TAR Lazio – Roma, sez. i bis – sentenza 1 Luglio 2019, n. 8506.

Bando di gara – Servizio di pulizia – Clausole – Monte ore minimo inderogabile – Legittimità - Ragioni

La scelta di imporre negli atti di gara un monte ore minimo inderogabile nella prestazione del servizio di pulizia è legittima, essendo finalizzata a conseguire un livello qualitativo minimo del servizio e non essendo idonea a comprimere ex se l’autonomia imprenditoriale dell’appaltatore.

È questo il principio affermato dalla Prima Sezione del TAR Lazio, sede di Roma, chiamata pronunziarsi sull’impugnazione degli atti indittivi di gara, finalizzata alla stipula di un accordo quadro per l'appalto del servizio di pulizia presso varie sedi della Marina Militare.

Oggetto di censura in giudizio era la clausola contenente il cd. “monte ore minimo” e la correlata previsione della sottrazione dal canone mensile del costo orario dei lavoratori per le ore non prestate, prescindendo dal risultato dell’attività di pulizia. Nell’ottica della ricorrente, si trattava di elementi idonei a snaturare la natura del contratto d’appalto, caratterizzato dall’autonomia dell’appaltatore nell’organizzazione dello svolgimento delle attività e delle prestazioni richieste nell’ambito delle finalità previste dal contratto e secondo le indicazioni del committente, al fine di assicurare un dato risultato.

Sotto altro profilo, la previsione del monte ore minimo era stata ritenuta dal ricorrente contrastante con la disciplina europea e nazionale (e, in particolare, con il considerando n. 74 e con l’art. 42 della Dir. 24/2014/UE, nonché con l’art. 68 e l’allegato XIII del d.lgs. n. 50 del 2016), secondo la quale – sempre ad avviso della ricorrente – la stazione appaltante dovrebbe sì definire sempre le caratteristiche del servizio indicando, il livello di qualità che pretende e l’illustrazione delle esigenze e degli obiettivi da raggiungere, non potendo tuttavia sostituirsi all’appaltatore imponendo prescrizioni talmente puntuali da annientare la sua capacità imprenditoriale, impedendogli di scegliere per l’esecuzione della commessa una soluzione tecnica piuttosto che un’altra. Al contrario, la fissazione di un monte ore minimo inderogabile nella prestazione del servizio e le previsioni circa il controllo del rispetto di tale prescrizione, in caso di sua violazione, non interferiscono con l’autonomia dell’appaltatore né con la libera organizzazione dei mezzi nell’esercizio della libera attività d’impresa.

La fissazione di un monte minimo di ore inderogabile, infatti, nel rappresentare una modalità minima scelta dall’Amministrazione per assicurare un adeguato livello di servizio, lascia un indubbio spazio organizzativo all’imprenditore e non comporta l’imposizione di una determinata soluzione tecnica, limitando l’autonomia dell’imprenditore di scegliere modalità e soluzioni organizzative e applicative ritenute più opportune. Nel respingere le censure, il TAR ha dunque ritenuto irrilevanti sia i richiami di parte ricorrente ai principi di sistema di lavoro denominato “clever job” (che permetterebbe di ottenere i medesimi livelli di pulizia con meno ore), peraltro formulati in via generica; sia la rilevata assenza di una specifica previsione recante il monte orario minimo nel bando quadro adottato dall’ANAC per l’aggiudicazione dei servizi di pulizia a mezzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non essendo tale atto vincolante rispetto a diverse previsioni della Stazione appaltante.

LEGGI LA SENTENZA

Pubblicato il 01/07/2019

N. 08506/2019 REG.PROV.COLL.

N. 14251/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14251 del 2018, proposto da 
Miorelli Service S.p.A., Pulitori ed Affini S.p.A., B&B Service Soc. Coop., C.M. Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Massimiliano Brugnoletti e Paola Rea, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Massimiliano Brugnoletti in Roma, via Antornio Bertoloni 26/B; 

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

per l'annullamento, previa concessione di misure cautelari,

del bando della gara finalizzata alla “stipula di un accordo quadro per l'appalto del servizio di pulizia presso Enti, Distaccamenti e Reparti della Marina Militare della giurisdizione Marina Nord”; del disciplinare; delle specifiche tecniche; - delle schede tecniche allegare alle specifiche tecniche; della determinazione di indizione della gara; nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali.


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2019 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

La Marina Militare ha indetto una procedura aperta per la stipula di un “accordo quadro” di durata triennale per l’affidamento del servizio di pulizia presso Enti, Di-staccamenti e Reparti della Marina Militare della giurisdizione “Marina Nord” tramite singoli appalti specifici.

La gara era suddivisa in quattro lotti: il lotto 1, relativo ai servizi da espletarsi presso comandi ed enti della Regione Liguria, del valore di € 4.731.611,70; il lotto 2, relativo ai servizi da espletarsi presso comandi ed enti della Regione Toscana, del valore di € 1.468.705,73; il lotto 3, relativo ai servizi da espletarsi presso comandi ed enti della Regione Sardegna, del valore di € 992.189,03; il lotto n. 4, relativo ai servizi da espletarsi presso comandi ed enti della Regione Sicilia, del valore di € 1.812.671,67.

Il criterio previsto per l’aggiudicazione della gara è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con riserva di 70 punti al progetto tecnico e 30 punti al prezzo.

Le specifiche tecniche della gara contengono la descrizione delle prestazioni da rendere a cura dell’aggiudicatario declinate in termini di “ore di lavoro minime ed inderogabili”:

In particolare, l’art. 5 delle specifiche tecniche ha previsto che l’aggiudicatario “dovrà fornire come requisito minimo, le ore minime riportate nella colonna “Numero di ore garantite” evidenziate nella scheda “annesso a)” ovvero le eventuali maggiori ore offerte in sede di gara” (pag. 6).

Nella citata scheda, denominata “Annesso a”, la Stazione appaltante ha fissato per ciascun lotto il “numero minimo di ore garantite” all’anno; in particolare:

a) 81.876 ore di lavoro per il lotto 1;

b) 25.998 ore di lavoro per il lotto 2;

c) 17.790 ore di lavoro per il lotto 3;

d) 33.800 ore di lavoro per il lotto 4.

Le indicate ore (minime) assumono rilievo anche ai fini del pagamento del corrispettivo all’appaltatore, in quanto, nonostante l’aggiudicatario venga compensato con un canone su base mensile (determinato all’esito del ribasso offerto), le specifiche tecniche prevedono che “la mancata effettuazione del numero minimo prestabilito di ore mensili determinerà la detrazione dal canone mensile secondo le tabelle vigenti al momento (n.d.r. tabelle ministeriali contenenti il costo del lavoro), fatte salve le ulteriori detrazioni e penalità per mancata e non corretta esecuzione del servizio”. E’ stata anche prevista, sempre nelle specifiche tecniche, una modalità di rilevazione delle presenze a cura dei responsabili dei singoli Enti che utilizzeranno l’accordo quadro.

Le imprese ricorrenti, pur non avendo partecipato alla gara, impugnano il bando di gara perché ritengono le prescrizioni in esso contenute - che impongono ai concorrenti di svolgere il servizio con un numero minimo di ore lavoro espressamente qualificate come inderogabili - illegittime in quanto limitative della libera organizzazione dei mezzi e delle risorse che deve essere riconosciuta all’appaltatore.

In sostanza, le medesime imprese formulano i seguenti motivi di ricorso:

1. Violazione dell’art. 1655 del codice civile. Violazione dell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003. Violazione del principio di libertà di impresa. Violazione dell’art. 41 della Costituzione;

2. Violazione dell’art. 68 del d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione dell’art. 42 della Direttiva n. 24 del 2014. Violazione dell’art. 71 del d.lgs. n. 50 del 2016. Eccesso di potere per irragionevolezza. Travisamento.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata a mezzo dell’avvocatura dello Stato, che ha rilevato in via preliminare l’inammissibilità del ricorso, in quanto sarebbe è impugnato in via diretta il bando di gara, senza che peraltro le imprese ricorrenti abbiano presentato domanda di partecipazione. La medesima Amministrazione ha dedotto nel merito l’infondatezza del ricorso

Si è costituita in giudizio anche la CO.L.SER. S.c.r.l. che, tuttavia, non risulta tra i soggetti intimati e, con nota depositata il 28.12.2018, ha indicato di essersi costituita in questo giudizio per mero errore materiale. Di quest’ultima società non si deve, quindi, tener conto ai fini del giudizio.

DIRITTO

1) Il ricorso è infondato.

2) In via preliminare il Collegio rileva l’ammissibilità del ricorso.

Le parti ricorrenti hanno impugnato in via diretta le clausole del bando di gara che impongono un numero minimo di ore lavoro inderogabili in sede di offerta, senza partecipare alla medesima procedura di gara.

Al riguardo, secondo giurisprudenza, l’impugnativa diretta delle clausole del bando di gara è permessa solo in caso di clausole escludenti e la partecipazione dell’impresa alla gara qualifica il suo interesse ad agire.

In altri termini, le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere gravate unicamente dall'operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura.

In tal senso è vero che le clausole del bando considerate immediatamente escludenti consistono solo in: a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale; b) regole procedurali che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile; c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta; d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso ed obiettivamente non conveniente; e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all'intero importo dell'appalto); f) bandi contenenti gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi ed anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall'aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di "0" punti); g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza "non soggetti a ribasso"( T.A.R. Lazio Roma, sez. III Quater, 29 maggio 2019, n. 6753; Consiglio di Stato, V, 18 marzo 2019, n. 1736).

E’ altrettanto vero che, come rilevato dalla parte ricorrente, si devono considerare escludenti quelle clausole che con assoluta certezza precludano l'utile partecipazione dell’impresa interessata (Cons. Stato, Ad. Plen., 26-04-2018, n. 4).

Nel caso di specie, il bando ha fissato un minino di ore inderogabile, il cui mancato rispetto in sede di offerta comporta l’esclusione. A fronte di tale previsione, l’impresa che intenda presentare un’offerta con un minor numero di ore si trova di fronte ad una clausola escludente, che non le consente di formulare l’offerta nei termini desiderati.

Né si potrebbe imporre alla stessa di partecipare, andando incontro a sicura esclusione, al solo fine di qualificare il suo interesse al ricorso, risultando tale onere ultroneo e sproporzionato.

3) Nel merito le parti ricorrenti hanno lamentato come la fissazione di un minino di ore inderogabili garantite andrebbe a snaturare la stessa natura del contratto d’appalto, così come definito dall’art. 1655 del codice civile, secondo quanto ribadito nell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, che ne ha distinto i tratti rispetto alla somministrazione di lavoro.

Il contratto di appalto sarebbe, infatti, caratterizzato dall’autonomia dell’appaltatore, che è dominus nell’organizzare e regolare lo svolgimento delle attività e delle prestazioni richieste nell’ambito delle finalità previste dal contratto, secondo le indicazioni del committente, al fine di assicurare un dato risultato.

La caratteristica di costituire obbligazioni di risultato da adempiere con la propria organizzazione di mezzi sarebbe, infatti, snaturata dalla previsione del bando che impone un numero minimo di ore di lavoro inderogabili da prestare, tra l’altro prevedendo la sottrazione dal canone mensile del costo orario dei lavoratori per le ore non prestate, prescindendo dal risultato dell’attività di pulizia.

Sempre secondo parte ricorrente la previsione di un monte ore minimo inderogabile sarebbe anche contraria alla disciplina comunitaria e nazionale (considerando n. 74 e art. 42 della Direttiva n. 24 del 2014; art. 68 e allegato XIII del d.lgs. n. 50 del 2016) secondo la cui stazione appaltante deve definire le caratteristiche del servizio indicando il livello di qualità che pretende, illustrando eventualmente le proprie esigenze o l’obiettivo da raggiungere, ma non può sostituirsi all’appaltatore imponendo prescrizioni talmente puntuali da annullare la sua capacità imprenditoriale e, di fatto, impedendogli di scegliere per l’esecuzione della commessa una soluzione tecnica piuttosto per un’altra o ancora di proporre una soluzione innovativa. Risulterebbero anche violati i principi che presiedono la determinazione delle specifiche tecniche da parte della Stazione appaltante, privando l’operatore economico di scegliere la metodologia di lavoro e organizzativa più consona alla propria impresa.

4) Le censure si rivelano infondate.

Innanzitutto la prospettazione della censura rispetto alla figura civilistica dell’appalto, con il richiamo all’art. 1655 del codice civile, come se fosse quest’ultimo a fissare i limiti entro i quali si devono mantenere gli affidamenti dei servizi tramite procedura di gara, mal si adatta a una disciplina come quella degli appalti pubblici, che regola le procedure di affidamento del tutto prescindendo dalla figura civilistica dell’appalto del contratto aggiudicato, come configurata nel nostro ordinamento. Nell’ambito delle normativa sui contratti pubblici rientrano, infatti, anche casi di affidamento di contratti non coincidenti con la figura dell’appalto definita dal codice civile, come nel caso di forniture.

Inoltre, la sola fissazione di un monte ore minimo inderogabile nella prestazione del servizio di pulizia e le previsioni accessorie relative al controllo del rispetto di tale prescrizione e alle conseguenze della sua violazione, non fanno venire meno l’autonomia dell’imprenditore, con l’organizzazione dei mezzi a suo carico e rischio, nell’ambito dell’adempimento di una obbligazione di risultato, nè trasformano il contratto in una somministrazione di lavoro, dove è assente l’aspetto del rischio di impresa e dell’organizzazione.

Ciò anche in un servizio ad alta densità di mano d’opera come quello di pulizia.

La fissazione di un monte minimo di ore inderogabile costituisce, infatti, una modalità minima scelta dall’Amministrazione per assicurare un livello adeguato di servizio e lascia un indubbio spazio organizzativo all’imprenditore.

Allo stesso modo, la prescrizione di un monte minimo di ore non comporta anche l’imposizione di una determinata soluzione tecnica, coortando l’autonomia dell’imprenditore di scegliere le modalità organizzative e applicative ritenute più opportune o anche adottare soluzioni organizzative.

La scelta dell’Amministrazione di indicare un monte ore minimo, parametrato sulle esigenze relative al servizio specifico di pulizia da svolgere è, infatti una misura legata al conseguimento di un determinato livello qualitativo minimo, in un tipo di attività ad alta densità di mano d’opera.

Al riguardo, non appaiono convincenti in senso contrario i richiami di parte ricorrente ai principi di sistema di lavoro denominato “clever job” (che permetterebbe di ottenere i medesimi livelli di pulizia con meno ore), anche perché formulati in via generica e senza specifico riferimento al caso di specie. Né risulta determinante l’affermazione di parte ricorrente secondo cui il monte minimo orario inderogabile non sia stato espressamente previsto nel bando quadro adottato dall’ANAC per l’aggiudicazione dei servizi di pulizia a mezzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non essendo tale atto vincolante rispetto a diverse previsioni della Stazione appaltante.

5) Per le suesposte ragioni il ricorso va rigettato.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna le parti ricorrenti al pagamento, in favore dell’Amministrazione resistente, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000,00 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2019 con l'intervento dei magistrati:

Concetta Anastasi, Presidente

Antonella Mangia, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore