un punteggio pari al 30% del totale non è irragionevole, né illogica, né è di per sé idonea a trasformare il criterio di aggiudicazione in quello al prezzo più basso per il solo fatto che il criterio di valutazione dell’offerta economica è pari proprio al 30%: invero all’offerta tecnica era attribuibile il 70% del punteggio complessivo, a nulla rilevando, diversamente da quanto suggestivamente evidenzia l’appellante, il fatto che tale percentuale del 70% si articolasse in percentuali inferiori al 30% per effetto di criteri o subcriteri.

6. In definitiva l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna Coopeservice s.c.p.a. al pagamento delle spese del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi € 10.000,00, oltre accessori e spese di legge, €. 5.000,00 a favore di Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Orientale e €. 5.000,00 di G.I.VI. s.r.l.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019.

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

La questione affrontata dal CDS è se la stazione appaltante sia tenuta alla verifica di congruità degli oneri per la sicurezza aziendale indicati dall’aggiudicataria, anche in assenza delle condizioni per procedere alla verifica di anomalia dell’offerta previste dall’art. 97 comma 3 del D.lgs. 50/2016 (di seguito “Codice”).

Tale norma prevede che “Quando il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara. Il calcolo di cui al primo periodo è effettuato ove il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a tre”.

Il comma 6 della stessa norma prevede che “La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa.”

Dal combinato disposto di queste due norme il CDS ricava che un vero e proprio obbligo della stazione appaltante di verificare l’eventuale anomalia dell’offerta sussiste solo per quelle offerte che risultino aver superato i 4/5 del punteggio massimo previsto dal bando per i criteri qualitativi e quantitativi, mentre, nella restante parte dei casi, è rimessa alla discrezionalità della stessa stazione (comma 6) il procedere al giudizio di anomalia anche nei casi in cui l’offerta non sia seria, congrua e realizzabile.

Il CDS aggiunge poi che, in base all’art. 95 comma 3 del Codice, la stazione appaltante è obbligata a verificare, prima dell’aggiudicazione, soltanto i costi della manodopera, e non anche i costi della sicurezza. Tale norma stabilisce che sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa i servizi ad alta intensità di manodopera: evidentemente il CDS, partendo dal presupposto che tali servizi debbono essere necessariamente aggiudicati secondo il suddetto criterio, deduce che in tali procedure la verifica di anomalia vada fatta solo ed esclusivamente secondo i parametri stabiliti dall’art. 95 comma 3, che appunto disciplina il procedimento di controllo dell’anomalia.

Pertanto il CDS ha ritenuto pienamente legittima la scelta della stazione appaltante di non sottoporre a verifica di anomalia i costi della sicurezza indicati nell’offerta.

Il ragionamento del CDS non appare fondato.

Anzitutto il riferimento all’art. 95 comma 3 del Codice appare assai limitativo: siccome, in base a tale norma, i servizi ad alta intensità di manodopera sono tra quelli per i quali è previsto l’obbligo di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, bisogna applicare, per quel che attiene alla verifica dell’anomalia, solo ed esclusivamente quanto previsto dall’art. 97 comma 3, il quale, per la verifica di anomalia in tali procedure, non fa espresso riferimento ai costi della sicurezza aziendale.

Sarebbe stato allora più coerente, semmai, fare riferimento al comma 10 dello stesso art. 95, il quale stabilisce che “nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell'aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all'articolo 97, comma 5, lettera d).”

Una verifica antecedente l’aggiudicazione è imposta solo per i costi della manodopera, e non anche per gli oneri della sicurezza, i quali debbono sì essere obbligatoriamente indicati nell’offerta ma non vengono esplicitamente assoggettati alla medesima verifica di cui sopra.

Non a caso il CDS, dopo aver citato (a sproposito, a parere di chi scrive) l’art. 95 comma 3, si concentra appunto sul comma 10.

Ma, anche messa in questi termini, la soluzione adottata dal CDS appare non aderente a quello che è il dato normativo.

L’art. 30 comma 4 del Codice stabilisce che “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.

Ebbene, il CCNL disciplina, quanto meno nella gran parte dei casi, sia il costo della manodopera sia gli oneri annui che il datore di lavoro deve sostenere per la sicurezza aziendale.

Pertanto, non si capisce che senso abbia sottoporre a verifica preventiva solo i primi e non anche i secondi. Due elementi dell’offerta (costi manodopera ed oneri sicurezza), che sono disciplinati dalla medesima fonte normativa (il CCNL), vengono trattati in modo diverso, quando invece la prescrizione contenuta nell’art. 30 comma 4 assume senza dubbio il valore di norma imperativa, la cui osservanza dovrebbe quindi essere verificata dalla stazione appaltante con egual rigore (e, soprattutto, tempistica).

L’art. 80 comma 5 lett. A) prevede l’obbligo di esclusione dalla procedura quando la stazione appaltante “possa dimostrare con qualunque mezzo adeguato la presenza di gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi di cui all'articolo 30, comma 3 del presente codice”.

La causa di esclusione sussiste sia nel caso in cui il concorrente abbia violato l’obbligo di applicare i minimi retributivi previsti dal CCNL (art. 30 comma 3) sia gli obblighi a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

Se l’obbligo di esclusione sussiste sia nell’uno che nell’altro caso, è perfettamente inutile – come fa l’art. 95 comma 10 – prevedere che debbano essere verificati, prima dell’aggiudicazione, solo i costi della manodopera e non anche quelli della sicurezza: posporre la verifica di questi ultimi significa svuotare di ogni significato l’art. 80 comma 5 lett. A).

L’art. 95 comma 6 stabilisce che non sono ammesse giustificazioni né in merito ai trattamenti minimi retributivi previsti dai CCNL né in relazione ai costi della sicurezza aziendale. La “discrezionalità” di cui tanto parla il CDS attiene in realtà ad un ambito residuale, ossia significa che, ferma restando l’inderogabilità sia dell’obbligo dell’appaltatore di applicare i applicare i minimi retributivi previsti dal CCNL sia dell’obbligo del medesimo di sostenere oneri della sicurezza aziendale che siano congrui (o in base ai parametri forniti dallo stesso CCNL o in base alle dimensioni dell’impresa ed al tipo di attività esercitata), la stazione appaltante può, appunto, scegliere di valutare la congruità dell’offerta anche sotto altri punti di vista (p. es. l’eventuale esiguità dell’utile, che, peraltro, almeno secondo un consolidato orientamento, non può essere causa di esclusione).

Quindi la “discrezionalità” invocata dal CDS per giustificare il non obbligo della stazione appaltante di sottoporre a giudizio di anomalia dell’offerta gli oneri della sicurezza, non regge, appunto perché tale discrezionalità è esercitabile dalla stazione appaltante su elementi dell’offerta diversi sia dai costi della manodopera sia dagli oneri della sicurezza.

In conclusione, il principio affermato dal CDS appare infondato.