Consiglio di Stato, sez III, 13 settembre 2019, n. 6168

1. Ai fini dell’esclusione dell’operatore economico dalla procedura di gara per irregolarità fiscale, rilevano i requisiti della “gravità” e della “definitività” delle violazioni tributarie. E’ da intendersi violazione “grave” quella che comporta un omesso pagamento di imposte e tasse per un ammontare superiore all’importo di cui all’art 48 bis, commi 1 e 2 bis del D.P.R. n. 602/1973; costituisce violazione “definitivamente accertata” quella relativa all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili. Il carattere definitivo dell’accertamento discende dalla sentenza passata in giudicato, con la quale è stato respinto il ricorso del contribuente, ovvero dalla definitività dell’accertamento in sede amministrativa, per la mancata impugnazione dell’atto impositivo nel termine di sessanta giorni dalla sua conoscenza (o legale conoscibilità) da parte del contribuente, senza che, nello stesso termine, questi abbia provveduto a regolarizzare la propria posizione, soddisfacendo la pretesa dell’Amministrazione finanziaria anche mediante definizione agevolata. 

2. La sospensione della cartella esattoriale disposta dall’ente impositore attiene alla sola fase della riscossione del credito tributario e non incide sull’intangibilità del titolo, quindi, in caso di mancata impugnazione dell’atto impositivo, il debito resta incontestato e definitivamente accertato.

3. La certificazione di regolarità amministrativa rilasciata dall’Agenzia delle entrate mediante il sistema AvcPAss o con appositi atti di certificazione rilasciati in data successiva a quella di presentazione dell’offerta, è sindacabile dal giudice amministrativo, seppure incidenter tantum, quando la questione controversa riguarda la definitività o meno delle violazioni tributarie accertate.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 655 del 2018, proposto da 

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore in proprio e quale capogruppo mandataria dell’ATI con -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo Fortunato, Felice Laudadio, Ferdinando Scotto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Felice Laudadio in Roma, via Valadier, n. 44; 

contro

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paola Cosmai, domiciliato presso la Segreteria della Terza Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13; 

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Leopoldo Di Bonito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza dei Martiri di Belfiore, n. 2; 

Azienda Ospedaliera Universitaria "Federico II", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 

nei confronti

Regione Campania, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- non costituiti in giudizio; 

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alberto Saggiomo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Valadier 44; 

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuliano Di Pardo e Michele Rosario Luca Lioi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto come in atti;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania, sede di Napoli, sezione I, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente l'affidamento di servizi integrati di lava-noleggio per le aziende sanitarie della Regione Campania – aggiudicazione lotto 2;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS-, dell’-OMISSIS-, di -OMISSIS-, della -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2019 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli Avvocati Maione su delega dichiarata di Felice Laudadio, Ferdinando Scotto per sé e su delega dichiarata di Alberto Saggiomo, Vincenzo Fortunato, Leopoldo Di Bonito, Giuliano Di Pardo, Michele Rosario Luca Lioi e l'Avvocato dello Stato Attilio Barbieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. - La società -OMISSIS- ha partecipato, collocandosi in seconda posizione, alla procedura indetta nel 2015 dalla centrale di committenza regionale -OMISSIS-, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dei servizi integrati di c.d. “lavanolo” - lotto n. 2 destinati alle Aziende Ospedaliere di Rilievo Nazionale (AORN) -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, all’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli e all’Istituto Nazionale per lo studio e la cura dei tumori - G. Pascale. 

La gara era destinata alla sottoscrizione di una convenzione con durata di 24 mesi entro i quali le Aziende Ospedaliere avrebbero potuto stipulare contratti di fornitura tramite emissione di atti di adesione (ordinativi di fornitura), documenti che formalizzano l’accordo contrattuale con gli enti destinatari delle prestazioni per la durata di 5 anni, con un importo massimo complessivo, quanto al lotto n. 2, di € 36.033.975,39.

2. - Con il ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR per la Campania, sede di Napoli, -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione disposto in favore del primo graduato r.t.i. -OMISSIS-/-OMISSIS- (-OMISSIS- del 24 marzo 2017) deducendo violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili.

Ha lamentato, in particolare, la mancata esclusione del raggruppamento aggiudicatario per carenza dei requisiti di partecipazione della capogruppo -OMISSIS- e, in subordine, ha chiesto l’annullamento dell’intera procedura di gara per violazione delle regole di valutazione delle offerte.

Pertanto, con il ricorso di primo grado, ha chiesto l’annullamento degli atti impugnati e la declaratoria di inefficacia della convenzione eventualmente stipulata con il r.t.i. aggiudicatario, il subentro nella relativa posizione contrattuale e, in via subordinata, il risarcimento per equivalente monetario.

2.1 - Si sono costituite nel giudizio di primo grado la centrale di committenza -OMISSIS- che ha controdedotto nel merito ed ha chiesto il rigetto del ricorso.

2.2. - L’Istituto G. Pascale ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva e ha chiesto di essere estromesso dal giudizio.

2.3 - Le società controinteressate -OMISSIS- e -OMISSIS- si sono costituite in giudizio replicando ai motivi di gravame e chiedendone la reiezione.

2.4 - -OMISSIS- ha proposto altresì ricorso incidentale avverso la mancata esclusione della società -OMISSIS- per anomalia dell’offerta e chiedendo, in accoglimento del gravame, la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale.

3. - Con la sentenza appellata il TAR ha così deciso:

- ha respinto l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’Istituto G. Pascale; 

- ha respinto il ricorso incidentale proposto dalla società -OMISSIS-; 

- ha accolto il ricorso principale proposto da -OMISSIS- disponendo l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione in favore del r.t.i. -OMISSIS-/-OMISSIS- dichiarando inefficace la convenzione stipulata in seguito al provvedimento di aggiudicazione; 

- ha condannato -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- al pagamento delle spese processuali in favore della società -OMISSIS- ed ha compensato le spese processuali nei confronti dell’I.R.C.C.S., Istituto Nazionale per lo studio e la cura dei tumori – Fondazione G. Pascale; 

- ha condannato -OMISSIS- al rimborso del contributo unificato versato dalla società -OMISSIS-.

4. - Avverso tale decisione ha proposto appello principale -OMISSIS-., in proprio e in qualità di capogruppo mandataria del r.t.i. con -OMISSIS-, chiedendone l’integrale riforma.

4.1 - -OMISSIS- ha proposto appello incidentale avverso la sentenza nella parte in cui ha rigettato gli ulteriori motivi diretti all’esclusione del R.T.I. -OMISSIS-; ha poi controdedotto in merito ai motivi proposti dall’appellante principale. Ha eccepito, inoltre, l’improcedibilità dell’appello principale.

4.2 - Si sono costituite in giudizio la società -OMISSIS- e -OMISSIS- che hanno entrambe chiesto l’accoglimento dell’appello principale.

4.3 - Si sono costituite per resistere anche l’Istituto G. Pascale che ha reiterato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva già respinta dal TAR e l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”.

4.4 - Le parti hanno depositato documenti, memorie e memorie di replica.

4.5 - La domanda cautelare è stata abbinata al merito.

5. - Con ordinanza collegiale n. -OMISSIS- del 21 agosto 2018 la Sezione ha disposto incombenti istruttori ed ha fissato l’udienza di merito per il giorno 24 gennaio 2019.

5.1 - All’udienza pubblica del 24 gennaio 2019, su accordo delle parti, la causa è stata rinviata a data da destinarsi.

6. - All’udienza pubblica del 4 luglio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. – L’appello principale va respinto e quello incidentale va dichiarato improcedibile.

8. - Ritiene il Collegio di dover preventivamente richiamare la decisione di primo grado.

8.1 - Nel ricorso di primo grado -OMISSIS- aveva dedotto che:

- la capogruppo -OMISSIS- avrebbe dovuto essere esclusa per carenza del requisito di ordine generale di cui all’art. 38, comma 1, lett. g), del D.Lgs. n. 163/2006 attesa la grave situazione di irregolarità fiscale in cui sarebbe incorsa per debiti di diversi milioni di euro con l’erario, comprovata da una transazione fiscale - accordo di ristrutturazione del debito intercorso, ai sensi degli artt. 182 bis e 182 ter del R.D. n. 267/1942, con l’Agenzia delle Entrate risultante dalla visura camerale della società, atto che, inoltre, non avrebbe neppure ottenuto l’omologa dal Tribunale ordinario;

le società controinteressate avevano sostenuto che: 

- non si sarebbe trattato di violazioni tributarie definitivamente accertate ostative alla partecipazione alla selezione concorsuale, poiché la proposta di transazione fiscale sarebbe stata avanzata dalla società -OMISSIS- prima della partecipazione alla gara, il debito oggetto di transazione fiscale sarebbe stato, in parte, già oggetto di un piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria e, per altra parte, avrebbe costituito oggetto di rituale impugnazione innanzi agli organi della giustizia tributaria;

- a sostegno delle argomentazioni avevano esibito un parere pro veritate di un professionista e certificazioni dell’Agenzia delle Entrate; avevano aggiunto che il diniego di omologa da parte del giudice delegato del Tribunale di Napoli Nord era stato superato dal successivo decreto del 15 novembre 2017 del medesimo Tribunale che - in seguito all’accoglimento del reclamo da parte della Corte di Appello di Napoli e al rinvio al primo giudice – aveva omologato l’accordo di ristrutturazione;

-OMISSIS- aveva rilevato che:

- l’operatore economico era stato sottoposto a controllo in pendenza della procedura di gara, dapprima mediante consultazione telematica tramite sistema AvcPass (dal quale, in riscontro alla richiesta datata 1 agosto 2016, la posizione del concorrente era risultata regolare) e, in occasione dell’aggiudicazione definitiva, tramite acquisizione di apposita certificazione dell’Agenzia delle Entrate del 19 aprile 2017 che attestava la insussistenza di violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse.

8.2 - Il TAR, dopo aver richiamato la norma dell’art. 38, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 163/06 applicabile ratione temporis alla presente controversia (precisando che costituiscono violazioni “gravi” quelle relative all’omesso pagamento delle imposte superiore all'importo di cui all'articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del D.P.R. n. 602/1973 (€ 10.000,00) e che costituiscono violazioni “definitivamente accertate” quelle relative all'obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili), ha ritenuto che ricorressero nel caso di specie i requisiti della gravità e della definitività dell’irregolarità fiscale della società -OMISSIS-.

Ha quindi rilevato che:

- era incontestata la “gravità” delle violazioni fiscali tenuto conto di quanto risulta dall’importo 

dell’atto di transazione fiscale del 6 ottobre 2016 (da esso risultava che la società -OMISSIS- era debitrice per tributi, sanzioni e relativi accessori relativi a periodi di imposta fino al 2015 per un importo di € 48 milioni circa e, con tale accordo, l’amministrazione finanziaria aveva consentito all’estinzione dei debiti con il pagamento della somma ridotta di € 27 milioni circa (cfr. pagine 2, 3);

- gli importi erano quindi ampiamente superiori alla soglia prevista dall'art. 48 - bis, commi 1 e 2-bis, del D.P.R. n. 602/1973.

In relazione al requisito della “definitività” ha ritenuto che:

- i requisiti di ammissione ad una procedura di gara devono essere posseduti alla data di scadenza del termine per la presentazione dell’offerta, nel caso specifico il 14 dicembre 2015;

- pertanto, la situazione di irregolarità fiscale in cui versava la mandataria -OMISSIS- non avrebbe potuto essere sanata dalla stipulazione della transazione fiscale che, invero, era intervenuta il 6 ottobre 2016, quindi in una data successiva;

- non rilevavano, quindi, le certificazioni rilasciate dall’Agenzia delle Entrate, tanto quella prodotta da -OMISSIS- (cfr. -OMISSIS- del 22 maggio 2017) quanto quella presentata da -OMISSIS- (cfr. -OMISSIS- del 20 maggio 2017) le quali recano rispettivamente le date del 30 marzo 2017 e del 19 aprile 2017, quindi successive al termine di presentazione delle offerte;

- il requisito delle violazioni definitivamente accertate non sussisterebbe invece in caso della presentazione, antecedente alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta, di una istanza di rateizzazione del debito fiscale accolta dall’amministrazione finanziaria (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 15/2013), ovvero in pendenza di un ricorso giurisdizionale avverso gli atti impositivi;

- ha quindi richiamato la giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. V, 3421/2016) secondo cui “Il requisito della definitività dell’accertamento, alla stregua dell’art. 38, comma 1, lett. g), del Codice dei contratti pubblici …non ricorre quando la definizione concreta del rapporto tributario è ancora esposta all’oppugnabilità o alla negazione giudiziale e, dunque, non ha raggiunto un livello di sicurezza tale per cui l’aspirante concorrente sia da presumere senz’altro inaffidabile e da estromettere: vale a dire, o allorché siano ancora pendenti i termini per la presentazione di una contestazione giurisdizionale o, in caso di avvenuta impugnazione, allorché la pronuncia giurisdizionale non sia ancora passata in giudicato”).

Ha quindi ritenuto che:

- parte del debito ha costituito oggetto di rateizzazione concordata con l’amministrazione finanziaria, ma tale rateazione riguarda un importo minimo (circa € 96 mila – cfr. nota dell’Agenzia delle Entrate del 3 dicembre 2013 allegata alla memoria di -OMISSIS- del 22 maggio 2017) rispetto all’ammontare complessivo dell’esposizione tributaria della società -OMISSIS- come certificata nell’accordo di ristrutturazione per periodi di imposta fino al 2015 (48 milioni) prima della riduzione concordata in sede transattiva; 

- il contenzioso tributario azionato dalla -OMISSIS- riguarda solo una parte dei debiti tributari e, segnatamente, quelli riferiti all’anno di imposta 1999 per un ammontare di € 6 milioni circa (cfr. pag. 2 del parere pro veritate del dott. -OMISSIS- allegato alla memoria di -OMISSIS- del 22 maggio 2017);

- la consistente posizione debitoria residua non coperta da rateizzazione né gravata in sede giurisdizionale (circa € 41,9 milioni) equivale nella sostanza ad una passività incontestata e, quindi, ad un debito definitivamente accertato ai sensi dell’art. 38, comma 1 lett. g) e comma 2 del D.Lgs. n. 163/2006.

Ha ritenuto, pertanto, illegittimo il provvedimento di ammissione in gara di tale operatore economico per carenza del descritto requisito di ordine generale.

9. - Tenuto conto della complessità della problematica e della formale richiesta di approfondimento istruttorio proposta dall’appellante principale, la Sezione ha adottato l’ordinanza interlocutoria con la quale ha chiesto al Direttore della Direzione Provinciale I Napoli dell’Agenzia delle Entrate di fornire i seguenti chiarimenti:

- quale fosse la posizione debitoria della società -OMISSIS-. nei confronti dell’amministrazione finanziaria alla data del 14 dicembre 2015, indicando l’entità complessiva e la composizione del debito tributario;

- se a quella data la società -OMISSIS-. avesse commesso violazioni definitivamente accertate relative all'obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse, precisando in base a quali criteri il debito viene considerato dall’Agenzia delle Entrate non definitivamente accertato (essendovi contestazione tra le parti in ordine a tale qualificazione), e fornendo le dovute indicazioni in merito ai singoli debiti della società -OMISSIS-.;

- con specifico riferimento alla transazione fiscale del 6 ottobre 2016 la Sezione ha chiesto di chiarire se vi fosse stata sospensione delle partite debitorie prima della sua sottoscrizione, ed in caso positivo, con quale atto.

9.1 - Con la relazione del 10 ottobre 2018 il Direttore della Direzione Provinciale I di Napoli ha precisato che per “violazioni definitivamente accertate devono intendersi quelle derivanti da sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione”; ha poi ricordato che il d.l. 273/2012 n. 16, conv. in L. 26/4/2012 n. 44 ha fornito una nozione normativa di “definitività” dell’accertamento, prevedendo che “costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili”; ha anche richiamato la disciplina contenuta nel d.lgs. n. 50/2016 che, però, non rileva nel caso di specie in quanto alla presente controversia risulta applicabile – ratione temporis - il d.lgs. n. 163/06.

Ha quindi precisato che non costituiscono importi definitivamente accertati:

i) quelli oggetto di impugnazione con contenzioso pendente, per cui non sia ancora intervenuta una sentenza definitiva passata in giudicato;

ii) gli importi oggetto di rateizzazione non ancora revocata;

iii) gli importi oggetto di sospensione amministrativa, legale ovvero giudiziale.

Ha infine aggiunto che alla data del 15 dicembre 2015 la società -OMISSIS- possedeva il requisito della regolarità fiscale secondo quanto stabilito dal d.lgs. n. 50/2016: “nessuna delle partite di ruolo emesse a carico della società risultava scaduta essendo state a quella data sospese in via amministrativa per transazione fiscale in corso di istruttoria”.

9.2 - In merito alla transazione fiscale, ha precisato che la società ha presentato in data 23/12/2013 istanza ai sensi dell’art. 182-ter della L.F. nell’ambito delle trattative che precedono la stipula di un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182-bis della L.F.; in sede istruttoria è stata concessa la sospensione amministrativa delle partite di ruolo che formavano oggetto di transazione; l’accordo è stato poi formalizzato il 6 ottobre 2016.

Alla relazione è stata allegata una tabella riepilogativa dalla quale si evince l’elenco delle partite per le quali la società risulta debitrice; per ciascuna di esse è indicata la natura del debito, il ruolo, la cartella, la data di notifica della cartella, il provvedimento di sospensione della partita; l’ultima colonna si riferisce, invece, al “carico a ruolo scaduto al 14-15 dicembre 2015”.

10. - L’atto di appello è articolato in due parti: i primi quattro motivi di gravame sono diretti a censurare – sotto diversi aspetti - la decisione del TAR che ha ritenuto sussistente la carenza del requisito di ordine generale recato dall’art. 38, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 163/06 sussistendo violazioni grave definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse; il quinto motivo di appello investe, invece, il capo di sentenza che ha respinto il ricorso incidentale escludente proposto da -OMISSIS- avverso l’ammissione di -OMISSIS- alla gara.

11. - Come già rilevato, con l’ordinanza collegiale n. -OMISSIS- del 21 agosto 2018 era stata fissata l’udienza pubblica del 24 gennaio 2019; tale udienza – su concorde richiesta delle parti – è stata rinviata a data da destinarsi tenuto conto degli accadimenti nel frattempo intervenuti:

- con provvedimento del 13 novembre 2018 il Prefetto di Napoli ha adottato l’interdittiva antimafia nei confronti dalla -OMISSIS-.

- tale atto è stato comunicato a -OMISSIS- che, con determinazione del D.G. -OMISSIS- del 29 novembre 2018, ha preso atto del provvedimento prefettizio provvedendo ad estromettere -OMISSIS- dalla graduatoria, ritenendo l’interdittiva ostativa all’aggiudicazione e alla conservazione del rapporto contrattuale; con tale atto è stata aggiudicata la gara (lotto 2) ad -OMISSIS-, seconda classificata; -OMISSIS- ha anche stipulato con -OMISSIS- la convenzione -OMISSIS- del 24 aprile 2019 relativa al lotto 2.

- tali provvedimenti sono stati impugnati da -OMISSIS- con ricorso al TAR Campania proponendo istanza cautelare;

- la domanda cautelare è stata respinta dal TAR con ordinanza -OMISSIS- del 17/4/2019;

- l’appello cautelare avverso tale ordinanza è stato rinunciato da -OMISSIS- (ord. di questa Sezione n. -OMISSIS-);

- da quanto consta al Collegio la causa proposta dinanzi al TAR Campania non risulta ancora definita;

- la società ha presentato alla Prefettura di Napoli istanza di aggiornamento che è stata respinta con provvedimento del Prefetto di Napoli dell’8/2/2019;

- anche tale provvedimento è stato impugnato dinanzi al TAR;

- con provvedimento del 5 marzo 2019 il Prefetto di Napoli ha provveduto al “commissariamento” della società -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 32 c. 10 del d.l. 90/2014: tale provvedimento contiene l’elenco dei contratti che continuano ad essere eseguiti dalla società sotto la gestione dei commissari straordinari; tra essi non sono ricomprese le convenzioni stipulate con -OMISSIS- che sono state annullate dal TAR Campania con la sentenza appellata;

- -OMISSIS- ha chiesto al Prefetto di estendere l’applicazione delle misure straordinarie dell’art. 32 c.10 del d.l. n. 90/2014 conv. in legge n. 114/2014 anche a queste due convenzioni, ma il Prefetto, con provvedimento del 20 giugno 2019, ha negato l’estensione di tale misura a questi due contratti (convenzioni n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-) rilevando che non potevano essere assoggettate alla procedura.

12. - Tenuto conto di queste sopravvenienze, -OMISSIS- ha eccepito l’improcedibilità dell’appello, rilevando che -OMISSIS- non avrebbe più alcun interesse a coltivare il giudizio non potendo più conseguire la commessa.

12.1 - -OMISSIS- ha replicato che persiste l’interesse alla definizione dell’appello sotto diversi profili atteso che:

- l’accoglimento dell’appello comporta l’annullamento della declaratoria di inefficacia delle convenzioni stipulate tra l’appellante e la stazione appaltante, con integrale ripristino dell’efficacia dei contratti e delle adesioni delle singole AA.OO. che saranno governate dagli Amministratori Straordinari ex art. 32 comma 10 l. n. 114/14 nominati dal Prefetto;

- la determina di -OMISSIS- -OMISSIS-/18 di esclusione dell’ATI -OMISSIS- e contestuale aggiudicazione in favore di -OMISSIS- ha formato oggetto di impugnativa dinanzi al TAR con ricorsi RG -OMISSIS- e -OMISSIS- proposti in relazione ai lotti interessati e tali ricorsi sono ancora pendenti;

- le interdittive antimafia del 13/11/2018 e del 8/2/2019 sono state impugnate con ricorsi RG, -OMISSIS- e -OMISSIS- anch’essi pendenti;

- è pendente la valutazione dell’ulteriore istanza di aggiornamento dell’interdittiva antimafia proposta il 21/2/2019 ed è pendente il ricorso ex artt. 31 e 117 avverso l’inerzia del Prefetto nel definire tale istanza;

- sussiste l’interesse morale alla decisione e sussiste l’interesse a proporre l’azione risarcitoria.

13. - Ritiene il Collegio di dover respingere l’eccezione di improcedibilità dell’appello: la dichiarazione di improcedibilità della domanda per sopravvenuta carenza di interesse presuppone il verificarsi di una situazione di fatto o di diritto del tutto nuova rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso, tale da rendere certa e definitiva l'inutilità della sentenza, per avere fatto venire meno per il ricorrente l'utilità della pronuncia del giudice (cfr. ex plurimis, Cons. Stato Sez. VI, Sent. 27-06-2019, n. 4430; Cons. Stato Sez. VI, 20/06/2019, n. 4204; Cons. Stato Sez. VI, 19/06/2019, n. 4153); tale situazione non ricorre, nel caso di specie, alla luce dei rilievi svolti dall’appellante principale. In ogni caso l’eccezione avrebbe potuto essere anche assorbita, tenuto conto dell’infondatezza, nel merito, dell’appello.

14. - Quanto all’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’Istituto G. Pascale è sufficiente rilevare che tale eccezione era stata respinta con la sentenza impugnata e che, di conseguenza, non può essere riproposta in appello con semplice atto di costituzione e memoria, dovendo costituire oggetto di impugnazione incidentale.

15. - Passando all’esame del merito è opportuno precisare che i primi quattro motivi di appello possono essere esaminati congiuntamente essendo tra loro connessi.

15.1 - Con il primo ed il secondo motivo si è soffermata l’appellante sull’omessa considerazione dell’intervenuta verifica da parte di -OMISSIS- sulla sua posizione di regolarità fiscale attraverso il sistema AvcPass disponibile presso l’ANAC, dalla quale sarebbe emersa la regolarità della posizione della ricorrente; ha precisato che tale verifica garantirebbe l’esistenza dei requisiti di carattere generale e tecnico finanziario dei concorrenti a far data dalla presentazione dell’offerta, poiché in quel momento autodichiarati.

Ha poi aggiunto che la regolarità fiscale, alla data della presentazione dell’offerta, sarebbe stata confermata anche dal successivo certificato dell’Agenzia delle Entrate dell’11 gennaio 2018.

Pertanto, erroneamente il TAR non avrebbe assegnato rilevanza alle certificazioni prodotte in giudizio rilevando che sarebbero state emesse in data successiva, ribandendo che il possesso dei requisiti era stato certificato mediante il sistema AvcPass alla data di partecipazione alla gara.

15.2 - Con il terzo motivo ha innanzitutto sottolineato la natura fidefacente fino a querela di falso della certificazione resa dall’Agenzia delle Entrate, sottolineando che il TAR avrebbe omesso di tener conto dei certificati senza neppure chiedere chiarimenti all’Agenzia delle Entrate.

Ha poi censurato nel dettaglio i presupposti dai quali il TAR ha desunto la definitività della posizione debitoria.

15.3 - Con il quarto motivo ha rilevato che il primo giudice avrebbe omesso di svolgere approfondimenti istruttori disponendo una verificazione sull’accertamento della posizione di regolarità fiscale della società appellante.

16. - Le doglianze, che possono esaminarsi congiuntamente essendo tra loro connesse, non possono essere condivise.

16.1 - È opportuno innanzitutto richiamare il testo dell’art. 38, comma 1, lett. g) del D.Lgs. n. 163/2006 (decreto superato dal D.Lgs. n. 50/2016, ma applicabile ratione temporis alla procedura in esame) che escludeva “dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi …. i soggetti.... che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.

Come ha correttamente rilevato il primo giudice tale disposizione “intende garantire l'amministrazione pubblica che i suoi potenziali contraenti siano finanziariamente solvibili e solidi; esso risponde all'obiettivo di contemperare la tendenza dell'ordinamento ad ampliare la platea dei soggetti ammessi alle procedure di gara in base al principio del favor partecipationis, essenziale per il dispiegarsi di un’effettiva concorrenza, con l’esigenza di tutelare l'interesse del contraente pubblico ad evitare di stipulare con soggetti esposti a debiti tributari in misura tale da comprometterne l'affidabilità e la solidità finanziaria”. 

16.2 - Pertanto gli aspetti che rilevano nel caso di irregolarità fiscale sono la “gravità” e la “definitività”.

Sul punto, l’art. 38 comma 2 del D.Lgs. 163/2006 dispone che, ai fini del comma 1 lettera g), si intendono “gravi” le violazioni che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse per un ammontare superiore all'importo di cui all'articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del D.P.R. n. 602/1973 (€ 10.000,00); costituiscono poi violazioni “definitivamente accertate” quelle relative all'obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili.

Sul requisito della “gravità” non sussistono contestazioni tra le parti, tenuto conto dell’entità del debito tributario che ammonta a diversi milioni di euro; la problematica investe, infatti, il requisito della “definitività”.

16.3 - Con sentenza del 3 settembre 2018 -OMISSIS- la Quinta Sezione ha affrontato talune problematiche rilevanti per la definizione del presente contenzioso esprimendo alcuni principi – pienamente condivisi dal Collegio – che possono qui richiamarsi.

Con specifico riferimento alla valenza della certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate la Quinta Sezione ha ritenuto che tale certificazione non possa ritenersi vincolante sulla base delle seguenti argomentazioni:

- dalle decisioni dell'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 6 del 2016 e del 25 maggio 2016, n. 10 emerge che il giudice amministrativo può conoscere, senza travalicare i limiti della propria giurisdizione, la questione relativa alla sussistenza del requisito della regolarità contributiva, senza che occorra l'espressa impugnazione del DURC, oggetto solo di un sindacato incidenter tantum ai sensi dell'art. 8 Cod. proc. amm.;

- tale principio, anche se affermato con riferimento ai documenti di regolarità contributiva rilasciati dagli enti previdenziali, è applicabile pure con riferimento alle certificazioni di regolarità fiscale rilasciate dall'Agenzia delle Entrate (così già Cons. Stato, IV, 13 dicembre 2017, n. 5888) e va qui ribadito, anche in coerenza con il conforme indirizzo espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui nelle controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture da parte di soggetti tenuti al rispetto delle regole di evidenza pubblica, poiché la produzione della certificazione che attesta la regolarità contributiva dell'impresa partecipante alla gara di appalto (c.d. "durc") costituisce uno dei requisiti posti dalla normativa di settore ai fini dell'ammissione alla gara, appartiene alla cognizione del giudice amministrativo verificare la regolarità di tale certificazione (Cass. S.U., 11 dicembre 2007, n. 25818 e id., 9 febbraio 2011, n. 3169, nonché, in motivazione, Cass. S.U., 29 marzo 2017, n. 8117).

Ciò comporta il rigetto della prospettazione dell’appellante principale diretta a sostenere l’insindacabilità della certificazione di regolarità fiscale rilasciata dall’Agenzia delle Entrate mediante il sistema AvcPass e poi confermata con appositi atti di certificazione rilasciati in data successiva con riferimento alla data di presentazione dell’offerta.

Come ha condivisibilmente ritenuto la Quinta Sezione nella sentenza citata, il giudice amministrativo può operare nella sede giurisdizionale la verifica della regolarità fiscale dell'impresa concorrente, sia pure incidenter tantum, quando la questione controversa riguarda proprio tale specifico aspetto, attenendo alla definitività o meno delle violazioni tributarie accertate, ai sensi e per gli effetti della sussistenza del requisito di cui all'art. 38, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 163 del 2006 (per il quale sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti i soggetti che "hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana [...]").

La violazione tributaria “definitivamente accertata” ai sensi della norma su richiamata, applicabile ratione temporis, discende dalla sentenza passata in giudicato, con la quale è stato respinto il ricorso del contribuente, ovvero dalla definitività dell'accertamento in sede amministrativa, per la mancata impugnazione dell'atto impositivo nel termine di sessanta giorni dalla sua conoscenza (o legale conoscibilità) da parte del contribuente, senza che, nello stesso termine, questi abbia provveduto a regolarizzare la propria posizione, soddisfacendo la pretesa dell'Amministrazione finanziaria, anche mediante definizione agevolata. Tale ultima precisazione, oltre a risultare dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 34/E del 25 maggio 2007, è consequenziale alla necessità che la violazione tributaria, che sia stata resa nota al contribuente, sia tuttora sussistente e non (più) contestabile (cfr. Cons. Stato, V, 17 gennaio 2013, n. 261 e, di recente, id., 23 febbraio 2017, n. 849) (cfr. Cons. Stato, Sez. V, cit.). 

16.4 - Nella relazione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate si afferma chiaramente che “violazioni definitivamente accertate devono intendersi quelle derivanti da sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione”; tale principio è stato costantemente affermato nella giurisprudenza amministrativa.

16.5 - E’ opportuno rilevare, inoltre, che in materia tributaria la mancata impugnazione di un atto lo rende definitivo, in quanto la regola sancita dall’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 sul processo tributario, è quella della impugnabilità di ciascun atto solo per vizi propri, senza possibilità di recuperare i vizi degli atti precedenti non fatti valere attraverso la regolare impugnazione di essi.

Nella generalità dei casi, l’atto mediante cui viene formalizzata la contestazione di una violazione alle norme tributarie è l’avviso di accertamento (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12/2/2018 n. 856; 5/5/2016 n. 1783): in caso di mancata l’impugnazione di tale atto, la violazione diviene definitivamente accertata.

L’impugnazione della cartella di pagamento non incide, infatti, sulla incontestabilità di tale accertamento, in quanto, come già ricordato, nel processo tributario, ogni atto è impugnabile esclusivamente per vizi propri.

16.6 - Vi sono però casi nei quali, invece, la cartella di pagamento costituisce l’atto con il quale viene formalizzata la pretesa tributaria: si tratta, ad esempio, di liquidazioni automatiche ex art. 36 bis e 36 ter del d.p.r. n. 600/1973 o in materia di IVA ex art. 54 bis e ss. del d.p.r. n. 633/1972; in questi casi, nei quali la cartella viene talvolta preceduta dall’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità (comunicazione, peraltro, non obbligatoria, e comunque non espressamente qualificata come impugnabile), la cartella costituisce il primo atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria (Cass. Sez V, ord. 20/9/2017 -OMISSIS-804)

Tale atto deve essere quindi impugnato dando altrimenti origine ad un debito tributario definitivamente accertato.

16.7 - Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, infatti, la sospensione della riscossione del credito tributario, disposta in via amministrativa, non incide sul termine di impugnazione della cartella di pagamento: tale termine, infatti, continua a decorrere rendendo incontestabile la pretesa in essa consacrata (cfr. ex plurimis, Cass. ord. 20/7/2017 n. 17913; 12/3/2015 n. 4978, 15/10/2010 b. 21365): il potere di sospensione incide, infatti, soltanto sulla riscossione del credito (ovvero sugli effetti esecutivi successivi alla formazione del ruolo), ma non ha alcun effetto sul termine per impugnare in giudizio il ruolo, in seguito alla notifica della cartella, da esercitarsi nel termine di decadenza.

Del resto, ha rilevato condivisibilmente la Corte di Cassazione, “venendo in questione un termine di impugnazione previsto a pena di decadenza, vale pure il principio stabilito dall’art. 2964 cod. civ. secondo il quale la decadenza non può essere sospesa, salvo che sia altrimenti disposto” (Cass. ord. 20/7/2017 n. 17913).

16.8 - In sostanza, nel caso di imposte autoliquidate dal contribuente, solo l’impugnazione della cartella di pagamento fino alla definizione della controversia con sentenza passata in giudicato impedisce la definitività della pretesa tributaria: la mera sospensione del titolo – benchè escluda la riscossione del credito tributario – non implica alcuna rinuncia da parte dell’ente impositore, la cui pretesa sostanziale resta intangibile a prescindere dalla motivazione per la quale l’atto di sospensione è stato disposto.

17. - Non può essere, pertanto, condivisa la tesi sostenuta dall’appellante principale e dall’Agenzia delle Entrate secondo cui la sospensione della cartella, impedendo la sua riscossione coattiva, renderebbe inesigibile il credito tributario che diverrebbe, per questo motivo, non definitivamente accertato: nel far riferimento ai debiti tributari certi, scaduti ed esigibili, il legislatore ha inteso riferirsi ai debiti certi in quanto dichiarati dallo stesso contribuente, scaduti in quanto non pagati nei termini previsti dalla legge, esigibili in quanto iscritti a ruolo.

La sospensione disposta dall’ente impositore attiene alla sola fase della riscossione del credito tributario, ma non incide sul titolo che resta comunque intangibile, con l’effetto che, in caso di mancata impugnazione dell’atto impositivo, il debito resta incontestato e, quindi, definitivamente accertato nonostante il contribuente abbia beneficiato del provvedimento di sospensione.

17.2 - Con riferimento alla transazione fiscale presentata dalla società -OMISSIS- in data 23 dicembre 2013 ai sensi dell’art. 182-ter della L.F. nell’ambito delle trattative che precedono la stipula di un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182-bis L.F, nella relazione redatta dall’Agenzia delle Entrate in esecuzione dell’ordinanza istruttoria si precisa che tale ente ha concesso la sospensione amministrativa delle partite di ruolo che costituivano oggetto della transazione.

In allegato alla relazione è riportato l’elenco di tutte le partite in transazione precisando che erano state sospese in via amministrativa con autonomi provvedimenti; l’accordo è stato poi sottoscritto e formalizzato in data 6 ottobre 2016, prot. n. -OMISSIS-, ben dopo la data di presentazione dell’offerta.

L’omologa della transazione è poi intervenuta solo il 3 dicembre 2017.

17.3 - Dalla disamina dell’elenco allegato alla relazione relativo alla partite in transazione emerge che si tratta per lo più di liquidazioni ex art. 36 bis cit.; in ogni caso ogni debito tributario risulta iscritto a ruolo e per ciascuno di essi è stata emessa e notificata la cartella di pagamento; l’importo complessivo del debito tributario ammonta a svariati milioni di Euro (ben oltre il limite di € 10.000 previsto dall’art. 38, comma 2, del d.lgs. 163/06). Ciò contrasta con quanto affermato dall’appellante principale, secondo cui i debiti oggetto di transazione fiscale non sarebbero stati iscritti a ruolo dall’amministrazione finanziaria o laddove fossero relativi a ruoli vistati, questi non sarebbero mai stati consegnati all’agente della riscossione e/o sospesi.

Nella tabella sono indicati i provvedimenti di sospensione, mentre la rateazione riguarda soltanto taluni debiti tributari riportati nella tabella alla seconda pagina dell’elenco; gli importi delle partite non coperte da rateazione superano di gran lunga il limite di 10.000 euro che integra il requisito della gravità della violazione tributaria.

Come ha correttamente rilevato il TAR, la situazione di irregolarità fiscale in cui versava la mandataria -OMISSIS- non poteva essere sanata dalla stipulazione della transazione fiscale intervenuta successivamente alla scadenza del termine per la presentazione dell’offerta, e cioè il 14 dicembre 2015.

Occorre considerare, infatti, che per escludere l’irregolarità fiscale è necessario che l’atto di transazione sia intervenuto prima della presentazione dell’offerta, circostanza che non si è verificata nel caso di specie.

Neppure rileva la sospensione delle partite: come già precisato, richiamando la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, la violazione tributaria non definitivamente accertata ricorre in caso di pendenza di un ricorso avverso gli atti impositivi fino alla definizione della controversia, ovvero in caso di accoglimento, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, di una richiesta di rateizzazione: nel caso di specie la rateizzazione riguarda solo una parte minimale del debito tributario (circa € 96.000, come correttamente rilevato dal primo giudice), e la parte appellante principale ha fornito prova della impugnazione degli atti impositivi solo per un importo di circa € 6.000.000 (cfr. parere pro veritate del dott. -OMISSIS- versato in atti in primo grado).

Per il resto non essendo stata provata l’impugnazione delle cartelle di pagamento, emesse e notificate, sussiste la violazione tributaria definitivamente accertata ai sensi dell’art. 38 comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 163/06.

L’enorme debito tributario risulta chiaramente dal documento emesso da Equitalia prot. n. -OMISSIS- dell’8 giugno 2016 riportato da -OMISSIS- nella propria memoria di replica: da esso si evince l’esistenza di un debito tributario per imposte non pagate per oltre 33 milioni di Euro; da tale documento si desume inoltre che tali imposte erano state iscritte a ruolo e che per esse erano state notificate le relative cartella di pagamento delle quali non risulta proposta l’impugnazione, ma la sola sospensione che, però, non rileva ai fini della partecipazione alla gara.

Ne consegue che le prime quattro doglianze vanno respinte.

18. - Con il quinto motivo l’appellante principale ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il proprio ricorso incidentale, con il quale era stata dedotta l’anomalia dell’offerta di -OMISSIS-.

18.1 - La doglianza non può essere condivisa.

Correttamente il TAR ha rilevato che il giudice amministrativo non può sostituirsi alla stazione appaltante per esprimere un giudizio di congruità dell’offerta, trattandosi di valutazione riservata alla sfera tipica dell’Amministrazione (Cons. Stato, Sez. III, n. 4336/2017).

Ha poi condivisibilmente ritenuto che l’intervenuta esclusione dalla gara di -OMISSIS- per anomalia dell’offerta, in relazione ad un differente lotto, non costituiva prova dell’anomalia dell’offerta anche in relazione al lotto in questione: il provvedimento di esclusione era intervenuto in relazione ad una gara distinta rispetto a quella in oggetto, per la quale erano state presentate differenti offerte economiche, con la conseguenza che eventuali profili di incongruità dell’offerta in essa presentata non implicavano che identiche incongruità fossero riscontrabile anche in relazione al lotto in questione.

Le prospettazioni svolte in appello – che riproducono i rilievi svolti in primo grado - non sono in grado di superare i condivisibili principi affermati dal TAR.

La doglianza va, quindi, rigettata.

19. – L’infondatezza di tutti i motivi di appello comporta il rigetto dell’appello principale.

20. - L’appello incidentale di -OMISSIS-, diretto ad ottenere l’esclusione di -OMISSIS- per ulteriori ragioni respinte dal TAR, va quindi dichiarato improcedibile, atteso che il rigetto dell’appello principale soddisfa pienamente gli interessi dell’appellante incidentale.

21. - In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello principale va respinto con conferma della sentenza di primo grado; l’appello incidentale va invece dichiarato improcedibile.

22. - Quanto alle spese del grado di appello sussistono giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti tenuto conto della particolarità della fattispecie esaminata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, così dispone:

- respinge l’appello principale e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata, di accoglimento del ricorso di primo grado;

- dichiara improcedibile l’appello incidentale;

- compensa tra le parti le spese relative al grado di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento esamina gli aspetti connessi al requisito di regolarità fiscale che l’operatore economico deve possedere non solo all’atto di presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di gara, ma anche durante tutto il corso della procedura fino all’aggiudicazione della stessa (cfr Consiglio di Stato, sez III, sentenza n. 3614 del 2017; Id., sez. V, 23 febbraio 2017 n. 852; Cons. Stato, Ad. Plen. n. 8 del 20 luglio 2015; Deliberazione ANAC n. 337 del 10 aprile 2019; Deliberazione A.N.AC. 10/7/2019 n. 656).

La stazione appaltante esclude legittimamente un operatore economico dalla procedura di gara per irregolarità fiscale, quando ricorrono gli elementi della “gravità” e della “definitività” delle violazioni tributarie contestate. 

La ratiodi questo requisito di ordine generale va ricercata nel difficile equilibrio tra il principio eurounitario, essenziale ai fini di un’effettiva concorrenza, della massima partecipazione alla gara (il c.d. favor partecipationis) e l’esigenza delle stazioni appaltanti di evitare la stipulazione con soggetti inaffidabili perché gravati da debiti tributari, allo scopo di garantire l’amministrazione pubblica in ordine alla solvibilità e alla solidità finanziaria del soggetto con il quale si contrae. 

Il caso

La controversia trae origine dal ricorso proposto innanzi al TAR dalla società collocata in seconda posizione nella procedura apertaindetta dalla centrale di committenza, costituita dalla Regione Campania, per la conclusione di una convenzione volta all’affidamento dei servizi integrati di lavanolo – lotto 2, presso le aziende sanitarie della regione. Nello specifico, la ricorrente ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione a favore di un raggruppamento temporaneo di imprese, primo graduato, in ragione della carenza del requisito di regolarità fiscale di cui all’art 38, comma 1, lett. g) del D.lgs. 163 del 2006 della capogruppo, facendo poi valere in via subordinata altri motivi diretti all’esclusione dell’ATI.

La società capogruppo dell’ATI aggiudicataria, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale lamentando la mancata esclusione della ricorrente principale per anomalia dell’offerta, chiedendone la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Il giudice amministrativo ha respinto il ricorso incidentale e ha accolto quello principale, annullando il provvedimento di aggiudicazione e dichiarando l’inefficacia della convenzione stipulata, sull’assunto della gravità della irregolarità fiscale per importi ampiamente superiori la soglia prevista dall’art 48 –bis, commi 1 e 2 bis, del D.P.R. n. 602/1973 (€ 10.000,00) e il carattere definitivo delle violazioni accertate. Secondo il giudice di primo grado, non vi è stata contestazione in ordine alla “gravità” delle violazioni fiscali visto che nella transazione fiscale del 6 ottobre 2016 (successiva alla data  di scadenza del termine per la presentazione delle offerte) si dà atto che la società capogruppo è debitrice per tributi, sanzioni e relativi accessori relativi a periodi di imposta fino al 2015 per un importo di € 48 milioni circa, sebbene con tale accordo si sia consentita l’estinzione dei debiti con il pagamento della somma ridotta di € 27 milioni circa.

Quanto all’aspetto della “definitività” dell’accertamento, l’esistenza di un contenzioso tributario tra la società capogruppo e l’Amministrazione finanziaria ha riguardato solo una parte dei debiti tributari (riferiti all’anno di imposta 1999) mentre la parte del debito oggetto di rateizzazione concordata con la stessa amministrazione ha interessato un importo minimo, come pure certificato nell’accordo di ristrutturazione per periodi di imposta fino al 2015. Inoltre, il giudice ha disatteso la tesi prospettata dall’Agenzia dell’entrate secondo cui non costituiscono importi definitivamente accertati quelli oggetto di sospensione amministrativa, legale ovvero giudiziale. Nel caso di specie, infatti, non è stata data rilevanza alla circostanza che alla data di scadenza delle offerte le partite di ruolo emesse a carico della società fossero state sospese in via amministrativa per transazione fiscale in corso di istruttoria.

Alla luce di ciò, il Tar ha concluso che residuasse una consistente posizione debitoria della società mandataria dell’ATI, non coperta da rateizzazione né gravata in sede giurisdizionale, da intendersi come debito definitivamente accertato ai sensi dell’art 38, comma 1, lett. g) e comma 2 del D.lgs. n. 163 del 2006 (che trova applicazione ratione temporis).

La società soccombente in primo grado ha proposto ricorso in appello avverso la sentenza del TAR, lamentando la mancata rilevanza data dal giudice di primo grado alle verifiche effettuate sulla società capogruppo attraverso il sistema AvcPAss e con successivi certificati dell’Agenzia delle entrate, il cui esito era stato di regolarità fiscale (tra cui quello reso a fronte di un’ordinanza interlocutoria del giudice amministrativo, adottata nella fase istruttoria). A tal proposito, l’appellante ha sottolineato la natura fidefacente della certificazione resa dall’Agenzia delle entrate fino a querela di falso.

La società vincitrice in primo grado ha proposto appello incidentale avverso la sentenza nella parte in cui sono stati rigettati gli ulteriori motivi di esclusione dell’ATI.

La soluzione

Il Consiglio di Stato, analizzando i profili relativi alla “definitività” delle violazioni tributarie nonché quelli inerenti alla valenza delle certificazioni rilasciate dall’Agenzia dell’entrate e alla loro sindacabilità da parte del giudice amministrativo, è addivenuto al rigetto dell’appello principale e alla dichiarazione di improcedibilità dell’appello incidentale, confermando la sentenza di primo grado sulla base delle seguenti motivazioni.

In via preliminare, è stata ribadita l’applicazione ratione temporisdell’art 38, comma 1, lett. g) e comma 2 del D.lgs. n. 163 del 2006che, ai fini del requisito di regolarità amministrativa, mette in evidenzia due aspetti:

·      la violazione “grave”per omesso pagamento di imposte e tasse che il legislatore ha individuato nella somma “superiore all’importo di cui all’art 48 – bis, commi 1 e 2 bis del DPR 29 settembre 1973, n. 602”(€. 10.000,00 e, per effetto delle modifiche apportate dall’art 1 commi 986-989 della Legge di Bilancio 2018, tale limite minimo di importo è stato ridotto da € 10.000,00 a € 5.000,00);

·      la violazione “definitivamente accertata”relativa all’obbligo di pagamento dei debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili.

Per quanto concerne il concetto di “gravità” delle violazioni tributarie, il Consiglio di Stato ha affermato che tale requisito non è stato oggetto di contestazione, attesa l’entità del debito tributario che ammonta a diversi milioni di euro, quindi, ben oltre la soglia di cui all’art 48 – bis, commi 1 e 2 bis del DPR 29 settembre 1973, n. 602.

Viceversa, è risultato problematico l’aspetto della “definitività” della violazione, anche tenuto conto dell’esistenza di certificati dell’Agenzia dell’entrate che attestano la regolarità fiscale della società capogruppo dell’ATI.

A tal proposito, il giudice amministrativo ha rigettato la prospettazione dell’appellante principale diretta a sostenere l’insindacabilità della certificazione di regolarità fiscale rilasciata dall’Agenzia delle entrate mediante il sistema AvcPass, poi confermata con atti di certificazione rilasciati in data successiva a quella di presentazione dell’offerta, richiamando il principio espresso nella precedente giurisprudenza del Consiglio di Stato che, seppure reso in materia di regolarità contributiva, è applicabile anche alle certificazioni di regolarità fiscale (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 5139 del 2018; Consiglio di Stato, sez IV, sentenza n. 6059 del 2018;Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 5888 del 2017; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenze nn. 6 e 10 del 2016 e in tal senso anche Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza n. 8117 del 2017; Corte di Cassazione, sentenza n. 3169 del 2011).

In particolare, il Consiglio di Stato ha confermato il principio secondo cui la produzione della certificazione attestante la regolarità fiscale dell’impresa partecipante alla gara di appalto costituisce uno dei requisiti di ordine generale posti dalla normativa di settore ai fini dell’ammissione alla procedura, pertanto, il giudice amministrativo ben può verificare la regolarità di tale certificazione, sia pure incidenter tantum(cioè con un accertamento privo di efficacia di giudicato ai sensi dell’art 8 c.p.a.),quando la questione controversa riguarda la definitività o meno delle violazioni tributarie accertate.

Chiarito questo aspetto, il giudice si è soffermato sul requisito della “definitività, affermando che, ai sensi della normativa vigente al momento dei fatti in contestazione, la definitività della violazione “discende dalla sentenza passata in giudicato, con la quale è stato respinto il ricorso del contribuente, ovvero dalla definitività dell’accertamento in sede amministrativa, per la mancata impugnazione dell’atto impositivo nel termine di sessanta giorni dalla conoscenza (o legale conoscibilità) da parte del contribuente, senza che, nello stesso termine, questi abbia provveduto a regolarizzare la propria posizione, soddisfacendo la pretesa dell’Amministrazione finanziaria, anche mediante definizione agevolata”

Dunque, la violazione tributaria contestata è definitivamente accertata quando il debito tributario è certo, scaduto ed esigibile. Al riguardo, il giudice amministrativo ha precisato che “il legislatore ha inteso riferirsi ai debiti certi in quanto dichiarati dallo stesso contribuente, scaduti in quanto non pagati nei termini previsti dalla legge, esigibili in quanto iscritti al ruolo”.

Per individuare l’ammontare del debito tributario certo, scaduto ed esigibile si deve tenere conto dei carichi affidati dall’Agenzia delle entrate agli Agenti della riscossione per la riscossione coattiva. Nella generalità delle imposte da riscuote coattivamente tramite ruolo, ai fini del requisito di regolarità fiscale, i corrispondenti importi rilevano a decorrere dall’acquisizione da parte dell’Agente della riscossione dell’esito positivo dell’avvenuta notifica della cartella, ovvero, nel caso di debito conseguente ad accertamenti esecutivi, a decorrere dalla data di affidamento del relativo carico all’Agente della riscossione, che interviene necessariamente ad avvenuta notifica dell’accertamento esecutivo e decorsi i termini ultimi per il pagamento ovvero l’impugnazione.

Quindi, se la riscossione avviene tramite ruolo (ad esempio, liquidazioni automatiche ex art 36 bis e 36 ter del d.p.r. n. 66/1973 o in materia di Iva ex art 54 bis e ss. del d.p.r. n. 633 del 1972), la cartella di pagamento costituisce l’atto con il quale viene formalizzata la pretesa tributaria e il debito diventa rilevante già con la notifica della cartella, ma non è da intendersi assolutamente definitivo perché può essere annullato per via amministrativa (autotutela) o giudiziale.

Se la riscossione avviene tramite avviso di accertamento, con il quale viene formalizzata la contestazione della violazione tributaria, il debito diventa rilevante ai fini della regolarità fiscale dalla data di affidamento all’Agenzia di riscossione (l’avviso di accertamento esecutivo viene trasmesso a tale Agenzia dopo 30 giorni decorrenti dalla scadenza dei 60 giorni che ha il contribuente per impugnare l’avviso). In questo caso, se l’avviso di accertamento esecutivo non è impugnato, la violazione diviene definitivamente accertata. Infatti, l’impugnazione della successiva cartella di pagamento non incide sulla incontestabilità dell’accertamento in quanto nel processo tributario ogni atto è impugnabile esclusivamente per vizi propri (art 19 del d.lgs. n. 546 del 1992), senza possibilità di recuperare i vizi degli atti precedenti non tempestivamente contestati.

Alla luce di queste considerazioni, il Consiglio di Stato ha ritenuto di non poter condividere la tesi dell’appellante principale, che trova avallo nella certificazione dell’Agenzia delle entrate, secondo cui la sospensione della cartella, impedendo la riscossione coattiva, renderebbe inesigibile il credito tributario in quanto non definitivamente accertato. La sospensione disposta dall’ente impositore riguarda la sola fase della riscossione del credito e non incide sul titolo che resta intangibile; ne consegue che, in caso di mancata impugnazione dell’atto impositivo, il debito resta definitivamente accertato nonostante il contribuente abbia beneficiato della sospensione.

Nel caso di specie, non rileva la sospensione di alcune partite debitorie per atto di transazione fiscale in corso di istruttoria al momento della scadenza del termine per presentare le offerte, atteso che la violazione tributaria non definitivamente accertata sussiste in caso di ricorso avverso gli atti impositivi e fino alla definizione della controversia, ovvero, in caso di accoglimento da parte dell’Amministrazione finanziaria di una richiesta di rateizzazione (ex multis, Consiglio di Stato, sez V, sentenza 2279 dell’8 aprile 2019; Consiglio di Stato, sez V, sentenza n. 3421 del 28 luglio 2016; Cons di Stato, Adunanza plenaria, sentenza n. 20 del 20 agosto 2013). Invece, la rateizzazione del debito tributario ha riguardato solo una minima parte del debito e la società appellante in via principale ha fornito prova dell’impugnazione degli atti impositivi solo relativamente a una parte del debito, mentre residua un significativo debito tributario per imposte non pagate, le cui somme sono iscritte a ruolo e per esse sono state notificate le relative cartelle di pagamento delle quali, però, non è stata proposta impugnazione (trattasi per lo più di liquidazioni automatiche ex art 36 bis del d.p.r. n. 66/1973) ma solo la sospensione da parte dell’ente impositore. 

La regolarità fiscale nel nuovo codice dei contratti pubblici.

La controversia in esame è stata definita dal giudice amministrativo sulla base del precedente codice dei contratti pubblici (d.lgs. 163 del 2006). Tuttavia, per una completa trattazione, appare opportuno richiamare brevemente la normativa sopravvenuta in argomento.

Nella nuova versione del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016) sono stati confermati all’art 80 comma 4 del d.lgs. 50 del 2016 i concetti di violazione “grave” e “definitivamente accertata”, ma è stato aggiunto un ulteriore periodo con il quale il legislatore ha fornito un’interpretazione autentica di quest’ultimo elemento: sono da intendersi violazioni “definitivamente accertate” quelle contenute in sentenze o “atti amministrativi non più soggetti a impugnazione” (definizione di “atto definitivo/definitivamente accertato” che dà la stessa Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 41/E del 2 agosto 2010). 

Successivamente, con il c.d. “sblocca cantieri” (all’art 1, comma 1, lett N del decreto legge n. 32/2019) il legislatore ha svincolato l’esclusione dell’operatore economico dalla procedura di gara per carenza del requisito di regolarità fiscale dal previo accertamento della definitività delle violazioni tributarie.

Infatti, l’art 80, comma 4, quinto periodo, del d.lgs. 50 del 2016 ha contemplato la possibilità per la stazione appaltante di escludere un operatore economico dalla partecipazione a una procedura di appalto, quando sia venuta a conoscenza e abbia potuto adeguatamente dimostrare l’inadempimento dell’impresa degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati, sopra la soglia di rilevanza di 5.000 euro .

Da quanto si evince nel dossier illustrativo del 29 aprile 2019 – a.s. n. 1248 – d.l. 32/2019, la ratiodella novella si deve rinvenire nella necessità di risolvere la procedura di infrazione azionata dalla Commissione europea con la lettera di messa in mora n. 2018/2273, con la quale sono stati avanzati dubbi sulla conformità della disciplina nazionale in materia di contratti pubblici con le direttive del 2014 (art 38, paragrafo 5, secondo comma, della direttiva 2014/23/UE e art 57, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2014/24/UE).

Tuttavia, questa modifica non è stata recepita dalla legge di conversione del decreto (legge n. 55 del 2019) in considerazione dell’amplia discrezionalità attribuita alla stazione appaltante e il rischio che molti operatori economici potessero essere esclusi, seppure di fatto fiscalmente regolari, restando esposti a una penalizzazione eccessiva e del tutto sproporzionata rispetto a una violazione che poi, in sede di giudizio, fosse stata riconosciuta come inesistente(cfr. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sentenza n. 758 del 16 agosto 2019).