Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 8534 del 17.12.2019

Deve innanzitutto escludersi che per il servizio in contestazione nel presente giudizio possa applicarsi il divieto previsto dall’art. 95, comma 14-bis, del codice dei contratti pubblici di attribuire punti «per l’offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d’asta», poiché – come riconosciuto dallo stesso Tribunale – esso è applicabile sulla base del suo tenore letterale ai soli contratti di appalto pubblico di lavori. Né la medesima disposizione è estensibile agli appalti pubblici di servizi in ragione della sua ratio, consistente nell’evitare che il progetto di opera predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice sia posto nel nulla da offerte che abbiano ad oggetto lavori ulteriori, non ne consente l’estensione agli appalti pubblici di servizi. I lavori si contraddistinguono infatti per la determinazione dell’opera (come definita dall’art. 3, comma 1, lett. pp), del codice dei contratti pubblici, secondo cui «il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica»), da realizzare sulla base del progetto predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice, mentre i servizi consistono in prestazioni di fare che possono avere contenuto svariato e in cui il carattere accessorio ed aggiuntivo di alcune di esse, secondo valutazioni di carattere ampiamente discrezionale, contribuiscono comunque a soddisfare gli interessi dell’amministrazione insieme alle prestazioni di carattere principale.
Coerente con le caratteristiche dei servizi ora descritte è il disposto del comma 6 del medesimo art. 95 d.lgs. n 50 del 2016, che impone di valutare il miglior rapporto qualità/prezzo nell’ambito di procedure di affidamento da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in relazione agli «aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto

L’art. 95 comma 14 bis del D.lgs. 50/2016 (di seguito “Codice”) prevede che “In caso di appalti aggiudicati con il criterio di cui al comma 3, le stazioni appaltanti non possono attribuire alcun punteggio per l'offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d'asta”. Il comma 3 prevede l’obbligo di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nei seguenti casi:

“a) i contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti all'articolo 50, comma 1, fatti salvi gli affidamenti ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera a);
b) i contratti relativi all'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 40.000 euro;
b-bis) i contratti di servizi e le forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo
”.

 

Pertanto, in base al combinato disposto delle due norme sopra citate, il divieto per le stazioni appaltanti di attribuire un punteggio per l’offerta di opere aggiuntive rispetto a quelle previste dal progetto esecutivo si applica ai servizi e forniture: non si applica, invece, ai lavori (il comma 14 bis non parla di “lavori”).

 

Il CDS, invece, afferma un principio che è opposto a quello stabilito dalla norma: esso infatti afferma che il divieto in questione si applica solo ai lavori e non anche ai servizi.

Ciò in quanto mentre i lavori si caratterizzano per il fatto di aver ad oggetto un’opera che deve necessariamente essere conforme al progetto della PA, nei servizi invece l’appaltatore deve cercare di garantire alla PA la miglior gestione possibile, eventualmente anche mediante prestazioni ulteriori e diverse da quelle principali oggetto del contratto: più l’appaltatore sarà in grado di ottimizzare il servizio – magari anche con soluzioni proposte od iniziative migliorative rispetto a quelle contemplate dal contratto – e maggiore sarà il soddisfacimento delle esigenze di interesse pubblico sottese all’appalto.

 

Bisogna vedere se è più corretta la norma, che esclude per i servizi la possibilità di attribuire punteggi per l’offerta di opere aggiuntive, oppure è più corretta la soluzione del CDS, il quale invece ammette tale possibilità per i servizi e la esclude invece per i lavori.

 

A parere di chi scrive, la soluzione adottata dal CDS è più corretta rispetto a quella stabilita dalla norma.

 

Effettivamente negli appalti di servizi la stazione appaltante fissa sì i termini, le condizioni contrattuali e gli obiettivi da raggiungere, ma non obbliga l’appaltatore a rimanere vincolato ad una determinata modalità di esecuzione delle prestazioni; gli obiettivi vengono solitamente fissati in via generale e programmatica, ossia per principi e criteri, ma poi spetta all’appaltatore individuare il modo più produttivo per garantire il pieno soddisfacimento dell’interesse pubblico, e quindi ben venga che l’impresa interessata all’aggiudicazione dell’appalto prospetti nell’offerta delle attività (o dei modi di svolgimento dell’attività) non compresi nel Capitolato ma finalizzati a conseguire un soddisfacimento dell’interesse pubblico ancor maggiore di quello che la stazione appaltante si era prefissata, e quindi nessun dubbio sul fatto che la stessa stazione vada a riconoscere a tale impresa un punteggio superiore a quello delle altre concorrenti le quali invece non hanno presentato nessuna proposta migliorativa.

Tra l’altro, in contrasto con quanto previsto dall’art. 95 comma 14 bis, l’art. 23 comma 15 del Codice prevede, proprio per gli appalti di servizi, che il Capitolato debba prevedere gli “aspetti che possono essere oggetto di variante migliorativa e conseguentemente, i criteri premiali da applicare alla valutazione delle offerte in sede di gara”.

 

Negli appalti di lavori, invece, il criterio è quello per cui l’opera deve essere conforme al progetto: in questo progetto la PA ha già, in via del tutto autonoma e discrezionale, accertato quali caratteristiche l’opera debba avere per poter soddisfare l’interesse pubblico, e quindi non vi è alcuno spazio per una compartecipazione attiva da parte dell’impresa concorrente, la quale deve solo impegnarsi a consegnare alla PA quanto da questa richiesto.

 

Nella sostanza, l’ “offerta di opere aggiuntive”, di cui parla l’art. 95 comma 14 bis, si configura come una “variante” rispetto a quanto previsto dal progetto, ossia come una “variante in sede di offerta”.

Ebbene, ex art. 26 comma 4 lett. e) del Codice, la verifica preventiva della progettazione deve accertare “la minimizzazione dei rischi di introduzione di varianti”: la “variante”, ossia il discostamento dell’opera dal progetto, viene qualificata dallo stesso legislatore come “rischio”; inoltre, ex art. 38 comma 4 lett. A) n. 4, uno dei requisiti di qualificazione delle SS.AA. è proprio il “numero di varianti approvate” (nel senso che più alto è il numero e minori saranno le possibilità che la stazione ottenga la qualificazione).

Perché tutto ciò? Perché, se l’appaltatore (oppure la stessa PA) propongono delle varianti, questo vuol dire che il progetto non è stato elaborato in maniera corretta, ossia in modo realmente funzionale all’interesse pubblico, e quindi che non è stato rispettato il principio di economicità dell’azione amministrativa, laddove per economicità si intende la capacità di realizzare un’opera efficace con il minor dispendio possibile di tempo; inoltre, la variante non potrà che comportare un allungamento del termine previsto per la consegna dell’opera, in quanto essa si traduce in un impegno supplementare per l’appaltatore, il che si ripercuoterà negativamente sull’interesse pubblico stesso (l’opera verrà consegnata in ritardo rispetto al previsto).

 

A ciò si aggiunga che, in base all’art. 95 comma 14 lett. c), “solo le varianti che rispondono ai requisiti minimi prescritti dalle amministrazioni aggiudicatrici sono prese in considerazione”: il principio, quindi, è quello per cui negli appalti di lavori l’appaltatore può proporre solo quelle modifiche che rispondano a determinati canoni preventivamente stabiliti dalla PA, e non può prospettare cambiamenti i quali, per quanto apprezzabili sotto il profilo estetico e/o della funzionalità, non trovino alcuna corrispondenza con i parametri fissati dalla stazione appaltante.

 

 

Tuttavia, proprio con riferimento all’art. 95 comma 14, viene in rilievo la lett. a): “le stazioni appaltanti possono autorizzare o esigere la presentazione di varianti da parte degli offerenti”.

La domanda è: il divieto, previsto dall’art. 95 comma 14 bis, di attribuire un punteggio nel caso di eventuali opere aggiuntive rispetto a quelle previste nel progetto esecutivo (“varianti in sede di offerta”), si applica anche quando è stata la stessa stazione appaltante a richiedere (“esigere” od “autorizzare”) la presentazione delle varianti?

E’ vero che le varianti debbono rispondere ai requisiti minimi stabiliti dalla PA, ma è anche vero che, tra due imprese concorrenti,  vi può essere quella (impresa “A”) che, rispettando tali requisiti, prospetta una soluzione (variante) che permette di soddisfare l’interesse pubblico in misura maggiore rispetto all’altra concorrente (impresa “B”), che, pur muovendosi sempre nell’ambito dei suddetti requisiti, ha proposto una variante la quale, suo malgrado, non consente di soddisfare l’interesse pubblico in egual misura.

Ed allora, in questi casi, per quale motivo all’impresa “A” non dovrebbe essere riconosciuto un punteggio per la variante presentata? E’ stata proprio la stessa stazione appaltante a consentire ai concorrenti di presentare la variante: pertanto, a differenza di quanto asserito dal CDS, non si capisce perché il concorrente il quale abbia presentato una variante, che, a giudizio della stessa PA, ha permesso di arrivare all’ideazione di un’opera migliore rispetto a quella originariamente progettata dalla PA, non debba avere un riconoscimento maggiore, ossia un premio (vedi: maggiore punteggio) rispetto al concorrente che abbia invece presentato una variante giudicata “meno migliorativa”.

La stazione appaltante, nel momento stesso in cui decide di autorizzare od addirittura di esigere le varianti, riconosce la lacunosità del proprio progetto, e quindi apre alla partecipazione degli offerenti, ai quali viene data piena legittimazione a progettare un’opera che sia effettivamente rispondente all’interesse pubblico.

 

Il CDS, quindi, coglie nel segno quando afferma che il divieto di attribuire un punteggio nel caso di opere aggiuntive non si applica agli appalti di servizi (ragion per cui la formulazione dell’art. 95 comma 14 bis, che invece proprio per i servizi afferma tale divieto, suona quanto meno strana); esso, tuttavia, adotta una soluzione eccessivamente restrittiva quando ritiene che il suddetto divieto debba sempre e comunque applicarsi agli appalti di lavori.

LEGGI LA SENTENZA

Pubblicato il 17/12/2019

N. 08534/2019REG.PROV.COLL.

N. 04921/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4921 del 2019, proposto da
Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Torino, in persona del presidente e legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Roberto Damonte, con domicilio digitale come da p.e.c. registri di giustizia;

contro

I.V.R.I. Istituti di Vigilanza Riuniti s.p.a. unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris, Enzo Robaldo e Francesco Caliandro, con domicilio digitale come da p.e.c. registri di giustizia;

nei confronti

Rear Vigilanza Privata s.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, Sezione Prima, n. 502/2019, resa tra le parti;


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’I.V.R.I. Istituti di Vigilanza Riuniti s.p.a. unipersonale;

Viste le memorie e tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Damonte e Robaldo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, integrato da motivi aggiunti, l’I.V.R.I. Istituti di Vigilanza Riuniti s.p.a. unipersonale (d’ora in avanti anche solo I.V.R.I.) impugnava gli atti della procedura di affidamento del servizio quadriennale di vigilanza degli stabili della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Torino, del valore di € 2.000.000,00 (di cui al bando pubblicato il 23 ottobre 2017), aggiudicato all’esito della selezione mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ex art. 95, comma 2, del codice dei contratti pubblici alla Rear Vigilanza Privata s.r.l. (giusta determinazione n. 180 del 22 maggio 2018). La ricorrente, seconda classificata, censurava la mancata esclusione dell’aggiudicataria per anomalia dell’offerta e, in subordine, i criteri di valutazione tecnica dell’offerta tecnica.

2. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale adito ha accolto il ricorso, respingendo le censure proposte in via principale da I.V.R.I., ma ritenendo fondata quella subordinata relativa ai criteri di valutazione delle offerte tecniche.

Al riguardo il giudice di primo grado ha affermato che i criteri previsti dall’art. 13 del disciplinare di gara erano incentrati su «aspetti accessori ed aggiuntivi rispetto alla prestazione essenziale», avente ad oggetto la vigilanza degli stabili camerali, tali da indurre a ritenere che la stazione appaltante avesse «inteso privilegiare la natura soggettiva dell’offerente, mediante valutazione della sua organizzazione di impresa, più che la qualità del nucleo minimo ed essenziale del servizio offerto»; il che costituiva violazione dei commi 14-bis e 6 del citato art. 95 del codice dei contratti pubblici, a mente dei quali, rispettivamente, «le stazioni appaltanti non possono attribuire alcun punteggio per l’offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d’asta» e, in caso di gara da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata «sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo», essa è «valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto».

In conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione è stata dichiarata l’inefficacia del contratto stipulato in data 7 agosto 2018 tra la Camera di Commercio e la Rear Vigilanza Privata.

3. Per la riforma della sentenza di primo grado la stazione appaltante ha proposto appello al quale resiste l’originaria ricorrente l’I.V.R.I.

4. All’udienza pubblica del 5 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo d’appello la Camera di Commercio di Torino censura la sentenza sia per ultrapetizione ex art. 112 cod. proc. civ., sia perché contenente valutazioni di merito riservate alla stazione appaltante, avendo il Tribunale ritenuto i criteri di valutazione previsti dal disciplinare di gara non idonei a selezionare sul piano qualitativo le offerte tecniche e a premiare servizi aggiuntivi rispetto a quelli a base d’asta. Ad avviso dell’appellante sostiene che in assenza di deduzioni specifiche dell’I.V.R.I. e senza che sul punto la ricorrente avesse provocato il contraddittorio, il giudice di primo grado avrebbe compiuto una disamina analitica dei singoli criteri di valutazione ritenendoli illegittimi, così però sovrapponendo proprie valutazioni a quelle ad essa riservate.

2. Con il secondo motivo d’appello la Camera di Commercio di Torino censura la correttezza della sentenza impugnata per violazione degli artt. 95, commi 6, 10-bis e 14-bis, del codice dei contratti pubblici e contraddittorietà della motivazione, laddove ha da un lato applicato ad un contratto di appalto pubblico di servizi tale disposizione, pur riconoscendo che essa, nel vietare l’offerta di «opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d’asta», è riferita ai soli appalti pubblici di lavori; e dall’altro lato affermato in modo apodittico che i criteri previsti dal disciplinare di gara sarebbero stati non idonei a selezionare sul piano qualitativo le offerte, come invece previsto dal comma 6 dell’art. 95 d.lgs. n. 50 del 2016, ed attinenti in via esclusiva a requisiti di carattere soggettivo dell’offerente, anziché ad aspetti di carattere organizzativo del servizio posto a gara.

3. Con il terzo motivo d’appello la Camera di Commercio censura la sentenza per eccesso di potere giurisdizionale, per avere ritenuto che i criteri di valutazione delle offerte tecniche dissimulassero una valutazione «solo quantitativa del prezzo» e non avere considerato adeguatamente le peculiari caratteristiche del servizio, caratterizzato dal piantonamento fisso di guardie particolari giurate e da servizi di accoglienza del pubblico in occasione di eventi organizzati presso il centro congressi “Torino incontra” e nel palazzo “Birago”, inclusi nel contratto.

4. I motivi così sintetizzati sono fondati nei termini che seguono.

5. Deve premettersi in fatto che i criteri di valutazione delle offerte tecniche previsti dal più volte citato art. 13 del disciplinare di gara sono articolati in quattro voci: formazione del personale; organizzazione per l’espletamento del servizio; elementi migliorativi e «ambiente», per i quali sono previsti punteggi massimi di 32, 6, 30 e 2.

I criteri relativi alla formazione del personale e agli elementi migliorativi sono a loro volta suddivisi in sub-criteri: per il primo sono considerati i corsi di formazione in antiterrorismo, emergenza antincendio e di primo soccorso, oltre alla conoscenza di lingue straniere e la «comunicazione e problem solving»; per le migliorie i sub-criteri sono relativi agli «strumenti per la registrazione rapida degli ospiti», ai sistemi di controllo delle ronde, agli strumenti per il conteggio delle persone e all’incremento dell’orario di servizio del presidio fisso di palazzo Birago di Borgaro; per quanto riguarda invece l’organizzazione del servizio e l’ambiente sono valorizzati rispettivamente la reperibilità continuativa del referente dell’istituto di vigilanza appaltatore e l’utilizzo di auto elettriche o ibride per i servizi di ronde.

Sempre in fatto va precisato che entrambe le concorrenti parti del presente giudizio hanno ottenuto il punteggio massimo di 70 per le loro rispettive offerte tecniche, come peraltro tutti e sei i concorrenti, con l’unica eccezione della Vedetta 2 Mondialpol s.p.a., che ha conseguito il punteggio di 68.

6. Ciò premesso, deve innanzitutto escludersi che per il servizio in contestazione nel presente giudizio possa applicarsi il divieto previsto dall’art. 95, comma 14-bis, del codice dei contratti pubblici di attribuire punti «per l’offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d’asta», poiché – come riconosciuto dallo stesso Tribunale – esso è applicabile sulla base del suo tenore letterale ai soli contratti di appalto pubblico di lavori. Né la medesima disposizione è estensibile agli appalti pubblici di servizi in ragione della sua ratio, consistente nell’evitare che il progetto di opera predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice sia posto nel nulla da offerte che abbiano ad oggetto lavori ulteriori, non ne consente l’estensione agli appalti pubblici di servizi. I lavori si contraddistinguono infatti per la determinazione dell’opera (come definita dall’art. 3, comma 1, lett. pp), del codice dei contratti pubblici, secondo cui «il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica»), da realizzare sulla base del progetto predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice, mentre i servizi consistono in prestazioni di fare che possono avere contenuto svariato e in cui il carattere accessorio ed aggiuntivo di alcune di esse, secondo valutazioni di carattere ampiamente discrezionale, contribuiscono comunque a soddisfare gli interessi dell’amministrazione insieme alle prestazioni di carattere principale.

7. Coerente con le caratteristiche dei servizi ora descritte è il disposto del comma 6 del medesimo art. 95 d.lgs. n 50 del 2016, che impone di valutare il miglior rapporto qualità/prezzo nell’ambito di procedure di affidamento da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in relazione agli «aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto».

8. Tutto ciò precisato, nel caso di specie è innanzitutto ravvisabile una connessione con l’oggetto dell’appalto del criterio relativo all’utilizzo di auto elettriche o ibride per i servizi di vigilanza. Si tratta infatti di un aspetto di carattere ambientale relativo ad una delle attività di controllo degli stabili della Camera di Commercio di Torino oggetto dell’appalto de qua, ai sensi dell’art. 1 del capitolato speciale d’appalto. Sul punto il Tribunale ha invece statuito che tale criterio «avrebbe dovuto essere più correttamente collocato tra i criteri premiali», in conformità al comma 13 dell’art. 95 del codice dei contratti pubblici, a mente del quale le amministrazioni aggiudicatrici indicano nei documenti di gara «il punteggio relativo all’offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente»; sennonché, così facendo, il giudice di primo grado è incorso in un apprezzamento di merito sostitutivo di scelte discrezionali non vincolate dalla legge, ma oggetto di facoltà da essa attribuite, e pertanto, in assenza di sintomi di palese irragionevolezza, esorbitante dai limiti del sindacato di legittimità attribuito al giudice amministrativo.

9. Del pari deve escludersi che la reperibilità continuativa del referente dell’istituto di vigilanza appaltatore previsto con riguardo all’organizzazione del servizio (art. 9 del capitolato speciale d’appalto) rappresenti una «prestazione aggiuntiva» rispetto a quelle oggetto dell’appalto in questione, come invece ritenuto dal Tribunale amministrativo. Tale reperibilità è invece rispondente all’obiettiva esigenza della Camera di Commercio di avere una figura di riferimento per ogni aspetto inerente all’esecuzione del servizio, per cui anche in relazione al criterio di valutazione in esame non può essere negata una connessione di carattere qualitativo ex art. 95, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 con l’oggetto dell’appalto.

10. Sono inoltre favorevolmente apprezzabili le deduzioni dell’amministrazione resistente in relazione al criterio relativo alla formazione del personale e ai sub-criteri per esso previsti, diretti nel loro complesso a valorizzare le qualificazioni professionali dello stesso e alla capacità di svolgere i servizi di accoglienza del pubblico in occasione degli eventi organizzati dalla Camera di Commercio di Torino nei propri stabili (come previsto dall’art. 7.5 del capitolato speciale d’appalto).

Anche in questo caso non è logicamente possibile negare una connessione con l’oggetto dell’appalto, sul rilievo che le attività di vigilanza demandate all’istituto appaltatore si sostanziano in «prestazioni non intellettuali e di scarsa complessità tecnologica», non richiedenti «specifiche qualifiche ed esperienze del personale». Come evidenziato dall’amministrazione appellante l’assunto del giudice di primo grado è apodittico e non tiene conto delle specificità dei servizi richiesti in occasione degli eventi pubblici organizzati negli stabili camerali.

11. Considerazioni analoghe devono essere svolte con riguardo alle migliorie valutabili dal punto di vista tecnico che con la sola eccezione dei sistemi di controllo delle ronde il giudice di primo grado ha ritenuto illegittime perché non «essenziali allo svolgimento della prestazione predefinita dall’appalto». In contrario è da rilevare che tanto gli strumenti di registrazione rapida degli ospiti e di conteggio delle persone, quanto l’incremento dell’orario del servizio di presidio fisso presso il palazzo Birago di Borgaro, sono coerenti con le attività previste nel capitolato speciale d’appalto per tale stabile in relazione agli eventi in esso organizzati. L’opposta tesi sostenuta dal Tribunale finisce invece per svalutare una parte delle prestazioni oggetto dell’appalto e per sovrapporre inammissibilmente alle valutazioni discrezionali dell’amministrazione sulle esigenze da soddisfare mediante il servizio di vigilanza dei propri stabili una propria diversa valutazione, eccedente tuttavia i limiti del sindacato di legittimità spettante al giudice amministrativo; ciò vale anche per il peso di 10 punti previsto per il sub-criterio relativo all’incremento di orario presso il medesimo stabile camerale, sui 32 previsti per le migliorie offerte, precisione che il giudice di primo grado ha invece ritenuto un «benefit economico in favore della stazione appaltante senza che ad esso corrisponda un miglioramento qualitativo dell’offerta».

12. L’appello deve pertanto essere accolto. Per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, vanno respinti il ricorso ed i motivi aggiunti proposti dall’I.V.R.I.; al riguardo deve darsi atto che l’originaria ricorrente, nel costituirsi in resistenza all’appello della Camera di Commercio ha formalmente riproposto il motivo di ricorso accolto dal Tribunale la cui fondatezza è stata invece accertata nei termini sopra precisati, e che pertanto non richiede un riesame.

La natura delle questioni controverse giustifica nondimeno la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso ed i motivi aggiunti proposti da I.V.R.I. Istituti di Vigilanza Riuniti s.p.a. unipersonale.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Federico Di Matteo, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere