Cons. Stato, sez. V, 4 luglio 2010, n. 4584

1. In assenza di preventivi atti di impegno della spesa da parte dei comuni, che costituiscono i necessari e presupposti atti di gestione amministrativa e contabile, non poteva in alcun modo configurarsi un’obbligazione all’elargizione del finanziamento a carico della P.A.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6076 del 2010, proposto da 
Consorzio Conisco Informazione Sviluppo e Comunicazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Corrado Diaco e Roberto Ferrari, con domicilio eletto presso lo studio Stefano Vinti in Roma, via Emilia, 88; 

contro

Tess - Costa del Vesuvio s.p.a., già società consortile "Miglio D'Oro s.p.a.”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Enrico Soprano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi, 5; 
Comune di Portici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Manzo, con domicilio eletto presso lo studio Giancarlo Citterio in Roma, via Castel del Rio, 32;
Comune di Ercolano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Nicola Mainelli, con domicilio eletto presso lo studio Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104; 
Comune di San Giorgio a Cremano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Adele Carlino e Lucia Cicatiello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Michela Palumbo in Roma, via Acireale, 19/B;
Comune di Torre del Greco, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Terza) n. 86 del 2010, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Tess - Costa del Vesuvio s.p.a. e dei Comuni di Portici, Ercolano e San Giorgio a Cremano;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2019 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Foci su delega di Manzo Giuseppe, Ricciardelli su delega di Soprano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania il Consorzio Conisco Informazione Sviluppo e Comunicazione citava in giudizio il responsabile della società consortile “Miglio D’Oro s.p.a.”, nonché i comuni di Portici, Ercolano, San Giorgio a Cremano e Torre del Greco, chiedendo la condanna degli stessi a dare esecuzione al patto territoriale “Miglio D’Oro”, nell’ambito del quale erano previsti finanziamenti per la realizzazione del progetto “informazione e comunicazione” per complessivi quattrocento milioni di lire annuali per quattro anni.

Il ricorso veniva respinto con sentenza n. 86 del 13 gennaio 2010.

Avverso tale sentenza il Consorzio propone appello, affidandolo ai seguenti motivi di diritto:

I) error in iudicando: esatta qualificazione del rapporto; rapporto obbligatorio; presupposti; sussistono; falsa interpretazione da parte della decisione impugnata, in ordine alla posizione del consorzio appellante rispetto ai finanziamenti previsti nel "Patto Territoriale Miglio D'Oro"; violazione di legge; violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 4, della Delibera CIPE 21 marzo 1997; violazione e falsa applicazione art. 3 l. 662 del 96;

II) in via subordinata: error in iudicando; posizione del Consorzio Conisco all'interno del procedimento nell'ipotesi in cui non si dovesse ritenere sussistente la natura propriamente obbligatoria dei rapporti tra Consorzio Conisco ed Enti Locali; riconduzione della fattispecie al contatto procedimentale; sussistenza; conseguenze; erroneità della sentenza n. 86 del 2010;

III) error in iudicando: ricostruzione della posizione giuridica del Consorzio Conisco a fronte degli impegni assunti dai Comuni; ricostruzione della posizione come "mera aspettativa"; erroneità; in argomento; considerazioni in ordine alla sussistenza di una posizione differenziata e qualificata del Consorzio Conisco; interesse differenziato e qualificato; presupposti; sussistono;

IV) in via subordinata: error in iudicando; dedotta insussistenza dei presupposti della responsabilità da contatto procedimentale; erroneità della sentenza; sussistenza di un "contatto" qualificato tra EE.LL. e Consorzio Conisco e di una responsabilità, quantomeno sub specie di responsabilità precontrattuale; presupposti; sussistono;

V) sul danno derivante dall'inadempimento dei resistenti e sul nesso di causalità: elementi costitutivi della responsabilità della p.a.; colpevolezza e nesso di causalità; sussistono; rinvio alle precedenti osservazioni.

Si sono costituiti per resistere all’appello Tess - Costa del Vesuvio s.p.a. e i Comuni di Portici, Ercolano e San Giorgio a Cremano.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 13 giugno 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania n. 86 del 13 gennaio 2010, che ha respinto il ricorso proposto dal Consorzio Conisco Informazione Sviluppo e Comunicazione per ottenere dai comuni di Portici, Ercolano, San Giorgio a Cremano e Torre del Greco i finanziamenti per la realizzazione del progetto “informazione e comunicazione” nell’ambito del programma previsto dal patto territoriale “Miglio D’Oro” per complessivi quattrocento milioni di lire annuali per quattro anni (cento milioni a carico di ciascun comune).

Tale programma era legato anche a finanziamenti del Ministero del Tesoro, che successivamente sono stati revocati al Consorzio per la mancata prova della realizzazione del progetto.

Per l’attuazione del patto, di cui il Consorzio sostiene il carattere vincolante, è stata costituita nel 1997 una società consortile a capitale misto pubblico privato, "Miglio D'Oro s.p.a.”, ora divenuta Tess - Costa del Vesuvio s.p.a., di cui i comuni erano soci.

Sempre secondo l’appellante, i comuni si sarebbero impegnati ad approvare in bilancio l’erogazione dei rispettivi contributi.

Il Consorzio deduce l’erroneità della sentenza appellata, innanzitutto per aver negato il carattere obbligatorio del patto, in favore della natura meramente programmatoria dello stesso, ed in subordine, nell'ipotesi in cui non si dovesse ritenere sussistente la natura propriamente obbligatoria dei rapporti tra Consorzio Conisco ed Enti Locali, per aver negato, comunque, la riconduzione della fattispecie alla responsabilità dei comuni, da contatto procedimentale o, quantomeno, sub specie di responsabilità precontrattuale, avendola, invece, qualificata come “mera aspettativa”, non avente giuridica rilevanza.

Invero, in sede di stipula del patto territoriale, i comuni appellati si sarebbero impegnati a realizzare il programma predisposto per il medesimo patto territoriale e segnatamente si sarebbero impegnati nella promozione e nel finanziamento del progetto "Informazione e Comunicazione". Esisteva, dunque, a parere dell’appellante, un vero e proprio obbligo dei comuni all'adempimento della prestazione, la cui fonte si rinveniva proprio e già nella sottoscrizione del patto, che presupponeva l'approvazione dei programmi ad esso relativi.

Per l’appellante sussisterebbero, in ogni caso, tutti gli elementi per poter configurare un’ipotesi di responsabilità della società e dei comuni intimati nei confronti del Consorzio e, di conseguenza, per la condanna degli stessi al risarcimento del danno dallo stesso subito a causa del presunto inadempimento delle amministrazioni convenute agli impegni assunti nell’ambito del patto territoriale “Miglio d’oro”.

L’appello è infondato, condividendo il Collegio le statuizioni della sentenza appellata in merito alla natura meramente programmatoria del patto territoriale del Miglio d’oro, che è di per sé inidoneo a far sorgere in capo ai privati aspettative giuridicamente qualificate.

Invero, in assenza di preventivi atti di impegno della spesa da parte dei comuni, che costituiscono i necessari e presupposti atti di gestione amministrativa e contabile, non poteva in alcun modo configurarsi un’obbligazione all’elargizione del finanziamento a carico dei Comuni intimati.

Secondo la costante giurisprudenza, invero: “in ogni operazione di finanziamento a carico della mano pubblica, il beneficio economico è riferibile ad un obbiettivo essenziale perseguito dalla relativa disciplina di settore (sia normativa che amministrativa); il finanziamento è preordinato al soddisfacimento di un interesse istituzionale che trascende, cioè, pur implicandolo, l’interesse dei destinatari; vale a dire che in ogni operazione di finanziamento non è intellegibile solo un interesse del beneficiario ma anche quello dell’organismo che l’elargisce, il quale a sua volta, altro non è se non il portatore degli interessi, dei fini e degli obbiettivi del superiore livello politico istituzionale.

Logico corollario è che le disposizioni attributive di finanziamenti devono essere interpretate in modo rigoroso e quanto più conformemente con gli obbiettivi avuti di mira dal normatore (sul principio generale in materia di contributi cfr. Cons. St., ad. plen., 7 giugno 2012, n. 20)” (Cons. Stato, V, 27 giugno 2012, n. 3778).

Dunque, ai fini dell’esistenza di un rapporto obbligatorio a carico di un’amministrazione pubblica è necessario che sia rinvenibile la fonte dell’obbligazione. E nel caso di specie, come osservato dal giudice di prime cure: “non si rinvengono elementi sufficienti a ritenere che le parti resistenti abbiano assunto nei confronti del consorzio istante, in relazione alla prestazione di opera e/o servizi di natura editoriale o connessi alla diffusione dei mezzi di comunicazione, l’obbligo giuridicamente perfetto a corrispondere annualmente delle somme a titolo di contributi”.

Né tale obbligo puntuale può farsi discendere dalla sola stipula del patto territoriale del Miglio d’oro, che è da qualificarsi come meramente programmatorio.

Invero, l’atto di tale natura, contemplando solo l’enunciazione di obiettivi generici, non riveste portata immediatamente precettiva e non può costituire fonte di specifici rapporti obbligatori.

In particolare, il patto territoriale è da ricomprendere fra gli istituti della programmazione negoziata (accordo di programma, contratto d'area, intesa istituzionale, patto territoriale), strumenti introdotti dalla legge per realizzare interventi complessi che coinvolgono enti diversi ed interessi pubblici e privati.

Il ricorso a tali strumenti consente, infatti, di promuovere la collaborazione tra vari soggetti, nel rispetto dei rispettivi ruoli, in un quadro di obiettivi condivisi da perseguire, secondo procedure semplificate.

Ai sensi dell’art. 2, comma 203, della legge n. 662 del 1996 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), il patto territoriale è da ricomprendere nell’ambito degli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome, nonché degli enti locali, relative all'attuazione di un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale.

Lo stesso, nella fattispecie all’esame del Collegio, riveste una mera natura programmatoria di una pluralità di iniziative eterogenee finalizzate a valorizzare la specifica area vesuviana costiera, ed è, quindi, inidoneo a costituire la fonte di specifici obblighi, quali sono le erogazioni di determinati finanziamenti per singoli progetti che, per gravare su ciascuno degli enti intimati, necessitavano, invece, di una fonte certa, rinvenibile in un atto negoziale dallo specifico contenuto obbligatorio o in un provvedimento amministrativo dal contenuto analogo, nonché nell’adozione di una delibera di impegno di spesa secondo le regole della contabilità pubblica, ai sensi dell’art.183 del d.lgs. 267 del 2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), secondo il cui disposto: “l'impegno costituisce la prima fase del procedimento di spesa con la quale, a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata è determinata la somma da pagare, determinato il soggetto creditore, indicata la ragione e viene costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio, nell'ambito della disponibilità finanziaria accertata ai sensi dell'art. 151” (art. 183, comma 1, d.lgs. 267 del 2000).

Dall’esame della documentazione versata in atti risulta, infatti, che né gli Enti territoriali evocati in giudizio, né la società responsabile del patto territoriale, hanno provveduto ad assumere un obbligo specifico all’erogazione del finanziamento per il progetto “informazione e comunicazione” nei confronti del Consorzio.

Né tale obbligo potrebbe discendere dalla delibera della Giunta n. 677 del 2001, adottata dal comune di San Giorgio a Cremano, prodotta dall’appellante, anche in considerazione del fatto che l’efficacia della stessa era in ogni caso subordinata all’adozione di analoghe delibere degli altri comuni, che non sono state mai adottate.

Ne consegue che, in mancanza di qualsivoglia obbligazione, non può neppure rinvenirsi alcun tipo di responsabilità in capo ai soggetti intimati per la mancata erogazione del finanziamento. Ciò, anche perché, a seguito di delibera del CIPE 21 marzo 1997, il progetto aveva mutato la sua natura, da trasversale (con onere di cofinanziamento della parte pubblica) a progetto di sola natura imprenditoriale, soggetto al rischio di impresa.

Sono, quindi, da condividere integralmente anche le conclusioni delle statuizioni del giudice di prime cure, per il quale: «In definitiva, nella vicenda in esame il Tribunale non ravvisa, nella posizione rivestita dalla società cooperativa ricorrente, alcun interesse giuridicamente protetto e, pertanto, alcun pregiudizio risarcibile, dal momento che la risarcibilità del danno può discendere dalla titolarità “. . . non già di una mera aspettativa come tale non tutelabile bensì di una situazione suscettibile di determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva e cioè di una situazione che secondo la disciplina applicabile era destinata applicando un criterio di normalità ad un esito favorevole e risultava quindi giuridicamente protetta” (Cass., sez. I, 10 gennaio 2003, n.157)».

In assenza di un vincolo obbligatorio non è scaturito alcun interesse giuridicamente protetto, bensì una mera aspettativa non suscettibile di determinare un pregiudizio risarcibile.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

GUIDA ALLA LETTURA

Nella presente sentenza, si controverte in ordine al ricorso proposto dal Consorzio Conisco Informazione Sviluppo e Comunicazione per ottenere dai Comuni di Portici, Ercolano, San Giorgio a Cremano e Torre del Greco i finanziamenti per la realizzazione  del progetto “informazione e comunicazione” nell’ambito del programma previsto dal patto territoriale “Miglio d’Oro per quattrocento milioni di lire annuali per quattro anni (cento milioni a carico di ciascun comune).

Il Consorzio deduce l’erroneità della sentenza appellata, innanzitutto per aver negato il carattere obbligatorio del patto, in favore della natura meramente programmatoria dello stesso, ed in subordine, nell'ipotesi in cui non si dovesse ritenere sussistente la natura propriamente obbligatoria dei rapporti tra Consorzio Conisco ed Enti Locali, per aver negato, comunque, la riconduzione della fattispecie alla responsabilità dei comuni, da contatto procedimentale o, quantomeno, sub specie di responsabilità precontrattuale, avendola, invece, qualificata come “mera aspettativa”, non avente giuridica rilevanza.

Invero, in sede di stipula del patto territoriale, i comuni appellati si sarebbero impegnati a realizzare il programma predisposto per il medesimo patto territoriale e segnatamente si sarebbero impegnati nella promozione e nel finanziamento del progetto "Informazione e Comunicazione". Esisteva, dunque, a parere dell’appellante, un vero e proprio obbligo dei comuni all'adempimento della prestazione, la cui fonte si rinveniva proprio e già nella sottoscrizione del patto, che presupponeva l'approvazione dei programmi ad esso relativi.

Per l’appellante sussisterebbero, in ogni caso, tutti gli elementi per poter configurare un’ipotesi di responsabilità della società e dei comuni intimati nei confronti del Consorzio e, di conseguenza, per la condanna degli stessi al risarcimento del danno dallo stesso subito a causa del presunto inadempimento delle amministrazioni convenute agli impegni assunti nell’ambito del patto territoriale “Miglio d’oro”.

L’appello è infondato, condividendo il Collegio le statuizioni della sentenza appellata in merito alla natura meramente programmatoria del patto territoriale del Miglio d’oro, che è di per sé inidoneo a far sorgere in capo ai privati aspettative giuridicamente qualificate.

Invero, in assenza di preventivi atti di impegno della spesa da parte dei comuni, che costituiscono i necessari e presupposti atti di gestione amministrativa e contabile, non poteva in alcun modo configurarsi un’obbligazione all’elargizione del finanziamento a carico dei Comuni intimati.

Secondo la costante giurisprudenza, invero: “in ogni operazione di finanziamento a carico della mano pubblica, il beneficio economico è riferibile ad un obbiettivo essenziale perseguito dalla relativa disciplina di settore (sia normativa che amministrativa); il finanziamento è preordinato al soddisfacimento di un interesse istituzionale che trascende, cioè, pur implicandolo, l’interesse dei destinatari; vale a dire che in ogni operazione di finanziamento non è intellegibile solo un interesse del beneficiario ma anche quello dell’organismo che l’elargisce, il quale a sua volta, altro non è se non il portatore degli interessi, dei fini e degli obbiettivi del superiore livello politico istituzionale.

Logico corollario è che le disposizioni attributive di finanziamenti devono essere interpretate in modo rigoroso e quanto più conformemente con gli obbiettivi avuti di mira dal normatore (sul principio generale in materia di contributi cfr. Cons. St., ad. plen., 7 giugno 2012, n. 20)” (Cons. Stato, V, 27 giugno 2012, n. 3778).

Dunque, ai fini dell’esistenza di un rapporto obbligatorio a carico di un’amministrazione pubblica è necessario che sia rinvenibile la fonte dell’obbligazione. E nel caso di specie, come osservato dal giudice di prime cure: “non si rinvengono elementi sufficienti a ritenere che le parti resistenti abbiano assunto nei confronti del consorzio istante, in relazione alla prestazione di opera e/o servizi di natura editoriale o connessi alla diffusione dei mezzi di comunicazione, l’obbligo giuridicamente perfetto a corrispondere annualmente delle somme a titolo di contributi”.