Consiglio di Stato, sez. V, 27 novembre 2019, n. 8088

1. E’ stato precisato (Cons. Stato, sez. III, 26 febbraio 2019, n. 1331; C.G.A.R.S. 20 dicembre 2016, n. 474) che tra le clausole da considerare immediatamente escludenti rientrano anche quelle che prevedono un importo a base d’asta insufficiente alla copertura dei costi, inidoneo cioè ad assicurare ad un’impresa un sia pur minimo margine di utilità o addirittura tale da imporre l'esecuzione della stessa in perdita (ciò in quanto l'amministrazione, nel perseguimento del suo interesse all'ottenimento della prestazione alle condizioni più favorevoli, deve contemperare tale interesse con l'esigenza di garantire l'utilità effettiva del confronto concorrenziale (Cons. Stato, sez. III, 21 febbraio 2019, n. 513), aggiungendosi al riguardo che il carattere escludente di una siffatta clausola deve essere verificato e apprezzato in concreto, cioè anche in relazione allo specifico punto di vista dell'impresa e della sua specifica organizzazione imprenditoriale (ancora Cons. Stato, sez. III, 21 febbraio 2019, n. 513).

2. Applicando tali principi alla fattispecie in esame non può ragionevolmente dubitarsi che la contestata previsione della lex specialis che ha previsto come prezzo a base d’asta (al netto di IVA, riferito al servizio giornaliero per ciascun detenuto, c.d. diaria) un importo pari a €. 3,90 (comprensivi degli oneri di sicurezza da interferenza, non soggetti a ribasso), identico a quello della identica gara bandita nel 2013, integri le caratteristiche della clausola immediatamente escludente.

E’ sufficiente al riguardo osservare che il semplice intervallo di tempo tra le due procedure di gara e l’applicazione nella procedura del 2017 dei requisiti CAM, che invece non era richiesti nella gara del 2013, costituiscono di per sé elementi idonei a ritenere, non illogicamente e secondo l’id quod plerumque accidit, non congruo il prezzo a base d’asta, sostanzialmente confermativo di quello fissato per la gara del 2013; ciò anche nella prospettiva dell’operatore economico che nell’apprezzamento della rimuneratività del prezzo a base d’asta tiene conto normalmente della necessità di coprire i costi del servizio e di conseguire un utile dalla propria attività di impresa, coerentemente con le tipiche delle dinamiche di un mercato in regime di concorrenza.

Né del resto sotto tale profilo l’amministrazione ha fornito adeguate e convincenti giustificazioni alla scelta di confermare, anche per la nuova procedura di gara, la base d’asta indicata nella precedente gara del 2013.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 3349 del 2018, proposto da
A. B. & C. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Invernizzi e Giovanni Corbyons, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone, n. 44;

contro

Ministero della Giustizia – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria – Provveditorato Regionale per la Toscana e Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

L. C. & C. S.a.s., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria, Sezione Prima, n. 00163/2018, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2019 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Invernizzi e l’avvocato dello Stato Grumetto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I.1. Con bando di gara del 6 luglio 2017 il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Provveditorato regionale per la Toscana e l’Umbria – ha indetto una procedura aperta per la conclusione di un accordo quadro per l’affidamento del servizio di mantenimento dei detenuti e internati attraverso l’approvvigionamento di derrate alimentari derivanti da processi di produzione a ridotto impatto ambientale per il conferimento di pasti giornalieri completi (colazione, pranzo e cena) ai ristretti negli Istituti penitenziari, con assicurazione del servizio di sopravvitto, suddiviso in 6 lotti, da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di valore complessivo pari €. 19.666.514,00, IVA esclusa.

I.2. La società A.B. & C. S.p.A. (d’ora in avanti anche solo la ricorrente o l’appellata), quale operatore specializzato in forniture di derrate crude per la preparazione dei pasti ai detenuti e asseritamente in possesso dei requisiti soggettivi per la partecipazione alla predetta procedura di gara, assumendo che gli atti di indizione di quest’ultima contenevano clausole ostative alla consapevole e corretta elaborazione dell’offerta, sia sul piano tecnico che su quello economico, e che ciò ne legittimava l’immediata impugnazione anche senza la previa presentazione della domanda di partecipazione, ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria l’annullamento del bando di gara del 6 luglio 2017 (quanto al lotto 23), dei documenti allegati al bando (disciplinare di gara, capitolato prestazionale con allegati, sfoglio di calcolo dell’offerta economica, mod. 1 – documento di partecipazione, mod. 2 – durc aggiornato, schema di accordo quadro) e di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente (tra cui la determinazione a contrarre n. 146 del 20 giugno 2017 e il d.m. 9 maggio 2017).

A sostegno dell’impugnativa, dopo alcune premesse introduttive (I), ha dedotto le seguenti censure:

- II. Vizi atti a caducare la gara: 1) violazione degli artt. 97 e 30 D. Lgs. 50/2016, anche in relazione agli artt. 1 e 6 L. 241/1990; manifesta irragionevolezza; difetto di istruttoria e motivazione; sviamento; 2) Violazione dell’art. 9 l. 354/1975 e dell’art. 11 DPR 230/2000; violazione delle tabelle vittuarie approvate con DM Giustizia 9 maggio 2017, anch’esso violato; ulteriori profili di violazione degli artt. 30 e 97 D. Lgs. 50/2016 e degli artt. 1, 3, 6 e 18 L. 241/1990; difetto di istruttoria e motivazionale; sviamento; incompetenza; contraddittorietà intrinseca; 3) Violazione degli artt. 30 e 105 D. Lgs. 50/2016 e 71 direttiva 2014/24/UE, anche in relazione all’art. 3 L. 241/1990; difetto di motivazione, contraddittorietà intrinseca; sviamento;

- III. Vizi impeditivi della possibilità di presentare offerte ragionevoli e ponderate: 4) Violazione degli artt. 30 e 95 del D. Lgs. 50/2016, anche in relazione agli artt. 1 e 12 L. 241/1990; violazione del principio di trasparenza delle procedura a evidenza pubblica; difetto di istruttoria e motivazione;

- IV. Anche nella prospettiva di evitare acquiescenza all’illegittima lex di gara: 5) Violazione degli artt. 28, 35, 83, 96, 167 e 172 D. Lgs. 50/2016, anche in relazione agli artt. 1, 3 e 6 L. 241/90 e al principio di proporzionalità e di qualità delle offerte e all’afferenza dei criteri di prequalificazione all’oggetto della procedura; irragionevolezza manifesta; ulteriori profili di violazione dell’art. 9 l. 354/1975 e del DPR 230/2000; difetto di istruttoria e motivazione; 6) Violazione degli artt. 45D. Lgs. 50/2016 in relazione all’art. 162 di esso e all’art. 40 DPCM 4/2001 e agli artt. 1,3,6 L. 241/1990; contraddittorietà intrinseca.

A seguito del deposito di documentazione da parte dell’amministrazione resistente la ricorrente ha formulato i seguenti motivi aggiunti:

7) Violazione degli artt. 30, 95 e 97 del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, anche in relazione agli artt. 1, 3, 6 e 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, irragionevolezza, difetto di istruttoria e di motivazione nonché sviamento; 8) Violazione dell’art. 9 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e dell’art. 11 del DPR 30 giugno 2000, n. 230, e delle tabelle vittuarie approvate con DM 9 maggio 2017, degli artt. 30 e 97 del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e degli artt. 1, 3, 6 e 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241, difetto di istruttoria e motivazione, sviamento, incompetenza e contraddittorietà intrinseca; 9) Violazione degli artt. 23, 30 e 97 del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, anche in relazione agli artt. 1, 3, 6 e 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, irragionevolezza, difetto di istruttoria e di motivazione nonché sviamento.

I.3. L’adito tribunale con la sentenza segnata in epigrafe, nella resistenza dell’intimata amministrazione della giustizia, prescindendo dalle eccezioni di inammissibilità da quest’ultima sollevate, ha respinto il ricorso, ritenendo infondati tutti i motivi di censura sollevati.

I.4. Con rituale e tempestivo atto di appello A.B. & C. S.p.A. ha chiesto la riforma di tale sentenza, riproponendo in sostanza tutti i motivi di censura formulati in primo grado, raggruppando il primo ed il settimo e il secondo e l’ottavo, a suo avviso malamente apprezzati, superficialmente esaminati ed ingiustamente respinti con motivazione del tutto carente ed in alcun casi addirittura mancante.

I.5. Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio per resistere all’appello.

I.6. Trattenuta in decisione la causa all’esito della pubblica udienza pubblica del 15 novembre 2018, in vista della quale le parti hanno ritualmente depositato memorie illustrative delle proprie tesi, replicando anche a quelle avverse, con ordinanza n. 7065 del 14 dicembre 2018 la Sezione ha ritenuto indispensabile ai fini della decisione della controversia disporre una verificazione “per accertare la congruità della base d’asta, anche in relazione alle specifiche prestazioni oggetto del contratto (come individuate nella lex specialis, bando di gara, disciplinare di gara disciplinare prestazionale con relativi allegati), affidandone l’espletamento al direttore del Dipartimento di Economia agro – alimentare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Piacenza), con facoltà di delega a soggetto idoneo”.

Con successive ordinanze n. 920 del 7 febbraio 2019 e n. 2590 del 23 aprile 2019, su istanza del verificatore sono state disposte due proroghe dei termini per lo svolgimento delle operazioni di verificazione, la cui relazione finale è stata poi depositata il 26 agosto 2019.

I.7. L’appellante ha ulteriormente illustrato e sostanzialmente ribadito le proprie tesi difensive, anche con riferimento agli esiti della verificazione.

I.8. All’udienza pubblica del 3 ottobre 2019 dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

II. Ancorché l’amministrazione appellata non abbia svolto sul punto alcuna specifica attività difensiva (pur avendo sollevato le relative questioni in primo grado, questioni non esaminate per la infondatezza del ricorso), la Sezione ritiene di dover preliminarmente dare atto dell’ammissibilità e della procedibilità del ricorso introduttivo di giudizio (trattandosi del resto di questioni rilevabili anche d’ufficio).

II.1. Secondo un ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato, Ad.Plen. 26 aprile 2018, n. 4; sez. V, 23 agosto 2019, n. 5789; 18 luglio 2019, n. 5057; 8 marzo 2019, n. 1736), se è vero che l'esito di una procedura di gara è impugnabile solamente da colui che vi ha partecipato (la domanda di partecipazione atteggiandosi a strumento per la sussistenza della posizione qualificata e differenziata che legittima l’impugnazione, laddove altrimenti l'operatore del settore sarebbe portatore di un interesse di mero fatto alla caducazione dell'intera selezione per partecipare ad una riedizione di questa), è pur vero che a tale regola generale si deroga allorché l’operatore contesti in radice l'indizione della gara ovvero all'inverso contesti che una gara sia mancata, avendo l'amministrazione disposto l'affidamento in via diretta del contratto, ovvero ancora impugni direttamente le clausole del bando assumendone l’immediato carattere escludente: in tali ipotesi infatti la presentazione della domanda di partecipazione costituirebbe un inutile adempimento formale, privo della benché minima utilità in funzione giustiziale.

Il carattere immediatamente escludente ai fini della immediata impugnazione è stato ragionevolmente individuato: a) nelle clausole impositive di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati ai fini della partecipazione; b) nelle regole procedurali che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Cons. Stato, Ad. plen. 7 aprile 2011, n. 3); c) nelle disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara oppure prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta (Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980); d) nelle condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e non conveniente (Cons. Stato, sez. III, 23 gennaio 2015, n. 293); e) nelle clausole impositive di obblighi contra ius; f) nei bandi contenenti gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta oppure che presentino formule matematiche del tutto errate; g) negli atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza "non soggetti a ribasso" (Cons. Stato, sez. III, 3 ottobre 2011, n. 5421); ipotesi tutte accomunate dal fatto di impedire in modo macroscopico ovvero di rendere estremamente ed inutilmente difficoltoso ad un operatore economico di formulare un'offerta corretta, adeguata e consapevole, configurandosi pertanto come una concreta ed effettiva lesione dell'interesse legittimo dell'impresa a concorrere con gli altri operatori per l’aggiudicazione di una commessa pubblica.

E’ stato precisato (Cons. Stato, sez. III, 26 febbraio 2019, n. 1331; C.G.A.R.S. 20 dicembre 2016, n. 474) che tra le clausole da considerare immediatamente escludenti rientrano anche quelle che prevedono un importo a base d’asta insufficiente alla copertura dei costi, inidoneo cioè ad assicurare ad un’impresa un sia pur minimo margine di utilità o addirittura tale da imporre l'esecuzione della stessa in perdita (ciò in quanto l'amministrazione, nel perseguimento del suo interesse all'ottenimento della prestazione alle condizioni più favorevoli, deve contemperare tale interesse con l'esigenza di garantire l'utilità effettiva del confronto concorrenziale (Cons. Stato, sez. III, 21 febbraio 2019, n. 513), aggiungendosi al riguardo che il carattere escludente di una siffatta clausola deve essere verificato e apprezzato in concreto, cioè anche in relazione allo specifico punto di vista dell'impresa e della sua specifica organizzazione imprenditoriale (ancora Cons. Stato, sez. III, 21 febbraio 2019, n. 513).

II.2. Applicando tali principi alla fattispecie in esame non può ragionevolmente dubitarsi che la contestata previsione della lex specialis che ha previsto come prezzo a base d’asta (al netto di IVA, riferito al servizio giornaliero per ciascun detenuto, c.d. diaria) un importo pari a €. 3,90 (comprensivi degli oneri di sicurezza da interferenza, non soggetti a ribasso), identico a quello della identica gara bandita nel 2013, integri le caratteristiche della clausola immediatamente escludente.

E’ sufficiente al riguardo osservare che il semplice intervallo di tempo tra le due procedure di gara e l’applicazione nella procedura del 2017 dei requisiti CAM, che invece non era richiesti nella gara del 2013, costituiscono di per sé elementi idonei a ritenere, non illogicamente e secondo l’id quod plerumque accidit, non congruo il prezzo a base d’asta, sostanzialmente confermativo di quello fissato per la gara del 2013; ciò anche nella prospettiva dell’operatore economico che nell’apprezzamento della rimuneratività del prezzo a base d’asta tiene conto normalmente della necessità di coprire i costi del servizio e di conseguire un utile dalla propria attività di impresa, coerentemente con le tipiche delle dinamiche di un mercato in regime di concorrenza.

Né del resto sotto tale profilo l’amministrazione ha fornito adeguate e convincenti giustificazioni alla scelta di confermare, anche per la nuova procedura di gara, la base d’asta indicata nella precedente gara del 2013,

II.3. Pertanto la mancata presentazione della domanda di partecipazione alla gara de qua costituisce conseguenza diretta ed immediata, non illogica, né irrazionale, né tantomeno strumentale, della ritenuta (da parte del concorrente) non congruità di quella clausola del bando di gara, di per sé inidonea a poter formulare una offerta seria, adeguata e consapevole, e non può determinare l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e di interesse.

Non può infatti logicamente ammettersi che il concorrente sia tenuto a presentare in ogni caso la domanda di partecipazione ad una procedura di gara, pur in presenza di una clausola che non gli consente di presentare un’offerta congrua, idonea e competitiva al solo fine di precostituire in modo sterile e puramente formale la propria situazione di legittimazione e di interesse ad agire, pur essendo ragionevolmente certo e del tutto consapevole che la sua domanda non potrà essere favorevolmente apprezzata ai fini dell’aggiudicazione della commessa (che è l’unico bene cui aspira); tanto meno può ammettersi che il concorrente, in difformità dalle previsioni della lex specialis, proprio ed esclusivamente al fine di creare artificiosamente la propria legittimazione ad agire debba formulare un’offerta in rialzo o un’offerta in perdita (essendo ugualmente consolidato indirizzo giurisprudenziale quello che esclude l’ammissibilità e la congruità di un’offerta che non presenti alcun margine di utilità, c.d. utile zero, tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2016, n. 1652).

II.4. Sotto altro concorrente profilo, deve rilevarsi che la immediata impugnazione della clausola di cui si discute non integra un’ipotesi di inammissibile sindacato di legittimità del giudice amministrativo su poteri non ancora esercitati dall’amministrazione.

Invero il sindacato giurisdizionale sollecitato in tali fattispecie al giudice amministrativo non verte sulle determinazioni che l’amministrazione potrebbe o dovrebbe adottare sulla domanda di partecipazione alla gara, non presentata dal concorrente, e sulla relativa offerta, quanto piuttosto - ed unicamente - sul potere amministrativo già esercitato in ordine alla corretta determinazione della base d’asta che, come si è avuto modo di accennare in precedenza, nel rispetto dei principi tracciati dall’art. 97 della Costituzione ed in particolare di imparzialità e buon andamento, deve essere funzionale non solo al perseguimento dell’interesse particolare e specifico dell’amministrazione appaltante, ma altresì idoneo e adeguato anche ad assicurare un effettivo confronto competitivo tra gli operatori del mercato.

II.5. E’ da aggiungere che la circostanza che la società ricorrente abbia presentato domanda di partecipazione ad identiche gare bandite da altri Provveditorati regionali (ovvero che altri operatori economici abbiano presentato istanza di partecipazioni a gare identiche bandite coevamente da altri Provveditorati regionali) non è idonea né a determinare l’inammissibilità del ricorso originario per sopravvenuta carenza di interesse, né tanto meno a dimostrare la pretestuosità della pretesa della originaria ricorrente (e la correlativa erroneità della sentenza impugnata per la asserita incongruità del prezzo posto a base di gara), non costituendo essa affatto prova per facta concludentia della piena rimuneratività della base d’asta o della pretestuosità della relativa contestazione, non potendo dubitarsi della sussistenza dell’interesse dell’operatore economico a partecipare ad una gara in grado astrattamente di garantirgli un adeguato utile d’impresa.

III. Ciò precisato, passando all’esame dell’appello si osserva quanto segue.

III.1. Le censure sollevate con il primo ed il settimo, il secondo e l’ottavo, nonché con il quinto ed il nono motivo di censura l’appellante ripropone le censure di illegittimità del prezzo posto a base d’asta della gara, determinato in modo irragionevole e in difetto della necessaria istruttoria, sì da essere incongruo e non remunerativo.

III.2. Per poter adeguatamente verificare le prospettazioni dell’appellante la Sezione ha ritenuto indispensabile disporre una verificazione per accertare la congruità rispetto ai prezzi di mercato della diaria, anche in relazione alle specifiche prestazioni oggetto del contratto (come individuate nella lex specialis, bando di gara, disciplinare di gara disciplinare prestazionale con relativi allegati)” e ne ha affidato l’espletamento al direttore del Dipartimento di Economia agro – alimentare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Piacenza), con facoltà di delega a soggetto idoneo.

Le operazioni di verificazione si sono svolte nel rispetto del principio del contraddittorio (al riguardo non vi è stata alcuna contestazione tra le parti); la relazione conclusiva (depositata il 26 settembre 2019) è strutturata in cinque paragrafi (1. Oggetto della valutazione; 2. Scelta del metodo di stima e sua giustificazione; 3. Alcuni problemi relativi alla valutazione; 4. Metodologia e risultati della valutazione; 5. Alcune considerazioni supplementari).

III.3. Ciò premesso occorre innanzitutto precisare che le “considerazioni supplementari” svolte dall’ausiliare nel paragrafo 5, relativamente alla sostanziale irragionevole e spropositata rilevanza attribuita dalla lex specialis ai requisiti CAM (sia quanto alla asserita impossibilità di superare i livelli minimi indicati nel bando, livelli di per sé già elevati; sia quanto alla presunta incapacità delle strutture dell’amministrazione di poter effettivamente verificare ed apprezzare i prodotti CAM non solo formalmente offerti, ma anche effettivamente utilizzati, dall’operatore aggiudicatario; sia ancora in relazione alla presunta illogicità di attribuire il 70% del punteggio all’offerta tecnica ed il 30% a quella economica ed all’opportunità di invertire tali valori), esulano dall’indagine affidatogli e di esse pertanto non si può tener conto ai fini della decisione della presente controversia.

III. 4. Passando all’esame specifico della relazione di verificazione si osserva quanto segue.

III.4.1. Dopo aver svolto alcune – per altro approfondite - considerazioni preliminari sui CAM (criteri ambientali minimi) e sulla loro applicazione anche alla procedura di gara in questione, l’ausiliare, quanto alla problematica della individuazione della metodica per la corretta determinazione della base d’asta per la diaria oggetto di valutazione, pur dando atto che le parti hanno proposto diverse modalità, ha evidenziato che “…non vi sono dubbi che la determinazione del prezzo da considerare come base d’asta, debba essere effettuata in modo diretto, cercando quindi di quantificare, nel modo più preciso e appropriato possibile, il costo di approvvigionamento dei quantitativi richiesti di materie prime, e i costi relativi ai servizi richiesti dai bandi in oggetto. D’altro canto è evidente che tale compito è fortemente limitato dall’esistenza di importanti carenze informative e di disponibilità di dati (prezzi) sia con riferimento alle specifiche categorie merceologiche, che con riferimento alla appropriata fase di mercato che deve essere considerata per approssimare meglio possibile, la fase di scambio che coinvolge presumibilmente i fornitori, sia con riferimento alla disponibilità (mancata) di dati precisi a livello territoriale disaggregato (per regione)”, sottolineando che “nonostante questi vincoli, e quindi nonostante non sia semplice ottenere informazioni dirette e puntuali quanto sarebbe desiderabile, questa modalità di valutazione resta pur sempre quella che di deve ritenere come più corretta”.

Ha poi aggiunto che, dal punto di vista metodologico, non è corretto utilizzare per la determinazione della base d’asta quello della precedente gara indetta nel 2013, stante la diversità della situazione economica nei due anni considerati (il primo – 2015 - caratterizzato da un notorio andamento negativo del PIL -1,7% rispetto al 2012, anno in cui lo stesso indicatore macroeconomico era sceso del -2,8%; il secondo contrassegnato da un altrettanto significativo miglioramento delle condizioni economico generali e da un aumento anche dell’inflazione) che altrettanto notoriamente condiziona le scelte degli operatori economici.

Né, sempre secondo l’ausiliare, possono supportare una simile scelta l’analisi dei valori dedotti da un bando per la fornitura di servizi di ristorazione scolastica (studio Conal s.r.l.), stante la diversità e la specificità dell’attività di preparazione di pasti prevalentemente per ristorazione scolastica (asili nido, scuole dell’infanzia, scuole primarie, ecc.), sia per la minore incidenza del costo della materia prima, sia per la (oggettiva) minore quantità di materia prima da utilizzare, sia per la diversità dei destinatari del servizio, sia per la complessiva diversa organizzazione del servizio stesso anche in ragione della dimensione complessiva, il tutto anche con riferimento ai CAM; né il confronto con le previsioni della gara per il servizio di mensa per la polizia penitenziaria, stante, anche in questo caso, la oggettiva diversità tra le due procedure di gara in relazione alle dimensioni del servizio, dimensione idonea ad influenzare anche il costo di approvvigionamento dei prodotti previsti dai CAM.

III.4.2. Sotto il profilo metodologico ai fini della individuazione del corretto prezzo a base d’asta l’ausiliare ha affermato che esso deve basarsi su una stima diretta che identifichi “…nel modo più preciso possibile, il costo di approvvigionamento sui mercati all’ingrosso, dei prodotti richiesti dal bando stesso, tenendo anche conto, per quanto possibile, dei costi dei servizi che sono comunque richiesti ai fornitori”, sottolineando che è necessario accertare “…i prezzi dei singoli prodotti inclusi nei due menù quadri-settimanali per le due stagioni estiva e invernale, da moltiplicare per le quantità previste”, dovendosi tener conto che essi sono soggetti a “…una forte variabilità, sia nel tempo che nello spazio, quindi sia da settimana a settimana, e da mese a mese, che da territorio a territorio (città o regione)”.

Quanto alla forte variabilità temporale dei prezzi dei prodotti agricoli, ritenuto dall’ausiliare, come “…un dato strutturale ben noto a tutti gli operatori del settore”, lo stesso ha osservato che “Da un lato la stagionalità delle produzioni trova un riscontro anche nella diversa stagionalità dei consumi prevista dai due menù diversificati previsti dai bandi in oggetto. Le flessibilità prevista per le forniture deve quindi garantire la possibilità non solo di approvvigionarsi di prodotti di stagione, ma anche dei prodotti che possono ragionevolmente avvantaggiarsi di prezzi più bassi, fermi restando i requisiti qualitativi e nutrizionali richiesti. Tenuto conto di queste considerazioni, qui richiamate in estrema sintesi, si ritiene che non sia necessario immaginare aggiustamenti nelle valutazioni che tengano conto di questa variabilità, in quanto ciascun operatore potrà fare le sue specifiche valutazioni tenendo conto dei costi per i menù di ciascuna stagione, giungendo poi alla determinazione della propria migliore offerta”.

Quanto al dato territoriale, “ricordato che tutti i bandi approvati nelle diverse parti del Paese avevano la stessa base d’asta” l’ausiliare ha sottolineato che “è ugualmente indubbio che i prezzi dei diversi prodotti non siano uguali nelle diverse parti del Paese, sia a causa delle differenze nei sistemi produttivi che dei sistemi logistici e commerciali. La carenza di informazioni attendibili sui prezzi medi effettivi pagati dagli operatori nella fase di scambio tra produttore/grossista e acquirente/fornitore, suggerisce di non procedere alla differenziazione della base d’asta su base territoriale. Se è vero che gli indici dei prezzi dei prodotti agricoli si muovono in modo diverso nelle regioni del Centro-Sud e nelle Isole, rispetto al Nord, è anche vero che tali indici non riescono a descrivere adeguatamente lo specifico mix di prodotti richiesti nel bando in oggetto. In genere è anche vero che mentre alcuni prodotti costano di più al sud rispetto al nord del Paese (ad esempio i prodotti di origine zootecnica), altri (ad esempio alcuni prodotti ortofrutticoli) possono costare significativamente di meno. Per questa ragione, pur condividendo molte delle considerazioni svolte dai periti su questi punti, si ritiene che sarà il processo di selezione del bando a consentire alle singole imprese partecipanti di fare la loro offerta migliore tenendo conto delle specifiche condizioni dei mercati di approvvigionamento sullo specifico territorio. Ne risulteranno, quindi, valori finali di aggiudicazione che saranno diversi da regione a regione, e che permetteranno di adattare i costi alle condizioni effettive nelle quali gli operatori si trovano ad operare. A tale fine è necessario favorire una ampia partecipazione a detti bandi”.

Quanto poi alle “modalità di calcolo delle quote minime di prodotti CAM previsti dal bando (se esse debbano essere calcolate con riferimento a ogni singolo prodotto o all’insieme dei prodotti come raggruppati nei tre grandi aggregati (1. Frutta, verdure e ortaggi, legumi, cereali, pane e prodotti da forno, pasta, riso, farina, patate, polenta, pomodori e prodotti trasformati, formaggio, latte UHT, yogurt, uova, olio extravergine; 2. Carne; 3. Pesce), consentendo così di compensare le mancate disponibilità di un prodotto nelle sue varianti CAM con un ricorso maggiore a prodotti CAM per altri prodotti)”, l’ausiliare, “premesso che è assolutamente condivisibile la considerazione che giudica assolutamente impossibile pensare di applicare i requisiti CAM ad ogni singolo prodotto considerato, se non altro per assoluta mancanza di prodotti rispondenti a tali requisiti, in molti casi”, ha precisato che “le stime…sviluppate in… verificazione si basano sulla applicazione dei requisiti CAM a livello dei tre grandi aggregati di prodotto”.

III.4.3. Ai fini della concreta determinazione del prezzo da porre a base d’asta l’ausiliare ha evidenziato di aver innanzitutto proceduto alla “…ricerca delle fonti che potessero fornire i prezzi relativi ai prodotti previsti nei bandi, rispettivamente per il menù estivo e per quello invernale”.

Ha quindi stimato “…i costi di base medi giornalieri per ciascuno dei due menù basati su un ciclo di 4 settimane ciascuno, per la stagione estiva e per quella invernale”, calcolando prima il “… costo medio giornaliero complessivo, SENZA tenere conto della necessità di rispettare i requisiti CAM”, poi il “…costo medio giornaliero del menù che tenesse conto anche del rispetto dei requisiti CAM, grazie alla identificazione dei prezzi dei prodotti biologici e di qualità previsti dal bando” ed infine il costo medio, al quale ha aggiunto “…una stima del costo relativo ai servizi accessori previsti dal bando per ottenere il valore finale”.

All’esito di tale articolata operazione (accompagnata anche da apposite tabelle illustrative) l’ausiliare ha indicato un costo medio giornaliero della sola componente alimenti, senza applicazione dei requisiti CAM, pari a € 4,28 per giorno (superiore al prezzo base d’asta del 9,8%) e un costo medio giornaliero, con applicazione dei requisiti CAM, tenuto conto sia del menù invernale che di quello estivo, pari a €.4,91 €/giorno, 26,0% in più rispetto alla base d’asta).

L’ausiliare ha infine aggiunto quanto segue: “Un’ultima considerazione è dovuta rispetto alla presenza e alla quantificazione dei costi relativi alle diverse attività e ai diversi servizi comunque richiesti ai fornitori per lo svolgimento delle diverse attività connesse: - costi per i servizi di logistica, trasporto, pulizia giornaliera, igienizzazione dei locali, adempimenti normativi, piano di autocontrollo HACCP, piano della sicurezza; - costi del lavoro di smistamento delle forniture, ecc.; - costi per il godimento dei beni di terzi: (canone d’affitto per gli spazi magazzino). La quantificazione diretta di questi costi è praticamente impossibile data l’estrema variabilità delle condizioni specifiche relative alle singole forniture e alle specifiche condizioni locali. Si è quindi proceduto necessariamente con una quantificazione per via sintetica e prudenziale che suggerisce di utilizzare una maggiorazione pari al 12% del costo base per i prodotti determinato in precedenza. Si giunge così ad una quantificazione finale pari a 5,50 €/giorno”.

III.5. Le conclusioni del verificatore risultano logiche, ragionevoli, approfondite e convincenti e meritano pertanto di essere condivise, confermando la correttezza della sentenza impugnata che ha ritenuto viziato da difetto di istruttoria la determinazione dell’amministrazione che ha posto quale base d’asta della procedura di gara di cui si discute lo stesso della analoga gara indetta nel 2013.

Quanto alla questione della diversità delle condizioni economiche dei due anni di riferimento (2013 e 2019), oltre a trattarsi di una situazione notoria, le considerazioni dell’amministrazione appellante si risolvono in una sterile riproposizione delle argomentazioni svolte nel motivo di appello, senza alcuna apprezzabile e significativa variante; d’altra parte il fatto che in altre (autonome) analoghe gare, indette da diversi Provveditorati regionali dello Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, alcuni operatori economici abbiano regolarmente partecipato e presentato offerte ritenute congrue non costituisce argomento idoneo a ritenere sicuramente corretta l’importo a base d’asta contestato; né può condividersi la tesi secondo cui l’utilità perseguita da un operatore economico del settore ben potrebbe consistere anche nell’intento di assicurarsi comunque una commessa anche per evitare possibili stati di difficolta finanziarie o addirittura fallimenti e quindi indipendentemente da un significativo utile economico, potendo al riguardo osservarsi che se è vero che le scelte dell’operatore economico possono essere condizionate dalle congiunture del ciclo economico, ciò non può esimere l’amministrazione dal determinare il presso di una base d’asta nel modo più corretto possibile nel rispetto dei principi costituzionale di buon andamento ed imparzialità.

Le considerazioni precedenti escludono anche che la correttezza della determinazione della base d’asta possa essere apprezzata ex post, sulla base cioè dell’effettività delle offerte presentate o ancora sulla base delle percentuali di ribasso offerte dagli operatori economici.

Né a legittimare la scelta dell’amministrazione può invocarsi l’ampia discrezionalità di cui essa è titolare, dovendo ribadirsi al riguardo che la pur ampia discrezionalità goduta dall’amministrazione non può risolversi in arbitrarietà, né può sfuggire al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo che ben può verificare se il potere sia stato in concreto correttamente esercitato sotto il profilo della logicità e della ragionevolezza: nel caso di specie è proprio sotto tale profilo che la determinazione impugnata è stata ritenuta non corretta, non essendo ragionevole fissare un valore economico, qual è la base d’asta, senza svolgere un’adeguata attività istruttoria volta ad accertare la effettiva rilevanza ed incidenza su quel valore economico dei prezzi dei prodotti da fornire, ma limitandosi a verificare la pretesa congruità anche per la nuova gara di quello stesso valore posto a base d’asta della precedente gara del 2013, sulla base di elementi sostanzialmente non omogenei sotto una pluralità di aspetti (studio Conal e gara per il servizio mensa della polizia penitenziaria).

III.6. Alla stregua di tali conclusioni i motivi sopra indicati sono da ritenersi fondati, con conseguente illegittimità degli atti impugnati, quanto alla determinazione del prezzo a base d’asta, nei sensi e nei limiti indicati per irragionevolezza e carenza di adeguata istruttoria, oltre che di motivazione della stessa.

E’ ancora da aggiungere che non è condivisibile la tesi secondo cui il servizio di sopravvitto, costituendo una mera prestazione accessoria o secondaria del contratto, non dovrebbe essere considerato ai fini della determinazione della base d’asta: è sufficiente osservare al riguardo che le specifiche modalità con cui tale servizio deve essere assicurato non esclude che esso rientri comunque tra le obbligazioni contrattuali che assume l’aggiudicatario.

Né può altrimenti sostenersi che dagli introiti derivanti da tale servizio potrebbero conseguire per l’operatore economico utilità di cui tenere conto nella predisposizione dell’offerta per la partecipare alla gara, il che costituirebbe un elemento che deporrebbe a favore della congruità della base d’asta indicata dall’amministrazione, essendo sufficiente osservare che si tratta di un elemento del tutto generico, indeterminato ed indeterminabile, dal momento che la stessa amministrazione ammette di poter sospendere o limitare in qualsiasi momento tale servizio di sopravvitto.

III.7. Resta fermo, coerentemente con il limite proprio del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo sulla discrezionalità amministrativa e sui poteri non ancora esercitati, che le conclusioni del verificatore, quantunque corrette, esaustive e condivisibili, non possono sostituirsi sic et simpliciter alle determinazioni che sul punto controverso spetta solo alla amministrazione di adottare, costituendo piuttosto, per un verso, il parametro di verifica della legittimità della determinazione contestata e potendo essere utilizzate, per altro verso, quale criterio di orientamento di quelle da adottare.

III.8. Possono essere esaminati congiuntamente il terzo ed il sesto motivo, con cui il bando di gara è stato censurato per la previsione di assoluto divieto di subappalto, senza che peraltro siano state neppure indicate le garanzie di sicurezza asseritamente indispensabili per l’espletamento del servizio oggetto di gara.

Sotto un primo profilo si rivela fondata e va accolta la censura circa l’illegittimità della previsione del divieto assoluto di subappalto, esso un tale divieto escluso dall’art. 105, comma 4, del D. Lgs. 50/2016, nel testo sostituito dal D. Lgs. 56 del 2017, ferme le limitazioni ivi previste e ferma restando la possibilità dell’amministrazione di non autorizzarlo motivatamente; è da respingere invece la censura concernente la violazione dell’art. 162, di non facile intellegibilità, dal momento che il contratto di cui si discute non risulta essere secretato, ciò non emergendo dagli atti di gara (ed anzi essendo escluso dagli stessi).

III.9. E’ da respingere la censura formulata con il quarto motivo con cui è stata contestata la legittimità della formulazione dei parametri e sotto parametri di vaglio tecnico delle offerte, la cui concreta formulazione escluderebbe la possibilità di formulare offerte ponderate e sostenibili: in particolare il fatto che non sarebbero indicate le modalità di assegnazione dei punteggi ed il fatto che i sottopunteggi sarebbero attribuiti per blocchi, consentirebbe l’attribuzione di punteggi identici ad offerte diverse, violando la par condicio e la altresì la qualità stessa, ciò anche in relazione alla previsione di un punteggio per l’offerta aggiuntiva di prodotti biologici, ma non censiti nelle tabelle vittuarie; in conclusione un simile sistema attribuirebbe una inammissibile arbitrarietà (e non semplice discrezionalità) alle valutazioni della commissione di gara (come si ricaverebbe dalla lettura delle avvertenze in calce alla tabella dei parametri e dei sottoparametri), anche in considerazione dell’altrettanto irragionevolezza dei criteri di valutazione dei prodotti esotici da commercio equo e solidale.

E’ sufficiente osservare al riguardo che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale da cui non vi è ragione di discostarsi, la scelta dei criteri e sottocriteri di valutazione delle offerte e le modalità di attribuzione dei relativi punteggi costituiscono rientrano della discrezionalità dell’amministrazione e attengono al merito dell’azione amministrativa, come tale non sindacabile in sede di legittimità, salvo che non siano ravvisabili gli estremi della manifesta illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza o irrazionalità, che però non si rinvengono nel caso di specie, non potendo essi coincidere con il dissenso dell’appellante sulle scelte dell’amministrazione.

Sul punto la motivazione della sentenza impugnata, secondo cui il pericolo che la discrezionalità tecnica della commissione possa trasmodare in arbitrarietà, stante i puntuali e stringenti criteri e sub-criteri previsti nella lex specialis, è corretta e condivisibile e non merita le censure mosse.

IV. L’appello principale nei sensi e nei limiti sopra indicato deve essere accolto.

La novità e la peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

Le spese di verificazione, da liquidarsi allorquando l’ausiliare avrà depositato la relativa richiesta, devono essere invece poste a carico dell’amministrazione della giustizia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla gli atti impugnati nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Pone a carico dell’Amministrazione della giustizia le spese di verificazione da liquidarsi allorquando l’ausiliare avrà depositato la relativa richiesta.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Secondo il CDS la stazione appaltante, nel fissare il prezzo a base di gara, deve necessariamente tener conto anche dei costi che l’impresa deve sostenere per far sì che il prodotto fornito (od il servizio offerto) sia conforme a determinati criteri di eco – compatibilità previsti dalla legge e che oggi sono sempre più stringenti.

L’art. 34 del D.lgs. 50/2016 (di seguito “Codice”) stabilisce che “ Le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto nell'articolo 144. I criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l'applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell'articolo 95, comma 6. Nel caso dei contratti relativi alle categorie di appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione, i criteri ambientali minimi di cui al comma 1, sono tenuti in considerazione, per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare, sulla base di adeguati criteri definiti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare”. 

Tale norma assume, per le stazioni appaltanti, un valore precettivo: i CAM non si riducono ad un mero criterio premiante da adottare in sede di attribuzione dei punteggi, ma costituiscono una condizione in assenza della quale l’appalto non può essere aggiudicato.

Pertanto, poiché l’impresa aggiudicataria, per rispettare i CAM, deve necessariamente sostenere delle spese, è necessario che il prezzo a base di gara ricomprenda anche tali spese, determinate quanto meno in via presumibile: altrimenti, quell’utile contrattuale che l’impresa ragionevolmente si aspetta di conseguire sarà successivamente (ossia in sede di esecuzione del contratto) decurtato dei suddetti costi, con la conseguenza – tutt’altro che improbabile – di ridursi ad un ammontare di scarso interesse per l’impresa stessa. 

Quest’ultima, quando formula l’offerta, deve indicare, nella voce “Spese Generali”, anche quelle necessarie per garantire alla stazione appaltante la conformità ai CAM: ma per poter fare ciò, occorre che il prezzo base d’asta sia congruo. Se il prezzo base è di € 10.000,00 + IVA e l’offerta del concorrente è di € 8.000,00, in questi 8.000,00 va ricompreso sia l’utile d’impresa (supponiamo pari ad € 5.000,00) sia le spese generali (pari ad € 3.000,00). Ma se questi € 3.000,00 non sono sufficienti a coprire tutte le spese necessarie per garantire il rispetto dei CAM, allora delle due l’una: o l’impresa abbassa la sua quota di utile oppure è costretta a rinunciare in quanto le spese generali preventivate sono insufficienti ai fini dei CAM. Ed allora ecco che, se il prezzo base fosse di € 12.000,00, questo problema non si porrebbe: l’impresa, in tal caso, sarebbe nella condizione sia di conseguire l’utile contrattuale prefissato sia di far fronte alle spese per i CAM.

Il problema è che le stazioni appaltanti debbono far quadrare il bilancio, non potendo esse fissare un prezzo a base di gara maggiore rispetto a quello che è il rispettivo stanziamento. E questo è un problema che certamente non si può risolvere agevolmente, in quanto coinvolge profili di discrezionalità amministrativa sui quali persino lo stesso potere giurisdizionale avrebbe difficoltà ad intervenire: se la stazione appaltante ha deciso di destinare all’appalto non più di una determinata somma, destinando una parte delle risorse ad altri appalti od anche ad altre attività istituzionali non configuranti un appalto, si tratta di una scelta del tutto discrezionale che la stessa stazione ha condotto nella sua piena autonomia valutativa in merito alla priorità degli interessi da perseguire. Quindi dovrà essere l’impresa partecipante ad adeguarsi, ovviamente nei limiti di quella che è un’oggettiva convenienza economica, alle disponibilità di bilancio della stazione appaltante.

Inoltre, anche ammesso che le stazioni appaltanti debbano tenere conto – nella fissazione del prezzo base d’asta – dei costi che l’impresa aggiudicataria dovrebbe sostenere per garantire il rispetto dei CAM, si porrebbe comunque un problema di quantificazione dei costi medesimi: come fa la stazione appaltante a sapere quali costi ciascuna delle imprese partecipanti dovrebbe sostenere nel caso in cui divenisse aggiudicataria? Su 5 imprese concorrenti (che chiameremo “A”, “B”, “C”, “D”, “E” ed “F”): “A” e “B” potrebbero essere già in regola con i CAM (o grazie alle spese sostenute per l’esecuzione di appalti precedenti oppure perché aventi una situazione finanziaria più florida, che ha permesso loro di investire in politiche di eco - compatibilità); le altre 3 potrebbero, invece, dover sostenere le suddette spese ma in forma diversa, in quanto “C” già sta parzialmente offrendo sul mercato beni o servizi conformi ai CAM e deve solo fare delle piccole spese di adeguamento, mentre “D” ed “F” debbono fare tali spese sostanzialmente ex novo (o perché è la prima volta che si affacciano su quel settore merceologico oppure, semplicemente, perché prima non si sono mai adeguate). Se la stazione appaltante ricomprende nel prezzo a base d’asta anche i costi da sostenere per i CAM, tali costi saranno sicuramente veritieri per le imprese “D” ed “F” (che, da questo punto di vista, debbono partire da zero), ma lo saranno molto meno per l’impresa “C” (questa, infatti, è già parzialmente in regola con i CAM, e quindi dovrà sostenere solo una piccola parte dei costi per i CAM indicati nel prezzo base, il resto essendo destinato a confluire nell’utile contrattuale), e non lo saranno sicuramente per le imprese “A” e “B” in quanto i predetti costi, per tali imprese, verranno destinati ad utile (infatti, queste, si trovano, già allo stato attuale, del tutto in regola con i CAM e quindi non dovranno sostenere alcuna spesa di adeguamento).

Il rischio, quindi, è che in ogni caso un eventuale aumento del prezzo base d’asta (aumento finalizzato a tenere conto anche dei costi per i CAM), seppur (giustamente) rispettoso dell’obbligo dei CAM, determini sempre e comunque uno squilibrio tra le imprese partecipanti, in quanto l’incremento del suddetto prezzo verrà inevitabilmente “sfruttato” come quota di utile da parte delle imprese che sono già in regola con i CAM e che quindi non debbono sostenere alcuna spesa a tale fine, mentre andrà, altrettanto inevitabilmente, a svantaggio di quelle imprese le quali debbono giocoforza sostenere i costi quantificati dalla stazione appaltante e che quindi, a quel punto, potrebbero anche ritenere non conveniente formulare un’offerta.

La sentenza, pertanto, afferma un principio condivisibile laddove afferma che, per dare alle imprese concorrenti un’aspettativa di utile che sia la più ampia possibile, nel prezzo base di gara dovrebbe essere ricompresa anche la spesa da sostenere per i CAM; essa, tuttavia, omette di considerare che, anche così facendo, si creerà – per le ragioni sopra esposte – una disparità di trattamento tra concorrenti.

La sentenza, ad ogni modo, offre un interessante spunto, che è quello di verificare se l’avvalimento sia eventualmente utilizzabile dalle imprese concorrenti anche per comprovare la conformità ai CAM.

Se si accertasse che i requisiti di compatibilità ambientale previsti dall’art. 34 del Codice possono essere prestati da un’impresa ausiliaria, a quel punto non vi sarebbe motivo per il quale il prezzo base di gara debba essere aumentato di un importo pari ai costi da sostenere per garantire la conformità ai CAM: in tal caso, infatti, l’impresa concorrente, potendo appunto fruire di tale prestito, non dovrebbe sostenere alcun onere.

L’art. 89 del Codice prevede la possibilità di avvalimento per requisiti “di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all'articolo 83, comma 1, lettere b) e c)”: tra tali requisiti rientrano anche i CAM?I I requisiti di cui all’art. 83 comma 1 sono i seguenti: 

b) la capacità economica e finanziaria; 

c) le capacità tecniche e professionali”.

Potrebbero eventualmente i CAM rientrare nell’ambito dei requisiti di “capacità professionale”? 

I CAM sono strettamente collegati al settore merceologico, e le attività di qualsiasi settore merceologico sono caratterizzate da “rischi professionali”, per tali intendendosi non soltanto quelli consistenti nella imperfetta esecuzione dell’appalto ma anche quelli caratterizzati dai danni provocati dalla mancata osservanza delle norme ambientali disciplinanti l’attività svolta.

Se si accetta tale impostazione, allora anche per i CAM è utilizzabile l’istituto dell’avvalimento.

Una tesi contraria a ricomprendere i CAM nel novero dell’avvalimento potrebbe essere fondata sull’art. 30 comma 3 del Codice. Questo stabilisce che “Nell’esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X.”

Gli obblighi in materia ambientale (ossia i CAM) sono nominati unitamente agli obblighi previsti dai contratti collettivi di lavoro, i quali, a loro volta, sono richiamati direttamente all’art. 80 comma 5 lett. A) del Codice.

Ebbene: in base all’art. 89 comma 1, l’avvalimento è escluso per i requisiti di cui all’art. 80, e quindi: 

a) gli obblighi ambientali sono disciplinati insieme agli obblighi risultanti dai contratti collettivi di lavoro;

b) questi ultimi rientrano nei requisiti di cui all’art. 80 (comma 5 lett. A);

c) per i requisiti di cui all’art. 80 è escluso l’avvalimento

d) quindi l’avvalimento non è ammesso neanche per gli obblighi ambientali (CAM)

D’altra parte si potrebbe anche sostenere quanto segue.

Il fatto che l’art. 30 comma 3 del Codice ponga sullo stesso piano gli obblighi risultanti dai CCNL e gli obblighi in materia ambientale, non può essere considerato come argomento di particolare pregnanza.

Infatti, vi sono delle norme nelle quali gli obblighi derivanti dai CCNL sono disciplinati separatamente dagli obblighi ambientali: p. es., ai sensi dell’art. 94 comma 5 lett. D), la stazione appaltante può accertare che l’offerta è anormalmente bassa quando il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi previsti nelle tabelle del Ministero del Lavoro, ed in tal caso nessun cenno viene fatto agli obblighi di carattere ambientale.

Pertanto, l’art. 30 comma 3 non può essere utilizzato per affermare che il divieto di avvalimento, essendo previsto per i requisiti di cui all’art. 80, sussiste anche per il possesso dei CAM.

Si impone, poi, un’ulteriore riflessione.

I CAM consistono, quanto meno per determinate categorie di beni (p. es. per la fornitura di carta in risme), nel possesso di etichette tipo Ecolabel  o di certificazioni tipo EMAS.

Tali requisiti vengono presi in considerazione dall’art. 93 comma 7 del Codice ai fini della riduzione dell’importo della garanzia provvisoria.

In sostanza, quindi, la conformità ai CAM è utile alle imprese concorrenti anche al fine di poter fruire di una riduzione dell’onere economico da sostenere, contestualmente alla presentazione dell’offerta, a garanzia della sottoscrizione del contratto.

Ebbene, il deposito della garanzia provvisoria – per la riduzione della quale la conformità ai CAM assume un’importanza fondamentale – certamente non rientra nell’ambito dei requisiti di cui all’art. 80, ossia di quei requisiti per i quali l’avvalimento non è ammesso.

In conclusione, quindi, fermo restando che la materia relativa ai CAM è piuttosto complessa, la sentenza del Consiglio di Stato, nell’evidenziare la necessità che il prezzo base d’asta venga aumentato in modo da ricomprendere anche i costi da sostenere per garantire la conformità ai CAM, sembra non considerare che vi può essere un’alternativa a ciò, ossia prevedere nel bando che il concorrente possa ricorrere all’avvalimento anche per quanto riguarda i CAM, e quindi possa non sostenere i predetti costi. In questo modo si tutela sia la stessa stazione appaltante, la quale potrà appunto fissare il prezzo base senza dover considerare anche la quota corrispondente ai costi sopra citati, sia le stesse imprese concorrenti, le quali potranno formulare le proprie offerte senza dover considerare tra le spese generali anche quelle necessarie per assicurarsi (ed assicurare) la conformità ai CAM, il che vuol dire possibilità di prevedere un maggior margine di utile contrattuale.