Consiglio di Stato, Sez. IV, 25 marzo 2019, n. 1934. - Rimessione alla Plenaria

Si sottopone all’Adunanza Plenaria la questione se il procedimento di verifica a cura del Gestore dei Servizi Energetici circa il rispetto della quota d’obbligo di energia rinnovabile, prevista dall’art. 11, commi 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 79 del 1999 per gli impianti di energia non rinnovabile, configuri:

a) l’esplicarsi di un potere amministrativo che si conclude con un provvedimento autoritativo di accertamento in ordine all’avvenuto rispetto o meno della quota d’obbligo, in ragione della finalità perseguita dalla disciplina in argomento, di tutelare l’interesse pubblico al corretto adempimento dell’obbligo derivante dall’art. 11 d.lgs. n. 79/1999, preordinato al perseguimento di preminenti interessi pubblici anche di portata sovranazionale, in considerazione degli obiettivi europei e internazionali in materia di produzione energetica da fonti rinnovabili; con conseguente posizione di interesse legittimo in capo ai destinatari e assoggettamento alle regole delle azioni impugnatorie-annullatorie degli atti amministrativi e ai rispettivi termini di decadenza;

oppure

b) l’esplicarsi della procedura di controllo che si svolge con cadenza annuale, a valenza ricognitiva di natura tecnica in applicazione dei limiti legislativi vincolanti e si conclude con un accertamento del rispetto dell’obbligo imposto e delimitato dalla legge e, in caso d’inosservanza, con la segnalazione  all'Autorità per l'Energia elettrica e il gas per le sanzioni previste, sia operante sul piano paritetico del rapporto obbligatorio, con la conseguenza che ogni contestazione in ordine allo stesso è soggetta al termine di prescrizione decennale.

Sulla questione non sono stati rinvenuti precedenti del Consiglio di Stato e il Collegio ha ritenuto opportuno deferirla all’esame dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, comma 1, c.p.a., sussistendo la possibilità che la stessa dia luogo a contrasti giurisprudenziali.

La giurisprudenza di primo grado è nel senso della natura provvedimentale e non paritetica delle note con cui il Gestore dei Servizi Energetici s.p.a., in seguito GSE, comunica ai produttori di energia l’esito della verifica effettuata (T.a.r. Lombardia, Milano, Sez. I, 3 settembre 2018, nn. 2041 e 2042; Id., Sez. II, 12 luglio 2017, n. 1605; T.a.r. Lazio, Roma, Sez. III ter, 18 settembre 2017, n. 9777; Id., 24 febbraio 2015, n. 3252).

Il problema nasce dall’assenza di una espressa disciplina di rango primario circa la l’attività di verifica svolta dal GSE.

Il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, obbliga i produttori e gli importatori di energia derivante da fonti non rinnovabili ad immettere nel sistema una quota di energia di fonti rinnovabili o ad acquistare certificati verdi corrispondenti a tale quota (art. 11, co. 1, 2, e 3) e demanda all’autorità governativa l’adozione delle “direttive per l’attuazione” (art. 11, co. 5).

Le direttive sono state emanate con il d.m. 11 novembre 1999 che ha disciplinato le modalità di quantificazione dell’energia soggetta all’obbligo, la procedura di autocertificazione dei produttori, nonché quella di “verifica annuale di adempimento all’obbligo” da parte del Gestore dei Servizi Energetici. L’esito di tale verifica viene notificato ai produttori e, in caso di esito negativo, su questi ultimi incombe l’obbligo d’integrare le quantità eventualmente mancanti. Il mancato adempimento da parte dei produttori viene segnalato dal Gestore all’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente la quale ha il potere di sanzionare la perseverante inottemperanza.

Successivamente, le direttive di cui al menzionato d.m. 1999 sono state aggiornate dal d.m. 24 ottobre 2005 (in attuazione dell’art. 20, co. 8, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387), infine sostituito dal d.m. 18 dicembre 2008, il cui articolo 13 conferma, nei suoi tratti distintivi, la precedente disciplina in materia di verifica annuale di adempimento dell’obbligo di cui trattasi.

Il procedimento ha una disciplina che depone sostanzialmente per la natura provvedimentale degli atti con cui il GSE notifica l’esito della verifica annuale ai produttori (cd. “note di riconoscimento”).

Tuttavia, come detto, manca un fondamento legislativo di attribuzione esplicita al Gestore del potere di emanare provvedimenti amministrativi, benché le sue “note di riconoscimento”, non definite come provvedimenti dalla disciplina normativa, consistono in atti (recettizi) certamente da essa contemplati e le citate disposizioni attuative trovano adeguata copertura in norme di provvista di rango primario (art. 11, co. 5, d.lgs. n. 79/1999 e art. 20, co. 8, d.lgs. n. 387/2003).

Quanto alla posizione soggettiva dei produttori, destinatari della verifica del GSE, per giurisprudenza consolidata non può ritenersi di diritto soggettivo, in quanto l’attività, pur essendo vincolata dato l’apprezzamento di natura tecnica sull’an e sul quantum della quota d’obbligo, è finalizzata alla cura di un interesse della collettività e non di un interesse individuale patrimoniale.

Infatti, la finalità perseguita dalla disciplina in argomento è quella di tutelare l’interesse pubblico al corretto adempimento dell’obbligo derivante dall’art. 11 d.lgs. n. 79/1999, a sua volta preordinato al perseguimento di preminenti interessi pubblici anche di portata sovranazionale, in considerazione degli obiettivi europei e internazionali in materia produzione energetica da fonti rinnovabili. In tale contesto si inscrive l’apprezzamento del Gestore sulla determinazione della quota d’obbligo, condotto alla stregua della normativa di riferimento e dell’ampia provvista fattuale (autodichiarazione, certificati verdi ricevuti e “ogni altro dato in suo possesso”), avente esiti non sempre incontroversi.  Pertanto, atteso l’interesse pubblico tutelato dall’ordinamento, alle posizioni private dei produttori sembra potersi riconoscere una protezione indiretta che passa attraverso la potestà provvedimentale e si traduce nella possibilità di adire il giudice amministrativo per la relativa tutela in sede giurisdizionale.

LEGGI L'ORDINANZA

Pubblicato il 25/03/2019

N. 01934/2019 REG.PROV.COLL.

N. 04572/2015 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA

sul ricorso numero di registro generale 4572 del 2015, proposto dalla società Enel Produzione S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Guido Greco, Manuela Muscardini e Marcello Cardi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marcello Cardi in Roma, via Bruno Buozzi, n.51;

 

contro

Gestore dei Servizi Energetici - Gse S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Gigliola e Sergio Fidanzia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Gigliola in Roma, via G. Antonelli, n. 4;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 03252/2015, resa tra le parti, concernente la domanda giudiziale di ripetizione di quanto versato in più al Gestore dei Servizi Energetici, negli anni 2003-2008, per l’adempimento della quota d’obbligo in riferimento agli impianti di pompaggio

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici - Gse S.p.A;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2018 il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati Guido Greco, Angelo Gigliola e Sergio Fidanzia;

 

1.Oggetto della controversia è la domanda giudiziale dell’Enel di ripetizione di quanto asseritamente versato in più al Gestore dei Servizi Energetici, negli anni 2003-2008, essendo stata ricompresa nella quota d’obbligo l’energia utilizzata per il funzionamento degli impianti di pompaggio e non quella prodotta dagli stessi impianti, che è minore.

2. Per meglio comprendere come è sorta la questione controversa, è opportuno esporre sinteticamente una diversa vicenda processuale, che costituisce l’antefatto di quella ora all’attenzione di questo Consiglio.

2.1. La deliberazione dell'Autorità per l'Energia elettrica e il gas n.101 del 6 giugno 2005 prevedeva (artt. 1 e 2), solo per gli anni 2001 e 2002, il rimborso degli oneri sostenuti dalle società titolari di impianti di produzione di energia non rinnovabile per l’acquisto di certificati verdi, considerando, nel quantificare l’energia rilevante per la quota d’obbligo, quella prodotta e immessa sul mercato dagli impianti di pompaggio e non l’energia utilizzata per il funzionamento degli stessi, che è pacificamente maggiore (di circa il 30%) di quella prodotta.

2.1.1. L’Enel impugnò la suddetta delibera:

a) dedusse l’illegittimità della delibera per violazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 79 del 1999, sul presupposto che il calcolo dell’energia non rinnovabile ai fini della quota d’obbligo (all’epoca del 2%) era stato sempre effettuato considerando quella maggiore utilizzata per il funzionamento degli impianti di pompaggio, così rilevando contraddizione con la delibera impugnata, che disponeva il rimborso solo rispetto a quella minore prodotta da tali impianti;

b) per l’ipotesi che la delibera fosse ritenuta legittima, chiese l’accertamento del diritto alla ripetizione dall’Autorità per l’Energia di quanto versato in eccesso, essendo stata calcolata nella quota d’obbligo la maggiore quantità di energia utilizzata per il funzionamento degli impianti di pompaggio.

2.2. Il T.a.r. per la Lombardia, con la sentenza. n. 1437 del 2006, passata ingiudicato nel febbraio 2010, per essere stato dichiarato irricevibile l’appello proposto dall’Autorità per l’energia:

a) ritenne la legittimità della delibera del 2005 rispetto all’art. 11 cit., perché l'obbligo della quota (all’epoca del 2%) ricade sulla quantità di energia non rinnovabile prodotta e ceduta dall'impianto di pompaggio, e non su quella consumata dallo stesso, così rigettando la censura;

b) affermò il diritto dell’Enel alla ripetizione di quanto versato in eccesso in conto quota d’obbligo, per essere stata la quota calcolata sull’energia utilizzata per il funzionamento dell’impianto (maggiore) e non su quella generata dall’impianto e immessa in rete.

3. Non avendo l’Autorità per l’Energia adempiuto al giudicato, l’Enel agì per l’ottemperanza, chiedendo la restituzione di quanto versato in più, oltre che per gli anni 2001 e 2002, anche per gli anni dal 2003 al 2008.

3.1. Il T.a.r. per la Lombardia, con sentenza n. 565 del 2012, accolse il ricorso in relazione alla pretesa vantata per gli anni 2001 e 2002; lo dichiarò inammissibile per gli anni compresi tra il 2003 e il 2008, ritenendo che la pretesa restitutoria azionabile in sede di ottemperanza, per la mancata esecuzione spontanea da parte dell’amministrazione, era limitata alla pretesa valutata in sede giurisdizionale e, quindi, agli oneri sostenuti da Enel negli anni 2001 e 2002.

In motivazione aggiunse testualmente <<Ciò non significa che il criterio cristallizzato dalla sentenza, ossia la necessità di prendere a riferimento per gli impianti di pompaggio l’energia dagli stessi prodotta, possa essere arbitrariamente disatteso dall’amministrazione, che, pertanto, nella permanenza del medesimo contesto normativo, regolatorio e fattuale, deve conformarvisi in sede di adozione delle determinazioni relative al numero di certificati verdi che la ricorrente è tenuta ad acquistare in ciascun anno successivo al 2002, fermo restando, però, che l’eventuale violazione del criterio deve essere dedotta contestando nelle sedi competenti le determinazioni medesime. >>.

3.2. Questo Consiglio, con sentenza n. 312 del 2013, rigettò l’appello avverso la suddetta sentenza.

Della sentenza si riportano stralci che la parti hanno utilizzato nelle argomentazioni difensive della controversia di nostro interesse.

Si afferma testualmente:

<<6.2. …. la delibera [del 2005] si riferisce ad un periodo in cui gli oneri di cui all’art. 11, d.lgs. n. 79/1999 (per l’acquisto di certificati verdi) venivano in parte rimborsati ai soggetti che li avevano sostenuti. A partire dal 1° aprile 2004, mutato il quadro regolatorio, tale rimborso non è più stato previsto. Continua invero ad applicarsi l’art. 11, d.lgs. n. 79/1999 nel senso che perdura l’onere di produrre un certo quantitativo di energia da fonti rinnovabili o, in alternativa, di acquisto di certificati verdi a compensazione dell’energia da fonti rinnovabili non prodotta, ma non vi è più un sistema di rimborso dei relativi oneri. Sicché, per gli anni successivi al 2002 da un lato la delibera n. 101/2005 non è più applicabile, dall’altro lato il criterio di quantificazione dei certificati verdi dovuti da ENEL non si fonda sulla delibera dell’AEEG n. 101/2005, che ha esaurito i suoi effetti in relazione all’anno 2002, perché essa prevede un sistema di rimborsi non più applicabile nel diverso quadro regolatorio. Dunque, se anche è vero che pure per gli anni dal 2003 al 2008 il criterio di quantificazione dei certificati verdi è stato lo stesso su cui si è fondata la citata delibera n. 101/2005, tuttavia ciò non è accaduto in attuazione di quest’ultima (che ha riguardato solo gli anni 2001-2002), ma sulla base di nuovi provvedimenti amministrativi del GSE. 6.3. Tali nuovi provvedimenti non possono essere qualificati come violativi o elusivi del giudicato e pertanto nulli, perché riguardano un periodo successivo al giudicato, e da esso non regolato. 6.4. Non si può sostenere che si è in presenza di un unico rapporto obbligatorio durevole nel tempo, perché il rapporto dedotto nel giudizio sfociato nel giudicato si riferiva solo agli obblighi-diritti per gli anni 2001 e 2002, e per gli anni successivi vengono in considerazione distinti rapporti di diritto-obbligo. Pertanto, come correttamente affermato dal Tar, l’ENEL può attivare autonomi giudizi di cognizione contro gli atti di determinazione dei certificati verdi dovuti per gli anni dal 2003 al 2008 e in quella sede, se del caso, invocare la c.d. vis espansiva del giudicato.>>.

4. La vicenda processuale oggetto di decisione ha inizio nel 2013 con il ricorso proposto dall’Enel dinanzi al T.a.r.

4.1. La società ha chiesto l’accertamento del suo diritto alla ripetizione del valore dei certificati verdi annullati in esubero, relativi agli anni dal 2003 al 2008 per un importo di euro 45.304.076, con conseguente condanna del GSE al pagamento di detta somma (o di quella di giustizia, oltre interessi e rivalutazione), ovvero a “disporre, ove occorra la compensazione tra detti importi ed un pari valore di certificati verdi, in occasione dell’assolvimento del medesimo obbligo di legge alle prime scadenze utili”.

A sostegno della domanda ha richiamato, per gli impianti di pompaggio, il criterio di computo della quota d’obbligo dei certificati verdi, ex art. 11 d.lgs. n. 79/99, riconosciuto dalla sentenza del T.a.r. per la Lombardia del 2006 cit. per gli anni 2001 e 2002, riferito alla energia prodotta da questi (che è minore) e non alla energia utilizzata per il loro funzionamento.

4.2. Con la sentenza specificata in epigrafe, il T.a.r. per il Lazio ha dichiarato inammissibili le domande di accertamento e condanna non essendo state impugnate le “note di accertamento” adottate dal GSE relative a quegli anni, configurandosi una posizione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.

Il percorso argomentativo del giudice si snoda attraverso le essenziali argomentazioni che seguono:

a) la verifica del rispetto della quota d’obbligo è effettuata attraverso un tipico procedimento amministrativo sulla base della norma primaria, che si conclude con un provvedimento;

b) l’atto con cui il GSE notifica l’esito della verifica ai produttori ha natura provvedimentale; né sono di ostacolo affermazioni in termini di rapporti diritto-obbligo, contenute nella sentenza del Consiglio di Stato n. 312 del 2013, atteso che in altra parte della stessa sentenza si parla di “nuovi provvedimenti amministrativi”;

c) l’Enel avrebbe dovuto contestare con azione di annullamento le “note di riconoscimento” relative alle singole annualità per le quali è controversia, essendo le stesse immediatamente lesive.

4.2.1. Il primo giudice ha premesso la ricostruzione della normativa di riferimento:

- la legge (art. 11, co. 1, 2, e 3, del d. lgs. n. 79 del 1999) obbliga i produttori e gli importatori di energia derivante da fonti non rinnovabili ad immettere nel sistema una quota d’obbligo di energia di fonti rinnovabili o ad acquistare certificati verdi corrispondenti a tale quota;

- la legge (art. 11 co. 5) demanda all’autorità governativa l’adozione delle “direttive per l’attuazione”;

- le direttive sono state emanate con il d.m. 11 novembre 1999;

- ai sensi dell’art. 3, che disciplina le modalità di quantificazione dell’energia soggetta all’obbligo, i produttori trasmettono autocertificazione, riferita all’anno precedente, attestante le importazioni e produzioni di energia non rinnovabile;

- l’art. 7 delinea la procedura per la “verifica annuale di adempimento all’obbligo”, precisando:

- che entro il 31 marzo di ciascun anno i produttori trasmettono al Gestore “certificati verdi relativi all’anno precedente ed equivalenti, in termini di energia associata, all’obbligo di immissione che compete loro […]” (co. 1);

- che il Gestore, “sulla base dell’autocertificazione […] ricevuta l’anno precedente, dei certificati verdi ricevuti, e di ogni altro dato in suo possesso, effettua la verifica, relativamente all’anno precedente, di ottemperanza all’obbligo […] ed annulla i certificati relativi” (co. 2);

- l’esito della verifica deve essere “notificato agli interessati entro il 30 aprile di ciascun anno”;

- la verifica “si intende positiva” se l’energia da fonte rinnovabile associata ai certificati verdi trasmessi “uguaglia o supera il valore della quota in capo al soggetto”;

- nel caso di esito negativo, il produttore è tenuto a compensare entro trenta giorni “la differenza evidenziata dalla verifica” (tramite acquisto e invio al gestore di eventuali certificati verdi in esubero relativi all’anno precedente o tramite acquisto e conseguente annullamento di certificati verdi emessi dal gestore);

- in caso di mancato adempimento, il Gestore segnala la circostanza all’Aeeg, che diffida l’obbligato all’ottemperanza.

Successivamente, le direttive sono state aggiornate dal d.m. 24 ottobre 2005 (in attuazione dell’art. 20, co. 8, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, e a far tempo dal novembre 2006) ed il d.m. del 1999 è stato abrogato con salvezza degli “effetti dispiegati” e dei “diritti acquisiti”.

Tale decreto conferma il meccanismo dell’autocertificazione (art. 3) e della verifica annuale (art. 7), prevedendo altresì (art. 7, co. 4) la segnalazione dell’eventuale inottemperanza all’Aeeg “ai fini dell’applicazione delle sanzioni” contemplate dall’art. 4, co. 2, d.lgs. n. 387/03 cit. a partire dal 2004;

Il suddetto art. 4, co. 3, prevede che “i soggetti che omettono di presentare l’autocertificazione […] sono considerati inadempienti per la quantità di certificati correlata al totale di elettricità importata e prodotta nell’anno precedente”; inoltre, l’art. 7, co. 5, del nuovo decreto introduce a carico del Gestore l’obbligo di comunicare ai Ministeri competenti i soggetti inadempienti e l’entità degli inadempimenti ai fini dell’eventuale adozione di “idonee iniziative che tengano conto dell’entità complessiva delle inadempienze, della congruità delle sanzioni comminate e del grado di raggiungimento degli obiettivi connessi agli impegni di riduzione delle emissioni inquinanti assunti in sede comunitaria ed internazionale in applicazione del protocollo di Kyoto”).

Per completezza si segnala che anche il d.m. 24 ottobre 2005 è stato successivamente abrogato e sostituito dal d.m. 18 dicembre 2008, il cui articolo 13 conferma, peraltro, nei suoi tratti distintivi la disciplina in materia di verifica annuale di adempimento dell’obbligo già dettata dall’articolo 7 del citato d.m. del 2005.

4.2.2. Secondo il primo giudice, la normativa esaminata individua un procedimento amministrativo strutturato in funzione dell’assolvimento dell’obbligo e sulla base della disciplina dettata dalla legge.

La legge prevede la periodicità annuale (art. 11, co. 1) e, coerentemente, il d.m. (artt. 3 e 7) introduce una verifica annuale sulla base dell’autodichiarazione e dell’istruttoria (“ogni altro dato in suo possesso”) e una fase conclusiva, consistente nell’accertamento degli esiti e nella notificazione degli stessi all’interessato.

Questo meccanismo (per certi versi assimilabile agli accertamenti tributari su autodichiarazione) è evidentemente preordinato alla definizione entro termini ristretti dell’assetto dei rapporti derivanti dall’art. 11, occorrendo tener conto delle modalità di funzionamento del sistema dei certificati verdi e dell’esigenza di certezza che ne è alla base. Anche il Consiglio di Stato (nella sentenza citata nell’antefatto, n. 312 del 2013) ha sottolineato la caratteristica in rassegna, affermando che non si è in presenza di un “unico rapporto obbligatorio durevole nel tempo”, potendo l’interessato “attivare autonomi giudizi di cognizione contro gli atti di determinazione dei certificati verdi” dovuti per gli anni successivi rispetto a quelli inclusi nel dictum.

Dal procedimento descritto deriva la natura provvedimentale degli atti con cui il GSE notifica detti “esiti” ai produttori.

4.2.3. La natura provvedimentale dell’esito del procedimento è corroborata dalla disamina degli argomenti esposti dall’Enel per contestarla.

a) Quanto al difetto assoluto di attribuzione del GSE ad emanare provvedimenti amministrativi stante l’assenza di fondamento legislativo, si può osservare che le “note di riconoscimento”, ancorché non definite in questi esatti termini dalla disciplina normativa, consistono tuttavia in atti (recettizi) certamente da essa contemplati; soprattutto, le disposizioni attuative trovano adeguata copertura in norme di provvista di rango primario (art. 11, co. 5, d.lgs. n. 79/99 e art. 20, co. 8, d.lgs. n. 387/03).

b) Quanto alla natura di diritto soggettivo della posizione azionata, essa non ha fondamento.

Anche ad ammettere lo svolgimento di attività vincolata – dato l’apprezzamento di natura tecnica sull’an e sul quantum della quota d’obbligo – tale profilo, sulla base della giurisprudenza consolidata, non è sufficiente per riconoscere la posizione di diritto soggettivo, rilevando solo la finalizzazione della disciplina alla cura di un interesse della collettività e non di un interesse individuale patrimoniale. La finalità perseguita dalla disciplina in argomento è quella di tutelare l’interesse pubblico al corretto adempimento dell’obbligo derivante dall’art. 11 d.lgs. n. 79/99, preordinato al perseguimento di preminenti interessi pubblici anche di portata sovranazionale, in considerazione degli obiettivi europei e internazionali in materia produzione energetica da fonti rinnovabili. In tale contesto si inscrive l’apprezzamento del Gestore sulla determinazione della quota d’obbligo, condotto alla stregua della normativa di riferimento e dell’ampia provvista fattuale (autodichiarazione, certificati verdi ricevuti e “ogni altro dato in suo possesso”), avente esiti non sempre incontroversi. Se l’ordinamento ha inteso tutelare l’interesse pubblico, alle posizioni private non può che essere riconosciuta una protezione indiretta che passa attraverso la potestà provvedimentale e si traduce nella possibilità di adire il giudice amministrativo per il controllo di legittimità.

5. L’Enel ha proposto appello avverso la suddetta sentenza contestando la dichiarata inammissibilità con un articolato motivo.

5.1. Si deduce la mancanza di un fondamento legislativo e di un fondamento normativo secondario (che se vi fosse sarebbe insufficiente) al riconosciuto potere provvedimentale in capo al GSE.

L’art. 11 del d.lgs. n. 79 del 1999 e l’art. 20, co. 8, del d.lgs. n.387 del 2003, conferiscono all’autorità governativa solo il potere di emanare direttive per l’attuazione della disciplina di settore e nessun potere provvedimentale può essere esercitato se non previsto dalla legge nel contenuto e nelle modalità, né può farsi ricorso alla teoria dei poteri impliciti.

Neppure i d.m. conferiscono poteri provvedimentali: si tratta di attività solo ricognitiva/accertativa derivante dal confronto tra i dati forniti dai produttori e quelli ritenuti necessari per l’adempimento dell’obbligo, che è previsto dalla legge, così come la relativa quantificazione.

La scansione procedimentale non dimostra l’esistenza di una fase conclusiva, che sfocia in un provvedimento autoritativo; essa costituisce il presupposto per i poteri sanzionatori di altra autorità. Sulla base del d.m. del 1999, in caso di mancato adempimento, il Gestore segnala la circostanza all’Aeeg, che diffida l’obbligato all’ottemperanza (art. 7); sulla base del d.m. del 2005 e dell’art. 4, del d. lgs. n. 387 del 2003, il GSE comunica all’Autorità gli inadempimenti ai fini delle sanzioni.

5.2. Si sostiene la natura paritetica dell’atto, privo di portata precettiva e di connotato autoritativo, con il quale – ai sensi dell’art. 7 del d.m. del 1999 – il GSE verifica l’ottemperanza all’obbligo, che è previsto dalla legge come pure la relativa quantificazione; natura paritetica che la finalità pubblicistica non può servire a trasformare in provvedimento, neanche in provvedimento a contenuto vincolato.

Si fa un parallelo con gli oneri di urbanizzazione, non si mette in dubbio il potere autoritativo in generale in capo al GSE, si deduce che:

- in generale, manca un contenuto provvedimentale nelle “note di riconoscimento” del GSE;

- in particolare che, nella fattispecie, l’Enel aveva versato per gli anni dal 2003 al 2008 un numero di certificati verdi maggiore, calcolando ai fini della determinazione della quota d’obbligo l’energia per gli impianti di pompaggio utilizzata per il funzionamento e non quella prodotta dagli stessi, che è minore, con la conseguenza che le note che, secondo il Tar avrebbero dovuto essere impugnate, contengono un esito positivo dell’accertamento e, conseguentemente, mancano di lesività.

5.3. Poi, nel merito, si sostiene la correttezza dell’interpretazione dell’art. 11 cit. fatta propria dalla sentenza del T.a.r. del 2006 cit., e se ne chiede l’applicazione agli anni successivi anche in forza della vis espansiva del giudicato, anche come giudicato esterno sul medesimo rapporto giuridico quale rapporto obbligatorio di durata.

6. Il GSE si è costituito chiedendo il rigetto dell’appello.

6.1. Sostiene la valenza provvedimentale e non paritetica dell’atto costituente l’esito della verifica operata dal GSE, con conseguente configurarsi di un onere di impugnazione tempestiva in capo alla parte interessata.

Ripercorrendo la disciplina normativa, sostiene che: - dall’obbligo della quota, in attuazione della direttiva comunitaria, confermato dal d.lgs n. 387 del 2003 in attuazione della direttiva successiva, deriva l’esigenza del procedimento di verifica dell’adempimento; - tale verifica è effettuata ai sensi della direttiva, prevista nella legge; - i decreti ministeriali hanno disciplinato l’esercizio di tale attività di verifica con la scansione tipica del procedimento amministrativo, il quale si conclude con l’adozione di un provvedimento amministrativo, che determina l’esatto adempimento dell’obbligo; - per verificare l’adempimento di tale obbligo il GSE è chiamato a compiere un apprezzamento ai fini della determinazione della “quota d’obbligo”, il quale non si risolve in un mero calcolo matematico, ma presuppone l’analisi di una serie di elementi e fattori dai quali detta determinazione dipende, venendo in rilievo le tipologie di energia da escludere dalla quota d’obbligo; - il provvedimento è direttamente lesivo degli interessi del produttore visto che determina e cristallizza quella modalità di adempimento dell’obbligo che il GSE valuta corretta in relazione alla tipologia di impianto esercito e di energia prodotta; - distinto è il procedimento sanzionatorio, solo attivato dal GSE, ma di competenza della ARERA, il cui oggetto è l’inadempimento rispetto all’obbligo di provvedere entro 30 giorni all’integrazione di certificati verdi richiesti dal GSE, e non il riesame dell’an che è oggetto dell’attività di verifica già svolta dal GSE autonomamente. La conseguenza è che la posizione azionata è di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.

6.1.2. A sostegno della valenza provvedimentale delle note di accertamento, il GSE ha richiamato: - la prassi delle società produttrici di energia da fonte non rinnovabile di impugnare le note del GSE che determinano l’ammontare dei certificati verdi, quando se ne vuole contestare l’ammontare; - le sentenze del T.a.r. per la Lombardia, n. 1605 e ss. del 2017, le quali, in riferimento a giudizi relativi ad anni successivi al 2008, nei quali l’Enel aveva impugnato la sanzione irrogata e le note di accertamento negativo come atti presupposti, hanno seguito la tesi secondo cui la nota di accertamento è provvedimento lesivo autonomamente impugnabile, con conseguente inammissibilità delle censure attinenti alla quantificazione della quota d’obbligo operata dalle note di accertamento non impugnate.

6.2. Nel merito, si sostiene la non correttezza dell’interpretazione dell’art. 11 cit. fatta propria dalla sentenza del T.a.r. per la Lombardia del 2006 cit. e l’esclusione di ogni vis espansiva del giudicato.

7. La questione all’attenzione del Collegio, in riferimento alla quota d’obbligo di energia rinnovabile prevista dalla legge (art. 11, co. 1, 2 e 3 cit.) per gli impianti di energia non rinnovabile, è se il procedimento di verifica in ordine al rispetto della suddetta quota, regolato dai d.m. del 1999 e del 2005 cit. e attribuito al GSE sulla base della previsione legislativa (art. 11, co. 5 cit.), che demanda a direttive dell’autorità di governo l’attuazione della quota d’obbligo, configuri:

a) l’esplicarsi di un potere amministrativo che si conclude con un provvedimento autoritativo di accertamento in ordine all’avvenuto rispetto o meno della quota d’obbligo, in ragione della finalità perseguita dalla disciplina in argomento, di tutelare l’interesse pubblico al corretto adempimento dell’obbligo derivante dall’art. 11 d.lgs. n. 79/99, preordinato al perseguimento di preminenti interessi pubblici anche di portata sovranazionale, in considerazione degli obiettivi europei e internazionali in materia produzione energetica da fonti rinnovabili; con conseguente posizione di interesse legittimo in capo ai destinatari e assoggettamento alle regole delle azioni impugnatorie-annullatorie degli atti amministrativi e ai rispettivi termini di decadenza;

oppure

b) l’esplicarsi di una procedura di controllo, affidata al GSE dai d.m., in ordine al rispetto di un obbligo previsto dalla legge con la finalità pubblicistica di favorire la diffusione di energia da fonti non rinnovabili; obbligo delimitato dalla legge nel suo contenuto, posto che si individua (art. 11 co. 2 cit.), mediante esclusioni (della cogenerazione, degli autoconsumi di centrale, delle esportazioni entro certi limiti, dell’energia prodotta da impianti di gassificazione a certe condizioni) la base di calcolo dell’energia da fonti non rinnovabili prodotta o importata ai fini della quota d’obbligo di energia da fonti rinnovabili; procedura che, a partire dall’autocertificazione e dai dati sugli impianti in possesso, si svolge, a cura del GSE, con cadenza annuale e valenza ricognitiva di natura tecnica in applicazione dei limiti legislativi vincolanti, si conclude con una accertamento, con la finalità di assicurare il rispetto dell’obbligo imposto e delimitato dalla legge e segnalarne l’inosservanza per le sanzioni previste; con la conseguenza che l’accertamento in ordine al rispetto o meno dell’obbligo ex lege di diritto pubblico opera sul piano paritetico del rapporto obbligatorio ed ogni contestazione dello stesso è soggetto al termine di prescrizione decennale.

8. La particolarità della fattispecie, consistente nella circostanza che l’accertamento positivo del GSE in ordine all’adempimento dell’obbligo – che, peraltro, confermava pienamente la corrispondente autocertificazione presentata dall’Enel - è stato solo successivamente, e a distanza di anni, messo in discussione dalla stessa Enel quanto alla base di calcolo dell’energia da fonti non rinnovabili ai fini della determinazione della quota d’obbligo, mediante richiesta di ripetizione di indebito, non incide sulla formulazione del quesito, posto che, se si riconoscesse una posizione di diritto soggettivo in capo al produttore, la diversità di posizioni potrebbe essere fatta valere già in sede di autodichiarazione (come è accaduto per gli anni successivi a quelli dell’attuale controversia) o successivamente,- anche alla nota di accertamento -, purché nei limiti del termine di prescrizione.

9. Il quesito di diritto rilevante nella causa in esame non è stato mai affrontato, per quel che consta, dalla giurisprudenza di questo Consiglio.

9.1. Per contro, risultano pendenti altri giudizi di appello nell’ambito dei quali tale quesito è rilevante:

a) presso la sezione VI, sono pendenti i processi rg n. 7715, 7717 e 7718 del 2017, che riguardano anni successivi al 2008 in cui l’Enel, nell’autocertificazione per il computo della quota d’obbligo, ha decurtato dalla quantità di energia non rinnovabile prodotta una quantità pari al differenziale tra energia consumata dagli impianti di pompaggio e quella prodotta dagli stessi; in tale contesto, poiché il GSE, con proprie note, ha pertanto rilevato il non adempimento dell’obbligo per tali anni e la ARERA, su segnalazione del GSE, ha conseguentemente irrogato sanzioni all’Enel, il T.a.r. per la Lombardia – in sede di impugnazione delle sanzioni comminate dalla ARERA - ha ritenuto necessaria la previa impugnazione delle note del GSE di comunicazione dell’esito (in questo caso negativo) della verifica; il T.a.r., proprio sul dichiarato presupposto nella natura provvedimentale e non paritetica delle note del GSE, ha, in particolare, ritenuto che, in presenza di censure avverso “il criterio di quantificazione dei certificati verdi adottato dal GSE”, la parte “aveva infatti l’onere di rivolgere queste censure nei confronti della nota del GSE di comunicazione degli esiti della verifica” (T.a.r Lombardia, 12 luglio 2017, n. 1605, impugnata con l’appello pendente n.r.g. 7715/2017);

b) presso la sezione IV è pendente un processo (rg n. 2512 del 2018, nell’ambito del quale è stata emanata l’ordinanza interlocutoria n. 361 del 2019) che riguarda il mancato assolvimento dell’obbligo di acquisto di certificati verdi, in riferimento all’energia importata in Italia da altro soggetto negli anni 2012 e 2014; avendo il GSE trasmesso a tale soggetto prima delle note recanti aggiornamento del suo conto proprietà, evidenzianti un obbligo di acquisto non assolto (ossia delle “note di riconoscimento” negative) e poi delle note di comunicazione quanto all’esito negativo della “verificadi ottemperanza all’obbligo” di acquisto, il T.a.r. per il Lazio, con l’appellata sentenza 18 settembre 2017, n. 9777, ha confermato il proprio orientamento in ordine alla natura provvedimentale e non paritetica degli atti di accertamento del GSE (precisando che l’impugnazione deve in linea di principio indirizzarsi già avverso le note di riconoscimento negative, pur ritenendo tempestiva nel caso concreto, con statuizione contestata dal GSE con appello incidentale, la diretta impugnazione delle successivi comunicazioni del GSE di “verifica di ottemperanza”, difettando nella fattispecie, secondo il Giudice di primo grado, la prova dell’effettiva data di comunicazione delle previe note di riconoscimento);

c) presso la sezione VI, sono pendenti i processi rg n. 8612 e 8613 del 2018, aventi ad oggetto le sanzioni conseguentemente irrogate dalla ARERA, su segnalazione del GSE, sempre in relazione alla vicenda di cui alla precedente lett. b); in particolare, il T.a.r. per la Lombardia – in sede di impugnazione delle sanzioni comminate dalla ARERA – ha respinto con sentenze del 3 settembre 2018, nn. 20141 e 2042 i relativi ricorsi; nei rispettivi giudizi di appello il GSE, con impugnazione incidentale, ripropone l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione delle note di riconoscimento negative adottate dal GSE.

10. Stante l’assenza di precedenti specifici e la possibilità che la questione di diritto possa dar luogo a contrasti giurisprudenziali, il Collegio ritiene opportuno deferire il presente ricorso all'esame dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 99, co. 1, c.p.a., per la decisione della questione suddetta.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, ne dispone il deferimento all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all'Adunanza plenaria.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Troiano, Presidente

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Luca Lamberti, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

Giuseppa Carluccio, Consigliere, Estensore

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Giuseppa Carluccio

 

Paolo Troiano

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO